Puglia › TAVOLIERE

CACC'E MMITTE DI LUCERA D.O.C.

ORTA NOVA D.O.C.

ROSSO DI CERIGNOLA D.O.C.

SAN SEVERO D.O.C.

TAVOLIERE DELLE PUGLIE D.O.C.


VIGNETI APRICENA SAN SEVERO

VIGNETI APRICENA SAN SEVERO

CACC’E MMITTE DI LUCERA

D.O.C.

D.P.R. 13 dicembre1975

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata “Cacc’e mmitte di Lucera” è riservata al vino rosso che risponde alle condizioni ed ai requisiti del presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino a DOC “Cacc’e mmitte di Lucera” deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti composti dai seguenti vitigni nella percentuale appresso indicata:

Uva di Troia (localmente detta Sumarello) dal 35 al 60%;

Montepulciano, Sangiovese, Malvasia nera di Brindisi, da soli o congiuntamente dal 25 al 35%;

Trebbiano toscano, Bombino bianco e Malvasia Bianca e/o Bianca Lunga, da soli o congiuntamente dal 15 al 30%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

Le uve devono essere prodotte nella zona di produzione che comprende tutto il territorio amministrativo dei comuni di: Lucera, Troia, Biccari,

in provincia di Foggia.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino a DOC “Cacc’e mmitte di Lucera” devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e comunque atte a conferire alle uve e al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche dell’uva e del vino.

La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino a DOC “Cacc’e mmitte di Lucera” non deve essere superiore a:

14,00 t/ha in vigneto a coltura specializzata.

A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata

cernita delle uve, purché la produzione globale non superi del 20% il limite medesimo.

La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 65%.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nell’interno della zona di produzione delle uve delimitata dal precedente articolo 3.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di: 11,50% vol.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il vino a DOC “Cacc’e mmitte di Lucera”, all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: rosso rubino più o meno carico;

profumo: caratteristico, intenso;

sapore: asciutto, pieno, armonico con retrogusto caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

E’ in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di modificare, con proprio decreto, i limiti sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla DOC “Cacc’e mmitte di Lucera” è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto, superiore, riserva, selezionato e similari.

E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

Sulle bottiglie ed altri recipienti contenenti il vino a DOC “Cacc’e mmitte di Lucera” di cui al presente disciplinare di produzione, deve figurare l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazione sulla zona geografica

1) Fattori rilevanti per il legame

L'area individuata nel disciplinare, corrispondente all’area occupata dagli antichi Dauni, ossia la zona nord-ovest della Puglia tra le pendici del Gargano e quelle dell’Appenino Sub Dauno quasi confinanti col Molise, è caratterizzata da un suolo di origine alluvionale profondo almeno 1 metro,sabbioso siliceo,sabbioso calcareo e da terre su crosta intatta, di colore grigio scuro o nerastro.

Sono ricchi di limo e di buona fertilità,di medio impasto,atti alla coltivazione della vite.

Possiedono una discreta dotazione dei principali elementi nutritivi ed una elevata capacità idrica a cui fa riscontro una bassa velocità di infiltrazione,si alternano anche abbastanza diffusamente terreni sabbio-argillosi.

Da un punto di vista orografico, l'areale in oggetto, è ripartito tra una parvenza di montagna nel nord/ovest della Daunia al confine col Molise e nella presenza di una notevole estensione di una zona collinare.

L'area di nostra competenza è una regione a clima spiccatamente mediterraneo e cioè caldo-asciutto con inverni mediamente dolci, primavere corte, estati calde e lunghe, autunni miti e piovosi.

L'areale si estende tra la cornice montuosa dell’Appenino Dauno e le pendici del Gargano, il mese più caldo è prevalentemente agosto rispetto a luglio, il più freddo è prevalentemente gennaio. Le zone più fredde sono quelle condizionate dal fattore della costante ventilazione che determina una forte escursione termica tra giorno e notte.

2) Fattori umani rilevanti per il legame

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione contribuiscono ad ottenere il vino DOC “Cacc’e Mmitte di Lucera”.

La storia vitivinicola di questo territorio è fortemente legata alla storia del nero di Troia(vitigno che costituisce la maggiore percentuale dell’uvaggio del Cacc’e Mmitte) e segue pedissequamente l’evoluzione dei dauni.

I primissimi abitanti stabili provengono dalle zone sub-costiere, ricacciati verso l'interno dalle continue invasioni dei popoli balcanici. Gli insediamenti in questo periodo sono prevalentemente in grotta; l'economia è di tipo agro-pastorale. Questo sistema senza interruzioni intorno all'VIII secolo A.C. in cui stanziano nel territorio i Dauni e i Peuceti, popolazione di provenienza illirica.

Le origini storiche del Cacc’eMmitte risalgono al periodo di dominio dei Saraceni che si insediarono nel territorio favoriti da Federico II. Nell'Era Moderna invece, in Capitanata nel 1850 due gloriose famiglie cerignolane i Pavoncelli e La Rochefocauld, convinte delle qualità del vitigno, impiantarono circa 60 ettari a Nero di Troia allevandolo ad alberello basso; nel giro di pochi anni gli Ha coltivati a Nero di Troia, diventarono 2500 che nei territori di Lucera ,Troia e Biccari

vennero utilizzati anche con gli altri vitigni storici come il Montepulciano d’Abruzzo ,il Sangiovese,il Bombino,La Malvasia.

Quello dell’uva di Troia è uno dei vitigni più antichi e caratteristici della Puglia centro-settentrionale, ma le sue origini sono incerte: sono tante le leggende che militano intorno.

Riguardo al suo nome si sono fatte avanti tre ipotesi: la prima ha uno scenario “epico”, in quanto si considera l’Uva di Troia originaria proprio della storica città del’Asia minore di Troia descritta da Omero nei suoi racconti epici. Leggenda vuole che il vitigno sia arrivato in Italia meridionale, e precisamente lungo le coste pugliesi, tramite i colonizzatori greci più di duemila anni fa.

Altra ipotesi, meno suggestiva, indica la cittadina albanese Cruja come origine dell’Uva di Troia; mentre più veritiera rimane la tesi che indica il vitigno, originario proprio del territorio limitrofo alla città pugliese di Troia.

Tra tutte, la teoria più affascinante rimane sicuramente quella legata alla leggenda dell’eroe greco Diomede: questi, terminata la guerra di Troia, navigò fino a risalire il fiume Ofanto portando con se tralci di vite della sua terra che piantati, dettero appunto origine all’Uva di Troia.

Del grande valore storico di queste piantagioni fanno fede le diverse citazioni che rimandano a Federico II di Svevia, il quale amava degustare nella Sua Residenza del Castello di Lucera, il “corposo vino di Troia”, ed ai marchesi D'Avalos che, acquistata la città nel 1533, e notata l'assoluta qualità ed attitudine dei terreni circostanti, incrementarono notevolmente le coltivazioni di quest’uva abbinandola ad altri vitigni del luogo.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

Dall’uvaggio previsto in disciplinare, si ottengono vini che si presentano di un rosso rubino intenso con riflessi violacei , dal sapore asciutto, alcolico e di media acidità. All’olfatto si riscontrano aromi di viole, liquirizia e frutti a bacca rossa; al gusto buon il buon equilibrio tra note fruttate,more,ciliegia e prunga, e quelle speziate,pepe nero e chiodi di garofano ed un leggero erbaceo, rendono questo vino pregiato e dalla forte personalità. Al palato si presenta come un vino morbido e corposo, fine ed equilibrato con un tannino elegante e maturo che lo rendono adatto anche a periodi di affinamento medio lunghi.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Da un punto di vista orografico, l'areale in oggetto, è ripartito tra una parvenza di montagna nel nord/ovest della Daunia al confine col Molise e nella presenza di una notevole estensione di una zona collinare.

L'area di nostra competenza è una regione a clima mediterraneo e cioè caldo – asciutto con inverni mediamente dolci, primavere corte, estati calde e lunghe, autunni miti e piovosi.

Nella scelta delle aree di produzione sono stati privilegiati i terreni con buona esposizione locati nelle zone a più alta escursione termica, adatti ad una viticoltura di qualità.

La millenaria storia vitivinicola della regione, dalla Magna Grecia, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la prova inequivocabile della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e le peculiari caratteristiche del vino DOC “Cacc’e Mmitte di Lucera.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizioni di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere l’attuale rinomato vino frutto di passione e di rigore esecutivo.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Foggia,

Via Dante n. 27,

71121 Foggia.

La Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Foggia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

ORTA NOVA

D.O.C.

D.P.R. 26 aprile 1984

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata “Orta Nova” è riservata ai vini rosso e rosato che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografia

 

I vini “Orta Nova” Rosso e Rosato devono essere ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti composti dalla varietà di vitigno

Sangiovese minimo 60%.

Possono concorrere alla produzione di detti vini le uve provenienti dalle varietà di vitigni

Uva di Troia, Montepulciano, Lambrusco Maestri e Trebbiano Toscano

presenti nei vigneti, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 40% del totale.

La presenza nei vigneti delle varietà di vitigni Lambrusco Maestri e Trebbiano Toscano disgiuntamente non dovrà superare il 10% del totale delle viti.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

Le uve devono essere prodotte nella zona di produzione che comprende in provincia di Foggia tutto il territorio amministrativo dei comuni di

Orta Nova e Ordona

e la parte idonea dei territori dei comuni di

Ascoli Satriano, Carapelle, Foggia e Manfredonia.

Tutti in provincia di Foggia.

 

Tale zona è così delimitata: partendo dalla stazione dell’Incoronata, il limite segue in direzione sud - ovest la strada fino alla strada statale n. 16 che incrocia in prossimità del km 685,800; lungo questa prosegue verso nord – ovest per circa 400 metri per prendere poi la strada per il Podere n. 481 e lungo questa, in direzione ovest, raggiunge il Ponte Antico Cervaro (quota 66).

Risale quindi il corso d’acqua fino ad incrociare, in prossimità della sorgente (quota 76), la strada per Massa Cervaro di Muscio e lungo questa, in direzione sud – ovest, raggiunge la strada per il Podere O.N. n. 492.

Dopo circa 250 metri in direzione nord su tale strada, all’altezza della quota 77, segue verso ovest quella che raggiunge la linea ferroviaria, e lungo questa prosegue verso sud per circa 500 metri fino alla quota 82 da dove, lungo una linea retta, raggiunge la quota 79.

Da quota 79 segue verso sud – ovest la strada che attraversa longitudinalmente località Giardinetto ed alla quota 98

sulla medesima prosegue per una retta immaginaria nella stessa direzione sino alla quota 108 sulla riva del torrente Cervaro per proseguire poi lungo il medesimo in direzione sud – ovest sino al ponte Cervaro (quota 112). Dal ponte Cervaro prosegue verso sud lungo la strada che conduce a Palazzo d’Ascoli fino a raggiungere Fonte Concetta in prossimità del km. 24,900.

Da Fonte Concetta prosegue in direzione sud – est lungo la strada che attraversa Sal di Mezzana e raggiunge il torrente Carapelle per risalire poi lungo l’affluente Fosso Rinaldi, fino a raggiungere, superata quota 252, l’affluente di destra che scorre a nord della Valle Castagno.

Prosegue risalendo quest’ultimo corso d’acqua ed in prossimità della sorgente prende il sentiero che, in direzione sud,

raggiunge la strada per località San Donato, prosegue quindi verso nord per circa 200 metri lungo tale strada e quindi all’incrocio segue il sentiero verso est attraversando prima la strada Ordona – Ascoli Satriano al km 10 per raggiungere, dopo aver piegato negli ultimi 200 metri a sud, quella per Ascoli Satriano al km. 15,300 circa (quota 294).

Risale lungo tale strada verso nord – est e al km 8 segue verso nord e poi est il confine comunale di Stornarella ed in località Tre Confini, quello di Stornara fino al km 702,200 circa della strada statale Adriatica, da dove prosegue lungo il confine di Orta Nova verso nord e nord – ovest fino a raggiungere il canale Peluso ed incontrare il confine comunale di Manfredonia, frazione Borgo Mezzanone.

Segue tale confine verso nord fino a raggiungere la strada per Borgo Mezzanone, in prossimità del km 17,100 e lungo questa prosegue in direzione ovest fino a nuovamente incontrare, in prossimità del km 13, il confine comunale di Manfredonia e lungo questi proseguire poi verso nord raggiungendo la strada in uscita nord da Borgo Mezzanone. Segue tale strada verso nord – est ed alla quota 28, superato il Podere n. 3, quella verso ovest che porta a Panetteria Grieco ed ai Pod.i n. 182, 176 e 175 per raggiungere in prossimità del Podere n. 19 la strada per Borgo Tavernola. Prosegue poi lungo questa strada in direzione sud sino ad incontrare la ferrovia lungo la quale verso nord – ovest, raggiunge la stazione dell’Incoronata da dove è iniziata la delimitazione.

Dalla delimitazione restano escluse le isole amministrative del comune di Stornara intercluse nel territorio comunale di Orta Nova site nelle adiacenze a sud della strada statale Adriatica tra il km 699 ed il km 700.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all’art. 1 devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e comunque atte a conferire alle uve ed ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

È vietata ogni pratica di forzatura.

È consentita l’irrigazione come mezzo di soccorso.

La resa massima di uva ammessa alla produzione dei vini di cui all’art. 1 non deve essere superiore a

15,00 t/ha di vigneto in coltura specializzata.

Fermo restando il limite massimo sopra indicato, la produzione per ettaro in coltura promiscua deve essere calcolata rispetto a quella specializzata, in rapporto alla effettiva superficie coperta dalla vite.

A detto limite anche in annate eccezionalmente favorevoli la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve purché la produzione non superi del 20% il limite massimo.

La regione con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, può stabilire un limite massimo di produzione di uva per ettaro inferiore a quello fissato nel presente disciplinare dandone immediata comunicazione al competente organismo di controllo.

La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al

70% per il tipo rosso

ed al 65% per il tipo rosato.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vini rosso e rosato

un titolo alcolometrico naturale minimo di 11,00% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nell’interno della zona di produzione di cui all’art. 3.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali, è consentito che tali operazioni siano effettuate nell’intero territorio dei comuni anche se soltanto in parte compresi nella zona di produzione delle uve.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il vino “Orta Nova” Rosso all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: rosso, dal rubino al granato con riflessi arancione se invecchiato;

profumo: vinoso, gradevole;

sapore: asciutto, armonico, di corpo, giustamente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

Il vino “Orta Nova” Rosato all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: leggermente vinoso, gradevole, trattato se giovane;

sapore: asciutto armonico, fresco se giovane;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

È in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla denominazione di cui all’art. 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi «extra», «fine», «scelto», «selezionato», «superiore», «vecchio» e simili.

È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona sulla zona Geografica.

1. Fattori Naturali rilevanti per il legame

La zona geografica delimitata dal disciplinare di produzione comprende in provincia di Foggia tutto il territorio amministrativo dei comuni di Orta Nova e Ordona e la parte idonea dei territori dei comuni di Ascoli Satriano, Carapelle, Foggia e Manfredonia.

La pedologia del suolo presenta le classiche terre derivate dalla dissoluzione delle rocce emerse dal mare, caratterizzate dalla loro ricchezza di potassio e la relativa povertà di sostanza organica che costituiscono un privilegiato substrato per la coltivazione di varietà di uve per vini di pregio.

I terreni, tendenti all’argilloso ed argilloso-limoso in alcune zone, sono poveri di scheletro affiorante, sufficientemente dotati di elementi minerali, capaci di conservare un buon grado di umidità.

La roccia madre si trova ad una profondità tale da garantire un buon strato di suolo alla vegetazione.

Quando però la “crusta” è superficiale viene opportunamente macinata dando origine a veri e propri terreni bianchi ricchissimi di scheletro ma non di calcare attivo. Generalmente sono di medio impasto, profondi, poco soggetti ai ristagni idrici, di reazione tendenzialmente neutra, di buona struttura e con un ottimale franco di coltivazione.

L’altitudine delle aree coltivate a vite è compresa tra 60 e i 250 metri sul livello del mare e con un’ escursione altimetrica, quindi, di 190 metri.

La giacitura dei terreni è prevalentemente piana. Le pendenze, quando presenti, sono lievi e concentrate nei territori a ridosso del Sub Appennino Dauno.

Il clima è del tipo caldo arido, con andamento pluviometrico molto variabile e precipitazioni che, a seconda delle annate, vanno dagli 650 mm ai 400 mm di acqua, concentrate per circa il 70% nel periodo autunno-invernale. Considerato l’andamento riferito al periodo vegetativo della vite, che è compreso da aprile a settembre, si riscontrano valori di precipitazione molto modesti aggiratesi sui 250 mm. di pioggia.

Non sono rare estati senza alcuna precipitazione.

La Puglia deve il suo nome dal latino apluvea.

L’andamento medio pluriennale termico è caratterizzato da elevate temperature che raramente superano i 30-35° C e scendono sotto 0° C. Durante il periodo estivo le temperature minime difficilmente scendono sotto i 18° C.

2 Fattori umani rilevanti per il legame.

La città di Orta Nova è posta al centro del Tavoliere, fra le colline del Preappenino Dauno ed il mare.

L’antropizzazione del territorio oggetto della DOP già in epoca preistorica dimostra quanto esso fosse vocato alla coltivazione di piante arboricole aldilà della produzione cerealicola.

Una terra madre alla quale 10.000 anni fa i nostri progenitori hanno dedicato santuari fantasmagorici.

Il territorio che va Bovino a Trinitapoli attraversando gli agri dei comuni di Ordona ed Orta Nova sono ricchi di testimonianze di culture molto progredite.

Recentemente è stato rinvenuto un insediamento neolitico in agro di Ordona, ed a pochi Km dal centro di Orta Nova databile 5.000 A.C. che è stato definito dagli archeologi della soprintendenza “il più antico e significativo santuario neolitico del mondo e dedicato alla madre terra” e gli astronomi della Società Internazionale di Archeoastronomia hanno comunicato alla comunità scientifica che questo ritrovamento fa avere un senso al più noto Stonehenge.

Tutto il territorio è costellato di villaggi neolitici studiati da Università italiane ed estere, come Bari, Foggia Genova, Los Angeles (Santo Tinè), Lovanio ed Insbruk con ritrovamenti di notevole interesse scientifico. I reperti sono custoditi

in molti musei della Puglia ed all’estero.

Con L’arrivo dei Dauni il territorio in oggetto divenne la spendida Herdonia, città di primo piano nella storia dell’Italia intera preromana. Con la romanizzazione della Daunia in nostro territorio fu oggetto di importanti commerci che transitavano sulla via Traiana, ma lo splendore massimo della nostra agricoltura può essere riscontrato in epoca classica quando con la perdita del grano egiziano (II secolo dopo Cristo) le classi dirigenti romane investirono in Abulia costruendo meravigliose ville rusticae , unità produttive all’avanguardia in quei secoli.

Il territorio tra Orta ed Ordina divenne un importante centro di produzione sede di una villa rustica di proprietà di Lucio Publio Celso, console canosino.

Per analogia con simili unità produttive c’è da supporre che la coltivazione della vite abbia avuto un forte incremento nonché sarà stato oggetto di investimenti così come testimoniano le “fosse” rinvenute per la messa a dimora della vite, metodo che è arrivato fino alla metà del 1900.

Inoltre la presenza di una importante stazione di posta in contrada Durante ed un’altra presenza simile a taverna d’Orta sicuramente avranno stimolato la produzione del vino per il consumo in loco.

Possiamo supporre che, come in tutta Europa, la distruzione del patrimonio ampelografico, Orta deve il suo nome probabilmente a tribù nordiche che indicarono il territorio con il termine “Gort” (campo di grano) toponimo dialettale.

Quindi solo con la successiva donazione da parte dei Normanni, vincitori a San Paolo Civitate, del nostro territorio all’Abazia benedettina di Venosa c’è stato il reimpianto della vite inizialmente per motivi sacrali.

L’importanza del nostro territorio, la fertilità e soprattutto la presenza di uno snodo viario, passo d’Orta, che interessava direttamente il percorso dall’oriente a Roma fece si che Federico II di Svevia avocasse a se il territorio in oggetto il quale passò direttamente fra le proprietà personali dell’imperatore il quale vi costruì ben 5 masserie incrementando l’agricoltura.

Da allora in poi il nostro territorio è stato oggetto di notevoli investimenti in agricoltura al punto che dopo la caduta degli Svevi Carlo I d’Angio nel 1271 scrisse agli abitanti del casale di Orta promettendo loro l’esenzione da tasse e gabelle purché restassero sul territorio.

Il 1418 nel periodo critico dello scontro tra la famigli Caracciolo e Giovanna d’Aragona un inventario fatto in agro di Orta attesta la ricchezza delle scorte anche vinicole presenti nei magazzini.

Sebbene le fonti ci diano scarse notizie si sa che il villaggio di Orta è stato sempre asservito a grosse unità produttive appartenenti a nobili famiglie di Napoli o addirittura come nel caso dei Del Tufo , rami collaterali dei Colonna.

Dopo il fallimento dei Del tufo questa grossa masseria venne acquistata all’asta dalla casa generalizia dei Gesuiti di Roma che costruirono ex novo una masseria portando al concentrarsi della popolazione in un sito che corrisponde all’attuale Orta.

Esiste un collegamento tra la popolazione della città di Napoli e l’entità dei terreni coltivati ad Orta, se è vero come è vero che Orta era il granaio di Napoli tanto che anche i Borbone avevano proprietà nel nostro agro c’è da considerare che la presenza di grossi investimenti agricoli non può prescindere dalla coltivazione della vite e se dopo la cacciata dei Gesuiti dal Regno di Napoli la loro importante masseria venne frazionata ed assegnata ai censuari, il vasto territorio di Orta vedeva la presenza di innumerevoli masserie e proprietà che coltivavano oltre al grano ulivo e vite.

La produzione di vino ad Orta era così importante che alla fine del 1800 l’amministrazione dell’epoca ritenne opportuno assumere un enologo condotto.

Il territorio nel corso dei secoli ha subito trasformazioni, ma ha sempre avuto nella vite una delle sue principali coltivazioni.

Elementi determinanti per imprimere le peculiarità di un vino sono il vitigno, l’ambiente e di fondamentale importanza sono anche i fattori umani presenti nel territorio di produzione che hanno inciso da sempre sulle caratteristiche del vino.

Il territorio interessato dalla produzione dei vini “Orta Nova” presenta un paesaggio agrario caratterizzato da un’estesa pianura, su cui insistono coltivazioni più o meno intensive, erbacee ed arboree e macchie di vegetazione spontanea mediterranea che costituiva la copertura naturale del territorio prima della presenza dell’uomo.

Il paesaggio rurale attualmente è caratterizzato da numerose masserie che testimoniano la storia agricola del territorio. I vigneti sono per la maggior parte di medie e piccole dimensioni, nei quali la scelta dei vitigni predominanti è stata fatta con felice intuizione al fine di sfruttare al massimo le caratteristiche del territorio, per produrre ottimi vini con la denominazione “Orta Nova”.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

Base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino Rossi e Rosati. In questione, sono quelli tradizionalmente coltivati da sempre nell’area geografica considerata: vitigni Sangiovese, Montepulciano, Lambrusco Maestri e Trebbiano Toscano presenti nei vigneti, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 40% del totale.

La presenza nei vigneti delle varietà di vitigni Lambrusco Maestri e Trebbiano Toscano disgiuntamente non dovrà superare il 10% del totale delle viti Le caratteristiche ampelografiche sono specificate nell’art. 2 del presente disciplinare.

Le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura:

anche questi elementi sono quelli tradizionali e comunque sono tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare:

Le forme di allevamento prevalentemente utilizzate nella zona sono la Spalliera, il Controspalliera e il Tendone.

I sistemi di potatura adottati sono: per l’allevamento a Spalliera, e Controspalliera la potatura corta (al momento della potatura vengono lasciate 2 speroni con 3-4 gemme per ciascuna delle 2 o 3 branche), o la potatura mista ( sperone e capo a frutto con circa 8-10 gemme), per l’allevamento a Tendone, è utilizzata una potatura un po’ più lunga con una carica di gemme sul tralcio, compresa tra 8-15.

La densità di impianto varia da circa 3.000 – 5.000 ceppi per la spalliera e controspalliera a circa 1.600 – 2.200 ceppi per il Tendone.

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione dei vini rossi e rosati ; per i rossi si attua una macerazione lunga con pratiche di lisciviazione della buccia tali da non inficiare la qualità , mentre i rosati sono prodotti con il cosiddetto processo a “lacrima” ossia una vinificazione in bianco delle uve rosse per sola sgrondatura del mosto.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “ORTA NOVA” presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari sia dal punto di vista analitico che organolettico, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione legata all’ambiente geografico.

I vini della zona di produzione tutto il territorio amministrativo dei comuni di Orta Nova e Ordona e la parte idonea dei territori dei comuni di Ascoli Satriano, Carapelle, Foggia e Manfredonia, hanno le seguenti le caratteristiche organolettiche:

Rossi – un colore rosso rubino con riflessi violacei, che tende leggermente al granato con l’invecchiamento;

profumo: di frutta rossa, principalmente amarene e ciliegie, con sentori di speziato;

sapore asciutto, caldo, secco, giustamente tannico.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia e l’esposizione, concorrono a determinare un ambiente aerato e luminoso, con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue per percolazione, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti idonei a produrre i vini a DOC ”Orta Nova”.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la fisiologia della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche dei vini “Orta Nova”. In particolare trattasi di terre che presentano un buon contenuto di elementi nutritivi e proprio in virtù di tali caratteristiche sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità, conferendo ai vini particolare freschezza ed armonia.

Il clima della zona di produzione, come già detto. è del tipo caldo-arido, caratterizzato da precipitazioni non abbondanti, con scarse piogge estive ed aridità nei mesi di luglio e agosto.

L’ancora ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente , contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Orta Nova".

Tutto quanto descritto, è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Orta Nova”.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Foggia,

Via A. Dante n. 27

71121 FOGGIA.

La Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Foggia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

ROSSO DI CERIGNOLA

D.O.C.

D.P.R. 26 giugno1974

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 12 luglio 2013

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione e vino

 

La denominazione di origine controllata “Rosso di Cerignola” è riservata al vino rosso che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino “Rosso di Cerignola” deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti composti dai seguenti vitigni nella percentuale appresso indicata:

Uva di Troia non meno del 55%;

Negro amaro dal 15 al 30%;

Sangiovese, Barbera, Montepulciano, Malbeck e Trebbiano toscano, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

Le uve destinate alla produzione del vino “Rosso di Cerignola” devono essere prodotte nella zona che comprende: il territorio del comune di

Cerignola,

salvo la parte non idonea a produzioni vinicole con le caratteristiche previste dal presente disciplinare;

l’intero territorio dei comuni di

Stornara e Stornarella;

le isole amministrative del comune di Ascoli Satriano intercluse nel territorio del comune di Cerignola.

In provincia di Foggia.

 

Tale zona è così delimitata:

Partendo dal km 9 della strada statale n. 98, il limite segue il confine meridionale ed occidentale del comune di Cerignola fino ad incrociare, sulla marana «la Pidocchiosa», quello di Stornarella che segue prima verso ovest e poi verso nord fino all’incrocio con il confine comunale di Stornara (loc. Tre confini).

Prosegue lungo il confine di Stornara verso nord e poi verso est sino in prossimità del km 703 della strada statale n. 16, da dove segue verso nord il confine di Cerignola sino all’incrocio con il canale Carapellotto, e quindi lungo questi, verso est, raggiunge la strada per Trinitapoli in prossimità della masseria Denittis.

Segue tale strada verso sud e quindi, una volta incrociatolo, il canale Giardino in direzione sud-est fino ad incontrare il confine di Cerignola (loc. il Monte) che segue verso sud fino a raggiungere la strada statale n. 98 da dove la delimitazione ha avuto inizio.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino “Rosso di Cerignola” devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque atte a conferire alle uve ed al vino derivato, le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono comunque da considerarsi esclusi, ai fini dell’iscrizione allo schedario viticolo, i terreni eccessivamente argillosi o umidi.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o, comunque, atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

È vietata ogni pratica di forzatura.

La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino “Rosso di Cerignola” non deve essere superiore a

14,00 t/ha  di uva per ettaro di coltura specializzata.

Fermi restando i limiti massimi sopra indicati, la resa per ettaro in coltura promiscua deve essere calcolata, rispetto a quella specializzata, in rapporto alla effettiva superficie coperta dalla vite.

A detti limiti anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve, purché la produzione non superi del 20% il limite massimo.

La resa massima delle uve in vino non deve essere superiore al 70%.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vino “Rosso di Cerignola”

un titolo alcolometrico naturale minimo di 11,50% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

Le operazioni di vinificazione per il vino dì cui all’art. 1 devono essere effettuate nell’interno della zona di produzione delimitata nel precedente art. 3.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che tali operazioni

siano effettuate anche nell’intero territorio dei comuni di: Stornara, Stornarella, Ascoli Satriano e

Canosa di Puglia.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche, leali e costanti, tradizionali della

zona, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il vino “Rosso di Cerignola” all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: dal rosso rubino più o meno intenso al rosso mattone con l’invecchiamento;

profumo: vinoso, alcoolico, gradevole;

sapore: asciutto, sapido, di buon corpo, giustamente tannico, armonico, retrogusto amarognolo gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

È in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, di modificare i limiti minimi sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata “Rosso di Cerignola” è consentita la qualifica aggiuntiva «Riserva», allorché il vino provenga da uve con

un titolo alcolometrico naturale minimo di 12,50% vol.

 e venga posto al consumo con

un titolo alcolometrico volumico totale minimo di 13,00% vol.,

dopo aver subìto un periodo di invecchiamento di

due anni in botti di legno.

Il periodo di invecchiamento decorre dal 1° novembre dell’annata di produzione delle uve.

Alla denominazione di cui all’art. 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quella prevista dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi «extra», «superiore», «fine», «scelto», «selezionato» e similari.

È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona sulla zona Geografica.

1. Fattori Naturali rilevanti

La zona geografica delimitata dal disciplinare di produzione comprende in provincia di Foggia, il territorio del comune di Cerignola, salvo la parte non idonea a produzioni vinicole con le caratteristiche previste dal presente disciplinare; l’intero territorio dei comuni di Stornara e Stornarella; le isole amministrative del comune di Ascoli Satriano intercluse nel territorio del comune di Cerignola.

La pedologia del suolo presenta le classiche terre derivate dalla dissoluzione delle rocce emerse dal mare, caratterizzate dalla loro ricchezza di potassio e la relativa povertà di sostanza organica che costituiscono un privilegiato substrato per la coltivazione di varietà di uve per vini di pregio.

I terreni, tendenti all’argilloso ed argilloso-limoso in alcune zone, sono poveri di scheletro affiorante, sufficientemente dotati di elementi minerali, capaci di conservare un buon grado di umidità.

La roccia madre si trova ad una profondità tale da garantire un buon strato di suolo alla vegetazione.

Quando però la “crusta” è superficiale viene opportunamente macinata dando origine a veri e propri terreni bianchi ricchissimi di scheletro ma non di calcare attivo.

Generalmente sono di medio impasto, profondi, poco soggetti ai ristagni idrici, di reazione tendenzialmente neutra, di buona struttura e con un ottimale franco di coltivazione.

L’altitudine delle aree coltivate a vite è compresa tra 60 e i 250 metri sul livello del mare e con un’ escursione altimetrica, quindi, di 190 metri. La giacitura dei terreni è prevalentemente piana.

Le pendenze, quando presenti, sono lievi e concentrate nei territori a ridosso del Sub Appennino Dauno.

Il clima è del tipo caldo arido, con andamento pluviometrico molto variabile e precipitazioni che, a seconda delle annate, vanno dagli 650 mm ai 400 mm di acqua, concentrate per circa il 70% nel periodo autunno-invernale. Considerato l’andamento riferito al periodo vegetativo della vite, che è compreso da aprile a settembre, si riscontrano valori di precipitazione molto modesti aggiratesi sui 250 mm. di pioggia.

Non sono rare estati senza alcuna precipitazione, la Puglia deve il suo nome dal latino apluvea.

L’andamento medio pluriennale termico è caratterizzato da elevate temperature che raramente superano i 30-35° C e scendono sotto 0° C. Durante il periodo estivo le temperature minime difficilmente scendono sotto i 18° C.

2 Fattori umani rilevanti per il legame.

La città di Cerignola è posta al centro del Tavoliere, fra le colline del Preappenino Dauno ed il mare.

L’antropizzazione del territorio oggetto della DOP già in epoca preistorica dimostra quanto esso fosse vocato alla coltivazione di piante arboricole aldilà della produzione cerealicola.

La storia di Cerignola risulta essere abbastanza incerta, sebbene iscrizioni e reperti archeologici rinvenuti nel suo territorio ne attestino lo sviluppo a partire dalla dominazione romana, durante cui divenne Municipium.

La testimonianza cartacea più antica relativa alla città è uno scritto risalente al 1150, tratto dal "Codice diplomatico barese", in cui si fa riferimento ad una “domum Malgerii Cidoniole”; in realtà la presenza della Chiesa Madre, risalente almeno al X secolo, anticiperebbe la datazione di duecento anni.

Resti della via Traiana

Il territorio che circonda l'attuale Cerignola è abitato sin dal Neolitico, come testimoniano le tracce risalenti a tale periodo rinvenute dagli archeologi.

L'abbondante selvaggina e gli estesi pascoli verdi portarono alla nascita di numerosi insediamenti tra cui era fitto lo scambio di merci; villaggi sorsero sia nell'entroterra (nella zona di Ripa Alta), che poco distanti dal mare (nell'antica zona di Salapia).

Le tracce giunte sino ai giorni nostri, appartenenti all'Età del Bronzo (2000 a.C. circa) o all'Età del Ferro (1000 a.C. circa), ci raccontano di villaggi ad economia agro-pastorale ben organizzati, al punto da disporre di mura e guerrieri.

Nel IV secolo a.C. la civiltà Dauna raggiunse l'apice del proprio splendore arrivando a occupare l'intero Tavoliere; tuttavia nello stesso periodo i Romani sottrassero loro le medesime terre al fine di assegnarle a nobili e veterani di guerra. Fino alla caduta dell’Impero romano nel 476 d.C., la maggioranza dei terreni risultava divisa in appezzamenti di varia estensione, lasciati a pascolo o coltivati a cereali; i campi più vasti erano curati da delegati di ricchi cittadini romani, mentre i terreni più modesti erano lavorati da agricoltori veterani di guerra.

Per tale ragione il territorio circostante l'abitato di Cerignola è ricco di ville e fattorie, come ad esempio in località Ripa Alta, Tavoletta e Posta Fara (nella valle dell’Ofanto), San Marco (in direzione di Canosa) e ancora San Vito e Cerina (in prossimità dell'antica Salapia).

Le produzioni agricole e zootecniche, derivanti dal massiccio sfruttamento dell'agro limitrofo alla città, raggiunsero volumi tali per cui si rese necessaria la realizzazione di un'efficiente rete viaria che ne permettesse il trasporto verso i porti sull’Adriatico e verso le principali città, Roma compresa.

Il notevole flusso di merci e persone spinse l'imperatore Traiano a far costruire una strada che collegasse Benevento a Brindisi e che porta il suo nome.

In molti fanno risalire la nascita di Cerignola al 500 a.C. circa, in seguito alla distruzione dell'antica Cerina (o Kerina) sul fiume Fortore (dove un tempo passava la via Traiana); la città fu rasa al suolo da Alessandro I d'Epiro, detto il Molosso, durante la guerra greco-romana nel 324 a.C.

Gli abitanti rimasti in vita si insediarono inizialmente nelle campagne circostanti fondando una serie di borghi e successivamente pensarono di unirsi per dar vita a quella che sarebbe diventata la nuova Cerignola; per motivi di sicurezza gli abitanti disposero la nascita del paese a nord del castello del Curatore romano (sito dove attualmente sorge il Borgo Antico, anche chiamato Terra Vecchia), presidiato da una guarnigione di soldati ivi residente. Il Curatore (Curator annonae) era l'affidatario dell'oppidum, ossia un centro di raccolta e conservazione del frumento oggi conosciuto come "Piano delle Fosse".

Le fosse granarie, prima diffuse in tutta la Daunia e oggi presenti solo a Cerignola, testimoniano una speciale modalità di conservazione del grano in silos sotterranei.

La colonia insediatasi battezzò il luogo Ceriniola (o Keriniola), ovvero: piccola Cerina, in memoria della loro città d'origine.

Il borgo antico di Cerignola mantiene ad oggi quasi inalterata la sua fisionomia di borgo medievale, costituendo quindi un patrimonio storico-culturale da rivalutare.

Il territorio nel corso dei secoli ha subito trasformazioni, ma ha sempre avuto nella vite una delle sue principali coltivazioni.

Elementi determinanti per imprimere le peculiarità di un vino sono il vitigno, l’ambiente e di fondamentale importanza sono anche i fattori umani presenti nel territorio di produzione che hanno inciso da sempre sulle caratteristiche del vino.

Il territorio interessato dalla produzione dei vini “rosso Cerignola” presenta un paesaggio agrario caratterizzato da un’estesa pianura, su cui insistono coltivazioni più o meno intensive, erbacee ed arboree e macchie di vegetazione spontanea mediterranea che costituiva la copertura naturale del territorio prima della presenza dell’uomo. Il paesaggio rurale attualmente è caratterizzato da numerose masserie che testimoniano la storia agricola del territorio. I vigneti sono per la maggior parte di medie e piccole dimensioni, nei quali la scelta dei vitigni predominanti è stata fatta con felice intuizione al fine di sfruttare al massimo le caratteristiche del territorio, per produrre ottimi vini con la

denominazione “rosso di Cerignola”.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino Rossi e Rosati. In questione, sono quelli tradizionalmente coltivati da sempre nell’area geografica considerata: vitigni Sangiovese, Montepulciano, Lambrusco Maestri e Trebbiano Toscano presenti nei vigneti, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 40% del totale.

La presenza nei vigneti delle varietà di vitigni Lambrusco Maestri e Trebbiano Toscano disgiuntamente non dovrà superare il 10% del totale delle viti Le caratteristiche ampelografiche sono specificate nell’art. 2 del presente

disciplinare.

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura:

anche questi elementi sono quelli tradizionali e comunque sono tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare.

Le forme di allevamento prevalentemente utilizzate nella zona sono la Spalliera, il Controspalliera e il Tendone.

I sistemi di potatura adottati sono: per l’allevamento a Spalliera, e Controspalliera la potatura corta (al momento della potatura vengono lasciate 2 speroni con 3-4 gemme per ciascuna delle 2 o 3 branche), o la potatura mista ( sperone e capo a frutto con circa 8-10 gemme), per l’allevamento a Tendone, è utilizzata una potatura un po’ più lunga con una carica di gemme sul tralcio, compresa tra 8-15. La densità di impianto varia da circa 3000 - 5000 ceppi per la spalliera e controspalliera a circa 1600 – 2200 ceppi per il Tendone.

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione dei vini rossi e rosati ; per i rossi si attua una macerazione lunga con pratiche di lisciviazione della buccia tali da non inficiare la qualità , mentre i rosati sono prodotti con il cosiddetto processo a “lacrima” ossia una vinificazione in bianco delle uve rosse per sola sgrondatura del mosto.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “Rosso Cerignola” presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari sia dal punto di vista analitico che organolettico che ne permettono una chiara individuazione legata all’ambiente geografico.

I vini della zona di produzione tutto il territorio del comune di Cerignola, salvo la parte non idonea a produzioni vinicole con le caratteristiche previste dal presente disciplinare; l’intero territorio dei comuni di Stornara e Stornarella; le isole amministrative del comune di Ascoli Satriano intercluse nel territorio del comune di Cerignola.

Le seguenti le caratteristiche organolettiche:

Rossi – un colore rosso rubino con riflessi violacei, che tende leggermente al granato con l’invecchiamento;

odore: di frutta rossa, principalmente amarene e ciliegie, con sentori di speziato;

sapore asciutto, caldo, secco, giustamente tannico.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia e l’esposizione, concorrono a determinare un ambiente aerato e luminoso, con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue per percolazione, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti idonei a produrre i vini a DOC “Rosso Cerignola”.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la fisiologia della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche dei vini “Rosso Cerignola”.

In particolare trattasi di terre che presentano un buon contenuto di elementi nutritivi e proprio in virtù di tali caratteristiche sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità, conferendo ai vini particolare freschezza ed armonia.

Il clima della zona di produzione, come già detto è del tipo caldo-arido, caratterizzato da precipitazioni non abbondanti, con scarse piogge estive ed aridità nei mesi di luglio e agosto.

L’ancora ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente , contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino “Rosso Cerignola”.

Tutto quanto descritto, è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e

contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Rosso Cerignola”.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Foggia,

Via A. Dante n. 27

71121 FOGGIA.

La Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Foggia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

SAN SEVERO

D.O.C.

Decreto 24 maggio 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1       

Denominazione dei Vini

 

La denominazione di origine controllata “San Severo”, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione. Tali vini sono i seguenti:

 

San Severo bianco

San Severo bianco frizzante

San severo bianco spumante

San Severo Bombino bianco

San Severo Bombino bianco frizzante

San Severo Bombino bianco spumante

San Severo Malvasia bianca di Candia

San Severo Falanghina

San Severo Trebbiano bianco

San Severo rosso

San Severo rosso novello

San Severo rosso riserva

San Severo rosato

San Severo rosato frizzante

San Severo Merlot

San Severo Merlot rosato

San Severo Uva di Troia o Nero di Troia

San Severo Uva di Troia o Nero di Troia rosato

San Severo Uva di Troia o Nero di Troia riserva

San Severo Sangiovese

San Severo Sangiovese rosato

 

Articolo 2       

Base ampelografica

 

I vini a Denominazione di origine controllata “San Severo” devono essere ottenuti da vigneti che nell’ambito aziendale, abbiano la seguente composizione ampelografica:

 

“San Severo” bianco:

Bombino bianco al 40%-60%

Trebbiano bianco fino al 40%-60%

possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione per la provincia di Foggia congiuntamente o disgiuntamente, per un massimo del 15%.

 

“San Severo” Bombino bianco:

Bombino minimo 85%

possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione per la provincia di Foggia congiuntamente o disgiuntamente, per un massimo del 15%.

 

“San Severo” Malvasia bianca di Candia:

Malvasia bianca di Candia minimo 85%

possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione per la provincia di Foggia congiuntamente o disgiuntamente, per un massimo del 15%.

 

“San Severo” Trebbiano bianco:

Trebbiano bianco minimo 85%

possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione per la provincia di Foggia congiuntamente o disgiuntamente, per un massimo del 15%.

 

“San Severo” Falanghina:

Falanghina minimo 85%

possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione per la provincia di Foggia congiuntamente o disgiuntamente, per un massimo del 15%.

 

“San Severo” rosso e rosato:

Montepulciano minimo 70%

Sangiovese massimo 30%

possono concorrere anche le uve ottenute dai vigneti di Uva di Troia, Merlot e Malvasia Nera ed altri vitigni a bacca nera, presenti in ambito aziendale ed idonei alla coltivazione per la provincia di Foggia, fino ad un massimo del 15%.

 

“San Severo” Merlot (anche rosato):

Merlot minimo 85%

possono concorrere altri vitigni a bacca nera, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione per la provincia di Foggia congiuntamente o disgiuntamente, per un massimo del 15%.

 

“San Severo” Uva di Troia (o Nero di Troia):

Uva di Troia (o Nero di Troia) minimo 85%

possono concorrere altri vitigni a bacca nera, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione per la provincia di Foggia congiuntamente o disgiuntamente, per un massimo del 15%.

 

“San Severo” Sangiovese:

Sangiovese minimo 85%

possono concorrere altri vitigni a bacca nera, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione per la provincia di Foggia congiuntamente o disgiuntamente, per un massimo del 15%.

 

Articcolo 3     

Zona di produzione

 

I vini San Severo bianco, rosato e rosso, devono essere prodotti nella zona di produzione in cui rientra il territorio già delimitato con D.M. 29 marzo 1932, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’otto aprile 1932, n. 82, e comprende per intero i territori dei comuni di

San Severo (comprese le due frazioni denominate Salsola e Vulganello del comune di San Severo ricadenti in territorio di Foggia),

Torremaggiore (compresa la frazione di Castelnuovo della Daunia, Masseria Monachelle, inclusa nel territorio di Torremaggiore),

San Paolo di Civitate

e parte dei territori dei comuni di

Apricena, Lucera, Poggio Imperiale, Lesina.

tutti in provincia di Foggia.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo dall’estremo nord in agro di Lesina (caposaldo) segue la strada di bonifica n. 7 San severo- Torre Fortore sino ad innestarsi sulla Provinciale Ripalta-Lesina, entra in agro di Poggio Imperiale, segue il canale La Fara risalendo fino alla ferrovia Bologna – Otranto. Segue il tracciato di detta ferrovia fino alla località Coppa Franceschiello, costeggia il confine degli agri di Apricena, Poggio Imperiale deviando sul confine degli agri di San Paolo di Civitate-Apricena costeggiando la strada di bonifica n.7 San Severo- Torre fortore fino all’incrocio della strada provinciale Serracapriola –

Apricena.

Costeggia poi detta strada sino all’abitato di Apricena, s’innesta sulla strada Statale 89 seguendola fino al km 17.

Devia quindi sulla pista a fondo naturale S. Nicandro – Foggia sino ad incrociare la strada di bonifica Apricena –Stazione di S. Marco in Lamis seguendola sino allo scalo ferroviario, segue per un tratto la ferrovia garganica San Severo - Rodi Garganico e devia costeggiando il confine degli agri San Severo – Apricena.

Entra poi in agro di Rignano Garganico seguendo la strada di bonifica pedegarganica sino all’incrocio dei torrenti Candelabro – Triolo.

Risale quest’ultimo torrente sino all’incrocio della strada di bonifica n.23, sino ad incrociare la Rignano – scalo ferroviario, sino al confine degli agri San Severo – Rignano, segue i citati confini proseguendo con quelli di Foggia e sino all’incrocio degli agri San severo- Lucera.

Devia sul confine dell’agro di Lucera-Foggia sino a congiungersi sulla strada di bonifica n. 11, la segue in agro di Lucera sino alle località Grotticella-petrilli, s’immette su una pista a fondo naturale sino al torrente Salsola, lo costeggia sino ad incrociare la strada di bonifica n.9, la segue sino al bivio della strada di bonifica n. 13 e la segue sino ad incrociare la strada di bonifica n.5.

Segue detta strada sino ad incrociare i confini dell’agro di Torremaggiore.

Costeggia i confini degli agri di Torremaggiore-Lucera-Castelnuovo-Casalvecchio-Serracapriola, sino al confine dell’agro di San Paolo di Civitate.

Da qui segue il confine degli agri di Serracapriola-Lesina sino alla località Coppa delle Rose, incrocia la strada di bonifica n.33 in agro di Lesina e la segue sino alla borgata di Ripalta.

Segue la strada Ripalta – stazione sino alla contrada San Colombo, segue una strada vicinale sino alla ferrovia Bologna- Otranto, la segue sino al canale Pontone percorrendolo sino all’incrocio con la strada di bonifica n.7 San Severo- Torre Fortore.

 

Articolo 4       

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini ”San Severo” devono essere quelle tradizionali della zona e, in ogni caso, atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli genericamente usati e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

E’ vietata qualsiasi pratica di forzatura.

È tuttavia consentita l’irrigazione di soccorso.

I vigneti impiantati successivamente all'entrata in vigore del presente disciplinare, dovranno avere le seguenti quantità minime di ceppi per ettaro:

tendone 1.600 e 3.000 per gli altri sistemi di allevamento.

 

Le rese uva per ettaro per tutte le tipologie dei vini a denominazione di origine controllata San Severo, di cui all'art. 1, sono quelle di seguito specificate:

 

San Severo Bianco: 16,50 t/ha;

San Severo Rosso: 16,00 t/ha;

San Severo Bianco con menzione di vitigno: 14,50 t/ha;

San Severo Rosso con menzione di vitigno: 14,00 t/ha

San Severo Rosso Riserva: 12,00 t/ha

San Severo Rosso Riserva con menzione di vitigno: 12,00 t/ha

 

A tali limiti, anche in annate eccezionalmente favorevoli, le rese dovranno essere riportate, purché la produzione non superi del 20% i limiti medesimi.

Qualora tali limiti vengano superati, tutta la produzione non avrà diritto alla denominazione di origine controllata San Severo

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%.

Qualora superi questo limite, ma non il 75%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata; oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto;

La Regione Puglia, sentite le organizzazioni di categoria, con proprio decreto, di anno in anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali e di coltivazione, può stabilire un limite massimo di produzione per ettaro inferiore a quello fissato dal presente disciplinare, dandone immediata comunicazione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni

 

Articolo 5       

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione, di elaborazione dei vini frizzanti, quelle di invecchiamento devono essere effettuate nell’ambito dell’intero territorio dei comuni compresi, in tutto o in parte, nella zona di produzione.

L’elaborazione dei vini spumanti deve avvenire nell’ambito dell’intero territorio della provincia di Foggia.

Le uve destinate alla vinificazione, devono assicurare ai vini a denominazione di origine controllata San Severo i seguenti titoli alcolometrici volumici naturali totali minimi:

 

San Severo Bianco: 10,50% vol.;

San Severo Bianco spumante:  9,00% vol.;

San Severo Bianco frizzante: 9,50% vol.;

San Severo Bombino bianco Spumante: 9,00% vol.;

San Severo bianco con menzione di vitigno: 10,50% vol.;

San Severo Rosso (anche rosato e novello): 11,00% vol.;

San Severo Rosso Riserva: 12,00% vol.;

San Severo Rosato Frizzante: 9,50% vol.;

San Severo Merlot (anche rosato): 11,00% vol.;

San Severo Uva di Troia o Nero di Troia (anche rosato): 11,00% vol.;

San Severo Uva di Troia o Nero di Troia riserva: 12,00% vol.;

San Severo Sangiovese (anche rosato): 11,00% vol.

 

L'immissione al consumo del vino a denominazione di origine controllata San Severo rosso riserva e San Severo rosso riserva con la specifica di vitigno non può avvenire prima di

18 mesi

a partire dal 1°dicembre dell’anno di raccolta delle uve.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

Per tutte le tipologie dei vini San Severo è ammessa la correzione con mosti concentrati prodotti da uve della zona di produzione, con mosti concentrati rettificati e con autoarricchimento.

Per tutte le tipologie dei vini a denominazione di origine controllata San Severo è ammessa la dolcificazione secondo le norme comunitarie e nazionali.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata “San Severo”, all’atto dell’immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“San Severo” bianco:

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: gradevole, fruttato, leggermente vinoso;

sapore: secco, fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“San Severo” bianco frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore: paglierino tenue

profumo: gradevole, fruttato

sapore: secco, fresco

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“San Severo” bianco spumante:

spuma: fine e persistente

colore: giallo paglierino più o meno intenso

profumo: delicato, con profumo caratteristico, fruttato

sapore: secco, fresco, armonico

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“San Severo” Bombino bianco:

colore: paglierino più o meno intenso

profumo: delicato, caratteristico, fruttato

sapore: secco, fresco, armonico

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“San Severo” Bombino bianco frizzante:

spuma: vivace ma evanescente;

colore: paglierino più o meno intenso

profumo: delicato, caratteristico, fruttato

sapore: secco, fresco, armonico

titolo alcolometrico volumico totale minimo:            11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“San Severo” Bombino bianco spumante:

spuma: fine e persistente

colore: giallo paglierino più o meno intenso

profumo: delicato, con profumo caratteristico, fruttato

sapore: secco, fresco, armonico

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“San Severo” Malvasia Bianca di Candia:

colore: giallo più o meno intenso;

profumo: delicato, caratteristico, con sentori aromatici;

sapore: secco, fresco, gradevole ed aromatico

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“San Severo” Falanghina:

colore: giallo più o meno intenso

profumo: delicato, caratteristico, con sentori di fruttato

sapore: secco, fresco, gradevole

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“San Severo” Trebbiano bianco:

colore: giallo paglierino

profumo: vinoso, delicato;

sapore: secco, fresco, armonico, sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“San Severo” rosso:

colore: rosso rubino che tende al granato con l’invecchiamento;

profumo: vinoso, gradevole caratteristico;

sapore: asciutto, di corpo, sapido, armonico, giustamente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“San Severo” rosso novello:

colore: rosso rubino più o meno intenso;

profumo: intenso, gradevole, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico, caratteristico, rotondo

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

zuccheri riduttori residui massimi: 10,00 g/l;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“San Severo” rosso riserva:

colore: rosso rubino che acquista riflessi granati con l’invecchiamento;

profumo: vinoso, gradevole caratteristico;

sapore: asciutto, di corpo, sapido, armonico, giustamente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

“San Severo” rosato:

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: delicato vinoso, caratteristico, talvolta fruttato;

sapore: asciutto, armonico, gradevole;

titolo alcolometrico volumico naturale: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 8,00 g/l.

 

“San Severo” rosato frizzante:

spuma: vivace ma evanescente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: delicato vinoso, caratteristico, talvolta fruttato;

sapore: asciutto, armonico, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“San Severo” Merlot:

colore: rosso rubino che tende al granato con l’invecchiamento;

profumo: vinoso, fruttato caratteristico;

sapore: asciutto, di corpo, sapido, armonico, giustamente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“San Severo” Merlot rosato:              

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: asciutto, sapido, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“San Severo” Sangiovese:

colore: rosso rubino che tende al granato con l’invecchiamento;

profumo: vinoso, con profumo gradevole caratteristico;

sapore: asciutto, di corpo, sapido, armonico, poco tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“San Severo” Sangiovese rosato:

colore: rosso rubino talora con riflessi violacei;

profumo: vinoso, caratteristico delicato;

sapore: asciutto, armonico, poco tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“San Severo” Uva di Troia o Nero di Troia:

colore: da rosso rubino al granato;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico, giustamente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“San Severo” Uva di Troia rosato:

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“San Severo” Uva di Troia riserva:

colore: da rosso rubino al granato;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico, giustamente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

In relazione alla eventuale conservazione in recipienti di legno il sapore dei vini può rilevare lieve sentore di legno.

È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Comitato Nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini - modificare con proprio decreto i l imiti dell’acidità totale e dell’estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7       

Etichettatura, designazione e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata San Severo è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista dal presente disciplinare di produzione.

Sulle bottiglie contenenti il vino San Severo, può figurare l'annata di produzione delle uve.

Tale indicazione è sempre obbligatoria per il vino designato con menzione riserva.

 

Articolo 8       

Confezionamento

 

Per i vini San Severo bianco ed il San Severo rosso è consentito l’uso di contenitori alternativi al vetro costituiti da un otre di materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido di capacità non inferiore a 2 litri.

Per l'immissione al consumo del vino, San Severo riserva, sono ammessi soltanto recipienti di vetro della capacità fino a litri 3.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona sulla zona Geografica.

1. I Fattori Naturali rilevanti

La zona geografica delimitata dal disciplinare di produzione è denominata “Alto Tavoliere” e fa parte della più ampia area della Daunia. Dal punto di vista cartografico la zona è orientata a Nord-Ovest della provincia di Foggia. I comuni rientranti nella zona delimitata sono: San Severo (comprese le due frazioni denominate Salsola e Vulganello del comune di San Severo ricadenti in territorio di Foggia), Torremaggiore (compresa la frazione di Castelnuovo della Daunia, Masseria Monachelle, inclusa nel territorio di Torremaggiore), San Paolo di Civitate e parte dei territori dei

comuni di Apricena, Lucera, Poggio Imperiale e Lesina. In particolare San Severo è situata nella parte settentrionale del Tavoliere, su una lieve altura (mt. 86 s.l.m.) tra 41° 40’ e 41° 42’ di latitudine Nord e tra 2° 55’ e 2° 57’ di longitudine Est da Monte Mario.

La pedologia del suolo presenta le classiche terre derivate dalla dissoluzione delle rocce emerse dal mare, caratterizzate dalla loro ricchezza di potassio e la relativa povertà di sostanza organica che costituiscono un privilegiato substrato per la coltivazione di varietà di uve per vini di pregio.

I terreni, tendenti all’argilloso ed argilloso-limoso in alcune zone, sono poveri di scheletro affiorante, sufficientemente dotati di elementi minerali, capaci di conservare un buon grado di umidità.

La roccia madre si trova ad una profondità tale da garantire un buon strato di suolo alla vegetazione.

Generalmente sono di medio impasto, profondi, poco soggetti ai ristagni idrici, di reazione tendenzialmente neutra, di buona struttura e con un ottimale franco di coltivazione.

L’altitudine delle aree coltivate a vite è compresa tra 60 e i 250 metri sul livello del mare e con un’ escursione altimetrica, quindi, di 190 metri. La giacitura dei terreni è prevalentemente piana.

Le pendenze, quando presenti, sono lievi e concentrate nei territori a ridosso del Sub Appennino Dauno ed alle falde del Promontorio del Gargano.

Il clima è del tipo caldo arido, con andamento pluviometrico molto variabile e precipitazioni che, a seconda delle annate, vanno dagli 650 mm ai 400 mm di acqua, concentrate per circa il 70% nel periodo autunno-invernale. Considerato l’andamento riferito al periodo vegetativo della vite, che è compreso da aprile a settembre, si riscontrano valori di precipitazione molto modesti aggiratesi sui 250 mm. di pioggia.

Non sono rare estati senza alcuna precipitazione.

L’andamento medio pluriennale termico è caratterizzato da elevate temperature che raramente superano i 30-35° C e

scendono sotto 0° C. Durante il periodo estivo le temperature minime difficilmente scendono sotto i 18° C.

2 Fattori umani rilevanti per il legame.

La città di San Severo è posta al centro dell'Alto Tavoliere, fra le colline del Preappenino Dauno ed il Promontorio del Gargano. Un’intensa frequentazione preistorica riferibile soprattutto alla prima età neolitica è documentata dalla presenza di tracce di villaggi di questo periodo nella periferia Sud del centro abitato di San Severo.

Secondo la leggenda rinascimentale, la città fu fondata dall'eroe greco Diomede col nome di Castrum Drionis (Casteldrione), e sarebbe rimasta pagana fino al 536, quando San Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto, avrebbe imposto all'abitato il nome di un fantomatico governatore Severo, da lui convertito al Cristianesimo.

San Severo sorge nell'antica Daunia e nel suo agro sono state rinvenute tracce di vari insediamenti neolitici, le cui testimonianze sono custodite nel Museo Civico di San Severo. In età altomedievale l'area non risulta interessata da abitati stabili e definibili.

Tra l'età longobarda e quella bizantina s'irradiò dal monastero di Cassino il monachesimo benedettino e con esso il culto dell'apostolo del Norico, San Severino abate: sul probabile itinerario della via Francigena sorse dunque una

primitiva chiesetta dedicata al santo, presso cui si formò nell'XI secolo, grazie al continuo afflusso di pellegrini diretti a Monte Sant’Angelo e agli spostamenti di uomini e merci, l'odierna città di San Severo, originariamente chiamata Castellum Sancti Severini (borgo fortificato di San Severino).

I comuni del comprensorio della DOC San Severo tengono testimonianze storiche di elevata portata. Il centro storico di San Severo è costellato di significativi monumenti, per i quali il 2 febbraio 2006, ha ottenuto il riconoscimento di città d'arte. Il comune di Lucera presenta rilevanti testimonianze della cultura Federiciana, tra cui il sito di Castel Fiorentino. Detto sito, racconta la tradizione, pare sia stata, l’ultima dimora dell’Imperatore Federico II°.

Recenti scoperte archeologiche dimostrano quanto sia antica la produzione di vino nella Daunia e le fotografie aeree evidenziano tracce di vigneti di età romana anche nei dintorni di San Severo, come presso la masseria Scoppa, dove le viti risultano impiantate col sistema ad alberello, in file di buche scavate nella “crusta”, metodo ancora usato in questo territorio, fino ai primi decenni del ‘900.

L'imperatore Federico II, nel 1230 a causa della ribellione degli abitanti, fece distruggere le mura corrispondenti all’attuale "giro interno" e con queste riempì il fossato: ciò per punire ed umiliare il paese, che schieratosi con i padri Benedettini, gli si era ribellato e affida la città ai Cavalieri dell’Ordine dei Templari.

Molto presumibilmente questo periodo coincide con l’inizio della coltivazione del vitigno Bombino bianco (vitigno base della D.O.C. SAN SEVERO), portato dai Templari nel loro rientro dalla Terra Santa.

Durante la dominazione Angioina, la coltivazione della vite assume un’attività importante per il territorio Particolarmente interessante è un documento redatto in San Severo nell’aprile del 1301, nel quale il giudice Roberto de Barrachia e il notaio Guglielmo Fasanellus riportano un lungo elenco di cittadini Sanseveresi, i quali, insieme ad alcuni

abitanti dei vicini casali di Torremaggiore e Plantiliano, rivendicano dei crediti verso il figlio di Carlo II d’Angiò, Filippo principe di Taranto, per la fornitura di varie derrate in occasione di un suo soggiorno nella zona.

Nella descrizione dei prodotti ceduti e del loro costo, si possono distinguere tre diversi tipi di vino; oltre a quello più comune, denominato pro tinello, c’è una qualità definita de miliori, mentre più costoso appare il vino pro militibus, evidentemente destinato ai soldati di scorta.

Il territorio nel corso dei secoli ha subito trasformazioni, ma ha sempre avuto nella vite una delle sue principali coltivazioni.

Da un punto di vista antropologico abbiamo sopra descritto la cultura e la tradizione del vino, valori che affondano le loro radici nei secoli di storia, fatta di lavoro e di attenzione verso il vino come frutto inestimabile che la terra dona.

Elementi determinanti per imprimere le peculiarità di un vino sono il vitigno, l’ambiente e di fondamentale importanza sono anche i fattori umani presenti nel territorio di produzione che hanno inciso da sempre sulle caratteristiche del vino.

Il territorio interessato dalla produzione dei vini “San Severo” presenta un paesaggio agrario caratterizzato da un’estesa pianura, su cui insistono coltivazioni più o meno intensive, erbacee ed arboree e macchie di vegetazione spontanea mediterranea che costituiva la copertura naturale del territorio prima della presenza dell’uomo.

Il paesaggio rurale attualmente è caratterizzato da numerose masserie che testimoniano la storia agricola del territorio. I vigneti sono per la maggior parte di medie e piccole dimensioni, nei quali la scelta dei vitigni predominanti è stata fatta con felice intuizione al fine di sfruttare al massimo le caratteristiche del territorio, per produrre ottimi vini con la denominazione “San Severo”.

I vitigni a Bacca Bianca preferiscono terreni leggeri, freschi e piuttosto calcarei, con una buona esposizione, mentre quelli a Bacca Rossa prediligono terreni argilloso-calcarei, bene esposti e a clima caldo.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati da sempre nell’area geografica considerata: Bombino Bianco, Trebbiano, Malvasia Bianca, per i vini bianchi; mentre per i vini rossi e rosati: Montepulciano, Uva di Troia, Sangiovese. Inoltre, di ultima introduzione nel territorio, sono i vitigni di Falanghina per i vini bianchi e di Merlot per i vini Rossi e Rosati. Le caratteristiche ampelografiche sono specificate nell’art. 2 del presente disciplinare.

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura:

anche questi elementi sono quelli tradizionali e comunque sono tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare: 115 hl/ha per le tipologie San Severo Bianco, 112 hl/ha rosato e rosso; 101 hl/ha San Severo Bianco con menzione di vitigno; 98 hl/ha San Severo Rosso e Rosato con menzione di vitigno; 84 hl/Ha San Severo Rosso Riserva.

Le forme di allevamento prevalentemente utilizzate nella zona sono la Spalliera, il Controspalliera e il Tendone.

I sistemi di potatura adottati sono: per l’allevamento a Spalliera, e Controspalliera la potatura corta (al momento della potatura vengono lasciate 2 speroni con 3-4 gemme per ciascuna delle 2 o 3 branche), o la potatura mista ( sperone e capo a frutto con circa 8-10 gemme), per l’allevamento a Tendone, è utilizzata una potatura un po’ più lunga con una carica di gemme sul tralcio, compresa tra 8-15. La densità di impianto varia da circa 3000 - 5000 ceppi per la spalliera e controspalliera a circa 1600 – 2200 ceppi per il Tendone.

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione dei vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia spumante che deve essere ottenuta per rifermentazione naturale. Per la tipologie riserva l’ elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento ed affinamento in bottiglia obbligatori.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “SAN SEVERO” presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari sia dal punto di vista analitico che organolettico, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione legata all’ambiente geografico.

I vini della zona di produzione hanno le seguenti le caratteristiche organolettiche:

Bianchi - un bel colore giallo paglierino tenue talvolta tendente al verdolino; sapore asciutto, armonico con retrogusto leggermente amarognolo soprattutto nelle tipologie contenenti la varietà Bombino Bianco; odore: fruttato, delicato; Rosati – un colore variabile dal rosa tenue con riflessi violacei al cerasuolo più o meno intenso; sapore asciutto, fresco; odore fruttato delicato;

Rossi – un colore rosso rubino con riflessi violacei, che tende leggermente al granato con l’invecchiamento; odore: di

frutta rossa, principalmente amarene e ciliegie, con sentori di speziato soprattutto nella tipologia Nero di Troia; sapore asciutto, caldo, secco, giustamente tannico.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia e l’esposizione, concorrono a determinare un ambiente aerato e luminoso, con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue per percolazione, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti idonei a produrre i vini a Doc” San Severo”.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la fisiologia della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche dei vini “San Severo”.

In particolare trattasi di terre che presentano un buon contenuto di elementi nutritivi e proprio in virtù di tali caratteristiche sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità, conferendo ai vini particolare freschezza ed armonia.

Il clima della zona di produzione, come già detto. è del tipo caldo-arido, caratterizzato da precipitazioni non abbondanti, con scarse piogge estive ed aridità nei mesi di luglio e agosto.

L’ancora ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente , contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "San Severo".

Tutto quanto descritto, è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e

contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “San Severo”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Foggia,

Via A. Dante n. 27

71121 FOGGIA.

La Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Foggia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

TAVOLIERE DELLE PUGLIE

TAVOLIERE

D.O.C.
Decreto 07 ottobre 2011

Rettifica Decreto 21 Ottobre 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Tavoliere delle  Puglie» o «Tavoliere» è riservata ai vini che rispondono alle  condizioni  e requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione  per  le seguenti tipologie:

 

«Rosso» anche riserva e rosato;

«Nero di Troia», anche riserva.

 

Articolo 2

Base ampelografia

 

I vini a denominazione di origine  controllata  «Tavoliere  delle Puglie» o «Tavoliere» devono essere ottenuti  dalle  uve  provenienti dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la  seguente  composizione ampelografia:

 

«Tavoliere delle Puglie» o  «Tavoliere»  Rosso  anche  riserva  e rosato:

Nero di Troia per almeno  il  65%;

possono  concorrere  alla produzione di detti vini, da  sole  o  congiuntamente,  nella  misura massima del 35%, anche le uve di  altri  vitigni  a  bacca  nera  non aromatici, idonei alla coltivazione nella regione Puglia per la  zona di produzione omogenea «Capitanata» e «Murgia Centrale», iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino  approvato, con decreto ministeriale 7 maggio  2004,  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre 2004,  e  da  ultimo  aggiornato  con decreto ministeriale 22 aprile 2011;

 

«Tavoliere delle  Puglie»  o  «Tavoliere»  Nero  di  Troia  anche riserva:

Nero di Troia per almeno il 90%;

possono  concorrere  alla produzione di detto vino, da sole o congiuntamente, le uve  di  altri vitigni a bacca nera, non  aromatici,  idonei  alla  coltivazione  in Puglia per la zona di  produzione  omogenea  «Capitanata»  e  «Murgia Centrale» nella misura massima del 10% come sopra identificati.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei  vini  a denominazione di  origine  controllata  «Tavoliere  delle  Puglie»  o «Tavoliere» comprende tutto il territorio amministrativo dei seguenti

comuni della provincia di Foggia:

Lucera, Troia,  Torremaggiore,  San Severo, S.  Paolo  Civitate,  Apricena,  Foggia,  Orsara  di  Puglia,

Bovino,  Manfredonia, Ascoli Satriano, Ortanova, Ordona, Stornara, Stornarella, Cerignola,

e dei seguenti comuni  della  provincia  della BAT:

Trinitapoli, S. Ferdinando di Puglia e Barletta.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati  alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Tavoliere delle Puglie» o  «Tavoliere»  devono  essere  quelle  della  zona  di produzione e comunque atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerarsi idonei i terreni  bene  esposti  ad esclusione di quelli ad alta dotazione idrica.

La densità di impianto per i nuovi vigneti e  per  i  reimpianti non potrà essere inferiore a  3.500  ceppi  per  ettaro  in  coltura specializzata.

Per i  vigneti  piantati  prima  dell'approvazione  del  presente disciplinare sono ammesse le densità reali e tradizionali delle zone di produzione.

Le forme di allevamento consentite sono quelle generalmente usate nella zona, ossia l'alberello e le  spalliere  tenute  a  Guyot  e  a cordone  speronato,  o  comunque  forme  atte  a  non  modificare  le caratteristiche  delle  uve  e  dei  vini. 

Solo  per  gli   impianti preesistenti sono ammesse le forme di allevamento già in  uso  nella zona, il tendone e la pergola  pugliese,  con  i  sesti  di  impianto adeguati a tali forme di allevamento già esistenti.

E' consentita l'irrigazione esclusivamente in forma di  soccorso.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

 

Le rese massime di uva per ettaro in coltura specializzata per la produzione dei vini di cui  all'art.  1  ed  i  titoli  alcolometrici minimi delle relative uve destinate alla vinificazione, devono essere rispettivamente le seguenti:

 

“Tavoliere delle Puglie” rosso: 15,00 t/ha, 12,00% vol.;

“Tavoliere delle Puglie” rosato: 16,00 t/ha, 11,50% vol.;

“Tavoliere delle Puglie” Nero di Troia: 14,00 t/ha, 12,50% vol.

 

A detti limiti, anche in annate  eccezionalmente  favorevoli,  le rese dovranno essere riportate, purché la produzione non superi  del 20% i limiti medesimi. Oltre detti limiti, tutta  la  produzione  non avrà diritto alla denominazione di  origine  controllata  «Tavoliere delle Puglie» o «Tavoliere».

La regione Puglia, con proprio  decreto, sentiti i  consorzi  di  tutela  e  le  organizzazioni  di  categoria interessate,   tenuto   conto   delle   condizioni   ambientali,   di coltivazione e di  mercato,  può  stabilire  un  limite  massimo  di produzione di uva rivendicabile per ettaro inferiore a quello fissato dal  presente  disciplinare,  dandone  immediata   comunicazione   al competente organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di  vinificazione,  ivi  compreso  l'invecchiamento obbligatorio devono  essere  effettuate  all'interno  della  zona  di produzione di  cui  all'art.  3  è  tuttavia  consentito  che  dette operazioni siano effettuate anche nell'ambito dei  comuni  confinanti alla zona come sopra delimitata.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche  enologiche leali e  costanti,  atte  a  conferire  ai  vini  le  loro  peculiari caratteristiche.

La resa massima dell'uva in vino, compresa  l'eventuale  aggiunta correttiva, per tutte le tipologie non deve essere superiore al 70%.

Qualora tale resa superi il limite massimo  sopra  riportato,  ma non oltre il 75%, l'eccedenza non ha diritto  alla  denominazione  di origine ma potrà essere destinata, qualora  sussistono  i  requisiti alla  produzione  di  vini  ad  indicazione  geografica   nell'ambito geografico delimitato. 

Oltre  detto  limite  percentuale  decade  il diritto alla  denominazione  di  origine  controllata  per  tutto  il

prodotto.

Per tutte le tipologie, è ammessa colmatura con un  massimo  del 5% di altri vini  anche  di  altre  annate,  dello  stesso  colore  e varietà, aventi diritto alla denominazione  di  origine  controllata «Tavoliere delle Puglie» o «Tavoliere».

E' consentito l'arricchimento, nei limiti stabiliti  dalle  norme comunitarie e nazionali con mosti concentrati  ottenuti  da  uve  dei vigneti iscritti allo schedario viticolo della  stessa  denominazione di origine controllata oppure con mosto concentrato rettificato  o  a mezzo di concentrazione a freddo o altre tecnologie consentite.

E'  inoltre  consentita  la  dolcificazione  secondo  la  vigente normativa comunitaria e nazionale.

Il vino a denominazione di origine controllata  «Tavoliere  delle Puglie»  o  «Tavoliere»  rosso  riserva,  prima  dell'immissione   al consumo, deve essere  sottoposto  ad  un  periodo  di  invecchiamento obbligatorio di almeno

due anni

di cui almeno otto mesi in  botti  di legno,

a decorrere dal 1° novembre dell'annata  di  produzione  delle uve.

Il vino a denominazione di origine controllata  «Tavoliere  delle Puglie» o «Tavoliere» Nero di Troia riserva, prima dell'immissione al consumo deve  essere  sottoposto  ad  un  periodo  di  invecchiamento obbligatorio di almeno due anni

di cui almeno otto mesi in  botti  di legno,

a decorrere dal 1° novembre dell'annata  di  produzione  delle uve.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all'art. 1,  all'atto  dell'immissione  al  consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Tavoliere delle Puglie» o «Tavoliere» rosso:

colore: rosso rubino più o meno intenso  talvolta  con  riflessi tendenti al granato;

profumo: caratteristico, intenso, fruttato;

sapore: asciutto o abboccato, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l;

zucchero riduttore residuo non superiore a 9,00 g/l;

 

«Tavoliere delle Puglie» o «Tavoliere» rosato:

colore: rosato più o meno intenso con l'invecchiamento;

profumo: delicato, fruttato;

sapore: secco o abboccato, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 19,00 g/l;

zucchero riduttore residuo non superiore a 9,00 g/l;

 

«Tavoliere delle Puglie» o «Tavoliere» rosso riserva:

colore: rosso rubino più o meno intenso  talvolta  con  riflessi granato con l'invecchiamento;

profumo: delicato, caratteristico;

sapore: asciutto o abboccato, di corpo, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima : 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 23,00 g/l;

zucchero riduttore residuo non superiore a 9,00 g/l;

 

«Tavoliere delle Puglie» o «Tavoliere» Nero di Troia:

colore: rosso rubino piu' o meno intenso con  eventuali  riflessi tendenti al granato;

profumo: caratteristico, intenso e fruttato;

sapore: asciutto o abboccato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l;

zucchero riduttore residuo non superiore a 9,00 g/l;

 

«Tavoliere delle Puglie» o «Tavoliere» Nero di Troia riserva:

colore: rosso rubino più o meno intenso  talvolta  con  riflessi granato, con l'invecchiamento;

profumo: delicato, caratteristico;

sapore: asciutto o abboccato, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l;

zucchero riduttore residuo non superiore a 9,00 g/l.

 

E' facoltà del Ministero delle politiche agricole  alimentari  e forestali modificare, con proprio  decreto,  i  limiti  minimi  sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

Ai vini di cui all'art. 1, è  vietata  l'aggiunta  di  qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da  quelle  previste  nel  presente disciplinare di  produzione,  ivi  compresi  gli  aggettivi  «extra», «fine», «scelto», «selezionato» e similari.

E'  tuttavia  consentito  l'uso  di  indicazioni   che   facciano riferimento a  nomi,  ragioni  sociali,  marchi  privati  non  aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l'acquirente.

E' consentito,  altresì,  l'uso  di  indicazioni  geografiche  e toponomastiche che facciano riferimento a comuni,  frazioni, aree, fattorie e località comprese nella zona  delimitata  nel  precedente art. 3, così come  identificate  e  delimitate  nell'elenco  di  cui all'allegato 1 del presente disciplinare di produzione, e dalle quali effettivamente provengono dalle uve da cui il vino così  qualificato è stato ottenuto nel rispetto della normativa vigente.

La menzione «vigna» seguita dal relativo toponimo e'  consentita, alle  condizioni  previste  dalla  normativa  vigente  per  tutte  le tipologie dei vini indicate all'art. 1.

Le  indicazioni  tendenti  a  specificare  l'attività   agricola dell'imbottigliatore quali: viticoltore,  fattoria,  tenuta,  podere, cascina ed  altri  termini  similari,  sono  consentite  dalle  norme comunitarie e nazionali in materia, oltre alle menzioni tradizionali, del modo di elaborazione e altre, purché pertinenti ai vini  di  cui all'art. 1.

Nell'etichettatura  dei   vini   a   denominazione   di   origine controllata «Tavoliere delle Puglie» o  «Tavoliere»  è  obbligatoria l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a denominazione di origine  controllata  «Tavoliere  delle Puglie» o «Tavoliere», possono essere confezionati  in  bottiglie  di vetro con capacità da litri 0,250 a litri 9, ad esclusione di dame e damigiane.

Sono consentiti tutti i sistemi di chiusura previsti dalla normativa vigente, ad esclusione del tappo a  corona. 

E'  consentito l'uso del tappo in vetro.

E' altresì consentito l'uso di contenitori alternativi al  vetro tipo «bag in box»,  costituiti  da  un  otre  in  materiale  plastico pluristrato idoneo all'uso alimentare, racchiuso in un  involucro  di cartone o altro materiale rigido, di capacità non superiore a  litri 3.

I vini di cui all'articolo recanti la menzione «riserva»,  devono essere confezionati solo in bottiglie di vetro, ad esclusione di dame e damigiane, della capacità da litri 0,375 a litri 9  e  chiuse  con tappo di sughero raso bocca.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazione sulla zona geografica

1) Fattori rilevanti per il legame

L'area individuata nel disciplinare, corrispondente all’area occupata dagli antichi dauni, ossia la zona nord della Puglia sino al limite nord della provincia di Bari, è caratterizzata da un suolo argilloso o argilloso/limoso di colore grigio scuro o nerastro profondi almeno 1 metro e poggianti direttamente su banchi di argilla marnosa o argilla azzurra.

Sono pertanto ricchi di limo o argilla in parte rigonfiabili. Possiedono una discreta dotazione dei principali elementi nutritivi ed una elevata capacità idrica a cui fa riscontro una bassa velocità di infiltrazione; trattasi pertanto di terreni con media capacità produttiva.

Si alternano anche abbastanza diffusamente terreni sabbiolimosi, sabbio-argillosi e sabbio-silicei.

Ma la tipologia più diffusa è quella derivata da calcari mesozoici e poggianti su di essi compatti e che costituiscono la quasi totalità del promontorio garganico e della provincia della BAT.

Da un punto di vista orografico, l'areale in oggetto, è ripartito tra una parvenza di montagna nel nord/ovest della Daunia al confine col Molise e nella presenza di una notevole estensione di pianura inasprita da una zona collinare formata dal compatto altopiano delle Murge.

L'area di nostra competenza è una regione a clima spiccatamente mediterraneo e cioè caldo asciutto con inverni dolci, primavere corte, estati calde e lunghe, autunni miti e piovosi.

L'areale si estende tra la cornice montuosa Dauna, la Murgia nord barese, il tavoliere e le pendici del Gargano, il mese più caldo è prevalentemente agosto rispetto a luglio, il più freddo è prevalentemente gennaio.

Le zone più fredde sono quelle condizionate dal fattore altitudine ossia l'Appennino Dauno ed il Gargano; la “Puglia Piana” che si estende dal tavoliere sino alla piana di Barletta e Trinitapoli, registra forti estremi termici indotti dal contrasto dei diversi fattori sia climatici sia orografici.

2) Fattori umani rilevanti per il legame

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione contribuiscono ad ottenere il vino DOC “TAVOLIERE”.

La storia del territorio del nero di Troia segue pedissequamente l’evoluzione dei dauni.

I primissimi abitanti stabili provengono dalle zone sub-costiere, ricacciati verso l'interno dalle continue invasioni dei popoli balcanici. Gli insediamenti in questo periodo sono prevalentemente in grotta; l'economia è di tipo agro-pastorale.

Questo sistema senza interruzioni intorno all'VIII secolo A.C. in cui stanziano nel territorio i Dauni e i Peuceti, popolazione di provenienza illirica.

Benché la tradizione considerasse l'Ofanto come il naturale confine tra la Daunia e la Peucetia, i centri antichi situati a sud del fiume, tra Canosa e Barletta, rivendicano l'appartenenza alla Daunia.

Durante il MEDIOEVO la coltura della vite scomparve dalla daunia agricola. Nell'Era Moderna invece, in Capitanata nel 1850 due gloriose famiglie cerignolane i Pavoncelli e La Rochefocauld impiantarono circa 60 ettari a Nero di Troia allevandolo ad alberello basso; nel giro di pochi anni gli Ha coltivati a Nero di Troia, diventarono 2500.

Quello dell’uva di Troia è uno dei vitigni più antichi e caratteristici della Puglia centrosettentrionale, ma le sue origini sono incerte: sono tante le leggende che militano intorno. Riguardo al suo nome si sono fatte avanti tre ipotesi: la prima ha uno scenario “epico”, in quanto si considera l’Uva di Troia originaria proprio della storica città del’Asia minore di Troia descritta da Omero nei suoi racconti epici.

Leggenda vuole che il vitigno sia arrivato in Italia meridionale, e precisamente lungo le coste pugliesi, tramite i colonizzatori greci più di duemila anni fa.

Altra ipotesi, meno suggestiva, indica la cittadina albanese Cruja come origine dell’Uva di Troia; mentre più veritiera

rimane la tesi che indica il vitigno, originario proprio del territorio limitrofo alla città pugliese di Troia.

Tra tutte, la teoria più affascinante rimane sicuramente quella legata alla leggenda dell’eroe greco Diomede: questi, terminata la guerra di Troia, navigò fino a risalire il fiume Ofanto portando con se tralci di vite della sua terra che piantati, dettero appunto origine all’Uva di Troia.

Del grande valore storico di queste piantagioni fanno fede le diverse citazioni che rimandano a Federico II di Svevia, il quale amava degustare il “corposo vino di Troia”, ed ai marchesi D'Avalos che, acquistata la città nel 1533, e notata l'assoluta qualità ed attitudine dei terreni circostanti, incrementarono notevolmente le coltivazioni di quest’uva.

In realtà, in epoca federiciana, l’esteso territorio di produzione del vitigno era ricompreso sotto un unico regno: da ciò deriva il grande legame che unisce le varie aree, i loro innumerevoli scambi economici e culturali che giustificano appunto la diffusione della produzione su terreni che comprendono un’area molto più ampia della sola provincia di Foggia.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

Con l’Uva di Troia, nei casi di vinificazione fino al 100% , si ottengono vini che si presentano di un rosso rubino intenso con profondi riflessi violacei e di ottima consistenza, dal sapore asciutto, alcolico e di media acidità. I degustatori riferiscono di aromi di viole e liquirizia al momento dell’assaggio, nonché di profumi intensi, ed il buon equilibrio tra note fruttate e speziate rendono questo vino pregiato e dalla forte personalità. Al palato si presenta come un vino morbido e corposo, fine ed equilibrato con un tannino elegante e maturo.

L’olfatto è ricco di frutta rossa come le more, ciliegie, prugne e fichi fioroni, sentori di spezie come il pepe nero e accenni di chiodi di garofano. Si tratta di un vino strutturato, abbastanza equilibrato e intenso, dalla buona persistenza grazie al ritorno fruttato molto piacevole: caratteristiche, queste, che possono portare i vini ottenuti con uva di Troia anche ad affinamenti medio - lunghi.

Quella di Troia è un’uva, dunque, che si esalta per effetto di una serie di concomitanti fattori: i suoi acini grossi, prodotti prevalentemente in collina, danno vita al vero e proprio Nero di Troia, mentre quelli più piccoli, maturati in pianura e nel Tavoliere, sono più conosciuti prevalentemente per la produzione del Bombino. Entrambi richiesti, in larga misura e ancora spesso in forma anonima, dai fornitori dell’industria vinicola piemontese e veneta per l’apporto di longevità e il rinforzo di struttura garantito ai vini locali.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Da un punto di vista orografico, l'areale in oggetto, è ripartito tra una parvenza di montagna nel nord/ovest della Daunia al confine col Molise e nella presenza di una notevole estensione di pianura inasprita da una zona collinare formata dal compatto altopiano delle Murge.

L'area di nostra competenza è una regione a clima spiccatamente mediterraneo e cioè caldo asciutto con inverni dolci, primavere corte, estati calde e lunghe, autunni miti e piovosi.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.

La millenaria storia vitivinicola della regione, dalla Magna Grecia, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino DOC “Tavoliere”

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali rinomati vini.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Foggia,

Via Dante n. 27,

71121 Foggia.

La Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Foggia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 3) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU del 19-11-2010 (Allegato 4).

 

ALLEGATO N. 1

LISTA POSITIVA DELLE INDICAZIONI  GEOGRAFICHE  E/O  TOPONIMI  PER  LA  DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA

«TAVOLIERE DELLE PUGLIE» O «TAVOLIERE»

 

    1) Valle Scodella;

    2) Valleverde;

    3) Mortellino;

    4) Posta Crusta;

    5) Vigna Cenerata;

    6) Montecigliano;

    7) Cuparoni;

    8) Terra dei Bisi;

    9) Quarto;

    10) I Parioni;

    11) Coppa Malva;

    12) Terra di Corte;

    13) Quadrone delle Vigne Agro di Foggia;

    14) Santa Chiara Agro di Foggia;

    15) Marchesa Agro di Lucera;

    16) Masseria Celentano Agro di Lucera;

    17) Guado San Leo Agro di San Severo;

    18) Tenuta Coppanetta Agro di San Severo;

    19) Incoronata Agro di Foggia;

    20) Posta Uccello Agro di Cerignola;

    21) Risicata Agro di Cerignola;

    22) Torre Alemanna Agro di Cerignola;

    23) Tenuta Capaccio Agro di Orsara.

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.