Lazio › CASTELLI ROMANI DOCG DOC

CANNELLINO DI FRASCATI D.O.C.G.

FRASCATI SUPERIORE D.O.C.G.

CASTELLI ROMANI D.O.C.

COLLI ALBANI D.O.C.

COLLI LANUVINI D.O.C.

FRASCATI D.O.C.

VIGNETI VERMICINO FRASCATI

VIGNETI VERMICINO FRASCATI

CANNELLINO DI FRASCATI

D.O.C.G.
Decreto 20 settembre 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata e  garantita  «Cannellino di Frascati» è riservata ai vini che rispondono alle  condizioni  ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino  a  denominazione  di  origine  controllata  e  garantita «Cannellino di Frascati» deve essere ottenuto dalle uve  dei  vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione varietale:

 

Malvasia bianca di Candia  e/o  Malvasia  del  Lazio  (Malvasia puntinata) minimo 70%.

Bellone,  Bombino  bianco,  Greco  bianco,  Trebbiano  toscano, Trebbiano giallo da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 30%.

Le altre varietà di vitigni a bacca bianca idonei alla  coltivazione nella Regione Lazio, presenti nei vigneti, possono concorrere fino ad un massimo del 15% di questo 30%.

  

La base ampelografica dei vigneti, già iscritti  allo  schedario viticolo della denominazione di origine controllata «Frascati»,  deve essere adeguata, entro la decima vendemmia  riferita,  alla  data  di approvazione del presente disciplinare di produzione.

Sino alla scadenza, indicata nel precedente comma, i  vigneti  di cui sopra, iscritti a  titolo  transitorio  allo  schedario  viticolo della denominazione di origine controllata e garantita «Cannellino di Frascati», potranno usufruire della denominazione medesima.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione delle uve del vino «Cannellino di Frascati» comprende il comprensorio già delimitato con decreto ministeriale  2 maggio 1933, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 137 del 13 giugno 1933.

Nonché i territori per i quali sono state  attualmente  rilevate le condizioni previste al secondo comma dell'art. 1 del  decreto  del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930.

Tale zona comprende per intero il territorio  amministrativo  dei comuni di

Frascati, Grottaferrata, Monte Porzio Catone,

ed  in  parte quelli di

Roma e Montecompatri.

in provincia di Roma.

 

Tale  zona è  così  delimitata: 

sulla  via  Casilina,   appena

superato il Km 21 al ponte di Pantano, il limite segue  in  direzione sud-est il fosso Valpignola sino ad incontrare  il  confine  comunale tra Roma e Montecompatri per proseguire  lungo  questi  in  direzione sud-est  fino  ad  incontrare,  in   località   Marmorelle,   quello dell'isola amministrativa del comune di Colonna.

Prosegue quindi verso sud lungo il confine  tra  Roma  e  Colonna prima, Roma e Montecompatri poi ed in prossimità della  fontana  del Piscaro segue nuovamente per breve tratto verso sud  il  confine  tra Colonna-Frascati in prossimità del  Km.  6,200. 

Segue  quindi  tale strada in direzione sud-ovest fino al Km 4,300 circa,  dove  incrocia il confine comunale di  Monte  Porzio  Catone  (località  Pallotta); segue quindi verso sud per  proseguire  poi  nella  stessa  direzione lungo quello tra Montecompatri e Grottaferrata, sino a raggiungere il confine di Rocca di Papa in prossimità del C. dei Guardiani.

Da  qui prosegue verso ovest lungo il confine tra Grottaferrata  e  Rocca  di Papa, fino ad incontrare quello del comune di  Marino;  segue  quindi verso ovest e poi verso nord-ovest il  confine  tra  Grottaferrata  e Marino ed all'altezza di Colle dell'Asino prosegue  verso  nord-ovest per il confine tra Roma e Ciampino, raggiungendo il Km  2  sulla  via

Anagnina.

Dal Km 2 sulla via Anagnina segue  una  retta  immaginaria  verso nord-est che raggiunge il Km 12,800  della  via  Tuscolana  (s.s.  n. 215), segue quindi la via Tuscolana verso sud-est e  a  Ponte  Linari prosegue verso nord per la strada di Tor Vergata fino  a  raggiungere la via Casilina (s.s. n. 6) in prossimità di Torre  Nuova. 

Seguendo quindi la via Casilina verso est giunge, appena superato il Km 21, al ponte di Pantano, da dove è iniziata la delimitazione. Alla zona  di produzione  delle  uve  sopra  descritta  va  ad  aggiungersi  quella dell'isola amministrativa del comune di Grottaferrata sita a nord-est del Km 2 della via dei Laghi (s.s. n. 217) e compresa tra  i  confini di Rocca di Papa, Marino e Castel Gandolfo.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti  devono  essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e al vino derivato, le specifiche  caratteristiche  di  qualità. 

Sono pertanto da considerare idonei unicamente i vigneti di  giacitura  ed orientamento  adatti  i  cui  terreni  di  origine  vulcanica   siano permeabili, asciutti, ma non aridi.

I sesti di impianto, le forme di  allevamento  ed  i  sistemi  di potatura, devono essere quelli generalmente usati,  comunque  atti  a non modificare le caratteristiche dell'uva e del vino.

E' esclusa ogni pratica di forzatura.

E' consentita l'irrigazione di soccorso.

Il numero  minimo  di  ceppi  è  fissato  in  3.000  per  ettaro calcolati sul sesto d'impianto; non sono ammessi impianti  a  tendone e/o pergola.

In deroga  a  quanto  sopra  è  consentito  un  periodo transitorio di anni  10,  a  far  data  dall'entrata  in  vigore  del presente disciplinare per l'adeguamento degli impianti attuali.

 

La produzione massima di uva non deve eccedere le

11,00 t/ha di  vigneto  in  coltura  specializzata. 

In  annate  eccezionalmente favorevoli, la produzione dovrà essere riportata ai  limiti  di  cui sopra, purché quella globale del  vigneto  non  superi  del  20%  il limite medesimo.

 

Le uve destinate alla produzione  del  vino  a  denominazione  di origine controllata e  garantita  «Cannellino  di  Frascati»,  devono assicurare al vino

un titolo alcolometrico volumico  naturale  minimo di 12,00% vol.

Le uve dovranno essere raccolte tardivamente.

E' ammesso il parziale appassimento anche in locali idonei.

In caso di  annata  sfavorevole,  che  lo  renda  necessario,  la Regione Lazio, su proposta del Consorzio di tutela,  fissa  una  resa inferiore  a  quella  prevista   al   presente   disciplinare   anche differenziata nell'ambito della zona di produzione di cui all'art. 3.

Nell'ambito della resa massima  fissata  nel  presente  articolo,  la regione Lazio,  su  proposta  del  Consorzio  di  tutela  sentite  le Organizzazioni di categoria, può fissare i  limiti  massimi  di  uva rivendicabili per ettaro inferiori a  quelli  previsti  dal  presente disciplinare di produzione in rapporto alla necessità di  conseguire un migliore equilibrio di mercato. In questo caso non si applicano le disposizioni di cui al comma precedente.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le  operazioni  di   vinificazione   devono   essere   effettuate nell'interno della zona di produzione delle uve di cui all'art. 3.

Tuttavia,  tenuto   conto   delle   esigenze   locali   collegate all'urbanizzazione del territorio  ed  a  salvaguardia  delle  locali tradizioni esistenti, è  consentita  altresì  la  vinificazione  in parte  del  comune  di  Montecompatri   nel   comprensorio   appresso delimitato:

partendo dal confine tra  Montecompatri  e  Monte  Porzio Catone alla q 300, in prossimità del  fontanile  sito  in  località Pallotta sulla strada Frascati-Colonna al km 4,300 circa,  il  limite segue verso sud tale confine per breve tratto (350 metri circa),  per prendere poi la strada comunale che in direzione sud-est,  dopo  aver costeggiato M. Doddo ad ovest ed  attraverso  viale  Antonino  risale raggiungendo ad ovest il centro urbano di Montecompatri.

Lo costeggia nella parte a sud, includendo  così  nella  delimitazione,  fino  ad incrociare la  strada  comunale  che  in  uscita  raggiunge  la  s.s. Maremmana 30 e poi lungo quest'ultima, prima in direzione  sud-est  e poi  nord-est  raggiunge  la  strada  per  Fontana  Cannetaccia,   in prossimità del km 3,500.

Prosegue poi  per  quest'ultima  strada  in direzione ovest e poi  nord-ovest  lungo  quelle  che  costeggiano  a

nord-est le località Olivello e Pedicata, sino a raggiungere Fontana Laura (q 344). Da Fontana Laura segue questo verso  ovest  una  retta immaginaria, tesa tra la  q  344  e  la  q  461(M.  Doddo),  fino  ad incrociare la strada per C. Brandolini: prosegue poi su  tale  strada verso nord ed a C. Mazzini piega verso ovest per raggiungere  la  via

Colonna (Frascati-Colonna) in prossimità del km 4,350  e  proseguire quindi nella stessa direzione sulla medesima fino a q 300 da dove  è iniziata la delimitazione.

 

Le operazioni d'imbottigliamento dei vini della denominazione  di origine controllata  e  garantita  «Cannellino  di  Frascati»  devono essere effettuate nell'ambito della zona di vinificazione di  cui  al comma 1 e 2 del presente articolo.

Sono altresì  autorizzate  le  aziende  ubicate  nella  zona  di produzione  della  denominazione  di  origine  controllata  «Castelli Romani» già autorizzate dal decreto ministeriale di approvazione del disciplinare precedente.

Sono fatte salve  le  deroghe  previste  dal decreto legislativo n. 61 del 2010.

La resa  massima  delle  uve  in  vino  finito  non  deve  essere superiore al 65% per il «Cannellino di  Frascati».  Qualora  la  resa uva/vino superi detto limite, ma non oltre il 70%, l'eccedenza non ha diritto ad alcuna denominazione di origine controllata  e  garantita; oltre  il  70%  decade  il  diritto  alla  denominazione  di  origine controllata e garantita per tutto il prodotto.

Non è ammesso l' arricchimento.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I  vini  a  denominazione  di  origine  controllata  e  garantita «Cannellino  di  Frascati»,  all'atto  dell'immissione   al   consumo dovranno rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: giallo paglierino intenso;

profumo: caratteristico, fine, delicato;

sapore: fruttato, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.

zuccheri riduttori residui minimo 35,00 gr/l.

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 19,00 g/l;

 

Qualora nelle fasi di elaborazione e  conservazione  del  vino  a denominazione di  origine  controllata  e  garantita  «Cannellino  di Frascati » vengano utilizzati contenitori di legno, il vino  medesimo può presentarne lieve sentore o percezione

E' facoltà del Ministero delle politiche agricole e forestali  - Comitato  nazionale  per  la  tutela  e   la   valorizzazione   delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche  dei vini, anche su proposta delle categorie  interessate,  di  modificare con proprio decreto i limiti minimi relativi  all'acidità  totale  e all'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata e garantita «Cannellino di  Frascati»  è  vietata  l'aggiunta  di  qualsiasi  qualificazione diversa da quelle previste dal presente  disciplinare,  ivi  compresi gli  aggettivi   e   gli   attributi   «extra»,   «fine»,   «scelto», «selezionato» e simili.

Sulle bottiglie contenenti il vino  a  denominazione  di  origine controllata e garantita  «Cannellino  di  Frascati»  è  obbligatoria l'annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I  vini  a  denominazione  di  origine  controllata  e  garantita «Cannellino di Frascati», devono essere immessi al consumo unicamente in contenitori di vetro tradizionali della capacità consentita dalle vigenti leggi e comunque compresi tra 375 cc e 750 cc, chiusi con  il sistema di tappatura definito «raso bocca».

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, in Provincia di Roma: si estende per circa 8.300 ettari e comprende la parte acclive ed le pendici del versante settentrionale dei Colli albani.

Dal punto di vista geologico i terreni dei Colli albani e quelli pedocollinari hanno avuto origine da formazioni vulcaniche generate dalle eruzioni del Vulcano laziale.

L’attività endogena che ha generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro.

Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale dell’edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di sedimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli Albano e di Nemi.

Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico

superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa. Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura diversa.

Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato.

Sono di scarsa o nulla permeabilità all'acqua e alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici.

Coprono una minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione. In generale danno origine a terreni di scarso spessore dove s’insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti. I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 70 e i 500 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest e nordovest.

Il clima è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 822 ed i 1010 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127 mm) nei mesi estivi. Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo poco intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,4 e 4,0° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOCG Cannellino di Frascati un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Cannellino di Frascati”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana: complice la natura del suolo e il clima temperato, la coltivazione della vite ha trovato nella zona anticamente denominata Tusculum (Tuscolo) il luogo ideale e favorevole per la sua progressiva espansione e specializzazione.

Risale al V secolo a. C. una pittura parietale raffigurante due caproni che si affrontano sotto un ricco tralcio di vite carico di turgidi grappoli. Si tratta di uno dei reperti archeologici del Tuscolo conservati dal 1940 nel Castello di Agliè, in Piemonte.

Tra i più antichi ed illustri intenditori del "Frascati" spicca Marco Porzio Catone detto il Censore, che nel suo celebre trattato De Agricultura fissò le norme di coltivazione e vinificazione.

Originario di una famiglia di viticoltori tuscolani, gradiva egli stesso porsi al lavoro delle sue terre assieme ai propri

dipendenti, dividendone poi il cibo semplice ed il vino genuino.

Varrone ricorda le feste tuscolane "Vinalia" per il vino nuovo del Tuscolo ed alcuni provvedimenti relativi alla sua esportazione in Roma: a Tuscolo s’era provveduto per legge che nessuno mandasse vino nuovo in città prima che fossero celebrate le feste del vino. Con questo buon vino, a detta di Macrobio, Ortensio innaffiava i celebri platani che aveva piantato sulle liete pendici tuscolane perché crescessero più rigogliosi.

Successivamente, in una bolla di Papa Sergio I (687-701), sono citate “vigne sotto Frascati, fra la via Appia e la via Latina, dove si incrociano gli antichi acquedotti”.

Gli Statuti concessi alla città di Frascati da Marcantonio Colonna, Signore e Vicario di Papa Giulio II della Rovere, datati 1515, stabilivano, in alcuni importantissimi articoli, le zone da destinare a vigneto, le modalità per determinare l’epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino: precisamente detta l'art. 96: “che il vino delli forestieri si venda a ellezione dei soprastanti” (quindi un Consorzio di Difesa e Tutela ante litteram) e “Statuimo et ordiniamo che qualunque del detto castello, ovvero altri che venda vino, che lo portassi fori d'esso castello, a vendere in esso, che sia

vino latino, non sia lecito a nessuno venderlo più di quello che gli sarà imposto dagli soprastanti, et chi contraffarà paghi pena di soldi vinti per qualunque volta et per qualunque misura”.

Sante Lacerio, bottigliere di Papa Paolo III (1534-1549), in una lettera sulla qualità dei vini in circolazione afferma che il vino migliore si produce a suo giudizio a Frascati, Marino e a Grottaferrata.

Nella guida ai viaggiatori Itinerario italiano o sia descrizione dei viaggi per le strade più frequentate delle principali città italiane del 1828, per Frascati riporta “è circondata di giardini, di vigne, di oliveti”

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimoniano i toponimi delle località che costituivano e costituiscono i luoghi di produzione del Frascati: il Mattei nelle Memorie istoriche dell’antico Tuscolo, oggi Frascati (1711) riporta vigna di Villa Mondragone, vigna dei Signori Cavalletti, vigna sita in Vermicino, vigna nella tenuta di San Matteo, vigna dei PP Camaldolesi, vigna nella Tenuta di S. Croce, come il gesuita Eschinardi, nella approfondita Descrizione di Roma e dell’Agro romano (1750), che riporta numerose località dove ancora oggi sono presenti vigneti (Borghetto, Osteria del Fico, Molara e Osteria della

Molara, Prata Porci), e afferma “.. una Terra situata in amenissimo luogo appartenente alla Casa Borghese, che vi ha comode abitazioni, e delizie, essendo luogo abbondante di vini”.

Il Cannellino ha ottenuto il riconoscimento dalla Comunità Europea di Menzione tradizionale con il Reg Ce 753/2002 del 29 aprile 2002. Recentemente la Comunità Europea con il Regolamento 607/2009 del 14 luglio 2009 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli riporta espressamente: Cannellino, menzione connessa esclusivamente a una tipologia di vini della

denominazione “Frascati” e al relativo metodo di produzione. E’ usata da molto tempo per identificare tale tipologia, il cui particolare processo produttivo permette di ottenere un vino abboccato.

Sulla base del comprensorio già delimitato con decreto ministeriale 2 maggio 1933, è stato riconosciuto come DOC fin dal 1966 (D.P.R. 16 maggio 1966) e da ultimo grazie alla sua reputazione nazionale ed internazionale è stato riconosciuto con la massima qualificazione della DOCG (Decreto Ministeriale 20 settembre 2011).

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOCG Cannellino di Frascati sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

 i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia bianca di Candia, la Malvasia del Lazio, il Bellone, il Bombino bianco, il Greco bianco, il Trebbiano toscano e giallo;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare pari a 71,5 hl/ha;

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ottenuti da uve raccolte tardivamente e eventualmente sottoposte ad appassimento.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOCG “Cannellino di Frascati” è riferita a una tipologia di vino bianco che dal punto di vista analitico ed organolettico presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico la tipologie di vino si caratterizza:

“Cannellino di Frascati”:

vino pieno ed equilibrato con colore giallo paglierino intenso, odore intenso, caratteristico, fine e delicato, sapore fruttato e caratteristico.

Al sapore, il vino presenta un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza, buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione costituita dalle pendici settentrionali del vulcano Laziale, e l’esposizione a ovest e nordovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Cannellino di Frascati”.

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Cannellino di Frascati”.

In particolare, i terreni prevalentemente di origine vulcanica, sono costituiti da pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; si hanno anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolino calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre e terreni riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa che presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente. Trattasi di terreni con caratteristiche tali da renderli idonei ad una

vitivinicoltura di qualità

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (920 mm), con scarse piogge estive (120 mm) ed aridità nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (14,6°C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente (in qualche anno anche fino al mese di novembre), contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Cannellino di Frascati".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Tusculum”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Cannellino di Frascati”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Cannellino di Frascati”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Frascati” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.

Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici.

Gli Statuti della Città di Frascati, emanati nel 1515, regolavano l’ordinamento della Comunità di Frascati su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale.

Diversi Articoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la

vitivinicoltura.

Un anonimo cronista al seguito del cardinale Scipione Borghese, raffinato buongustaio, così parla del Frascati, già noto nella prima metà del '600: “della bontà del sito non mi è necessario dirlo, perché la virtù et la varietà et la opportunità del terreno si mostra pur anco hoggidì, quando le sue vigne producono frutti et liquori di tale squisitezza, che io non intendo in quale parte si trovino migliori”.

Successivamente, in merito alla poca durata dei vini di Toscana, il Tergioni Tozzetti, in Riflessioni sopra la poca durata dei moderni Vini di Toscana (1791) porta come esempio tra gli altri il Frascati, come vino da imitare in quelle terre “.. che il Tiburtino, cioè di Frascati, era nel suo fiore in capo a 10 anni, e quanto più invecchiava, tanto più migliorava” e citando Bacci riporta che all’epoca (1595) i vini di “Grotta Ferrata” bastavano fino a quattro anni.

Il Marocco, in Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese (1835), riporta per Monte Porzio Catone “Gli abitanti sono pieni di convenienza , si applicano ai lavori della campagna, e la maggiore utilità l'hanno sul commercio dèl vino”, per Grottaferrata “i vini sono eccellenti” e per Frascati “Il territorio e feracissimo.. produce eccellenti vini”.

Il Coppi, nel Discorso agrario del 1865, letto nell’Accademia tiberina il dì 15 gennaio 1866, riporta che Fabio Cavalletti nel suo podere di Grottaferrata (tuttora esistente) adottò un nuovo sistema di coltivare la vite e che il vino è di qualità eccellente.

Il Dalmasso, autore di uno dei primi trattati sui vini d'Italia, nella sua “Storia della vite e del vino in Italia” (1931-37), ricorda come il medico di Sisto V, Andrea Bacci, avesse definito Frascati “luogo di delizie, generoso di uve e di vari frutti", mettendo in evidenza che “quegli industri coltivatori avevano propagato nelle loro vigne le viti più elette d'Italia” dalle quali si ottenevano vini che venivano forniti “ai conviti principeschi, nonché alle mense borghesi di Roma”.

Interessante e pittoresca è la cronaca di una gita effettuata Grottaferrata in occasione della fiera nell’anno 1869 e riportata nel Buonarroti scritti sopra le arti e le lettere da Enrico Narducci: oltre ad una accorta e gustosa descrizione degli abitanti e delle loro abitudini riporta in merito al vino “..bottiglie freschissime di vino color oro, di quello che scende benefico all’ugola, apportatore di vita” e testimonia inoltre dell’esistenza di una società enologica che commerciava in vini “..sappiamo che in Frascati è costituita una società enologica, composta dai Signori Ambrogini e Santovetti e

presieduta dall’onorevole dottor Gualandi. I vini che questa da al commercio sebbene finora in piccola scala, dicono chiaro bensì, che mai potrebbesi riprometter con essi”.

Tutti gli autori, dai georgici dei tempi antichi ai più recenti cultori della vitivinicoltura, pongono l’accento sulla bontà dei vini laziali, sulla loro robustezza e sulla loro elevata gradazione alcolica: non mancano riferimenti alla loro soavità e dolcezza. Tra i tanti si citano il Malagotti che nelle Lettere scientifiche ed erudite (1806), ricorda “i vin gentili di Frascati, allo stesso modo il Castellano in Lo Stato Pontificio ne’ i suoi rapporti geografici, storici, politici secondo le ultime divisioni amministrative, giudiziarie ed ecclesiastiche (1837) riporta “si nomano i vini di Frascati per la loro delicatezza” ed il Raggi nell’opera Sui Colli Albani e Tuscolani (1844) nel parlare di vino cita “il grazioso e delicato di Frascati”.

La produzione di vini amabili o dolci derivava dagli usi e dalle consuetudini che dettavano i tempi ed i modi della vendemmia e delle operazioni di vinificazione. A Frascati l’inizio della vendemmia avveniva tradizionalmente per San Crispino (25 ottobre) e si prolungava in molti casi fino alla fine di novembre.

Le operazioni di raccolta erano molto articolate e comprendevano il primo taglio (la capata, cioè la raccolta dei grappoli dello sperone e delle spalle dei grappoli del capo a frutto), a cui seguiva un secondo taglio e spesso anche un terzo.

Il Ratti in Storia di Genzano con note e documenti (1797) riporta che “..si aspetta il tempo della vendemmia, che d’ordinario incomincia circa i 10 di ottobre, e continua sino alla metà di novembre” ed ancora “..primieramente si usa la precauzione di non raccogliere le uve tutte ad un tratto, ma si scelgono con gran diligenza le più mature per dare il tempo alle più tardive di acquistare un ugual perfezione”.

Ciò era, ed è, reso possibile dagli autunni estremamente miti e per lo più soleggiati che si riscontrano nell’areale di

produzione; i quali permettono di procrastinare la raccolta senza pregiudicare la sanità delle uve.

La tendenza a ritardare la vendemmia è testimoniato anche dagli Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1833) in cui si pone l’accento sulla consuetudine in voga nei Castelli romani “..di lasciare quasi appassire l’uva sulla pianta per ottenere quel vino dolce e d’intenso colore tanto ricercato dagli osti romani”. Inoltre era praticato anche l’appassimento in vigneto mediante il taglio del capo a frutto allo scopo di accelerarne il processo.

L’uva raccolta per ultima era chiaramente surmatura e molto spesso, laddove il clima era favorevole, botritizzata e quindi interessata da muffa nobile: la terza vendemmia si faceva apposta, per ottenere vini più ricchi di zucchero e di corpo.

Il 23 Maggio 1949 nasce il Consorzio, su iniziativa di 18 produttori, con la Denominazione di "Consorzio del Frascati". L’intento era quello di tutelare, valorizzare e propagandare il vino “Frascati” autentico, ottenuto dalle uve delle vigne tuscolane. Infatti già all’epoca il nome Frascati era conosciuto in tutto il mondo e garantiva quindi ottime possibilità di vendita; per cui non era più accettabile si vendesse falso vino di Frascati.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Cannellino di Frascati”, fino al recente (2011) passaggio alla categoria DOCG.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Valoritalia srl

Via Piave, 24

00187 Roma

Telefono 06/45437975 - Fax 06/45438908;

E-mail info@valoritalia.it

Valoritalia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25,

par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

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par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

FRASCATI SUPERIORE

D.O.C.G.
Decreto 20 settembre 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La  denominazione  di  origine  controllata  e  garantita   «Frascati Superiore», anche nella versione Riserva, è riservata  al  vino  che risponde alle condizioni  ed  ai  requisiti  stabiliti  nel  presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base Ampelografica

 

Il vino a denominazione di origine controllata e garantita  «Frascati Superiore», anche nella versione Riserva, deve essere ottenuto  dalle uve  dei  vigneti  aventi,   nell'ambito   aziendale,   la   seguente composizione varietale:

 

Malvasia bianca di Candia e/o Malvasia del Lazio (Malvasia puntinata) minimo 70%

Bellone, Bombino bianco, Greco bianco, Trebbiano  toscano,  Trebbiano giallo da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 30%.

Le  altre varietà di vitigni a bacca bianca  idonei  alla  coltivazione  nella Regione Lazio, presenti nei vigneti, possono concorrere  fino  ad  un massimo del 15% di questo 30%.

 

La base ampelografica  dei  vigneti,  gia'  iscritti  allo  schedario viticolo della denominazione di origine controllata «Frascati»,  deve essere adeguata, entro la decima vendemmia  riferita,  alla  data  di approvazione del  presente  disciplinare  di  produzione.  Sino  alla scadenza, indicata nel precedente comma,  i  vigneti  di  cui  sopra, iscritti  a  titolo  transitorio  allo   schedario   viticolo   della denominazione di origine controllata e garantita dei  vini  «Frascati

Superiore», potranno usufruire della denominazione medesima.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona  di  produzione  delle  uve  del  vino  «Frascati  Superiore» comprende il comprensorio già delimitato con decreto ministeriale  2 maggio 1933, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 137 del 13 giugno 1933.

Nonché i territori per i quali sono state  attualmente  rilevate  le condizioni previste al secondo comma  dell'art.  1  del  decreto  del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930.

 

Tale zona comprende  per  intero  il  territorio  amministrativo  dei comuni di

Frascati, Grottaferrata, Monte Porzio Catone,

ed  in  parte quelli di

Roma e Montecompatri,

in provincia di Roma

 

Tale zona e' cosi' delimitata:

sulla via Casilina, appena superato il Km. 21 al ponte di Pantano, il limite segue in direzione  sud-est  il fosso Valpignola sino ad incontrare il confine comunale  tra  Roma  e Montecompatri per proseguire lungo questi in direzione  sud-est  fino ad   incontrare,   in   località   Marmorelle,   quello   dell'isola amministrativa del comune di Colonna. Prosegue quindi verso sud lungo il confine tra Roma e Colonna prima, Roma e Montecompatri poi  ed  in prossimità della fontana del  Piscaro  segue  nuovamente  per  breve tratto verso sud il confine tra Colonna-Frascati in  prossimità  del Km. 6,200.

Segue quindi tale strada in direzione  sud-ovest  fino  al Km. 4,300 circa, dove incrocia il confine comunale  di  Monte  Porzio Catone (località Pallotta); segue quindi verso  sud  per  proseguire poi  nella  stessa  direzione  lungo  quello  tra   Montecompatri   e Grottaferrata, sino a raggiungere il confine  di  Rocca  di  Papa  in prossimità del C. dei Guardiani; da qui prosegue verso  ovest  lungo il confine tra Grottaferrata e Rocca  di  Papa,  fino  ad  incontrare

quello del comune di Marino; segue quindi verso  ovest  e  poi  verso nord-ovest il confine tra Grottaferrata e Marino  ed  all'altezza  di Colle dell'Asino prosegue verso nord-ovest per il confine tra Roma  e Ciampino, raggiungendo il Km. 2 sulla via Anagnina.

Dal Km. 2 sulla  via  Anagnina  segue  una  retta  immaginaria  verso nord-est che raggiunge il Km.  12,800 della via  Tuscolana  (s.s.  n.  215),  segue  quindi  la  via Tuscolana verso sud-est e a Ponte  Linari prosegue verso nord per  la  strada  di  Tor  Vergata  fino  a raggiungere la via Casilina (s.s. n. 6)  in prossimità di Torre Nuova.

Seguendo quindi la via Casilina  verso est giunge, appena superato il  Km. 21, al ponte di Pantano, da dove è iniziata la delimitazione.

Alla zona di produzione delle uve sopra descritta va  ad  aggiungersi quella dell'isola amministrativa del comune di Grottaferrata  sita  a nord-est del Km. 2 della via dei Laghi (s.s. n. 217) e compresa tra i confini di Rocca di Papa, Marino e Castel Gandolfo.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e  di  coltura  dei  vigneti  devono  essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e al vino derivato, le specifiche  caratteristiche  di  qualità. 

Sono pertanto da considerare idonei unicamente i vigneti di  giacitura  ed orientamento  adatti  i  cui  terreni  di  origine  vulcanica   siano permeabili, asciutti, ma non aridi.

I sesti di  impianto,  le  forme  di  allevamento  ed  i  sistemi  di potatura, devono essere quelli generalmente usati,  comunque  atti  a non modificare le caratteristiche dell'uva e del vino.

E' esclusa ogni pratica di forzatura.

E' consentita l'irrigazione di soccorso.

Il numero minimo di ceppi e' fissato in 3.000  per  ettaro  calcolati sul sesto  d'impianto;  non  sono  ammessi  impianti  a  tendone  e/o pergola. 

In  deroga  a  quanto  sopra  è  consentito   un   periodo transitorio di anni 10 a far data dall'entrata in vigore del presente disciplinare per l'adeguamento degli impianti attuali.

 

La produzione massima di uva non deve eccedere le

11,00 t/ha di vigneto  in  coltura   specializzata.  

In   annate   eccezionalmente favorevoli, la produzione dovra' essere riportata ai  limiti  di  cui sopra, purché quella globale del  vigneto  non  superi  del  20%  il limite medesimo.

Le uve destinate alla produzione del vino a denominazione di  origine controllata e garantita «Frascati Superiore»,  anche  nella  versione Riserva, devono assicurare

un titolo alcolometrico volumico  naturale minimo di 11,50% vol.

In caso di annata sfavorevole, che lo renda  necessario,  la  Regione Lazio, su proposta del Consorzio di tutela, fissa una resa  inferiore a  quella  prevista  al  presente  disciplinare  anche  differenziata nell'ambito della zona di produzione di cui all'art.  3. 

Nell'ambito della resa massima fissata nel presente articolo, la  regione  Lazio, su proposta del Consorzio di  tutela  sentite  le  Organizzazioni  di categoria, può fissare i limiti massimi  di  uva  rivendicabili  per ettaro inferiori a  quelli  previsti  dal  presente  disciplinare  di produzione in rapporto alla  necessità  di  conseguire  un  migliore equilibrio  di  mercato.  In  questo  caso  non   si   applicano   le disposizioni di cui al comma precedente.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate  nell'interno della zona di produzione delle uve di cui all'art. 3.

Tuttavia,   tenuto   conto   delle    esigenze    locali    collegate all'urbanizzazione del territorio  ed  a  salvaguardia  delle  locali tradizioni esistenti, è  consentita  altresì  la  vinificazione  in parte  del  comune  di  Montecompatri  

nel   comprensorio   appresso delimitato:

partendo dal confine tra  Montecompatri  e  Monte  Porzio Catone alla q 300, in prossimità del  fontanile  sito  in  località Pallotta sulla strada Frascati-Colonna al km 4,300 circa,  il  limite segue verso sud tale confine per breve tratto (350 metri circa),  per prendere poi la strada comunale che in direzione sud-est,  dopo  aver costeggiato M. Doddo ad ovest ed  attraverso  viale  Antonino  risale raggiungendo ad ovest il centro urbano di Montecompatri, lo costeggia

nella parte a sud, includendo  così  nella  delimitazione,  fino  ad incrociare la  strada  comunale  che  in  uscita  raggiunge  la  s.s. Maremmana 30 e poi lungo quest'ultima, prima in direzione  sud-est  e poi  nord-est  raggiunge  la  strada  per  Fontana  Cannetaccia,   in prossimità del km 3,500.

Prosegue poi  per  quest'ultima  strada  in direzione ovest e poi  nord-ovest  lungo  quelle  che  costeggiano  a nord-est le località Olivello e Pedicata, sino a raggiungere Fontana Laura (q 344).

Da Fontana Laura segue questo verso  ovest  una  retta immaginaria, tesa tra la  q  344  e  la  q  461(M.  Doddo),  fino  ad incrociare la strada per C. Brandolini: prosegue poi su  tale  strada verso nord ed a C. Mazzini piega verso ovest per raggiungere  la  via Colonna (Frascati-Colonna) in prossimità del km 4,350  e  proseguire quindi nella stessa direzione sulla medesima fino a q 300 da dove  è iniziata la delimitazione.

 

Le operazioni d'imbottigliamento  dei  vini  della  denominazione  di origine controllata e garantita «Frascati  Superiore»  devono  essere effettuate nell'ambito della zona di vinificazione di cui al comma  1 e 2 del presente articolo.

Sono altresì autorizzate le aziende ubicate nella zona di produzione della denominazione di origine  controllata  "Castelli  Romani"  già autorizzate dal DM di approvazione del disciplinare precedente. 

Sono fatte salve le deroghe previste dal DLGS n.61 del 2010.

La resa massima delle uve in vino finito non deve essere superiore al 70% per il vino «Frascati Superiore».

Qualora la resa uva/vino superi detto limite, ma non oltre il 75%,  l'eccedenza  non  ha  diritto  ad alcuna denominazione di origine controllata e garantita; oltre il 75% decade  il  diritto  alla  denominazione  di  origine  controllata  e garantita per tutto il prodotto.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata e  garantita  «Frascati Superiore», all'atto dell'immissione al consumo dovranno rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: giallo paglierino piu' o meno intenso;

profumo: intenso, con profumo caratteristico delicato;

sapore: secco, sapido, morbido, fine, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto secco non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

I vini a denominazione di origine controllata e  garantita  «Frascati Superiore», nella versione riserva all'atto dell'immissione al consumo dovranno rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: intenso, con profumo caratteristico delicato;

sapore: secco, sapido, morbido, fine, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto secco non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

Qualora nelle  fasi  di  elaborazione  e  conservazione  del  vino  a denominazione di origine controllata e garantita «Frascati Superiore» e «Frascati Superiore Riserva»,  vengano  utilizzati  contenitori  di legno, il vino medesimo puo' presentarne lieve sentore o percezione.

E' facoltà  del  Ministero  delle  politiche  agricole  e  forestali -Comitato  nazionale  per  la  tutela  e  la   valorizzazione   delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche  dei vini, anche su proposta delle categorie  interessate,  di  modificare con proprio decreto i limiti minimi relativi  all'acidità  totale  e all'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

 

Alla denominazione  di  origine  controllata  e  garantita  "Frascati Superiore" è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione  diversa da quelle  previste  dal  presente  disciplinare,  ivi  compresi  gli aggettivi e gli attributi "extra", "fine", "scelto", "selezionato"  e simili.

Sulle  bottiglie  contenenti  il  vino  a  denominazione  di  origine controllata e garantita «Frascati Superiore»,  anche  nella  versione Riserva, è obbligatoria l'annata di produzione delle uve.

Il "Frascati Superiore" sottoposto ad un periodo di  maturazione  non inferiore  a 

12  mesi, 

a  partire  dal  1°  novembre  dell'anno  di vendemmia,

di cui 3 mesi di affinamento in bottiglia,

può  fregiarsi della menzione aggiuntiva "Riserva".

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a denominazione di origine controllata e  garantita  «Frascati Superiore», anche nella versione Riserva, devono  essere  immessi  al consumo  unicamente  in  contenitori  di  vetro  tradizionali   della capacità consentita dalle vigenti leggi e comunque compresi tra  375 cc e 750 cc, chiusi con sistema di chiusura definito "raso bocca".

L'utilizzo di contenitori tradizionali in vetro di capacità di 3, 6, 9, 12 litri chiusi con tappo raso  bocca  possono  essere  utilizzati solo per fini promozionali.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, in Provincia di Roma: si estende per circa 8.300 ettari e comprende la parte acclive ed le pendici del versante settentrionale dei Colli albani.

Dal punto di vista geologico i terreni dei Colli albani e quelli pedocollinari hanno avuto origine da formazioni vulcaniche generate dalle eruzioni del Vulcano laziale.

L’attività endogena che ha generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio

centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro.

Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale dell’edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di sedimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli Albano e di Nemi. Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa.

Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura diversa.

Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato.

Sono di scarsa o nulla permeabilità all'acqua e alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici.

Coprono una minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione. In generale danno origine a terreni

di scarso spessore dove s’insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti.

I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 70 e i 500 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest e nordovest.

Il clima è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 822 ed i 1010 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127 mm) nei mesi estivi.

Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo poco intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,4 e 4,0° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOCG Frascati Superiore un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Frascati Superiore”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana: complice la natura del suolo e il clima temperato, la coltivazione della vite ha trovato nella zona anticamente denominata Tusculum (Tuscolo) il luogo ideale e favorevole per la sua progressiva espansione e specializzazione.

Risale al V secolo a. C. una pittura parietale raffigurante due caproni che si affrontano sotto un ricco tralcio di vite carico di turgidi grappoli. Si tratta di uno dei reperti archeologici del Tuscolo conservati dal 1940 nel Castello di Agliè, in Piemonte.

Tra i più antichi ed illustri intenditori del "Frascati" spicca Marco Porzio Catone detto il Censore, che nel suo celebre trattato De Agricultura fissò le norme di coltivazione e vinificazione. Originario di una famiglia di viticoltori tuscolani, gradiva egli stesso porsi al lavoro delle sue terre assieme ai propri dipendenti, dividendone poi il cibo semplice ed il vino genuino.

Varrone ricorda le feste tuscolane "Vinalia" per il vino nuovo del Tuscolo ed alcuni provvedimenti relativi alla sua esportazione in Roma: a Tuscolo s’era provveduto per legge che nessuno mandasse vino nuovo in città prima che fossero celebrate le feste del vino. Con questo buon vino, a detta di Macrobio, Ortensio innaffiava i celebri platani che aveva piantato sulle liete pendici tuscolane perché crescessero più rigogliosi.

Successivamente, in una bolla di Papa Sergio I (687-701), sono citate vigne sotto Frascati, fra la via Appia e la via Latina, dove si incrociano gli antichi acquedotti.

Gli Statuti concessi alla città di Frascati da Marcantonio Colonna, Signore e Vicario di Papa Giulio II della Rovere, datati 1515, stabilivano, in alcuni importantissimi articoli, le zone da destinare a vigneto, le modalità per determinare l’epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino: precisamente detta l'art. 96: “che il vino delli forestieri si venda a ellezione dei soprastanti” (quindi un Consorzio di Difesa e Tutela ante litteram) e “Statuimo et ordiniamo che qualunque del detto castello, ovvero altri che venda vino, che lo portassi fori d'esso castello, a vendere in esso, che sia

vino latino, non sia lecito a nessuno venderlo più di quello che gli sarà imposto dagli soprastanti, et chi contraffarà paghi pena di soldi vinti per qualunque volta et per qualunque misura”.

Sante Lacerio, bottigliere di Papa Paolo III (1534-1549), in una lettera sulla qualità dei vini in circolazione afferma che il vino migliore si produce a suo giudizio a Frascati, Marino e a Grottaferrata.

Nella guida ai viaggiatori Itinerario italiano o sia descrizione dei viaggi per le strade più frequentate delle principali città italiane del 1828, per Frascati riporta “è circondata di giardini, di vigne, di oliveti”

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimoniano i toponimi delle località che costituivano e costituiscono i luoghi di produzione del Frascati: il Mattei nelle Memorie istoriche dell’antico Tuscolo, oggi Frascati (1711) riporta vigna di Villa Mondragone, vigna dei Signori Cavalletti, vigna sita in Vermicino, vigna nella tenuta di San Matteo, vigna dei PP Camaldolesi, vigna nella Tenuta di S. Croce, come il gesuita Eschinardi, nella approfondita Descrizione di Roma e dell’Agro romano (1750), che riporta numerose località dove ancora oggi sono presenti vigneti (Borghetto, Osteria del Fico, Molara e Osteria della

Molara, Prata Porci), e afferma “.. una Terra situata in amenissimo luogo appartenente alla Casa Borghese, che vi ha comode abitazioni, e delizie, essendo luogo abbondante di vini”.

Sulla base del comprensorio già delimitato con decreto ministeriale 2 maggio 1933, è stato riconosciuto come DOC fin dal 1966 (D.P.R. 16 maggio 1966) e da ultimo grazie alla sua reputazione nazionale ed internazionale è stato riconosciuto con la massima qualificazione della DOCG (Decreto Ministeriale 20 settembre 2009).

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC Frascati Superiore sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia bianca di Candia, la Malvasia del Lazio, Bellone, Bombino bianco, Greco bianco, Trebbiano toscano e giallo;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (77 hl/ha per le tipologie Superiore e Riserva);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati, adeguatamente differenziate tra le tipologie Superiore e Riserva, riferita quest’ultima a vini la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento ed affinamento in bottiglia obbligatori.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOCG “Frascati Superiore” è riferita a 2 tipologie di vino bianco (“Superiore” e “Riserva”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Frascati Superiore”:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore intenso, con profumo caratteristico, delicato con note floreali, sapore secco, sapido, morbido, fine e vellutato.

“Frascati Superiore” Riserva:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore intenso, con profumo caratteristico, delicato con note floreali, sapore secco, sapido, morbido, fine e vellutato.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione costituita dalle pendici settentrionali del vulcano Laziale, e l’esposizione a ovest e nordovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Frascati Superiore”. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Frascati Superiore”.

In particolare, i terreni prevalentemente di origine vulcanica, sono costituiti da pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; si hanno anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolino calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre e terreni riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa che presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente. Trattasi di terreni con caratteristiche tali da renderli idonei ad una

vitivinicoltura di qualità

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (920 mm), con scarse piogge estive (120 mm) ed aridità nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (14,6°C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente (in qualche anno anche fino al mese di novembre), contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Frascati Superiore".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Tusculum”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Frascati Superiore”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Frascati Superiore”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Frascati” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.

Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici.

Gli Statuti della Città di Frascati, emanati nel 1515, regolavano l’ordinamento della Comunità di Frascati su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale.

Diversi Articoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.

Un anonimo cronista al seguito del cardinale Scipione Borghese, raffinato buongustaio, così parla del Frascati, già noto nella prima metà del '600: “della bontà del sito non mi è necessario dirlo, perché la virtù et la varietà et la opportunità del terreno si mostra pur anco hoggidì, quando le sue vigne producono frutti et liquori di tale squisitezza, che io non intendo in quale parte si trovino migliori”.

Succesivamente, in merito alla poca durata dei vini di Toscana, il Tergioni Tozzetti, in Riflessioni sopra la poca durata dei moderni Vini di Toscana (1791) porta come esempio tra gli altri il Frascati, come vino da imitare in quelle terre “.. che il Tiburtino, cioè di Frascati, era nel suo fiore in capo a 10 anni, e quanto più invecchiava, tanto più migliorava” e citando Bacci riporta che all’epoca (1595) i vini di “Grotta Ferrata” bastavano fino a quattro anni.

Il Marocco, in Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese (1835), riporta per Monte Porzio Catone “Gli abitanti sono pieni di convenienza , si applicano ai lavori della campagna, e la maggiore utilità l'hanno sul commercio dèl vino”, per Grottaferrata “i vini sono eccellenti” e per Frascati “Il territorio e feracissimo.. produce eccellenti vini”.

Il Coppi, nel Discorso agrario del 1865, letto nell’Accademia tiberina il dì 15 gennaio 1866, riporta che Fabio Cavalletti nel suo podere di Grottaferrata (tuttora esistente) adottò un nuovo sistema di coltivare la vite e che il vino è di qualità eccellente.

Il Dalmasso, autore di uno dei primi trattati sui vini d'Italia, nella sua “Storia della vite e del vino in Italia” (1931-37), ricorda come il medico di Sisto V, Andrea Bacci, avesse definito Frascati “luogo di delizie, generoso di uve e di vari frutti", mettendo in evidenza che “quegli industri coltivatori avevano propagato nelle loro vigne le viti più elette d'Italia” dalle quali si ottenevano vini che venivano forniti “ai conviti principeschi, nonché alle mense borghesi di Roma”.

Interessante e pittoresca è la cronaca di una gita effettuata Grottaferrata in occasione della fiera nell’anno 1869 e riportata nel Buonarroti scritti sopra le arti e le lettere da Enrico Narducci: oltre ad una accorta e gustosa descrizione degli abitanti e delle loro abitudini riporta in merito al vino “..bottiglie freschissime di vino color oro, di quello che scende benefico all’ugola, apportatore di vita” e testimonia inoltre dell’esistenza di una società enologica che commerciava in vini “..sappiamo che in Frascati è costituita una società enologica, composta dai Signori Ambrogini e Santovetti e presieduta dall’onorevole dottor Gualandi. I vini che questa da al commercio sebbene finora in

piccola scala, dicono chiaro bensì, che mai potrebbesi riprometter con essi”.

Il 23 Maggio 1949 nasce il Consorzio, su iniziativa di 18 produttori, con la Denominazione di "Consorzio del Frascati". L’intento era quello di tutelare, valorizzare e propagandare il vino “Frascati” autentico, ottenuto dalle uve delle vigne tuscolane. Infatti già all’epoca il nome Frascati era conosciuto in tutto il mondo e garantiva quindi ottime possibilità di vendita; per cui non era più accettabile si vendesse falso vino di Frascati.

È sempre esistito un legame tra il Frascati e la letteratura ed infatti numerosi poeti hanno dedicato a questo nobile ed illustre vino i loro versi in italiano, in dialetto romanesco e in dialetto frascatano. Il poeta romanesco Trilussa in un sonetto del 1912 intitolato ‘Er battesimo civile’ scrive: “Pe’ nun faje er battesimo davero, / ho battezzato la pupetta mia / co’r vino de Frascati all’osteria / davanti a ‘no stennardo rosso e nero” e più avanti “..doppo du’ o tre bevute, er comparetto, / a cavallo a ‘na botte de Frascati, / ce fece un… verso, e recitò un sonetto”. Ai giorni nostri così scrive Alberto Bevilacqua, a dispetto del proprio cognome: “T’accenderà questo vino frascatano / il nero immemore degli occhi, / sarà amore sotto la tua nuda pelle dorata / ti donerà ricreata / nel cuore d’altri anni la tua età...”.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Frascati Superiore”, fino al recente (2011) passaggio alla categoria DOCG.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Valoritalia srl

Via Piave, 24

00187 Roma

Telefono 06/45437975 - Fax 06/45438908;

E-mail info@valoritalia.it

Valoritalia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25,

par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

CASTELLI ROMANI

D.O.C.

 

Decreto 04 novembre 1996

Modifica Decreto 29 febbraio 2000

Rettifica Decreto 09 giugno 2000

Rettifica Decreto 20 luglio 2000

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 28 novembre 2013

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Castelli Romani» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed a i requisiti del presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

«Castelli Romani» bianco secco, amabile, frizzante;

«Castelli Romani» rosso secco, amabile, frizzante e novello

«Castelli Romani» rosato secco, amabile, frizzante

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» bianco nelle tipologie secco, amabile e frizzante deve essere ottenuto dalle uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, disgiuntamente o congiuntamente, dai vitigni:

Malvasia (bianca di Candia e puntinata) e Trebbiano (toscano, di Soave, verde e giallo) da soli o congiuntamente minimo 70%

Alla produzione di detto vino possono concorrere, da soli o congiuntamente, altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione per la Regione Lazio ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare fino ad un massimo del 30%.

 

Il vino a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» rosso nelle tipologie secco, amabile, frizzante e novello, deve essere ottenuto dalle uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, disgiuntamente o congiuntamente, dai vitigni:

Cesanese, Merlot, Montepulciano, Nero buono e Sangiovese da soli o congiuntamente minimo 85%

Alla produzione di detto vino possono concorrere, da soli o congiuntamente, altri vitigni a bacca nera fino ad un massimo del 15%.

 

Il vino a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» rosato nelle tipologie secco, amabile e frizzante, deve essere ottenuto dall’uvaggio tra uve a bacca bianca ed uve a bacca nera o dalla lavorazione in rosato delle uve a bacca nera provenienti dai vigneti di cui ai precedenti commi.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

Le uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «CastelliRomani» devono essere prodotte nella zona appresso indicata che comprende, in provincia di Roma, gli interi territori amministrativi dei seguenti comuni:

Albano Laziale, Ariccia, Castel Gandolfo, Ciampino, Colonna, Frascati, Genzano di Roma, Grottaferrata, Lanuvio, Lariano, Marino, Monteporzio Catone, Nemi, Rocca di Papa, Rocca Priora, Velletri, Zagarolo e San Cesareo

e parte dei territori amministrativi dei seguenti comuni:

Ardea, Artena, Montecompatri, Pomezia e Roma

e, in provincia di Latina,

l’intero territorio amministrativo del comune di Cori

e parte dei territori amministrativi dei comuni di

Cisterna di Latina e Aprilia.

 

La delimitazione della zona stessa viene di seguito descritta:

partendo in senso antiorario, in comune di Roma dall’incrocio della via Casilina con il G.R.A., segue in direzione sud-ovest il percorso di quest’ultimo sono all’incrocio con la via Laurentina, deviando verso sud segue la via Laurentina sino al punto di incrocio (km 28,500 circa) di quest’ultima con la s.s. n. 48 Pontina in comune di Ardea e prosegue verso sud-est costeggiando la medesima sino al punto di incrocio con la via Nettenense dal quale, seguendo la stessa via Nettunense, in direzione nord raggiunge il confine provinciale Roma-Latina che segue verso sud sino a ponte Guardapassi in comune di Aprilia.

La linea di demarcazione segue tale confine verso sud sino a incrociare il fosso Leschione che percorre verso sud fino alla confluenza con il fosso di Carano risalendo verso est sino al confine delle province di Roma e Latina.

Continua in direttrice est lungo il confine provinciale sino a raggiungere il fosso della Crocetta, segue verso sud lungo la strada provinciale che costeggia il sopracitato fosso e lungo la stessa scavalca la s.s. n. 148, circoscrive il perimetro dell’impianto enologico Co.Pro.Vi e a ritroso rifacendo lo stesso percorso si ricongiunge alla Crocetta con il confine provinciale.

Continua verso est fino a raggiungere la ferrovia Roma-Napoli in località Colle dei Marchigiani in comune di Cisterna di latina e prosegue lungo la stessa in direzione sud-est fino all’incrocio con il fosso di Cisterna.

Risale lungo il fosso di Cisterna in direzione nord sino all’incrocio con la strada Cisterna-Cori, segue tale strada in direzione nord-est sino all’incrocio con il confine comunale di Cori in località Ponte Teppia dal quale, proseguendo lungo il confine del territorio del comune di Cori, dapprima in direzione sud, poi sud-est, fino a raggiungere la strada

ferrata della linea Velletri-Terracina, procede lungo tale ferrovia in direzione sud sino ad incontrare il fosso Morillo. Segue quest’ultimo fino alla confluenza con il fosso Teppia, scende lungo lo stesso fino a raggiungere il canale delle acque alte, che segue verso est fino allo stradone, segue tale stradone fino a congiungersi con la strada vicinale Pezze di Ninfa, segue la stessa strada vicinale verso nord sino a incontrare il confine comunale di Cori.

Prosegue lungo lo stesso confine comunale verso nord-est, quindi verso nord-ovest raggiunge il confine provinciale in prossimità della strada Giulianello- Artena.

Segue il confine provinciale in direzione ovest sino a raggiungere il confine tra i comuni di Artena e lariano nei pressi della Fontana Mastrangelo. Prosegue poi, lungo i confini di Lariano, Rocca di Papa, Rocca Priora sino alla località Colle di fuori. Procede quindi verso nord sulla strada Valle dei Gocchi, dalla quale prosegue lungo il confine del territorio comunale di Zagarolo, dapprima in direzione nord-est, poi in direzione nord-ovest, quindi, in località Corzanello,

in direzione sud sino alla località Casella. Da tale località lascia il confine del comune di Zagarolo per discendere verso sud-ovest sulla via dell’Acquafelice sino al ponte di Pantano doce si raccorda con la via casilina al km 21. Percorre la via Casilina in direzione Roma sino a incrociare il G.R.A.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o, comunque, atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

È vietata ogni pratica di forzatura.

È ammessa l’irrigazione di soccorso in annate particolarmente secche.

La resa massima di uva ammessa per la produzione dei vini a denominazione di origine controllata  «Castelli Romani» è di  

16,50 t/ha per la tipologia bianco

16,00 t/ha per le tipologie rosso e rosato.

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» devono essere riportati nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

La Regione Lazio, sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, può stabilire, con proprio decreto un limite massimo di produzione di uva per ettaro inferiore a quello fissato dal presente disciplinare di produzione dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo incaricato.

Per i vigneti di nuovo impianto, od oggetto di reimpianto successivo alla data di entrata in vigore del presente disciplinare, il numero di ceppi ad ettaro non dovrà essere inferiore a 1.100 calcolati sul sesto di impianto e come forme di allevamento dovranno essere utilizzate quelle tradizionali: Guyot,

Cordone Speronato, Cortina pendente, CDG, Tendone e Cortina semplice.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai vini della denominazione di origine controllata

«Castelli Romani» un titolo alcolometrico volumico naturale minimo del 10,00% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione dei vini a denominazione di origine controllata «Castelli Romani», ivi compresa la elaborazione dei vini frizzanti, devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delimitata nel precedente art. 3, secondo gli usi locali, leali, costanti e tradizionali della zona e comunque atti a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

Tuttavia, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, su domanda degli interessati, può autorizzare l’effettuazione di tali operazioni in impianti vinicoli situati al di fuori della zona di produzione di cui all’art. 3 del presente disciplinare di produzione, purché detti impianti siano ubicati in comuni compresi solo in parte nella zona di produzione medesima e venga dimostrata l’utilizzazione della indicazione geografica «Castelli Romani» da almeno tre anni prima dell’entrata in vigore del presente disciplinare di produzione.

La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 73% per la tipologia bianco e al 70% per le tipologie rosso e rosato.

Qualora tali rese superino le percentuali sopra indicate, ma non oltre, rispettivamente, il 78% e il 75% le eccedenze non avranno diritto alla denominazione di origine controllata; oltre dette percentuali, decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Castelli Romani» bianco:

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: fruttato, intenso;

sapore: fresco, armonico, secco, talvolta amabile;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

«Castelli Romani» bianco frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: fruttato, intenso, ricorda l’uva ammostata nel tipo novello;

sapore: fresco, armonico, secco e/o amabile, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

«Castelli Romani» rosato:

colore: rosa più o meno intenso, talvolta con tonalità rubino;

profumo: fruttato, intenso, vinoso;

sapore: fresco, armonico, secco o amabile;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Castelli Romani» rosato frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosa più o meno intenso, talvolta con tonalità rubino;

profumo: fruttato, intenso, vinoso;

sapore: fresco, armonico, secco o amabile, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Castelli Romani» rosso:

colore: rubino più o meno intenso;

profumo: vinoso, persistente, caratteristico;

sapore: fresco, armonico, secco, rotondo, talvolta frizzante e/o amabile;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Castelli Romani» rosso frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rubino più o meno intenso;

profumo: vinoso, persistente, caratteristico;

sapore: fresco, armonico, secco o amabile, rotondo, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Castelli Romani» rosso novello:

colore: rubino più o meno intenso;

profumo: vinoso, persistente, caratteristico, fruttato;

sapore: fresco, armonico, secco, rotondo, vivace e fragrante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

È facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di modificare, con proprio decreto, i limiti sopraindicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata «Castelli Romani» è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi «extra», «fine», «scelto», «selezionato», «vecchio» e similari.

È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

È consentito, altresì, l’impiego di indicazioni geografiche che facciano riferimento a comuni, frazioni, aree, zone e località comprese nelle zone delimitate dal precedente art. 3.

Nella designazione del vino a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» può essere utilizzata la menzione «vigna», a condizione che sia seguita dal corrispondente toponimo, che la relativa superficie sia distintamente specificata nello schedario viticolo, che la vinificazione e conservazione del vino avvengano in recipienti separati e che tale menzione, seguita dal toponimo, venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri che nei documenti di accompagnamento.

Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell’imbottigliatore quali «Viticultore», «Fattoria», «Tenuta», «Feudo», «Podere», «Cascina» ed altri termini similari sono consentite in osservanza delle disposizioni Ue e nazionali in materia.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a denominazione di origine controllata «Castelli Romani», qualora confezionati in recipienti di capacità uguale o inferiore a 5 litri, devono essere imbottigliati in recipienti di vetro di forma consona all’immagine di un vino di qualità e aventi le capacità previste dalle normative comunitarie e nazionali vigenti in materia.

I recipienti di capacità da 0,5 a 1,5 litri devono essere muniti di una chiusura con tappo di sughero o a vite; per tutti i recipienti è esclusa la tappatura con tappo a corona.

È consentita la capsula a strappo per i recipienti fino a lt 0,375.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, per la maggior parte in Provincia di Roma e per una quota minore in provincia di Latina: si estende su un’area della superficie di 85.000 ettari e comprende la parte meridionale dell’Agro romano, i Colli Albani, la parte nord orientale dell’Agro Pontino e l’alta valle del fiume Sacco.

Il suolo dell’area delimitata si è formato attraverso complesse vicende geologiche e alla cui costituzione partecipano in gran parte le rocce calcaree dell’Era mesozoica e i materiali vulcanici dovuti alle eruzioni del Quaternario. Prima del Terziario il mare copriva gran parte del territorio; nel Quaternario si verificò un sollevamento tettonico di una certa entità seguito da imponenti fenomeni vulcanici da parte del Vulcano laziale i cui prodotti si estesero su largo raggio creando coltri di terreni favorevoli alle colture.

L’attività endogena che ha generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro.

Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale dell’edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di sedimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli Albano e di Nemi.

Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa. Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura diversa.

Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato.

Sono di scarsa o nulla permeabilità all'acqua e alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici che coprono una minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione.

In generale danno origine a terreni di scarso spessore dove s’insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti.

I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi. Sono presenti anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolini calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre costituite da alternanze di livelli sabbiosi, sabbioso-argillosi.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 19 e i 600 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest, sudovest e sud.

Il clima dell’area è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 810 ed i 1110 mm, più copiose nelle zone più acclivi, con aridità estiva non molto pronunciata nei mesi giugno, luglio, agosto (pioggia 73-127 mm), più pronunciata e presente sporadicamente anche a maggio alle quote più basse.

La temperatura media è compresa tra i 14,8 ed i 15,6°C: freddo prolungato ma non intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 2,3 e 4,0° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Castelli Romani un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Castelli romani”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca dei Romani che destinavano a vigneto le terre più idonee e perciò preferivano il suolo vulcanico dell’antico vulcano laziale posto a sud di Roma.

Le più importanti ville situate nei dintorni di Roma, nell’area dei Colli Albani, corrispondente agli odierni Castelli Romani, possedevano grandi spazi dedicati alla conservazione del vino: molti vini famosi all’epoca dei romani molti provenivano dai Colli Albani.

I vigneti dei Castelli romani, indicati dai Georgici tra quelli atti a produrre i migliori vini dell’epoca romana (Tusculum, Albano, Aricinum), hanno superati indenni i secoli bui del Medioevo e sono giunti fino a noi dopo essere stati ammirati ed immortalati da poeti, scrittori e pittori del Gran Tour.

Ad ulteriore testimonianza dello stretto legame del vino con il territorio si ricordano le numerose sagre e feste che annualmente vengono celebrate nei paesi ricadenti nell’areale di produzione e tra cui spiccano la Sagra dell’uva di Marino (la prima edizione risale al 1925) e la Festa dell’uva e dei vini di Velletri (1930).

Anche nel presente, i vini a DOC Castelli Romani hanno ricevuto e continuano a ottenere numerosi riconoscimenti nei concorsi sia nazionali, sia internazionali e ben figurano sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia di Candia, la Malvasia del Lazio ed il Trebbiano toscano, verde e giallo per i vini bianchi ed il Cesanese, il Merlot, il Montepulciano ed il Sangiovese per quelli rossi;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (120,45 hl/ha per le tipologie bianche e 116,80 hl/ha per le tipologie rosso e rosato);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli e strutturati.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Castelli romani” è riferita a 3 tipologie di vino bianco (“secco”, “amabile” e “frizzante”), a 3 tipologie di vino rosato (“secco”, “amabile” e “frizzante”) e a 4 tipologie di vino rosso (“secco”, “amabile”, “frizzante” e novello) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

“Castelli Romani” bianco:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore intenso con note floreali e fruttate, sapore secco, fresco, armonico, intenso ed equilibrato.

“Castelli Romani” bianco amabile:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino, odore intenso con note floreali e fruttate, sapore amabile, fresco, armonico ed equilibrato.

“Castelli Romani” bianco frizzante:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino con perlage vivace ed evanescente, odore intenso con note floreali e fruttate, sapore secco o amabile, equilibrato.

“Castelli Romani” rosato:

leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso, talvolta con tonalità rubino, odore fruttato e gradevole, sapore secco, fresco, armonico ed equilibrato.

“Castelli Romani” rosato amabile:

leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso, talvolta con tonalità rubino, odore fruttato e gradevole, sapore amabile, fresco, armonico ed equilibrato.

“Castelli Romani” rosato frizzante:

leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso, perlage vivace ed evanescente, odore fruttato e gradevole, sapore secco o amabile, fresco, armonico ed equilibrato.

“Castelli Romani” rosso:

discreta struttura e presenza di discrete dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino un giusto corpo e assenza di ruvidezza.

Il colore rosso è rubino più o meno intenso, odore intenso con sentori floreali e fruttati per il tipo novello, sapore

secco, fresco, armonico, rotondo, vivace e fragrante per il tipo novello.

“Castelli Romani” rosso amabile:

buona struttura con un modesto tenore di acidità, il colore è rosso rubino più o meno intenso, odore con aromi floreali e fruttati, sapore amabile e vellutato.

“Castelli Romani” rosso frizzante:

buona struttura con un modesto tenore di acidità, il colore è rosso rubino più o meno intenso, con perlage vivace ed evanescente, odore con aromi floreali e fruttati, sapore amabile e vellutato.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione costituita dalle pendici del vulcano Laziale, e l’esposizione ad ovest, sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Castelli romani”.

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Castelli romani”.

In particolare, i terreni prevalentemente di origine vulcanica, sono costituiti da pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; si hanno anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolino calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre e terreni riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa che presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente.

Trattasi di terreni con caratteristiche tali da renderli idonei ad una vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da buone precipitazioni (960 mm), con scarse piogge estive (95 mm) ed aridità nei mesi di luglio e agosto, da una buona temperatura media annuale (15.2 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, caratterizzato nella fase finale, da una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Castelli romani".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dei “Castelli romani”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Castelli romani”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Castelli romani”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona dei “Castelli romani” è attestata fin dall’epoca

romana, in molte opere dei georgici latini.

Con la caduta dell'impero romano e le invasioni barbariche, la viticoltura di queste terre, nonostante i danni subiti, sopravvive e non perde la sua continuità con il passato.

Superati i secoli bui, la viticoltura nei Colli albani si diffuse nuovamente, razionalizzandosi, fino a diventare la coltura

principale del territorio castellano, grazie anche alla grande richiesta di vino di Roma, sede della corte papale e teatro di un forte aumento della popolazione: tutto ciò è testimoniato dai numerosi documenti, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici o gli statuti delle città ricadenti nell’area delimitata che dedicano numerosi capitoli alla conduzione delle vigne e alla produzione ed al commercio del vino.

Gabelle, proibizioni, bandi ed editti proliferarono intorno al vino, come dimostrano i regesti e i numerosi libri della gabella del vino conservati nell’Archivio di Stato di Roma a partire dal 1422.

In tal modo il potere papale disciplinava la produzione nei vigneti di Roma e dei Castelli Romani: proprio sotto il pontificato di Paolo III il mercato romano fu invaso dai vini dei Castelli, sia perché il vino romanesco non era sufficiente per il consumo della città, sia perché papi e cardinali amavano avere sulle mense vini diversi e di qualità.

La diversificazione tra vino romanesco (quello prodotto entro sette miglia dal Campidoglio) e vino dei Castelli è attestato fino al XIX secolo. Nel 1831 una Notificazione del Tesoriere Generale dello Sato Pontificio, proibisce l’importazione di vino ordinario e di acquavite in fusti in quanto “avendo particolarmente a cuore la utile industria delle

vigne.. e prendendo uno speciale interesse a vantaggio dei Proprietari delle medesime, gran parte de’quali, in ispecie in Roma, e nei vicini Castelli trovansi in possesso di copiose quantità di tuttora invendute di Vini, e di Acquavite”.

Il Mancini che nella monografia Il Lazio viticolo e vinicolo (1888), afferma che nei Castelli Romani

“in tutti questi comuni la vigna costituisce la coltivazione predominante, quella sulla quale vivono

almeno i due terzi della popolazione”

Il giornalista tedesco Barth, nel suo lavoro Osteria. Guida spirituale alle osterie italiane (1909), scrive dei Castelli Romani “Qui è il campo del Dio coronato dai pampini: i pali delle viti, come le innumerevoli piramidi di fucili di un esercito, e come una apocalittica fortezza, circondano e difendono i luoghi della grazia e l’odor del vino e il sole si spandono poeticamente su tutta questa terra”

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Castelli romani”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Roma

Via Appia Nuova 218

00179 Roma

Telefono 06/52082699 - Fax 06/52082494;

E-mail lcm.amministrazione@rm.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Roma è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 3).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

COLLI ALBANI

D.O.C.

Decreto 26 giugno1992

Modifica Decreto 10 ottobre 1994

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata “Colli Albani” è riservata al vino bianco che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

“Colli Albani”;

“Colli Albani” novello;

“Colli Albani” spumante;

“Colli Albani” superiore.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino a denominazione di origine controllata “Colli Albani” deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la composizione ampelografica appresso indicata:

Malvasia bianca di Candia, localmente nota come Malvasia rossa, fino a un massimo del 60%;

Trebbiano toscano, Trebbiano giallo e Trebbiano di Soave, da soli o congiuntamente dal 25 al 50%;

Malvasia del Lazio, localmente nota come Malvasia puntinata, dal 5% al 45%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve delle varietà di vitigni bianchi idonei per la coltivazione per la Regione Lazio, fino a un massimo del 10% del totale, con esclusione delle uve dei vitigni delle varietà Moscato.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

Le uve devono essere prodotte nella zona di produzione appresso indicata che comprende in tutto i territori amministrativi comunali di

Ariccia e Albano

e in parte quelli di

Pomezia, Ardea, Castelgandolfo e Lanuvio.

In provincia di Roma.

 

Tale zona è così delimitata:

in prossimità della riva est del lago di Albano, alla confluenza dei confini comunali di Albano e di Castelgandolfo (quota 519), la linea di delimitazione segue il confine di Castelgandolfo in direzione nord-ovest fino a incontrare, in località Montanaccio, la retta passante per le quote 325 (località Pascolato) e 337 (località Montanaccio).

Scende lungo tale retta e il suo prolungamento, sino alla sponda del lago e prosegue lungo la riva verso sud fino a incontrare la quota 293 all’altezza del centro abitato di Castelgandolfo.

Da quota 293 raggiunge in linea retta quota 426, in direzione di Castelgandolfo che attraversa verso sud-ovest per incontrare, all’uscita, la strada che passa tra Villa Torlonia e il seminario dei Gesuiti Bernesi, prosegue lungo tale strada sino a incontrare la via Appia (strada statale n. 7) al Km 23+250 e poi sulla medesima in direzione nord-ovest incrocia il confine comunale tra Castelgandolfo e Marino seguendolo, in direzione sud-ovest, sino al suo incrocio con la Nettunense (strada statale n. 207).

Lungo questa via scende verso sud fino a incontrare, in località Pavona, il confine di Albano che segue in direzione ovest.

Seguendo sempre tale confine comunale raggiunge, presso la località Egidi, la strada che conduce ad Albano; il limite prosegue per tale strada verso ovest, fino a incrociare la via che conduce al colle della Certosa e lungo questa e il suo proseguimento raggiunge il punto di confluenza tra il fosso di S. Maria la Fornarola e il fosso di Paglian Casale, da qui

seguendo una linea retta in direzione nord raggiunge il fosso dei Preti (500 metri prima che questi si congiunga verso est con il confine di Marino).

Segue tale fosso verso ovest e il suo proseguimento, che prende il nome di fosso di Casale Abbruciato, sino a raggiungere la linea ferroviaria Roma-Napoli lungo la quale discende verso sud, sino all’incrocio con la strada di Valle Caia che segue sino a km 6,100 (località Casale Valle Caia).

Da qui seguendo il sentiero in direzione sud raggiunge il fosso di Valle Caia che segue nella stessa direzione sino a quota 68 sul fosso delle Vittorie per poi raggiungere il fosso Pescarella a circa 500 metri dal casale omonimo, risale lungo il fosso di Torre Bruno, sino a incrociare la strada fosso di Tor Bruno che percorre per intero sino a raggiungere via Montagnano.

Scende verso sud lungo questa via per circa 150 mt e, all’angolo del Casale dell’Ovile, raggiunge la strada delle Scalette che percorre verso est sino a incontrare il fosso di Campoleone all’incrocio del confine tra le province di Roma e Latina; risale poi lungo tale confine fino alla strada ferrata della linea Roma-Napoli; prosegue per tale confine verso est, sino all’incrocio con la via di Anzio a quota 128 in prossimità del km 13.

Segue la strada provinciale che dalla Nettunense porta a Lanuvio e superata la quota di 162 di circa 250 metri incrocia, sul lato sinistro, la strada dei Vinciguerra, che percorre per circa 300 metri fino a raggiungere il fosso dell’Acqua Chiara a ovest di Valeri.

Discende detto fosso fino alla briglia di Vimmercati e percorrendo la strada della Cellettara raggiunge la strada consortile di Monte Giove Vecchio che segue verso nord (circa metri 300) e poco dopo aver superato l’ingresso del Casale S. Giovanni all’altezza della stradina di Giuseppe Urazi o Spadino , devia verso nord-ovest, e con una linea retta in direzione dell’elettrodotto esistente.

Si congiunge con la strada comunale di Monte Giove Nuovo e quindi al confine comunale di Ariccia.

Segue verso nord il confine comunale di Ariccia sino ad incrociare, presso la sorgente del Pescaccio, il confine comunale di Albano, prosegue lungo il medesimo in direzione nord fino alla sua confluenza con quello di Castelgandolfo (quota 519).

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino a denominazione di origine controllata “Colli Albani” devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque atte a conferire alle uve e al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

I sesti di impianto, le forme di allevamento e i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

E’ vietata ogni pratica di forzatura.

La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino “Colli Albani” non deve essere superiore a

16,50 t/ha di vigneto in coltura specializzata,

in rapporto all’effettiva superficie coperta dalla vite.

A detto limite anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve, purché la produzione non superi del 20% il limite medesimo.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vino a denominazione di origine controllata “Colli Albani” il seguente titolo alcolometrico volumico naturale minimo:

 

“Colli Albani”, anche nella tipologia novello e spumante: 10,00% vol.;

“Colli Albani” superiore: 11,00%vol.

 

La regione Lazio con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate , di anno in anno, prima della vendemmia può stabilire un limite massimo di produzione delle uve per ettaro inferiore a quello fissato nel presente disciplinare, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo incaricato.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nell’interno della zona di produzione delimitata nel precedente articolo 3.

Le operazioni di elaborazione dei mosti o vini destinati alla produzione della tipologia “spumante” devono essere effettuate in stabilimenti siti nell’ambito della provincia di Roma.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, tradizionali della zona, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

Il vino della denominazione di origine controllata “Colli Albani” “novello” deve essere imbottigliato

entro il 20 dicembre dell’annata di produzione delle uve.

La resa massima di uva in vino non deve essere superiore al 70%.

Qualora la resa superi detto limite, l’eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il vino a denominazione di origine controllata “Colli Albani” all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche :

 

“Colli Albani”:

colore: dal giallo paglierino al paglierino scarico;

profumo: vinoso e delicato;

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, caratteristico, fruttato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l;

 

“Colli Albani” novello:

colore: dal giallo paglierino al paglierino scarico;

profumo: vinoso e delicato;

sapore: secco, caratteristico, fruttato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l;

 

“Colli Albani” spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: dal giallo paglierino al paglierino scarico;

profumo: vinoso e delicato;

sapore: secco o abboccato o amabile, caratteristico, fruttato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l;

 

“Colli Albani” superiore:

colore: dal giallo paglierino al paglierino scarico;

profumo: vinoso e delicato;

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, caratteristico, fruttato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l

 

E' facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di modificare con proprio decreto i sopra indicati limiti di acidità totale e dell'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Nella presentazione e designazione del vino a denominazione di origine controllata “Colli Albani” è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quella prevista dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi “extra”, “fine”, “scelto”, “selezionato” e similari.

E’ consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell’imbottigliatore quali “viticoltore”, “fattoria”, “tenuta”, “podere”, “cascina” e altri termini similari sono consentite in osservanza delle disposizioni Comunitarie e nazionali in materia.

Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti il vino a denominazione di origine “Colli Albani” deve essere indicato in etichetta l’annata di produzione delle uve, ad esclusione della tipologia spumante.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

Il vino a denominazione di origine controllata “Colli Albani” superiore deve essere confezionato in contenitori di vetro con chiusura a sughero e di capacità non superiore a litri 1,500

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, in Provincia di Roma: si estende per circa 7.900 ettari e comprende la parte acclive ed le pendici del versante occidentale dei Colli albani.

Dal punto di vista geologico i terreni dei Colli albani e quelli pedocollinari hanno avuto origine da formazioni vulcaniche generate dalle eruzioni del Vulcano laziale: L’attività endogena che ha generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro.

Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale dell’edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di sedimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli Albano e di Nemi.

Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa. Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura diversa.

Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato.

Sono di scarsa o nulla permeabilità all'acqua e alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici.

Coprono una minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione. In generale danno origine a terreni

di scarso spessore dove s’insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti. I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 110 e i 650 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest e sud.

Il clima è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 822 ed i 1110 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127 mm) nei mesi estivi.

Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo poco intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,4 e 4,0° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Colli Albani un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Colli albani”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana che destinavano a vigneto le terre più idonee e perciò preferivano il suolo vulcanico dell’antico vulcano laziale posto a sud di Roma.

Le più importanti ville situate nei dintorni di Roma, nell’area dei Colli Albani, corrispondente agli odierni Castelli Romani, possedevano grandi spazi dedicati alla conservazione del vino: molti vini famosi all’epoca dei romani molti provenivano dai Colli Albani.

Orazio per il Natalizio di Mecenate aprì un’anfora di vino Albano vecchio di più di nove anni, quando descrive la cena di Nasidieno vi pone l’Albano ed il Falerno, ed altrove loda l’uva Albana appassita al fumo.

Dionisio parlando del territorio di Albano riporta “ammirabili per l'amenità, fertilissimi d' ogni genere di biade, di maniera che non cedevano ad alcun' altro campo d’Italia, e particolarmente per la bontà del vino soavssìmo , propriamente chiamato Albano superiore a tutti gl’altri , ad eccezione di quello di Falerno.

Con la fine della barbarie lentamente la vita si fece più normale, e anche l’agricoltura ovviamente ricominciò a prosperare. La viticoltura nei Colli albani si diffuse nuovamente, razionalizzandosi, fino a diventare la coltura principale del territorio castellano, grazie anche alla grande richiesta di vino di Roma, sede della corte papale e teatro di un forte aumento della popolazione.

Gli Statuta Vniversitatis Castri Gandvlphi, emanati nel 1588 e gli Statuti dell'antica e nobil Terra dell' Ariccia, concessi dal duca Paolo Savelli nel 1610, contengono Capitoli che stabilivano tra l’altro l’epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo più importante nell’economia agricola del territorio contribuendo in modo significativo allo sviluppo sociale ed economico dell’area.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC Colli Albani sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia di Candia, la Malvasia del Lazio ed il Trebbiano toscano, verde e giallo;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare di 115,5 hl/ha per tutte le tipologie;

le pratiche relative all’elaborazione dei vini: che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Colli Albani” è riferita a 4 tipologie di vino bianco (“di base”, “novello”, “spumante” e “Superiore”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti

e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Colli Albani”:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino al paglierino scarico, con note floreali, sapore secco o piacevolmente amabile o dolce.

“Colli Albani” novello:

vino fresco e vivace, con colore dal giallo paglierino al paglierino scarico, odore intenso con note floreali e fruttate, equilibrato.

“Colli Albani” spumante:

vino fresco ed equilibrato, con colore dal giallo paglierino al paglierino scarico, con perlage vivace e persistente odore intenso con note floreali, sapore secco o amabile.

“Colli Albani” Superiore:

vino fresco ed equilibrato, strutturato, con colore dal giallo paglierino al paglierino scarico, odore intenso con note floreali, sapore secco o piacevolmente amabile o dolce.

Al sapore, asciutto o frizzante, tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza, buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione costituita dalle pendici occidentali del vulcano Laziale, e l’esposizione ad ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Colli Albani”. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Colli Albani”.

In particolare, i terreni prevalentemente di origine vulcanica, sono costituiti da pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; si hanno anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolino calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre e terreni riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa che presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente. Trattasi di terreni con caratteristiche tali da renderli idonei ad una

vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni più che sufficienti (970 mm), con piogge estive non elevate (100 mm) ed aridità nei mesi estivi nella parte meno acclive, da una buona temperatura media annuale (14.6 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, caratterizzata nella fase finale, da una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Colli Albani".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra “Albana”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Colli Albani”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Colli Albani”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Colli Albani” è attestata fin dall’epoca romana, in molti opere dei georgici latini.

Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Gli Statuta Vniversitatis Castri Gandvlphi, emanati nel 1588 e gli Statuti dell'antica e nobil Terra dell' Ariccia del 1610, regolavano l’ordinamento delle Comunità su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.

Sante Lacerio, bottigliere di Papa Paolo III (1534-1549), in una lettera sulla qualità dei vini in circolazione cita il “vino di Albano”, migliore quello rosso durante l’inverno, solo se l’estate e stato al fresco: pare che il Papa apprezzasse molto questo vino, soprattutto se consumato giovane.

Cita anche quello “della Riccia” (Ariccia) buono, ma non al livello di quello di Albano e giudica ottimo anche quello di Castel Gandolfo, da consumarsi durante la stagione estiva.

Il Lucidi, nell’opera citata, riporta la notizia di un inventario del monastero di San Ciriaco in cui si fa menzione “della vigna de Miranda filia Marotie corrispondente all’istrumento dell’anno 980”, della vigna Joanne Bono Piscatore corrispondente all’istrumento dell’anno 1081” e l’esistenza di uno “istrumento di ricognizione in dominium di una vigna fatta nel 1307”.

Sempre nella stessa opera riferendo in merito all’enfiteusi che stava prendendo piede riporta “Il primo di tutti fu il

capitolo dell' Ariccia , il quale nell'anno 1606 alli 12. gennaro per gli atti di Ludovico de' Pozzi notaro dell' Ariccia diede in enfiteusi perpetua a Giovanni Brandani, Michele Porcaro, e Fulvio Sorentini trentadue rubbia di terreno a Villafranca, o Pascolare de' Preti coll' obbligo dell'annuo canone di scudi dieci per rubbio, e di piantarlo a vigna.”

Sempre il Lucidi, parlando di vino, riporta che il vino prodotto nella parte più alta di Ariccia “che sul fine del secolo passato, e sul principio del presente il suo vino stava in molto pregio presso i Romani .. e che sul principio di questo secolo si proibiva la vendita di questo vino sino a tanto, che si fosse provveduta la cantina del palazzo pontificio”; e ancora “Io mi ricordo aver bevuto nel tinello de'Gesuiti in Albano il vino delibano di s. Maria di quattordici anni. Il gesuita, che avea cura delle vigne.. regalava questo vino a' cardinali e principi, che andavano a villeggiare in Albano , da'quali era molto stimato”.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimonia il Lucidi che, nelle Memorie storiche dell'antichissimo municipio ora terra dell'Ariccia, e delle sue colonie Genzano, e Nemi (1796), riporta anche la qualità del vino prodotto in varie località ricadenti nell’area delimitata e ancora oggi coltivate a vite: “Villafranca dà un vino delicato, defecaro, e per lo più dolce, e in abbondanza”, “é inutile riferire la bontà del vino di Ginestreto; essendo il suo nome celebre in tutte le osterie di Roma”, e parlando della tenuta di Tor Cancelliera del Principe Chigi “il vino ivi raccolto è così buono, che non cede a veruno de' migliori vini di Genzano, e dì Monte Giove.”

Altra località ancora oggi fortemente interessata dalla viticoltura è riportata da Ferdinand Adolf Gregorovius in Ricordi storici e pittorici d'Italia (1865) La strada corre per cinque ore in direzione del mare, rasentando i monti Albani. Femmo sosta a Fontana di Papa. La è questa un'osteria che sorge solitaria in mezzo alle vigne, e la quale ha tolto il suo nome da una fontana fattavi costruire da Papa Innocenzo XII”.

La bontà dei vini è documentata da Theodor van Meyden nel Trattato della natura del vino, e del ber caldo, e freddo (1608) nel quale descrive le uve coltivate e afferma “E benché tutte quest’uve siano comuni al territorio di Roma, e’l suo distretto, sono però più perfette, e migliori in un luogo, chi in un altro, onde li Vini di Albano, … di Castel Gandolfo, &c. sono eccellentissimi”; il Piazza in La Gerarchia cardinalizia (1703) riporta per Albano “la campagna.. feconda di frutti saporitissimi, e di vini in gran copia, i più preziosi”; il Fabi in Corografia d'Italia: ossia gran dizionario storicogeografico-

statistico (1852), riporta sempre per Albano “Il suo territorio è fertile, soprattutto in viti, che danno vini eccellenti”.

Il commercio del vino è documentato dal Zuccagni-Orlandini che in Corografia fisica, storica e statistica dell' Italia (1843) Vol, 10, riporta “I colli d'Albano sono deliziosi, e coronati di vigne che danno un vino assai accreditato in commercio” e ancora “Albano.. che nei suoi squisiti vini trova alimento al suo attivo traffico”. Lo storico Parkman, nel 1844, parlando della città di Albano scrive “quasi tutte le case espongono sopra la porta una frasca verde, hanno lo stipite della porta dipinto di verde, oppure recano un’insegna con la scritta Spaccio di vino..”.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Colli Albani”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Roma

Via Appia Nuova 218

00179 Roma

Telefono 06/52082699 - Fax 06/52082494;

E-mail lcm.amministrazione@rm.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Roma è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

COLLI LANUVINi

D.O.C.

Decreto 21 Luglio 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazioni e vini.


La denominazione di Origine controllata «Colli Lanuvini» è riservata ai vini rispondenti alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

bianchi:

«Colli Lanuvini»

«Colli Lanuvini» Superiore;

«Colli Lanuvini» Spumante;

rossi:

Colli Lanuvini;

Colli Lanuvini superiore;

Colli Lanuvini riserva;
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Articolo 2

Base ampelografica.

 

Il vino «Colli Lanuvini» bianco anche nelle tipologie "superiore" e "spumante", deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti composti dai vitigni seguenti nella proporzione indicata a fianco di ciascuno di essi:

Malvasia bianca di Candia e puntinata fino ad un massimo del 70%,

Trebbiano (toscano, verde e giallo) in misura non inferiore al 30%,

possono concorrere alla produzione di detto vino anche uve bianche provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Lazio per non più del 15%.

Il vino «Colli Lanuvini» rosso anche con la qualificazione "superiore", deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti composti dai vitigni seguenti nella proporzione indicata a fianco di ciascuno di essi:

Merlot in misura non inferiore al 50%,

Montepulciano e Sangiovese in misura non inferiore al 35%,

possono concorrere alla produzione di detto vino anche uve a bacca rossa provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Lazio per non più del 15%

 

Articolo 3

Zona di produzione.

 
Le uve devono essere prodotte nella zona di produzione appresso indicata che comprende in tutto il territorio amministrativo comunale di

Genzano

ed in parte quello di

Lanuvio,

in provincia di Roma.

 

Tale zona è così delimitata:

a nord, partendo dal punto d'incontro dei confini comunali tra Nemi, Velletri e Genzano, in prossimità di M. Canino, il limite segue verso sud-est il confine comunale tra Genzano e Velletri sino a incontrare quello di Lanuvio, in contrada Pedica.

Percorre quindi in direzione sud il confine comunale Lanuvio - Velletri fino a incontrare il confine della provincia di Latina.

Lungo tale confine si dirige verso ovest sino a P.te Guardapassi per risalire quindi verso nord, sempre lungo il confine della provincia di Latina, fino a incontrare la quota 128, all'incrocio della via di Anzio con la strada che porta a Lanuvio. Segue quest'ultima in direzione est, e, superata la quota 162 di circa 250 m, incrocia sul lato sinistro la strada dei Vinciguerra che percorre per circa m 300 fino a raggiungere il fosso dell'Acqua Chiara a ovest dei Valeri.

Discende detto fosso fino alla briglia di Vimercati e, percorrendo la strada della lettara, raggiunge la strada consortile di Monte Giove Vecchio, che segue verso nord (circa m 300) e, poco dopo aver superato l'ingresso del casale di S. Giovanni all'altezza della stradina di Giuseppe Urazi o Spadino, devia verso nord-ovest e, con una linea retta in direzione dell'elettrodotto esistente, si congiunge con la strada comunale di Monte Giove Nuovo e quindi al confine comunale di Ariccia.

Segue tale confine verso nord, sino a incontrare, a nord dell'abitato di Genzano, quello tra tale comune e Nemi, quindi procede in direzione sud-est lungo il confine di Genzano, con Nemi, sino a incontrare quello di Velletri, in prossimità di M. Canino.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura.

 
4.1. - Condizioni ambientali:

le condizioni ambientali e di colture dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all'articolo 1 devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve ed al vino, derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

4.2. - Pratiche colturali:

i sesti di impianto, le forme di allevamento, i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

E' vietata ogni pratica di forzatura

I nuovi impianti e i reimpianti, in coltura specializzata, effettuati successivamente all'entrata in vigore del presente disciplinare dovranno avere una densità non inferiore a 3300 ceppi per ettaro

E' autorizzata l'irrigazione di soccorso.

4.3. - Produzioni uva/ha:

le produzioni massime di uve per ettaro e i titoli alcolometrici volumici naturali minimi sono le seguenti:
«Colli Lanuvini»:

bianco e spumante: 14,50 t/ha,  10,5% vol.;

bianco superiore: 13,00 t/ha,  11,50% vol.;

rosso: 13,50 y/ha, 11,00% vol.;

rosso superiore: 12,00 t/ha, 12,00% vol.

Fermi restando i limiti massimi sopraindicati, la resa/ha di coltura promiscua deve essere calcolata rispetto a quella specializzata in rapporto all'effettiva superficie coperta dalla vite.

Nelle annate particolarmente favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Colli Lanuvini» devono essere riportati nei limiti di cui sopra, purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi.

Le eccedenze delle uve, nel limite massimo del 20%, non hanno diritto alla denominazione d'origine controllata ma possono essere destinate alla produzione di vini ad IGT Lazio.

Qualora sia superato il limite del 20%, la partita cui si riferisce il supero decade dal diritto alla denominazione d'origine controllata.

 La Regione Lazio, con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate di anno in anno, prima della vendemmia, può stabilire un limite massimo di produzione di uve per ettaro inferiore a quello fissato nel presente disciplinare, dandone immediata comunicazione al Ministero delle Risorse Agricole Alimentari e Forestali - Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 
5.1. - Zona di vinificazione:

le operazioni di vinificazione per il vino di cui all'articolo 1 devono essere effettuate nell'interno della zona di produzione delimitata nel precedente articolo 3.

E' tuttavia facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali- Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, consentire, su motivata richiesta, l'effettuazione delle operazioni di cui sopra a quelle aziende che, in linea d'aria entro m. 100 dal confine della zona di produzione di cui all'articolo 3, siano conduttrici di vigneti iscritti all'albo dei vigneti della denominazione di origine controllata «Colli Lanuvini» e dimostrino la preesistenza della cantina al 27 gennaio 2004. 5.2.

5.2.- Pratiche enologiche:

nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

E' consentito l'arricchimento dei mosti e dei vini di cui all'articolo I nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali con mosto concentrato, oppure con mosto concentrato rettificato, con crioconcentrazione od osmosi inversa. 5.3. - Rese:

la resa massima dell'uva in vino finito non deve essere superiore a170%.

Qualora tale resa superi la percentuale sopra indicata, ma non oltre il 75%, l'eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata; oltre detto limite percentuale decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

5.4. - Bianco Spumante:

per la presa di spuma della tipologia spumante, qualora venga utilizzato il mosto, deve essere impiegato esclusivamente mosto o mosto concentrato di uve prodotte nei vigneti iscritti all'albo della denominazione di origine controllata «Colli Lanuvini», o mosto concentrato rettificato.

5.5. - Colli Lanuvini rosso riserva:

il vino «Colli Lanuvini» rosso superiore con un invecchiamento minimo di

mesi 24,

di cui almeno 6 in bottiglia,

decorrenti dal i novembre successivo alla vendemmia  e con

titolo alcolometrico minimo al consumo di 13,00% vol.

può fregiarsi della qualificazione "riserva".

Articolo 6

caratteristiche al consumo

 
I vini di cui all'articolo 1 all'atto della immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Colli Lanuvini» bianco:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: vinoso, delicato e gradevole;

sapore: secco (o amabile), sapido di giusto corpo armonico, vellutato;

titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/1;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Colli Lanuvini» bianco superiore:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: vinoso, delicato e gradevole;

sapore: secco (o amabile), sapido di giusto corpo armonico, vellutato;

titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/1;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/i.

può presentare sentore di legno.

 

«Colli Lanuvini» bianco spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: elegante con note di lievito, gradevole;

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, sapido di giusto corpo armonico, vellutato;

titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Colli Lanuvini» rosso:

colore: rosso rubino più o meno intenso;

profumo: vinoso gradevole;

sapore: asciutto(o amabile), sapido di giusto corpo armonico, vellutato;

titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“Colli Lanuvini” rosso superiore:

colore: rosso rubino più o meno intenso con riflessi violacei da giovane che diventano granati con l'invecchiamento;

profumo: vinoso gradevole;

sapore: asciutto, sapido di giusto corpo armonico, vellutato;

titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 21,00 g/l.

può presentare sentore di legno.

 

“Colli Lanuvini” rosso riserva:

colore: rosso rubino più o meno intenso con riflessi granati e violacei più o meno intensi.

profumo: vinoso gradevole;

sapore: asciutto, sapido corposo e armonico;

 titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 13,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20g/l;

può presentare sentore di legno

 

E' in facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali - Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, con proprio decreto, modificare i limiti sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore minimo.

Articolo 7.

Etichettatura e designazione.


7.1. - indicazioni qualitative: Alla denominazione di cui all'articolo 1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione ivi compresi gli aggettivi "extra", "fine", "scelto", "selezionato" e simili.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l'acquirente.

7.2. - indicazioni geografiche:

può essere utilizzata la menzione "vigna" in conformità alla vigente normativa per i vini di qualità.

7.3. - annata di produzione:

sulle bottiglie o altri recipienti contenenti vini a denominazione di origine controllata «Colli Lanuvini» deve figurare obbligatoriamente l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.

Articolo 8.

Confezionamento

 
8.1. I vini a DOC «Colli Lanuvini» bianco e rosso:

possono essere confezionati senza specificazioni aggiuntive, in contenitori alternativi al vetro costituiti da un otre in materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido, di capacità non inferiore a 2 litri .". 8.2. I vini a DOC «Colli Lanuvini» superiori bianco e rosso: - devono essere confezionati solo in bottiglie delle capacità da litri 0,187 a litri 0,750

e' ammessa la chiusura con tappo di sughero, sintetico e in vetro. 8.3.

I vini a DOC «Colli Lanuvini» spumante e rosso riserva:

devono essere confezionati solo in bottiglie delle capacità da litri 0,375 - 0,750 - 1,500 - 3,000.

E' ammessa la chiusura con solo tappo di sughero. - Le bottiglie da litri 1,500 e 3,000 debbono essere inscatolate singolarmente.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, in Provincia di Roma: comprende parte del versante occidentale dei Colli albani e si estende su una superfici di circa 5.900 ettari.

Dal punto di vista geologico i terreni dei Colli albani e quelli pedocollinari hanno avuto origine da formazioni vulcaniche generate dalle eruzioni del Vulcano laziale: L’attività endogena che ha generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro.

Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale dell’edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di sedimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli Albano e di Nemi. Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa.

Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura diversa.

Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato.

Sono di scarsa o nulla permeabilità all'acqua e alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici.

Coprono una minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione. In generale danno origine a terreni di scarso spessore dove s’insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti.

I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 64 e i 435 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest e sudovest.

Il clima dell’area è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 822 ed i 1110 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127 mm) nei mesi estivi. Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo poco intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,4 e 4,0° C

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Colli Albani un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Colli Lanuvini”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana che destinavano a vigneto le terre più idonee e perciò preferivano il suolo vulcanico dell’antico vulcano laziale posto a sud di Roma.

I vigneti dei Castelli romani, indicati dai Georgici tra quelli atti a produrre i migliori vini dell’epoca romana, hanno superati indenni i secoli bui del Medioevo e sono giunti fino a noi dopo essere stati ammirati ed immortalati da poeti, scrittori e pittori del Gran Tour.

Gli Statuti di Genzano (Statuta Oppidi Cynthiani), emanati il 10 agosto 1565 e quelli di Civita Lavinia (Lanuvio) del 1567, contengono Capitoli che regolamentavano la coltivazione della vite e la produzione del vino, contengono Capitoli che regolamentavano la coltivazione della vite e la produzione del vino.

Nella Storia di Genzano con note e documenti (1797) il Ratti, riporta che l’Archivio Sforza possiede “un istrumento in pergamena di una vendita di una vigna posta in territorio di Genzano nell’anno 1580” e di un altro nel 1590.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimonia la Sagra dell’uva di Lanuvio giunta alla ventinovesima edizione.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC Colli Lanuvini sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia di Candia, la Malvasia del Lazio ed il Trebbiano toscano, verde e giallo per i vini bianchi ed il Merlot, il Montepulciano ed il Sangiovese per quelli rossi;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (101,50 hl/ha per la tipologia bianco di base e spumante, 91 hl/ha per le tipologie bianco Superiore, 94,5 hl/ha per la tipologia rosso e 84 hl/ha per la tipologia rosso Superiore);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini: che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati e per la vinificazione in rosso dei vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia di base e le tipologie riserva e superiore, riferite quest’ultime a vini rossi maggiormente strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento ed affinamento in bottiglia obbligatori.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Colli Lanuvini” è riferita a 3 tipologie di vino bianco (“di base”, “Superiore” e “Spumante”) a 3 tipologie vino rosso (“di base”, “Superiore” e “Riserva”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Colli Lanuvini” bianco:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore intenso con note floreali e fruttate, sapore secco o amabile.

“Colli Lanuvini” Superiore:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino, odore intenso con note floreali e fruttate, di giusto corpo armonico, sapore secco o amabile.

“Colli Lanuvini” spumante:

vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, con perlage fine e persistente, odore intenso con note floreali e fruttate, sapore secco o amabile o dolce, armonico e vellutato.

“Colli Lanuvini” rosso:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino un giusto di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità.

Il prodotto presenta un colore rosso rubino più o meno intenso, odore intenso con sentori fiorali e fruttati (bacche e drupe) tipici delle cultivar, sapore secco armonico di giusto corpo.

“Colli Lanuvini” rosso Superiore:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità.

Il vino presenta un colore rosso rubino più o meno intenso con riflessi violacei da giovane che diventano granati con l'invecchiamento, odore intenso con sentori fruttati (bacche e drupe) e floreali (viola) che sfumano a favore di quelli speziati o fenolici associabili al legno, sapore secco armonico di giusto corpo.

“Colli Lanuvini” rosso Riserva:

buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità.

Il vino presenta un colore rosso rubino più o meno intenso con riflessi granati e violacei più o meno intensi, odore intenso con sentori fruttati (bacche e drupe) e floreali (viola) che sfumano a favore di quelli speziati o fenolici associabili al legno, sapore secco armonico di giusto corpo.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza, buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione, nel versante occidentale dei Colli albani, e l’esposizione ad ovest, sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Colli Lanuvini”. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Colli Lanuvini”.

In particolare, i terreni prevalentemente di origine vulcanica, sono costituiti da pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; si hanno anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolino calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre e terreni riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa che presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente. Trattasi di terreni con caratteristiche tali da renderli idonei ad una

vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni più che sufficienti (970 mm), con piogge estive non elevate (100 mm) ed aridità nei mesi estivi nella parte meno acclive, da una buona temperatura media annuale (14.6 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, caratterizzata nella fase finale, da una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Colli Lanuvini".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antica “Lanuvium”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Colli Lanuvini”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Colli Lanuvini”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Colli Lanuvini” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.

Nel medioevo: i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici.

Gli Statuti di Genzano e di Lanuvio, emanati nel 1565 e nel 1567, regolamentavano l’ordinamento della Comunità su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale.

Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.

Più recentemente lo sviluppo della viticoltura, la capacità dei vignaioli e la bontà del vino è testimoniata da numerosi autori: il Piazza, nella Gerarchia cardinalizia (1703), riporta per Genzano “..sommamente delizioso, ed ameno, al quale recano oggidì nome, e fama, i preziosi, e soavissimi vini, che quivi in gran copia si fanno; che vanno per la loro salubrità sù le mense de' Grandi, come saporiti al gusto, e salutiferi alla sanità, in stima ugualmente in commune, corne già furono i Ducini, i Falerni, li Gaurani, e li Faustiani, degli antichi.

Nel 1729, De Secondat Barone di Montsquieu, nel suo Viaggio in Italia scrive “I dintorni di Genzano sono celebri per gli eccellenti vini che vi si producono, i migliori che si bevano a Roma.”

Al contrario nel 1740, il De Brosses, presidente del Parlamento di Borgogna, critica aspramente il vino che si produce a Genzano, che evidentemente non è di suo gradimento, ma afferma “eppure è molto celebrato”.

Nella guida ai viaggiatori Itinerario italiano o sia descrizione dei viaggi per le strade più frequentate delle principali città italiane del 1828, per Genzano riporta “Il clima è buono, e il vino che si raccoglie nella contigua campagna, è assai stimato”.

Il Lucidi nelle Memorie storiche dell'antichissimo municipio ora terra dell'Ariccia, e delle sue colonie Genzano, e Nemi

(1796), riporta che “Sebbene il territorio di Genzano non sia molto ampio; contuttociò l'industria de' suoi cittadini è stata tale , che avendo preso in enfiteusi molti terreni nell' agro Aricino , Lanuvino , romano, e in questi ultimi tempi anche veliterno, gli hanno piantati a vigne, dalle quali ne ricavano vino squisito”.

Nell’opera citata, il Ratti parlando del vino genzanese, scrive “la delicata e saporita uva che lo produce, per la maggior parte nasce del territorio di Civita Lavinia, essendo ristrettissimo quello di Genzano ed afferma che “la rara bonta, ed eccellenza del vino di Genzano è da attribuire alla grande capacità dei vignaioli genzanesi, come il Mancini che nella monografia Il Lazio viticolo e vinicolo (1888), riporta che uno dei tre modi di coltivare la vite nei Castelli romani è “a vigna alla genzanese”.

Melchiorri nella Guida metodica di Roma e suoi contorni (1834) per Genzano scrive “La coltivazione delle vigne è la principale, e il vino che producono è rinomato per la sua bonta e gagliardia.”

Come il Bauco nella Storia della città di Velletri (1851) che descrivendo il suo circondario per Genzano riporta “..il vino, che può dirsi esquisito, forma il suo principale commercio.

Il Nibby, nell’opera citata, a proposito di Genzano annota che vi si producono vini eccellenti “che potrebbero gareggiare con quelli di Spagna”. Moroni nel Dizionario di erudizione storico-ecclesiastico (1854) parlando di Civita Lavinia scrive “fertile è il territorio di Civita Lavinia, e squisito n’e il vino”.

In Roma descritta ed illustrata dall'abbate Giuseppe Antonio Guattani (1805), l’autore descrive i paesi dei Colli albani ed i monumenti da visitare: per Genzano, pur non mancando bellissimi monumenti, scrive unicamente “Vini eccellenti”

Il Nibby, nell’opera Viaggio antiquario ne’ contorni di Roma (1837) a proposito di Civita Lavinia (l’odierna Lanuvio) scrive che la località Casal della Mandria “è coperto di vigne”, come lo è ancora oggi”. Il Palmieri. nella Topografia statistica dello stato pontificio (1857) descrivendo Genzano annota“fertilissimo è il suo territorio, e celebrato in particolare per i suoi esquisiti vini”, e per Civita lavinia “abbondante di acqua, e di generi, e più di vino, e mirasi contornata di vigne”.

Il Mengarini, nella monografia La viticoltura e l’enologia del Lazio (1888), riporta “A Civita Lavinia il Sig. A. Srutt produce da vari anni, benché su scala non molto vasta, dei tipi che sono apprezzati e smerciati in Inghilterra

Il forte legame di Genzano con la viticoltura è evidente nella struttura della Fontana di San Sebastiano (1776), composta da una grande vasca circolare scolpita a imitazione di una scogliera e da un basamento esagonale che sorregge un'alta colonna ornata da una spirale di tralci di vite e grappoli d'uva, che e sormontata da una croce.

La storia recente è caratterizzata, da una continua crescita della denominazione che si è protratta dalla sua creazione fino quasi alla fine degli anni 2000: attualmente, a causa della chiusura della Cantina sociale San Tommaso, è caratterizzata da una situazione di stasi; si assiste comunque alla nascita di nuove aziende caratterizzate da grande professionalità che contribuiscono ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Colli Lanuvini”,

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo: Valoritalia

Via Piave, 24

00187 Roma

Telefono 06/45437975 - Fax 06/45436906;

E-mail info@valoritalia.it

Valoritalia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25,

par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli,  approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
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FRASCATI

D.O.C.
Decreto 20 settembre 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Frascati»,  anche  nella tipologia «Spumante»,  è  riservata  ai  vini  che  rispondono  alle condizioni ed ai requisiti stabiliti  nel  presente  disciplinare  di produzione.

 

Articolo 2

Base Ampelografica

 

Il vino a denominazione di origine controllata «Frascati»,  anche nella tipologia  «Spumante»,  deve  essere  ottenuto  dalle  uve  dei vigneti  aventi,  nell'ambito  aziendale,  la  seguente  composizione varietale:

 

Malvasia bianca di Candia  e/o  Malvasia  del  Lazio  (Malvasia puntinata) minimo 70%;

Bellone,  Bombino  bianco,  Greco  bianco,  Trebbiano  toscano, Trebbiano giallo da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 30%.

le altre varietà di vitigni a bacca bianca idonei alla  coltivazione nella Regione Lazio, presenti nei vigneti, possono concorrere fino ad un massimo del 15% di questo 30%.

 

La base ampelografica dei vigneti, già iscritti  allo  schedario viticolo della denominazione di origine controllata «Frascati»,  deve essere adeguata, entro la decima vendemmia  riferita,  alla  data  di approvazione del presente disciplinare di produzione.

Sino alla scadenza, indicata nel precedente comma, i  vigneti  di cui sopra, iscritti a  titolo  transitorio  allo  schedario  viticolo della denominazione  di  origine  controllata  dei  vini  «Frascati», potranno usufruire della denominazione medesima.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione delle uve del vino «Frascati» comprende  il comprensorio già delimitato con decreto ministeriale 2 maggio  1933, pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  n.  137  del  13  giugno  1933.

Nonché  i territori per i quali sono state  attualmente  rilevate  le condizioni previste al secondo comma  dell'art.  1  del  decreto  del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930.

Tale zona comprende per intero il territorio  amministrativo  dei comuni di

Frascati, Grottaferrata, Monte Porzio Catone,

ed  in  parte quelli di

Roma e Montecompatri,

in provincia di Roma

Tale  zona  è  così  delimitata:  sulla  via  Casilina,  appena superato il Km. 21 al ponte di Pantano, il limite segue in  direzione sud-est il fosso Valpignola sino ad incontrare  il  confine  comunale tra Roma e Montecompatri per proseguire  lungo  questi  in  direzione sud-est  fino  ad  incontrare,  in   località   Marmorelle,   quello dell'isola amministrativa del comune di Colonna.

Prosegue quindi verso sud lungo il confine  tra  Roma  e  Colonna prima, Roma e Montecompatri poi ed in prossimità della  fontana  del Piscaro segue nuovamente per breve tratto verso sud  il  confine  tra Colonna-Frascati in prossimità del  Km.  6,200. 

Segue  quindi  tale strada in direzione sud-ovest fino al Km. 4,300 circa, dove  incrocia il confine comunale di  Monte  Porzio  Catone  (località  Pallotta); segue quindi verso sud per  proseguire  poi  nella  stessa  direzione lungo quello tra Montecompatri e Grottaferrata, sino a raggiungere il confine di Rocca di Papa in prossimità del C. dei Guardiani.

Da  qui prosegue verso ovest lungo il confine tra Grottaferrata  e  Rocca  di Papa, fino ad incontrare quello del comune di  Marino;  segue  quindi verso ovest e poi verso nord-ovest il  confine  tra  Grottaferrata  e Marino ed all'altezza di Colle dell'Asino prosegue  verso  nord-ovest per il confine tra Roma e Ciampino, raggiungendo il Km. 2  sulla  via Anagnina.

Dal Km. 2 sulla via Anagnina segue una  retta  immaginaria  verso nord-est che raggiunge il Km. 12,800 della  via  Tuscolana  (s.s.  n. 215), segue quindi la via Tuscolana verso sud-est e  a  Ponte  Linari.

Prosegue verso nord per la strada di Tor Vergata fino  a  raggiungere la via Casilina (s.s. n. 6) in prossimità di Torre  Nuova. 

Seguendo quindi la via Casilina verso est giunge, appena superato il  Km.  21, al ponte di Pantano, da dove e' iniziata la delimitazione.

Alla  zona di produzione delle uve sopra  descritta  va  ad  aggiungersi  quella dell'isola amministrativa del comune di Grottaferrata sita a nord-est del Km. 2 della via dei Laghi (s.s. n. 217) e compresa tra i  confini di Rocca di Papa, Marino e Castel Gandolfo.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti  devono  essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e  al vino derivato, le specifiche  caratteristiche  di  qualità. 

Sono pertanto da considerare idonei unicamente i vigneti di  giacitura  ed orientamento  adatti  i  cui  terreni  di  origine  vulcanica   siano permeabili, asciutti, ma non aridi.

I sesti di impianto, le forme di  allevamento  ed  i  sistemi  di potatura, devono essere quelli generalmente usati,  comunque  atti  a non modificare le caratteristiche dell'uva e del vino.

E' esclusa ogni pratica di forzatura.

E' consentita l'irrigazione di soccorso.

Per i nuovi impianti, il numero minimo di  ceppi  è  fissato  in 3.000 per ettaro calcolati  sul  sesto  d'impianto;  per  i  suddetti impianti non sono ammessi impianti a tendone e/o pergola.

 

La produzione massima di uva non deve eccedere le

14,00 t/ha di  vigneto  in  coltura  specializzata. 

In  annate  eccezionalmente favorevoli, la produzione dovrà essere riportata ai  limiti  di  cui sopra, purché quella globale del  vigneto  non  superi  del  20%  il limite medesimo.

Le uve destinate alla produzione  del  vino  a  denominazione  di origine  controllata  «Frascati»,   devono   assicurare   un   titolo alcolometrico volumico naturale minimo di

11,00% vol.;

10,00% .vol. per la tipologia «Spumante».

In caso di  annata  sfavorevole,  che  lo  renda  necessario,  la Regione Lazio, su proposta del Consorzio di tutela,  fissa  una  resa inferiore  a  quella  prevista   al   presente   disciplinare   anche differenziata nell'ambito della zona di produzione di cui all'art. 3.

Nell'ambito della resa massima  fissata  nel  presente  articolo,  la regione Lazio,  su  proposta  del  Consorzio  di  tutela  sentite  le Organizzazioni di categoria, può fissare i  limiti  massimi  di  uva rivendicabili per ettaro inferiori  a  quelli  previsti  dal  presente disciplinare di produzione in rapporto alla necessità di  conseguire un migliore equilibrio di mercato. In questo caso non si applicano le disposizioni di cui al comma precedente.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le  operazioni  di   vinificazione   devono   essere   effettuate nell'interno della zona di produzione delle uve di cui all'art. 3.

Tuttavia,  tenuto   conto   delle   esigenze   locali   collegate all'urbanizzazione del territorio  ed  a  salvaguardia  delle  locali tradizioni esistenti, e'  consentita  altresì  la  vinificazione  in parte  del  comune  di  Montecompatri   nel   comprensorio   appresso delimitato:

partendo dal confine tra  Montecompatri  e  Monte  Porzio Catone alla q 300, in prossimità del  fontanile  sito  in  località Pallotta sulla strada Frascati-Colonna al km 4,300 circa.

Il  limite segue verso sud tale confine per breve tratto (350 metri circa),  per prendere poi la strada comunale che in direzione sud-est,  dopo  aver costeggiato M. Doddo ad ovest ed  attraverso  viale  Antonino  risale raggiungendo ad ovest il centro urbano di Montecompatri.

Lo costeggia nella parte a sud, includendo  cosi'  nella  delimitazione,  fino  ad incrociare la  strada  comunale  che  in  uscita  raggiunge  la  s.s. Maremmana 30 e poi lungo quest'ultima, prima in direzione  sud-est  e poi  nord-est  raggiunge  la  strada  per  Fontana  Cannetaccia,   in prossimita' del km 3,500.

Prosegue poi  per  quest'ultima  strada  in direzione ovest e poi  nord-ovest  lungo  quelle  che  costeggiano  a

nord-est le localita' Olivello e Pedicata, sino a raggiungere Fontana Laura (q 344).

Da Fontana Laura segue questo verso  ovest  una  retta immaginaria, tesa tra la  q  344  e  la  q  461(M.  Doddo),  fino  ad incrociare la strada per C. Brandolini: prosegue poi su  tale  strada verso nord ed a C. Mazzini piega verso ovest per raggiungere  la  via Colonna (Frascati-Colonna) in prossimità del km 4,350  e  proseguire quindi nella stessa direzione sulla medesima fino a q 300 da  dove è iniziata la delimitazione.

 

Le operazioni d'imbottigliamento dei vini della denominazione  di origine controllata «Frascati» devono essere  effettuate  nell'ambito della zona di vinificazione di cui  al  comma  1  e  2  del  presente articolo.

Sono altresì  autorizzate  le  aziende  ubicate  nella  zona  di produzione  della  denominazione  di  origine  controllata  "Castelli Romani" già autorizzate dal  DM  di  approvazione  del  disciplinare precedente.

Sono fatte salve le deroghe previste dal DLGS n.61 del 2010.

La zona di spumantizzazione comprende l'intero  territorio  della provincia di Roma.

Le tecniche di  spumantizzazione  sono  quelle  consentite  dalla legislazione vigente.

La resa  massima  delle  uve  in  vino  finito  non  deve  essere superiore al 70% per il vino «Frascati».

Qualora la resa uva/vino superi detto limite,  ma  non  oltre  il 75%, l'eccedenza non ha diritto ad alcuna  denominazione  di  origine controllata; oltre il 75% decade il  diritto  alla  denominazione  di origine controllata per tutto il prodotto.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il  vino  a  denominazione  di  origine  controllata  «Frascati», all'atto dell'immissione al consumo, deve  rispondere  alle  seguenti caratteristiche:

 

colore: paglierino più o meno intenso;

 profumo: vinoso, con profumo caratteristico delicato;

 sapore: sapido, morbido, secco, amabile o abboccato;

 titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

 acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

  

 Il vino «Frascati Spumante» all'atto dell'immissione  al  consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

spuma: fine e persistente;

colore: paglierino chiaro;

profumo: fine, caratteristico;

sapore: armonico, da brut a extradry;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15 g/l.

 

E' facoltà del Ministero delle politiche agricole e forestali  - Comitato  nazionale  per  la  tutela  e   la   valorizzazione   delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche  dei vini, anche su proposta delle categorie  interessate,  di  modificare con proprio decreto i limiti minimi relativi  all'acidità  totale  e all'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura designazione e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata «Frascati»  è  vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente  disciplinare  di  produzione  ivi  compresi  gli  aggettivi «extra», «fine», «scelto», «selezionato» e simili.

E' fatto obbligo indicare in etichetta solo le diciture "amabile" o "abboccato".

Sulle  bottiglie  ed  altri  recipienti  contenenti  il  vino   a denominazione di origine controllata «Frascati», ad esclusione  della tipologia «Spumante», è obbligatoria l'annata  di  produzione  delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I contenitori, esclusivamente in vetro, in cui sono  confezionati i vini a denominazione  di  origine  controllata  «Frascati»  per  la commercializzazione, debbono essere  di  capacità  consentita  dalle vigenti leggi e comunque compresi tra 187 cc e 1500  cc,  chiuse  con tappo di sughero o altro materiale  inerte  ammesso  dalla  normativa

comunitaria e nazionale vigente.

Tuttavia per  detti  vini  e'  consentito  l'uso  di  contenitori alternativi al vetro costituiti da  un  otre  in  materiale  plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro  di cartone o di altro materiale rigido, di capacità non inferiore  a  3 litri.

E' consentito l'uso  del  fiasco  di  paglia  o  similpaglia  con capacità fino a 1500 cc, chiuso con tappo di sughero.

Ad  esclusione  della  tipologia  «Frascati»  Spumante,  per   la chiusura dei recipienti di  vetro,  è  consentito  l'uso  del  tappo capsula a vite.

Inoltre ad esclusione della tipologia Spumante, per i  recipienti di vetro di capacità compresa tra 187 cc  e  250  cc  è  consentito l'uso del tappo a vite.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, in Provincia di Roma: si estende per circa 8.300 ettari e comprende la parte acclive ed le pendici del versante settentrionale dei Colli albani.

Dal punto di vista geologico i terreni dei Colli albani e quelli pedocollinari hanno avuto origine da formazioni vulcaniche generate dalle eruzioni del Vulcano laziale.

L’attività endogena che ha generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio

centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro.

Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale dell’edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di sedimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli Albano e di Nemi.

Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa. Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura diversa.

Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato.

Sono di scarsa o nulla permeabilità all'acqua e alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici.

Coprono una minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione. In generale danno origine a terreni

di scarso spessore dove s’insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti. I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 70 e i 500 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest e nordovest.

Il clima è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 822 ed i 1010 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127 mm) nei mesi estivi. Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo poco intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,4 e 4,0° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Frascati un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Frascati”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana: complice la natura del suolo e il clima temperato, la coltivazione della vite ha trovato nella zona anticamente denominata Tusculum (Tuscolo) il luogo ideale e favorevole per la sua progressiva espansione e specializzazione.

Risale al V secolo a. C. una pittura parietale raffigurante due caproni che si affrontano sotto un ricco tralcio di vite carico di turgidi grappoli. Si tratta di uno dei reperti archeologici del Tuscolo conservati dal 1940 nel Castello di Agliè, in Piemonte.

Tra i più antichi ed illustri intenditori del "Frascati" spicca Marco Porzio Catone detto il Censore, che nel suo celebre trattato De Agricultura fissò le norme di coltivazione e vinificazione. Originario di una famiglia di viticoltori tuscolani, gradiva egli stesso porsi al lavoro delle sue terre assieme ai propri dipendenti, dividendone poi il cibo semplice ed il vino genuino.

Varrone ricorda le feste tuscolane "Vinalia" per il vino nuovo del Tuscolo ed alcuni provvedimenti relativi alla sua esportazione in Roma: a Tuscolo s’era provveduto per legge che nessuno mandasse vino nuovo in città prima che fossero celebrate le feste del vino. Con questo buon vino, a detta di Macrobio, Ortensio innaffiava i celebri platani che aveva piantato sulle liete pendici tuscolane perché crescessero più rigogliosi.

Successivamente, in una bolla di Papa Sergio I (687-701), sono citate “vigne sotto Frascati, fra la via Appia e la via Latina, dove si incrociano gli antichi acquedotti”.

Gli Statuti concessi alla città di Frascati da Marcantonio Colonna, Signore e Vicario di Papa Giulio II della Rovere, datati 1515, stabilivano, in alcuni importantissimi articoli, le zone da destinare a vigneto, le modalità per determinare l’epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino: precisamente detta l'art. 96: “che il vino delli forestieri si venda a ellezione dei soprastanti” (quindi un Consorzio di Difesa e Tutela ante litteram) e “Statuimo et ordiniamo che qualunque del detto castello, ovvero altri che venda vino, che lo portassi fori d'esso castello, a vendere in esso, che sia

vino latino, non sia lecito a nessuno venderlo più di quello che gli sarà imposto dagli soprastanti, et chi contraffarà paghi pena di soldi vinti per qualunque volta et per qualunque misura”.

Sante Lacerio, bottigliere di Papa Paolo III (1534-1549), in una lettera sulla qualità dei vini in circolazione afferma che il vino migliore si produce a suo giudizio a Frascati, Marino e a Grottaferrata.

Nella guida ai viaggiatori Itinerario italiano o sia descrizione dei viaggi per le strade più frequentate delle principali città italiane del 1828, per Frascati riporta “è circondata di giardini, di vigne, di oliveti”

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimoniano i toponimi delle località che costituivano e costituiscono i luoghi di produzione del Frascati: il Mattei nelle Memorie istoriche dell’antico Tuscolo, oggi Frascati (1711) riporta vigna di Villa Mondragone, vigna dei Signori Cavalletti, vigna sita in Vermicino, vigna nella

tenuta di San Matteo, vigna dei PP Camaldolesi, vigna nella Tenuta di S. Croce, come il gesuita Eschinardi, nella approfondita Descrizione di Roma e dell’Agro romano (1750), che riporta numerose località dove ancora oggi sono presenti vigneti (Borghetto, Osteria del Fico, Molara e Osteria della Molara, Prata Porci), e afferma “.. una Terra situata in amenissimo luogo appartenente alla Casa Borghese, che vi ha comode abitazioni, e delizie, essendo luogo abbondante di vini”.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC Frascati sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia bianca di Candia, la Malvasia del Lazio, il Bellone, il Bombino bianco, il Greco bianco ed il Trebbiano toscano e giallo;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare pari a 98 hl/ha per tutte le tipologie;

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Frascati” è riferita a 2 tipologie di vino bianco (“Frascati” e “Spumante”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Frascati”:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore intenso, con profumo caratteristico e delicato con note floreali, sapore secco, o amabile o abboccato, sapido, morbido.

“Frascati” spumante:

vino fresco ed equilibrato con colore dal giallo paglierino chiaro, spuma fine e persistente, odore fine e caratteristico, sapore armonico, da brut a extradry.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione costituita dalle pendici settentrionali del vulcano Laziale, e l’esposizione a ovest e nordovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Frascati”.

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Frascati”.

In particolare, i terreni prevalentemente di origine vulcanica, sono costituiti da pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; si hanno anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolino calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre e terreni riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa che presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente.

Trattasi di terreni con caratteristiche tali da renderli idonei ad una vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (920 mm), con scarse piogge estive (120 mm) ed aridità nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (14,6°C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente (in qualche anno anche fino al mese di novembre), contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Frascati".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Tusculum”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Frascati”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Frascati”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Frascati” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.

Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici.

Gli Statuti della Città di Frascati, emanati nel 1515, regolavano l’ordinamento della Comunità di Frascati su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Articoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.

Un anonimo cronista al seguito del cardinale Scipione Borghese, raffinato buongustaio, così parla del Frascati, già noto nella prima metà del '600: “della bontà del sito non mi è necessario dirlo, perché la virtù et la varietà et la opportunità del terreno si mostra pur anco hoggidì, quando le sue vigne producono frutti et liquori di tale squisitezza, che io non intendo in quale parte si trovino migliori”.

Successivamente, in merito alla poca durata dei vini di Toscana, il Tergioni Tozzetti, in Riflessioni sopra la poca durata dei moderni Vini di Toscana (1791) porta come esempio tra gli altri, il Frascati, come vino da imitare in quelle terre “.. che il Tiburtino, cioè di Frascati, era nel suo fiore in capo a 10 anni, e quanto più invecchiava, tanto più migliorava” e citando Bacci riporta che all’epoca (1595) i vini di “Grotta Ferrata” bastavano fino a quattro anni.

Il Marocco, in Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese (1835), riporta per Monte Porzio Catone “Gli abitanti sono pieni di convenienza , si applicano ai lavori della campagna, e la maggiore utilità l'hanno sul commercio dèl vino”, per Grottaferrata “i vini sono eccellenti” e per Frascati “Il territorio e feracissimo.. produce eccellenti vini”.

Il Coppi, nel Discorso agrario del 1865, letto nell’Accademia tiberina il dì 15 gennaio 1866, riporta che Fabio Cavalletti nel suo podere di Grottaferrata (tuttora esistente) adottò un nuovo sistema di coltivare la vite e che il vino è di qualità eccellente.

Il Dalmasso, autore di uno dei primi trattati sui vini d'Italia, nella sua “Storia della vite e del vino in Italia” (1931-37), ricorda come il medico di Sisto V, Andrea Bacci, avesse definito Frascati “luogo di delizie, generoso di uve e di vari frutti", mettendo in evidenza che “quegli industri coltivatori avevano propagato nelle loro vigne le viti più elette d'Italia” dalle quali si ottenevano vini che venivano forniti “ai conviti principeschi, nonché alle mense borghesi di Roma”.

Interessante e pittoresca è la cronaca di una gita effettuata Grottaferrata in occasione della fiera nell’anno 1869 e riportata nel Buonarroti scritti sopra le arti e le lettere da Enrico Narducci: oltre ad una accorta e gustosa descrizione degli abitanti e delle loro abitudini riporta in merito al vino “..bottiglie freschissime di vino color oro, di quello che scende benefico all’ugola, apportatore di vita” e testimonia inoltre dell’esistenza di una società enologica che commerciava in vini “..sappiamo che in Frascati è costituita una società enologica, composta dai Signori Ambrogini e Santovetti e presieduta dall’onorevole dottor Gualandi. I vini che questa da al commercio sebbene finora in

piccola scala, dicono chiaro bensì, che mai potrebbesi riprometter con essi”.

Il 23 Maggio 1949 nasce il Consorzio, su iniziativa di 18 produttori, con la Denominazione di "Consorzio del Frascati". L’intento era quello di tutelare, valorizzare e propagandare il vino “Frascati” autentico, ottenuto dalle uve delle vigne tuscolane. Infatti già all’epoca il nome Frascati era conosciuto in tutto il mondo e garantiva quindi ottime possibilità di vendita; per cui non era più accettabile si vendesse falso vino di Frascati.

È sempre esistito un legame tra il Frascati e la letteratura ed infatti numerosi poeti hanno dedicato a questo nobile ed illustre vino i loro versi in italiano, in dialetto romanesco e in dialetto frascatano. Il poeta romanesco Trilussa in un sonetto del 1912 intitolato ‘Er battesimo civile’ scrive: “Pe’ nun faje er battesimo davero, / ho battezzato la pupetta mia / co’r vino de Frascati all’osteria / davanti a ‘no stennardo rosso e nero” e più avanti “..doppo du’ o tre bevute, er comparetto, / a cavallo a ‘na botte de Frascati, / ce fece un… verso, e recitò un sonetto”.

Ai giorni nostri così scrive Alberto Bevilacqua, a dispetto del proprio cognome: “T’accenderà questo vino frascatano / il nero immemore degli occhi, / sarà amore sotto la tua nuda pelle dorata / ti donerà ricreata / nel cuore d’altri anni la tua età...”.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Frascati”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

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Valoritalia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25,

par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.