Lazio › VITERBO

ALEATICO DI GRADOLI D.O.C.

COLLI ETRUSCHI VITERBESI O TUSCIA D.O.C.

EST! EST!! EST!!! D.O.C.

ORVIETO D.O.C.

TARQUINIA D.O.C.

VIGNANELLO D.O.C.

VIGNETI MONTEFIASCONE

VIGNETI MONTEFIASCONE

ALEATICO DI GRADOLI

D.O.C.

Decreto 02 Agosto 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione d’origine controllata “Aleatico di Gradoli” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le tipologie:

 

Aleatico di Gradoli;

Aleatico di Gradoli liquoroso;

Aleatico di Gradoli liquoroso riserva;

Aleatico di Gradoli passito

 

Articolo 2

Base Ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata «Aleatico di Gradoli», di cui all’art 1, devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

Aleatico minimo 95%;

altri vitigni a bacca di colore analogo idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, fino ad un massimo del 5%.

 

Articolo. 3

Zona di produzione

 

Le uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Aleatico di Gradoli» di cui all’art. 1 devono essere prodotte nell’intero territorio amministrativo dei comuni di:

Gradoli, Grotte di Castro e San Lorenzo Nuovo

ed in parte del territorio del comune di

Latera

in provincia di Viterbo.

 

La zona è così delimitata: partendo dalla riva del lago di Bolsena alla confluenza sulla medesima del confine comunale di S. Lorenzo Nuovo e Bolsena in località Renano, la linea di delimitazione segue verso nord tale confine comunale e successivamente verso ovest sino a incontrare quello tra S. Lorenzo Nuovo e Grotte di Castro (q.439).

Da quota 439 la linea di delimitazione prosegue verso ovest lungo il confine di grotte di Castro per poi scendere verso sud fino alla confluenza di questo confine con quello di Gradoli e Latera in località La Buca.

Da qui prosegue verso ovest lungo il confine di Latera fino al punto in cui questi si allontana da quello provinciale, in prossimità di Poggio Sant’Anna.

Da tale punto di delimitazione prosegue in linea retta in direzione sud-est fino a quota 461 da dove, per Madonna della Cava e C. le Coste, raggiunge il confine di Gradoli che segue verso est fino alla sponda del lago di Bolsena.

Lungo la sponda, verso nord, la linea di delimitazione torna nuovamente alla località Renano, punto di partenza.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Aleatico di Gradoli» devono essere quelle tradizionali della zona o, comunque, atte a conferire alle uve, ai mosti ed ai vini derivati le specifiche caratteristiche tradizionali di qualità.

Sono, pertanto, da considerarsi idonei unicamente i vigneti situati ad un’altitudine non superiore ai 600 metri sul livello del mare.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o, comunque, atti a non modificare le caratteristiche delle uve, dei mosti e dei vini.

È vietata ogni pratica di forzatura.

É consentita l’irrigazione di soccorso.

 

La produzione massima di uva ad ettaro e il titolo alcolometrico volumico naturale minimo sono le seguenti:

 

Aleatico di Gradoli:

Produzione uva t/ha: 9,00

Titolo alcolometrico volumico naturale minimo: 11,50% vol.;

Aleatico di Gradoli liquorso e liquoroso riserva:

Produzione uva t/ha: 9,00,

Titolo alcolometrico volumico naturale minimo: 12,00% vol.;

Aleatico di Gradoli passito:

Produzione uva t/ha: 9,00,

Titolo alcolometrico volumico naturale minimo: 16,00% Vol.

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare, alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Aleatico di Gradoli» devono essere riportati nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermo restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione, di preparazione e di affinamento dei vini a denominazione di origine controllata «Aleatico di Gradoli» di cui all’art. 1 devono essere effettuate nell’interno della zona di produzione delimitata dal precedente art. 3.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che tali operazioni siano effettuate nell’intero territorio dei comuni anche se soltanto in parte compresi nella zona delimitata.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti, atte a conferire ai vini le sue peculiari caratteristiche.

Per i vini a denominazione di origine controllata «Aleatico di Gradoli» la resa massima dell’uva in vino finito non deve essere superiore al 70%.

Qualora la resa uva/vino superi detto limite, ma non oltre il 75%, l’eccedenza non ha diritto ad alcuna denominazione di origine controllata; oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

Per la tipologia “passito” la resa uva/vino non deve essere superiore al 45%.

Le uve destinate alla produzione del vino “Aleatico di Gradoli” passito devono essere sottoposte ad un periodo di appassimento che deve essere protratto fino a raggiungere

un contenuto zuccherino minimo di 280 grammi/litro.

I vini a denominazione di origine controllata «Aleatico di Gradoli» liquoroso devono essere ottenuti mediante alcolizzazione in conformità alle disposizioni delle norme vigenti.

Il vino a denominazione di origine controllata «Aleatico di Gradoli» liquoroso deve aver subito un periodo minimo di affinamento di

sei mesi

a decorrere dalla data di alcolizzazione.

Il vino a denominazione di origine controllata «Aleatico di Gradoli» liquoroso riserva deve aver subito un periodo di invecchiamento di almeno

due anni dalla data di alcolizzazione in botti di rovere di capacità non superiore a 250 litri

ed un ulteriore affinamento in bottiglia di almeno un anno.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata «Aleatico di Gradoli» devono rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, rispettivamente alle seguenti caratteristiche:

 

«Aleatico di Gradoli»:

colore: rosso granato con tonalità violacee;

profumo: finemente aromatico, caratteristico;

sapore: di frutto fresco, morbido, vellutato, dolce;

titolo alcolometrico minimo volumico complessivo: 12,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 9,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Aleatico di Gradoli» liquoroso:

colore: rosso granato più o meno intenso, talvolta con riflessi violacei;

profumo: aromatico, delicato, caratteristico;

sapore: pieno, dolce, armonico, gradevole;

titolo alcolometrico volumico minimo complessivo: 17,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico minimo svolto: 15,00% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Aleatico di Gradoli» liquoroso riserva:

colore: rosso granato più o meno intenso, tendente talvolta all’arancione con l’invecchiamento;

profumo: aromatico, caratteristico dell’invecchiamento in botte di rovere;

sapore: pieno, dolce più o meno tannico, armonico, gradevole;

titolo alcolometrico volumico minimo complessivo: 17,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 15,00% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto secco netto minimo: 20,00 g/l.

 

«Aleatico di Gradoli» passito:

colore: rosso rubino talvolta con riflessi violacei;

profumo: fruttato, finemente aromatico, caratteristico;

sapore: di frutta matura, dolce;

titolo alcolometrico minimo volumico complessivo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 9,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 28,00 g/l.

 

È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, di modificare i sopraindicati limiti di acidità totale e l’estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Etichettatura designazione e presentazione

 

Alle denominazioni di cui all’art. 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione ivi compresi gli aggettivi: «extra», «superiore», «fine», «scelto», «selezionato» e similari.

Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti il vino «Aleatico di Gradoli», di cui all’art 1, è obbligatoria l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

Per le tipologie «Aleatico di Gradoli» passito, liquoroso e liquoroso riserva è consentito l'imbottigliamento in recipienti di volume nominale fino a a 0,750 litri, con tappo sughero.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte settentrionale della regione Lazio, in Provincia di Viterbo, si estende su una superficie di circa 8.500 ettari, e comprende un territorio di media e alta collina, situato sulle pendici del distretto vulcanico Vulsino poste a settentrione.

I terreni sono di origine vulcanica e ricadono nella struttura principale del distretto che è quella della vasta conca del lago di Bolsena, che si è creata come un ampio bacino di collasso dovuto al verificarsi di una serie di esplosioni, avvenute in più fasi successive; lo sprofondamento della caldera è stato controllato da un sistema di faglie a carattere regionale. L’attività vulcanica ebbe inizio circa 800.000 anni fa con lo sviluppo di colate di lave e con la formazione di coni di scorie.

Successivamente, circa 600.000 mila anni fa, l’attività si sviluppò maggiormente in corrispondenza di un primitivo centro, oggi non più evidente, in corrispondenza della conca lacustre.

A questa attività si riconducono i materiali vulcanici più antichi presenti sia ad est che a sud della conca lacustre.

Le rocce che appartengono a questo complesso sono particolarmente ricche in potassio.

Il territorio è prevalentemente pedomontano-collinare, con i terreni in dolce pendio.

E’ possibile suddividere l’area DOC nelle seguenti zone: zona ad andamento sub pianeggiante, con quote altimetriche comprese tra i 300 e i 400 metri, dislocate soprattutto nella parte meridionale e settentrionale; zona ad andamento collinare presenti soprattutto nella parte orientale dell’area con quote altimetriche che raggiungono i 600 metri.

La natura dei terreni è di conseguenza condizionata dall’attività del vulcano, per cui è possibile distinguere due tipologie: nella zona nord ed in quella occidentale dell’area prevalgono materiali dovuti all’attività intercalderica finale quali lave (tefriti fonolitiche e leucitiche), scorie saldate e stratificate e banchi di lapilli alternati a lenti e strati di ceneri debolmente cementate; solo in alcune zone si rinvengono tufi leucititici contenenti grossi proietti lavici; nella zona orientale ed in quella meridionale prevalgono materiali quali i tufi leucititici grigiastri detti di Montefiascone e, con

alternanza di ceneri, sabbie vulcaniche e lapilli (talvolta a consistenza litoide), con inclusi lavici di dimensione variabile in relazione alla loro distanza dai centri di emissione.

Intercalate a questi si rinvengono colate di lava leucitica, sempre di limitata estensione. Localmente sono stati rinvenuti strati di pomici e ceneri con livelletti tifatici di sedimentazione lacustre. La permeabilità di questo tipo di rocce è sempre piuttosto elevata sia per porosità (tufi, lapilli, sabbie) che per fessurazione (lave).

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 305 e i 600 m s.l.m. con pendenza variabile e l’esposizione generale è orientata verso ovest, sud-ovest e sud.

Il clima dell’area delimitata ricade nella regione temperata con caratteristiche riconducibili al termotipo collinare inferiore/superiore – umido inferiore è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 775 ed i 1214 mm, con debole aridità estiva (pioggia 112-152 mm) nei mesi di luglio agosto e sporadicamente a giugno. La temperatura media è compresa tra i 12,4 ed i 13,8°C: freddo prolungato da ottobre ad maggio, con temperatura media inferiore ai 10°C per 4-5 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 1,9 e 2,9° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Aleatico di Gradoli un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Aleatico di Gradoli”. La viticoltura dell’areale di Gradoli si sviluppò sicuramente in epoche antiche anche grazie all’influenza positiva sul clima del vasto bacino lacustre di Bolsena, e sul quale si affacciano la gran parte dei terreni vitati.

Presso gli Etruschi la coltivazione della vite raggiunse un notevole progresso, favorito anche da evolute conoscenze tecniche e da materiale ampelografico di varia origine, raccolto attraverso gli ampi rapporti commerciali di questo popolo. La coltivazione della vite continuò ed ebbe maggiore espansione ad opera dei Romani, passò indenne attraverso i secoli bui, tanto che nel 1627 il Tassoni nell’opera De’ pensieri diversi, discorrendo sul declino dei vini di Napoli presso i Romani riporta:

“..e trouano di preferire i vini loro più sani allo stomaco, e più grati al gusto di quelli di Napoli, massimamente gli Albani, i Gianziani, quei di Marino, di Caprarola, di Graduli”.

Non mancano testimonianze di partecipazione a manifestazioni come l’Aleatico di Gradoli, presentato nel 1861 all’Esposizione Italiana Agraria, Industriale e Artistica di Firenze, dal Sig. Murzi Antonio di Orvieto.

Nel 1929, con la fondazione della Cantina Oleificio Sociale di Gradoli, la produzione dell’Aleatico di Gradoli ha avuto un nuovo impulso conquistando i mercati nazionali ed internazionali, come testimoniano i premi ed i riconoscimenti conquistati: 1932 Fiera del Levante (terza mostra nazionale del vino) Bari diploma di medaglia Vermeil per il vino Aleatico, 1934 Terza Mostra dell'Agricolture a Firenze Diploma con Medaglia d'Oro per i vini Aleatico e Grechetto, 1937

Exposition Internazionale des Arts ed des tecniques Parigi Diplome de Grand Prix, 1938 Fiera Internazionale di Tripoli Diploma con Medaglia d'Oro, 1971 Esposizione dei vini prodotti dalle Cantine Sociali delle Regione Lazio a Malta Attestato di Merito per la presentazione di Vini tipici e di qualità superiore, 1971 Settima Mostra Mercato Nazionale Vini tipici e pregiati a Siena Diploma di Merito per il Vino Aleatico, 2004 Selezione dei Vini del Lazio a Roma Diploma di Merito per il Vino Aleatico annata 2002.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimoniano i Vendemmiali giunti all’ottantaseiesima edizione.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti ottenuti dai vini a DOC Aleatico di Gradoli sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali. Anche nei concorsi sia nazionali, sia internazionali i vini hanno ricevuto e continuano a ottenere numerosi riconoscimenti

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

il vitigno idoneo alla produzione del vino in questione, è quello tradizionalmente coltivata nell’area geografica considerata: l’Aleatico;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti,

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (63 hl/ha per tutte la tipologie di base, liquoroso e liquoroso riserva e 40,5 hl/ha per la tipologia passito);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso dei vini tranquilli o liquorosi, adeguatamente differenziate per la tipologia di base e le tipologie liquoroso, liquoroso riserva e passito, riferite quest’ultime a vini rossi maggiormente strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento

ed affinamento in bottiglia obbligatori.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Aleatico di Gradoli” è riferita a 4 tipologie di vino rosso (“di base”, “liquoroso”, “liquoroso riserva”, “passito”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico. Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Aleatico di Gradoli”:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza. Il prodotto presenta un colore rosso granato con tonalità violacee, odore con sentori fruttati tipici della cultivar, finemente aromatico, sapore di frutto fresco, morbido, vellutato, dolce.

“Aleatico di Gradoli” liquoroso:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità.

Il prodotto presenta un colore rosso granato più o meno intenso, talvolta con riflessi violacei, odore con sentori fruttati tipici della cultivar, aromatico, delicato, caratteristico, sapore pieno, dolce, armonico, gradevole.

“Aleatico di Gradoli” liquoroso Riserva:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità.

Il prodotto presenta un colore rosso granato più o meno intenso, tendente talvolta all’arancione con l’invecchiamento, odore aromatico, caratteristico dell’invecchiamento in botte di rovere, sapore pieno, dolce più o meno tannico, armonico, gradevole.

“Aleatico di Gradoli” passito:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità.

Il prodotto presenta un colore rosso rubino talvolta con riflessi violacei, odore intenso con sentori fruttati tipici della cultivar, finemente aromatico, sapore di frutta matura, dolce.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione, nel distretto vulcanico Vulsino, e l’esposizione ad ovest, sud-ovest e sud, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo

naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Aleatico di Gradoli”.

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Aleatico di Gradoli”.

In particolare, i terreni, riconducibili all’attività intercalderica finale del vulcano Vulsino, sono costituiti in prevalenza da tufi leucititici grigiastri detti di Montefiascone, con alternanza di ceneri, sabbie vulcaniche e lapilli e sono caratterizzati da una permeabilità piuttosto elevata sia per porosità (tufi, lapilli, sabbie) che per fessurazione (lave).

Presentano un normale contenuto di elementi nutritivi e sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità conferendo ai vini particolare equilibrio e complessità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni sufficienti (mediamente 995 mm), con scarse piogge estive (130 mm) e debole aridità nei mesi di luglio e agosto, sporadicamente anche a giugno, da una discreta temperatura media annuale (13,1 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata, un’ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, ma con una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche

del vino "Aleatico di Gradoli”.

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, con un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra di “Gradoli”, dagli etruschi, passando dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Aleatico di Gradoli”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Aleatico di Gradoli”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona di “Gradoli” è attestata fin dall’epoca romana, in molte opere dei georgici latini.

Nel medioevo: i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

In tempi più recenti, nell’opera Viaggi ai vulcani spenti d’Italia nello Stato Romano verso il Mediterraneo (1814), il Procaccini Ricci, esperto geologo, descrive un viaggio in cui passa nei territori di Bolsena, Latera, Gradoli, ed oltre a descrivere le caratteristiche delle rocce e dei terreni riporta anche l’agricoltura presente. A proposito di vitivinicoltura scrive: “Gradoli…I vigneti qui attorno vi prosperano assai bene, e danno uve eccellenti, capaci di formare vini squisiti. L’Aleatico vi è stato introdotto da qualche industre viticoltore, e vi ha provato a maraviglia, ed io stesso ho bevuto questo vino così buono allo stomaco e soavissimo al palato, che mi è paruto non cedere al tanto celebre ed a ragione encomiatissimo di Toscana, e di Firenze segnatamente”.

Successivamente il Moroni nel Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (1854), nel parlare di Gradoli riporta “..Il territorio è fertile, fruttifero di eccellenti vini bianchi e rossi, massimo l’aleatico”.

Anche il Nigrisoli nella Rivista dei più importanti prodotti naturali e manifatturieri dello Stato Pontificio (1857), parla dei prodotti naturali esistenti nella Delegazione di Viterbo e scrive: “.

La cultura delle viti è giunta ad un alto grado di sviluppo, raccogliendosi dai campi, e dalle vigne vini rossi, e bianchi vigorosi”, ed ancora “mentre tra i vini rossi sono in maggior credito quelli delle Grotte di San Lorenzo, di Gradoli ,di Castro”.

Sempre nel 1857, nella Topografia statistica dello stato pontificio il Palmieri scrive per Gradoli “Il ridetto popolo di Gradoli, ove sono molto belle le donne, è occupato con attività parte nella pesca, parte in lavorare botti, tini, cerchi, ed il più negli agrarii lavori del proprio territorio della superficie di tavole 131419, dove sono assai feraci le terre, in specie quelle dette del Piano del Lago di Gradoli, ove raccolgono in copia castagne, legumi, tutta sorta di buone frutta, e vini bianchi e rossi così prelibati, che si fa di essi grande commercio nella Capitale, ed in ispecie dell'eccellente Alleatico vino”, per Latera “..vi si raccolgono buoni vini bianchi, e rossi” e per Grotte di Castro “il territorio..assai ben coltivato, feracissimo, e abbonda di squisito vino”.

Negli Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1883), si riporta “Dei vini di lusso nella provincia di Roma, non se ne producono in quantità apprezzabile; e soltanto l’Aleatico di Gradoli gode di una qualche reputazione”.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, dall’impianto di nuovi vigneti, dalla nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del vino “Aleatico di Gradoli”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Viterbo

Via Fratelli Rosselli, 4

01100 Viterbo

Telefono 0761 2341 - Fax 0761 345755;

E-mail camera.commercio.viterbo@vt.legalmail.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Viterbo è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente

al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

COLLI ETRUSCHI VITERBESI

TUSCIA

D.O.C.
DECRETO 20 settembre 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La  denominazione  di   origine   controllata   «Colli   Etruschi Viterbesi»  o  «Tuscia»  è  riservata  ai  vini  che  rispondono  ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di  produzione  per  le seguenti tipologie:

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Bianco  (anche  nelle versioni Amabile e Frizzante);

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Rosso  (anche  nelle versioni Amabile e Frizzante);

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Rosso Novello;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Rosato  (anche  nelle versioni Amabile e Frizzante);

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Procanico  (anche  nella versione Frizzante);

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Grechetto  (anche  nella versione Frizzante);

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Rossetto  (anche  nella versione Amabile);

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Moscatello  (anche  nella versione Amabile e Frizzante);

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Moscatello Passito;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Sangiovese  (anche  nella versione Amabile e Frizzante);

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Sangiovese Rosato  (anche nella versione Amabile e Frizzante);

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Greghetto;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Violone;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Canaiolo  (anche  nella versione Amabile);

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Merlot.

 

Articolo 2

Base Ampelografica

 

Concorrono alla produzione dei vini di cui al precedente  art.  1 le  uve  provenienti  dai  seguenti  vitigni   presenti   nell'ambito aziendale nelle proporzioni indicate a fianco di ognuno di essi:

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  bianco  nelle  tipologie secco, amabile e frizzante:

Trebbiano  Toscano,  localmente  detto  Procanico,   dal   40 all'80%;

Malvasia toscana o del Lazio sino ad un massimo del 30%;

possono concorrere alla produzione del vino altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione per  la  Regione  Lazio,  da  soli  o congiuntamente, sino ad un massimo del 30%.

 

«Colli Etruschi  Viterbesi»  o  «Tuscia»  rosso  nelle  tipologie secco, amabile, novello e frizzante

e rosato nelle  tipologie  secco, amabile e frizzante:

Montepulciano dal 20 al 45%;

Sangiovese dal 50 al 65%;

possono concorrere alla produzione del vino altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione  per  la  Regione  Lazio,  da  soli  o congiuntamente, sino ad un massimo del 30%.

 

«Colli Etruschi  Viterbesi»  o  «Tuscia»  Procanico  anche  nella tipologia frizzante:

Trebbiano  Toscano,  localmente  detto  Procanico,   non   meno dell'85%;

possono concorrere alla produzione del vino altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione per la  Regione  Lazio,  sino  ad  un massimo del 15%, con esclusione della Malvasia di Candia.

 

«Colli Etruschi  Viterbesi»  o  «Tuscia»  Grechetto  anche  nella tipologia frizzante:

Grechetto b., non meno dell'85%;

possono concorrere alla produzione del vino altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione per la Regione  Lazio,,  sino  ad  un massimo del 15%, con esclusione della Malvasia di Candia.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia»  Rossetto  nelle  tipologie secco o amabile:

Trebbiano giallo, localmente detto rossetto, non meno dell'85%;

possono concorrere alla produzione del vino altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione per la  Regione  Lazio,  sino  ad  un massimo del 15%, con esclusione della Malvasia di Candia.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Moscatello nelle  tipologie secco, amabile, passito e frizzante:

Moscato bianco, localmente detto moscatello, non meno dell'85%;

possono concorrere alla produzione del vino altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione per la  Regione  Lazio,  sino  ad  un massimo del 15%, con esclusione della Malvasia di Candia.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Sangiovese rosso e  rosato, nelle tipologie secco, amabile e frizzante:

Sangiovese non meno dell'85%;

possono concorrere alla produzione del vino altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per  la  Regione  Lazio,  sino  ad  un massimo del 15%, con esclusione del Ciliegiolo.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Greghetto:

Grechetto rosso, localmente detto Greghetto almeno all'85%;

possono concorrere alla produzione del vino altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per  la  Regione  Lazio,  sino  ad  un massimo del 15%, con esclusione del Ciliegiolo.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Violone:

Montepulciano, localmente detto violone, non meno dell'85%;

possono concorrere alla produzione del vino altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per  la  Regione  Lazio,  sino  ad  un massimo del 15%, con esclusione del Ciliegiolo.

 

«Colli  Etruschi  Viterbesi»  o  «Tuscia»  Canaiolo  anche  nella tipologia amabile:

Canaiolo nero, localmente detto Canaiolo, non meno dell'85%;

possono concorrere alla produzione del vino altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per  la  Regione  Lazio,  sino  ad  un massimo del 15%, con esclusione del Ciliegiolo.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Merlot:

Merlot non meno dell'85%;

possono concorrere alla produzione del vino altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per  la  Regione  Lazio,  sino  ad  un massimo del 15%, con esclusione del Ciliegiolo.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione delle uve  destinate  alla  produzione  dei vini  a  denominazione  di  origine   controllata   «Colli   Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» comprende, nella provincia di Viterbo, l'intero territorio  amministrativo  dei  comuni  di  

Viterbo,   Vitorchiano, Bomarzo, Graffignano,  Celleno,  Civitella  d'  Agliano,  Bagnoregio, Castiglione  in  Teverina,  Lubriano,  Vetralla,  Blera,  Villa   San Giovanni in Tuscia, Barbarano Romano, Vejano,  Oriolo  Romano,  Monte Romano, Tuscania, Arlena  di  Castro,  Tessennano,  Canino,  Cellere, Piansano,  Ischia  di  Castro,  Farnese,  Valentano,  Latera,  Onano, Proceno,  Acquapendente,  Grotte  di  Castro,  Gradoli,  Capodimonte, Marta, Montefiascone, Bolsena, San Lorenzo Nuovo, Orte e  Bassano  in Teverina.

Tutti in provincia di Viterbo.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati  alla produzione dei vini di denominazione di  origine  controllata  «Colli Etruschi Viterbesi» o  «Tuscia»  devono  essere  quelle  tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve,  ai  mosti  ed  al vino ottenuto, le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerarsi  idonei  unicamente  i  vigneti  di giacitura  ed  esposizione  adatti,  situati  ad  un'altitudine   non superiore a 600 metri s.l.m.

I sesti di impianto, le forme di  allevamento  ed  i  sistemi  di potatura devono essere quelli generalmente usati o  comunque  atti  a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

E'  vietata  ogni  pratica  di  forzatura  consentendo   tuttavia l'irrigazione come pratica di soccorso.

Per i reimpianti ed i nuovi impianti, sono escluse  le  forme  di allevamento espanse, dovrà essere prevista una densità di  impianto tale da assicurare un minimo di 3.000 piante per ettaro.

 

Le rese massime  di  uva  per  ettaro  di  coltura  specializzata ammesse per la produzione dei vini di cui all'art.  2  devono  essere rispettivamente le seguenti:

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» bianco: 15,00 t/ha;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosso e rosato: 14,00 t/ha;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Procanico: 15,00 t/ha;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Grechetto: 12,00 t/ha;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Rossetto: 12,00 t/ha;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Moscatello: 10,00 t/ha;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Greghetto: 14,00 t/ha;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Sangiovese: 14,00 t/ha;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Violone: 13,00 t/ha;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Canaiolo: 10,00 t/ha;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Merlot: 11,00 t/ha;.

 

Per quanto concerne la resa  per  ettaro  in  coltura  promiscua, questa deve essere rapportata a quella  della  coltura  specializzata tenendo conto della effettiva consistenza numerica delle viti  e  del tipo di impianto e allevamento.

Nelle annate favorevoli i  quantitativi  di  uve  ottenuti  e  da destinare  alla  produzione  dei  vini  a  denominazione  di  origine controllata «Colli  Etruschi  Viterbesi»  o  «Tuscia»  devono  essere riportati nei limiti di cui sopra, purché la produzione globale  non superi del 20% i  limiti  medesimi,  fermi  restando  i  limiti  resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

La regione, con proprio decreto,  sentite  le  organizzazioni  di categoria interessate, di anno in anno, prima della  vendemmia,  può modificare i limiti massimi di produzione di uva  per  ettaro  ed  il titolo  alcolometrico  volumico  minimo  naturale  delle  uve   sopra indicati.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

La  resa  massima  dell'uva  in  vino  finito,  non  deve  essere superiore al 70% per tutti i tipi di vini.

Qualora la resa uva/vino superi detto limite,  ma  non  oltre  il 75%, l'eccedenza non ha diritto ad alcuna  denominazione  di  origine controllata;  oltre  il  75%  di  resa,  decade   il   diritto   alla denominazione di origine controllata per tutto il  prodotto. 

Per  la tipologia di vino passito, la resa di uva/vino non deve  superare  il 45%.

Le operazioni di vinificazione per  i  vini  di  cui  all'art.  1 devono  essere  effettuate  all'interno  della  zona  di   produzione delimitata dal precedente art. 3.

Tuttavia  tenuto  conto  delle   situazioni   tradizionali,   è consentito che tali operazioni siano effettuate anche  nei  territori

del comune di  Orvieto, ricadente  nella  provincia  di  Terni 

e  del comune di  Vignanello,  ricadente  nella  provincia  di  Viterbo, 

su richiesta specifica degli interessati che  dimostrino  di  aver  già vinificato le uve  proprie  provenienti  dalla  zona  delimitata  nel precedente  art.  3,  e  destinate  alla  produzione   dei   vini   a denominazione di origine controllata «Orvieto» o «Vignanello», almeno 5 anni prima della data di approvazione del presente disciplinare  di produzione.

Le deroghe come sopra previste sono concesse dal Ministero  delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentita la regione  Lazio e comunicate dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità  e repressione frodi dei  prodotti  agroalimentari  e  all'organismo  di controllo, di cui al decreto l.vo n. 61/2010.

Le uve destinate alla vinificazione del vino a  denominazione  di origine controllata «Colli  Etruschi  Viterbesi»  o  «Tuscia»  devono assicurare un  titolo  alcolometrico  volumico  naturale  complessivo minimo come appresso indicato:

     

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» bianco: 9,50%;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosso e rosato: 9,50%;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Procanico: 10,00%;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Grechetto: 10,00%;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Rossetto: 10,00%;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Moscatello: 10,00%;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Greghetto: 10,00%;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Sangiovese: 10,00%;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Violone: 10,00%;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Canaiolo: 10,00%;

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Merlot: 10,00%.

 

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche  enologiche corrispondenti agli usi locali, leali e costanti, atte a conferire al vino  le  sue  peculiari  caratteristiche.  E'  ammessa   nell'ambito aziendale la  vinificazione  congiunta  o  disgiunta  delle  uve  che concorrono alla  produzione  dei  vini  a  denominazione  di  origine controllata «Colli Etruschi Viterbesi» o  «Tuscia». 

Nel  caso  della vinificazione disgiunta il coacervo  dei  vini  facenti  parte  della medesima partita, deve avvenire nella cantina del vinificatore.

I prodotti utilizzabili per la correzione dei mosti  e  dei  vini dovranno provenire esclusivamente  dalle  uve  prodotte  nei  vigneti iscritti  all'albo  dei  vigneti  della  denominazione   di   origine controllata  «Colli  Etruschi  Viterbesi»  ad  esclusione  del  mosto concentrato rettificato.

E' possibile produrre il vino «Novello», «Frizzante» e  «Passito» nel rispetto del presente disciplinare e delle specifiche normative.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all'art.  2  del  presente  disciplinare,  all'atto della immissione  al  consumo,  devono  corrispondere  alle  seguenti caratteristiche:

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» bianco, secco o amabile:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato caratteristico;

sapore: secco o amabile, armonico, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

cidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» bianco, secco o amabile frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato caratteristico;

sapore: secco o amabile, fresco, vivace, armonico, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

       

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosso, secco o amabile:

colore: rubino più o meno intenso;

profumo: caratteristico, fragrante piu' o meno fruttato;

sapore: secco o amabile, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosso, secco o amabile frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore: rubino più o meno intenso;

profumo: caratteristico, fragrante piu' o meno fruttato;

sapore: secco o amabile, pieno, vivace, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosso novello:

colore:  rosso  rubino  più  o  meno  intenso  con   sfumature violacee;

profumo: fruttato e persistente;

sapore:  fresco,  armonico,  equilibrato,  rotondo  e  talvolta vivace per fragranza di fermentazione;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosato, secco o amabile:

colore:  rosa  più  o  meno  intenso  talvolta  con   riflessi violacei;

profumo: intenso, delicato, gradevole;

sapore: secco o amabile, armonico, equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

   

Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosato, secco o amabile frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore:  rosa  più  o  meno  intenso  talvolta  con   riflessi violacei;

profumo: intenso, delicato, gradevole;

sapore: secco o amabile, armonico, equilibrato, fresco e vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Procanico:

colore: giallo paglierino chiaro;

profumo: caratteristico, delicato, gradevole;

sapore: secco, fresco, equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Procanico frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore: giallo paglierino chiaro;

profumo: caratteristico, delicato, gradevole;

sapore: secco, fresco, vivace, equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Grechetto:

colore: giallo paglierino più o meno intenso fino al dorato;

profumo: leggermente vinoso, delicato, caratteristico;

sapore: secco, vellutato,  fruttato,  caratteristico,  talvolta con retrogusto leggermente amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

 estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Grechetto frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore: giallo paglierino più o meno intenso fino al dorato;

profumo: leggermente vinoso, delicato, caratteristico;

sapore: secco, vellutato,  fruttato,  vivace, caratteristico,  talvolta con retrogusto leggermente amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

 estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Rossetto secco o amabile:

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: intenso, delicato, gradevole, finemente aromatico;

sapore: secco, amabile, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Moscatello secco, amabile:

colore: paglierino o giallo dorato più o meno intenso;

profumo: profumo caratteristico dell'uva moscato;

sapore: aromatico caratteristico del moscato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Moscatello secco, amabile frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore: paglierino o giallo dorato più o meno intenso;

profumo: profumo caratteristico dell'uva moscato;

sapore: aromatico caratteristico del moscato, fresco e vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Moscatello passito:

colore: giallo oro tendente all'ambrato piu' o meno intenso;

profumo: intenso, complesso con sentore muschiato caratteristico;

sapore: dolce, armonico, aromatico, vellutato;

titolo alcolometrico  volumico  totale  minimo:  15,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 11,00% vol.;

zuccheri residui minimo:: 50,00 gr./l;

acidità totale minima: 4,50 per mille;

estratto  non  riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Sangiovese:

colore: rosso rubino con riflessi violacei;

profumo:caratteristico, fine;

sapore: asciutto, armonico con buona struttura e persistenza;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Sangiovese rosato:

colore:  rosa  più  o  meno  intenso  talvolta  con   riflessi violacei;

profumo: intenso, delicato, gradevole;

sapore: secco o amabile, armonico, equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Sangiovese rosato frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore:  rosa  più  o  meno  intenso  talvolta  con   riflessi violacei;

profumo: intenso, delicato, gradevole;

sapore: secco o amabile, armonico, equilibrato, fresco e vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Greghetto:

colore: rosso rubino più o meno intenso;

 profumo: caratteristico, fragrante, piu' o meno fruttato;

 sapore: secco, sapido, armonico, persistente;

 titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

 acidità totale minima: 4,50 g/l;

 estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Violone:

colore: rubino intenso tendente al violaceo;

profumo: caratteristico con retrogusto di marasca;

sapore: asciutto, pieno, più o meno tannico, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Canaiolo, secco o amabile:

colore: rosso rubino intenso;

profumo: caratteristico, aromatico, persistente;

sapore: asciutto o amabile, di corpo, più o meno tannico, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 per mille;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

   

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Merlot:

colore: rosso rubino con riflessi violacei;

profumo: gradevole, leggermente erbaceo;

sapore: pieno,  morbido,  armonico,  giustamente  tannico,  con leggero retrogusto erbaceo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l.;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

Articolo 7

Etichettatura designazione e presentazione

 

Alla  denominazione  di  origine  controllata   «Colli   Etruschi Viterbesi»  o   «Tuscia»   è   vietata   l'aggiunta   di   qualsiasi qualificazione diversa da quelle espressamente previste dal  presente disciplinare,  ivi  compresi  gli  aggettivi  fine,  extra,   scelto, selezionato e similari.

E'  tuttavia  consentito  l'uso  di  indicazioni   che   facciano riferimento a nomi, ragioni  sociali,  marchi  privati,  purché  non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre  in  inganno l'acquirente.

E' consentito l'uso di indicazioni toponomastiche aggiuntive  che facciano  riferimento  alle  «vigne»   dalle   quali   effettivamente provengano  le  uve  da  cui  il  vino  così  qualificato  è  stato esclusivamente ottenuto, a condizione che tali vigne  siano  indicate ed evidenziate separatamente all'atto  della  denuncia  all'albo  dei vigneti e che le uve da esse provenienti ed i vini da  esse  ottenuti siano  distintamente  indicate  e  rispettivamente   caricati   nella

denuncia annuale di produzione delle uve e nei  registri  obbligatori di  cantina.

Nella  presentazione  e  designazione  del  vino  ottenuto dall'uva Grechetto rosso  può  essere  utilizzato  in  etichetta  il sinonimo localmente usato Greghetto.

Nella presentazione e designazione  del  vino  ottenuto  dall'uva Trebbiano giallo può essere  utilizzato  in  etichetta  il  sinonimo localmente usato Rossetto.

Nella presentazione e designazione  del  vino  ottenuto  dall'uva Trebbiano toscano può essere utilizzato  in  etichetta  il  sinonimo localmente usato Procanico.

Nella presentazione e designazione  del  vino  ottenuto  dall'uva Montepulciano  deve  essere  utilizzato  in  etichetta  il   sinonimo localmente usato Violone.

Nella presentazione e designazione  del  vino  ottenuto  dall'uva Canaiolo  nero  deve  essere  utilizzato  in  etichetta  il  sinonimo localmente usato Canaiolo e obbligatoriamente ed  esclusivamente  per le  uve  provenienti  dai  vigneti  ubicati  nei  comuni  di  

Marta, Capodimonte

e limitatamente alla limitrofa località 

S.  Savino  nel comune di Tuscania,

il sinonimo localmente usato Cannaiola.

L'albo  dei  vigneti  dei  vini  a   denominazione   di   origine controllata «Colli Etruschi Viterbesi» comprende i  vigneti  iscritti allo  schedario  viticolo  dei  vini  a  denominazione   di   origine controllata  «Est!  Est!!  Est!!!  di  Montefiascone»,  «Orvieto»   e «Vignanello» ricadenti nella zona delimitata al  precedente  art.  3, purché posseggano i requisiti previsti  nel  presente  disciplinare, ammettendone inoltre la scelta vendemmiale e la  riqualificazione  di cantina purché siano rispettate le norme vigenti in materia.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

Nei recipienti contenenti  i  vini  a  denominazione  di  origine controllata «Colli Etruschi  Viterbesi»  o  «Tuscia»,  ad  esclusione delle versioni Frizzanti deve essere riportata in etichetta  l'annata di produzione  delle  uve  e  deve  figurare  l'indicazione  secco  o amabile, ove ne esistano ambedue le tipologie.

I vini a denominazione di  origine  controllata  «Colli  Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» con  le  menzioni  di  vitigno,  devono  essere confezionati in contenitori di vetro con capacità  non  superiore  a litri 3.

E' consentito  confezionare  i  vini  di  cui  all'art.   1,   ad esclusione della tipologia  Novello  in  contenitori  alternativi  al vetro costituiti da un otre  in  materiale  plastico  pluristrato  di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di  cartone  o  di altro materiale rigido, di capacità non inferiore a 2 litri".

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte settentrionale della regione Lazio in provincia di Viterbo: si estende su una superficie di 273.000 ettari e comprende l’Alto Lazio e la parte centro meridionale della provincia situata ad ovest dei monti Cimini ed a nord dei monti Sabatini.

I terreni dell’area, risalenti al Quaternario, sono riconducibili a due principali unità geologiche: le formazioni sedimentarie del Pliocene e Pleistocene inferiore e le formazioni vulcaniche.

I terreni delle aree più pianeggianti sono riconducibili a formazioni sedimentarie con sedimenti marini, oltre a depositi continentali o provenienti dalle alluvioni recenti.

Le formazioni sedimentarie sono caratterizzate da depositi di età plio-pleistocenica di ambiente marino e transazionale dovuti ad una fase di subsidenza e di sedimentazione marina durante il Pliocene terminale ed il Pleistocene inferiore. Questi depositi, a seconda dell’ambiente, possono avere litologie prevalentemente grossolane (sabbie) o prevalentemente fini (argille e limi).

Nelle incisioni vallive e in alcune morfologie terrazzate affiorano i depositi ghiaiosi e sabbiosi alluvionali tardo pleistocenici, mentre al colmo dei rilievi collinari affiorano, invece, prodotti vulcanici quali i tufi stratificati.

I terreni vulcanici derivano dall’attività che ebbe inizio circa 800.000 anni fa con lo sviluppo di colate di lave e con la formazione di coni di scorie.

Successivamente, circa 600.000 mila anni fa, l’attività si sviluppò maggiormente in corrispondenza di un primitivo centro, oggi non più evidente, in corrispondenza della conca lacustre. A questa attività si riconducono i materiali vulcanici più antichi: le rocce che appartengono a questo complesso sono particolarmente ricche in potassio.

La natura dei terreni è di conseguenza condizionata dall’attività dei vulcani vulsino e sabatino, per cui è possibile distinguere due tipologie: in una prevalgono materiali dovuti all’attività intercalderica finale quali lave (tefriti fonolitiche e leucitiche), scorie saldate e stratificate e banchi di lapilli alternati a lenti e strati di ceneri debolmente cementate; solo in alcune zone si rinvengono tufi leucititici contenenti grossi proietti lavici; nell’altra prevalgono materiali quali i tufi leucititici grigiastri detti di Montefiascone e, con alternanza di ceneri, sabbie vulcaniche e lapilli (talvolta a

consistenza litoide), con inclusi lavici di dimensione variabile in relazione alla loro distanza dai centri di emissione. Intercalate a questi si rinvengono colate di lava leucitica, sempre di limitata estensione.

Localmente sono stati rinvenuti strati di pomici e ceneri con livelletti tifatici di sedimentazione lacustre. La permeabilità di questo tipo di rocce è sempre piuttosto elevata sia per porosità (tufi, lapilli, sabbie) che per fessurazione (lave).

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 19 e i 663 m s.l.m.: l’esposizione generale è orientata verso ovest, sudovest.

Il clima dell’area è di tipo temperato mediterraneo ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 775 ed i 1214 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-142 mm) nei mesi estivi. La temperatura media è compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo prolungato da ottobre ad maggio, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 1,9 e 3,9° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Colli Etruschi Viterbesi o Tuscia un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino «Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia».

Presso gli Etruschi la coltivazione della vite raggiunse un notevole progresso, favorito anche da evolute conoscenze tecniche e da materiale ampelografico di varia origine, raccolto attraverso gli ampi rapporti commerciali di questo popolo. Per quanto riguarda le zone e i vitigni coltivati dagli Etruschi, alcuni scritti di Plinio testimoniano in modo abbastanza preciso la produzione vitivinicola in Etruria.

A Gravisca (antico porto di Tarquinia) e nell'antica Statonia (nel territorio di Vulci) già nel 540-530 a.C. i vigneti erano in grado di fornire una produzione sufficiente ad alimentare un rilevante commercio esterno.

La viticoltura dell’area ebbe nuovo impulso ad opera dei Romani e continuo sotto lo Sato della Chiesa: nell’opera Le pergamene medievali di Orte (G. Giontella, D. Gioacchini, A. Zuppante - 1994), gli autori riportano che nel febbraio del 1401 il giudice Pietro di ser Nerio Ciocii concede “ad pastinandum” un terreno dietro l’impegno del coltivatore a lavorare la terra diligentemente e a corrispondere un terzo dei frutti della vigna.

Nel secondo Medio Evo numerosi Capitoli degli Statuti delle città sono dedicati alla coltivazione della vite e alla produzione e vendita del vino: gli Statuti della città di Orte stabilivano tra l’altro il prezzo del vino ed il divieto da parte degli osti di aumentarlo; lo Statuto di Viterbo del 1251 stabilisce la data di inizio vendemmia “usque ad festum S. Marie de septembri” ed esonera il vino di importazione dal pagamento del pedaggio data l’insufficiente produzione della città; al contrario gli Statuti di Bagnoregio del 1373 proibiscono l’importazione di vino forestiero e impongono agli osti di usare misure munite di sigillo comprovante l’effettiva capacità; lo Statuto di Celleno del 1457 stabilisce anche come dovevano essere realizzate le vasche per la vinificazione, prevalentemente scavate nel tufo; lo Statuto del Comune di Civitella d’Agliano del 1444 e lo Statuto di Castel del Piero, ovvero San Michele in Teverina, (poi divenuto frazione di Civitella d’Agliano) del 1579 regolamentano anch’essi in maniera dettagliata la vitivinicoltura.

Nel tempo la viticoltura ha mantenuto un ruolo importante nel panorama agricolo del territorio, fino all’attualità, come testimoniano le numerose sagre e feste che si tengono annualmente, come la Sagra del Vino dei Colli del Tevere di Castiglione in Teverina o la Fiera del vino di Montefiascone, la cui prima edizione risale al 1950.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC «Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: il Trebbiano toscano, localmente detto Procanico, la Malvasia del Lazio, la Malvasia bianca lunga, il Grechetto, il Trebbiano giallo, localmente detto Rossetto, il Moscato bianco, localmente detto Moscatello per i vini bianchi ed il Montepulciano, localmente detto Violone, il Sangiovese, il Grechetto rosso, localmente detto Greghetto, il Canaiolo nero, localmente detto Canaiolo ed il Merlot per quelli rossi;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (105 hl/ha per le tipologie “bianco” e “Procanico”, 98 hl/ha per le tipologie “rosso”, “rosato”, Greghetto” e “Sangiovese”, 91 hl/ha per la tipologia “Violone”, 84 hl/ha per le tipologie “Grechetto” e “Rossetto”, 77 hl/ha per la tipologia “Merlot”, 70 hl/ha per le tipologie “Moscatello” e “Canaiolo” e 45 hl/ha per la tipologia “Moscatello passito”).

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli e strutturati, adeguatamente differenziate per le tipologie ferme e le tipologie frizzanti.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC «Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» è riferita a tredici tipologie di vino bianco (“bianco secco”, “bianco amabile”, “bianco frizzante, “Procanico”, “Procanico frizzante”, “Grechetto”, Grechetto frizzante”, “Rossetto secco”, Rossetto amabile”, “Moscatello secco”, Moscatello amabile”, “Moscatello frizzante”. Moscatello passito”), a nove tipologie di vino rosso (“rosso secco”, “rosso amabile”, “rosso frizzante”, “rosso novello”, “Sangiovese”, “Greghetto”, “Violone”, “Canaiolo”, “Merlot”) ed a cinque tipologie di vino rosato (“rosato secco”, “rosato amabile”, “rosato frizzante”, “Sangiovese rosato”, “Sangiovese rosato frizzante”) che dal punto di vista analitico ed organolettico

presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» bianco secco:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato caratteristico, sapore secco armonico, caratteristico.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» bianco amabile:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato caratteristico, sapore amabile armonico, caratteristico.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» bianco frizzante:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso con perlage vivace ed evanescente, odore delicato caratteristico, sapore secco o amabile, armonico, caratteristico.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Procanico:

vino fresco ed equilibrato, strutturato, con colore giallo paglierino chiaro, odore caratteristico, delicato, gradevole, sapore secco, fresco, equilibrato

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Procanico frizzante:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino chiaro, perlage vivace ed evanescente, odore caratteristico, delicato, gradevole, sapore secco, fresco, equilibrato

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Grechetto:

vino fresco ed equilibrato, strutturato, con giallo paglierino più o meno intenso fino al dorato, odore delicato e caratteristico, sapore vellutato, fruttato, caratteristico, talvolta con retrogusto leggermente amarognolo.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Grechetto frizzante:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso fino al dorato, perlage vivace ed evanescente, odore delicato e caratteristico, sapore vellutato, fruttato, caratteristico, talvolta con retrogusto leggermente amarognolo.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Rossetto secco:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore intenso, delicato, gradevole, finemente aromatico, sapore secco e armonico.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Rossetto amabile:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore intenso, delicato, gradevole, finemente aromatico, sapore amabile e armonico.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Moscatello secco:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino o giallo dorato più o meno intenso, odore caratteristico dell'uva moscato, sapore secco aromatico caratteristico del moscato.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Moscatello amabile:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino o giallo dorato più o meno intenso, odore caratteristico dell'uva moscato, sapore amabile aromatico caratteristico del moscato.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Moscatello frizzante:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino o giallo dorato più o meno intenso, perlage vivace ed evanescente, odore intenso con note floreali e fruttate, sapore secco o amabile aromatico caratteristico del moscato.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Moscatello passito:

vino strutturato e pastoso, con colore giallo oro tendente all'ambrato più o meno intenso, odore intenso, complesso con sentore muschiato caratteristico, sapore dolce, armonico, aromatico, vellutato.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosso:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza. Il vino presenta un colore rosso rubino più o meno intenso, odore

caratteristico, fragrante più o meno fruttato, sapore secco, pieno, armonico.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosso amabile:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza. Il vino presenta un colore rosso rubino più o meno intenso, odore

caratteristico, fragrante più o meno fruttato, sapore amabile, pieno, armonico.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosso frizzante:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza.

Il vino presenta un colore rosso rubino più o meno intenso, perlage vivace ed evanescente, odore caratteristico, fragrante più o meno fruttato, sapore secco o amabile, pieno, armonico.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» novello:

buona struttura e giusto tenore di acidità. Il vino presenta un colore rosso rubino più o meno intenso con sfumature violacee, odore fruttato e persistente, sapore fresco, armonico, equilibrato, rotondo e talvolta vivace per fragranza di

fermentazione.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Sangiovese:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il vino presenta un colore rosso rubino con riflessi violacei, odore caratteristico e fine, sapore secco armonico con buona struttura e persistenza.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Greghetto:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza. Il vino presenta un colore rosso rubino più o meno intenso, odore

caratteristico, fragrante, più o meno fruttato, sapore sapido, armonico, persistente.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Violone:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità.

Il vino presenta un colore rubino intenso tendente al violaceo, odore caratteristico con retrogusto di marasca, sapore secco pieno, più o meno tannico, armonico.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Canaiolo:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza. Il vino presenta un colore rosso rubino intenso, odore caratteristico,

aromatico, persistente, sapore amabile, di corpo, più o meno tannico, armonico.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Merlot:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il vino presenta un rosso rubino con riflessi violacei, odore gradevole, leggermente erbaceo, sapore pieno, morbido, armonico, giustamente tannico, con leggero retrogusto erbaceo.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosato secco:

leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso talvolta con riflessi violacei, odore intenso, delicato, gradevole, sapore secco, armonico, equilibrato, talvolta fresco e vivace.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosato amabile:

leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso talvolta con riflessi violacei, odore intenso, delicato, gradevole, sapore amabile, armonico, equilibrato, talvolta fresco e vivace.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» rosato frizzante:

leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso talvolta con riflessi violacei, perlage vivace ed evanescente, odore intenso, delicato, gradevole, sapore secco o amabile, armonico, equilibrato, talvolta fresco e vivace.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Sangiovese rosato:

leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso talvolta con riflessi violacei, odore intenso, delicato, gradevole, sapore secco, armonico, equilibrato, talvolta fresco e vivace.

«Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» Sangiovese rosato frizzante: leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso talvolta con riflessi violacei, perlage vivace ed evanescente, odore intenso, delicato, gradevole, sapore secco, armonico, equilibrato, talvolta fresco e vivace.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione, nel Lazio settentrionale, e l’esposizione ad ovest, sudovest, concorrono a determinare un ambiente arioso e luminoso, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del «Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia».

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del «Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia».

In particolare, i terreni, di origine sedimentaria e vulcanica, sono costituiti da litologie prevalentemente grossolane (sabbie) o prevalentemente fini (argille e limi), con depositi ghiaiosi e sabbiosi alluvionali tardo pleistocenici, mentre al colmo dei rilievi collinari affiorano, invece, prodotti vulcanici quali i tufi stratificati con strati di pomici e ceneri con livelletti tifatici di sedimentazione lacustre.

Sono presenti anche tufi leucititici grigiastri detti di Montefiascone e, con alternanza di ceneri, sabbie vulcaniche e lapilli (talvolta a consistenza litoide), con inclusi lavici di dimensione variabile in relazione alla loro distanza dai centri di emissione e materiali dovuti all’attività intercalderica finale quali lave (tefriti fonolitiche e leucitiche), scorie saldate e stratificate e banchi di lapilli alternati a lenti e strati di ceneri debolmente cementate, presentano caratteristiche tali da

renderli idonei ad una vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni normali (mediamente 1010 mm), con scarse piogge estive (110 mm) ed aridità nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (14.6 °C), ma con una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino «Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia».

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antica “Etruria”, dai Romani, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del «Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia».

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini «Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia», le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del «Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia» è attestata fin dall’epoca degli Etruschi, in molti reperti dei georgici latini.

Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i documenti di varia natura conservati presso gli archivi monastici.

Gli Statuti di numerose città ricadenti nell’area delimitata, emanati nel secondo Medio Evo, regolavano l’ordinamento delle Comunità su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.

Nel 1346 fu costituita a Montefiascone una società “ad mercantiam vini” ove uno dei soci consegna all’altro 65 fiorini d’oro da impiegare nei commerci: alla scadenza la somma dovrà essergli restituita “cum medietate lucri et dampni” cioè facendo a metà delle perdite e dei guadagni.

La coltivazione della vite continuò ed ebbe maggiore espansione, tanto che nel 1833 il Rampoldi nella Corografia dell’Italia riporta, descrivendo la città di Civitella D’Agliano, “posta… sopra un alto colle abbondante di viti”, ed il Moroni nel Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica del 1860 “..il territorio è ferace d’ogni genere e abbonda assai di viti”. Il Castellano in Lo stato pontificio ne'suoi rapporti geografici, storici, politici... (1837) riporta per Bagnorea (Bagnoregio) “L' agricoltura , singolarmente nella cos'i detta valle, è assai prosperosa: copiosi e soavi sono i vini,

che si asportano alla Capitale sotto il nome di vino d’ Orvieto”.

Anche il Nigrisoli nella Rivista dei più importanti prodotti naturali e manifatturieri dello Stato Pontificio (1857), parla dei prodotti naturali esistenti nella Delegazione di Viterbo e scrive: “.. La cultura delle viti è giunta ad un alto grado di sviluppo, raccogliendosi dai campi, e dalle vigne vini rossi, e bianchi vigorosi”, ed ancora “mentre tra i vini rossi sono in maggior credito quelli delle Grotte di San Lorenzo, di Gradoli ,di Castro”.

Sempre nel 1857, nella Topografia statistica dello stato pontificio il Palmieri scrive per Gradoli “Il ridetto popolo di Gradoli, ove sono molto belle le donne, è occupato con attività parte nella pesca, parte in lavorare botti, tini, cerchi, ed il più negli agrarii lavori del proprio territorio della superficie di tavole 131419, dove sono assai feraci le terre, in specie quelle dette del Piano del Lago di Gradoli, ove raccolgono in copia castagne, legumi, tutta sorta di buone frutta, e vini bianchi e rossi così prelibati, che si fa di essi grande commercio nella Capitale, ed in ispecie dell'eccellente Alleatico vino”, per Latera “..vi si raccolgono buoni vini bianchi, e rossi” e per Grotte di Castro “il territorio..assai ben coltivato, feracissimo, e abbonda di squisito vino”.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del «Colli Etruschi Viterbesi» o «Tuscia».

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Viterbo

Via Fratelli Rosselli, 4

01100 Viterbo

Telefono 0761 2341 - Fax 0761 345755;

E-mail camera.commercio.viterbo@vt.legalmail.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Viterbo è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente

al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

EST!EST!!EST!!! DI MONTEFIASCONE

D.O.C.

D.P.R. 03 maggio 1989

Modifica Decreto 15 giugno2009

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Est! Est!! Est!!! di Montefiascone» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

Est! Est!! Est!!! di Montefiascone;

Est! Est!! Est!!! di Montefiascone Classico;

Est! Est!! Est!!! di Montefiascone Spumante.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata «Est! Est!! Est!!! di Montefiascone» devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Trebbiano toscano, localmente detto Procanico dal 50% al 65%;

Trebbiano giallo, localmente detto Rossetto dal 25 al 40 %;

Malvasia bianca lunga e/o Malvasia del Lazio dal 10 al 20%;

Possono concorrere alla produzione di detto vino altri vitigni di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, da soli o congiuntamente, nella misura massima del 15%.

La base ampelografica dei vigneti, già iscritti allo schedario viticolo della denominazione di origine controllata «Est! Est!! Est!!! di Montefiascone», deve essere adeguata entro la decima vendemmia successiva alla data di pubblicazione del presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Est!Est!!Est!!! di Montefiascone» ricade nella Provincia di Viterbo e comprende il territorio amministrativo dei comuni di Montefiascone, Bolsena, San Lorenzo Nuovo, Grotte di Castro, Gradoli, Capodimonte e Marta.

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Est!Est!!Est!!! di Montefiascone» Classico, comprende parte del territorio dei Comuni di

Montefiascone e Bolsena di origine più antica.

 

Essa è così delimitata:

Partendo dal confine tra i comuni di Bolsena e Montefiascone, in località Colle della Guardata si procede verso sud lungo la Cassia Antica; in località Rosignolo si scende verso Sud, lungo il Fosso dei Prati, fino ad incontrare la strada vicinale che congiunge la frazione denominata Poggio della Frusta con la Strada statale n. 71 - Umbro Casentinese. Si prosegue percorrendo la stessa strada vicinale fino al congiungimento con la S.S. 71 Umbro Casentinese.

Si percorre un tratto della S.S. n. 71 Umbro Casentinese, in direzione dell'abitato di Montefiascone e fino all'incrocio con la strada vicinale di Capobianco.

Si procede percorrendo l'intero tratto della strada comunale di Capobianco verso Fonte Fetriccia fino all'incrocio dei confini comunali tra Montefiascone e Celleno.

Proseguendo lungo detta linea di confine, verso Sud, incontriamo i confini comunali dei Comuni di Celleno, Viterbo, Marta. Si costeggia il profilo del lago fino al confine con il Comune di Bolsena ad incrociare la ex SS2 Cassia.

Si segue la ex SS2 Cassia verso Nord fino al km 114+750, corrispondente all'incrocio con la Strada Vicinale di Barano. Si prosegue lungo la strada Vicinale di Barano fino ad incontrare la strada Vicinale Madonna dell'Augello.

Da detto incrocio si segue la strada Vicinale della Madonna dell'Augello fino all'incrocio con la strada vicinale della Casetta.

In direzione Nord-Est, si prosegue lungo la strada vicinale della Casetta fino all'incrocio con la strada vicinale della Pantanesca, percorrendo quest'ultima fino ad incrociare la strada comunale Bolsena - Castel Giorgio; si scende lungo la stessa fino all'incrocio con la Strada Provinciale Orvietana.

Si prosegue lungo la S.P. Orvietana fino all'altezza della località Ponticello, corrispondente all'incrocio con la strada interpoderale della Polinarda.

Si percorre la strada interpoderale della Polinarda fino ad incrociare il podere Cicala e successivamente si prosegue fino a raggiungere il confine con il comune di Bagnoregio.

Si segue, in direzione Sud-Est, detto confine fino ad incontrare il confine con il comune di Montefiascone. Si percorre detto confine del comune di Montefiascone fino ad incontrare la località ex Mulino Pelecca.

Si prosegue lungo detto confine fino ad intersecare la strada romana Cassia Antica, punto da cui si era partiti.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Est! Est!! Est!!! di Montefiascone» devono essere quelle normali della zona e atte a conferire alle uve le specifiche caratteristiche di qualità.

I vigneti devono trovarsi su terreni ritenuti idonei per le produzioni della denominazione di origine di cui si tratta.

Sono da escludere i terreni eccessivamente umidi, di fondo valle o insufficientemente soleggiati.

Per i nuovi impianti e i reimpianti, la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 3.000 piante in coltura specializzata.

I sesti di impianto e le forme di allevamento consentiti sono quelli già usati nella zona.

È vietato il tendone come forma di allevamento.

È vietata ogni pratica di forzatura.

È consentita l'irrigazione di soccorso.

La produzione massima di uva ad ettaro e la gradazione minima naturale per tipologia di vino, sono le seguenti:

Est! Est!! Est!!! di Montefiascone:

produzione uva: 13,00 t/ha;

titolo alcolometrico volumico naturale minimo: 10,00% vol.

Est! Est!! Est!!! di Montefiascone Classico e Spumante:

produzione uva: 11,00 t/ha;

titolo alcolometrico volumico naturale minimo: 10,50% vol.

Per i vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva a ettaro deve essere rapportata alla superficie effettivamente impegnata dalla vite.

Nelle annate particolarmente favorevoli i quantitativi di uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Est!Est!!Est!!! di Montefiascone» nelle diverse tipologie previste, devono essere riportati nei limiti di cui sopra, attraverso un'accurata cernita delle uve, purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

La Regione Lazio, con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può modificare il limite massimo di produzione di uva per ettaro e il titolo alcolometrico volumico naturale minimo dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo incaricato.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione e spumantizzazione devono essere effettuate all'interno della zona delimitata dal precedente art. 3.

È consentito l'arricchimento dei mosti e dei vini di cui all'articolo 1, nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali con mosti concentrati ottenuti da uve dei vigneti iscritti allo schedario viticolo della stessa denominazione di origine controllata oppure con mosto concentrato rettificato o a mezzo concentrazione a freddo o altre tecnologie consentite.

Le diverse tipologie previste dall'art. 1 devono essere elaborate in conformità alle norme comunitarie e nazionali.

La tipologia spumante deve essere ottenuta con presa di spuma per fermentazione naturale di mosti o vini che rispondono alle condizioni previste nel presente disciplinare, seguendo le norme generali di produzione e designazione dei vini spumanti.

La resa massima dell'uva in vino, compresa l'eventuale aggiunta correttiva non deve superare il 70% per tutte le tipologie.

Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra ma non oltre il 75%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine; oltre il 75% di resa, decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

Poiché i vigneti del vino a denominazione di origine controllata «Est!Est!!Est!!! di Montefiascone» sono compresi nei vigneti iscritti allo schedario viticolo della denominazione di origine controllata «Colli Etruschi Viterbesi» ricadenti nella zona delimitata dal precedente art. 3, purché posseggano i requisiti previsti nel presente disciplinare, viene ammessa la scelta vendemmiale e la riclassificazione di cantina purché siano rispettate le norme vigenti.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all'art. 1 devono rispondere, all'atto dell'immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

 

Est! Est!! Est!!! di Montefiascone:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: fine, caratteristico, leggermente aromatico;

sapore: secco o abboccato o amabile, sapido, armonico, persistente con leggera vena amarognola;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

Est! Est!! Est!!! di Montefiascone spumante:

spuma: fine, persistente;

colore: giallo paglierino tenue;

profumo: gradevole con caratteristiche di fruttato delicato;

sapore: secco, fruttato, lievemente aromatico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

Est! Est!! Est!!! di Montefiascone Classico:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: fine, caratteristico, leggermente aromatico;

sapore: secco o abboccato o amabile, sapido, armonico, persistente con leggera vena amarognola;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo 15,00 g/l.

 

E' in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare i limiti dell'acidità totale e dell'estratto non riduttore minimo con proprio decreto.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Nella etichettatura, designazione e presentazione dei vini di cui all'art. 1, è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi «fine», «scelto», «selezionato» e similari. E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

E' consentita la qualificazione «Classico» solo per i vini a denominazione di origine controllata «Est!Est!!Est!!! di Montefiascone», ad esclusione della tipologia «Spumante», ottenuti con uve provenienti dalla zona di produzione delimitata all'art. 3 del presente disciplinare.

La menzione «Vigna» seguita dal relativo toponimo è consentita purché le uve provengano totalmente dai corrispondenti vigneti e siano rivendicate annualmente ed iscritte nell'apposito schedario viticolo previsto dalla normativa vigente.

Nell'etichettatura dei vini di cui all'art. 1, l'indicazione dell'annata di produzione è obbligatoria nel caso di recipienti con tappatura raso bocca.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini di cui all'art 1 possono essere immessi al consumo in recipienti di volume nominale fino a 1,5 litri.

E' consentito, solamente per le tipologie Spumante e Classico, l'imbottigliamento in recipienti di volume nominale di 3 litri.

I vini a denominazione di origine controllata «Est!Est!!Est!!! di Montefiascone» devono essere confezionati in recipienti di vetro.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte settentrionale della regione Lazio, in Provincia di Viterbo, si estende su una superficie di circa 36.500 ettari, e comprende un territorio di media e alta collina, situato sulle pendici del distretto vulcanico Vulsino.

I terreni sono di origine vulcanica e ricadono nella struttura principale del distretto che a seguito di una serie di esplosioni, avvenute in più fasi successive, hanno creato un ampio bacino di collasso dovuto allo sprofondamento della caldera che ha interessato anche le aree circostanti.

L’attività vulcanica ebbe inizio circa 800.000 anni fa con lo sviluppo di colate di lave e con la formazione di coni di scorie. Successivamente, circa 600.000 mila anni fa, l’attività si sviluppò maggiormente in corrispondenza di un primitivo centro, oggi non più evidente, in corrispondenza della conca lacustre.

A questa attività si riconducono i materiali vulcanici più antichi presenti sia ad est che a sud della conca lacustre. Le rocce che appartengono a questo complesso sono particolarmente ricche in potassio.

La natura dei terreni è di conseguenza condizionata dall’attività del vulcano, per cui è possibile distinguere due tipologie: nella zona nord ed in quella occidentale dell’area prevalgono materiali dovuti all’attività intercalderica finale quali lave (tefriti fonolitiche e leucitiche), scorie saldate e stratificate e banchi di lapilli alternati a lenti e strati di ceneri

debolmente cementate; solo in alcune zone si rinvengono tufi leucititici contenenti grossi proietti lavici; nella zona orientale ed in quella meridionale prevalgono materiali quali i tufi leucititici grigiastri detti di Montefiascone e, con alternanza di ceneri, sabbie vulcaniche e lapilli (talvolta a consistenza litoide), con inclusi lavici di dimensione variabile in relazione alla loro distanza dai centri di emissione.

Intercalate a questi si rinvengono colate di lava leucitica, sempre di limitata estensione.

Localmente sono stati rinvenuti strati di pomici e ceneri con livelletti tifatici di sedimentazione lacustre. La permeabilità di questo tipo di rocce è sempre piuttosto elevata sia per porosità (tufi, lapilli, sabbie) che per fessurazione (lave).

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 220 e i 665 m s.l.m. con pendenza variabile e l’esposizione generale è orientata verso ovest, sud-ovest e sud.

Il clima dell’area è di tipo temperato di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 810 ed i 1214 mm, con aridità estiva presente nei mesi estivi (pioggia 73-123 mm) più accentuata alle quote più basse.

La temperatura media è compresa tra i 13,8 ed i 15,6°C: freddo prolungato da novembre ad aprile più intenso alle quote più alte, con temperatura media inferiore ai

10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 1,9 e 4,0° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Est!Est!!Est!!! di Montefiascone un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone”.

Presso gli Etruschi la coltivazione della vite raggiunse un notevole progresso, favorito anche da evolute conoscenze tecniche e da materiale ampelografico di varia origine, raccolto attraverso gli ampi rapporti commerciali di questo popolo.

La nascita e lo sviluppo della viticoltura dell’areale dell’ Est! Est!! Est!!! è sicuramente dovuta all’influenza positiva sul clima del vasto bacino lacustre di Bolsena, sul quale si affacciano la gran parte dei terreni vitati. A conferma di ciò si riporta il ritrovamento avvenuto nel 1959, di frammenti di tralci e di vinaccioli di viti selvatiche, risalenti al periodo villanoviano, presso l'insediamento palafitticolo del Grancaro o Granciaro situato tra Montefiascone e Bolsena.

La coltivazione della vite continuò ed ebbe maggiore espansione ad opera dei Romani, passò indenne attraverso i secoli bui, e conobbe un nuovo impulso all’epoca degli Stati pontifici, tanto che gli statuti della città di Montefiascone (1471 e 1584) contengono numerosi Capitoli inerenti il processo produttivo del vino, dalla coltivazione della vite, alla produzione e conservazione, fino alla vendita ad grossum o ad minutum del prodotto finito.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimonia la Fiera del vino di Montefiascone la cui prima edizione risale al 1950.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC Est! Est!! Est!!! di Montefiascone sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

il vitigno idoneo alla produzione del vino in questione, è quello tradizionalmente coltivata nell’area geografica considerata: il Trebbiano toscano, localmente detto Procanico, il Trebbiano giallo, localmente detto Rossetto, la Malvasia bianca lunga e la Malvasia del Lazio;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (91 hl/ha per la tipologia Est! Est!! Est!!! di Montefiascone e 77 hl/ha per le tipologie Est! Est!! Est!!! di Montefiascone Classico e Est! Est!! Est!!! di Montefiascone spumante);

- le pratiche relative all’elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona

per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone” è riferita a 3 tipologie di vino bianco (“Est! Est!! Est!!! di Montefiascone”, “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone spumante” e “Est! Est!! Est!!! Di Montefiascone Classico”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Est! Est!! Est!!! di Montefiascone”:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore fine, caratteristico, leggermente aromatico, sapore secco o abboccato o amabile, sapido, armonico, persistente con leggera vena amarognola.

“Est! Est!! Est!!! di Montefiascone” spumante:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino tenue, perlage fine e persistente, odore gradevole con caratteristiche di fruttato delicato, sapore secco, fruttato e lievemente aromatico.

“Est! Est!! Est!!! di Montefiascone” Classico:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore fine, caratteristico, leggermente aromatico, sapore secco o abboccato o amabile, sapido, armonico, persistente con leggera vena amarognola.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione, in territorio di media e alta collina, situato sulle pendici del distretto vulcanico Vulsino, e l’esposizione ad ovest, sud-ovest e sud, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone”.

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche dell “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone”.

In particolare, i terreni, riconducibili all’attività intercalderica finale del vulcano Vulsino, sono costituiti in prevalenza da tufi leucititici grigiastri detti di Montefiascone, con alternanza di ceneri, sabbie vulcaniche e lapilli e sono caratterizzati da una permeabilità piuttosto elevata sia per porosità (tufi, lapilli, sabbie) che per fessurazione (lave), presentano un normale contenuto di elementi nutritivi e sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità, conferendo ai vini particolare vigore e complessità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (mediamente 1012 mm), con scarse piogge estive (120 mm) ed aridità nei mesi estivi, più accentuata alle quote più basse, da una buona temperatura media annuale (14.6 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata, un’ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, ma con una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone”.

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Mons Flasconis”, dagli Etruschi, all’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche dell’ “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona di “Montefiascone” è attestata fin dall’epoca degli Etruschi, in molte opere dei georgici latini.

Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici.

Quasi a dimostrazione dell'ancestrale connessione con la “sacra” bevanda, il primo riferimento alla città di Montefiascone come mons Flasconis risale all'850, ad un privilegio di papa Leone IV, ove si trova specificato, vallem episcopii, montem Flasconis. Nel toponimo, vi è, senza dubbio, il riferimento alla posizione della città, arroccata su un colle, e alla produzione di vino (flascone inteso come contenitore di vino). Il termine flasco nell’accezione di recipiente per il vino risulta già usato nel V sec. da Ennodio, si ritrova in Gregorio di Tours nel VI secolo ed in Gregorio Magno nel

VII. Nel XIII secolo: inoltre, fra' Salimbene specifica come il flasco sia un vasculum, quod illi de Tuscia flasconem dicunt, Lombardi vero botacium, lasciando intendere che proprio nel territorio della Tuscia, di cui è parte integrante Montefiascone, la parola inizia la sua affermazione come contenitore da vino o barilotto.

Anche lo stemma della città, assunto verso la metà del XII secolo, riprende questo tema: d'argento al monte all'italiana di sei cime di verde, sostenente un barilotto di rosso con l'esplicita intenzione di rappresentare in forma di figura parlante il nome del paese; sovrapponendo un flasco, in forma di barilotto, al simbolo araldico del monte.

Il celebre vino Est Est Est lega il suo nome ad una leggenda, un misto di realtà e fantasia, che ha affascinato i viaggiatori di ogni tempo attratti dai "mirabilia".

Si racconta che nel 1111 un personaggio di rango (per alcuni un vescovo o un prelato, per altri un nobile), chiamato dai più Johannes Defuk, giunto in Italia al seguito dell'Imperatore Enrico V, conservando una grande predilezione per il buon vino e sapendo di trovarne di ottima qualità in Italia, abbia invitato il suo servitore Martino a precederlo lungo il tragitto alla ricerca del vino migliore e gli abbia chiesto di segnare il posto in cui degustava il più buono con il contrassegno Est.

Defuk scendeva da cavallo e gustava il vino ogni volta che si imbatteva in questo segno.

Giunto a Montefiascone incontra la porta di un'osteria non con uno, non con due ma con tre Est come segno di eccellenza.

Vinto dall'amore per l'ottimo vino che beve per due giorni, decide di abbandonare il corteo imperiale diretto a Roma e di trasferirsi a Montefiascone.

Continua a bere quel vino delizioso fino alla morte avvenuta nel 1113, ma, prima di morire, lascia un testamento in cui dice di voler essere seppellito nella Chiesa di San Flaviano, dov'è ancora oggi, e su questa chiede che venga versato vino in abbondanza in occasione di ogni anniversario della sua morte.

A testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura a Montefiascone, negli Statuti Veteri (1471) si elencano le operazioni che i lavoratori delle vigne locate nella città di Montefiascone sono tenuti a fare, e negli Statuti Novi (1584) si indicano anche i tempi di ogni operazione.

Con precisione si indica anche il termine entro cui devono essere compiute tutte queste operazioni, cioè prima della festa di Santa Maria, nel mese di agosto. Sono previste, inoltre, delle

pene per coloro i quali non abbiano terminato i lavori nel tempo indicato: perdano la metà di tutta la vendemmia o rifondano al padrone della vigna il danno patito.

In Descrittione di tutta l'Italia et isole pertinenti ad essa (1550), Leandro Alberti riporta “dal lago di Bolsena si traggono buoni pesci, & de’ luoghi contorni buoni vini.” e ancora “Ha Monte Fiascone molto ameno & bello territorio, chè di fruttiferi colli ornato; dai quali traggono i famosi e buoni vini moscatelli..”ed ancora “che Montefiascone era tante volte dai Tedeschi nominato et desiderato per i soavi et dolci vini moscatelli bianchi et vermigli”

In Difesa del popolo romano sull'abbandono della campagna (1848) De’ Giovanni scrive “La vite è pressoché indigena in tutte le provincie, e vi si fanno distinguere i vini di Orvieto, di Montefiascone, ..”.

Nella Rivista dei più importanti prodotti naturali e manifatturieri dello Stato Pontificio (1857) Gaetano Nigrisoli parla dei prodotti naturali esistenti nella Delegazione di Viterbo e riporta “.

La cultura delle viti è giunta ad un alto grado di sviluppo, raccogliendosi dai campi, e dalle vigne vini rossi, e bianchi vigorosi, ed amabili, primeggiando su tutti il moscato detto dei tre est, il cui pregio viene eziando accresciuto dalla singolare rarità”. In Agricoltura e quistioni economiche: che la riguardano (1860) Vol. 2, Frédéric Passy, scrive “I migliori vigneti son quelli di .., Monteflascone.

Sono in generale vigne a cannette”. In Lo stato pontificio ne' suoi rapporti geografici, storici, politici (1837), Pietro Castellano, riporta “Montefiascone”.

Il prezioso vino moscato, che raccogliesi ne' dintorni, ha dato al paese una fama, che per tutta Europa è diffusa, nè v' ha oltramontano, ed oltramarino viaggiatore, che nello attraversar la regione gustar non voglia di quel triplo Est, del quale pagò il gusto assai caro quel beone tedesco, che vi trovò la tomba”.

Nel 1830 Giuseppe Gioacchino Belli compone un sonetto che può essere considerato un generico inno al vino, ma specialmente a quello di Montefiascone. Er vino [...] È bbono assciutto, dorce, tonnarello, / Solo e ccor pane in zuppa, e, ssi è ssincero, / Te se confà a lo stommico e ar ciarvello. / È bbono bbianco, è bbono rosso e nnero; / De Ggenzano, d'Orvieti e Vviggnanello: / Ma l'este-este è un paradiso vero.

Il vino ufficiale usato nella celebrazione delle messe in Vaticano, in occasione dell’ultimo Anno Santo del 2000 è stato l’Est Est Est di Montefiascone.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la creazione della Cantina sociale, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del vino “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Viterbo

Via Fratelli Rosselli, 4

01100 Viterbo

Telefono 0761 2341 - Fax 0761 345755;

E-mail camera.commercio.viterbo@vt.legalmail.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Viterbo è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

ORVIETO

D.O.C.

Decreto 03 Agosto 2010

(Fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

denominazione dei vini

 

La denominazione di origine controllata “Orvieto”, ivi compresa la sottozona “Orvieto Classico”, anche nelle tipologie:

secco,

abboccato,

amabile,

dolce,

superiore,

vendemmia tardiva

muffa nobile

è riservata ai vini bianchi che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

La tipologia vendemmia tardiva può essere rivendicata esclusivamente per il vino a denominazione di origine controllata “Orvieto e Orvieto Classico” con la qualificazione superiore.

 

Articolo 2

base ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata “Orvieto” devono essere ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti composti, nell’ambito aziendale, dai vitigni seguenti, nella proporzione indicata a fianco di ciascuno di essi:

 

Trebbiano Toscano (Procanico) e Grechetto Min. 60%.

possono concorrere altri vitigni di colore analogo idonei alla coltivazione per la Regione Umbria e per la Provincia di Viterbo fino a Max 40%.

 

Articolo 3

zona di produzione delle uve

 

Le uve destinate alla, produzione dei vini “Orvieto” devono essere prodotte nella zona che comprende, in tutto o in parte, i territori amministrativi dei seguenti comuni:

Orvieto, Allerona, Alviano, Baschi, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Ficulle, Guardea, Montecchio, Fabro, Montegabbione, Monteleone d’Orvieto, Porano

in provincia di Terni

Castiglione in Teverina, Civitella D’Agliano, Graffignano, Lubriano, Bagnoregio

in provincia di Viterbo.

 

Tale zona è così delimitata: sulla strada che da Castelviscardo conduce a Monte Rubiaglio, poco prima del centro abitato di quest’ultimo e all’altezza dello stabilimento termale, il limite segue in direzione ovest la variante a valle dell’abitato fino all’incrocio della strada che porta al podere Stabbione, segue quindi la medesima sino ad incontrare il fosso Pisciatello che discende in direzione nord sino alla confluenza con il T. Paglia in prossimità della q.164.

Dal punto di confluenza in linea retta raggiunge il podere Molino e da podere Molino prende in direzione nordest,

la strada che porta alla borgata Stazione, percorrendola fino ad incrociare il fosso Ripuglie.

Risale tale fosso sino all’altezza del podere Pianociano, prende il sentiero che conduce alla località Pratale (q. 360) e, proseguendo, incontra la provinciale per Allerona, prosegue sulla medesima, sino al centro abitato e all’uscita del medesimo segue la strada che, in direzione nord-est, passa per podere Fontalone e prosegue su detta strada fino ad incontrare il fosso Rivasenne (q. 280) che oltrepassa e dopo aver toccato il vocabolo Peccio raggiunge il fosso Rivarcale.

Discende lungo il medesimo e all’altezza di q. 240 segue in direzione est il sentiero per podere Poggio Lupo, lo

raggiunge e poi in direzione nord-ovest prende il sentiero che passa per podere Mostarda (q. 335), podere Alvenella (q. 275), prosegue quindi fino a q. 227 e al ponte sul fosso Rimucchie.

Segue una linea retta in direzione est fino a q, 222 in prossimità di un corso d’acqua che discende fino all’affluenza di questi nel T. Ritorto in prossimità della q. 216.

Risale il T. Ritorto e superato di poco le Taie prende la strada che in direzione est raggiunge q. 242.

Da q. 242 prende il sentiero che in direzione nord passa per q. 324, S. C. Marco, procede sempre verso nord lungo tale sentiero, costeggiando le quote 348 (Olivello), 359, 382, 393(Castel rosso) e 387, raggiunge la strada che porta a Fabro.

Su questa via procede per Poggio della Fame da dove seguendo la strada in direzione nord incrocia a q. 252 la strada che da Salci conduce a Fabro.

Lungo tale strada supera il bivio per Fabro e procede verso sud-est passando per le quote 247, 252, 237, 244, 237 (Casella), 240, 245 (S. Lazzaro).

Da qui procede sulla strada statale Umbro-Casentinese fino alla frazione di Santa Maria; superato il centro abitato di Santa Maria segue la vecchia strada statale Umbro-Casentinese incrociando in prossimità di Poderocchio il confine delle

provincie Perugia e Terni, procede lungo tale confine in direzione nord-est sino a incontrare al chilometro 72 la strada statale Umbro – Casentinese (n. 71).

Lungo la medesima discende verso sud per un breve tratto fino all’incrocio con la strada che conduce al C. Cicolini I e Cicolini II, segue tale via sino a raggiungere la q. 427, da dove prosegue per la strada che verso sud porta al C.po

Giorgione e raggiunge la strada che porta a Montegabbione.

La segue fino a tale centro abitato e prosegue verso Monte Giove sino a incontrare in località Ceppete il R. della Fonte dell’Olimpia, affluente di destra del T. Sorre.

Segue questo corso d’acqua sino a T. Sorre e poi sempre verso sud sino alla confluenza di questi con il T. Chiani e quindi lungo il T. Chiani sino all’affluenza in questi del Fosso della Volpia (q. 202).

In prossimità della confluenza sulla sponda opposta del T. Chiani segue il sentiero che scende verso sud e passa per la Casella (q. 230), S.C. Gregorio(q. 290); e quindi in direzione ovest prosegue per il sentiero che lambisce la Macchia dei Passacci e Poggio Tonolo e infine incrocia un corso d’acqua affluente del R. di Poreale, segue tale affluente per tutto il suo corso in direzione nord e alla confluenza con il R. di Poreale, risale quest’ultimo sino a incrociare a q. 484 il sentiero che porta a C.se Mealla.

Segue tale sentiero in direzione ovest, fino a incontrare a q. 544 la strada statale Umbro- Casentinese 71 e in direzione sud-ovest discende sulla medesima sino alla frazione Bagni.

All’uscita del centro abitato di Bagni segue il sentiero che, in direzione nord-est, passando per il podere Santa Maria arriva al T. Chiani, lo attraversa e sempre seguendo tale sentiero, che costeggia il T. Chiani, attraverso il R. Secco, il fosso della Chiericciola, prosegue attraversando la contrada Mazzocchino e giunge a Marrano Nuovo.

Segue poi la strada che conduce a San Faustino e prima di giungervi, all’altezza di Villa Laura, segue la via che conduce, in direzione sud-est, a S. Bartolomeo, da qui prosegue verso sud per il sentiero che passa per Casone, C.Mova, C. dei Frati fino al fosso della Capretta, che attraversa all’altezza di C. Bianca.

Costeggiando il fosso della Capretta, il Borro Fontanelle e la strada vicinale, raggiunge C. Bianca (q. 382) e di qui, proseguendo, si congiunge a q. 322 con la strada che porta all’Osteria della Padella e prosegue lungo questa strada fino al bivio per S. Giorgio, prende la strada statale Orvietana ( n. 79-bis), in direzione est e in prossimità del km 10 a q. 550 prende la via che attraversa Quercia Cola, Ceraso, Madonna del Fossatello, il Pegno, Podere Grotte Bandrilli, raggiunge Corbara; da qui risale verso nord per la strada che lambendo la località Prati e attraverso il podere Ischia, raggiunge il fosso dei Grottoni, segue questo corso d’acqua sino alla confluenza nel Tevere e risale quindi il corso del fiume.

In prossimità del fosso Pianicello prende in direzione nord il sentiero che attraversa la località Piantatella, passa per la q. 245, costeggia a ovest il Poggio e prosegue sempre verso nord fino al podere il Colle (q. 337), prosegue sempre lungo il sentiero (q. 380 e 390) e quindi piegando verso est raggiunge q. 457 dove segue la strada che porta a Titignano.

Costeggiando il centro abitato scende lungo la strada verso sud, fino a raggiungere il limite di confine della provincia che segue nella stessa direzione fino al Tevere; risale il Tevere fino a incontrare il Fosso Pasquarella, in prossimità della confluenza di quest’ultimo prende il sentiero che, in direzione sudovest passa per le q. 304, 398, 460, 467, 494, attraversa la valle Spinosa e raggiunge l’edicola dedicata a S. Sebastiano sulla strada che conduce a Civitella del Lago.

Prosegue quindi verso sud lungo la strada che porta al ponte dell’Argentario, superato di poco il ponte a q. 308, prende il sentiero che, in direzione sud, passa attraverso i poderi Casanova e le località S.Giorgio, Campo della Macchia, Piano della Fornace sino a raggiungere a q. 463, all’altezza di podere Pantano, la strada che conduce a Montecchio.

Segue tale strada sino al centro abitato e superatolo prosegue per la via che conduce a S. Angelo, lo supera sino a incrociare il fosso della Bandita che discende sino a incontrare , per seguirla, la strada che conduce a Tenaglie.

Da Tenaglie segue la strada che conduce a Guardea, superato questo centro abitato e passato per il P.te della Stretta segue, sempre verso sud, la strada che costeggia M. Civitella e Poggio S. Biagio, sino a incrociare il fosso Porcianese, discende lungo il medesimo e successivamente lungo il fosso Pescara fino alla sua confluenza nel Tevere, risale il Tevere fino alla confluenza del fosso di Montecalvello.

Risale quindi questo fosso sino al suo incrocio con la strada che conduce a Graffignano (q. 91).

Segue tale strada che attraversa Graffignano e Tardane sino a incrociare quella che conduce a Civitella D’Agliano, prosegue lungo quest’ultima in direzione di Civitella d’Agliano e superato il km.24 prende verso nord-ovest il sentiero che passa tra le località Morro della Chiesa e Torriti.

Segue questo sentiero che attraversa Rio Chiaro ( q. 214) e prosegue per le quote 252, 299 sino a raggiungere in prossimità del km 8 la strada che da San Michele in Teverina porta a Civitella d’Agliano.

Su tale strada prosegue costeggiando il centro abitato di S. Michele in Teverina e quindi prosegue e attraversa Vetriolo, Ponzano per raggiungere Bagnoregio. Attraversa Bagnoregio e sempre sulla stessa strada raggiunge in direzione nord Porano.

Passando al di fuori del centro abitato di Porano prosegue per tale strada verso nord fino a raggiungere la strada statale Umbro-Casentinese (n. 71) in prossimità delle Case Buonviaggio.

Segue tale strada statale n. 71 sino a V.la Nuova (q. 484) e di qui in linea retta verso ovest passa per le quote 482 (Graticello), 500 (S. Giovanni) fino a q. 530 sulla strada che attraverso Pian Rosato porta a S.Quirico, segue tale strada fino a q. 521 per poi prendere il sentiero che, in direzione ovest, porta a la Ceppa, la supera e all’incrocio del sentiero che il fosso del Piscino segue, in direzione nord-ovest, il limite che confina tra Castel Giorgio e Orvieto, fino al fosso della Vena, risale quindi questo corso d’acqua sino a incrociare il sentiero (q. 510) lungo il quale prosegue passando per le quote 516 e 514 fino a raggiungere C. Acquaviva.

Da qui prende il sentiero verso nord, attraversa il fosso di S. Antonio e prosegue su tale sentiero fino a raggiungere la strada per podere Molare 2°, prima di giungere a questo segue il corso d’acqua che incrocia sino alla sua confluenza in

prossimità della così detta Ripa che limita l’altopiano della piana di Orvieto.

Il limite prosegue in direzione nord per la Ripa per poi seguire la strada che porta a Castel Viscardo che supera passando al di fuori del centro abitato; prosegue poi per la strada di Monte Rubiaglio fino alla variante a valle

dell’abitato.

 

b) Le uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Orvieto” designabile con la menzione “classico”:

Tale zona, come da decreto ministeriale 23 ottobre 1931, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 288 del 15 dicembre 1931, è così delimitata:

sulla destra del torrente Paglia:

dalla confluenza del torrente Ritorto sul Paglia, il confine risale il corso del torrente Paglia ed il suo piccolo affluente di

destra denominato Fosso delle Prese, fino ad incontrare la strada che sale a Castel Viscardo.

Questa strada segna il confine fino al punto in cui incontra la così detta Ripa, che limita l’altopiano vulcanico sovrastante (lato sud-ovest) alla Piana di Orvieto.

La Ripa segna il confine sino al ponte del Marchese e di qui, seguendo la strada che conduce a Bagnoregio sino al confine tra le provincie di Terni e Viterbo, seguendo questo confine sino all’incrocio con fosso Funcello a nord di Castiglione in Teverina, mantenendosi sempre sull’altopiano, torna verso nord scendendo a valle prima di Torre Massea e quindi il confine giunge al Tevere poco dopo la confluenza del Paglia.

Sulla sinistra del torrente Paglia: il confine, dallo sbocco del torrente Ritorto (a valle del ponte ferroviario sul Paglia dopo la stazione di Allerona) attraversando il fosso della Sala, si porta a Castello Sala, costeggia la strada Ficulle-

Orvieto e tocca Bagni.

Da qui tocca Pian della Casa e scende al torrente Chiani in contrada S. Carlo, passa presso Morrano Vecchio, poi sotto S. Bartolomeo, tocca Pagliano e Osteria, incontra in contrada Capretta la strada Orvieto-Prodo, raggiunge Osarella, Madonna del Fossatello, Corbara, traversa il fosso del Molinetto, il fosso Ramali e va a finire al Tevere di fronte a Salviano.

Da Salviano il confine è segnato dal bosco che riveste i terreni cretacei del Lias sino a Montecchio.

Da qui, per il fosso di Carnano, si chiude al torrente Paglia. (Dato che il fosso di Carnano non si getta nel torrente Paglia bensì nel Tevere, da tale confluenza il confine risale il Tevere fino a incontrare la

delimitazione descritta per la zona a destra del torrente Paglia).

 

Articolo 4

norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini “Orvieto” devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerarsi idonei unicamente i vigneti di giacitura ed esposizione adatti, con esclusione dei terreni di fondo valle, di quelli umidi e non sufficientemente soleggiati.

L’altitudine dei terreni deve comunque essere compresa tra i cento ed i cinquecento metri s.l.m.

Per i nuovi impianti e reimpianti la densità dei ceppi

non può essere inferiore a 3.000 piante per ettaro.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

E’ vietata ogni pratica di forzatura.

E’ consentita l’irrigazione di soccorso.

 

La resa massima di uva per ettaro in coltura specializzata non deve superare per il vino a denominazione di origine controllata “Orvieto” 11,00 tonnellate per ettaro

e per il vino a denominazione di origine controllata “Orvieto”

con la qualificazione di “superiore” 8,00 tonnellate per ettaro.

Per la tipologia “vendemmia Tardiva” la produzione massima di uva in coltura specializzata,

parzialmente appassita, non deve essere superiore a 7,00 tonnellate per ettaro

e per la tipologia “muffa nobile” non deve essere superiore a 5,00 tonnellate per ettaro.

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Orvieto” devono essere riportati nei limiti di cui sopra, fermi restando i limiti resa uva-vino per i quantitativi di cui trattasi, purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi.

Le eccedenze delle uve, nel limite massimo del 20%, non hanno diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre detto limite percentuale decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

Fermi restando i limiti sopra indicati, la resa per ettaro di vigneto in coltura promiscua deve essere calcolata, rispetto a quella specializzata, in rapporto alla effettiva superficie coperta dalla vite.

 

Le uve destinate alla vinificazione dei vini a denominazione controllata “Orvieto” devono assicurare al medesimo un titolo alcolometrico volumico naturale minimo del 10,00% vol.,

mentre per la tipologia “superiore” devono assicurare un

titolo alcolometrico volumico naturale minimo dell’11,00% vol.

Diversamente le uve destinate alla produzione della tipologia “vendemmia tardiva” devono assicurare un

titolo alcolometrico volumico naturale minimo non inferiore al 13,00% vol.

e la data di inizio della vendemmia delle uve destinate alla produzione del vino qualificato “vendemmia tardiva” deve avvenire non prima del 1° ottobre.

Le uve destinate alla produzione della tipologia “muffa nobile” devono assicurare un

titolo alcolometrico volumico naturale minimo non inferiore a 16,00 % vol.

 

Articolo 5

norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione delle uve destinate alla produzione del vino a denominazione di origine controllata “Orvieto”, anche nella tipologia superiore, di affinamento e di dolcificazione, anche con mosto concentrato rettificato, dello stesso, devono essere effettuate nell’ambito della zona di produzione delimitata all’art. 3, lettera a).

E’ in facoltà del Ministero delle politiche agricole e forestali – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, su richiesta degli interessati, di consentire, sentito il parere delle regioni Umbria e Lazio, ai fini della rivendicazione della denominazione di origine controllata “Orvieto”, anche nella tipologia “superiore”, le operazioni di vinificazione al di fuori della zona di origine a condizione che si tratti di casi preesistenti di aziende singole e/o associate, con cantine o stabilimenti situati nelle province di Terni e Viterbo, che già vinificavano al momento dell’entrata in vigore del decreto ministeriale 12

ottobre 1992.

Le operazioni di vinificazione delle uve destinate alla produzione del vino a DOC “Orvieto classico”, anche nella tipologia “superiore”, di affinamento e di eventuale dolcificazione, anche con mosto concentrato rettificato, dello stesso, devono essere effettuate nell’ambito della zona di produzione delimitata dall’art. 3, lettera b), e nell’ambito dell’intero territorio dei comuni compresi parzialmente in tale zona.

E’ in facoltà del Ministero delle politiche agricole e forestali – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, su richiesta degli interessati, di consentire, sentito il parere delle regioni Umbria e Lazio, in deroga a quanto previsto dal precedente comma, la vinificazione delle uve destinate alla produzione del vino “Orvieto classico”, anche nella tipologia superiore, a quelle aziende singole e/o associate site al di fuori della predetta zona di vinificazione purché dimostrino di aver vinificato con continuità le

uve provenienti dalla zona di produzione del vino “Orvieto” classico, al momento dell’entrata in vigore del decreto ministeriale 12 ottobre 1992, in cantine o stabilimenti situati nelle province di Terni e di Viterbo.

E’ altresì, in facoltà del Ministero delle politiche agricole e forestali – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, di consentire, in deroga a quanto previsto nel presente articolo, sentito il parere delle regioni Umbria e Lazio e della regione Toscana, qualora interessata, l’affinamento e la dolcificazione dei vini “Orvieto e Orvieto classico”, anche nelle tipologie superiore, amabile, abboccato e dolce, a quelle aziende singole o associate purché dimostrino di avere effettuato le operazioni di

imbottigliamento con continuità nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore del decreto ministeriale 12 ottobre 1992, in cantine o stabilimenti situati nelle regioni Umbria, Lazio e Toscana.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche consentite dalle normative vigenti atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

 

La resa massima delle uve in vino finito non deve essere superiore al 70% per tutte le tipologie.

Qualora superi questo limite, ma non il 75%, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

Per la tipologia “vendemmia tardiva” la resa massima dell’uva in vino finito non deve essere superiore al 65%, qualora superi questo limite, ma non il 70%, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre il 70% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

Per la tipologia “muffa nobile” la resa massima dell’uva in vino finito non deve essere superiore al 60%, qualora superi questo limite, ma non il 65%, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre il 65% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

 

La qualifica “superiore” può essere usata per designare i vini “Orvieto  e  Orvieto classico” provenienti da uve che abbiano un

titolo alcolometrico volumico naturale minimo dell’11,50% vol.

come previsto all’art. 4 e che vengano immessi al consumo

dopo il 1° marzo dell’annata successiva a quella della vendemmia.

 

Articolo 6

caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata “Orvieto” all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato e gradevole;

sapore: secco con lieve retrogusto amarognolo; oppure abboccato o amabile o dolce, fine, delicato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

I vini “Orvieto” con la qualificazione “superiore” all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato e gradevole;

sapore: secco con lieve retrogusto amarognolo; oppure abboccato o amabile o dolce, fine, delicato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

I vini “Orvieto” con la qualificazione “vendemmia tardiva” all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: dal giallo paglierino al dorato;

profumo: gradevole e profumato;

sapore: dolce ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l

estratto non riduttore minimo: 20.00 g/l.

 

Per la tipologia “vendemmia tardiva” prima dell’imbottigliamento può avvenire una lenta fermentazione che si attenua nei mesi freddi.

 

I vini “Orvieto” con la qualificazione “muffa nobile” all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: giallo dorato tendente, con l’invecchiamento, all’ambra;

profumo: elegante, complesso e intenso ;

sapore : dolce e armonico ;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 gr./l. ;

estratto non riduttore minimo: 20,00 gr./l.

 

E’ in facoltà del Ministero delle politiche agricole e forestali – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, di modificare con proprio decreto i limiti sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

I vini a denominazione di origine controllata “Orvieto”, in tutte le tipologie, ove sottoposti al passaggio o conservazione in recipienti di legno, possono rilevare lieve sentore ( o percezione ) di legno.

 

Articolo 7

etichettatura, designazione, presentazione

 

Nella designazione e presentazione dei vini a denominazione di origine, controllata “Orvieto” la qualificazione “classico” è riservata al vino proveniente dalle uve prodotte nella zona delimitata all’art. 3, lettera b), e vinificate nell’ambito della relativa zona di vinificazione specificata all’art. 5 del presente disciplinare.

La qualificazione “classico” deve figurare in etichetta in caratteri di dimensioni non superiori a quelli utilizzati per la denominazione “Orvieto”.

Nella designazione e presentazione dei vini a denominazione di origine controllata “Orvieto” è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi “extra”, “fine”, “riserva”, “scelto” “selezionato” e similari.

E’ consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell’imbottigliatore quali “viticoltore”, “fattoria”, “tenuta”, “podere”, “cascina” ed altri termini similari sono consentite in osservanza delle disposizioni CEE e nazionali in materia.

E’ consentito altresì l’uso di indicazioni geografiche e toponomastiche che facciano riferimento a unità amministrative, frazioni, aree, fattorie e località dalle quali effettivamente provengono le uve dalle quali il vino così qualificato è stato ottenuto, alle condizioni previste dalla normativa vigente.

 

Articolo 8

confezionamento

 

Per i vini a denominazione di origine controllata Orvieto e Orvieto Classico, in tutte le loro tipologie, è consentito l’utilizzo dei vari dispositivi di chiusura ammessi dalla vigente normativa in materia.

Per la denominazione “Orvieto e Orvieto Classico” è obbligatorio utilizzare contenitori in vetro fino a 3 litri.

E’ consentito, per la sola denominazione di origine controllata “Orvieto”, con l’esclusione della tipologia ”superiore”, l’utilizzo di contenitori alternativi al vetro costituiti da un otre in materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido di capacità non inferiore a 2 litri e non superiore a 10 litri..

Sui contenitori della DOC “Orvieto e Orvieto Classico” anche con la qualifica “superiore”, deve figurare l’indicazione dell’annata di produzione.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

1) Fattori naturali rilevanti il legame

La zona Geografica è situata nell’ambiente collinare a sud ovest dell’Umbria, fino all’alto Lazio. L’avvio dello stretto binomio “coltivazione della vite-produzione di vino” pare risalire al X sec. a.C., quando gli Etruschi conquistarono la scoscesa rupe e fondarono l’antica Velzna.

Si ritiene, infatti, che proprio questa civiltà abbia intuito che la particolare costituzione del masso tufaceo era favorevole alla lavorazione ed alla conservazione del vino, dando vita ad un primordiale sistema di vinificazione chiamato “a tre piani”. Nelle cantine l’uva si pigiava a livello del suolo ed il mosto, attraverso apposite tubature di coccio, colava nei locali sottostanti in cui fermentava.

Dopo la svinatura, il vino si trasferiva a un livello ancora più profondo, adatto per la maturazione ed il lungo affinamento.

Questo sistema di gallerie sovrapposte, spesso ventilate dalle bocche aperte sui costoni della rupe, garantiva sicuramente la qualità di un prodotto amabile, frizzante e molto piacevole, soprattutto se confrontato con altri vini d’epoca.

Velzna conobbe un notevole prestigio tra l’VIII e il VI sec. a.C. in virtù della sua centralità all’interno dell’Etruria che ne facilitò lo sviluppo economico grazie agli scambi commerciali che poteva intrattenere con gli altri centri. A tutto ciò fece riscontro un analogo sviluppo sociale, urbanistico, artistico e demografico, come è ampiamente documentato dai numerosi ritrovamenti archeologici. Il territorio in esame è interessato da affioramenti di una quindicina di formazioni geologiche le quali, sulla base di analogie litogenetiche e petrografiche, nonché in funzione del loro comportamento quali substrati pedogenetici, possono essere così raggruppate ( Calandra e Leccese, 2004):

ARGILLE: argille ed argille sabbiose, anche di facies sublitorale (pleistocene) che si rinvengono a Spinaretta, Decugnano , M.Largo, S.Spirito, M. Cavallo, nonché alla base della rupe di Orvieto ed a valle degli abitati di Porano, Civitella del Lago e Rocca Ripesena.

Argille ed argille sabbiose, grigio-azzurre (pliocene medio inferiore) presenti a Torre dell’Olfo, Poggio Montone, Poggio Ciculetto, Poggio Lupo, Civitelle, ecc.;

FORMAZIONI VULCANICHE: colate laviche di varia natura (latiti, trachibasalti, monoliti, nefriti, lecititi) e coni di scorie riferibili alle manifestazioni eruttive finali degli apparati velini settentrionali (Pleistocene) presenti a Palombaro, San Quirico e La Guerciana.

Colate piroclastiche di tipo tefritico-fonolitico degli apparati vulsini (tufo litoide a scorie nere) di Porano e Bardano (pleistocene). Colate laviche di varia natura (latiti, trachiti, nefriti leuciti che, leucititi) riferibili alle manifestazioni eruttive iniziali degli apparati vulsini settentrionali (pleistocene) affioranti a Sugano, Canale Vecchio, Lo Spuntone, ecc. Tufi stratificati degli apparati volsini costituiti da alternanze di lapilli, tufi terrosi, pomici, ceneri.

Tufiti con intercalazioni di travertini, concrezioni travertinose e diatomiti (pleistocene) particolarmente diffuse a Botto, Le Velette, Canale Nuovo, Tordimente, S. Egidio, ecc.;

ALLUVIONI: alluvioni attuali, recenti e del terrazzo più basso prevalentemente sabbio ciottolose (olocene), che coincidono con le superfici di pianura presenti ai bordi dei fiumi Tevere e Paglia, nonché del torrente Romealla e dei fossi della Sala, di Calenna, di Pogliano, ecc.

Depositi alluvionale del terzo ordine dei terrazzi, elevati da 5 a 15 metri circa sull’alveo attuale (olocene-pleistocene) come quelli di Ponte Giulio e di Cardeto.

Depositi alluvionali del secondo e primo ordine dei terrazzi, elevati da 15 a 50 metri circa sull’alveo attuale (pleistocene), come a Pomontone ed alla Barca di Renaro;

SABBIE E CONGLOMERATI: sabbie gialle con livelli di conglomerati talvolta cementati e di arenarie grossolane argonogene (pliocene superiore-medio) come a S.Caterina, La Sbarra, Salviano e Caserlena. Conglomerati poligenici di facies deltizia, sabbie e sabbie argillose da salmastre a litorali (pliocene medio-inferiore) osservabili a Monterubiaglio, S.Giovanni, Benano, Cerreto, Morrano e S. Bartolomeo.

Sabbie e sabbie argillose con livelli salmastri e con intercalazioni di ciottolate fluvio-deltizio (pliocene superiore-inferiore) riscontrabili a Murotondo, Castellunchio, Fainello, Osarella, Poggio Canalini e Viceno.

PLUVIOMETRIA: dall’analisi delle precipitazioni emerge, una maggiore piovosità in autunno, con il 35-36% delle piogge totali, segue il trimestre invernale con il 26-27%, poi quello primaverile con il 22-23% ed infine quello estivo con il 15-16%.

Le piogge hanno la massima intensità in ottobre, con 102 mm e novembre con 107 mm. Questi eventi, soprattutto in ottobre, possono arrecare disturbi alle operazioni di vendemmia, ed in modo particolare in presenza di vitigni tardivi e di vigneti esposti a nord.

Al contrario, il periodo estivo è caratterizzato da scarse precipitazioni (luglio e agosto con medie di 33 e 40 mm di pioggia) che, potenzialmente, possono creare problemi di carenza idrica, soprattutto in alcune tipologie di suolo (es. con scarsa capacità di ritenzione idrica, con limitato franco di coltivazione, ecc.), in ogni caso le precipitazioni medie annue si attestano tra i 700 e i 1000mm di pioggia.

TERMOMETRIA: i valori di temperatura dell’aria mostrano un andamento sostanzialmente ordinario con i massimi termici in corrispondenza dei mesi estivi ed i minimi in quelli invernali.

Picchi massimi di temperatura media dell’aria si hanno nei mesi di luglio (23,7°C e 23,8°C) e di agosto (23,7°C e 24,1°C), cui seguono, nel periodo di pre-vendemmia, temperature più basse rispetto alla precedenti, che contribuiscono alla migliore evoluzione qualitativa aromatica e polifenolica delle uve. I valori medi minimi di temperatura sono riscontrati in gennaio (6,4°C a 5,5°C) e in dicembre (6,7°C e 6,4°C).

2) Fattori umani rilevanti per il legame

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio. Ad Orvieto tutto profuma di uva e di vino perché la coltivazione della vite ne ha da sempre caratterizzato il paesaggio e l’economia: vigneti curati si dispongono intorno alla rupe in un disegno armonico dove le linee parallele dei filari si intersecano con quelle ondulate delle colline.

Per la città, dunque, il vino è un’importante risorsa, una peculiarità distintiva che si protrae ininterrottamente nei secoli e a testimoniarlo sono l’archeologia, l’arte, la storia, l’artigianato e la letteratura, tanto che la produzione dell’Orvieto di qualità è stata apprezzata e celebrata nel tempo da poeti, papi, artisti e viaggiatori.

Ma prima ancora delle parole, il ruolo fondamentale del vino nella vita quotidiana e nei riti culturali di Orvieto è attestato negli importanti dipinti delle tombe etrusche del territorio (seconda metà del IV sec. a.C.) e nella ricca varietà di ceramiche etrusche e greche destinate alla conservazione, alla mescita e alla degustazione della celebre bevanda.

Gli affreschi della tomba Golini I, conservati presso il Museo Archeologico Nazionale di Orvieto, riproducono le

fasi preparatorie del banchetto etrusco dove la macellazione delle carni e l’accurata sistemazione delle bevande nei recipienti e dei cibi sulle mense da parte dei servi – tra la frutta si individua facilmente anche un grappolo d’uva - affiancano il banchetto vero e proprio.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino Orvieto sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica delimitata dall’ ART. 3 del presente disciplinare ed in parte da vitigni catalogati idonei nelle piattaforme ampelografiche Regionali.

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti,

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare ( 77hl/ha per la tipologia base; 56hl/ha per la tipologia superiore; 45,50hl/ha per la tipologia

vendemmia tardiva; 30hl/ha per la tipologia muffa nobile).

le pratiche relative all’elaborazione dei vini.

Sono ammesse soltanto le pratiche enologiche tradizionalmente consolidate (VINIFICAZIONE-AFFINAMENTO-DOLCIFICAZIONE) effettuate nell’ambito della zona di produzione e comunque consentite dalle normative vigenti atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.

La Doc Orvieto è riservata ai vini bianchi nelle tipologie Secco, Abboccato, Amabile, Dolce Superiore, Vendemmia Tardiva e Muffa Nobile.

Dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Per quanto riguarda le versioni, oggi predomina quella secca, ma continua la tradizione della produzione di Orvieto abboccato, amabile e dolce. Alcuni produttori ne elaborano eccellenti versioni da uve sovra mature attaccate dalla muffa nobile, la Botrytis cinerea, che gli conferisce caratteri unici di concentrazione ed eleganza. I mosti che si ottengono sono quindi molto zuccherini, ricchi di glicerina che conferisce al vino una particolare “untuosità” con

concentrazione di tutti i componenti aromatici.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Nel 264 a.C. la città di Orvieto fu completamente rasa al suolo dai romani (ultima città etrusca da essi conquistata) e fu proibito a tutti di risalire sull’acrocoro di tufo che tante battaglie era costato a Roma.

La smania distruttiva di Roma fu talmente esasperata , poiché nulla doveva ricordare la superba città che per secoli aveva incarnato la potenza e la grandezza etrusca.

Fu ribattezzata dai romani col nome di Vol-Tinii (la città dei seguaci del Dio Voltumnus sconfitto) che evolse poi a Volsinii. Passarono centinaia di anni prima che, sulla rupe, la civiltà romana permise di creare un nuovo insediamento abitato.

Infatti, solo successivamente fu identificata come Urbs-Vetus (città vecchia) e sembra perché Roma vi mandasse i suoi veterani a riposare.

Da questo nome derivò poi Orbiveto, Orbeto ed infine l’attuale Orvieto. Nel corso della denominazione romana essa conobbe un periodo di forte oblio dovuto al fatto che venne isolata sull’alta rupe e decentrata rispetto alle maggiori vie di comunicazione sia fluviale (porto fluviale di Pagliano eretto per le ordinarie consegne alla Roma imperiale prima, ed alla Curia romana nei successivi periodi cristiani) sia terrestre (via Cassia e via Traiana Nova) non partecipando così all’intensiva vita economica dei centri del fondo valle.

La rinascita di Orvieto si legò al momento del disgregamento dell’Impero, perché con le mutate condizioni politiche e di sicurezza la città insieme agli altri centri di altura, acquistò di nuovo un ruolo decisivo su tutto il territorio, nel senso che le ripetute e successive ondate di invasioni barbariche (Visigoti, Goti e Longobardi ) costrinsero le popolazioni a rifugiarsi sui colli ed erigere un sistema di complesse fortificazioni.

E’ così che, tra il V e il VI secolo d.C., gli abitanti di Volsinii novi (attuale Bolsena) ritornarono ad abitare nel loro vecchio insediamento dal quale erano stati cacciati in età romana.

La presenza dell’alta rupe fu una garanzia sufficiente a difendere la città e a far nascere tutto quell’insieme di borghi e castelli che tutt’ora delineano la mappa del territorio e che hanno costituito il nucleo originario degli attuali centri

dell’Orvietano.

Con la diffusione del Cristianesimo, la nascita dei Comuni ed il loro successivo assoggettamento allo Stato Pontificio non si verificarono eventi di gran rilievo se non un gran turbine di lotte interne e travagliate guerre politiche tra le varie famiglie di nobili locali, il tutto sotto lecita regia della Chiesa. In effetti, se da un lato il Papato mise in una condizione di lungo oblio la zona, divenuta meta di villeggiatura di molti pontefici e cardinali, è anche vero che i

Papi contribuirono in maniera consistente alla fama ed all’apprezzamento dei vini di Orvieto.

In particolare nel Medioevo e nel Rinascimento fu uno dei vini preferiti alla corte Pontificia, trovando tra i numerosi estimatori senza freni anche papa Paolo III Farnese e papa Gregorio XVI.

Fino alla fine del ‘700 non si verificarono eventi di rilievo, solo in seguito gli echi della rivoluzione francese determinarono un certo risveglio culturale concretizzatosi nel 1860 con l’ammissione di Orvieto nel Regno d’Italia, da qui poi si arriva ai giorni nostri.

Il vino orvietano, che fin dalle origini fu anche nero corposo, si produceva in ogni dove, ampi e floridi appezzamenti vitati si trovavano sulla stessa rupe, in orti di convivenze religiose dei nobili e dei numerosi ortolani, coltivatori diretti in città fin dai primordi del libero Comune.

Tanto che la zona di piazza Cahen fino ad oltre la chiesa dei Servi di Maria era denominata “vigna Grande” e dietro il Duomo si apriva l’ampia zona coltivata a vigna.

E’ opportuno sottolineare che molto prima dei filari la vite era coltivata in alberata pratica diffusasi in tutta l’Etruria, che consisteva nel coltivare il vitigno maritato a degli alberi vivi di sostegno, come olmi, olivi e querce. Intorno alla metà del XVII sec. fu inserita la palizzata come sostegno delle viti, piantate, a partire da allora intensivamente a filari.

Con riferimento all’introduzione del vino Orvieto DOC nella tipologia “MUFFA NOBILE” si evidenzia che già nel 1933 il Prof. Garavini nella descrizione del vino d’Orvieto così detto “abboccato” fa riferimento agli scrittori italiani di enologia e riporta che alcuni ritenevano più gustoso l’Orvieto dei Sauterns mancando in essi quel sapore di zolfo, che invece si riscontra quasi sempre in questi ultimi.

Il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata si è avuto con il D.P.R. 24/10/1971. Successivamente a seguito di svariate ricerche condotte sull’adattabilità, sulle caratteristiche compositive dell’uva e sulla qualità dei vini ottenibili dai vitigni utilizzabili, e dopo una attenta scelta anche in fase di assemblaggio (cioè di blend), sono state apportate svariati aggiornamenti e modifiche (D.P.R. 24/10/1972; D.P.R. 13/10/1982; D.P.R. 18/11/1987;

D.P.R. 17/04/1990; D.M. 12/10/1992; D.M. 01/09/1997; D.M. 16/11/2000; D.M. 31/05/2001; D.M. 08/08/2003). L’ultimo aggiornamento del disciplinare di produzione evidenzia l’importanza del vitigno Grechetto sulla composizione qualitativa e sensoriale dei nuovi vini DOC Orvieto.

SPERIMENTAZIONI

La sperimentazione sui vitigni della DOC Orvieto è stata condotta nell’ambito di alcuni progetti di ricerca iniziati nel 1997 con lo studio per la caratterizzazione vitivinicola dell’area a DOC “Orvieto classico” (Palliotti et al., 2004) e proseguiti con indagini mirate presso svariate aziende vitivinicole orvietane. Il periodo che ha interessato le osservazioni sia per il Grechetto che per il Trebbiano toscano (Procanico) si riferiscono all’intervallo di tempo compreso tra il 2004 ed il 2009.

Dai dati emerge la buona adattabilità di entrambi questi vitigni all’ambiente orvietano e, nonostante le differenti tipologie di suolo presenti nel comprensorio, le produzioni ettariali sono consoni al rispetto del disciplinare di produzione e la maturità tecnologica delle uve, salvo casi sporadici, risulta ottimale, così come il pH dei mosti che difficilmente supera il limite di 3,50, valori che potrebbero compromettere la stabilità delle masse e facilitare le contaminazioni batteriche.

Inoltre anche il contenuto in azoto prontamente assimilabile dai lieviti (A.P.A.), dato dalla somma dell’ammonio e degli aminoacidi liberi al netto della prolina, raramente è sceso al di sotto dei valori limiti di 140-150 mg/l (Bisson,1991).

Al di sotto di tali valori accanto ad una fermentazione potenzialmente irregolare si può ipotizzare anche una riduzione nel conferimento di aromi primari, cioè varietali (Bisson, 1991; Smart, 1991).

CONCLUSIONI

L’ area della DOC Orvieto è suddivisa in “Orvieto classico” che rappresenta la zona intorno alla Rupe ed il suo circondario ed in “Orvieto”, che la completa a nord e a sud.

L’analisi delle produzioni ottenute negli ultimi anni, sia di uva che di vino, evidenzia una situazione stabile nel tempo con una media di circa 130.000hl di vino prodotto ogni anno.

Questo a testimonianza di come l’uomo è intervenuto sul territorio nel corso dei secoli per il mantenimento del prodotto. Tramandando di generazione in generazione le tradizionali tecniche di coltivazione che, grazie al progresso scientifico e alla professionalità degli operatori, a contributo ad accrescere qualità ed immagine dei vini di Orvieto.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

NOME: Valoritalia s.r.l.

Soc. per la Certificazione della qualità e delle produzioni vitivinicole Italiane srl

Indirizzo Sede Direzione

Piazza Roma 10

Operativa Controlli Regolamentati 14100 Asti

Tel. 0141 - 436915

Fax 0141 - 34210

Indirizzo Sede Operativo Corso Cavour, 36

05018 Orvieto – TR

Tel. 0763 - 343790

Fax 0763 - 394980

La Soc. Valoritalia srl è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo

26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

TARQUINIA

D.O.C.

Decreto 09 agosto1996

Rettifica Decreto 05 novembre 1996

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Tarquinia» è riservata ai vini ottenuti in conformità alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

«Tarquinia» bianco, anche nella tipologia amabile e frizzante;

«Tarquinia» rosso, anche nella tipologia amabile e novello;

«Tarquinia» rosato.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia» devono essere ottenuti esclusivamente mediante la vinificazione delle uve prodotte da vigneti situati nella zona indicata nel successivo art. 3 e che, nell’ambito aziendale, abbiano la seguente composizione ampelografica:

«Tarquinia» bianco:

Trebbiano toscano (localmente detto Procanico) e Trebbiano giallo, da soli e congiuntamente, almeno per il 50%;

Malvasia di Candia e Malvasia del Lazio, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 35%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve a bacca bianca provenienti da vitigni ad eccezione del Pinot grigio, donei alla coltivazione per la Regione Lazio, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare fino ad un massimo del 30%.

 

«Tarquinia» rosso e rosato:

Sangiovese e Montepulciano congiuntamente in misura non inferiore al 60%,

con un minimo di presenza dell’uno o dell’altro vitigno non inferiore al 25%.

Cesanese comune fino al 25%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve a bacca rossa provenienti da vitigni, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 30%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve ammessa alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia» è costituita dai territori:

la provincia di Roma limitatamente agli interi territori amministrativi dei comuni di

Allumiere, Tolfa, Bracciano, Cerveteri, Ladispoli, Civitavecchia, Santa Marinella, Canale Monterano, Manziana, Trevignano Romano, Anguillara

ed, in parte, i territori amministrativi dei comuni di

Campagnano Romano, Roma, Fiumicino e Formello;

 

la provincia di Viterbo limitatamente agli interi territori amministrativi dei comuni di

Montalto di Castro, Tarquinia, Blera, Oriolo Romano, Sutri, Bassano Romano, Villa San Giovanni in Tuscia,

Barbarano Romano, Vejano

e parte dei territori amministrativi dei comuni di

Tessennano, Tuscania, Monteromano, Ronciglione, Arlena di Castro e Capranica.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo dall'intersezione fra le province di Viterbo e Grosseto con il mar Tirreno, la linea di demarcazione della zona segue questo confine regionale fino a incontrare, lungo la "strada dell'Abbadia", il confine del territorio comunale di Canino. Segue il confine comunale di Canino prima in direzione nord, poi verso sud e poi ancora verso sud- est e infine a nord- est, fino a intersecare la strada che da Canino conduce a Tessennano.

Prosegue lungo questa strada passando per i centri abitati di Tessennano, Arlena di castro e Tuscania. Da qui prosegue sempre su questa strada, in direzione di Vetralla, fino a incrociare, in località "ponte della Leia", il confine comunale

di Viterbo.

Percorrendo la direzione sud- ovest questo confine, verso Monte Romano, arriva a intersecare il confine comunale di Vetralla. Segue ancora questo confine in direzione sud per poi risalire verso nord- est in direzione Villa San Giovanni in Tuscia. Continuando lungo il confine comunale di Vetralla, arriva a intersecare, in località "Madonna del Piano", la strada che da Capranica conduce a Ronciglione.

Continua la suddetta strada incrociando la via Cassia Antica che percorre fino a intersecare il confine del comune di Sutri. Proseguendo a sud lungo detto confine arriva a intersecare il confine comunale di Trevignano Romano (confine di provincia), che segue fino a incrociare la S.S. n. 2 Cassia percorrendo la quale incontra il gran raccordo anulare di roma.

Prosegue lungo il raccordo anulare in direzione ovest fino all'intersezione con il fiume Tevere, che prende come confine fino alla diramazione del "Canale di Porto", che passando per il centro abitato di Fiumicino, si immette nel mar Tirreno. Da qui segue la linea di costa fino a incontrare il confine regionale tra le province di Grosseto e Viterbo da dove era partita.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia» devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

Non sono ammessi i vigneti dei fondovalle umidi e quelli esposti su pendici ripide insufficientemente soleggiate.

L’altitudine, massima e minima, è quella presente nella zona delimitata all’articolo 3.

La densità dell’impianto minima deve essere di 2500 ceppi/ha, nei nuovi impianti e nei reimpianti.

La potatura può essere corta, media o lunga, purché assicuri le caratteristiche tradizionali delle uve e il rispetto delle rese massime consentite.

Nei nuovi impianti e nei reimpianti i sistemi di allevamento devono essere a controspalliera, o ad altro sistema che assicuri le caratteristiche tradizionali delle uve, ma escluse le forme espanse.

È vietata ogni pratica di forzatura. È ammessa l’irrigazione di soccorso.

La resa massima uva/ettaro è di t

15,00 t/ha per il vino «Tarquinia» bianco

14,00 t/ha per il vino «Tarquinia» rosso e rosato.

Nella coltura promiscua la resa va calcolata, sulla superficie effettivamente impegnata dalla vite.

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia» devono essere riportati nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare un titolo alcolometrico volumico naturale del vino non inferiore al

10,00% vol. per i vini bianchi,

10,50% vol. per i vini rossi.

La regione Lazio, sentite le organizzazioni di categoria interessate di anno in anno, tenuto conto dell’andamento stagionale, con proprio decreto da emanarsi prima dell’inizio della vendemmia può stabilire una resa massima unitaria delle uve minore da quella fissata dal presente disciplinare, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo incaricato.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata nel precedente art. 3.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 70%.

Qualora superi detto limite, ma non oltre il 75%, l’eccedenza non ha diritto ad alcuna denominazione di origine controllata. Oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

I prodotti utilizzabili per la correzione dei mosti e dei vini dovranno provenire esclusivamente dalle uve prodotte nei vigneti iscritti allo schedario viticolo della denominazione di origine controllata «Tarquinia» ad esclusione del mosto concentrato rettificato

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia», all’atto dell’immissione al consumo, devono presentare i seguenti requisiti minimi:

 

«Tarquinia» bianco secco:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: vinoso, gradevole, delicato;

sapore: secco, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50%vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

«Tarquinia» rosso secco:

colore: rosso rubino più o meno intenso;

profumo: vinoso;

sapore: secco, sapido, armonico di giusto corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Tarquinia» bianco frizzante:

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole, delicato;

sapore: vivace, vinoso, morbido, talvolta abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

«Tarquinia» rosso novello:

colore: rosso più o meno intenso;

profumo: vinoso, lievemente fruttato;

sapore: vinoso, armonico, talvolta vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Tarquinia» rosato:

colore: rosa più o meno intenso;

profumo: fruttato, gradevole;

sapore: fine, delicato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Tarquinia» bianco amabile:

colore: giallo paglierino;

profumo: fruttato gradevole, delicato;

sapore: amabile;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

«Tarquinia» rosso amabile:

colore: rosso intenso;

odore: vinoso, gradevole;

sapore: amabile, vinoso, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di modificare, con proprio decreto i limiti minimi sopra indicati relativi all’acidità totale e all’estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata «Tarquinia» è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non prevista dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi extra, fine, superiore, scelto, selezionato e simili.

È consentito l’uso di indicazioni di nomi, ragioni sociali, marchi privati purché non aventi significato laudativo e non suscettibili di indurre in errore l’acquirente.

È consentito indicare l’attività dell’imbottigliatore o del produttore agricolo e dell’azienda, purché in osservanza delle vigenti norme comunitarie o nazionali.

Nella designazione dei vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia» può essere utilizzata la menzione “vigna” a condizione che sia seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale,

che la vinificazione e la conservazione del vino avvengano in recipienti separati

e che tale menzione venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri e nei documenti di accompagnamento e che figuri nell’apposito elenco regionale ai sensi dell’art. 6 comma 8, del decreto legislativo n. 61/2010.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia», qualora confezionati in recipienti di capacità uguale o inferiore a cinque litri devono essere imbottigliati in recipienti di vetro di forma consona all’immagine di un vino di qualità e aventi le capacità previste dalle normative comunitarie e nazionali vigenti in materia.

I recipienti di capacità nominale da 0,5 a 1,5 litri devono essere muniti di una chiusura con tappo di sughero o con tappo a vite.

Per tutti i recipienti è esclusa la tappatura con capsula a strappo o tappo a corona.

È obbligatorio indicare in etichetta l’annata di produzione delle uve tranne per la tipologia frizzante.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrosettentrionale della regione Lazio parte in provincia di Roma e parte in provincia di Viterbo: si estende su una superficie di circa 245.000 ettari e comprende la parte litoranea dell’Agro romano ed il litorale laziale centro settentrionale con le colline retrostanti.

L’andamento del territorio retrostante il litorale, che si estende dal tarquiniese al ceretano, è caratterizzato da un aspetto collinare, ma spesso addolcito da grandi pianori tufacei, dovuti ad una attività eruttiva di tipo lineare del sistema sabatino, che ha dato luogo a pareti scoscese con declivi e versanti alquanto arrotondati che si raccordano in valli poco solcate ed incise da fossi o torrenti.

Conseguentemente la genesi del territorio è segnata da una lunga vicenda geologica scandita da tre fasi di vulcanesimo che risalgono rispettivamente all’Eocene, al Miocene e al Quaternario: queste hanno originato nel medesimo comprensorio tre settori a caratteristiche morfologiche differenziate e quindi tre tipi di terreni.

Una serie di picchi quasi tutti di tipo trachitico rappresentano i punti più alti (e geologicamente più antichi) dove le cime più elevate possono talora superare i 600 m s.l.m. (M. delle Grazie, M. della Frombola e M. Sassicari), al contrario la Montagnola e la Tolfaccia rappresentano due cupole laviche isolate, mentre il pianoro di Pian Sultano risulta composto, almeno superficialmente da un grande piastrone di travertino.

Si riscontrano di conseguenza: terreni del Pliocene Superiore e Pleistocene composti da prodotti tardovulcanici (lave in domi, ignimbriti e tufi); terreni del Miocene Superiore – Pliocene composti da argille grigie e sabbie argillose: questi

terreni sono sovrastati da quattro piccole acropoli (i “Piani”) del Quaternario (ignimbriti e tufi) riferibili all’apparato vulcanico sabatino; terreni che risalgono al Cretaceo Superiore composto da argilliti brune con alternanze di calcari (marnosi e silice).

Nel litorale, di origine alluvionale ed interessato parzialmente dalle formazioni vulcaniche sono presenti: terreni derivanti da dune antiche e dune costiere di sabbie consolidate (sabbie di litorale marino o di litorale lacustre); terreni composti da sabbie con marne ed argille, depositi alluvionali antichi con ghiaia e sabbie più o meno argillose con depositi palustri e lacustri; terreni derivanti da depositi vulcanici come le piroclastici, le pozzolane nere e le pozzolane rosse.

Sono presenti anche terreni costituiti da sedimenti marini di natura argillosa che rappresentano il lito-tipo più antico affiorante nell’area romana e che emergono nelle aree più depresse e lungo le principali incisioni vallive.

Al colmo dei rilievi collinari affiorano, invece, prodotti vulcanici quali i tufi stratificati, provenienti dall’apparato dei monti Sabatini.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 2 e i 663 m s.l.m.: l’esposizione generale è

orientata verso ovest, sudovest.

Il clima dell’area è di tipo mediterraneo ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue scarse comprese tra i 593 ed i 940 mm, con aridità estiva intensa e prolungata per 4 mesi da maggio ad agosto (pioggia 71-112 mm). Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 15,0 ed i 16,4°C: freddo poco sensibile, concentrato nel periodo invernale, tuttavia presente anche a novembre ed aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 2-3 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 2,9 e 6,8° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Tarquinia un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Tarquinia”.

La coltivazione della vite in Lazio ha origini antichissime, iniziata sicuramente dagli Etruschi, raggiunse un notevole progresso, favorito anche da evolute conoscenze tecniche e da materiale ampelografico di varia origine, raccolto attraverso gli ampi rapporti commerciali di questo popolo.

Presso gli Etruschi la coltivazione della vite raggiunse un notevole progresso, favorito anche da evolute conoscenze tecniche e da materiale ampelografico di varia origine, raccolto attraverso gli ampi rapporti commerciali di questo popolo. Per quanto riguarda le zone e i vitigni coltivati dagli Etruschi, alcuni scritti di Plinio testimoniano in modo abbastanza preciso la produzione vitivinicola in Etruria.

A Gravisca (antico porto di Tarquinia) e nell'antica Statonia (nel territorio di Vulci) già nel 540-530 a.C. i vigneti erano in grado di fornire una produzione sufficiente ad alimentare un rilevante commercio esterno.

Le fonti letterarie ed archeologiche testimoniano l’esistenza di una importante e rinomata produzione vitivinicola nel territorio ceretano: la scoperta del relitto di una nave etrusca nelle acque antistanti Marsiglia risalente al VI secolo a.C. racconta del ruolo di esperti viticoltori e grandi commercianti svolto dagli Etruschi di Cerveteri.

I georgici latini citano più volte il vino del Ceretano: Marziale ricorda il vino caeretanus come ottimo e che assomigliava al Setino vecchio e di buona qualità, e anche Columella celebra l’antica Cere per il suo vino squisito.

Gli Statuti della città di Civitavecchia emanati nel 1451 contenevano ben 20 capitoli che regolamentavano la produzione ed il commercio del vino, ed in particolare prevedevano l’epoca della vendemmia, pene per i danneggiatori delle vigne e le misure che dovevano usare i Tavernari per la vendita.

In tempi più recenti, nel 1761, il Marchese Frangiapani nella Istoria dell’antichissima città di Civitavecchia, riporta in un passo la vigna del Sig. Malacrosta, e anche un passo del Muratori che nell’ Antichità Italiane del mezzo tempo, descrivendo la vita di Cola di Rienzo (1327-1354) riporta intorno a Civitàvecchia: “guastaro vigne, oliveta, arvori: ogni cosa messe in ruina”.

Nell’Inchiesta Jacini, Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1883), si riportano aumenti di superfici a vigneto nei comuni di Cerveteri con varietà principali Uva Grassa, Buccia dura, Verdello, Spagnuola e Procanico e Tolfa (Pergolese e Aleatico).

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo importante nell’economia agricola del territorio contribuendo allo sviluppo sociale ed economico dell’area come testimonia la Sagra dell’uva e del vino dei Colli Ceriti giunta alla cinquantesima edizione.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC Cerveteri sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: il Trebbiano toscano, localmente detto Procanico, il Trebbiano giallo, la Malvasia di Candia e la Malvasia del Lazio per i vini bianchi ed il Montepulciano, il Sangiovese ed il Cesanese comune per quelli rossi;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (105 hl/ha per la tipologie bianche e 98 hl/ha per le tipologie rosse e rosate);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli e strutturati, adeguatamente differenziate per le tipologie ferme e le tipologie frizzanti.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Tarquinia” è riferita a tre tipologie di vino bianco (“bianco secco”, “bianco amabile”, “bianco frizzante), a tre tipologie di vino rosso (“rosso secco”, “rosso amabile”, “rosso novello”) ed a una tipologia di vino rosato (“rosato”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Tarquinia” bianco secco:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore gradevole e delicato, sapore secco, pieno e armonico.

“Tarquinia” bianco amabile:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino, odore fruttato gradevole, delicato, sapore amabile ed equilibrato.

“Tarquinia” bianco frizzante:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino con perlage vivace ed evanescente, odore gradevole e delicato, sapore vivace, morbido, talvolta abboccato.

“Tarquinia” rosso secco:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza. Il vino presenta un colore rosso rubino più o meno intenso, odore vinoso con sentori fruttati e floreali, sapore secco armonico di giusto corpo.

“Tarquinia” rosso amabile:

buona struttura con un modesto tenore di acidità, il colore è rosso intenso, con aromi floreali e fruttati, amabile e vellutato.

“Tarquinia” rosso novello:

buona struttura e giusto tenore di acidità. Il colore è rosso più o meno intenso, odore con sentori fruttati, sapore fresco, armonico, rotondo, talvolta vivace.

“Tarquinia” rosato:

leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso, odore fruttato gradevole e sapore fine, delicato, armonico.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia pianeggiante o dolcemente collinare dell’areale di produzione, nel litorale laziale centrosettentrionale, e l’esposizione ad ovest e sudovest, concorrono a determinare un ambiente arioso e luminoso, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Tarquinia”.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Tarquinia”.

In particolare, i terreni, di origini vulcanica derivanti da depositi vulcanici come le piroclastici, le pozzolane nere e le pozzolane rosse o di origine alluvionale ed interessati parzialmente dalle formazioni vulcaniche con presenza di dune antiche e dune costiere di sabbie consolidate (sabbie di litorale marino o di litorale lacustre) e di terreni composti da sabbie con marne ed argille, oppure da depositi alluvionali antichi con ghiaia e sabbie più o meno argillose con depositi palustri e lacustri, presentano caratteristiche tali da renderli idonei ad una vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni normali (mediamente 832 mm), con scarse piogge estive (90 mm) ed aridità nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (15.6 °C), unita ad una temperatura elevata ed a una ottima insolazione, consente alle uve di maturare completamente.

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antica “Gravisca”, dagli Etruschi passando per i Romani, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Tarquinia”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Tarquinia”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Tarquinia” è attestata fin dall’epoca degli Etruschi, in molti reperti dei georgici latini.

Nel 1803, il Nicolaj nelle Memorie, leggi, ed osservazioni sulle campagne e sull’Annona di Roma riporta numerosi terreni vignati in località Castiglione, Carlotta di Ceri, San Martino di Ceri, Villa del Sasso, Santa Marinella (con annessa osteria), Santa Severa (Prato della rocca, Rimessone, Castello) ancora oggi interessati da viticoltura.

La grande quantità di resti di antichi monumenti e di tombe estrusche ha dato vita a partire dall’ottocento ad imponenti campagne di scavi: infatti nel Bullettino dell’istituto di Corrispondenza Archeologica è riportata la relazione di un viaggio fatto nell’antica Etruria e si citano scavi eseguiti nella vigna Argoli.

Nel 1840 il Canina riferisce di aver eseguito uno scassato nella vigna di Paolo Calabresi in Cerveteri ed il Grifi, nel Giornale Arcadico in Atti della Pontificia Accademia Romana di Architettura, di aver scoperto dei monumenti antichi nei terreni dell’Arcipretura di Ceri, detti i Vignali. Nel 1833, il Bullettino di notizie statistiche ed economiche italiane e straniere riporta per Corneto, l’attuale Tarquinia, “..vi allignano mirabilmente le vigne”.

Il Manzi, nel 1837 nell’opera Stato antico ed attuale del porto città e provincia di Civitavecchia, riporta la bontà di taluni vini e scrive “Dopo Corneto noi porremo la Tolfa e cita il Chiabrera che cantò: “Io sprono a tutta briglia in ver la Tolfa / là dove Bassareo manna distilla”. Nella Storia di Civitavecchia dalla sua origine fino all'anno 1848, Vincenzo

Annovazzi scrive “non vè dubbio che il suo territorio sia molto acconcio per qualunque specie di coltura , ed in particolar modo per quella delle viti.

Ne abbiamo infatti una prova chiarissima negli erbaggi ed ortaglie, che sono di particolar sapore , e negli ottimi vini , che ricavano i signori Guglielmotti dalle loro vigne coltivate all' uso di Spagna: nè vi può esser dubbio che in altri tempi

l'industria vinicola sia stata molto estesa nel territorio Civitavecchiese, essendoché nell'antico statuto, da noi riportato per intiero all'appendice , sono comminate gravi pene contro di coloro che avessero ardito d'incominciare la vendemmia prima o senza le formalità richieste dalla legge. Infine nella Difesa del popolo romano sull'abbandono della campagna (1848) il De Giovanni scrive “La vite è pressochè indigena in tutte le provincie , e vi si fanno distinguere i vini di Orvieto,.. ed i nuovi.. di Civitavecchia prodotti da nuove specie di viti, e da nuovo genere di coltura”.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende e dalla professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Tarquinia”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Roma

Via Appia Nuova 218

00179 Roma

Telefono 06/52082699 - Fax 06/52082494;

E-mail lcm.amministrazione@rm.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Roma è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VIGNANELLO

D.O.C.

Decreto 18 aprile 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Vignanello», accompagnata  o non dal vitigno, e' riservata ai  vini  ottenuti  dai  vigneti  della relativa zona di produzione e rispondenti ai requisiti stabiliti  dal presente  disciplinare  di  produzione  per  le  seguenti  tipologie:

«Vignanello» bianco; 

«Vignanello» bianco  superiore; 

«Vignanello» bianco vendemmia tardiva;

«Vignanello» Greco o «Greco di Vignanello»;

«Vignanello» Greco  spumante  o  «Greco  di  Vignanello   spumante»;

«Vignanello» Greco vendemmia tardiva o «Greco  di Vignanello vendemmia  tardiva»;

«Vignanello» rosso;

«Vignanello» rosso riserva.

 

Articolo 2

Base Ampelografica

 

I vini «Vignanello» devono essere  ottenuti  esclusivamente  mediante vinificazione delle uve provenienti dalla zona di produzione indicata nel successivo art. 3  da  vigneti  che,  all'interno  del  complesso aziendale, abbiano la seguente composizione ampelografica:

 

a) Bianco e Bianco vendemmia tardiva:

Trebbiano toscano e/o Trebbiano giallo: minimo 70%;

Malvasia bianca di Candia e/o Malvasia del Chianti: massimo 30%,

possono concorrere  altri  vitigni  a bacca bianca idonei  alla  coltivazione  per  la Regione Lazio fino ad un massimo del 15%.

 

b) Rosso:

Sangiovese: minimo 50%;

Ciliegiolo: massimo 40%,

possono concorrere  altri vitigni  a bacca rossa idonei  alla  coltivazione  per  la Regione Lazio, fino ad un massimo del 20%.

 

c) Greco e Greco vendemmia tardiva:

Greco: minimo 85%,

possono  concorrere  altri  vitigni  a  bacca  bianca  idonei  alla coltivazione per la Regione Lazio, fino ad un massimo del 15%.

La base ampelografica dei vigneti gia' iscritti all'Albo dei  vigneti della DOC dei vini «Vignanello»  deve  essere  adeguata  entro  la decima vendemmia riferita alla data di approvazione del  disciplinare di produzione.

Sino alla scadenza, indicata nel precedente comma, i vigneti  di  cui sopra, iscritti a  titolo  transitorio  all'albo  dei  vigneti  della denominazione di origine controllata dei vini «Vignanello»,  potranno usufruire della denominazione medesima.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione dei  vini  DOC  «Vignanello»  comprende  per intero il territorio dei comuni di:

Vignanello, Vasanello, Bassano in Teverina, Corchiano

e parte dei  territori  di 

Soriano  nel  Cimino, Fabrica di Roma e Gallese,

 tutti in provincia di Viterbo.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo dal confine comunale di Vignanello, in  via  San  Rocco,  la linea  di  delimitazione  segue  detto   confine   verso   sud   sino all'incrocio del confine comunale di Fabrica di Roma, percorre questo confine  verso  ovest,  ed  all'incrocio  della  strada   provinciale Valleranese prosegue su questa fino all'interno del centro abitato di

Fabrica di Roma.

Da qui segue per viale degli Eroi, via IV  Novembre, fino ad incrociare la ferrovia dello Stato; seguendo  detta  ferrovia verso nord la linea di delimitazione si incrocia con la ferrovia Roma Nord, segue detta ferrovia verso sud sino alla stazione di Cerchiano.

Proseguendo su via della Stazione, via  Roma,  via  Civitacastellana, fino ad incrociare il rio Fratta che lo percorre verso  est  sino  ad incontrare il confine comunale sud di  Gallese;  prosegue  per  detto confine sempre verso est ed  all'incrocio  della  strada  statale  di Magliano Sabina n. 315 la segue verso nord, ed incrociando il confine

comunale di Gallese lo segue verso ovest, si congiunge con il confine comunale di Vasanello seguendolo  verso  nord  e  continuando  sempre verso nord sul confine di Bassano in Teverina fino ad  incrociare  la strada statale Ortana n. 204. Prosegue su  questa  verso  ovest  fino all'incrocio della strada Madonna di Loreto seguendola verso sud fino all'incrocio della ferrovia Roma Nord, prosegue  su  questa  ferrovia verso Vignanello fino al fosso della Guizza percorrendolo  verso  est fino ad incontrare il confine comunale di Vignanello, il quale  verso sud si congiunge al punto di partenza.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali  e  colturali  dei  vigneti  destinati  alla produzione dei vini «Vignanello» dovranno essere quelle  tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve, al mosto ed al  vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

Saranno pertanto  da  considerarsi  idonei  ai  fini  dell'iscrizione all'albo dei vigneti unicamente quelli ubicati in  terreni  collinari calcarei o di origine vulcanica.

Sono da escludere i terreni  ubicati al di sotto dei 140 metri di altitudine s.l.m.

I sesti di impianto, le forme di allevamento, i sistemi di potatura e le tecniche colturali devono essere quelli tradizionalmente  usati  o comunque atti a non modificare le caratteristiche  delle  uve  e  dei vini nonché a garantire la qualità dei prodotti conseguibili.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

E' consentita l'irrigazione  di soccorso.

 

La resa massima di uva per ettaro di coltura specializzata  non  deve essere superiore alle:

vini bianchi: 14,00 t/ha;,

vini bianchi vendemmia tardiva, parzialmente appassita: 7,00 t/ha,

vini rossi: 13,00 t/ha;

vini Greco: 11,00 t/ha;

vini Greco, vendemmia tardiva, parzialmente appassita: 7,00 t/ha. 

A detto  limite,  anche  in  annate  eccezionalmente  favorevoli,  la produzione dovrà essere  riportata  attraverso  un'accurata  cernita delle uve, purché quella globale del vigneto non superi del  20%  la resa prefissata.

La regione Lazio con proprio decreto, sentite  le  organizzazioni  di categoria interessate, di anno in anno  prima  della  vendemmia  può stabilire un limite massimo di produzione di uve per ettaro inferiore a  quello  fissato  nel  presente  disciplinare   dandone   immediata comunicazione al Ministero dell'agricoltura e  delle  foreste  ed  al comitato nazionale per la tutela delle denominazioni di  origine  dei vini.

 

Le  uve  destinate  alla  vinificazione  devono  assicurare  ai  vini «Vignanello» un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di:

vini bianchi: 10,00%vol.;

vini rossi: 10,50%vol.;

vini spumanti Greco: 10,50% vol.;

vini rossi riserva: 11,00% vol.;

vini bianchi superiore: 11,00% vol.;

Greco bianco: 11,00% vol.;

Vini bianchi e Greco vendemmia tardiva. 15,00%vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni  di  vinificazione,  ivi  compreso  l'invecchiamento  e l'elaborazione dello spumante devono  essere  effettuate  all'interno delle zone di produzione come definita dall' art. 3.

Tuttavia, tenuto conto  delle  situazioni  tradizionali,  è   consentito   che   tali operazioni siano effettuate nell'intero  territorio  dei  comuni  che sono compresi anche se solo parzialmente nella zona delimitata.

La resa massima dell'uva in vino non deve essere superiore:

al 70% per la produzione del vino rosso e «Greco»;

al 75% per la produzione del vino bianco;

al 65% per la produzione delle tipologie bianco vendemmia tardive e Greco  vendemmia  tardiva. 

Qualora  la  resa  superi  detti   limiti l'eccedenza non avrà diritto alla DOC.

Nella vinificazione sono  ammesse  soltanto  le  pratiche  enologiche locali, leali e costanti atte a conferire al vino  le  sue  peculiari caratteristiche.

Il vino «Vignanello rosso» destinato alla produzione della  tipologia «riserva» deve essere sottoposto  ad  un  periodo  di  invecchiamento obbligatorio di almeno

due anni,

a partire dal 10 novembre  dell'anno di raccolta.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all'art. 2 all'atto dell'immissione al  consumo  devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

Vignanello bianco:

colore:  paglierino  più  o  meno  intenso  con  leggeri  riflessi verdognoli;

profumo: delicato, più o meno fruttato;

sapore: dal secco  al  dolce  con  leggero  retrogusto  amarognolo, abboccato„ fine e delicato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

Vignanello bianco Superiore:

colore:  paglierino  più  o  meno  intenso  con  leggeri  riflessi verdognoli;

profumo: delicato, più o meno fruttato;

sapore: dal secco  al  dolce  con  leggero  retrogusto  amarognolo, abboccato, fine e delicato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

Vignanello bianco Vendemmia Tardiva:

colore:  dal  giallo  paglierino  al  dorato; 

profumo:  gradevole  e profumato;

sapore: dolce ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

Vignanello rosso:

Vignanello rosso novello:

colore:  rosso  rubino  da  giovane,  tendente   al   granato   se invecchiato;

profumo: profumato caratteristico ed intenso;

sapore: asciutto, a volte vivace, caldo e armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

Vignanello rosso riserva:

colore: rosso rubino tendente al granato;

profumo: profumato caratteristico ed intenso;

sapore: asciutto, caldo e armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

Vignanello Greco:

colore: paglierino piu' o meno intenso;

profumo: vinoso gradevole e caratteristico;

sapore: asciutto,  abboccato,  di  corpo  e  armonico  con  leggero retrogusto amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

Vignanello Greco spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato più o meno fruttato;

sapore: armonico, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

Vignanello Greco Vendemmia Tardiva:

colore: dal giallo al dorato;

profumo: gradevole e profumato;

sapore: dolce, armonico e caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

E'  facoltà  del  Ministro  dell'agricoltura  e  delle  foreste   di modificare con proprio  decreto,  per  i  vini  di  cui  al  presente disciplinare  di  produzione,  i  limiti  minimi  per  l'acidità   e l'estratto secco netto sopra indicati.

I vini a denominazione di origine controllata «Vignanello», in tutte le tipologie, ove sottoposti al passaggio  o  conservazione  in recipienti di legno, possono rilevare un sentore di legno.

 

Articolo 7

Etichettatura designazione e presentazione

 

Nella designazione  e  presentazione  dei  vini  a  denominazione  di origine  controllata  "Vignanello"  Greco,  tranquillo,  spumante  e vendemmia tardiva, in deroga alle misure stabilite a titolo  generale dagli articoli 1 e 6 del presente disciplinare, può figurare il nome del vitigno "Greco" seguito dalla specificazione "di Vignanello",  in

caratteri della medesima ampiezza, colorimetria e forma grafica.

Nella designazione  e  presentazione  dei  vini  a  denominazione  di origine controllata "Vignanello" è vietata l'aggiunta  di  qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel  presente  disciplinare di  produzione  ivi  compresi  gli  aggettivi  extra,  fine,  scelto, selezionato e similari.

E' altresì vietato l'impiego di indicazioni che facciano riferimento a comuni, frazioni o zone.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano  riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi non aventi significato  laudativo  e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a denominazione di  origine  controllata  «Vignanello»  devono essere immessi al consumo in recipienti non superiori a 5 litri.

E' consentito confezionare i vini di cui  all'art  1  in  contenitori alternativi al vetro costituiti da  un  otre  in  materiale  plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro  di cartone o di altro materiale rigido, di capacità non inferiore  a  2 litri.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte nord orientale della regione Lazio in provincia di Viterbo: si estende su una superficie di circa 13.400 ettari, e comprende i territori posti tra il versante est dei monti Cimini ed il fiume Tevere.

I terreni delle aree pianeggianti della valle del Tevere sono riconducibili a formazioni sedimentarie con sedimenti marini del Pliocene e Pleistocene inferiore, oltre a depositi continentali o provenienti dalle alluvioni recenti.

Gli altri derivano dalle manifestazioni vulcaniche del complesso Cimino della fine del Pliocene caratterizzate da fenomeni esplosivi che hanno generato terreni formati da vari tipi di tufo: l'attività esplosiva ha diffuso anche a grande distanza ceneri e lapilli che, hanno dato origine a rocce piroclastiche che si sovrapposero alle argille ed alle sabbie marine della valle del Tevere; oppure sono caratterizzati da una successione di strati costituiti da sedimenti marini di natura argillosa che rappresentano il lito-tipo più antico e che emergono nelle aree più depresse e lungo le principali incisioni vallive.

Al colmo dei rilievi collinari affiorano, invece, prodotti vulcanici quali i tufi stratificati provenienti dall’apparato vulcanico dei monti Cimini.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 140 e i 445 m s.l.m.: l’esposizione generale è orientata verso ovest, sudovest.

Il clima dell’area è di tipo temperato di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 954 ed i 1166 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 103-163 mm) nei mesi estivi. La temperatura media è di 14,2°C: freddo che si prolunga da ottobre a maggio, con temperatura media inferiore ai 10°C per 4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 1,9 e 2,9° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Vignanello un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Vignanello”.

La coltivazione della vite in Lazio ha origini antichissime, iniziata sicuramente dagli Etruschi, raggiunse un notevole progresso, favorito anche da evolute conoscenze tecniche e da materiale ampelografico di varia origine, raccolto attraverso gli ampi rapporti commerciali di questo popolo.

Per quanto riguarda le zone e i vitigni coltivati dagli Etruschi, alcuni scritti di Plinio testimoniano in modo abbastanza preciso la produzione vitivinicola in Etruria.

Nella zona delimitata la produzione di vino risale almeno al secolo IV a.C., come attesta il ritrovamento nella necropoli del Molesino di uno stamnos falisco a figure rosse con Dioniso e Oinopion, cioè un vaso panciuto con due manici, col quale si portava il vino a tavola per servirlo ai convitati con un lungo mestolo di bronzo.

Ad opera dei Romani la coltivazione della vite ebbe maggiore espansione e continuò e si ampliò sotto lo Stato della Chiesa.

Gli Statuta Civitatis Gallesii del 1576 e gli Statuti di Soriano del 1447, contengono Capitoli che regolamentavano la viticoltura e la produzione del vino.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimonia la Festa del vino di Vignanello la cui prima edizione risale al 1937.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC Vignanello sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

Il Greco di Vignanello “aureo, delicatissimo, profumato, dolce” fu presentato con successo all’Esposizione Italiana di Copenaghen nel 1908, ottenne la Medaglia d’argento al Concorso Nazionale Governativo per la preparazione di vino da pasto a tipo costante, bandito dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio e la Medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale Torino del 1911.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: il Trebbiano toscano e giallo, la Malvasia di Candia, la Malvasia bianca lunga ed il Greco per i vini bianchi ed il Sangiovese ed il Ciliegiolo per quelli rossi;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (105 hl/ha per la tipologia “bianco”, 91 hl/ha per la tipologia “rosso”, 77 hl/ha per la tipologia “Greco” e 45,5 hl/ha per le tipologie “bianco vendemmia tardiva” e “Greco vendemmia tardiva”);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli e strutturati, adeguatamente differenziate per la tipologia di base e le tipologie riserva, riferite

quest’ultime a vini rossi maggiormente strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento ed affinamento in bottiglia obbligatori.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Vignanello” è riferita a sei tipologie di vino bianco (“bianco”, “bianco Superiore”, “bianco vendemmia tardiva”, “Greco o Greco di Vignanello”, “Greco spumante o Greco di Vignanello spumante”, “Greco vendemmia tardiva o Greco vendemmia tardiva di Vignanello”) ed a tre tipologie di vino rosso (“rosso”, “rosso Riserva” e “novello”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Vignanello” bianco:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso con leggeri riflessi verdognoli, odore delicato con note più o meno fruttate, sapore dal secco al dolce con leggero retrogusto amarognolo, fine e delicato.

“Vignanello” bianco Superiore:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso con leggeri riflessi verdognoli, odore delicato con note più o meno fruttate, sapore dal secco al dolce con leggero retrogusto amarognolo, fine e delicato.

“Vignanello” vendemmia tardiva:

vino pieno ed equilibrato, con colore dal giallo paglierino al dorato, odore gradevole e profumato con note fiorali e fruttate, sapore dolce ed armonico.

“Vignanello” Greco:

vino fresco ed equilibrato, con colore paglierino più o meno intenso, odore gradevole e caratteristico, sapore secco o abboccato, di corpo e armonico con leggero retrogusto amarognolo.

“Vignanello” spumante:

vino fresco ed equilibrato, con colore paglierino più o meno intenso, perlage fine e persistente, odore delicato con note più o meno fruttate, sapore armonico e caratteristico.

“Vignanello” Greco vendemmia tardiva:

vino pieno ed equilibrato, con colore dal giallo paglierino al dorato, odore gradevole e profumato con note fiorali e fruttate, sapore dolce, armonico e caratteristico.

“Vignanello” rosso:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza.

Colore rosso rubino da giovane, tendente al granato se invecchiato, odore intenso e caratteristico, sapore secco , vivace nella tipologia novello, caldo e armonico.

“Vignanello” rosso Riserva:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Colore rosso rubino tendente al granato, odore intenso e caratteristico sentori floreali e fruttati tipici delle cultivar che sfumano a favore di quelli speziati o fenolici associabili al legno, sapore secco, caldo e armonico.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia prevalentemente collinare dell’areale di produzione, nei territori posti tra il versante est dei monti Cimini ed il fiume Tevere e l’esposizione ad ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso e luminoso, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Vignanello”.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Vignanello”.

In particolare, i terreni, riconducibili a formazioni sedimentarie con sedimenti marini del Pliocene e Pleistocene inferiore, oltre a depositi continentali o provenienti dalle alluvioni recenti, o alle manifestazioni vulcaniche del complesso Cimino della fine del Pliocene, caratterizzate da fenomeni esplosivi che hanno generato terreni formati da vari tipi di tufo con diffusione di ceneri e lapilli che si sono sovrapposte alle argille ed alle sabbie marine della valle del Tevere, con successione di strati costituiti da sedimenti marini di natura argillosa che rappresentano il lito-tipo più antico emergono nelle aree più depresse e lungo le principali incisioni vallive, presentano caratteristiche tali da renderli

idonei ad una vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (mediamente 1056 mm), con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 130 mm) nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (14.6 °C), unita ad una temperatura elevata ed a una ottima insolazione, consente alle uve di maturare completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino “Vignanello”.

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antica Etruria, passando per i Romani, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Vignanello”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Vignanello”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Vignanello” è attestata fin dall’epoca degli Etruschi, in molti reperti dei georgici latini.

Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i documenti di varia natura conservati presso gli archivi monastici.

Gli Statuti della Città di Gallese, emanati nel 1576, e quelli di Soriano nel Cimino del 1447, regolavano l’ordinamento delle Comunità su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.

La coltivazione della vite continuò ed ebbe maggiore espansione sotto gli Stati Pontifici: nell’opera Summarium ed universas causas (1796), P. D. Origo, riporta che “nel 1547 Ortensia Farnese, che ottenne in feudo il castrum iullanellum (l’odierno Vignanello) alla morte della madre Beatrice, diede ordine ai Magistrati di mandare tutte le bestie a Bagnara (Bagnaia) a portare una somma di vino per ciascuna al Card. Ridolfi di greco et aleatici ispecie dolcissime”.

Nel Saggio statistico storico del pontificio stato (1829) Vol. 1, Gabriele Calindri riporta per Fabbrica “campagne.. dalle quali si trae di prodotti massimi grano, vino,”, per Gallese “campagne.. somministrano di massimi prodotti grano, fieno, vino”

Il Moroni, nel Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (1860), riporta per Vignanello “..il territorio precipuamente produce vino squisito, che gareggia coll’orvietano, ed è la più grande risorsa sua, massima in quest’ultimi anni, per essere stato quasi esente dalla deplorevole infezione delle viti, ne commercia con Roma e altrove.”, per Corchiano “..esistono molte fresche grotte, incavate nel tufo, che servono da cantine..” e per Gallese scrive “..produce di tutto e in abbondanza, grano, granturco, vino..”

Il Belli, poeta Romanesco dell’Ottocento, in un sonetto del 1844 scrive “s’ha ppuro de fà scrive a Vvignannello p’er solito bbaril de vin’asciutto, e pper un antro o ddua ppiù tonnarello (più dolce)”.

In Osteria – Guida spirituale delle osterie italiane da Verona a Capri (1909), il Barth, bibace poeta, definisce il vino di Vignanello come “divino Vignanello deliziosissimo” e “genio amabile” da ricercare “Là, nell’Etruria taciturna, cara agli Dei”.

In un manifesto pubblicitario della Cantina sociale e distilleria cooperativa di Vignanello (creata nel 1903) risalente al 1913, tra i prodotti reclamizzati, figura tra gli altri il Greco di Vignanello che viene definito “vino di lusso per signora” ad evidenziarne le caratteristiche di piacevolezza proprie dei vini passiti o liquorosi.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la creazione della Cantina sociale, la nascita di nuove aziende e dalla professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del vino “Vignanello”.

 

Articolo 10

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al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 3).

 

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