Lazio › FROSINONE LATINA

CESANESE DEL PIGLIO D.O.C.G.

APRILIA D.O.C.

ATINA D.O.C.

CIRCEO D.O.C.

CORI D.O.C.

TERRACINA D.O.C.

VIGNETI CORI

VIGNETI CORI

CESANESE DEL PIGLIO

PIGLIO

D.O.C.G.

Decreto 01 agosto 2008

Rettifica Decreto 27 luglio 2009

Rettifica con DM 17 settembre 2009

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata e garantita “Cesanese del Piglio” o “Piglio” è riservata ai vini rossi che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le tipologie:

 

“Cesanese del Piglio” o “Piglio”

“Cesanese del Piglio” o “Piglio” <Superiore>.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino “Cesanese del Piglio” o “Piglio” deve essere ottenuto dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Cesanese di Affile e/o Cesanese comune 90% minimo;

vitigni complementari, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, per non più del 10%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione d’origine controllata e garantita “Cesanese del Piglio” o “Piglio” ricade nella provincia di Frosinone e comprende tutto il territorio comunale di Piglio e Serrone

e parte del territorio di

Acuto, Anagni e Paliano.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo dall’incrocio del confine comunale di Roiate con il confine provinciale tra Roma e Frosinone, in località la Morra Rossa, il limite segue in direzione sud-ovest il confine provinciale fino a incontrare, in località Fontanarena, la strada per la Polledrara (quota 259) che segue in direzione sud fino al ponte Valleranno.

Di qui lungo il fosso Mazza sbirri fino all’altezza della quota 239 e poi segue la strada che in direzione nord-est va a incrociare quella di Paliano in prossimità del km 7; in direzione sud segue tale strada fino a incrociare il confine

provinciale tra Roma e Frosinone, che segue in direzione sud fino a incrociare l’elettrodotto dopo circa 500 metri. Prosegue, quindi, verso sud, per la strada che per un primo tratto costeggia il confine provinciale e poi passa per le quote 225 e 249.

Da tale quota segue verso nord-est una linea retta che raggiunge il fontanile la Botte, segue quindi l’elettrodotto in direzione est fino a raggiungere il confine comunale tra Paliano e Anagni, lungo il medesimo discende verso sud,

supera la via Casilina (strada statale n. 6) in prossimità dal km 57,700 sino a incontrare il confine tra le province di Roma e Frosinone.

Segue quindi questo confine sino al ponte della Mola e prosegue poi per la strada che costeggiando l’acquedotto, in direzione nord-est incrocia l’autostrada A2, segue quindi la medesima sino al Rio S. Maria che risale verso nord-est sino a Mola del Lago.

Da La Mola del Lago risale il fosso di Tufano per circa 250 metri sino al ponte posto a circa 250 metri, segue quindi, in direzione sud, la strada per la Selciatella per circa 100 metri piegando poi in direzione est per quella che va a incrociare la strada per Anagni all’altezza del km 26,600 circa.

Prosegue lungo quest’ultima verso nord sino all’oratorio (quota 234) e da qui segue verso nord-est la strada che incrocia la Casilina (strada statale n. 6) in prossimità dell’osteria di Mezzo da dove prosegue, verso nord, per la strada prima e il sentiero poi che attraverso la località Cudi incrocia la strada per Anagni in prossimità della quota 325, prosegue su quest’ultima, supera il centro abitato di Anagni, costeggiandolo a sud per proseguire verso est sulla strada per le Case Belvedere fino al km 3 e 900 circa (quota 365), prosegue sulla strada per la cava di pietra fino al quadrivio da dove piega verso nord-est per quella che costeggia la località Vignola e passa per la quota 396 fino a congiungersi al km 6 della strada già seguita all’uscita di Anagni.

Percorre la medesima fino al km 6,500 circa e segue quindi quella in direzione verso nord-est per quella che costeggia la località Vignola e passa per la quota 396 fino a congiungersi al km 6 della strada già seguita all’uscita di Anagni.

Percorre la medesima fino al km 6,500 circa e segue quindi quella in direzione ovest per il fontanile (quota 378), prosegue poi in direzione nord per la strada che, costeggiando M. Pelato, Canelara, le Creste, Colle Vecchiarino e M. di Scutta, passa per le quote 341, 371, 390 e 359 e raggiunge il confine comunale di Acuto al ponte sul Rio Campo. Prosegue quindi sulla stessa strada in direzione di Acuto fino a inserirsi sulla strada statale di Fiuggi (n. 155) in prossimità del km 39,400, percorre questa strada verso nord sino a incontrare il confine comunale tra il Piglio e Acuto

in prossimità del km 36,500.

Segue in direzione nord-est il confine comunale del Piglio sino a incrociare quello tra la provincia di Roma e Frosinone sull’Altopiano di Arcinazzo e quindi in direzione ovest segue il confine provinciale raggiungendo la località la Morra Rossa chiudendo così la delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali dei vigneti destinati alla produzione dei vini “Cesanese del Piglio” o “Piglio” devono essere quelle tradizionali della zona e atte a conferire alle uve le specifiche caratteristiche di qualità.

Per i nuovi impianti e reimpianti la densità non può essere inferiore a 3.000 ceppi per ettaro in coltura specializzata. E’ vietato l’impianto delle viti secondo il sistema a “doppia posta”.

I sesti di impianto e le forme di allevamento consentiti sono quelli idonei per la tipologia di vitigno e per la zona.

E’ vietata ogni pratica di forzatura.

E’ consentita l’irrigazione di soccorso.

La produzione massima di uva ad ettaro e la gradazione minima naturale sono le seguenti:

 

Cesanese del Piglio o “Piglio”: 11,00 t/ha, 12,00% vol.;

Cesanese del Piglio o “Piglio” superiore: 9,00 t/ha, 12,50% vol.

 

A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve, purché la produzione non superi del 20% i limiti massimi.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nella sola area dei Comuni ricadenti in provincia di Frosinone: Serrone, Piglio, Paliano, Acuto ed Anagni.

L’imbottigliamento dei vini Cesanese del Piglio deve avvenire all’interno della zona di vinificazione.

E’ comunque consentito che le operazioni di vinificazione e di imbottigliamento, limitatamente al vino “Cesanese del Piglio” o “Piglio”, con esclusione delle tipologie “Superiore” e menzione “Riserva”, siano effettuate fuori dall’attuale zona di produzione delle uve e limitatamente ai comuni di

Arcinazzo Romano, Affile, Roiate, Olevano Romano, Genazzano in provincia di Roma,

solamente da vinificatori che producevano vino DOC “Cesanese del Piglio” con uve della zona di produzione di cui all’art. 3 negli ultimi tre anni consecutivi prima dell’entrata in vigore del presente disciplinare.

Conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento o il condizionamento deve aver luogo nella predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità o la reputazione o garantire l’origine o assicurare l’efficacia dei controlli; inoltre, a salvaguardia dei diritti precostituiti dei soggetti che tradizionalmente hanno effettuato l’imbottigliamento al di fuori dell’area di produzione delimitata, sono previste autorizzazioni individuali alle condizioni di cui all’articolo 10, comma 3 e 4 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1).

E’ consentita la correzione dei mosti e dei vini di cui all’art. 1, nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali, con mosti concentrati ottenuti da uve dei vigneti iscritti allo schedario viticolo della stessa denominazione d’origine controllata e garantita, oppure con mosto concentrato rettificato o a mezzo concentrazione a freddo o altre tecnologie consentite.

E’ ammessa la colmatura dei vini di cui all’art. 1 in corso di invecchiamento obbligatorio, con vini aventi diritto alla stessa denominazione d’origine non soggetti a invecchiamento obbligatorio.

La resa massima dell’uva in vino, compresa l’eventuale aggiunta correttiva e la produzione massima di vino per ettaro, sono le seguenti:

 

Cesanese del  Piglio: 65%, 71,50 hl/ha;

Cesanese del Piglio superiore: 65%, 58,50 hl/ha.

 

Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non oltre il 70%, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione d’origine.

Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione d’origine controllata e garantita per tutta la partita.

Per il vino “Cesanese del Piglio” o “Piglio” l'immissione al consumo è consentita non prima del

primo febbraio dell'anno successivo alla vendemmia;

per il vino “Cesanese del Piglio” Superiore o “Piglio” Superiore, l'immissione al consumo è consentita non prima del primo luglio dell'anno successivo alla vendemmia

I vini “Cesanese del Piglio” o “Piglio” possono essere sottoposti ad un periodo di invecchiamento in recipienti di legno e di affinamento in bottiglia.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all’art. 1 devono rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

 

“Cesanese del Piglio” o “Piglio”:

colore: rosso rubino con riflessi violacei;

profumo: caratteristico del vitigno di base;

sapore: morbido, leggermente amarognolo, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

“Cesanese del Piglio” o “Piglio” Superiore:

colore: rosso rubino, tendente al granato con l’invecchiamento;

profumo: intenso, ampio, con note floreali e fruttate;

sapore: secco, armonico, di buona struttura, con retrogusto gradevolmente amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo 13,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l.

 

La tipologia Cesanese del Piglio o “Piglio” Superiore sottoposto ad un periodo di invecchiamento non inferiore a

20 mesi,

di cui 6 mesi di affinamento in bottiglia

e con un titolo alcolometrico volumico totale minimo di 14,00% vol.;

 può fregiarsi della menzione aggiuntiva “Riserva”.

E’ in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare i limiti dell’acidità totale e dell’estratto non riduttore minimo con proprio decreto.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Nella etichettatura, designazione e presentazione dei vini di cui all’art. 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi “fine”, “scelto”, “selezionato” e similari. E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Sono consentite le menzioni facoltative previste dalle norme comunitarie, oltre alle menzioni tradizionali, come quelle del colore, della varietà di vite, del modo di elaborazione e altre, purché pertinenti ai vini di cui all’art. 1.

Le menzioni facoltative, esclusi i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell’etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione d’origine del vino, salve le norme generali più restrittive

Nella designazione e presentazione del vino a denominazione di origine controllata e garantita “Cesanese del Piglio” o “Piglio” deve figurare l’annata di produzione obbligatoria delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini di cui all’art. 1 possono essere immessi al consumo soltanto in recipienti di vetro di volume nominale fino a 0,75 litri.

E’ consentito l’imbottigliamento in recipienti da 1,5 l –3 l –5 l per le magnum in bottiglie classiche con tappo di sughero a raso.

Per il vino a denominazione di origine controllata e garantita “Cesanese del Piglio” o “Piglio” tipologia Superiore e per quello atto a fregiarsi della menzione Riserva è obbligatorio il tappo di sughero raso bocca.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte Centro Orientale della regione Lazio, in Provincia di Frosinone, e comprende un territorio di alta e media collina, che si estende per circa 15.317 ettari, situato sulle pendici dei Monti Ernici, laddove in ampie vallate, in particolare nell’alta valle del Sacco, sono coltivati i rigogliosi vigneti del “Cesanese del Piglio” o “Piglio”.

I terreni dell’area sono riconducibili principalmente alle terre rosse, derivate dal fenomeno di erosione dei Monti Ernici, operato sia da fenomeni glaciali che dall'azione delle acque meteoriche.

Nella maggior parte dei casi, queste terre assumono una colorazione rosso scuro imputabile alla presenza di ossidi di ferro e di alluminio liberi. Queste terre, originate per decalcificazione di rocce sedimentarie calcaree, possono assumere caratteri fisici molto vari: terre rosse pesanti con tessitura argillo-limosa; terre rosse sciolte (poco diffuse) aventi detriti di natura calcarea (rosse detritiche).

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 220 e i 980 m s.l.m. con pendenza variabile e l’esposizione generale è orientata verso ovest e sud-ovest.

Il clima dell’area è di tipo temperato di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue di comprese tra i 1098 ed i 1233 mm, con aridità estiva e subaridità (pioggia 73-123 mm) variabili da 1 a 2 mesi.

La temperatura media annua è compresa tra i 13,5 ed i 15,6°C; freddo prolungato ma non intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 2,1 e 3,3° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOCG Cesanese del Piglio un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Cesanese del Piglio”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana: gli Statuti della Terra di Piglio, emanati il 30 maggio 1479, contengono numerosi capitoli che stabilivano le zone da destinare a vigneto, le modalità per determinare l’epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino.

Nel corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimonia la Sagra del vino “Cesanese del Piglio” giunta alla cinquantesima edizione.

Il vino è stato riconosciuto DOC fin dal 1973 (D.P.R. 29 maggio 1973) e da ultimo grazie alla sua reputazione nazionale ed internazionale è stato riconosciuto con la massima qualificazione della DOCG (DM 1 agosto 2008).

Il Cesanese del Piglio ha conquistato numerosi premi nelle manifestazioni di settore: si citano il Diploma di primo grado all’Esposizione provinciale delle uve del 1887, i Diplomi con medaglia d’oro al Concorso nazionale vini DOC e DOCG di Asti e gli attestati ottenuti al Salon International des Vins et Spiritueux di Montreal.

Inoltre, per le sue peculiarità, il Cesanese del Piglio figura in maniera eccellente sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

 i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: il Cesanese di Affile ed il Cesanese Comune;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (71,50 hl/ha per la tipologia “base” e 58,50 hl/ha per le tipologie “Superiore” e “Riserva”);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso dei vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia di base e le tipologie riserva e superiore, riferite quest’ultime a vini rossi maggiormente strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento ed affinamento in bottiglia obbligatori.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOCG “Cesanese del Piglio” o “Piglio” è riferita a 3 tipologie di vino rosso (“base”, “Superiore” e “Riserva”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Cesanese del Piglio”: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il prodotto presenta un colore rosso rubino con riflessi violetti, odore intenso con sentori floreali e fruttati (bacche e drupe) tipici delle cultivar, sapore secco armonico di giusto corpo.

“Cesanese del Piglio Superiore”: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il prodotto presenta un colore rosso rubino con riflessi violetti, odore intenso con sentori floreali e fruttati (bacche e drupe) tipici delle cultivar, sapore secco armonico di giusto corpo.

“Cesanese del Piglio Riserva”: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il prodotto presenta un colore rosso rubino con riflessi granati con l’invecchiamento, odore intenso e persistente con sentori floreali e fruttati (bacche e drupe) tipici delle cultivar che sfumano a favore di quelli speziati o fenolici associabili al legno, sapore secco armonico di giusto corpo.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza, buona struttura (a volte tendente al debole nella tipologia di base), che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare dell’areale di produzione, nel bacino dell’alta valle del Sacco, e l’esposizione ad ovest, sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Cesanese del Piglio”.

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Cesanese del Piglio”.

In particolare, i terreni, riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente. Anche dove lo strato attivo è abbastanza profondo, non si ottengono risultati produttivi soddisfacenti per altre colture intensive. Sono infatti terre che di norma si rinvengono a quote superiori ai 500 m s.l.m. oppure a quota inferiore, ma con pendenze maggiori del 10%.

Nonostante la presenza di sottosuolo calcareo, che spesso contiene oltre al carbonato di calcio anche quello di magnesio, le terre rosse presentano uno scarso contenuto di tali sali e spesso ne sono completamente prive.

Trattasi di terre che presentano un limitato contenuto di elementi nutritivi e che mal si prestano ad un’utilizzazione intensiva delle altre colture agrarie (anche in relazione alla loro giacitura); proprio in virtù di tali caratteristiche sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità, con basse rese produttive, conferendo ai vini particolare vigore e complessità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (1165 mm), con scarse piogge estive (100 mm) ed aridità nei mesi di luglio e agosto, da una buona temperatura media annuale (15.6 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente (in qualche anno anche fino al mese di novembre), contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Cesanese del Piglio".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi, permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura con un grande equilibrio fra le diverse componenti.

Indubbiamente molto del particolare “bouquet” del vino "Cesanese del Piglio" è dovuto a questa maturazione prolungata sulla pianta, in un clima temperato, ma caratterizzato, segnatamente nella fase finale, da una elevata escursione termica tra notte e giorno.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Piglio”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Cesanese del Piglio”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Cesanese del Piglio”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Piglio” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.

Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi nell'archivio capitolare di Anagni.

Gli Statuti della Terra di Piglio, emanati il 30 maggio 1479, regolavano l’ordinamento della Comunità di Piglio su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.

Altro documento in cui viene citato il vino “Cesanese” è costituito dal Libro Mastro del 1838 conservato presso l’Archivio dell’Abbazia di Subiaco, la quale deteneva il possesso della maggior parte dei terreni della zona del Piglio. Si tratta di un registro contabile in cui si annotavano Entrate e Uscite del Monastero. Nel mese di ottobre si riporta Vendemmia di Subiaco Cesanese; Vendemmia di Piglio Cesanese.

Successivamente, dal Quaderno, estratto dagli Annali della Facoltà di Agraria della R. Università di Napoli del 1942 è possibile ricostruire le vicende legate alla fama del vino in esame, laddove si sottolinea come “ … i Cesanesi risultano avere l’assoluto predominio nella viticoltura della zona: il vino risulta, inoltre, molto apprezzato da tutti i consumatori, specialmente da quelli della Capitale i quali, si dice, dei Castelli conoscono ormai i soli vini bianchi e di Cesanese non apprezzano che quello di Piglio.”.

In altra pubblicazione enologica del 1942 ( Bottini, O., Venezia, M., op. cit., 1942, p. 35), oltre a mettere in evidenza taluni problemi colturali, l’autore si prefiggeva di migliorare il prodotto, farlo conoscere e organizzare i coltivatori: "Sarebbe necessario sottrarre al caso il processo fermentativo", si legge, "e cominciare a sorvegliarlo e disciplinarlo; selezionare i tipi di Cesanese che incontrano maggiormente il favore del pubblico, fissarne le caratteristiche e tenerle il più possibile costanti nel tempo.

Successivamente la notorietà del prodotto è registrata in riviste di diffusione regionale degli anni '50 e '60. Nel 1958, in occasione della I Mostra Campionaria di vini, il prof. Bruni del Ministero dell'Agricoltura e Foreste, nell'ambito di una conferenza afferma che "per i vini neri, che dovrebbero essere incrementati, il vitigno fondamentale dovrebbe essere il "Cesanese". Nel 1959, in occasione della II Mostra Campionaria di vini, si parla del "famoso rosso Cesanese".

Nel 1961 si dice che "il Cesanese, quello del Piglio, può considerarsi degno competitore dei vini superiori delle altre regioni come il Barolo, il Brolio, il Valpolicella, il Chianti, il Nebiolo".

Nel 1973 il Cesanese del Piglio ottiene il riconoscimento DOC e l'evento è ricordato in un articolo in cui si esalta l'attaccamento e la dedizione dei coltivatori al loro "Cesanese" cresciuto e allevato come se fosse un figlio, anche nei tempi difficili quando la viticoltura rendeva poco e la maggior parte dei contadini abbandonava i campi per cercare altrove una fonte di sostentamento. Si esalta, inoltre, l'atavico attaccamento alla terra, alle tradizioni, alla passione di far uscire dai vigneti un vino sempre migliore.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende (che all’inizio si appoggiano alla Cantina sociale per la vinificazione) e dalla professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Cesanese del Piglio”, che le ha valso di recente (2008) il passaggio alla categoria DOCG.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Frosinone

Viale Roma

03100 FROSINONE

Telefono 0775.2751 - Fax 0775.270442; E-mail info@fr.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Frosinone è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente

al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

APRILIA

D.O.C.

Decreto 25 Ottobre 2010

(Fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Aprilia» è riservata ai vini bianchi e rossi che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le tipologie:

 

Bianco di Aprilia;

Rosso di Aprilia

Rosato di Aprilia;

Merlot di Aprilia

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino a denominazione di origine controllata “Aprilia” deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

Bianco di Aprilia

Trebbiano Toscano almeno il 50%;

Chardonnay dal 5% al 35%;

possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, fino a un massimo del 15% del totale.

 

Rosso e Rosato di Aprilia

Sangiovese almeno il 50%;

Cabernet Sauvignon dal 5% al 25%;

Merlot fino dal 5% al 25%

possono concorrere altri vitigni a bacca rossa, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, fino a un massimo del 15% del totale.

 

Merlot di Aprilia

Merlot non meno dell’ 85%;

possono concorrere altri vitigni a bacca rossa, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, fino a un massimo del 15% del totale.

 

Limitatamente alle tipologie Bianco di Aprilia, Rosso di Aprilia e Rosato di Aprilia la base ampelografica dei vigneti già iscritti allo schedario viticolo deve essere adeguata entro la decima vendemmia successiva alla data di pubblicazione del presente disciplinare di produzione.

Sino alla scadenza, indicata nel precedente comma, i vigneti di cui sopra, iscritti a titolo transitorio allo schedario viticolo della denominazione di origine controllata dei vini «Aprilia», per le tipologie Bianco di Aprilia, Rosso di Aprilia e Rosato di Aprilia, potranno usufruire della denominazione medesima.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

Le uve devono essere prodotte nella zona di produzione che comprende: tutto il territorio comunale di

Aprilia

e parte di quello dei comuni di

Cisterna e Latina

in provincia di Latina,

parte del territorio comunale di

Nettuno,

in provincia di Roma.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo dal punto d’incontro fra i confini amministrativi di Aprilia e di Cisterna con il confine provinciale della provincia di Roma, il limite sale lungo il confine provinciale di Roma, sino a incontrare la ferrovia Roma-Napoli (incrocio della suddetta ferrovia con il Fosso della Mole).

Segue quindi la ferrovia medesima fino al punto in cui la provinciale Nettuno-Cisterna sottopassa la strada ferrata.

Da questo punto prosegue lungo la provinciale Nettuno-Cisterna fino a Borgo Montello e da qui all’intersezione della medesima provinciale con il fiume Astura fino all’intersezione del fiume medesimo con la strada Grugnole Sant’Antonio. Da qui prosegue fino alle Grugnole e successivamente ai Tre Cancelli, procede quindi sino all’intersezione della strada

Grugnole-Tre Cancelli-Palmolive con la provinciale Nettuno-Velletri per proseguire fino all’incrocio del confine fra le province di Roma e Latina.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all’ art. 2 devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve ed ai vini le specifiche caratteristiche.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

Per i nuovi impianti e reimpianti la densità non può essere inferiore a 3.000 ceppi per ettaro in coltura specializzata.

È vietata ogni pratica di forzatura.

E’ consentita l’irrigazione di soccorso.

La produzione massima di uva per ettaro e il titolo alcolometrico volumico naturale minino sono le seguenti:

 

Bianco di Aprilia:  14,00 t/ha, 10,50% vol.;

Rosso di Aprilia:  14,00 t/ha,  11,00% vol.;

Rosato di Aprilia:  14,00 t/ha,  11,00% vol.;

Merlot di Aprilia:  13,00 t/ha,  11,50% vol.

 

Per i vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva ad ettaro deve essere rapportata alla superficie effettivamente impegnata della vite.

A detti limiti, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso cernita delle uve, purché la produzione non superi del 20% i limiti medesimi.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nell’interno della zona di produzione di cui all’articolo 3.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

La resa dell’uva in vino per tutte le tipologie non deve essere superiore al 70%.

Qualora la resa uva-vino superi detto limite, ma non oltre il 75%, l’eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata. Oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il vino a denominazione di origine controllata “Aprilia” all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche :

 

“Bianco di Aprilia”:

colore: giallo paglierino talora con riflessi verdolini;

profumo: intenso, caratteristico, con note floreali;

sapore: secco, intenso, equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l;

 

“Rosso di Aprilia”:

colore: rosso rubino con riflessi granati con l’invecchiamento;

profumo: intenso, fine con sentori di frutta matura;

sapore: asciutto, intenso, armonico, di giusto corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l;

 

“Rosato di Aprilia”:

colore: rosa tenue;

profumo: delicato, floreale;

sapore: fresco, asciutto sapido;.

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l;

 

«Merlot di Aprilia»:

colore: rosso rubino, tendente al granato con l’invecchiamento;

profumo: vinoso, gradevole;

sapore: asciutto, di corpo caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

È in facoltà del Ministero dell’agricoltura e delle foreste di modificare con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l’acidità totale e per l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

Nella presentazione e designazione del vino a denominazione di origine controllata “Aprilia” è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quella prevista dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi “extra”, “fine”, “scelto”, “selezionato” e similari.

È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

Nella presentazione e designazione dei vini di cui all’art.1 è obbligatoria l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini di cui all’art 1 devono essere imbottigliati in recipienti di vetro di capacità non superiore a litri 1,5 tappati con tappo di sughero o altro materiale consentito dalla norma.

Tuttavia per detti vini è consentito l’uso di contenitori alternativi al vetro costituiti da un otre in materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido, di capacità non inferiore a 2 litri.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte Centro Occidentale della regione Lazio, per la maggior parte in Provincia di Latina e per una piccola quota in comune di Nettuno in provincia di Roma.

L’area, che si estende per circa 24.500 ettari, rientra in parte nelle zone pianeggianti comprese tra l’Agro Romano e l’Agro Pontino e in parte nel Distretto vulcanico denominato Vulcano Laziale che è il più meridionale dei distretti vulcanici del Lazio.

I terreni più superficiali che oggi affiorano nella Pianura Pontina risalgono al quaternario originati da depositi terrigeni dai monti Lepino – Ausoni. Si tratta prevalentemente di sedimenti continentali fluvio–lacustri, eolici e piroclastici, ovvero, di terreni generati in un bacino, trasportati da fiumi e vento, o lanciati dal vicino Vulcano laziale.

Le formazioni quaternarie dell’area costiera sono costituite per lo più da formazioni sabbiose di natura continentale (Pleistocene Superiore), depositatesi per l’azione del vento sotto forma di grosse dune sui precedenti depositi sabbiosi di natura costiera-salmastra, costituiti da sabbie calcaree organogene (Pleistocene Medio-Inferiore). L’intero complesso sabbioso, dello spessore variabile da poche decine di metri a circa un centinaio, va sotto il nome di Duna Antica. Procedendo verso l’interno, per quanto detto, le formazioni recenti di ambiente continentale vengono sostituite da

depositi formatisi in ambiente fluvio-palustre costituiti da alternanze di livelli sabbiosi, sabbioso argillosi e da formazioni di natura travertinosa. L’ambiente palustre formatosi nella depressione pedemontana, ha consentito nel tempo la formazione di numerosi livelli torbosi.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 7 e i 199 m s.l.m. e l’esposizione generale è orientata verso ovest e sud.

Il clima dell’area è di tipo mediterraneo ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 842 ed i 996 mm, con aridità da maggio ad agosto (pioggia 64-89 mm), ma con valori elevati solo nei mesi estivi. Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 14,5 ed i 16,1°C: freddo non intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 2-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,6 e 5,5° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Aprilia un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Aprilia”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca preromana, ma iniziò a declinare già ai tempi Plinio a causa disboscamenti selvaggi che provocarono la formazione di zone acquitrinose e paludose e l’insorgere della malaria, spostandosi progressivamente verso le zone limitrofe più interne e poste ad una altitudine maggiore.

Al Rinascimento risalgono i primi lavori di bonifica della palude pontina ad opera del papa Leone X, che furono proseguiti da papa Sisto V e da Pio VI sul finire del Settecento: ciò permise di rendere coltivabili molti terreni contribuendo alla rinascita dell’agricoltura. La bonifica definitiva della risale agli anni trenta del secolo scorso e ha

permesso il totale recupero dei terreni.

L’Agro fu diviso in unità terriere di estensione variabile a seconda della fertilità del terreno e con una media di 20 ha per ogni gruppo familiare, che ebbe in dotazione una casa colonica (il podere), munita dei servizi civili e agricoli necessari.

Nel periodo ottobre-novembre 1932 iniziò l’immigrazione di circa 60 mila contadini veneti, friulani ed emiliani

(soprattutto ferraresi) che dovevano popolare l’Agro bonificato. Diedero origine ad una vitivinicoltura che, da una iniziale destinazione per l’autoconsumo (con varietà tipiche delle loro terre di origine come il Sangiovese ed il Merlot) in quanto il vino era considerato un alimento corroborante per il lavoro, passò progressivamente, segnatamente negli anni settanta del secolo scorso, ad una viticoltura da reddito.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti ottenuti dai vini a DOC Aprilia sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

Anche nei concorsi sia nazionali, sia internazionali i vini hanno ricevuto e continuano a ottenere numerosi riconoscimenti

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

 i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: il Trebbiano toscano, il Sangiovese ed il Merlot;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (98 hl/ha per le tipologie bianco, rosso e rosato e 91 hl/ha per la tipologia Merlot);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli e strutturati.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Aprilia” è riferita a una tipologia di vino bianco (“Bianco di Aprilia”), a due di vino rosso (“Rosso di Aprilia” e “Merlot di Aprilia”) ed a una tipologia rosato “Rosato di Aprilia”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Bianco di Aprilia”: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino con riflessi verdolini, odore intenso, caratteristico con note floreali, sapore secco, intenso ed equilibrato.

“Rosso di Aprilia”: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza. Il colore è rosso rubino con riflessi granati con l’invecchiamento, odore intenso, fine con sentori di frutta matura, sapore secco, intenso, armonico di giusto corpo.

“Rosato di Aprilia”: vino fresco e leggero, con colore rosa tenue, odore delicato, floreale, sapore secco, fresco e sapido.

“Merlot di Aprilia”: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il colore è rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento, odore intenso con aromi floreali e fruttati (bacche e drupe) tipico del vitigno, sapore secco, di corpo caratteristico.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia pianeggiante o dolcemente collinare della parte settentrionale dell’Agro Pontino e l’esposizione ad ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti dell’ “Aprilia”.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed

organolettiche dell’ “Aprilia”.

In particolare, i terreni, derivano da sedimenti continentali fluvio–lacustri, eolici e piroclastici, sono costituiti da sabbie delle Dune antiche e da depositi formatisi in ambiente fluvio-palustre costituiti da alternanze di livelli sabbiosi, sabbioso-argillosi e da formazioni di natura travertinosa.

Trattasi di terre, sottratte definitivamente alla palude Pontina a seguito delle bonifiche effettuate nei primi anni del XX secolo, che presentano un normale contenuto di elementi nutritivi e che sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità conferendo ai vini particolare equilibrio e complessità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni sufficienti (900 mm), con scarse piogge estive (80 mm) e con aridità da maggio ad agosto, ma con valori elevati solo nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (15.6 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Aprilia".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra “Pontina”, purtroppo persa per molti secoli a causa dei fattori naturali ed umani succedutesi nel tempo – ma comunque insita nelle caratteristiche intrinseche del territorio - è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Aprilia”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i vini “Aprilia”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare il lento e progressivo recupero del territorio paludoso, protrattosi per secoli, ha contribuito alla rinascita dell’agricoltura e segnatamente della viticoltura dell’area: l’opera dell’uomo, in particolare quella dei coloni insediatosi nella prima metà del secolo scorso, hanno dato a questa terra la possibilità di esprimere al meglio il suo potenziale viticolo.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, dovuta alla professionalità degli operatori, all’impianto di nuovi vigneti e alla nascita di nuove aziende, che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del vino “Aprilia”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Latina

Via Umberto I, 80

04100 Latina

Telefono 0773/6721 - Fax 0773/693003;

E-mail info@lt.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Latina è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

ATINA

D.O.C.

Decreto 02 Agosto 2011

(fonte GURI)

Modifica 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione dei vini

 

La denominazione di origine controllata «Atina» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

Atina rosso

Atina rosso riserva

Atina Cabernet

Atina Cabernet riserva

Atina Semillon

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini di cui all’art 1 devono essere ottenuti da uve prodotte dai vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

Atina rosso:

Cabernet Sauvignon minimo 50%

Syrah minimo 10%

Merlot minimo 10%

Cabernet Franc minimo 10%

possono concorrere fino ad un massimo del 20% altri vitigni a bacca nera, non aromatici, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio.

 

Atina Cabernet:

Cabernet Sauvignon e/o Cabernet Franc minimo 85%.

possono concorrere fino ad un massimo del 15%, altri vitigni a bacca nera, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio.

 

Atina Sémillon

Sémillon minimo 85%;

possono concorrere alla produzione di detto vino, fino ad un massimo del 15%, altri vitigni a bacca bianca, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Atina» ricade nella Provincia di Frosinone e comprende i terreni vocati alla qualità di tutto o in parte dei territori amministrativi dei comuni:

Atina, Gallinaro, Belmonte Castello, Picinisco, Sant’Elia Fiumerapido, Alvito, Villa Latina, San

Donato Val di Comino, Vicalvi, Casalattico, Casalvieri, Settefrati.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo dal fiume Melfa in territorio di Picinisco alla località Molino Bartolomucci si passa nella parte basale del costone meridionale del Colle Zappitto includendo tutta la collina dell’Antica fino al fondovalle del rio Valle Pecorina, già territorio di Settefrati.

Da questo punto il limite dell’area tira diritto lungo la cresta collinare di San Martino fino al Colle della Torre, quindi aggira lo stesso colle fino ad intercettare la strada provinciale di accesso a Settefrati nell’area di attraversamento del torrente Tellini.

Procedendo oltre, il limite segue la strada provinciale includendo tutta la regione pedemontana che si estende a valle della stessa strada, fino al bivio con la ex strada statale n. 509 alla località Molino in territorio di Gallinaro.

L’area di interesse in questo tratto viene quindi delimitata da quest’ultima arteria viaria fino alla località Valanziera includendo tutto il settore ad occidente del Ponte di Tolle.

Dalla croce di Valanziera il limite si getta a valle della ex 509 ed inizia a seguire la curva di livello di 600 metri , nella regione pedemontana di San Donato Val di Comino, tirando diritto verso il Colle Arceto fino al fosso Vagnaro; qui il limite segue per un tratto l’incisione, quindi piega versa il rio Malafede fino a raggiungere la località San Fedele.

Dall’area della Fonte torna ad assumere una direzione grossolanamente meridiana fino al Colle Castagneto, dove segue per un tratto il corso del rio Mollo includendo tutta l’area in sinistra dell’alveo; poco a monte dell’incisione di Monticchio si riallinea con il margine settentrionale dell’area collinare di Alvito passando a nord delle Case Mazzenga.

Da qui l’area comprende tutto il settore pedemontano a valle della strada provinciale di accesso ovest del centro abitato di Alvito fino al Collicillo, dove si entra in territorio di Vicalvi; quest’ultimo comune è compreso con tutta l’area che si estende a mezzaluna intorno alla rocca su cui sorge il centro storico, comprendendo la Maschiura.

Dalla citata località il limite segue il confine territoriale con Posta Fibreno fino quasi all’area delle cave di sabbia, alla base del versante calcareo dolomitico del Castello; una sottile lingua di territorio collega quindi la regione a cavallo del convento di San Francesco e della strada a scorrimento veloce Sora – Cassino, fino al settore pedemontano a nord della strada statale n. 627 della Vandra (località Mortale).

Dalla località Borgo il limite esclude tutta l’area della piana a sud di Tiravento fino a re intercettare il rio Valle Mozza; quindi inizia a seguire l’alveo e dopo un breve tratto si dirige verso il rio Noceto allineandosi con esso fino al confine di Vicalvi.

Dal confine comunale il limite si prolunga verso sud – ovest ed attraversa la strada statale 627 della Vandra poco a nord del bivio con la strada provinciale di accesso a Roselli; da qui tira verso la località Pettella dove inizia a seguire il confine comunale tra Casalvieri e Vicalvi fino al Colle Frangula, quindi piega seguendo la strada che conduce al Colle Zuercia ed a Purgatorio.

A valle del nucleo abitato di Purgatorio il limite segue la strada per Casalvieri, comprendendo tutto il settore presente ad oriente fino alla località Scioca, quindi si dirige verso Colle Resignoli abbracciando il Colle Marragone e tutto l’ambito collinare che si estende fino alle Case di Togna.

Da Togna il limite si allinea in direzione parallela correndo alla base de Il Monte, fino al centro abitato di Casalvieri, dove reintercetta la strada provinciale per Purgatorio seguendola fino a Pistillo.

Da Pistillo il limite assume direzione sud – est tagliando trasversalmente la strada provinciale per Roselli e piegando ulteriormente verso sud per un breve tratto fino alla strada provinciale Roccasecca – Isernia, quindi si allinea con quest’ultima fino ai versanti meridionali del Colle Bandera dove punta a sud, attraversando il Melfa e raggiungendo Casalattico.

Alle falde del centro abitato di Casalattico inizia a seguire la strada di accesso includendo tutto il settore presente nella valle di essa, fino al cimitero comunale; da qui il limite corre lungo la curva di livello dei 400 metri fino all’incisione che sfocia nell’area di Sant’Andrea, seguendola per poco e quindi allineandosi alla curva di livello dei 450 metri fino al confine con Atina segnato dal vallone Grotta dell’Orso.

L’area è quindi delimitata dall’andamento dei versanti occidentali del monte Cicuto fino alla località Macchia, ruota intorno al cocuzzolo de La Serra fino ad intercettare nuovamente il corso del Melfa in corrispondenza di un’ampia ansa; il limite segue l’ansa stessa, quindi si allinea con il versante nord – orientale del Monte Cicuto, tira diritto a sud – est parallelamente alla strada di scorrimento veloce Sora – Cassino fino all’area di Capo di China, quindi scende di quota a valle della Vaccareccia in territorio di Belmonte Castello.

Da qui il limite della zona dirige verso sud – sud – est correndo a valle del versante su cui sorge il centro abitato fino alla località Olivella, taglia verso Santo Ianni ed assume la direzione meridiana fino ad intercettare il corso del fiume Rapido nei pressi di Sant’Elia.

Il limite passa quindi a monte del centro storico includendo tutta l’area de La Creta fino ad incontrare la via di accesso sud all’abitato, si estende a valle di essa includendo l’area di San Sebastiano, quindi si allinea con la curva di livello dei 70 metri comprendendo tutto il territorio a monte di questa.

A sud della masseria Chiusanuova il limite piega verso oriente, dirigendosi verso la fontana Pisciarello, dove inizia a seguire il confine con il territorio di Cassino fino all’area de La Gagliarda; quindi torna su se stesso includendo il settore intorno a Portella e quello a sud della Serra dell’Obaco.

Da qui il limite corre lungo la via di collegamento tra Sant’Elia e Vallerotonda, scendendo a valle fino alla Creta; prosegue verso nord fino all’area della Croce, si allinea lungo l’incisione che discende da Valleluce e la segue fino al Molino di Campo Primo.

In corrispondenza di tale località si allinea con il costone sud – orientale di Monte Cifalco quindi piega nuovamente verso meridione includendo l’area de Il Lago, Vallecorta e Le Vigne.

Verso valle segue l’andamento del settore pedemontano del Colle Palumbo, dirige a nord – ovest verso Casalucense dove comprende una lingua di territorio a monte della suddetta località; da qui aggira i costoni di Monte Cierro, rientra in parte verso le Case Loreto abbracciando tutta la regione a valle delle Cisternuole.

Si spinge fino all’area della Fossa della Chiesa includendo tutto il settore pedemontano sud – occidentale del Monte Morrone fino all’area a valle di San Venditto, rientra verso Cancello e si allinea con la vecchia strada provinciale di accesso al centro storico di Atina.

Da Atina superiore aggira il centro storico, l’area de Il Colle, prende tutta la regione pedemontana della Veduta e di Piè delle Piagge, allineandosi con la parte basale del versante anche in territorio di Villa Latina fino all’area dei Pacitti.

Da quest’ultima località il limite passa a valle dei Colozzi e del Colle Pagliaia, poco a monte del cimitero comunale di Villa Latina dove include tutta l’area di Fusco, del Colle Santo ed una stretta lingua di terreno fino alle Case Caposecco.

Il limite si dirige quindi a nord passando per il Colle Cavicchio fino alla località Fontana dei Bagni dove segue il tracciato della strada statale n. 627 della Vandra.

All’altezza di Vallegrande il limite si spinge oltre la citata strada, includendo la località Pelino; quindi riattraversa la via della Vandra, taglia il corso del torrente Mollarino ed entra in territorio di Picinisco allineandosi alla strada comunale che conduce a Colleruta.

Dalla suddetta località piega verso nord – nord – est passando alla base del Monte Cuculo, a valle delle case di Caccia tirando diritto verso il cimitero comunale di Picinisco, quindi si getta nel vallone che si apre a nord fino a chiudersi al Molino Bartolomucci.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Atina» devono essere quelle normali della zona e atte a conferire alle uve le loro specifiche caratteristiche di qualità.

I vigneti devono trovarsi su terreni ritenuti idonei per la produzione della denominazione di origine di cui si tratta e comunque situati ad un’altitudine compresa tra i 75 e i 600 metri s.l.m.

Sono da escludere i terreni eccessivamente umidi o insufficientemente soleggiati e, in particolare, quelli ubicati nelle zone alluvionali in corrispondenza dei fiumi Melfa e Mollarino e quelli ubicati in zone collinari superiori ai 600 metri s.l.m.

Per i nuovi impianti e reimpianti la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 3.400.

I sesti di impianto e le forme di allevamento consentiti sono quelli generalmente usati nella zona: a spalliera o controspalliera.

Sono escluse le forme espanse.

La potatura, in relazione ai suddetti sistemi di allevamento della vite, deve essere corta, media o lunga.

E’ vietata ogni pratica di forzatura.

E’ consentita l’irrigazione di soccorso.

 

Le produzioni massime di uva a ettaro e i titolo alcolometrici volumici naturali sono i seguenti:

 

«Atina» rosso: 10,00 t/ha, 11,50% vol.;

«Atina» Cabernet: 8,00 t/ha, 11,50% vol.;

«Atina» rosso riserva: 10,00 t/ha, 12,00% vol.;

«Atina» Cabernet riserva: 8,00 t/ha, 12,00% vol.;

«Atina» Sémillon: 10,00 t/ha, 10,00% vol.

per i vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva/ettaro deve essere rapportata alla

superficie effettivamente impegnata dalla vite

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione dei vini di cui all’art 1, ivi compreso l’invecchiamento obbligatorio, devono essere effettuate nell’ambito dei territori amministrativi dei comuni in cui ricade, in tutto o in parte, la zona di produzione delle uve di cui all’art 3.

Nelle operazioni di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti atte a conferire ai vini a denominazione di origine controllata «Atina» le loro peculiari caratteristiche.

In deroga è consentito che le operazioni di vinificazione siano effettuate in cantine situate nell’ambito della provincia di Frosinone e siano pertinenti a conduttori di vigneti ammessi alla produzione dei vini di cui all’art 1.

E’ consentito che le operazioni di vinificazione siano effettuate in cantine situate fuori della zona di produzione delle uve se producevano vini con uve della zona di produzione di cui all’art 3 prima dell’entrata in vigore del presente disciplinare di produzione.

Le deroghe come sopra previste sono concesse dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la regione Lazio e comunicate all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari e all’organismo di controllo.

E’ consentita la correzione dei mosti e dei vini di cui all’art 1 nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali, con mosti concentrati ottenute da uve dei vigneti iscritti all’albo della stessa denominazione di origine controllata oppure con mosti concentrati e rettificati o a mezzo di concentrazione a freddo o altre tecnologie consentite.

E’ ammessa la colmatura dei vini di cui all’art 1, in corso di invecchiamento obbligatorio, con vini aventi diritto alla stessa denominazione di origine controllata, di uguale colore e varietà di vite ma non soggetti ad invecchiamento obbligatorio, per non oltre il 10% per la complessiva durata dell’invecchiamento.

La resa massima dell’uva in vino, compresa l’eventuale aggiunta correttiva e la produzione massima di vino per ettaro sono le seguenti:

 

«Atina» rosso: 70%, 70,00 hl/ha;

«Atina» Cabernet: 70%, 56,00 hl/ha;

«Atina» Sémillon: 70%, 70,00 hl/ha.

Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopraindicati ma non il 75% per i vini «Atina» rosso e «Atina» Cabernet, anche se la produzione ad ettaro resta sotto del massimo consentito, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

I seguenti vini devono essere sottoposti ad un periodo di invecchiamento:

«Atina» rosso riserva:

2 anni

di cui almeno 6 mesi in botto di lergno

a decprrere dal  1° novembre dell’anno della vendemmia;

«Atina» Cabernet riserva:

2 anni

di cui almeno6 mesi in botti di legno,

a decorrere dal 1° novembre dell’anno della vendemmia.

Per ciascuna superficie vitata, iscritta separatamente allo schedario viticolo della denominazione di origine controllata dei vini «Atina», è consentita la scelta vendemmiale.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all’art 1 all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Atina» rosso:

colore: rosso più o meno intenso;

profumo fruttato, caratteristico del vitigno base;

sapore: armonico, pieno, asciutto, talvolta erbaceo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l;

 

«Atina» Cabernet:

colore: rosso più o meno intenso;

profumo: fruttato, caratteristico del vitigno base;

sapore: armonico, pieno, asciutto, talvolta erbaceo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l;

 

«Atina» rosso riserva:

colore: rosso più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento;

profumo: fruttato, caratteristico del vitigno base;

sapore: armonico, pieno, asciutto, talvolta erbaceo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l;

 

«Atina» Cabernet riserva:

colore: rosso più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento;

profumo: fruttato, caratteristico del vitigno base;

sapore: armonico, pieno, asciutto, talvolta erbaceo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l

Atina Semillon

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato con note floreali e fruttate;

sapore: secco, sapido, morbido, persistente;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00 % vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l;

 

È facoltà del Ministero per le politiche agricole - Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, modificare con proprio decreto, i limiti dell’acidità totale e dell’estratto non riduttore minimo.

In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, ove consentita, il sapore dei vini può rilevare lieve percezione di legno.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

 

Nella etichettatura, designazione e presentazione dei vini di cui all’art. 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi «fine», «scelto», «selezionato» e similari.

È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Il riferimento alle indicazioni geografiche o toponomastiche di unità amministrative, o frazioni, aree, zone, località, dalle quali provengono le uve è consentito soltanto in conformità al disposto del decreto ministeriale 22 aprile 1992.

Le menzioni facoltative esclusi i marchi e i nomi aziendali possono essere riportate nell’etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione di origine del vino, salvo le norme generali più restrittive.

La menzione «riserva» è consentita per le tipologie «rosso» e «Cabernet», alle condizioni previste all’art. 5 del presente disciplinare di produzione, purché le relative partite siano specificate nella dichiarazione del raccolto come destinate a «riserva».

Nell’etichettatura dei vini di cui all’art. 1 l’indicazione dell’annata di produzione delle uve è obbligatoria

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini di cui all’art 1 possono essere immessi al consumo soltanto in recipienti di vetro aventi un volume nominale compreso tra 0,187 e 3 litri.

Qualora i vini di cui all’art 1 sono confezionati in bottiglie di contenuto nominale compreso tra 0,375 e 3,000 litri è consentito l’uso, oltre che del tappo di sughero, di altre chiusure previste dalle normative vigenti; per le bottiglie fino a 0,375 litri è consentito l’uso del tappo a vite.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte sud orientale della regione Lazio in Provincia di Frosinone: l’area, che si estende per circa 11.350 ettari, comprende la Val di Comino e le alture che la circondano.

Il suolo è caratterizzato da terreni sedimentari antichi, con prevalenza di rocce calcaree, tipici delle catene appenniniche. In diversi punti a quote elevate sono visibili affioramenti di calcari mentre in alcune zone si possono individuare dei terrazzamenti dovuti al deposito ed all’erosione, sia antichi che più recenti, che creano una serie di substrati arenarci, alluvionali e calcarei. Questo tipo di stratificazione ha fatto si che i terreni abbiano avuto una forte impronta della roccia madre non lasciandosi influenzare dalle condizioni climatiche.

Si tratta di terreni calcarei marnosi con abbondante scheletro, ricchi di carbonato di calcio e con la presenza di frazioni argillose e terreni alluvionali o sedimentari con presenza di arenarie, calcari marnosi e marne di colore giallastro e

tessitura limosa nelle zone pianeggianti.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 70 e i 600 m s.l.m.: l’esposizione generale è orientata verso ovest sud ovest.

Il clima dell’area è di tipo temperato ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue molto abbondanti comprese tra i 1234 ed i 1606 mm, con debole aridità estiva (pioggia 123-160 mm) nei mesi di luglio agosto.

Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 12,0 ed i 14,2°C: freddo intenso in inverno, con temperatura media inferiore ai 10°C per 4-5 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 0,1 e 2,9° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC “Atina” un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Atina”.

La coltivazione della vite in Lazio ha origini antichissime, e la presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana: col passare dei secoli la coltivazione della vite ha avuto sempre un ruolo molto importante nell’economia agraria della regione come testimoniano, i documenti conservati gli archivi dei monasteri che sorgono ancora oggi numerosi nella zona. La rete dei monasteri benedettini, costituita da abbazie e piccoli monasteri sparsi sul territorio, contribuì non poco allo sviluppo dell’agricoltura in generale e della viticoltura in particolare.

Il Castrucci, nella Descrizione del ducato d'Alvito nel regno di Napoli in campagna felice (1632), lo descrive così “vaghi e ameni colli pieni di arboreti, e vigne, e altre piante, che portano copiosi e delicati frutti e soavissimi vini”; per la città di Alvito riporta “coi colli, e valli adornati d'arboreti, e vigne, e da quando in quando, in parte, e parte da bellissimi arbori di frutti d'ogni sorte singolari, ed in particolare de' suavissimi vini; per Picinisco “ha i territorii in piano, valli, monti e boschi, fecondi di frumento, di vini suavissimi” e per Gallinaro “e vi sono anco assai colli ornati tutti d'arboreti, e vigne, e piante, che portano vini, e frutti soavissimi d'ogni sorte”.

Nel Dizionario geografico-ragionato del regno di Napoli (1797), Laurent Justinien, per Agnone, Casale della città

di Atina riporta “fa buoni prodotti specialmente di vino”. Il Rampoldi nella Corografia dell’Italia (1833), per Alvito scrive “.. il territorio è ubertoso di viti” e per Casalvieri “ed ubertosa di buoni oli e di prelibati vini” Il Giornale di scienze mediche (1848) descrivendo i vini della provincia di Terra di Lavoro riporta “lodatissimi quelli dei terreni di Alvito”.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC Atina sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

 i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: il Cabernet sauvignon ed il Cabernet franc per i vini rossi ed il Semillon per quelli bianchi;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti,

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (70 hl/ha per le tipologie Atina  Semillon, Atina rosso e Atina rosso Riserva e 56 hl/ha per le tipologie Atina Cabernet e Atina Cabernet Riserva);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona

per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli e strutturati, adeguatamente differenziate per la tipologia di base e la tipologia riserva, riferita quest’ultima a vini rossi maggiormente strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento ed affinamento in bottiglia obbligatori.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Atina” è riferita a quattro tipologie di vino rosso (“Atina rosso”, “Atina rosso Riserva”, “Atina Cabernet” e “Atina Cabernet Riserva”) ed a una tipologia di vino bianco (“Atina Semillon”), che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Atina” rosso: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza, con colore rosso più o meno intenso, odore fruttato, caratteristico del vitigno di base, sapore armonico, pieno, asciutto, talvolta erbaceo.

“Atina” rosso Riserva: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il vino presenta un colore rosso più o meno intenso, odore caratteristico del vitigno base con aromi fruttati che sfumano a favore di quelli speziati o fenolici associabili al legno, sapore armonico, pieno, asciutto, talvolta erbaceo.

“Atina” Cabernet: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza, con colore rosso più o meno intenso, odore fruttato, caratteristico del vitigno base, sapore armonico, pieno, asciutto, talvolta erbaceo.

“Atina” Cabernet Riserva: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il vino presenta un colore rosso più o meno intenso tendente al granato con l’invecchiamento, odore caratteristico del vitigno base con aromi fruttati che sfumano a favore di quelli speziati o fenolici associabili al legno, sapore armonico, pieno, asciutto, talvolta erbaceo.

“Atina” Semillon: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato con note floreali e fruttate, sapore secco, sapido, morbido e persistente.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia prevalentemente collinare dell’areale di produzione, nella Val di Comino, e l’esposizione ad ovest, sud ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso e luminoso, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del vino “Atina”.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Atina”.

In particolare, i terreni, di origini calcarea marnosi con abbondante scheletro, ricchi di carbonato di calcio e con la presenza di frazioni argillose, e quelli alluvionali o sedimentari con presenza di arenarie, calcari marnosi e marne di colore giallastro e tessitura limosa delle zone più pianeggianti, presentano caratteristiche tali da renderli idonei ad una vitivinicoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (mediamente 1390 mm), con sufficienti piogge estive (140 mm) e debole aridità nei mesi di luglio ed agosto, da una discreta temperatura media annuale (13,7 °C), unita ad una buona temperatura ed a una ottima insolazione, consente alle uve di maturare completamente contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Atina".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antico “Sannio”, dai Romani, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Atina”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Atina”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Atina” è attestata fin dall’epoca dei Romani,

in molte opere dei georgici latini.

In tempi più recenti, la valenza dei viticoltori è riportata dal Castrucci nell’opera citata che scrive “Alvito.. vi si trova fra due falde de' monti un' amena e feconda valle a modo d' un triangolo, nella quale il dottor Ascanio Panicali , vi ha fatto un vaghissimo arboreto con copie di viti, e spalliere di ramerini e rose , disposte con uno stradone a modo di giardino, ed una selva di piante, che portano delicati e singolari frutti, e saporiti vini, dove anco vi è un pozzo di fresca e chiara acqua”, “Picinisco..

È tutto il territorio in monti, selve, boschi, e colli, parte coltivati con arboreti e vigne, arbori fruttiferi, con bell' ordine, e vaghezza disposti, circondate da belle fratte, o siepi di verdeggianti frondi tessute, ed avviticchiate in modo di pareti di giardini , che apporta gran diletto, e fa una bellissima vista; portano graziosissimi vini, in gran quantità, non dissimili dalli Albani; vero è, che ha poco territorio fertile a grano”, “Atino (l’odierna Atina)..con molte amene e deliziose colline , e feconde valli ornate d' arboreti, vigne, che portano seco frutti e delicatissimi vini”.

Durante i secoli XIX e XX la viticoltura ha vissuto vicende molto importanti e subito profonde modificazioni che hanno interessato anche la Val di Comino. Infatti, accanto alle varietà tradizionalmente coltivate, ad opera di Pasquale Visocchi insigne agronomo di Atina, furono introdotte numerose varietà francesi sia a bacca bianche che a bacca rossa che trasformarono profondamente la base ampelografica dell’area.

L’opera del Visocchi, anche attraverso la creazione di un campo sperimentale in località S. Michele, da cui prese il nome commerciale uno dei migliori vini dell’azienda, fu volta al miglioramento della produzione vitivinicola della zona che era basata principalmente su vitigni e forme di allevamento tradizionali.

Il motto “Il genio del vino è nel vitigno” riportato nel logo della cantina Fratelli Visocchi dell’epoca, fa pensare come la cantina avesse puntato dal punto di vista commerciale sui vitigni francesi: i vini si distinguevano in Sammichele rosso fino (Cabernet), Sammichele rosso extra (Pinot rosso), Sammichele rosso superiore (Malbek e Gamay), Sammichele bianco extra-fine (Pinot Bianco), Sammichele bianco extra (Sauvignon) e Sammichele bianco superiore (Sèmeillon).

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, con la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del vino “Atina”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Frosinone

Viale Roma

03100 Frosinone

Telefono 0775/2751 - Fax 0775/270442; E-mail info@ fr.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Frosinone è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente

al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

CIRCEO

D.O.C.

Decreto 21 luglio 2010

Rettifica 09 Dicembre 2010

(FONTE GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

(Denominazione e vini)

 

La denominazione di origine controllata «Circeo» e' riservata ai vini che  rispondono  alle  condizioni  ed  a  irequisiti   del   presente disciplinare  di  produzione  per  le  seguenti  tipologie:

«Circeo» bianco;

«Circeo» bianco  frizzante; 

«Circeo» bianco  spumante;

«Circeo» rosso;

«Circeo» rosso  novello; 

«Circeo» rosso  frizzante;

«Circeo» rosato; 

«Circeo» rosato  frizzante 

«Circeo» Trebbiano;

«Circeo» Merlot;

«Circeo» Sangiovese.

 

Articolo 2

(Base ampelografica)

 

I vini a denominazione di origine controllata "Circeo" devono  essere ottenuti  dalle  uve  provenienti  dai  vigneti  aventi,  nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

"Circeo" bianco secco, frizzante e spumante:

Trebbiano Toscano  non meno del 55%;

Chardonnay fino a un massimo del 30%

Malvasia del Lazio fino a un massimo del 30%

possono concorrere altri vitigni a bacca  bianca  idonei  per  la  coltivazione  per  la Regione Lazio sino a un massimo del 15%.

 

"Circeo" rosso, rosso novello, rosato secco o frizzante:

Merlot non meno del 55%;

Sangiovese fino al 30%;

Cabernet Sauvignon al 30%.

possono concorrere altri vitigni a bacca rossa idonei per la coltivazione per la Regione Lazio sino a un massimo del 15%.

 

E' consentita l'indicazione del monovitigno per le seguenti varietà:

 

- Trebbiano

- Merlot

- Sangiovese

solo per quei vini ottenuti da vigneti composti in  ambito  aziendale dai  corrispondenti  vitigni  per  almeno  l'85%;  per  la   restante percentuale, possono concorrere alla produzione di detto vino le  uve, da bacca di analogo colore, delle varietà di vitigni idonei alla  coltivazione  per  la  Regione Lazio.

 

Articolo  3

(Zona di produzione delle uve)

 

La zona di produzione dei vini a denominazione di origine controllata "Circeo"  comprende  parte  del  territorio  dei  comuni  di 

Latina, Sabaudia, San Felice Circeo e Terracina

in provincia di Latina.

 

La perimetrazione ha inizio dall'incrocio fra le strade Mediana e del Mare.

Da tale incrocio segue la strada Mediana, in direzione sud-est, sino a raggiungere la  strada  Latina-Fogliano  (in  località  Borgo Isonzo) lungo la quale prosegue poi  verso  nord  sino  al  punto  di incontro con la strada della Rosa. Quindi, seguendo  quest'ultima  in direzione nord-est, raggiunge la  strada  del  Piccarello,  lungo  la quale prosegue verso nord fino all'incrocio con la s.s. n. 156  (s.s. dei Monti Lepini).

Continua lungo tale strada in direzione sud-est  e poi  nord-est  fino  a  raggiungere  il  ponte  sul   canale   Sisto.

Costeggiando tale canale, si prolunga  verso  sud  ad  incrociare  la Migliara 56 su cui  prosegue  verso  ovest  sino  alla  strada  della Pileria (oggi via Capo di Bufalo) sino a incrociare la  Migliara  57, lungo la quale procede sino a rincontrare il  canale  Sisto,  il  cui corso segue fino al  ponte  della  Crocetta. 

Da  quest'ultimo,  poi, prosegue verso ovest, lungo la  Migliara  58,  attraverso  la  strada Mediana, sino all'incrocio con  la  via  Litoranea;  quindi  continua verso sud, lungo la stessa Litoranea sino alla cantoniera Mezzomonte.

Prosegue poi verso est, lungo la strada pedemontana del monte Circeo, raggiungendo in prossimità dell'idrovora  Vetica,  la  costa. 

Segue quest'ultima, dapprima verso sudovest, poi ovest, infine  nord-ovest, portandosi sul confine tra i comuni di San Felice Circeo  e  Sabaudia all'altezza del canale dei Pescatori.

Continuando lungo  quest'ultimo si porta sulla sponda del lago di Sabaudia all'altezza  della  strada di Folaga Morta, abbandona la sponda del lago e  raggiunge,  in  linea retta, l'adiacente strada di Caterattino.

Prosegue lungo quest'ultima verso sudovest, fino a incontrare la strada del lungomare,  lungo  la quale continua verso nord-ovest fino all'incrocio con la strada di S. Andrea.

Segue quest'ultima raggiungendo l'incrocio con la strada  del Diversivo Nocchia, lungo la quale si dirige,  costeggiando  l'omonimo canale, in direzione  nord-ovest. 

Continua,  poi,  attraversando  il predetto  canale,  lungo  la  strada  interpoderale  della   Bufalara (incrociando la strada della Lavorazione), infine raggiunge il canale del Rio Martino.

Costeggia quest'ultimo  verso  sud-ovest  per  breve tratto, fino a raggiungere il canale di  Cicerchia,  lungo  il  quale

prosegue fino all'incrocio con la strada Latina-Fogliano;  segue  poi tale strada verso Latina, portandosi sulla strada Litoranea.

Prosegue lungo la stessa strada del Mare, lungo la quale continua raggiungendo l'incrocio con la strada Mediana e con  la  strada  della  Persicara, inizio della perimetrazione.

 

Articolo 4

(Norme per la viticoltura)

 

Le condizioni ambientali dei vigneti destinati  alla  produzione  dei vini  "Circeo"  devono  essere  quelle  tradizionali  della  zona  e, comunque atte a conferire alle uve le specifiche  caratteristiche  di qualità

I sesti di impianti, le forme di allevamento, e i sistemi di potatura devono essere  quelli  generalmente  usati  o  comunque  atti  a  non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

E' vietata qualsiasi pratica di forzatura.

E' consentita l'irrigazione di soccorso.

Per i nuovi impianti e reimpianti la densità dei  ceppi  non  potrà essere inferiore a

3.000 ceppi per ettaro in  coltura  specializzata;

non sono ammessi impianti a tendone e/o a pergola.

 

Le rese massime di uva per ettaro in coltura  specializzata,  ammesse per la produzione a denominazione di  origine  controllata  "Circeo", devono essere le seguenti:

"Circeo" bianco anche  nella  tipologia  monovitigno  "Trebbiano"  13,00 tonnellate per ettaro;

"Circeo" rosso  e  rosato  12,00  tonnellate  per ettaro;

"Circeo” Sangiovese" 12,00 tonnellate per ettaro;

"Circeo” Merlot" 12,00 tonnellate per ettaro.

Per quanto concerne la resa per ettaro in coltura  promiscua,  questa deve essere rapportata a quella della coltura  specializzata  tenendo conto dell'effettiva consistenza numerica delle  viti. 

Nelle  annate favorevoli i  quantitativi  di  uve  ottenuti  e  da  destinare  alla produzione dei vini a denominazione di origine  controllata  "Circeo" devono essere riportati nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi fermo restando i  limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

La regione Lazio con proprio decreto, sentite  le  organizzazioni  di categoria interessate , di anno in anno, prima della  vendemmia  può stabilire un limite  massimo  di  produzione  delle  uve  per  ettaro inferiore  a  quello  fissato  nel  presente  disciplinare,   dandone immediata  comunicazione  al  ministero   delle   Risorse   agricole, alimentari e  forestali,  Comitato  nazionale  per  la  tutela  e  la valorizzazione delle denominazioni di  origine  e  delle  indicazioni

geografiche tipiche dei vini e alla camera  di  commercio  competente per territorio.

 

Le uve destinate alla  vinificazione  del  vino  a  denominazione  di origine controllata "Circeo" devono  assicurare  il  seguente  titolo alcolometrico volumico naturale minimo:

"Circeo bianco e spumante": 10,00% vol.;

"Circeo Trebbiano": 10,00% vol.;

"Circeo rosso e rosato": 10,50% vol.;

“ Circeo Merlot": 10,50% vol.;

"Circeo Sangiovese": 10,50%  vol.

 

 Articolo 5

 (Norme per la vinificazione)

 

Le operazioni di vinificazione e di imbottigliamento per  i  vini  di cui all'articolo 1 devono essere effettuate all'interno della zona di produzione delimitata dall'articolo 3.

In  deroga  a  quanto  sopra  è  consentita   la   vinificazione   e l'imbottigliamento al di fuori della zona di produzione, su richiesta delle  cantine  interessate  che  dimostrino  di   aver   vinificato, nell'ambito della provincia di Latina, uve provenienti dalla zona  di produzione delimitata dall'articolo 3 almeno cinque anni prima dell’entrata in vigore del presente disciplinare.

 

La resa massima dell'uva in vino non deve essere superiore al

70% per i vini bianchi

65% per i vini rossi e rosati.

Qualora la resa uva-vino superi i limiti sopra indicati ma non superi rispettivamente i limiti del 75% e  del  70%  l'eccedenza  non  avrà diritto alla denominazione di origine controllata; nel  caso  vengano

superati i detti ultimi limiti, l'intera produzione non avrà diritto alla denominazione di origine controllata.

Nella vinificazione sono  ammesse  soltanto  le  pratiche  enologiche corrispondenti agli usi locali, leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

I prodotti utilizzati per la correzione dei mosti e dei vini dovranno provenire esclusivamente dalle  uve  prodotte  nei  vigneti  iscritti all'albo della  denominazione  di  origine  controllata  "Circeo",  ad esclusione del mosto concentrato rettificato.

Le  tecniche  di  spumantizzazione  sono  quelle   consentite   dalla legislazione vigente

 

Articolo 6

(Caratteristiche al consumo)

 

I vini a  denominazione  di  origine  controllata  "Circeo"  all'atto dell'immissione  al   consumo   devono   rispondere   alle   seguenti caratteristiche:

 

"Circeo" bianco:

- colore: giallo paglierino più o meno intenso;

- profumo: fragrante, armonico,  fruttato; 

- sapore:  secco, fresco, armonico;

- titolo alcolometrico volumico totale minimo 11,00% vol.;

- acidità  totale minima: 5,00 g/l;

- estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l. 

 

"Circeo" bianco frizzante:

- spuma: vivace ed evanescente;

- colore: giallo paglierino più o meno intenso;

- profumo: fragrante, armonico,  fruttato, fresco e vivace; 

- sapore:  secco, fresco, armonico;

- titolo alcolometrico volumico totale minimo 11,00% vol.;

- acidità  totale minima: 5,00 g/l;

- estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l. 

 

"Circeo" rosso:

- colore: rubino più o meno intenso;

- odore: intenso, caratteristico,

- sapore: asciutto, pieno, di buona corposità, armonico,;

- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00%vol.;

- acidità totale minima: 4,50 g/l;

- estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l;

 

"Circeo" rosso frizzante:

- spuma: vivace ed evanescente;

- colore: rubino più o meno intenso;

- odore: intenso, caratteristico,

- sapore: asciutto, fresco, vivace, armonico,;

- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00%vol.;

- acidità totale minima: 4,50 g/l;

- estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l;

 

"Circeo" rosso novello:

- colore: rosso rubino più o meno intenso con sfumature violacee;

- profumo: fruttato, persistente e caratteristico;

- sapore: fresco, armonico, equilibrato, rotondo,  vivace; 

- titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

- acidità  totale minima: 5,00 g/l;

- estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l

 

"Circeo" rosato:

- colore: rosato più o meno intenso con riflessi violacei;

- profumo: fine, gradevole;

- sapore: secco o amabile, armonico, delicato,  vellutato; 

- titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

- acidità  totale minima: 4,50 g/l;

- estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Circeo" rosato frizzante:

- spuma: vivace ed evanescente;

- colore: rosato più o meno intenso con riflessi violacei;

- profumo: fine, gradevole;

- sapore: secco o amabile, armonico, delicato,  fresco e vivace; 

- titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

- acidità  totale minima: 4,50 g/l;

- estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Circeo" Trebbiano:

- colore: giallo paglierino chiaro;

- profumo: delicatamente vinoso, gradevole;

- sapore: secco, fresco,  sapido  con  retrogusto  caratteristico; 

- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.; 

- acidità totale minima: 5,00 g/l;

- estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Circeo" Sangiovese:

- colore: rubino più o meno intenso;

- profumo: caratteristico, fragrante;

- sapore: asciutto, sapido, giustamente tannico;

- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

- acidità totale minima: 4,50 g/l;

- estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Circeo Merlot":

- colore: rubino con  riflessi  violacei;

- profumo:  caratteristico, fragrante;

- sapore: asciutto, pieno, morbido, armonico;

- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

- acidità totale minima: 4,50 g/l;

- estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Circeo" Spumante:

- spuma: fine e persistente;

- colore: giallo paglierino con riflessi verdognoli;

- profumo: fragrante, fruttato;

- sapore: armonico, vivace;

- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

- acidità totale minima: 5,00 g/l;

- estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

E' facoltà del Ministero  delle  politiche  agricole,  alimentari  e forestali - Comitato nazionale per  la  tutela  e  la  valorizzazione delle  denominazioni  di  origine  e  delle  indicazioni  geografiche tipiche dei vini di modificare con proprio decreto i  sopra  indicati limiti di acidità totale e dell'estratto secco.

 

Il vino "Circeo" rosso può fregiarsi della menzione “Riserva”, qualora all'atto dell'immissione al consumo  abbia  un  titolo  alcolometrico volumico totale minimo di 12,50%

e sia stato sottoposto ad un  periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno

2 anni,

di cui almeno 6 mesi in botti di legno,

a decorrere dal 1 novembre dell'anno di produzione delle uve.

 

Articolo 7

(Etichettatura designazione e presentazione)

 

Alla  denominazione  di  origine  controllata  "Circeo"  è   vietata l'aggiunta   di   qualsiasi   qualificazione   diversa   da    quelle espressamente previste dal presente disciplinare,  ivi  compresi  gli aggettivi "fine", "extra", "scelto", "selezionato" e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano  riferimento a nomi, ragioni sociali  e  marchi  privati  non  aventi  significato laudativo e tali da non trarre in inganno il consumatore.

Per i vini di cui al presente disciplinare deve  essere  indicato  in etichetta l'anno di produzione delle uve.

 

Articolo 8

(Confezionamento)

 

I vini a denominazione di origine controllata "Circeo" devono  essere imbottigliati in recipienti di vetro di capacità uguale o  inferiore a litri 1,500.

E' consentito l'utilizzo di bottiglie di vetro (magnum) da 3,000 litri.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte litoranea della regione Lazio, in Provincia di Latina, si estende per circa 17.500 ettari e comprende la parte meridionale dell’Agro pontino.

I terreni più superficiali, che oggi affiorano nella Pianura Pontina, risalgono al quaternario originati da depositi terrigeni dei monti Lepino – Ausoni.

Si tratta prevalentemente di sedimenti continentali fluvio–lacustri, eolici e piroclastici, ovvero, terreni generati in un bacino e trasportati da fiumi e vento, o lanciati dall’attività esplosiva del vicino Vulcano laziale.

Le formazioni quaternarie dell’area costiera sono costituite per lo più da formazioni sabbiose di natura continentale (Pleistocene Superiore), depositatesi per l’azione del vento sotto forma di grosse dune sui precedenti depositi sabbiosi di natura costiera-salmastra costituiti da sabbie calcaree organogene (Pleistocene Medio-Inferiore).

L’intero complesso sabbioso, dello spessore variabile da poche decine di metri a circa un centinaio, va sotto il nome di Duna Antica. Procedendo verso l’interno, per quanto detto, le formazioni recenti di ambiente continentale vengono sostituite da depositi formatisi in ambiente fluvio-palustre costituiti da alternanze di livelli sabbiosi, sabbioso-argillosi e

da formazioni di natura travertinosa: l’ambiente palustre formatosi nella depressione pedemontana, ha consentito nel tempo la formazione di numerosi livelli torbosi.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra gli 0 e i 541 m s.l.m. con pendenza variabile e l’esposizione generale è orientata verso ovest.

Il clima dell’area è di tipo mediterraneo, termotipo mesomediterraneo inferiore – ombrotipo subumido inferiore, caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 842 ed i 996 mm, con aridità da maggio ad agosto (pioggia 64-89 mm), ma con valori elevati solo nei mesi estivi.

Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 14,5 ed i 16,1°C: freddo non intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 2-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,6 e 5,5° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Circeo un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Circeo”.

All’epoca dei Romani il Cecubo si produceva principalmente nell’agro di Amyclae (antichissima colonia greca distrutta in tempi remoti, che era sita sul mare tra Terracina e Gaeta) e la coltivazione si estendeva nella pianura di Fundis (Fondi), Anxur (Terracina) e sui colli Cecubi. Orazio Flacco, riporta nelle Odi, che il vino Cecubo si produceva tra Amyclae e Fundis e sui colli Cecubi: Vitruvio Pollione loda il vino cecubo che si produceva tra Terracina e Fondi; Plinio conferma che nella zona di Amyclae lo si coltivava maritato al pioppo e Columella riporta che veniva coltivato oltre che a Fondi, anche a Gaeta e Formia.

L’agricoltura ed in particolare la viticoltura dell’areale di Terracina iniziò a declinare già ai tempi Plinio, spostandosi progressivamente verso le zone limitrofe più a sud (Gaeta, Formia), o verso i territori più acclivi situati sulle pendici dei monti Lepini; la formazione del latifondo e la diminuzione della popolazione colonica completarono la decadenza della viticoltura che per secoli si ridusse su superfici limitate anche a causa dei disboscamenti selvaggi che provocarono la formazione di zone acquitrinose e paludose e l’insorgere della malaria.

Le aree coltivabili rimasero nella fascia pedemontana o lungo la duna fossile, verso il litorale tirrenico (le aree più rilevate del territorio): gli interventi dell’uomo sempre più limitati fecero estendere la palude senza soluzione di continuità, longitudinalmente, nelle zone più depresse, dall’abitato di Cisterna fin quasi a Terracina.

Risalgono al Rinascimento i primi lavori di bonifica della palude pontina ad opera del papa Leone X che furono proseguiti da Sisto V e da Pio VI sul finire del Settecento: ciò permise di rendere coltivabili molti terreni contribuendo alla rinascita dell’agricoltura. La bonifica definitiva della palude effettuata negli anni trenta del secolo scorso, ha ottenuto il totale recupero dei terreni agricoli e ha permesso un nuovo sviluppo dell’agricoltura e della viticoltura.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti ottenuti dai vini a DOC Circeo sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

Anche nei concorsi sia nazionali, sia internazionali i vini hanno ricevuto e continuano a ottenere numerosi riconoscimenti

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

il vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: il Trebbiano toscano e la Malvasia del Lazio per i vini bianchi ed il Merlot ed il Sangiovese per rossi e rosati;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (91 hl/ha per le tipologie bianche e 78,00 hl/ha per le tipologie rosso e rosato);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli e strutturati.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Circeo” è riferita a 4 tipologie di vino bianco (“Circeo bianco”, “Circeo bianco frizzante”, “Circeo spumante” e “Circeo Trebbiano”), a 5 tipologie di vino rosso (“Circeo rosso”, “Circeo rosso frizzante”, “Circeo novello”, “Circeo Merlot” e “Circeo Sangiovese”) e a 2 tipologie di vino rosato (“Circeo rosato”, e “Circeo rosato frizzante”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Circeo” bianco: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore fragrante, armonico e fruttato, sapore secco, fresco e armonico.

“Circeo” bianco frizzante: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, perlage vivace ed evanescente, odore fragrante armonico e fruttato, sapore secco, fresco e armonico.

“Circeo” rosso: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza.

Il colore è rosso rubino più o meno intenso, odore intenso e caratteristico, sapore asciutto, pieno, armonico, di giusto corpo.

“Circeo” rosso frizzante: buona struttura e buone dotazioni polifenoliche, con colore rosso rubino più o meno intenso, perlage vivace ed evanescente, odore intenso e caratteristico, sapore asciutto ed armonico.

“Circeo” novello: buona struttura e giusto tenore di acidità, con colore rosso rubino con riflessi violacei, odore intenso con sentori fruttati, sapore fresco, armonico, equilibrato, rotondo e vivace.

“Circeo” rosato: vino fresco e vivace, con colore rosato più o meno intenso con riflessi violacei, odore fine e gradevole, sapore seco o amabile, armonico, delicato e vellutato.

“Circeo” rosato frizzante: vino fresco e vivace, con colore rosato più o meno intenso con riflessi violacei, perlage vivace ed evanescente, odore fine e gradevole, sapore secco o amabile, armonico, delicato e vellutato.

“Circeo” Trebbiano: vino fresco ed equilibrato, strutturato, con colore giallo paglierino chiaro, odore intenso con note floreali, sapore secco, fresco, sapido con retrogusto caratteristico.

“Circeo” Sangiovese: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza, il colore è rosso rubino più o meno intenso, odore fragrante caratteristico della varietà, sapore asciutto, sapido, giustamente tannico.

“Circeo” Merlot: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza, il colore è rosso rubino con riflessi violacei, odore fragrante caratteristico della varietà, sapore pieno, morbido e armonico.

“Circeo” spumante: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, con perlage fine e persistente, odore fragrante e fruttato, sapore armonico e vivace.

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia pianeggiante e collinare dell’areale di produzione, nel parte meridionale dell’Agro pontino e l’esposizione ad ovest, sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Circeo”.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche dei vini “Circeo”.

In particolare, i terreni, derivano da sedimenti continentali fluvio–lacustri, eolici e piroclastici sono costituiti da sabbie delle Dune Antiche e da depositi formatisi in ambiente fluvio-palustre costituiti da alternanze di livelli sabbiosi, sabbioso-argillosi e da formazioni di natura travertinosa.

Trattasi di terre, sottratte definitivamente alla palude Pontina a seguito delle bonifiche effettuate nei primi anni del XX secolo, che presentano un normale contenuto di elementi nutritivi e che sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità conferendo ai vini particolare equilibrio e complessità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni sufficienti (900 mm), con scarse piogge estive (75 mm) con aridità da maggio ad agosto, ma con valori elevati solo nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (15.8 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Circeo".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Circeo”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Circeo”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Circeo”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Circeo” è attestata fin dall’epoca romana, in molte opere dei georgici latini.

A causa dei disboscamenti selvaggi, che provocarono la formazione di zone acquitrinose e paludose e l’insorgere della malaria, le aree coltivabili rimasero nella fascia pedemontana o lungo la duna fossile verso il litorale tirrenico (le aree più rilevate del territorio): ciò comportò anche la decadenza della viticoltura che per secoli si ridusse su superfici limitate.

Comunque, a partire dal Rinascimento con le prime opere di bonifica, la viticoltura dell’area iniziò un lento recupero culminato nei primi anni del novecento, quando nella zona si coltivavano 1.500 ettari di vigneti.

Infatti nel 1551 l’Alberti, nell’opera Decrittione di tutta Italia, descrivendo il territorio di Terracina riporta “..ha

questa città fertile e dilettevuole territorio ornato di vigne, di naranci..”, come lo Scotto in Itinerario d'Italia (1747) che riporta “E' il paese di Terracina , benchè di mal'aria, abbondante di biade, vino, ed olio..”: nel 1817 il Giornale di letteratura scienze ed arte riporta per Santa Felicita (l’odierno San Felice Circeo) “..i prodotti del paese sono vino, olio e grano..”, e il De' Giovanni nella Difesa del popolo romano sull'abbandono della campagna (1848) afferma “La vite è pressochè indigena in tutte le provincie , e vi si fanno distinguere i vini di Orvieto… ed i nuovi di S. Felice , di Terracina, prodotti da nuòve specie di viti, e da nuovo genere di coltura”. Ed ancora, come riporta il Passy in Agricoltura e quistioni economiche che la riguardano, (1860) Vol. 2, “Si usano insieme negli Stati Romani due metodi di coltura affatto diversa: l'una, generalmente in uso nei dintorni di Roma e nelle paludi Pontine, consiste a sostenere il tralcio per mezzo di canne che si fanno espressamente crescere in grandissimo numero…”.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, dalla nascita di nuove aziende e dalla professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Circeo”.

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Latina

Via Umberto I, 80

04100 Latina

Telefono 0773/6721 - Fax 0773/693003;

E-mail info@lt.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Latina è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

CORI

D.O.C.

DECRETO 21 luglio 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata "Cori" e' riservata  ai  vini che  rispondono  alle  condizioni  ed  ai  requisiti  prescritti  dal presente disciplinare di produzione per le seguenti  tipologie: 

Cori bianco,

Cori rosso, 

Cori Bellone, 

Cori Nero  Buono

Cori Nero Buono riserva. 

 

Articolo 2

base ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata  "Cori"  devono  essere ottenuti  dalle  uve  prodotte  dai   vigneti   aventi,   nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

Cori bianco:

- Bellone minimo 50%

- Malvasia del Lazio minimo 20%

- Greco b. minimo 15%

possono  concorrere  altri  vitigni  a  bacca  bianca   idonei   alla coltivazione per la Regione Lazio sino a un massimo del 15%.

 

Cori rosso:

- Nero Buono minimo 50%

- Montepulciano minimo 20%

- Cesanese di Affile e/o Comune minimo 15%

possono  concorrere  altri  vitigni  a   bacca   nera   idonei   alla coltivazione per la Regione Lazio sino a un massimo del 15%.

 

Cori Bellone:

- Bellone minimo 85%

possono  concorrere  altri  vitigni  a  bacca  bianca   idonei   alla coltivazione per la Regione Lazio sino a un massimo del 15%.

 

Cori Nero Buono

- Nero Buono minimo 85%

possono  concorrere  altri  vitigni  a   bacca   nera   idonei   alla coltivazione per la Regione Lazio sino a un massimo del 15%.

 

Articolo 3

zona di produzione

 

Le uve devono essere  prodotte  nella  zona  di  produzione  appresso indicata che comprende in tutto il territorio amministrativo comunale di

Cori

ed in parte quello di

Cisterna.

In provincia di Latina.

 

Tale zona e' così delimitata:

partendo dal punto in cui il confine comunale di Cori  attraversa  la strada vicinale di Pezze di Ninfa, la linea di delimitazione percorre verso sud questa strada per circa 900 metri e imbocca lo stradone che porta al canale delle acque alte e prosegue per tutto il canale  fino a incontrare, dopo aver attraversato il  torrente  Teppia,  il  ponte della strada del Castellone; di qui in direzione nord-ovest raggiunge il torrente Teppia all'ansa  sita  in  prossimità della  quota  48.

Risale tale torrente e alla  confluenza con il fosso Morillo segue il corso di quest'ultimo fino a raggiungere la strada ferrata della linea Velletri-Terracina. Procede quindi lungo la ferrovia in direzione nord e all'intersezione con  il

confine di Cori, prendendo verso ovest,  segue  quest'ultimo  fino  a ritornare al punto in cui il confine del comune di Cori  incrocia  la strada vicinale di Pezze di Ninfa.

 

Articolo 4

norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di  coltura  dei  vigneti  destinati  alla produzione del vino a denominazione  di  origine  controllata  «Cori» devono essere quelle tradizionali della  zona  e,  comunque,  atte  a conferire alle uve e ai vini derivati le  specifiche  caratteristiche di qualità.

Per i nuovi  impianti  e  reimpianti  la  densità  non  può  essere inferiore a

3.000 ceppi per ettaro in coltura specializzata.

I sesti di impianto, le forme di allevamento e i sistemi di  potatura devono essere  quelli  generalmente  usati  e  comunque  atti  a  non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

 

La produzione massima  di  uva  ad  ettaro  e  la  gradazione  minima naturale sono le seguenti:

 

Cori bianco: 15,00 t/ha, 10.50% vol.;

Cori rosso: 15,00 t/ha, 11,00% vol.;

Cori Bellone: 12,00 t/ha, 11,50% vol.;

Cori Nero Buono: 12,00 t/ha, 11,50% vol.

 

A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli,  la  resa dovrà essere riportata attraverso  cernita  delle  uve,  purché  la produzione non superi del 20% i limiti massimi.

La Regione Lazio, con proprio decreto, sentite le  organizzazioni  di categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può stabilire  un limite massimo di produzione di uva per  ettaro  inferiore  a  quello fissato dal presente disciplinare, dandone comunicazione immediata al

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali -  Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione  delle  denominazioni  di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

 

Articolo 5

norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione per il  vino  di  cui  all'articolo  1 devono  essere  effettuate  nell'interno  della  zona  di  produzione delimitata nell'articolo 3.

Nella vinificazione sono  ammesse  soltanto  le  pratiche  enologiche locali leali e costanti, atte a conferire al vino  le  sue  peculiari caratteristiche.

La resa massima dell'uva  in  vino,  compresa  l'arricchimento,  e  la produzione massima di vino per ettaro sono le seguenti:

 

Cori bianco: 70% pari a 105,00 hl/ha;

Cori rosso: 70% pari a 105,00 hl/ha;

Cori Bellone: 70% pari a 84,00 hl/ha;

Cori Nero Buono: 65% pari a 78,00 hl/ha.

 

Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma  non  oltre il 75% per le tipologie bianco, rosso e Bellone, e non oltre  il  70% per  la  tipologia  Nero  Buono,  l'eccedenza  non  ha  diritto  alla denominazione d'origine. Oltre detto limite decade  il  diritto  alla denominazione d'origine controllata per tutta la partita.

 

Articolo 6

caratteristiche al consumo

 

I  vini  di  cui   all'articolo   1   devono   rispondere,   all'atto dell'immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

 

Cori bianco:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: caratteristico, gradevole;

sapore secco, equilibrato di buona struttura;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo 16,00 g/l.

 

Cori rosso:

colore: rosso rubino con riflessi violacei;

profumo: fragrante, armonico, fruttato;

sapore: asciutto, morbido, buona struttura e persistenza;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo 22,00 g/l.

 

Cori Bellone:

colore:  giallo  paglierino  più  o  meno  intenso,  talvolta  con riflessi verdognoli;

profumo: caratteristico della varietà gradevole;

sapore: secco, equilibrato, sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

Acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo 18,00 g/l.

 

Cori Nero Buono:

colore: rosso rubino tendente al granato con l'invecchiamento;

profumo: delicato, caratteristico del vitigno, con sentori di  frutta di bosco;

sapore: asciutto, armonico, buona struttura e persistenza;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  12,00%  vol.; 

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo 24,00 g/l.

 

Cori Nero Buono riserva:

colore: rosso rubino tendente al granato con l'invecchiamento;

profumo: delicato, caratteristico del vitigno, con sentori di  frutta di bosco;

sapore: asciutto, armonico, buona struttura e persistenza;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  13,00%  vol.; 

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo 24,00 g/l.

 

E' in facoltà del Ministero delle politiche  agricole  alimentari  e forestali - Comitato Nazionale per  la  Tutela  e  la  Valorizzazione delle  Denominazioni  di  Origine  e  delle  Indicazioni  Geografiche Tipiche dei  Vini  -  modificare  i  limiti  dell'acidità totale  e dell'estratto secco netto con proprio decreto.

 

Articolo 7

Etichettatura designazione e presentazione

 

Nella etichettatura, designazione e presentazione  dei  vini  di  cui all'art. 1 e' vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione  diversa da quelle  previste  dal  presente  disciplinare,  ivi  compresi  gli aggettivi «fine», «scelto», «selezionato»  e  similari.

E'  tuttavia consentito l'uso di indicazioni  che  facciano  riferimento  a  nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato  laudativo  e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Le menzioni facoltative, esclusi i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell'etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la  denominazione d'origine  del  vino,  salve  le  norme  generali  più restrittive.

 

La  tipologia  "Cori  Nero  Buono"  sottoposto  ad  un   periodo   di invecchiamento non inferiore a

24 mesi 

A decorrere dal 1°  novembre dell’anno della vendemmia,

e con un  titolo  alcolometrico  volumico totale  minimo  di  13,00%  Vol.,

può  fregiarsi   della   menzione aggiuntiva «Riserva».

Nella designazione  e  presentazione  del  vino  a  denominazione  di origine controllata "Cori" deve figurare l'annata di produzione delle

uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini di cui  all'art.  1  possono  essere  immessi  al  consumo  in recipienti  di  vetro  di  volume  nominale  fino  a  1,5  litri. 

E' consentito per le sole tipologie "Cori Bellone" e "Cori  Nero  Buono" l'utilizzo  di  bottiglie  di  vetro  da  3  litri.   E'   consentito confezionare i vini a denominazione  di  origine  controllata  "Cori" senza specificazioni aggiuntive, in contenitori alternativi al  vetro costituiti  da  un  otre  in  materiale   plastico   pluristrato   di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di  cartone  o  di altro materiale rigido, di capacità non inferiore a 2 litri .

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio in Provincia di Latina: si estende su una superficie di circa 9.700 ettari, e comprende la parte più interna della pianura nord orientale dell’Agro Pontino e le pendici nord occidentali dei monti Lepini.

I Monti Lepini fanno parte degli antiappennini e rappresentano la parte più occidentale della piattaforma carbonatica laziale-abruzzese e sono composti da rocce sedimentarie di origine marina (calcari e dolomie).

I terreni che ne derivano sono caratterizzati sulle pendici da strati sedimentari antichi provenienti da substrati calcarei ben stratificati e nelle vallecole da materiale detritico di falda e terre rosse con struttura argillo-limosa e reazione sub-acida, depositi piroclastici e le terre rosse che caratterizzano l'ambiente carsico; esse sono costituite da ossidi e idrossidi di ferro e alluminio non solubili nell'acqua, presenti nella roccia carbonatica come impurità, unitamente a

cineriti originate dal vulcanismo albano e della valle latina che danno luogo a suoli ricchi di scheletro, in particolare tufo nelle zone più basse e a base calcarea nelle zone più alte.

Sono presenti anche depositi formatisi in ambiente fluvio-palustre costituiti da alternanze di livelli sabbiosi, sabbioso-argillosi e da formazioni di natura travertinosa.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 40 e i 463 m s.l.m. con pendenza variabile e l’esposizione generale è orientata verso ovest e sud-ovest.

Il clima dell’area è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 822 ed i 1110 mm, con aridità estiva (pioggia 84-127 mm) nei mesi estivi.

Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 14,5 ed i 15,2°C: freddo poco intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 2-3 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,4 e 4,4° C.

La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Cori un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.

1. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Cori”.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca preromana: Cori (Cora per i Romani), una delle principali città dei Volsci fondata intorno al 1400 a.C., e citata e lodata dai principali autori latini.

Gli statuti di Cori furono emanati nel 1327 e riveduti nel 1547 e nel 1732: sono divisi in 5 libri e contengono capitoli dedicati alla viticoltura ed al commercio del vino.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo importante nell’economia agricola del territorio, fino all’attualità, contribuendo in modo significativo allo sviluppo sociale ed economico dell’area.

Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere, i vini a DOC Cori sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli

tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: il Bellone e la Malvasia del Lazio per i

vini bianchi ed il Nero buono e il Montepulciano per quelli rossi;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (105 hl/ha per le tipologie di base bianche e rosse, 84 hl/ha per la tipologia Bellone e 78 hl/ha per la tipologia Nero buono);

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:  che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli e strutturati, adeguatamente differenziate per la tipologia di base e le tipologie monovitigno e riserva e superiore, riferite quest’ultima a vini rossi maggiormente strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento ed affinamento in bottiglia obbligatori.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Cori” è riferita a due tipologie di vino bianco (“base” e “Bellone”) e a tre tipologie di vino rosso (“ base”, “Nero buono” e “Nero buono Riserva”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:

“Cori” bianco: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore caratteristico, gradevole con note floreali e fruttate, sapore secco, equilibrato di buona struttura.

“Cori” rosso: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza. Il vino presenta un colore rosso rubino con riflessi violacei, odore intenso con sentori fruttati (bacche e drupe) in equilibrio con lo speziato ed il vegetale, sapore secco, morbido con buona struttura e persistenza.

“Cori” bianco Bellone: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, talvolta con riflessi verdognoli, odore caratteristico della varietà, gradevole con note floreali e fruttate, sapore equilibrato, sapido.

“Cori” Nero Buono: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di ruvidezza. Il vino presenta un rosso rubino con riflessi violacei, odore delicato, caratteristico del vitigno, con sentori di frutta di bosco in equilibrio con lo speziato ed il vegetale, sapore secco, armonico con buona struttura e persistenza.

“Cori” Nero Buono Riserva: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo, assenza di ruvidezza e buona longevità. Il vino presenta un rosso rubino con riflessi violacei tendente al granato con l'invecchiamento, odore delicato, caratteristico del vitigno, con sentori di frutta di bosco che sfumano a favore di quelli speziati o fenolici associabili al legno, sapore secco, armonico con buona struttura e persistenza..

Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia dell’areale di produzione, caratterizzato dalla parte più interna della pianura nord orientale dell’Agro Pontino e dalle pendici nord occidentali dei monti Lepini, e l’esposizione ad ovest, sudovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Cori”.

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Cori”.

In particolare, i terreni prevalentemente di origine calcarea presentano depositi piroclastici e terre rosse che caratterizzano l'ambiente carsico; esse sono costituite da ossidi e idrossidi di ferro e alluminio non solubili nell'acqua, presenti nella roccia carbonatica come impurità, unitamente a cineriti originate dal vulcanismo albano e della valle latina che danno luogo a suoli ricchi di scheletro, in particolare tufo nelle zone più basse e a base calcarea nelle zone più alte. Sono presenti anche depositi formatisi in ambiente fluvio-palustre costituiti da alternanze di livelli sabbiosi,

sabbioso-argillosi e da formazioni di natura travertinosa.

In particolare, le terre rosse presentano un limitato contenuto di elementi nutritivi e mal si prestano ad un’utilizzazione intensiva delle altre colture agrarie (anche in relazione alla loro giacitura), ma, proprio in virtù di tali caratteristiche sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità, con basse rese produttive, conferendo ai vini particolare vigore e complessità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni abbondanti (996 mm), con scarse piogge estive (92 mm) ed aridità nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (15.0 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Cori".

In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti.

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antica “Volsca”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Cori”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Cori”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Cori” è attestata fin dall’epoca Volsca, in molti reperti dei georgici latini.

Nel medioevo, con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante, come testimoniano i documenti di varia natura conservati presso gli archivi monastici.

Gli Statuti di Cori, emanati per la prima volta nel 1327, regolamentavano l’ordinamento della Comunità Corese su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale.

Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.

Il Catastum bonorum di Cori (1668-1696) contiene aspetti relativi al grado economico-patrimoniale dei residenti, alla distribuzione della proprietà e ai modi di conduzione dei fondi agricoli, dei boschi e dei pascoli.

La coltivazione della vite continuò ed ebbe maggiore espansione sotto lo Sato della Chiesa: il Marocco, in Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese (1835), scrive per Cori “le sue vigne sono con bell' industria agraria coltivate, esquisiti sono i suoi vini, come il Bauco nella Storia della città di Velletri (1851) parlando di Cori afferma “la massa del popolo si impegna nella coltivazione della campagna e delle vigne”.

Il Moroni, nel Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (1860), descrivendo una veduta scrive “Da questo luogo si godono belli e deliziosi punti di vista, che offre la ridente situazione, onde si scoprono non solamente gli oliveti e le vigne del suo territorio, ma anche quelli di.. Cori, ..”.

Negli Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1883) si riporta che le esportazioni del circondario di Velletri inerenti il vino, contemplavano quello fornito da Terracina, da Velletri, da Cori. Riporta anche che nei comuni di Cori, Norma e Sermoneta può stabilirsi che i prodotti dei terreni aperti camparili, e di quelli vestiti a vigna, nonchè degli oliveti, si dividono col proprietario al quarto restando i 3/4 al colono che sopporta qualunque spesa di coltivazione ed impianto. Nella stessa Inchiesta sono citate le principali varietà coltivate a

Cori, con sistema di coltivazione a vigna bassa, che sono l’Arciprete bianco (sinonimo locale del Bellone), il Greco giallo, il Greco nero, il Cesanese: sostanzialmente le stesse varietà che compongono la base ampelografica dell’attuale DOC Cori.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la creazione della Cantina sociale, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Cori”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Latina

Via Umberto I, 80

04100 Latina

Telefono 0773/6721 - Fax 0773/693003;

E-mail info@lt.camcom.it

La C.C.I.A.A. di Latina è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

TERRACINA

MOSCATO DI TERRACINA

D.O.C.

decreto 25 maggio 2007

modifica decreto 21 maggio 2008

(fonte GURI)

modifica decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

modifica decreto 14 ottobre 2014

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Terracina» o «Moscato di Terracina» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le tipologie: 
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«Terracina» o «Moscato di Terracina» secco; 
«Terracina» o «Moscato di Terracina» amabile; 
«Terracina» o «Moscato di Terracina» passito; 
«Terracina» o «Moscato di Terracina» spumante. 

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini di cui all'art. 1, escluso la tipologia «spumante» devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

«Moscato di Terracina»: minimo 85%. 
Possono concorrere, da soli o congiuntamente, vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, per un massimo del 15%. 
Per la tipologia «spumante» la base ampelografica deve essere costituita dal

100% di «Moscato di Terracina».  

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione d'origine controllata «Terracina» o «Moscato di Terracina» ricade nella provincia di Latina e comprende tutto il territorio amministrativo dei comuni di Monte San Biagio, Terracina e Sonnino. 

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e pedologiche dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Terracina» o «Moscato di Terracina» devono essere quelle atte a conferire alle uve le specifiche caratteristiche di qualità. 
Le forme di allevamento consentite sono quelle idonee per la tipologia di vitigno e per la zona, con particolare riguardo alla tradizionale spalliera semplice.

Non sono ammessi impianti a tendone e/o pergola, né l'impianto delle viti secondo il sistema a «doppia posta». 
I sesti di impianto devono garantire un numero minimo di 3.500 ceppi per ettaro. 
E' vietata ogni pratica di forzatura.

E' consentita l'irrigazione di soccorso. 
Le rese massime di uva per ettaro in coltura specializzata, ammesse per la produzione dei vini della denominazione di origine controllata «Terracina» o «Moscato di Terracina» devono essere, per tutte le tipologie di cui all'art. 1, pari a 11,00 t/ha. 
Per i vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva ad ettaro deve essere rapportata alla superficie effettivamente impegnata dalla vite. 
In annate eccezionalmente favorevoli, i quantitativi delle uve destinate alla produzione dei vini della denominazione di origine controllata «Terracina» o «Moscato di Terracina» devono essere riportati, nei limiti di cui sopra, purché la produzione globale del vigneto non superi del 20% il limite medesimo.

Le eccedenze delle uve, nel limite massimo del 20%, non hanno diritto alla denominazione di origine controllata «Terracina» o «Moscato di Terracina». 
La regione Lazio, con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate di anno in anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può stabilire un limite massimo di produzione e/o di utilizzazione di uva per ettaro inferiore a quello fissato dal presente disciplinare dandone immediata comunicazione all'organismo di controllo incaricato. 
Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vino a denominazione di origine controllata «Terracina» o «Moscato di Terracina»

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 11,00% vol.  

 

Articolo 5 

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione, ivi compresa la spumantizzazione, l'imbottigliamento e l'appassimento delle uve dei vini della denominazione di origine controllata «Terracina» o «Moscato di Terracina» devono essere effettuate all'interno della zona di produzione di cui all'art. 3. 
Conformemente all'art. 8 del Reg CE n. 607/2009, l'imbottigliamento o il condizionamento deve aver luogo nella predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità o la reputazione o garantire l'origine o assicurare l'efficacia dei controlli; inoltre a salvaguardia dei diritti precostituiti dei soggetti che tradizionalmente hanno effettuato l'imbottigliamento al di fuori dell'area di produzione delimitata, sono previste autorizzazioni individuali alle condizioni di cui all'art. 10, comma 3 e 4 del decreto legislativo n. 61/2010.(Allegato 1). 
In deroga a quanto sopra, è consentito che le operazioni di vinificazione, ivi compreso l'appassimento delle uve e la spumantizzazione siano effettuate in cantine situate fuori della zona di produzione di cui all'art. 3, purché in provincia di Latina e a condizione che le ditte interessate producevano vini con uve della zona di produzione cinque anni prima dell'entrata in vigore del presente disciplinare di produzione. 
La deroga di cui al comma precedente è concessa dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sentito il parere della regione Lazio. 
E' consentito l'arricchimento dei mosti e dei vini di cui all'art. 1, nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali, con mosti concentrati ottenuti da uve dei vigneti iscritti allo schedario viticolo della stessa denominazione d'origine controllata, oppure con mosto concentrato rettificato o altre tecnologie consentite. 
Le diverse tipologie previste dall'art. 1, devono essere elaborate in conformità alle norme comunitarie e nazionali. 
La tipologia «passito» deve essere ottenuta con appassimento delle uve sulla pianta, o/e in ambienti idonei e può essere condotto con l'ausilio di impianti di condizionamento ambientale purché operanti a temperature analoghe a quelle riscontrabili nel corso dei processi tradizionali di appassimento escludendo qualsiasi sistema di innalzamento della temperatura in modo da assicurare

un contenuto minimo di zuccheri riduttori di 260 grammi per litro. 
Le uve destinate alla produzione della tipologia «passito», al termine dell'appassimento, devono assicurare un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 15,50% vol. 
Il processo di lavorazione per la presa di spuma, per il prodotto «Moscato di Terracina» spumante, da effettuarsi con il metodo della fermentazione naturale in autoclave (o metodo Martinotti),

non può avere una durata inferiore a mesi uno compreso il periodo di affinamento.

La resa massima dell'uva in vino, compresa l'eventuale aggiunta correttiva e la produzione massima di vino per ettaro, non deve essere superiore al 70% per tutte le tipologie della denominazione di origine controllata «Terracina» o «Moscato di Terracina». 
Qualora la resa superi detto limite, ma non il 75%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata. Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto. 
Per la tipologia «passito» la resa massima dell'uva in vino non deve essere superiore al 40%. 

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origina controllata «Terracina» o «Moscato di Terracina» di cui all'art. 1 devono rispondere, all'atto dell'immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche: 
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<!--[endif]-->

«Terracina» o «Moscato di Terracina» secco: 
colore: dal paglierino al lievemente dorato; 
odore: fragrante, caratteristico; 
sapore: asciutto, aromatico tipico del vitigno; 
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo: 11,00% vol.; 
acidità totale minima: 5,00 g/l; 
estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l; 

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«Terracina» o «Moscato di Terracina» amabile: 
colore: dal paglierino al lievemente dorato; 
odore: intenso e caratteristico; 
sapore: amabile, gradevole e caratteristico; 
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo: 11,00% vol.; 
acidità totale minima 5,00 g/l; 
estratto non riduttore minimo 20,00 g/l; 
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<!--[endif]-->

«Terracina» o «Moscato di Terracina» passito: 
colore: giallo dorato con riflessi ambrati; 
odore: caratteristico; 
sapore: dolce, gradevole, vellutato; 
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo: 12,00% vol.; 
acidità totale minima 5,00 g/l; 
estratto non riduttore minimo: 25,00 g/l; 
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<!--[endif]-->

«Terracina» o «Moscato di Terracina» spumante: 
spuma: fine e persistente; 
limpidezza: brillante; 
colore: giallo paglierino tenue; 
odore: fragrante, caratteristico; 
sapore: aromatico, armonico e fresco; 
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol. da brut nature a dolce; 
acidità totale minima: 5,50 g/l; 
estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l. 
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E' facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di modificare i sopraindicati limiti di acidita' totale minima e estratto non riduttore minimo. 

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Nella etichettatura, designazione e presentazione dei vini di cui all'art. 1, è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi «fine», «scelto», «selezionato» e similari. 
E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore. 
Sono consentite le menzioni facoltative previste dalle norme comunitarie, oltre alle menzioni tradizionali, come quelle del colore, della varietà di vite, del modo di elaborazione e altre, purché pertinenti ai vini di cui all'art. 1. 
Le menzioni facoltative, esclusi i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell'etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione d'origine del vino, salve le norme generali più restrittive. 
Nell'etichettatura dei vini di cui all'art. 1, ad esclusione dello spumante, l'indicazione dell'annata di produzione delle uve è obbligatoria. 

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a denominazione di origine controllata «Terracina» o «Moscato di Terracina», di cui all'art. 1, devono essere immessi al consumo in bottiglie di volume nominale fino a 3 litri. 
Per i vini spumanti la chiusura delle bottiglie deve essere effettuata con tappi di sughero a fungo. 
Per gli altri vini la chiusura delle bottiglie di volume nominale superiore a 0,250 lt può essere effettuata con tutti i sistemi di chiusura consentiti dalla vigente normativa comunitaria e nazionale, con l'esclusione del tappo a corona e del tappo a vite a vestizione corta, mentre per le bottiglie fino a 0,250 lt è consentito l'uso di tutti sistemi di chiusura consentiti dalla vigente normativa comunitaria e nazionale. 

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte litoranea meridionale della regione Lazio, in Provincia di Latina.

L'area, della superfici di circa 27.550 ettari, comprende le pianure costiere e la media collina, situate sulle pendici occidentali dei Monti Ausoni, laddove, principalmente nelle vallate, sono coltivati i vigneti del «Terracina» o «Moscato di Terracina». 
Geologicamente gli Ausoni, assieme ai Lepini ed agli Aurunci, costituiscono un'unica piattaforma carbonatica, la cosiddetta dorsale dei Volsci, che rappresenta l'estrema propaggine dell'Appennino laziale - abruzzese.

La formazione mesozoica è costituita da calcari e calcari dolomitizzati con ridotti affioramenti delle potenti dolomie poste alla base della serie (giurassico - cretacico - paleocene inf.) e costituisce l'ossatura montuosa.

Meno estesa è la formazione cenozoica, costituita da sedimenti di differente età e natura; detti terreni affiorano principalmente nelle vallate e lungo i contorni montuosi.

Si tratta di calcari marnosi, marnoso - arenacei, talora intercalati a conglomerati e, nella parte altra, a sedimenti alluvionali che si estendono nelle zone di fondo valle, lungo i corsi d'acqua e su pendici di alcuni rilievi.

Le formazioni vulcaniche presenti nel massiccio, sono da ascriversi al complesso vulcanico situato nella media valle latina, e sono rappresentate da intercalazioni tufitiche e materiali piroclastici frammisti a terre rosse argillose. 
Si possono distinguere quattro diverse tipologie di terreno: le sabbie calcaree cementate, spesso di colore rossastro, residuo di vecchie dune cosparse di bassure (pianura meridionale dell'Agro pontino); i terreni alluvionali ghiaioso-argillosi recenti formatesi per deposito alluvionale proveniente dalle pendici dei monti Ausoni ed Aurunci (piana di Fondi); i terreni sedimentari antichi provenienti da substrati calcarei ben stratificati (pendici degli Ausoni) ed i terreni derivati da materiale detritico di falda e terre rosse con struttura argillo-limosa e reazione sub-acida (valli interne). 
L'altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra gli 0 e i 863 m s.l.m. con pendenza variabile e l'esposizione generale è orientata verso ovest. 
Il clima dell'area è di tipo mediterraneo ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue di comprese tra i 727 ed i 1133 mm, con aridità estiva prolungata da maggio ad agosto (pioggia 61-83 mm) con valori elevati solo nei mesi estivi.

Temperatura media elevata compresa tra i 16,1 ed i 17,0° C: freddo poco accentuato concentrato nel periodo invernale, con temperatura media inferiore ai 10° C per 1-3 mesi l'anno e temperatura media minima del mese più freddo dell'anno piuttosto elevata che oscilla tra 5,5 e 6,6° C. 
La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Terracina o Moscato di Terracina un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio. 

 

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino «Terracina» o «Moscato di Terracina». 
All'epoca dei Romani il Cecubo si produceva principalmente nell'agro di Amyclae (antichissima colonia greca distrutta in tempi remoti, che era sita sul mare tra Terracina e Gaeta) e la coltivazione si estendeva nella pianura di Fundis (Fondi), Anxur (Terracina) e sui colli Cecubi che si elevano tra Sperlonga, Itri e Fondi.

Orazio Flacco riporta nelle Odi che il vino Cecubo si produceva tra Amyclae e Fundis e sui colli Cecubi: Vitruvio Pollione loda il vino cecubo che si produceva tra Terracina e Fondi; Plinio conferma che nella zona di Amyclae lo si coltivava maritato al pioppo e Columella riporta che veniva coltivato oltre che a Fondi, anche a Gaeta e Formia. 
L'agricoltura ed in particolare la viticoltura dell'areale di Terracina iniziò a declinare già ai tempi Plinio, spostandosi progressivamente verso le zone limitrofe più a sud (Gaeta, Formia); la formazione del latifondo e la diminuzione della popolazione colonica completarono la decadenza della viticoltura che per secoli si ridusse su superfici limitate anche a causa dei disboscamenti selvaggi che provocarono la formazione di zone acquitrinose e paludose e l'insorgere della malaria. 
Le aree coltivabili rimasero nella fascia pedemontana o lungo la duna fossile, verso il litorale tirrenico (le aree più rilevate del territorio): gli interventi dell'uomo sempre più limitati fecero estendere la palude senza soluzione di continuità, longitudinalmente, nelle zone più depresse, dall'abitato di Cisterna fin quasi a Terracina. 
Gli Statuta Antichissimae Civitatis Terracinae, approvati nel 1504 da Papa Giulio II e stampati su pergamena nel 1549, regolamentano anche l'agricoltura e la viticoltura. 
Risalgono al Rinascimento i primi lavori di bonifica della palude pontina ad opera del papa Leone X che furono proseguiti da Sisto V e da Pio VI sul finire del Settecento: ciò permise di rendere coltivabili molti terreni contribuendo alla rinascita dell'agricoltura. 
Nell'Ottocento inizia il recupero della viticoltura tanto che il Passy in Agricoltura e quistioni economiche: che la riguardano, (1860) Vol. 2 scrive «Si usano insieme negli Stati Romani due metodi di coltura affatto diversa: l'una, generalmente in uso nei dintorni di Roma e nelle paludi Pontine, consiste a sostenere il tralcio per mezzo di canne che si fanno espressamente crescere in grandissimo numero..». 
La bonifica definitiva della palude risale agli anni trenta del secolo scorso, con il totale recupero dei terreni e ha permesso un nuovo sviluppo dell'agricoltura e della viticoltura. 
Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti ottenuti dai vini a DOC Terracina o Moscato di Terracina sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano inoltre sulle principali guide nazionali.

Anche nei concorsi sia nazionali, sia internazionali i vini hanno ricevuto e continuano a ottenere numerosi riconoscimenti. 
L'incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, e' in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione: 
base ampelografica dei vigneti:

il vitigni idoneo alla produzione del vino in questione, è quello tradizionalmente coltivato nell'area geografica considerata cioè il Moscato di Terracina; 
le forme di allevamento, i sesti d'impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l'esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare pari a 77 hl/ha per tutte le tipologie previste dal disciplinare; 
le pratiche relative all'elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC «Terracina» o «Moscato di Terracina» è riferita a 4 tipologie di vino bianco («secco», «amabile», «passito» e «spumante» secco o dolce) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all'art. 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all'ambiente geografico. 
Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano: 
«Terracina» o «Moscato di Terracina» secco:

vino fresco ed equilibrato con colore dal paglierino al lievemente dorato, odore con note floreali, fragrante e caratteristico, sapore asciutto, aromatico tipico del vitigno. 
«Terracina» o «Moscato di Terracina» amabile:

vino fresco ed equilibrato con colore dal paglierino al lievemente dorato, odore con note floreali, intenso e caratteristico, sapore piacevolmente amabile, gradevole e caratteristico. 
«Terracina» o «Moscato di Terracina» passito:

vino strutturato e pastoso con colore giallo dorato con riflessi ambrati, odore intenso e caratteristico, sapore dolce, gradevole, vellutato. 
«Terracina» o «Moscato di Terracina» spumante:

vino fresco ed equilibrato con colore giallo paglierino tenue, odore con note floreali, fragrante e caratteristico, sapore secco o piacevolmente dolce, aromatico, armonico e fresco, spuma fine e persistente. 
Al sapore tutti i vini presentano un gusto è vellutato ed esprime a pieno le che nella tipologia passito sono molti esaltati.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L'orografia collinare dell'areale di produzione, nel parte meridionale dell'Agro pontino, e l'esposizione ad ovest, sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del «Terracina» o «Moscato di Terracina».

Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità. 
Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all'ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del «Terracina» o «Moscato di Terracina». 
In particolare, i terreni, riconducibili ai calcari e calcari dolo mitizzati, ai calcari marnosi, marnoso - arenacei, e da depositi formatisi in ambiente fluvio-palustre costituiti da alternanze di livelli sabbiosi, sabbioso-argillosi si distinguono quattro diverse tipologie di terreno: le sabbie calcaree cementate, spesso di colore rossastro, residuo di vecchie dune cosparse di bassure; i terreni alluvionali ghiaioso-argillosi recenti formatesi per; i terreni sedimentari antichi provenienti da substrati calcarei ben stratificati ed i terreni derivati da materiale detritico di falda e terre rosse con struttura argillo-limosa e reazione sub-acida (valli interne).

Presentano un normale contenuto di elementi nutritivi e che sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità conferendo ai vini particolare equilibrio e complessità. 
Anche il clima dell'areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni sufficienti (mediamente 900 mm), con scarse piogge estive (67 mm) ed con aridità estiva prolungata da maggio ad agosto con valori elevati solo nei mesi estivi, da una elevata temperatura media annuale (17,0° C), unita ad una temperatura relativamente elevata, un'ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre ma con una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino «Terracina» o «Moscato di Terracina». 
In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici del vitigno. 
La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell'antica «Anxur», dall'epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del «Terracina» o «Moscato di Terracina». 
Ovvero è la testimonianza di come l'intervento dell'uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell'epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all'indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini «Moscato di Terracina», le cui peculiari caratteristiche sono descritte all'art. 6 del disciplinare. 
In particolare la presenza della viticoltura nella zona del «Terracina» o «Moscato di Terracina» è attestata fin dall'epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.
Gli Statuti di Terracina, emanati nel 1504, regolavano l'ordinamento della Comunità su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale.

Diversi capitoli degli statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell'importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura. 
A causa dei disboscamenti selvaggi che provocarono la formazione di zone acquitrinose e paludose e l'insorgere della malaria, le aree coltivabili rimasero nella fascia pedemontana o lungo la duna fossile, verso il litorale tirrenico (le aree più rilevate del territorio): ciò comportò anche la decadenza della viticoltura che per secoli si ridusse su superfici limitate.

Comunque, a partire dal Rinascimento con le prime opere di bonifica, l'agricoltura e la viticoltura dell'area iniziano un lento recupero. 
Infatti il Lombardo nella pubblicazione Camera Urbis Dohana Ripe e Ripecte - Liber introis 1428 (1878) riporta «A Roma soltanto dall'aprile al giugno 1428 arrivarono via mare oltre 123.000 litri di vino greco e oltre 121.000 litri di vino di Terracina; nel 1551 l'Alberti, nell'opera Decrittione di tutta Italia, descrivendo il territorio di Terracina riporta "..ha questa città fertile e dilettevuole territorio ornato di vigne, di naranci..", e il Theuli, nel Theatro historico di Velletri (1644), parlando degli antichi popoli riporta "habitata dai Volsci, e se ne vedono li vestigi d'antiche rouine sotto le vigne di Sonnino".

Anche lo Scotto in Itinerario d'Italia (1747) che riporta "E' il paese di Terracina, benché di mal'aria, abbondante di biade, vino, ed olio.."». 
Nell'Ottocento continuano le testimonianze della ripresa viticola come riporta il De' Giovanni nella Difesa del popolo romano sull'abbandono della campagna (1848) che afferma «La vite è pressoché indigena in tutte le provincie, e vi si fanno distinguere i vini di Orvieto... ed i nuovi di S. Felice, di Terracina, prodotti da nuove specie di viti, e da nuovo genere di coltura». 
L'Alfano Nell'Istorica descrizione del Regno di Napoli (1823) riporta per Monticelli (l'attuale Monte san Biagio) produce «..frutti,vini..», come il Rampoldi nella Corografia dell'Italia vol. 2 (1833) che scrive per Monticelli «Sta sopra un ameno colle rivolto a scirocco, circondato da ubertosi vigneti e boschetti di olivi».

Il Marocco nel 1834 nell'opera Monumenti dello Stato pontificio: e relazione topografica di ogni paese scrive «il territorio di Sonnino produce olio, vino..». 
Negli Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1883) e' riportato «esportazioni del circondario di Velletri vino, fornito da Terracina, ..». 
Il recupero della viticoltura dell'area culminò intorno al 1917, quando nella zona si coltivavano 1.500 ettari di Moscato di Terracina con una produzione di oltre 120.000 quintali destinati principalmente al consumo fresco. 
La storia recente è caratterizzata da un'evoluzione positiva della denominazione, con l'impianto di nuovi vigneti, dalla nascita di nuove aziende e dalla professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del «Terracina» o «Moscato di Terracina». 

 

Articolo 10

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La Società Valoritalia è l'organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell'art. 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all'art. 25, paragrafo 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all'art. 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli combinata (sistematica ed a campione) nell'arco dell'intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato art. 25, paragrafo 1, 2° capoverso. 
In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il decreto ministeriale 14 giugno 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 150 del 29 giugno 2012 (Allegato 2). 

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.