Lazio › CASTELLI ROMANI2

GENAZZANO D.O.C.

MARINO D.O.C.

MONTECOMPATRI-COLONNA D.O.C.

VELLETRI D.O.C.

ZAGAROLO D.OC.

VIGNETI MARINO

VIGNETI MARINO

GENAZZANO

D.O.C.

Decreto 21 luglio 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Genazzano» è riservata  ai vini bianco e rosso che rispondono alle condizioni  ed  ai  requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

base ampelografica

 

I vini a denominazione  di  origine  controllata  «Genazzano»  devono essere ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti aventi  nell'ambito aziendale la percentuale varietale appresso indicata:

 

Genazzano bianco:

Malvasia di Candia: minimo 85%;

possono concorrere altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione per la  Regione Lazio, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 15%.

 

Genazzano rosso:

Ciliegiolo: minimo 85%;

possono concorrere altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per  la  Regione Lazio, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 15%.

 

La base ampelografica dei vigneti, già iscritti all'albo dei vigneti della denominazione di origine controllata "Genazzano",  deve  essere adeguata,  entro  la  decima  vendemmia  successiva  alla   data   di pubblicazione del presente disciplinare di produzione.

Sino alla scadenza, indicata nel precedente comma, i vigneti  di  cui sopra, iscritti a  titolo  transitorio  all'albo  dei  vigneti  della denominazione di origine controllata dei vini  «Genazzano»,  potranno usufruire della denominazione medesima.

 

Articolo 3

zona di produzione

 

Le uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di  origine controllata «Genazzano» devono essere prodotte  nella  zona  compresa nei territori amministrativi  delle  province  di  Roma  e  Frosinone appresso specificate.

Detta zona comprende per intero il comune di

Genazzano 

ed  in  parte quelli di

Olevano Romano, San Vito Romano, Cave

in provincia di  Roma

Paliano

in provincia di Frosinone

 

ed e' così delimitata: da  quota

247 sul fiume Sacco, in localita' Prato Vetto, il  limite  segue,  in direzione sudest, il confine comunale di Genazzano fino a  incrociare quello di Paliano per proseguire lungo  questi,  verso  est,  sino  a incrociare la strada che si  immette  sulla  strada  statale  155  in prossimità del km 22,100 circa  (corrispondente  attualmente  al  km 52,700).

Segue tale strada e successivamente quella statale per circa 100 m in direzione est, piega quindi in direzione  sud,  seguendo  il sentiero che raggiunge quota 263 sulla strada  per  la  località  La Bufola.

Da quota 263 prosegue per la strada  campestre  in  direzione sud- ovest fino a raggiungere Ponte Nuovo nella valle  Copiccia,  per seguire poi verso sud- ovest il corso d'acqua fino a costeggiare,  in località  Polledrana,  la  strada  all'altezza   della   quota   240 (Fontana).

Segue quindi tale strada  in  direzione  nord-  ovest  che passa a sud delle mura San Paolo fino  a  incontrare  il  confine  di Genazzano in prossimità della quota 365.

Prosegue lungo tale confine verso sud e successivamente nord- ovest sino a incrociare il fosso di S. Cristina sul confine di  Cave,  segue  poi  il  corso  d'acqua  in direzione ovest, fino a quota 247 e poi in  direzione  nordovest,  la strada che costeggia a ovest Colle Tocciano e  a  est  Colle  Cerreto passando per le quote 258, 299, 343 e da quest'ultima per  una  retta spezzata in direzione nord raggiunge  quota  355  (Colle  Empiano)  e successivamente il km 15 sulla strada statale 155  da  dove  prosegue verso nord in linea retta incrociando il confine  comunale  di  Cave.

Lungo questi verso nord- ovest, raggiunge  quello  di  Genazzano  che segue verso nord sino a incrociare la strada per San Vito  Romano  al km 28. Lungo tale strada raggiunge il  centro  abitato  di  San  Vito Romano, lo attraversa e da quota 308 prosegue in direzione nord- est, seguendo una spezzata che  passa  per  le  quote  591  e  319  e  sul

prolungamento va a incrociare il corso  d'acqua  che  confluisce  nel fosso della valle. Percorre  questi  verso  sud,  supera  il  confine comunale di Olevano Romano e prosegue lungo  il  corso  d'acqua,  che diviene il fiume Sacco, raggiunge quota 247 sul confine di  Genazzano da dove e' iniziata la delimitazione.

 

Articolo 4

norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di  coltura  dei  vigneti  destinati  alla produzione  dei  vini  a   denominazione   di   origine   controllata «Genazzano» debbono essere quelle tradizionali della zona e  comunque atte a conferire alle uve, al mosto ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono perciò da considerarsi idonei, unicamente i vigneti ubicati  in collina posti ad altimetria non superiore a 600 m s.l.m.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura debbono essere quelli  generalmente  usati  o  comunque  atti  a  non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

 

La produzione massima di uva ad ettaro  ed  il  titolo  alcolometrico volumico naturale minimo per tipologia di vino, sono le seguenti:

 

Genazzano bianco:

produzione: 14,00 t/ha,  

titolo alcolometrico volumico naturale minimo: 10,00%vol.;

Genazzano rosso:

produzione: 13,00 t/ha,

titolo alcolometrico volumico naturale minimo: 10,50%vol.

 

La resa per  ettaro,  anche  in  annate  eccezionalmente  favorevoli, dovrà essere riportata al  suddetto  limite  attraverso  un'accurata cernita delle uve, purché la produzione totale non superi del 20% il limite medesimo.

La regione Lazio, con proprio decreto, sentite le  organizzazioni  di categoria interessate, può stabilire, di anno  in  armo,  un  limite inferiore di uva  per  ettaro,  dandone  immediata  comunicazione  al Ministero delle politiche  agricole  alimentari  e  forestali  ed  al Comitato nazionale per la tutela delle  denominazioni  di  origine  e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

 

Articolo 5

norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione debbono essere effettuate  all'interno della zona di produzione delimitata nel precedente art. 3. 

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali, è  consentito  che  tali operazioni siano effettuate nell'intero territorio dei  comuni  anche se solo in parte compresi nella zona delimitata.

Nella vinificazione sono ammesse tutte le pratiche enologiche locali, leali  e  costanti,  atte  a   conferire   ai   vini   le   peculiari caratteristiche.

 

La resa massima delle uve in vino non deve essere  superiore  al 

65% per la produzione del tipo rosso,

70% per la produzione del  tipo bianco.

Qualora la resa superi  tali  limiti  l'eccedenza  non  avrà diritto alla denominazione di origine controllata.

 

Articolo 6

caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata «Genazzano »,  all'atto dell'immissione al consumo,  devono avere le seguenti caratteristiche:

 

«Genazzano» bianco:

colore:  bianco  paglierino  più  o  meno  intenso  con  riflessi verdognoli;

profumo: delicato, più o meno fruttato;

sapore: secco, sapido, vivace, fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale  minimo:  11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Genazzano» rosso:

colore: rosso rubino brillante, vivace, di media intensità;

profumo: vinoso, fruttato, fragrante, fresco e delicato;

sapore: asciutto, vivace, fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50%vol;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

E' in facoltà del Ministero ro delle politiche agricole alimentari e forestali di modificare con proprio decreto, i  limiti  minimi  sopra indicati, per l'acidità  totale e l'estratto secco.

 

Articolo 7

etichettatura designazione e presentazione

 

Alla denominazione di  origine  controllata  «Genazzano»  e'  vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente  disciplinare,  ivi  compresi  gli  aggettivi   «superiore», «extra», «fine», «scelto», «selezionato» e similari.

Sono  altresì  vietate  indicazioni   aggiuntive   tipo «vecchio», «riserva», «invecchiato» e similari.

E'   consentito   l'uso   di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali,  marchi privati non aventi significato laudativo e non  idonei  a  trarre  in inganno l'acquirente.

Le  indicazioni   tendenti   a   specificare   l'attività   agricola dell'imbottigliatore  quali  «viticoltore»,   «fattoria»,   «tenuta», «podere», «cascina» ed altri  termini  similari  sono  consentite  in osservanza delle disposizioni CEE in materia.

Sulle bottiglie ed altri  recipienti,  contenenti  i  vini  a  DOC «Genazzano», è obbligatorio l'indicazione dell'annata di  produzione delle uve

 

Articolo 8

confezionamento

 

E'  consentito  confezionare  i  vini  a  denominazione  di   origine controllata   "Genazzano"   senza   specificazioni   aggiuntive,   in contenitori alternativi al vetro costituiti da un otre  in  materiale plastico pluristrato di polietilene  e  poliestere  racchiuso  in  un involucro di cartone o di altro materiale rigido,  di  capacità  non inferiore a 2 litri .

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte Centro Orientale della regione Lazio, in Provincia di Roma, si estende su una superficie di circa 5.900 ettari e comprende un territorio di media e alta collina, situato sulle pendici dei Monti Simbruini, nell’alta valle del Sacco.

I terreni dell’area sono riconducibili a diverse classi dette Formazioni: sono presenti calcari bianchi e avana con componente organogena e detritica (resti di bivalvi e alghe calcaree), fortemente frantumata e costituiscono l’elemento morfologico più importante del territorio.

Seguono le marne contenenti una sensibile quantità di argilla, prevalentemente nella parte superiore del terreno,

mentre sullo strato inferiore ci sono i fossili di Orbulina Universa.

La formazione Argilloso-Arenacea, che costituisce quasi tutto il territorio di Olevano Romano, è composta da un’alternanza di argille e arenarie che sono preponderanti verso l’alto della formazione, dove si passa da una giacitura stratificata a una massiva.

Le vulcaniti di età Quaternaria coprono le formazioni più antiche e sono particolarmente sfruttabili per l’agricoltura, in quanto ricche di elementi nutritivi: sono costituite da scorie, alternate a pomici e cineriti, derivanti da più fasi esplosive del Vulcano Laziale.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 211 e i 571 m s.l.m. con pendenza variabile e l’esposizione generale è orientata verso ovest e sud-ovest.

Il clima dell’area è di tipo temperato di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue abbondanti comprese tra i 1098 ed i 1432 mm, con aridità estiva e subaridità (pioggia 73-123 mm) variabili da 1 a 2 mesi.

La temperatura media è compresa tra i 12,0 ed i 15,6°C: freddo intenso in inverno con temperatura media inferiore ai 10°C per 4-5 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 0,8 e 3,3° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Genazzano un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Genazzano”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana: Galeno, che aveva formato un giudizio su tutti i vini conosciuti, descrivendo il vino Prenestino si contenta di nominarlo fra i vini più esquisiti senza aggiungervi altra parola, perché a tutti noto, e da tutti celebrato.

Nel medioevo gli Statuta Olibani, emanati il 15 gennaio 1364, regolamentavano la vita del Castro Olibana che si estendeva sul territorio degli attuali comuni di Olevano romano e Genazzano.

Contengono numerosi capitoli che stabilivano le zone da destinare a vigneto, le modalità per determinare l’epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimonia la Sagra del vino Genazzano la cui prima edizione risale all’ultimo dopoguerra.

Anche nel presente, i vini a DOC Genazzano hanno ricevuto e continuano a ottenere numerosi riconoscimenti nei concorsi sia nazionali, sia internazionali e ben figurano sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia bianca di Candia ed il Ciliegiolo;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (98 hl/ha per la tipologia bianca e 84,5 hl/ha per la tipologia rosso);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli e strutturati

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Genazzano” è riferita a una tipologia di vino bianco e a una tipologia di vino rosso che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Genazzano” bianco:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso con riflessi verdognoli, odore intenso con note fruttate, sapore secco vivace, armonico.

“Genazzano” rosso:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza.

Il prodotto presenta un colore rosso rubino brillante, vivace, di media intensità, odore intenso con sentori fruttati (bacche e drupe) che evolvono nello speziato e vegetale, sapore secco vivace, fresco, armonico di giusto corpo.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione, nel bacino dell’alta valle del Sacco, e l’esposizione ad ovest, sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Genazzano”.

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Genazzano”.

In particolare, i terreni, riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente. Anche dove lo strato attivo è abbastanza profondo, non si ottengono risultati produttivi soddisfacenti per altre colture intensive.

Sono infatti terre che di norma si rinvengono a quote superiori ai 500 m s.l.m. oppure a quota inferiore, ma con

pendenze maggiori del 10%. Nonostante la presenza di sottosuolo calcareo, che spesso contiene oltre al carbonato di calcio anche quello di magnesio, le terre rosse presentano uno scarso contenuto di tali sali e spesso ne sono completamente prive.

Trattasi di terre che presentano un limitato contenuto di elementi nutritivi e che mal si prestano ad un’utilizzazione intensiva delle altre colture agrarie (anche in relazione alla loro giacitura); ma proprio in virtù di tali caratteristiche sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità, con medie rese produttive, conferendo ai vini particolare vigore e complessità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (mediamente 1236 mm), con scarse piogge estive (100 mm) con aridità estiva e subaridità variabili da 1 a 2 mesi, da una buona temperatura media annuale (14.6 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata, un’ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre ma con una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente.

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Castro Olibana”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Genazzano”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Genazzano”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona di “Genazzano” è attestata fin dall’epoca romana, in molte opere dei georgici latini.

Nel medioevo: i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Gli Statuti del Castro Olibana, emanati 15 gennaio 1364, regolavano l’ordinamento della Comunità olevanese su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale.

Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.

La conoscenza di buone pratiche enologiche è testimoniata anche dal Petrini che Nelle Memorie prenestine sotto forma di annali (1795), riporta parlando di vini “Anno di Cristo 1594 Andrea Bacci poi, ed Alessandro Petroni, che vivevano nell' anno corrente, trattando questo argomento dicono, che quantunque per lo passato si cuocessero nella nostra Città comunemente i vini almeno fino alla despumazione ; un tale uso, che ora è affatto bandito, erasi di già a loro tempo intermesso; e colla insinuazione dei Principi Colonnesi si era introdotto il costume de' vini crudi bianchi, e rossi, quali riuscivano perfettissimi con farli bollire da sé stessi nelle botti, ripurgandoli per mezzo di una fermentazione non completa, ma, come la chiamano i Chimici, soffocata”.

Il Piazza, nell’opera La Gerarchia cardinalizia (1703), scrive per Cave “fa corona il territorio.. fertile e copioso,

massimamente di vino, di cui se ne conduce quantità grande in Roma”, per Genazzano “gode.. l’abbondanza dei vini”, per San Vito “fertile di frutti, ma più, di preziosi vini”, per Olevano “l’isquisitezza de’ vini” e per Palliano (Pagliano) “il territorio fertile di grano, vino e frutti”, come il Calindri nel Saggio statistico storico del pontificio stato, (1829) Vol. 1 che riporta “Genazzano .. li cui massimi prodotto sono grano, e vino”.

Nei Ricordi storici e pittorici d'Italia. (1865) Ferdinand Adolf Gregorovius scrive per Genazzano “si succedono di continuo oliveti, boschi folti, malinconici, di castagni, campi di formento, e di gran turco, orti coltivati a legumi, e dovunque poi vigneti, che stendono i loro pampini dall'una all'altra pianta di olmi tenuti bassi”, e “vi si scorgevano il moscatello dorato che risplende ai raggi del sole; l'uva nera, quella bianca chiara, che somministra il così detto buon vino; quella azzurra oscura che produce il vino di colore sanguigno cupo”.

Descrive anche la tecnica di coltivazione “La quantità di vigneti quivi è propriamente straordinaria. Ne sono ricoperte tutte le amene colline dei dintorni.

Si stendono le viti in lunghe file nelle valli, o appoggiate a pali, o sostenute da quelle forti canne che nascono in Italia nei siti umidi, ovvero sospese a piccole piante di olme.

Gli amici di Virgilio sanno che già ai tempi dei Romani solevansi in queste regioni coltivare le viti nei due modi testè

accennati. È un vero piacere il leggere in queste campagne le Georgiche, stupendo capo d' opera della poesia latina, non già per le forme della composizione, la quale in generale è mediocre, ma per la purezza, la precisione propriamente inimitabile della lingua.

Lessi e rilessi ripetutamente quei canti nelle vigne di Genazzano, ed ho potuto persuadermi che le osservazioni, le regole, i precetti in esso dettati, sono pienamente osservati oggidì tuttora, in guisa che si direbbe descrivano i metodi di coltivazione attualmente in uso nella campagna di Roma.

Riporta anche fatti di cronaca legati alla viticoltura “Il primo anno di produzione dopo la crittogama (oidio) durante il mio soggiorno in Genazzano, furono uccise nei dintorni cinque persone, per il solo motivo di essersi queste permesse di rubare pochi grappoli d' uva”. Infine per Pagliano scrive “piccola città di un tre mille e settecento abitanti, giace alla distanza di circa sei miglia da Genazzano, sur una collina ombreggiata da boschi e coltivata da vigneti, la quale sorge isolata nella pianura”.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che uniti alla professionalità degli operatori hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Genazzano”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Roma

Via Appia Nuova 218

00179 Roma

Telefono 06/52082699 - Fax 06/52082494;

E-mail lcm.amministrazione@rm.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Roma è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

MARINO

D.O.C.

Decreto 17 luglio 2003

Modifica Decreto 22 marzo 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione d’origine controllata “Marino” è riservata ai vini rispondenti alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

“Marino” anche nei tipi secco, abboccato, amabile o dolce;

“Marino” superiore anche nei tipi secco, abboccato, amabile o dolce;

“Marino” frizzante anche nei tipi abboccato o amabile;

“Marino” spumante secco o amabile;

“Marino” vendemmia tardiva amabile o dolce;

“Marino” passito anche nei tipi amabile o dolce;

“Marino” Malvasia del Lazio;

“Marino” Trebbiano verde (Verdicchio bianco);

“Marino” Greco;

“Marino” Bellone;

“Marino” Bombino.

 

1.2 La specificazione “Classico” è consentita per i vini della zona di origine più antica e solo per le seguenti tipologie:

 

“Marino” classico anche nei tipi secco, abboccato, amabile o dolce;

“Marino” classico superiore anche nei tipi secco, abboccato, amabile o dolce;

“Marino” classico vendemmia tardiva anche nei tipi amabile o dolce;

“Marino” classico passito anche nei tipi amabile o dolce.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Concorrono alla produzione dei vini di cui al precedente art. 1 le uve provenienti dai seguenti vitigni presenti, in ambito aziendale, nelle proporzioni sotto indicate:

Malvasia bianca di Candia (nota come Malvasia rossa) non inferiore al 50%;

possono concorrere alla produzione di detti vini altri vitigni a bacca bianca da soli o congiuntamente, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare, fino al massimo del 50% con esclusione dei vitigni aromatici.

 

La denominazione di origine controllata “Marino”, con la specificazione di uno dei seguenti vitigni:

Malvasia del Lazio,

Trebbiano verde (sinonimo di Verdicchio bianco),

Bellone,

Greco

Bombino,

è riservata ai vini ottenuti per almeno l’85% del corrispondente vitigno;

possono concorrere per il restante 15% uve di colore analogo idonee alla coltivazione per la Regione Lazio, con esclusione dei vitigni aromatici.

 

La base ampelografica dei vigneti già iscritti allo schedario viticolo della D.O.C. dei vini “Marino”, con esclusione delle tipologie con indicazioni di vitigno, deve essere adeguata entro la decima vendemmia riferita alla data di approvazione del disciplinare di produzione.

È inoltre consentito che, in ambito aziendale, la base ampelografica dei vigneti possa essere adeguata parzialmente,

purché tale adeguamento sia finalizzato al raggiungimento di quella prevista dal presente disciplinare di produzione.

Sino alla scadenza indicata nel presente disciplinare di produzione i vigneti di cui sopra, iscritti a titolo transitorio allo schedario viticolo della D.O.C. “Marino” potranno usufruire della D.O.C. “Marino”.

Allo scadere del predetto periodo transitorio i vigneti di cui al comma precedente saranno cancellati dal rispettivo schedario, qualora i produttori interessati non abbiano provveduto ad apportare a detti vigneti le modifiche necessarie per uniformare la loro composizione ampelografica alle disposizioni di cui al presente articolo.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte a produrre i vini a denominazione d’origine “Marino” comprende l’intero territorio del comune di

Marino, di Ciampino

e in parte, il territorio dei comuni

di Roma e Castelgandolfo.

In provincia di Roma.

 

Tale zona è così delimitata:

a)- partendo dall'Osteria le Capanne di Marino la linea di delimitazione segue, verso nord, la via Appia fino all'ingresso ovest dell'aeroporto di Ciampino; piega a sinistra per la via di Fiorano per raggiungere, all'altezza del colle Fioranello, la linea ferroviaria Roma-Napoli, che segue, verso sud, fino al fosso di Casale Abbruciato.

Si sale il fosso di Casale Abbruciato e quello dei Preti, ed a 500 m prima della sua intersezione con il confine comunale di Marino, piega verso sud ed in linea retta raggiunge il punto di confluenza tra fosso di S. Maria la Fornarola ed il fosso di Paglian Casale e da qui in direzione sud-est, seguendo una linea retta che passa per il Casale della Certosa, raggiunge, in località Cancello, la strada per Albano.

Segue tale strada in direzione di Albano fino ad incontrare il confine di tale comune lungo il quale procede verso nord fino alla confluenza del medesimo con il confine di Castelgandolfo.

Da qui, seguendo tale confine (inizialmente verso est) raggiunge la strada statale Nettunense (localita' Pavona); segue detta strada verso nord fino ad incrociare il confine tra Castelgandolfo e Marino, percorre tale confine verso est per raggiungere la via Appia che segue in direzione di Albano, fino alla quota 335, posta sul quadrivio del km 23+250.

Da tale quadrivio procede verso nord-est lungo la strada che conduce a Castelgandolfo, attraversa il centro abitato e da quota 426 raggiunge in linea retta quota 293 sulla sponda del lago di Albano.

Segue la riva del lago verso nord fino alla località Montanaccio da dove prosegue verso nord-ovest fino a raggiungere il confine tra Marino e Castelgandolfo, passando per la retta ed il suo proseguimento tracciato tra le quote 325 (località Pascolato) e 337 (località Montanaccio).

Percorre il confine tra

Castelgandolfo e Marino inizialmente verso est e seguendo sempre il confine di Marino raggiunge Osteria le Capanne di Marino, punto di partenza della delimitazione;

 

b) Le uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Marino” designabile con la menzione “Classico” anche nelle tipologie “superiore”, “vendemmia tardiva” e “passito” devono essere prodotte nella zona di origine più antica come appresso delimitata:

partendo da Marino, piazza Garibaldi, si attraversa il centro abitato in linea retta fino a raggiungere l'incrocio tra via Garibaldi e via S. Anna. Percorrendo tale strada, fino al confine con il comune di Grottaferrata, si arriva all'incrocio di via Castel de Paolis dal quale, seguendo i confini dei comuni di Ciampino con Grottaferrata, si raggiunge il km 1.300 di vicolo della Mola.

Da tale punto si prosegue in linea retta fino a via Vicinale della Mola, km 0,800 percorrendo quest'ultima fino all'incrocio di via della Mola si gira a sinistra in via Romana, all'altezza della scuola «Michele Amari» si percorre fino al crocevia con via dei Laghi in località Pantanella; proseguendo per 400 metri in linea retta fino al km 0,400 di via Torre Messer Paoli e si prosegue fino alla fine della strada al km 0,650, che coincide con il km 0,500 di via Costa Rotonda percorrendo la quale, fino a raggiungere via del Sassone.

Girando a sinistra ci si immette sulla via Appia in direzione di Albano, si prosegue per 200 metri girando a destra, per via Nettunense Vecchia, si arriva all'incrocio di via Nettunense Nuova e da qui fino al confine con Castelgandolfo si raggiunge via Appia Nuova; costeggiando il confine di Castelgandolfo fino all'intersezione con la strada statale 140 e

proseguendo per 300 metri fino allo svincolo con la strada statale Lago Olimpico; 50 metri prima di raggiungere il tunnel si gira a sinistra per via Galileo Galilei che deve essere percorsa fino a via Spinabella, km 1,650.

Da via Spinabella si raggiunge l'incrocio di via dei Laghi, quindi proseguendo in linea retta, si attraversa il centro abitato di Marino fino a ricongiungersi con il punto di partenza di piazza Garibaldi.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati a produrre vini a denominazione d’origine controllata “Marino” devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e ai vini derivanti le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono da considerare idonei al riconoscimento i vigneti ubicati in terreni di favorevole giacitura ed i sesti di impianto, le forme di allevamento, i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini. Per la produzione del vino “Marino” classico, anche nelle tipologie “superiore”, “vendemmia tardiva” e “passito” non è ammesso il sistema di allevamento a tendone.

I nuovi impianti e i reimpianti, in coltura specializzata, effettuati successivamente all’entrata in vigore del presente disciplinare dovranno avere una densità non inferiore a:

3.000 ceppi per ettaro per il “Marino”;

3.500 ceppi per ettaro, per il “Marino” classico anche nelle tipologie “superiore”, “vendemmia tardiva” e “passito”.

È vietata ogni pratica di forzatura salvo l’irrigazione di soccorso.

Le produzioni massime di uve per ettaro e i titoli alcolometrici volumici naturali minimi sono le seguenti:

 

Marino: 15,00 t/ha, 10,00% vol.;

Marino Superiore: 15,00 t/ha, 10,00% vol.;

Marino Frizzante: 15,00 t/ha, 10,00% vol.;

Marino Spumante: 15,00 t/ha, 10,00% vol.;

Marino Vendemmia tardiva: 13,00 t/ha, 13,00% vol.;

Marino Passito: 15,00 t/ha, 15,00% vol.;

Marino Classico: 14,00 t/ha, 10,50% vol.;

Marino Classico superiore: 14,00 t/ha, 11,00% vol.

Marino Classico vendemmia tardiva: 13,00 t/ha, 13,00% vol.;

Marino Classico passito: 14,00 t/ha, 15,00% vol.;

Marino Malvasia del Lazio: 15,00 t/ha, 11,00% vol.;

Marino Trebbiano verde (Verdicchio bianco): 15,00 t/ha, 10,50% vol.;

Marino Greco: 15,00 t/ha, 10,50% vol.;

Marino Bellone: 15,00 t/ha, 10,50% vol.;

Marino Bombino: 15,00 t/ha, 11,00% vol.

 

Nei vigneti a coltura promiscua le produzioni massime di uva per ettaro devono essere rapportate alla superficie effettivamente coperta dalle viti.

Nelle annate particolarmente favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Marino” devono essere riportati nei limiti di cui sopra, purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi.

Le eccedenze delle uve, nel limite massimo del 20%, non hanno diritto alla denominazione di origine controllata ma

possono essere destinate alla produzione dei vini ad IGT Lazio.

Qualora sia superato il limite del 20%, la partita cui si riferisce il supero decade dal diritto alla denominazione di origine controllata.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delimitata dall’art. 3.

Nella vinificazione dei vini a denominazione d’origine controllata “Marino” sono ammesse soltanto le pratiche leali e costanti atte a conferire ai vini le loro specifiche caratteristiche.

L’arricchimento è ammesso con mosti concentrati prodotti da uve provenienti da vigneti iscritti allo schedario viticolo della denominazione d’origine controllata “Marino”, oppure con mosti concentrati rettificati nonché tutte quelle pratiche consentite dalla normativa CE e nazionali vigenti.

La resa dell’uva in vino pronto per il consumo diretto, per tutti i vini a denominazione di origine controllata “Marino” e “Marino classico”, con esclusione delle tipologie “vendemmia tardiva” e “passito” non deve essere superiore al 70%.

Qualora superi detto limite, ma non il 75%, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione d’origine controllata ma può essere destinata alla produzione di vini ad IGT Lazio qualora ne abbia le caratteristiche.

Quando la resa supera il 75% l’intera partita cui si riferisce il supero decade dal diritto alla denominazione d’origine controllata.

La resa dell’uva in vino finito non deve superare il

50% per la tipologia “Marino” vendemmia tardiva, “Marino” classico vendemmia tardiva

45% per la tipologia “Marino” passito e “Marino” classico passito.

Le uve destinate a produrre vino a denominazione di origine controllata “Marinovendemmia tardiva e “Marino” classico vendemmia tardiva devono essere sottoposte a parziale appassimento naturale sulla vite, per assicurare un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 13,00% vol. ed essere raccolte all’inizio di novembre.

Per le uve destinate alla produzione delle tipologie “Marino” passito e “Marino” classico passito il metodo tradizionale di vinificazione prevede che:

le uve devono essere sottoposte ad un periodo di appassimento naturale e non possono essere ammostate prima del 10 dicembre dell’anno di raccolta e non oltre il 31 marzo dell’anno successivo;

l’appassimento delle uve deve avvenire in locali idonei ed è ammessa una parziale disidratazione con aria ventilata;

l’appassimento può altresì avvenire su pianta, sotto tettoia e/o anche al sole fino al raggiungimento di  un contenuto zuccherino atto ad assicurare

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 15,00% vol.;

il periodo di invecchiamento è di almeno 8 mesi,

di cui almeno 6 in botte,

a decorrere dal primo marzo dell’anno successivo a quello di produzione delle uve

e l’immissione al consumo non può avvenire prima del 1° novembre successivo;

al termine del periodo di invecchiamento il prodotto deve avere

un titolo alcolometrico volumico totale minimo del 15,0% vol.

Per la presa di spuma della tipologia spumante e della tipologia frizzante, qualora venga utilizzato il mosto, deve essere impiegato esclusivamente mosto o mosto concentrato di uve dei vigneti iscritti allo schedario viticolo della denominazione di origine controllata “Marino” o mosto concentrato rettificato.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all’art. 1 devono rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

 

“Marino”:

colore: giallo paglierino;

profumo: vinoso delicato con sentore di fruttato;

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, armonico, vellutato, piacevolmente fruttato con

eventuale retrogusto amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

 

“Marino” superiore:

colore: giallo paglierino;

profumo: vinoso persistente con sentore di fruttato ed eventuale sentore di legno;

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, armonico, vellutato, piacevolmente fruttato con eventuale retrogusto amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,0% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

 

“Marino” frizzante:

spuma: vivace evanescente;

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole delicato con sentore di fruttato;

sapore: frizzante, vinoso, morbido talvolta abboccato o amabile;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

 

“Marino” spumante:

spuma: vivace, fine persistente;

colore: giallo paglierino intenso;

profumo: gradevole delicato caratteristico;

sapore: sapido, vivace e armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

 

“Marino” vendemmia tardiva:

colore: giallo dorato;

profumo: gradevole, delicato caratteristico;

sapore: amabile o dolce, armonioso;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l;

 

“Marino” passito:

colore: ambrato con riflessi dorati;

profumo: vinoso, gradevole, delicato caratteristico;

sapore: amabile dolce, talvolta vellutato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l;

 

“Marino” Malvasia del Lazio:

colore: giallo dorato;

profumo: vinoso, leggermente aromatico, caratteristico;

sapore: secco o abboccato, sapido, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l;

 

“Marino” Trebbiano verde:

colore: giallo paglierino con riflessi verdognoli;

profumo: intenso, aroma di mandorla amara;

sapore: secco, di buona acidità, di medio corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

 

“Marino” Greco:

colore: giallo dorato;

profumo: gradevole, profumo intenso, caratteristico;

sapore: secco o abboccato, vellutato, di medio corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

 

“Marino” Bellone:

colore: giallo intenso;

profumo: profumo vinoso, intenso, persistente, tipico;

sapore: secco o abboccato, armonico, leggermente amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

 

“Marino” Bombino:

colore: giallo paglierino;

profumo: profumo delicato, di buona persistenza, tipico;

sapore: secco o abboccato, vellutato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

 

 “Marino” classico:

colore: giallo paglierino;

profumo: vinoso persistente con sentore di fruttato ed eventuale sentore di legno;

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, armonico, vellutato, piacevolmente fruttato con eventuale retrogusto amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

 

“Marino” classico superiore:

colore: giallo paglierino;

profumo: vinoso persistente con sentore di fruttato ed eventuale sentore di legno;

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, armonico, vellutato, piacevolmente fruttato con eventuale retrogusto amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

 

“Marino” classico vendemmia tardiva:

colore: giallo dorato;

profumo: ampio, fine caratteristico;

sapore: amabile o dolce, pieno armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:15,0% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l;

 

“Marino” classico passito:

colore: dorato con riflessi dorati;

profumo: vinoso, gradevole, ampio, caratteristico;

sapore: amabile e talvolta dolce, vellutato armonico;

titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 15,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l.

 

È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto i limiti minimi sopra indicati relativi all’acidità totale e all’estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Nella presentazione e designazione dei vini a denominazione di origine controllata “Marino” è consentito, l’uso di indicazioni geografiche o toponomastiche aggiuntive che facciano riferimento a unità amministrative, frazioni o località dalle quali effettivamente provengono le uve da cui il vino così qualificato è stato ottenuto, nonché indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, purché non aventi significati laudativi e idonei a trarre in inganno il consumatore.

Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti vini a denominazione di origine controllata “Marino” deve figurare obbligatoriamente l’indicazione dell’annata di produzione delle uve ad esclusione della tipologia spumante e frizzante.

Nella designazione dei vini a denominazione di origine controllata “Marino” di cui all’art. 1 può essere utilizzata la menzione “vigna” a condizione che sia seguita dal relativo toponimo, che la relativa superficie sia distintamente specificata nello schedario viticolo, che la vinificazione e la conservazione del vino avvengano in recipienti separati e che tale menzione, seguita dal toponimo, venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri e nei documenti di accompagnamento, comunque conforme alla normativa vigente per i vini di qualità.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a denominazione di origine controllata «Marino» devono essere immessi al consumo in bottiglie di vetro di capacità non superiore a due litri.

Tuttavia è consentito l'uso di contenitori alternativi al vetro costituiti da un otre in materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido, di capacità non inferiore a 2 litri

secondo la vigente normativa.

I vini appartenenti alle tipologie “Marino” classico, “Marino” classico superiore e “Marino” classico vendemmia tardiva, devono essere immessi al consumo in recipienti di capacità inferiore o uguale a litri 1,5.

I vini “Marino” passito e “Marino” classico passito devono essere immessi al consumo solo in recipienti da litri 0,375 o litri 0,750, chiusi, con tappo di sughero raso bocca.

L’abbigliamento delle bottiglie deve essere quello d’uso tradizionale e, comunque, consono ai caratteri di un vino di qualità con chiusura costituita da tappo di sughero raso bocca, tappo a vite o di altro materiale eventualmente ammesso dalla normativa vigente per i vini di qualità.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, in Provincia di Roma: si estende su una superfici di circa 4.400 ettari, e comprende i versanti nord-occidentali dei Colli albani e la parte meridionale dell’Agro romano posta alle pendici del Vulcano laziale.

Dal punto di vista geologico i terreni dei Colli albani e quelli pedocollinari hanno avuto origine da formazioni vulcaniche generate dalle eruzioni del Vulcano laziale.

L’attività endogena che ha generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro.

Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale dell’edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di sedimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli Albano e di Nemi.

Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa. Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura diversa.

Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato.

Sono di scarsa o nulla permeabilità all'acqua e alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici.

Coprono una minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione. In generale danno origine a terreni

di scarso spessore dove s’insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti.

I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 87 e i 480 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest, sudovest e sud.

Il clima dell’area è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 810 ed i 1110 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127 mm) nei mesi estivi. La temperatura media è compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo prolungato ma non intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 2,3 e 4,0° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Marino un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Marino”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana che destinavano a vigneto le terre più idonee e perciò preferivano il suolo vulcanico dell’antico vulcano laziale posto a sud di Roma.

Nel corso dei secoli il vino di Marino ha continuato a godere notorietà tanto che nel 1536 fu servito alla mensa di Carlo V°, l’uomo più potente del mondo, l’imperatore sul cui regno, si diceva, non tramontasse mai il sole, per quanto era esteso il suo dominio da un continente, il quale ebbe ad elogiarlo sopra tutti gli altri presenti alla sua pur vasta mensa.

Nella Gerarchia cardinalizia (1703), il Piazza riporta per Marino che “Nel 1580 fu ceduto il Convento de' Padri Agostiniani, commodo di moderne abitazioni, giardino , viali , e vigna ampia per diporto ameno de' Religiosi, e per il loro congruo mantenimento sino al numero di dodeci, e più Religiosi”: chiaramente doveva trattarsi di una vigna molto estesa.

Nella Corografia fisica, storica e statistica dell' Italia (1843) Volume 10, il Zuccagni-Orlandini scrive “Il territorio di Marino è di una fertilità celebrata anche dagli antichi; le coltivazioni rurali vi prosperano , specialmente quelle degli erbaggi e del vino”, mentre Sui colli albani e tusculani: lettere Di Oreste Raggi (1844) si trova “Ora se ti piace conoscere l' industria e i costumi dei Marinesi oltre dall'abbondanza e bontà dei vini come in tutti questi d'intorni...”.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimonia la Sagra dell’uva di Marino, forse prima in Italia in ordine di tempo, senz’altro la più famosa, la cui prima edizione si è svolta nel 1925: in occasione della Sagra dalle fontane pubbliche zampilla vino.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti ottenuti dai vini a DOC Marino sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

Anche nei concorsi sia nazionali, sia internazionali i vini hanno ricevuto e continuano a ottenere numerosi riconoscimenti

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia bianca di candia, la Malvasia del Lazio, il Trebbiano verde, il Bellone;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare: 105 hl/ha per le tipologie Marino (base, superiore, frizzante, spumante e monovitigno), 98 hl/ha per le tipologie Marino Classico (base e Superiore), 67,5 hl/ha per la tipologia Marino passito, 65 hl/ha per le tipologie Marino

vendemmia tardiva e Marino Classico vendemmia tardiva e 63 hl/ha per la tipologia Marino Classico passito;

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi fermi o mossi, complessi ed equilibrati.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Marino” è riferita a 11 tipologie di vino bianco Marino (“di base”, “Superiore”, “frizzante”, “spumante”, “vendemmia tardiva”, “passito”, Malvasia del Lazio, “Trebbiano verde”, “Greco”, “Bellone” e “Bombino) e a 4 tipologie di vino bianco Marino Classico ((“di base”, “Superiore”, “vendemmia tardiva” e “passito”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Marino”:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino, odore vinoso delicato con sentore di fruttato, sapore secco o abboccato o amabile o dolce, armonico, piacevolmente fruttato con eventuale retrogusto amarognolo.

“Marino” Superiore:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino, odore vinoso persistente con settore di fruttato ed eventuale sentore di legno, sapore secco o abboccato o amabile o dolce, armonico, vellutato, piacevolmente fruttato con eventuale retrogusto amarognolo

“Marino” frizzante:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo ,paglierino, odore gradevole delicato con sentore di fruttato, sapore frizzante, vinoso, morbido talvolta abboccato o amabile, spuma vivace evanescente.

“Marino” spumante:

colore giallo paglierino intenso, odore gradevole delicato caratteristico, sapore sapido, vivace e armonico. spuma vivace fine persistente,

“Marino” vendemmia tardiva:

vino strutturato e pastoso, con colore giallo dorato, odore gradevole, delicato caratteristico, sapore amabile o dolce, armonioso.

“Marino” passito:

vino strutturato e pastoso, con colore ambrato con riflessi dorati, odore vinoso, gradevole delicato caratteristico, sapore amabile o talvolta dolce, vellutato, armonico.

“Marino” Malvasia del Lazio:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo dorato, odore vinoso, leggermente aromatico, caratteristico con sentori floreali tipici della cultivar, sapore secco o abboccato, sapido. armonico.

“Marino” Trebbiano verde:

colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, odore intenso, aroma di mandorla amara sapore secco di buona acidità, di medio corpo.

“Marino” Greco:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo dorato, odore gradevole, profumo intenso, caratteristico con sentori floreali tipici della cultivar, sapore secco o abboccato, vellutato di medio corpo.

“Marino” Bellone:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo intenso, odore profumo vinoso, intenso, persistente, con sentori floreali tipici della cultivar, sapore secco o abboccato, armonico, leggermente amarognolo.

“Marino” Bombino:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino; odore profumo delicato, di buona persistenza, con sentori floreali tipici della cultivar, sapore secco o abboccato, vellutato armonico.

“Marino” Classico:

colore giallo paglierino; odore vinoso persistente con sentore di fruttato ed eventuale sentore di legno, sapore secco o abboccato o amabile o dolce, armonico, vellutato, piacevolmente fruttato con eventuale retrogusto amarognolo.

“Marino” Classico superiore:

colore giallo paglierino; odore vinoso persistente con sentore di fruttato ed eventuale sentore di legno, sapore secco o abboccato o amabile o dolce, armonico, vellutato, piacevolmente fruttato con eventuale retrogusto amarognolo.

“Marino” Classico vendemmia tardiva:

vino strutturato e pastoso, con colore giallo dorato, odore ampio, fine, caratteristico; sapore amabile o dolce, pieno armonico.

“Marino” Classico passito:

vino strutturato e pastoso, con colore dorato con riflessi dorati, odore vinoso, gradevole, ampio, caratteristico, sapore amabile e talvolta dolce, vellutato, armonico.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione costituita dalle pendici nord occidentali del vulcano Laziale, e l’esposizione ad ovest, sudovest e sud concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Marino”. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Marino”.

In particolare, i terreni prevalentemente di origine vulcanica, sono costituiti da pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; si hanno anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolino calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre e terreni riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa che presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente.

Trattasi di terreni con caratteristiche tali da renderli idonei ad una vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni sufficienti (960 mm), con scarse piogge estive (100 mm) ed aridità estiva non molto pronunciata nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (14.6 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, caratterizzata nella fase finale da una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Marino".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antico “Ferentum”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Marino”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Marino”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Marino” è attestata fin dall’epoca romana, in molti opere dei georgici latini.

Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Nel 1237 la feudataria Giacoma de Settesoli, vedova di Graziano Frangipane, concesse alla Comnunità marinese i suoi primi statuti che contenevano capitoli che regolamentavano la viticoltura.

La bontà del vino è attestata già dal ‘600 come nel Trattato della natura del vino, e del ber caldo, e freddo (1608) del Van Meyden che scrive “E benché tutte quest’uve siano comuni al territorio di Roma, e’l suo distretto, sono però più perfette, e migliori in un luogo, chi in un altro, onde li Vini di Albano, di Frascati, di Marini, di Castel Gandolfo, &c. sono eccellentissimi”.

Anche il Tassoni nel 1627 nell’opera “De’ pensieri diversi” , discorrendo sul declino dei vini di Napoli presso i Romani

riporta: “..e trouano di preferire i vini loro più sani allo stomaco, e più grati al gusto di quelli di Napoli, massimamente gli Albani, i Gianziani, quei di Marino, di Caprarola, di Graduli”.

Nel 1703 il Piazza nell’opera La Gerarchia cardinalizia cita Marino per “la copia, e preziosità de’ vini”.

Nel 1837 il Castellano (Lo stato pontificio ne'suoi rapporti geografici, storici, politici...) descrive il territorio di Marino riportando “La fertilità di esso è stata sempre rinomata, ed oltre il vino , che non cede , in qualità a quello de' dintorni, le altre vegetali produzioni tutte vi prosperano”, come il Dalbono in Roma antica e moderna: memorie e frammenti (1864) “fertile ha il terreno: piacevoli e grati i vini”.

Nell’opera Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese (1835) il Marocco scrive per Marino “Produce vino in abbondanza, e di ottimo gusto , che supera certamente nel rosso i luoghi circonvicini, cedendo però nel bianco ai soli vini di Genzano, e di Civita Lavinia”.

Nella Difesa del popolo romano sull'abbandono della campagna (1848) il De'. Giovanni riporta La vite è pressochè indigena in tutte le provincie , e vi si fanno distinguere i vini di Orvieto , di Montefiascone, di Romagna , di Marino, ..”.

La continuità nel tempo della viticoltura marinese emerge dalla Collezione di carte pubbliche: proclami editti, ragionamenti ed .. Volume 3 della Repubblica Romana (1798-1799) in cui si riporta la confisca al clero della Vigna alla Castagnola, a Costarotonda, a Valle de Paolis, a Campo Vecchio, a Colli S. Paolo, a Colle Picchione che ancora oggi sono coltivate a vigneto.

Nella pubblicazione Roma, dati statistici (1861) di Cesare Mazzoni si parla del commercio di esportazione e d' importazione della città di Roma e si afferma “Il vino viene fornito da Velletri, Genzano, Marino, ..”; in Agricoltura e quistioni economiche: che la riguardano, (1860) Volume 2 il Passy scrive “io non finirò questo colpo d'occhio vinicolo senza ricordare gl'importanti saggi che M. De Custines ha tentati in Ciampigno (l’odierna Ciampino) presso Frascati. Egli fa colà un vino, che trasporta in Francia, e che riesce abbastanza”.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Marino”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Roma

Via Appia Nuova 218

00179 Roma

Telefono 06/52082699 - Fax 06/52082494;

E-mail lcm.amministrazione@rm.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Roma è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

MONTECOMPATRI-COLONNA

MONTECOMPATRI O COLONNA

D.O.C.

D.P.R. 19 ottobre 1987

(fonte GURI)

Modifica Decreto  30 novembre

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Montecompatri-Colonna» o più semplicemente «Montecompatri» o «Colonna» è riservata al vino bianco, che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie

 

«Montecompatri-Colonna» o «Montecompatri» o «Colonna»;

«Montecompatri-Colonna» o «Montecompatri» o «Colonna» frizzante;

«Montecompatri-Colonna» o «Montecompatri» o «Colonna» superiore.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino «Montecompatri-Colonna» deve essere ottenuto dalle uve provenienti da viti dei vitigni presenti nei vigneti nella proporzione indicata a fianco di ciascuno di essi:

Malvasia (bianca di Candia e puntinata) fino ad un massimo del 70%;

Trebbiano (toscano, verde e giallo) in misura non inferiore al 30%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve bianche provenienti dai vitigni Bellone e Bombino presenti nei vigneti fino ad un massimo del 10% del totale delle viti esistenti.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione del vino «Montecompatri-Colonna» comprende il territorio già delimitato con decreto ministeriale 2 maggio 1933, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 137, del 13 giugno 1933, nonché quelli per i quali ricorrono le condizioni di cui al secondo comma dell’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930.

Tale zona pertanto comprende tutto il territorio comunale di

Colonna

e parte di quelli di

Montecompatri, Zagarolo e Roccapriora,

in provincia di Roma

 

ed è delimitata come appresso:

partendo dal ponte di Pantano sulla via Casilina in prossimità del km 21 la linea di delimitazione segue per circa 3 km la strada che, in direzione nord- est, si dirige verso la via Prenestina, fino a incrociare il confine comunale di Zagarolo. Segue questo confine verso sud fino a incontrare la via Casilina in prossimità del km 23,800, prosegue lungo la medesima e, superato il km 24, segue verso est la strada per Pallavicina, raggiunge questa località, la supera e prosegue per la strada che conduce al laghetto di Mondo fino al suo incrocio con il fosso di Pallavicina.

Segue questo corso d'acqua in direzione sud sino a incrociare, prima di raggiungere la via di Gallicano, l'impluvio che attraversa la tenuta di S. Cesareo.

Segue la linea d'impluvio verso sud fino alla ferrovia e da qui una retta che raggiunge al km 27 la via Casilina (strada statale n. 6). Dal km 27 sulla Casilina segue una retta, verso sud, fino a incrociare la via Maremmana inferiore al km 2, prosegue quindi su quest'ultima verso est fino a incrociare di nuovo la via Casilina, percorrendola sino al km 29,500

Circa.

Quindi segue verso sud la strada che, costeggiando S. Cesareo, conduce a Valle Clementina, fino a incrociare il confine comunale tra Zagarolo e Roccapriora.

Segue questo confine verso ovest e poi verso sud, prosegue quindi verso il confine comunale tra Roccapriora e Palestrina sino a incrociare la strada che attraversa Valle Isoletta e conduce a Carchitti.

Da detto punto di incrocio, segue questa strada verso nord, passando a ovest di colle di Fuori e prosegue lungo il sentiero che, percorre, in direzione ovest, la Valle Clementina.

Superato Colle S. Giovanni, segue, in direzione nord, il sentiero che, passando alle pendici orientali di Colle Romano e M. dell'Orso, costeggia, a nord di quest'ultimo, il confine di Zagarolo fino a incrociare la strada per Fontana Chiusa, che segue per un breve tratto verso nord fino a raggiungere il confine comunale di Zagarolo.

Prosegue lungo quest'ultimo verso ovest fino a incontrare, in prossimità del Colle Fontana Molara, la confluenza dei

confini dei comuni di Montecompatri, Zagarolo e Roccapriora. Prosegue quindi lungo il confine di Montecompatri in direzione sud e poi nord fino a incrociare al km 4,300 circa, in località Pallotta, la strada per Colonna.

La segue, verso est, fino al bivio con la strada per la stazione di Montecompatri- Colonna (km 5,300); segue quest'ultima in direzione nord fino ad incrociare il confine comunale di Roma lungo il quale prosegue in direzione est e poi nord sino a raggiungere, in località C.li Nuovi del Corvio, la strada che si allaccia alla via Casilina in prossimità del km 21, percorre questa strada e quindi la strada statale n. 6 sino al ponte di Pantano chiudendo così la delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino «Montecompatri- Colonna» devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve ed al vino le specifiche caratteristiche di qualità. In ogni caso sono pertanto da considerare esclusi i terreni situati oltre i 480 metri sul livello del mare.

I sesti di impianti, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o, comunque, atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

È vietata ogni pratica di forzatura.

Le uve destinate alla vinificazione del vino a denominazione di origine controllata «Montecompatri- Colonna» devono assicurare il seguente titolo alcolometrico volumico naturale minimo:

«Montecompatri-Colonna», anche nella tipologia frizzante: 10,50% vol.;

«Montecompatri-Colonna» Superiore: 11,50% vol.

La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino «Montecompatri-Colonna» non deve essere superiore a 15,00 t/ha di vigneto in coltura specializzata.

A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve purché la produzione non superi del 20% il limite medesimo.

Fermo restando il limite massimo sopra indicato, la resa per ettaro, in coltura promiscua deve essere calcolata, rispetto a quella specializzata, in rapporto all’effettiva superficie coperta dalle viti.

La resa medesima delle uve in vino non deve essere superiore al 70%.

Qualora la resa uva-vino superi il limite sopra riportato l’eccedenza non avrà diritto alla D.O.C.

La regione Lazio, con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può stabilire un limite massimo di produzione di uva per ettaro inferiore a quello fissato dal presente disciplinare, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo incaricato.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nell’interno della zona di produzione delimitata nel precedente articolo 3.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, tradizionali della zona, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

Il vino «Montecompatri-Colonna» frizzante potrà essere immesso al consumo soltanto nei tipi amabile e dolce, rispettando i relativi limiti di tenore zuccherino residuo previsti a titolo generale dalla regolamentazione comunitaria.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il vino «Montecompatri-Colonna» all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Montecompatri-Colonna»:

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: vinoso, delicato, gradevole;

sapore: secco o asciutto, amabile o dolce, caratteristico armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

zuccheri riduttori indecomposti fino al 4,00 g/l per la tipologia secco

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Montecompatri-Colonna» frizzante:

spuma: vicave ed evanescente;

colore: paglierino più o meno intenso;

odore: vinoso, delicato, gradevole;

sapore: amabile o dolce, caratteristico armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Montecompatri-Colonna» superiore:

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: vinoso, delicato, gradevole;

sapore: secco o asciutto, amabile o dolce, caratteristico armonico;

zuccheri riduttori indecomposti fino al 4,00 g/l;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

zuccheri riduttori indecomposti fino al 4,00 g/l;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

E' in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare i limiti dell'acidità totale e dell'estratto non riduttore minimo con proprio decreto.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Sulle bottiglie o altri recipienti deve sempre figurare l’annata di produzione delle uve.

Alla denominazione di cui all’articolo 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista dal presente disciplinare di produzione.

Tutti i vini a denominazione di origine controllata «Montecompatri-Colonna» debbono riportare in etichetta le locuzioni secco o asciutto o amabile o dolce per designare i relativi tipi previsti dal presente disciplinare.

È consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati.

È altresì, consentita l’indicazione di nomi di fattorie e vigneti dai quali effettivamente provengono le uve da cui il vino, così qualificato, è stato ottenuto, purché non abbiano significato laudativo.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, in Provincia di Roma: si estende su una superficie di circa 3.200 ettari, e comprende parte dei terreni pedocollinari e delle pendici settentrionali dei Colli Albani.

I terreni dei Colli albani e quelli pedocollinari hanno avuto origine da formazioni vulcaniche generate dalle eruzioni del Vulcano laziale: L’attività endogena che ha generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro.

Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale dell’edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di sedimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli Albano e di Nemi.

Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa. Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura diversa.

Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato.

Sono di scarsa o nulla permeabilità all'acqua e alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici.

Coprono una minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione. In generale danno origine a terreni

di scarso spessore dove s’insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti.

I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi. Sono presenti anche formazioni argilloso-arenacea, composte da un’alternanza di argille e arenarie che sono preponderanti verso l’alto della formazione, dove si passa da una giacitura stratificata a una massiva con vulcaniti di età Quaternaria costituite da scorie, alternate a pomici e cineriti, derivanti da più fasi esplosive del Vulcano Laziale.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 19 e i 480 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest, nordovest.

Il clima dell’area è di tipo temperato mediterraneo ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 822 ed i 1110 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127 mm) nei mesi estivi, più intensa alle quote più basse. Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo prolungato ma non intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 2,1 e 4,0° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Montecompatri-Colonna, o Montecompatri, o Colonna un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana: le più importanti ville situate nei dintorni di Roma, nell’area dei Colli Albani, corrispondente agli odierni Castelli Romani, possedevano grandi spazi dedicati alla conservazione del vino: molti vini famosi all’epoca dei romani molti provenivano dai Colli Albani.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo importante nell’economia agricola del territorio contribuendo in modo significativo allo sviluppo sociale ed economico dell’area, come testimonia la Sagra dell’Uva di Colonna giunta alla cinquantunesima edizione .

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC “Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna” sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

 i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia bianca di Candia, la Malvasia del Lazio, il Trebbiano toscano, verde e giallo, il Bellone ed il Bombino bianco;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (105 hl/ha per tutte le tipologie);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi, complessi ed equilibrati.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna”è riferita a otto tipologie di vino bianco (“Montecompatri-Colonna o Montecompatri o Colonna secco”, “Montecompatri-Colonna o Montecompatri o Colonna amabile”, “Montecompatri-Colonna o Montecompatri o Colonna dolce”, “Montecompatri-Colonna o Montecompatri o Colonna Superiore secco”, “Montecompatri-Colonna o Montecompatri o Colonna Superiore amabile”, “Montecompatri-Colonna o Montecompatri o Colonna Superiore dolce”, “Montecompatri-Colonna o Montecompatri o Colonna frizzante amabile”, “Montecompatri-Colonna o Montecompatri o Colonna frizzante dolce”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna” secco:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato e gradevole, sapore secco,

caratteristico e armonico.

“Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna” amabile:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato e gradevole, sapore amabile, caratteristico e armonico.

“Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna” dolce:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato e gradevole, sapore dolce,

caratteristico e armonico.

“Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna” Superiore secco:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato e gradevole, sapore

secco, caratteristico e armonico.

“Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna” Superiore amabile:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato e gradevole, sapore

amabile, caratteristico e armonico.

“Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna” Superiore dolce:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato e gradevole, sapore

dolce, caratteristico e armonico.

“Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna” frizzante amabile:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, perlage vivace ed evanescente, odore delicato e gradevole, sapore amabile, caratteristico e armonico.

“Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna” frizzante dolce:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, perlage vivace ed evanescente, odore delicato e gradevole, sapore dolce, caratteristico e armonico.

Al sapore i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono all’equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione costituita dalle pendici settentrionali del vulcano Laziale, e l’esposizione a ovest e nordovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna”.

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna”.

In particolare, i terreni prevalentemente di origine vulcanica, sono costituiti da pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; si hanno anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolino calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre e terreni riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa che presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente. Trattasi di terreni con caratteristiche tali da renderli idonei ad una

vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (965 mm), con scarse piogge estive (105 mm) e con aridità estiva non molto pronunciata, più intensa alle quote più basse, da una buona temperatura media annuale (14,6°C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino “Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna”.

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra “Albana”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Montecompatri-Colonna”, o “Montecompatri”, o “Colonna”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Montecompatri-Colonna” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.

Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici.

Nei secoli successivi la viticoltura ha rappresentato la coltura principale dell’area, tanto che nelle Memorie Colonnesi (1855), il Coppi riporta che nel 1297 il Papa Bonifazio VIII nel sottomettere i Colonnesi assoldò delle truppe che dovevano agire “distruggendo anche e devastando le vigne, gli

alberi e tutte le altre cose”. In La Gerarchia cardinalizia (1703), il Carlo Bartolomeo Piazza riporta per Rocca Priora “il territorio.. e nella copia di vini” e per Monte dei Compiti (Montecompatri) “..territorio abbondante di frutti, e copioso di vini”. Anche il Marocco, in Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese (1835), riporta per Montecompatri “

Il territorio è abbondante di vini, ne manca degli altri generi alla vita necessari, oltre il terreno di natura ferace ve

anche zelo negli abitanti che lo coltivano”, e per Rocca Priora “abbonda di vino”.

La storia recente, a causa della chiusura della Cantina Sociale, è caratterizzata da una situazione di stasi della Denominazione che, nonostante l’impegno delle aziende, non riesce ancora ha riconquistare appieno la notorietà passata.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Roma

Via Appia Nuova 218

00179 Roma

Telefono 06/52082699 - Fax 06/52082494;

E-mail lcm.amministrazione@rm.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Roma è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VELLETRI

D.O.C.

Decreto 07 settembre 1999

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Velletri» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

bianco;

rosso;

superiore;

riserva;

spumante.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini della denominazione di origine controllata «Velletri» devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

«Velletri» bianco:

Malvasia (Malvasia bianca di candia e puntinata, da soli o congiuntamente): massimo 70%;

Trebbiano toscano e i vitigni definiti localmente Trebbiano verde e Trebbiano giallo: minimo 30%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino, da sole o congiuntamente altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare per un massimo del 20%.

 

«Velletri» rosso:

Sangiovese: dal 10% al 45%;

Montepulciano: dal 30% al 50%;

Cesanese comune e/o d’Affile: minimo 10%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino, da sole o congiuntamente altri vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare, per un massimo del 30%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Velletri», ricade nelle province di Roma e Latina e comprende i terreni vocati alla qualità di tutto il territorio amministrativo dei comuni di Velletri e Lariano;

in provincia di Roma

e parte del territorio amministrativo dei comuni di

Cisterna di Latina;

in provincia di Latina.

 

Tale zona è così delimitata:

a nord, partendo dalla confluenza dei confini comunali di Velletri e Lariano, in prossimità del Maschio di Ariano, la linea di delimitazione segue verso ovest il confine comunale di Velletri e poi, in direzione sud, tutta la parte occidentale di tale confine e parzialmente quello meridionale, sino a incontrare, in prossimità di C. Marchigiani, la ferrovia Roma- Napoli che segue fino al centro abitato di Cisterna.

Da detto centro abitato prosegue verso nord, lungo il fosso di Cisterna, fino a quota 125 in località Suvereto; scende quindi in direzione sud per la strada che conduce a Torrecchia Nuova (circa 300 metri) e piegando verso est, la delimitazione segue il sentiero che costeggia il fosso, affluente di destra del Teppia, fino a raggiungere la quota di 110. Da detta quota procede verso nord lungo il crinale e, superata la località Sorgente, raggiunge la retta ipotetica tra le

quote 142 (fosso Teppia) e 134 (fosso di Cisterna). Segue, verso ovest, tale retta sino al fosso Cisterna, lungo il quale, in direzione nord, raggiunge il confine del comune di Velletri.

Percorre tale confine in direzione nord fino alla confluenza di questi con quello di Lariano. Segue quindi tutto il

confine comunale orientale di Lariano fino a raggiungere quello di Velletri, in prossimità di Maschio di Ariano, punto di inizio della delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

Le condizioni ambientali dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Velletri» devono essere quelle normali della zona e atte a conferire alle uve le specifiche caratteristiche di qualità.

I sesti di impianto e le forme di allevamento consentiti sono quelli generalmente usati nella zona. I sesti d’impianto sono adeguati alle forme di allevamento.

La regione Lazio può consentire diverse forme di allevamento qualora siano tali da migliorare la gestione dei vigneti senza determinare effetti negativi sulle caratteristiche delle uve.

È vietata ogni pratica di forzatura. È consentita l’irrigazione di soccorso.

Le produzioni massime di uva a ettaro in coltura specializzata e i titoli alcolometrici volumici naturali sono i seguenti:

 

«Velletri» bianco: 16,00 t/ha, 10,50% vol.;

«Velletri» rosso: 16,00 t/ha, 11,00% vol.;

«Velletri» bianco (secco superiore): 16,00 t/ha, 11,00% vol.;

«Velletri» rosso (riserva): 16,00 t/ha, 12,00% vol.;

 

Per i vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva ettaro deve essere rapportata alla superficie effettivamente impegnata dalla vite.

La regione Lazio, con proprio decreto, su proposta delle organizzazioni di categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, può stabilire un limite massimo di produzione o di utilizzazione di uva per ettaro inferiore a quello fissato dal presente disciplinare di produzione dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo incaricato.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione, ivi compreso l’invecchiamento obbligatorio e l’arricchimento devono essere effettuate nell’ ambito della zona di produzione delimitata nel precedente art. 3 nonché nel territorio amministrativo della frazione di Campoverde del comune di Aprilia.

Le operazioni di spumantizzazione debbono essere effettuate nell’ambito del territorio della regione Lazio.

È consentito l’arricchimento dei mosti e dei vini di cui all’articolo 1, nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali, con mosti concentrati ottenuti da uve dei vigneti iscritti nello schedario viticolo della stessa denominazione di origine controllata oppure con mosto concentrato rettificato o a mezzo di concentrazione a freddo o altre tecnologie consentite.

È ammessa la colmatura dei vini di cui all’articolo 1 in corso d’invecchiamento obbligatorio, con vini aventi diritto alla stessa denominazione di origine, di uguale colore e varietà di vite ma non soggetti a invecchiamento obbligatorio, per non oltre il 10% per la complessiva durata dell’invecchiamento.

Le diverse tipologie previste dall’articolo 1, devono essere elaborate in conformità alle norme comunitarie e nazionali.

Il vino «Velletri» bianco, secco, amabile e dolce può essere utilizzato per designare i vini spumanti ottenuti con vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

La tipologia spumante deve essere ottenuta esclusivamente per rifermentazione naturale in bottiglia con permanenza sui lieviti per almeno sei mesi, e la durata del procedimento di elaborazione deve essere non inferiore a dodici mesi.

Per la presa di spuma della tipologia spumante deve essere utilizzato esclusivamente mosto o mosto concentrato di uve dei vigneti iscritti nello schedario viticolo della denominazione di origine, oppure mosto concentrato rettificato.

La resa massima dell’uva in vino, compresa l’eventuale aggiunta correttiva, e la produzione massima di vino per ettaro, comprese le aggiunte occorrenti per la elaborazione dei vini spumanti, sono le seguenti:

 

«Velletri» bianco: 70%, 112,00 hl/ha;

«Velletri» rosso: 65%, 104.00 hl/ha.

 

Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopra indicati, ma non il 75% per il vino «Velletri» bianco e il 70% per il vino «Velletri» rosso, anche se la produzione ad ettaro resta sotto del massimo consentito, l’ eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

I seguenti vini devono essere sottoposti ad un periodo di invecchiamento:

 

«Velletri» rosso riserva:

2 anni,

a decorere dal 1° novembre dell’anno della vendemmia.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all’ art. 1 all’ atto dell’ immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Velletri» bianco:

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: vinoso, gradevole, delicato, fruttato;

sapore: di giusto corpo, armonico e vellutato;

secco (zuccheri riduttori fino a 4,00 g/l);

amabile (zuccheri riduttori da 4,01 a 20,00 g/l);

dolce (zuccheri riduttori oltre i 20,00 g/l);

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

«Velletri» bianco superiore:

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: vinoso, gradevole, delicato, fruttato;

sapore: di giusto corpo, armonico e vellutato;

secco (zuccheri riduttori fino a 4,00 g/l);

amabile (zuccheri riduttori da 4,01 a 20,00 g/l);

dolce (zuccheri riduttori oltre i 20,00 g/l);

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Velletri» rosso:

colore: rubino più o meno intenso;

odore: vinoso intenso, profumo etereo per il tipo invecchiato;

sapore: vellutato, armonico, giustamente tannico;

secco (zuccheri riduttori fino a 4,00 g/l);

amabile (zuccheri riduttori da 4,01 a 20,00 g/l);

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Velletri» rosso riserva:

colore: rubino più o meno intenso, tendente al granato;

odore: vinoso intenso, profumo etereo per il tipo invecchiato;

sapore: vellutato, armonico, giustamente tannico;

secco (zuccheri riduttori fino a 4,00 g/l);

amabile (zuccheri riduttori da 4,01 a 20,00 g/l);

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Velletri» spumante:

spuma: persistente, fitta e continua;

colore: paglierino in-tenso;

odore: bouquet pulito elegante con note di lievito, di birra, frutta matura;

sapore: secco di buon corpo e persistenza;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

zuccheri residui massimi: 3,00 g/l.

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare con proprio decreto, i limiti dell’ acidità totale e dell’ estratto non riduttore minimo.

In relazione all’ eventuale conservazione in recipienti di legno, ove consentita, il sapore dei vini può rilevare lieve percezione di legno.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Nella etichettatura, designazione e presentazione dei vini di cui all’ art. 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare di produzione ivi compresi gli aggettivi «fine», «scelto», «selezionato» e similari.

È tuttavia consentito l’ uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Sono consentite le menzioni facoltative previste dalle norme comunitarie, oltre alle menzioni tradizionali, cioè quelle del colore, della varietà di vite, del modo di elaborazione ed altre, purché pertinenti ai vini di cui all’articolo 1.

Le menzioni facoltative, esclusi i marchi e i nomi aziendali possono essere riportate nell’etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione di origine del vino, salvo le norme generali più restrittive.

L’indicazione della categoria merceologica è facoltativa; è obbligatoria nel caso in cui si possa generare confusione tra le tipologie previste dal disciplinare di produzione.

L’indicazione del contenuto zuccherino del prodotto, per gli spumanti, è obbligatoria nei limiti della normativa comunitaria; quella dei vini non spumanti è facoltativa per i tipi secchi o abboccati, mentre è obbligatoria per i tipi amabile o dolce.

Nell’etichettatura dei vini di cui all’articolo 1 l’indicazione dell’annata di produzione delle uve è obbligatoria ad esclusione della tipologia spumante.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, in Provincia di Roma, si estende su una superficie di circa 15.000 ettari e comprende parte del versante sud occidentale dei Colli albani.

Dal punto di vista geologico i terreni dei Colli albani e quelli pedocollinari hanno avuto origine da formazioni vulcaniche generate dalle eruzioni del Vulcano laziale.

L’attività endogena che ha generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio

centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro.

Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale dell’edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di sedimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli Albano e di Nemi.

Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa. Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura diversa.

Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato.

Sono di scarsa o nulla permeabilità all'acqua e alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici.

Coprono una minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione. In generale danno origine a terreni

di scarso spessore dove s’insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti.

I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 56 e i 500 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest e sudovest.

Il clima dell’area è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 822 ed i 1110 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127 mm) nei mesi estivi.

Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo poco intenso da novembre ad aprile, con

temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,4 e 4,0° C

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Velletri un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Velletri”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana: Plinio nomina il vino di Velletri tra i più generosi dell’epoca, e a parere di Livio i vini di Velletri erano assai preziosi.

Gli Statuta civitatis velitrarum, confermati da una Breve di Papa Sisto IV del 17 maggio 1477 e riformati nel 1544, contengono numerosi Capitoli inerenti il processo produttivo del vino, dalla coltivazione della vite, alla produzione fino alla conservazione.

Il Borgia, nella Istoria della Chiesa, e Città di Velletri (1723), afferma “il Territorio di Velletri, ove si grandi, e fertilissìme Vigne piantate da antichissimi tempi si trovano, e con tanta diligenza , ed industria si coltivano, e tanta copia di esquisiti e preziosi vini si raccoglie, che l'opera di eccellentissimi Maestri in ogni tempo hà meritato” ed ancora riporta che San Francesco “andò nell’anno 1222 verso il Regno di Napoli, e vicino a Velletri fece un miracolo ..doppo aver narrato, come il S.Padre fece rinverdire un Albero, soggiunge - un altro simile miracolo fece liberando le

loro Vigne da Vermi chiamati Magnacozze, che glie le ruinavano facendole seccare, ne le poteano in alcun modo difendere –“.

Sempre il Borgia parla di un contratto di enfiteusi concesso nel 946 da Leone II Vescovo di Velletri e riporta di aver trovato nell’archivio della Cattedrale “l’antichissimo istrumento..per fabbricarvi un Castello, e ridurre il luogo a coltura con piantarvi Arbori, e Vigne”

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimonia la Festa dell’uva di Velletri la cui prima edizione risale al 1930.

Anche nel presente, i vini a DOC Velletri hanno ricevuto e continuano a ottenere numerosi riconoscimenti nei concorsi sia nazionali, sia internazionali e ben figurano sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: La Malvasia bianca di Candia, al Malvasia del Lazio ed i Trebbiani toscano, verde e giallo per i vini bianchi ed il Montepulciano, il Sangiovese ed il Cesanese comune e/o Affile per quelli rossi;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (112 hl/ha per le tipologie bianche e 104 hl/ha per le tipologie rosse);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia di base e le tipologie riserva e superiore, riferite

quest’ultime a vini rossi maggiormente strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento ed affinamento in bottiglia obbligatori.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Velletri” è riferita a tre tipologie di vino bianco (“bianco”, “Superiore” e “spumante”), e a due tipologie di vino rosso (“rosso” e “rosso Riserva”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Velletri” bianco:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore gradevole, delicato, fruttato, sapore secco, amabile, dolce, di giusto corpo, armonico e vellutato

“Velletri” bianco Superiore:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore gradevole, delicato, fruttato, sapore secco, amabile, dolce, di giusto corpo, armonico e vellutato

“Velletri” rosso:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza.

Il vino presenta un colore rosso rubino più o meno intenso, odore con sentori fruttati e floreali, sapore secco, vellutato, armonico, giustamente tannico.

“Velletri” rosso Riserva:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità.

Il vino presenta un colore rosso rubino più o meno intenso tendente al granato con l’invecchiamento, odore intenso con sentori fruttati (bacche e drupe) e floreali, sapore secco, amabile, dolce, vellutato, armonico, giustamente tannico.

“Velletri” spumante:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino intenso con perlage intenso, fitto, continuo, odore pulito elegante con note di lievito, di birra, frutta matura, sapore secco di buon corpo e persistenza.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione, nel versante sud occidentale dei Colli albani, e l’esposizione ad ovest, sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Velletri”.

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

In particolare, i terreni prevalentemente di origine vulcanica, sono costituiti da pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; si hanno anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolino calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre e terreni riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa che presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente. Trattasi di terreni con caratteristiche tali da renderli idonei ad una

vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (1100 mm), con scarse piogge estive (90 mm) con aridità estiva non molto pronunciata nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (15.0 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, caratterizzata nella fase finale, da una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Velletri".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura ed un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antica “Velester”, dai Volsci all’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Velletri”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Velletri”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Velletri” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.

Nel medioevo: i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici.

Gli Satuta civitatis velitrarum, confermati da una Breve di Papa Sisto IV del 17 maggio 1477 e riformati nel 1544, regolamentavano l’ordinamento della Comunità Veliterna su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.

La viticoltura è sempre stata la principale risorsa di Velletri tanto che Il Theuli, nel Theatro historico di Velletri (1644), parlando dell’abbondanza della Città scrive “Del Vino, quanta sia l'abbondanza, non so sé potrò spiegarlo ; perche trà quello, ch'entra in Roma, e quello che si porta in più luoghi vicini, anzi nel Cicoli, e nella. Sabina, e quello che s'imbarca in Nettuno, giunge a 200 mila Barili, oltre quello, che si consuma nella Città. Due sorte de Vini si fanno in Velletri, Crudi, e Cotti.

Li Vini crudi, per altro altro nome detti ritenuti, perche si ricuoprono con le proprie vinaccie, o rossi, e bianchi, sono buoni, saporiti,dolci, piccanti, garbi, razzenti, di color vivo, odorosi.

Li Vini cotti sono dolci, gagliardi, coloriti, e potenti, che ben spesso passano per vini stranieri; & in Roma servono per dar vigore, e gagliardia a' vini deboli, e leggieri.”

In Alcuni cenni statistico-economici della città di Velletri (L. Corsetti, G. Filippi, 1851) si afferma che “I dazi sul vino rappresentano il 41% delle tasse totali incassate (media 1838-1847)”, “Il Vigneto è esteso”.

La coltura è ricercatissima, potrebbe servire per podere modello nel suo genere di coltura.

È un giardino più che Vigna.”, ed ancora “In Velletri la classe dei possessori di Vigna è numerosissima; la vigna da abbondantissimi prodotti, su di questi vive la maggior parte dei cittadini.”

Nella Storia della città di Velletri (1851), il Bauco scrive “L’industria della massa del popolo veliterno è la coltivazione delle vigne e de’ campi.. Da questo esteso e fertile territorio non ricavansi meno di quattordici mila botti di vino all’anno della misura di barili 16”, e riporta che il cardinale

Pacca nel 1830 eliminò i dazi straordinari, specialmente quelli dello spaccio del vino “primo ramo di commercio di questa città”.

La continuità nel tempo della viticoltura velletrana emerge dalla Collezione di carte pubbliche: proclami editti, ragionamenti ed .. Volume 3 della Repubblica Romana (1798-1799) in cui si riporta la confisca al clero della Vigna posta in Contrada la Colonnella, della Vigna e suo Canneto in Contrada Rioli, della Vigna , e suo Canneto in Contrada Via di Napoli, delle Vigne in vocabolo Carbonara, Piazza di Mario, Paganico, Papazzano, che ancora oggi sono coltivate a vigneto.

Il Borgia, nell’opera citata riporta, luoghi di coltivazione della vigna ancora oggi interessati dalla coltura “antica possessione...tutta ridotta a bellissime vigne.

D’un'altra chiamata Pretorolius rimane il nome alquanto corrotto in quella parte di Vigne, che in Colle ora dicesi Petrone” e “tra le Corti e Papazzano.. il Capitolo della Catedrale ivi possiede molte vigne”.

Nella Rivista dei più importanti prodotti naturali e manifatturieri dello Stato Pontificio (1857) Gaetano Nigrisoli descrivendo i prodotti naturali della Legazione di Velletri scrive “Esiste la viticultura nel maggior grado di floridezza, non risparmiandosi dagli esperti agricoltori le più attive sollecitudini, che vengono ricambiate da un ubertoso raccolto di vini squisiti, che grandemente accrescono quelli degli ameni vigneti, onde lo smercio animato dei vini colla Dominante costituisce uno dei primari elementi delle territoriali risorse, che dividonsi per la maggior parte fra piccoli

possidenti

Negli Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1883) è riportato “La coltivazione dominante nel territorio di Velletri e quello dei vignati, che danno il massimo prodotto”

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita della Cantina sociale e di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Velletri”.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Roma

Via Appia Nuova 218

00179 Roma

Telefono 06/52082699 - Fax 06/52082494;

E-mail lcm.amministrazione@rm.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Roma è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

ZAGAROLO

D.O.C.

D.P.R. 29 maggio1973

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Zagarolo» è riservata al vino bianco, anche della tipologia superiore, che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino «Zagarolo» deve essere ottenuto dalle uve provenienti da viti dei vitigni presenti nei vigneti nelle proporzioni indicate a fianco di ciascuno di essi:

Malvasia (bianca di Candia e puntinata) fino ad un massimo del 70%;

Trebbiano (toscano, verde e giallo) in misura non inferiore al 30%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve bianche provenienti da viti dei vitigni Bellone e Bombino, presenti nei vigneti fino ad un massimo del 10% del totale delle viti esistenti.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione del vino «Zagarolo» comprende tutto il territorio del comune di

Gallicano e parte di quello di Zagarolo.

In provincia di Roma.

 

Tale zona è così delimitata:

a nord-ovest, partendo dall’incrocio della via Prenestina con il confine comunale di Zagarolo, in prossimità di passo del Lupo, il limite segue il confine comunale di Zagarolo in direzione nord-est fino a raggiungere quello di Gallicano in località Quarto di Corzano.

Prosegue quindi con il confine settentrionale e orientale di Gallicano sino a incontrare nuovamente quello di Zagarolo in prossimità di Colle Pastore, segue poi il confine di Zagarolo in direzione sudest e poi sud-ovest e infine risale un tratto di questo confine comunale in direzione nord sino a incrociare la strada che conduce a S. Cesareo.

Segue quest’ultima strada fino a raggiungere la via Casilina, in prossimità del km 29,5; percorre quindi la via Casilina, in prossimità del km 29, da dove segue la via Maremmana inferiore sino al km 2, quindi, seguendo una retta verso nord, raggiunge la via Casilina al km 27. Dal km 27 sulla via Casilina prosegue in linea retta verso nordest fino al punto d’incrocio dell’impluvio che attraversa la tenuta di S. Cesareo con la ferrovia.

Segue quindi detto impluvio in direzione nord fino al fosso della Vetrice, prosegue quindi, sempre verso nord, lungo questo corso d’acqua, che cambia nome in fosso di Pallavicina, sino a incontrare la strada per Pallavicina in prossimità del laghetto di Mondo, segue questa strada raggiungendo Pallavicina.

Da qui segue la strada che attraverso Valle Marchetta e prato Rinaldo va a incrociare la via Casilina (strada statale n. 6) in prossimità del km 24, prosegue quindi lungo la strada statale n. 6,

verso la stazione di Laghetto, fino a incrociare il confine comunale di Montecompatri che segue poi verso nord, sino a raggiungere la via Prenestina in prossimità del passo del Lupo chiudendo così la delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino «Zagarolo» devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve ed al vino le specifiche caratteristiche di qualità. In ogni caso sono da considerarsi esclusi i terreni situati oltre i 400 m. sul livello del mare e non al di sotto dei 100 m. sul livello del mare.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

È vietata ogni pratica di forzatura.

Le uve destinate alla vinificazione del vino a denominazione di origine controllata «Zagarolo» devono assicurare il seguente titolo alcolometrico volumico naturale minimo:

 

«Zagarolo»: 11,00% vol.;

«Zagarolo» Superiore: 12,00% vol.

La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino «Zagarolo» non deve essere superiore a

15,00 t/hadi vigneto in coltura specializzata.

A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve, purché la produzione non superi del 20% il limite medesimo.

Fermo restando il limite massimo sopra indicato, la resa per ettaro in coltura promiscua deve essere calcolata, rispetto a quella specializzata, in rapporto alla effettiva superficie coperta dalla vite.

La resa massima delle uve in vino non deve essere superiore al 72%.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nell’interno della zona di produzione delimitata nel precedente art. 3.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, tradizionali della zona, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

Il vino «Zagarolo» all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Zagarolo”:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: vinoso, delicato, gradevole;

sapore: secco (o amabile), morbido, caratteristico, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto secco netto minimo: 17,00 g/l.

 

“Zagarolo” superiore:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: vinoso, delicato, gradevole;

sapore: secco (o amabile), morbido, caratteristico, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto secco netto minimo: 17,00 g/l.

 

E' in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare i limiti

dell'acidità totale e dell'estratto non riduttore minimo con proprio decreto.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla denominazione di cui all’articolo 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quella prevista nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi: «extra», «fine», «scelto», «selezionato» e simili.

È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, in Provincia di Roma, si estende su una superficie di circa 7.000 ettari, è comprende la parte più settentrionale dell’Alta valle del fiume Sacco.

I terreni dell’Alta valle del fiume Sacco sono riconducibili a diverse classi dette Formazioni: sono presenti calcari bianchi e avana con componente organogena e detritica (resti di bivalvi e alghe calcaree), fortemente frantumata e costituiscono l’elemento morfologico più importante del territorio.

Seguono le marne contenenti una sensibile quantità di argilla, prevalentemente nella parte superiore del terreno, mentre sullo strato inferiore ci sono i fossili di Orbulina Universa.

La formazione Argilloso-Arenacea, che costituisce quasi tutto il territorio di Olevano Romano, è composta da un’alternanza di argille e arenarie che sono preponderanti verso l’alto della formazione, dove si passa da una giacitura stratificata a una massiva.

Le vulcaniti di età Quaternaria coprono le formazioni più antiche e sono particolarmente sfruttabili per l’agricoltura, in quanto ricche di elementi nutritivi: sono costituite da scorie, alternate a pomici e cineriti, derivanti da più fasi esplosive del Vulcano Laziale.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 100 e i 400 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest, nordovest.

Il clima dell’area è di tipo temperato di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 1098 ed i 1233 mm, con aridità estiva e subaridità (pioggia 107-135 mm) variabili da 1 a 2 mesi.

La temperatura media è compresa tra i 13,5 ed i 15,6°C: freddo prolungato ma non intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 2,1 e 3,3° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Zagarolo un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Zagarolo”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana: gli Statuti della Comunità di Zagarolo, emanati il 31 luglio 1552, contengono numerosi capitoli che stabilivano le zone da destinare a vigneto, le modalità per determinare l’epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimonia la Sagra dell’uva, che si svolge annualmente a Zagarolo, e giunta alla sessantottesima edizione.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC “Zagarolo” sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale

definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente

disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia bianca di Candia, la Malvasia del Lazio, il Trebbiano toscano, verde e giallo, il Bellone ed il Bombino bianco;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (108 hl/ha per tutte le tipologie);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi fermi, complessi ed equilibrati.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Zagarolo”è riferita a quattro tipologie di vino bianco (“Zagarolo secco”, “Zagarolo amabile”, “Zagarolo Superiore secco”, “Zagarolo Superiore amabile”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Zagarolo” secco:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato e gradevole, sapore secco, morbido, caratteristico e armonico.

“Zagarolo” amabile:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato e gradevole, sapore amabile, morbido, caratteristico e armonico.

“Zagarolo” Superiore secco:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato e gradevole, sapore secco, morbido, caratteristico e armonico.

“Zagarolo” Superiore amabile:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato e gradevole, sapore amabile, morbido, caratteristico e armonico.

Al sapore i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono all’equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione, nella parte più settentrionale dell’Alta valle del fiume Sacco, e l’esposizione a ovest e nordovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti dello “Zagarolo”.

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche dello “Zagarolo”.

In particolare, i terreni, di origine calcarea, sono riconducibili a diverse classi dette Formazioni con presenza di calcari bianchi e avana con componente organogena e detritica (resti di bivalvi e alghe calcaree), fortemente frantumati: la formazione Argilloso-Arenacea, che costituisce quasi tutto il territorio delimitato, è composta da un’alternanza di argille e arenarie che sono preponderanti verso l’alto della formazione, dove si passa da una giacitura stratificata a una massiva. Le vulcaniti di età

Quaternaria coprono le formazioni più antiche e sono particolarmente sfruttabili per l’agricoltura, in quanto ricche di elementi nutritivi: sono costituite da scorie, alternate a pomici e cineriti, derivanti da più fasi esplosive del Vulcano Laziale, presentano caratteristiche tali da renderli idonei ad una vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (965 mm), con scarse piogge estive (105 mm) e con aridità estiva e subaridità per uno o due mesi, da una buona temperatura media annuale (14,6°C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Zagarolo"

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dello “Zagarolo”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche dello “Zagarolo”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Zagarolo”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona dello “Zagarolo” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.

Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici.

Gli Statuti della Città di Zagarolo, emanati il 31 luglio 1552, regolavano l’ordinamento della Comunità di Zagarolo su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale.

Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.

Anche nei secoli successivi la viticoltura ha rappresentato la coltura principe dell’area: il Piazza, nell’opera La Gerarchia cardinalizia (1703), riporta “Vigne deliziose di S. Cesareo”, ed in

Agricoltura e quistioni economiche: che la riguardano, (1860) Vol. 2, Frédéric Passy, nel descrivere alcune delle buone pratiche agricole, annota “Il villaggio di Zagarolo, ove il sistema della piccola coltura fu già stabilito dai proprietarii medesimi, ne può dare un'idea.

Sperando di trarre un miglior frutto da quelle fertili terre, migliorando ad un tempo la sorte dei loro vassalli, i principi

Rospigliosi diedero in enfiteusi ai contadini quasi tutte le loro terre.

Questi piantarono vigne, secondo il sistema romano, che consiste nello stringerle talmente da non potere coltivare cosa alcuna in mezzo alle loro file.

Quindi ogni volta che la vendemmia non riusciva abbondante, tutto era perduto. Nondimeno, ed a causa dell'abbondanza del vino che mai non mancava a Zagarolo, attese le difficoltà dei trasporti, la popolazione si raddoppiò dal principio del secolo in poi”.

Non mancano notizie circa la capacità dei viticoltori come riportato nella Topografia statistica dello stato pontificio ossia breve descrizione delle ... (1857), dove Adone Palmieri, scrive “Il territorio di Zagarolo in piano, ricchissimo in ispecie d'ubertosi vigneti, è disparso di paragrandini, de' quali il primo inventore fu Lapostelle, ed anche gremito di case ad uso di cantine, ove si rimette eccellente e copioso vino , di che poscia que' popolani fanno lucroso traffico colla Capitale, imperciocchè nelle buone stagioni se ne rimettono sino a 7, od 8 mila botti”. Nei Ricordi storici e pittorici

d'Italia.

(1865) Ferdinand Adolf Gregorovius scrive “Da San Cesario si scopre fra stupendi vigneti l'abitato di Zagarolo”

In Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma (1837), il Nibby, descrive il Fondo di S. Pastore in Gallicano annotando “La grotta nel suo genere è magnifica, essendo tutta scavata nel tufa, e a forma di un parallelepipedo, tagliato in mezzo da un andito; intorno ad essa a destra e sinistra sono cento nicchie, pure iscavate nel tufa atte a contenere 100 botti di vino”, e nel Saggio statistico storico del pontificio stato (1829) Vol. 1, Gabrielle Calindri riporta per Gallicano “viene di maggior prodotti fieno, grano, vino”.

Il Marocco, in Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese (1835), scrive per Zagarolo “Nulla manca all' umano sostentamento, ed in particolare i vini sono il maggior reddito, mentre godono molta riputazione, potendosi assomigliare ai Veliterni per gagliardia, e per il rosso colore, non alterato come altrove con bacche di sambuco, ed altre cose poco confacenti.

Le vigne restano corredate di eccellenti grotte ove i medesimi vini si conservano”.

La storia recente, a causa della chiusura della Cantina Sociale, è caratterizzata da una situazione di stasi della denominazione che, nonostante l’impegno delle aziende, non riesce ancora ha riconquistare appieno la notorietà passata.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

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La C.C.I.A.A. di Roma è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.