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BARBAGIA I.G.T.

COLLI DEL LIMBARA I.G.T.

ISOLA DEI NURAGHI I.G.T.

MARMILLA I.G.T.

NURRA I.G.T.

VIGNETI MAMOIADA

VIGNETI MAMOIADA

BARBAGIA

I.G.T.

Decreto 12 ottobre 1995

Modifica Decreto 24 luglio 2009

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre

(fonte Mipaaf)

Articolo 1

Denominazione e vini

 

L'indicazione geografica tipica "Barbagia", accompagnata da una delle specificazioni previste dalla presente disciplinare di produzione, è riservata ai mosti e ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti in appresso indicati.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

L'indicazione geografica tipica "Barbagia" è riservata ai seguenti vini:

 

bianchi, anche nella tipologia frizzante;

rosso, anche nelle tipologie frizzante e novello;

rosati, anche nella tipologia frizzante.

 

I vini a indicazione geografica tipica "Barbagia" bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella regione Sardegna (allegato 1) iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, a bacca di colore corrispondente.

 

L'indicazione geografica tipica "Barbagia", con la specificazione di uno dei vitigni idonei alla coltivazione nella regione Sardegna con l'esclusione dei vitigni

Cannonau, Carignano, Girò, Malvasia, Monica, Moscato, Nasco, Nuragus, Semidano, Vermentino e Vernaccia

è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale,

per almeno 85% dai corrispondenti vitigni.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e vini sopra indicati, l uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione nella regione Sardegna, sino a un massimo del 15%.

 

I vini a indicazione geografica tipica "Barbagia" col la specificazione di uno dei vitigni di cui al precedente comma, possono essere prodotti anche nelle tipologie frizzanti

nonché novello per i vini ottenuti da vitigni a bacca rossa.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti ad essere designati con l'indicazione geografica tipica "Barbagia" comprende l'intero territorio amministrativo dei seguenti comuni:

Fonni, Gavoi, Lodine, Mamoiada, Nuoro, Oliena, Ollolai, Olzai, Oniferi, Orani, Orgosolo, Orotelli, Ortine, Ottana, Sarule

in provincia di Nuoro.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all'articolo 2 devono essere quelle tradizionali della zona.

La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell'ambito aziendale, per i vini a indicazione geografica "Barbagia" accompagnati o meno dal riferimento al nome del vitigno, non deve essere superiore rispettivamente a

 

18,00 t/ha  per le tipologie rosso e rosato

19,00 t/ha per la tipologia bianco.

 

Le uve destinate alla produzione dei vini a indicazione geografica tipica "Barbagia", seguita o meno dal riferimento al vitigno, devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di:

 

9,50% vol. per i bianchi;

10,00% vol. per i rosati;

10,00% vol. per i rossi .

 

Nel caso di annate particolarmente sfavorevoli, detti valori possono essere ridotti dello 0,50% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

La operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata all’art. 3.

E’ fatta salva la deroga prevista all’art.6, comma 4, secondo capoverso, del Regolamento CE n. 607/2009 per effettuare la vinificazione al di fuori della predetta zona delimitata fino al 31 dicembre 2012.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore all’80% per tutti i tipi di vino ad esclusione della tipologia rosato, per la quale detto limite non deve essere superiore al 75%.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a indicazione geografica tipica "Barbagia", anche con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, devono avere le seguenti caratteristiche:

 

"Barbagia" bianco:

colore: dal bianco carta al giallo ambrato;

profumo:caratteristico;

sapore:dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l.

 

"Barbagia " rosso:

colore: da rosso rubino tenue a rosso granato;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

"Barbagia " rosato:

colore: dal rosa pallido al rosa carico;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

"Barbagia" novello:

colore: da rosso con riflessi violacei a rosso rubino;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco all’abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Barbagia" bianco frizzante:

spuma: fine, evanescente;

colore: dal bianco carta al giallo;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13 g/l.

 

"Barbagia" rosso frizzante:

spuma: fine, evanescente;

colore: dal rosso rubino tenue al rosso rubino;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

"Barbagia" rosato frizzante:

spuma: fine, evanescente;

colore: dal rosa pallido al rosa carico;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

I vini a indicazione geografica tipica “Barbagia” con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

All'indicazione geografica tipica "Barbagia" è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi extra, fine, scelto, selezionato, superiore e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

L'indicazione geografica tipica "Barbagia" può essere utilizzata come ricaduta per i vini ottenuti da uve prodotte da vigneti coltivati nell'ambito del territorio delimitato nel precedente articolo 3 e iscritti nello schedario viticolo dei vini a denominazione di origine, a condizione che i vini per i quali si intende utilizzare l'indicazione geografica tipica di cui trattasi abbiano i requisiti previsti per una o più delle tipologie di cui al presente disciplinare.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente

 

A) Informazione sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame

La Barbagia è una delle zone più interne della Sardegna e si estende dal massiccio del Gennargentu alla Gallura. Il paesaggio montano e collinare è dominato dall’affioramento di graniti e metamorfici formatesi durante il paleozoico che costituiscono l’ossatura profonda della zolla sardo corsa.

Su queste poggiano aspre bancate calcareo dolomitiche risalenti al mesozoico che formano il Supramonte.

Lungo le principali lineazioni tettoniche i fiumi hanno scavato ampie valli sui cui fianchi vengono storicamente coltivate le vigne. Nel pliopleistocene basalti, depositi di versante e alluvioni terrazzate hanno colmato le vallate, reincise dai corsi d’acqua attuali.

I suoli vitati sono spesso entisuoli e inceptisuoli evoluti nelle concavià dei versanti, talvolta terrazzati, mediamente

profondi, sabbioso franchi, ricchi in scheletro, subacidi.

Sulle alluvioni e sui depositi di versante si possono osservare suoli vitati più evoluti, con accumuli di argille, ma sempre ricchi in scheletro e piuttosto profondi (alfisuoli).

Il clima di questa sub-regione comprende le zone più fredde della Sardegna, con una temperatura media annua variabile dai 13 ai 15°C, medie del mese di gennaio anche inferiori ai 6°C.

Dal punto di vista della pluviometria, questa è caratterizzata da una quasi assoluta mancanza di piogge durante

l’estate, con precipitazioni per lo più concentrate nel periodo autunnale e vernino-primaverile che si attestano sugli 800 mm con zone più piovose, a ridosso del massiccio del Gennargentu, con 1000 mm annui e possibilità di copertura nevosa di 8-9 giornate annue. La ventosità è rilevante durante tutto l’arco dell’anno.

Fattori umani rilevanti per il legame

Le origini della coltivazione della vite e della vinificazione in Barbagia si arricchiscono di nuove conoscenze alla luce delle ultimissime importanti scoperte nei diversi ambiti della genetica, botanica, storia ed archeologia viticolo-enologica (Mario Sanges: Soprintendenza ai Beni Archeologici per le Province di Sassari e Nuoro e Gianni Lovicu- Agris Sardegna).

Infatti, recenti e fortunate campagne di scavi condotte in alcuni siti archeologici, tra cui quello di “Duos Nuraghes” (Borore, a circa 50 km ad ovest di Nuoro), hanno portato alla luce vinaccioli carbonizzati risalenti al 1.300 a.C. che testimoniano la presenza di una affermata cultura enoica in Sardegna anteriore all’ingresso dei Fenici (1.000 a.C), ai quali si faceva derivare l’introduzione delle primi viti domestiche nell’isola.

Inoltre sono stati ritrovati vari contenitori “da vino” che caratterizzano il repertorio vascolare estremamente ricco ed originale, con le tipiche “brocche askoidi” e piccoli “askos” in ferro, bronzo e ceramica di squisita fattura: ad esempio Sa sedda 'e sos carros (Oliena), ecc.

Un altro ritrovamento nel territorio di Oliena, in località “Sa idda ‘e su medde” (il paese del miele), è il piccolo bronzo raffigurante Aristeo, col corpo totalmente ricoperto di api al quale la storia mitologica si deve l’introduzione in Sardegna della coltivazione della vite,dell’ulivo e l’allevamento delle api.

Altri reperti risalenti al periodo romano, testimoniano la permanenza della viticoltura ed enologia nei secoli successivi.

Successivo a quello romano ci fu un periodo caratterizzato dalla nascita di monasteri circondati da coltivazioni e vigne. Nel corso del periodo giudicale (900 – 1400) vennero emanate le prime norme a difesa delle colture agricole, come la “Carta de Logu” promulgata dalla giudicessa Eleonora d’Arborea, un codice legislativo emanato nel XIV secolo che rimase in vigore sino al periodo piemontese.

Vari toponimi, che interessano anche alcuni territori dell’IGP, si ritrovano molti sinonimi dialettali di evidente origine latina, come “su laccu” per la vasca di pigiatura e “pastinai sa bingia” nel senso di impiantare un nuovo vigneto.

Un capitolo a parte meritano gli studi di biologia molecolare che hanno permesso di stabilire i rapporti genetici di parentela tra la vite domestica (Vitis vinifera L. ssp. sativa) e la sua progenitrice vite selvatica (Vitis vinifera L. ssp. sylvestris), diffusa ancora oggi lungo i corsi d’acqua.

Tratti genetici condivisi (alleli microsatelliti) tra la vite selvatica ed alcune cultivar locali (il Muristellu molto diffuso nel Nuorese) suggeriscono un legame di parentela tra le due sottospecie e supportano l’ipotesi di un centro secondario di domesticazione in Sardegna.

L’uso della vite selvatica da parte dei Sardi ci viene confermato dalla Carta de Logu in cui vi sono disposizioni anche contro il commercio dell’uva selvatica. Venditore ed acquirente potevano avere seri problemi: pena pecuniaria e reclusione “a voluntadi nostra”, cioè del re.

Qualche secolo più tardi, il BACCI, nel 1596, scrive dell’abitudine dei sardi a produrre vino dalla vite selvatica.

Gli storici narrano che il “la Sardegna centrale potrebbe a taluno parere una regione, dove la vite fosse indigena; così essa è sparsa per tutto e con tanta prosperità vegeta porgendo in suo tempo questa spurra, …, grappoli di acini variocolorati e deliziosi. Essa trovasi in tutte le parti arrampicata alle altre piante, e principalmente sulle amenissime sponde de’ rivi.”

Episodi di domesticazione di vite selvatica da parte di viticultori sono stati individuati dal CRAS (il Centro Regionale Agrario Sperimentale della Regione Sardegna) ora confluito in AGRIS Sardegna (l’Agenzia per la ricerca in agricoltura della Sardegna), oltre che nello stesso Sulcis, anche in Barbagia e in Baronia.

La particolare qualità dei vini della Sardegna centro-orientale è conosciuta da tempo notevole.

Quello che probabilmente non è conosciuto a tutti è che già dalla fine dell’800 queste particolarità erano state rilevate su basi scientifiche.

Il Cettolini, infatti, rileva sia l’elevata densità di impianto per ettaro (7000-7600 ceppi ettaro, che sono le densità ancora presenti nei vigneti più vecchi e capaci di produrre grandissima qualità) seguita da una ridotta carica di gemme, sia –per usare le sue parole –“ un fatto importante che venne già altra volta segnalato per le uve del Nuorese si è quella della elevata proporzionalità acidimetria che accompagna le uve coltivate in posizioni alte”.

In un'altra opera, il Cettolini afferma che “la base della viticoltura nuorese è costituita quasi dalle stesse viti della provincia di Cagliari, ma come è naturale il glucosio in generale diminuisce e l’acidità aumenta”. Inoltre“ i vini del Nuorese possono avere una notevole alcolicità unita ad un elevato grado acidimetrico il che costituisce la possibilità di avere vini che coll’invecchiamento diventano molto profumati.”

E a proposito delle uve provenienti da questi areali, lo stesso Cettolini evidenziava che “ è il quantitativo di acidità dovuto a quel complesso di composti organici a base acida che la vite elabora, e che passano dal mosto al vino, ravvivandone il colore, fissandone il sapore e presiedendo, formandone parte, allo sviluppo del profumo”.

La tecnica di coltivazione è quella tradizionale della Sardegna; i vigneti vengono perlopiù allevati ad alberello (si tratta di una delle zone della Regione in cui più si è conservata tale forma di allevamento) o impostati a controspalliera e potati a Guyot o cordone speronato.

Si cerca di mantenere l’equilibrio vegeto-produttivo della pianta contenendone lo sviluppo garantendo produzioni di particolare pregio qualitativo.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico

I vini IGP “Barbagia” presentano dal punto di vista analitico ed organolettico le proprietà descritte all’articolo 6 del presente disciplinare di produzione; sono il risultato della coltivazione della vite sui caratteristici terreni della zona di produzione e della tipicizzazione derivante dall’arricchimento che le produzioni traggono dalle diverse essenze della macchia mediterranea che spontaneamente crescono nella zona geografica di coltivazione.

I vini a IGP “Barbagia” derivano spesso da suoli di disfacimento granitico poco dotati di elementi nutritivi, che riflettono lo stretto rapporto tra regime idrico del suolo e sviluppo armonioso dell’apparato radicale e quindi della vite. Inoltre, la protezione dei caratteri pedoambientali tipici della zona con adeguate tecniche di coltivazione esalta il rapporto suoli-vitigno, consentendo di incrementare i potenziali vocazionali dall’area e di ottenere vini che riflettono le peculiarità locali.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Il connubio ambiente-uomo sviluppatosi ormai in una storia lunga 3000 anni ha portato allo sviluppo delle produzioni che caratterizzano i territori della Barbagia.

Queste si sono aggiornate nella modernità tecnologica mantenendo sempre uno sguardo su quella che è la storia e la tradizione viti-enologica.

La finezza e la qualità delle produzioni è salvaguardata dalla vocazionalità ambientale e pedologica del territorio, nonché dall’indubbia capacità umana di collocare e gestire le vigne nel miglior modo possibile per l’ottenimento delle produzioni di qualità.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

ICQRF – Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari

Via Quintino Sella, 42

00187 ROMA

L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva

(viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).

In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VIGNETI AGGIUS

VIGNETI AGGIUS

COLLI DEL LIMBARA

I.G.T.

Decreto 12 ottobre 1995

Modifica Decreto 24 luglio 2009

(fonte GURI)

Modifica  Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

L'indicazione geografica tipica "Colli del Limbara", accompagnata o meno dalle specificazioni previste dal presente disciplinare di produzione, è riservata ai mosti e ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti in appresso indicati.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

L'indicazione geografica tipica "Colli del Limbara" è riservata ai seguenti vini:

 

bianchi, anche nella tipologia frizzante;

rossi, anche nelle tipologie frizzante e novello;

rosati, anche nella tipologia frizzante.

 

I vini a indicazione geografica tipica "Colli del Limbara" bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella regione Sardegna (allegato 1), iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, a bacca di colore corrispondente.

 

L'indicazione geografica tipica "Colli del Limbara", col la specificazione di uno dei vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Sardegna, con l'esclusione dei vitigni

Cannonau, Carignano, Girò, Malvasia, Monica, Moscato, Nasco, Nuragus, Semidano, Vermentino, e Vernaccia

è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale,

per almeno l'85% dai corrispondenti vitigni.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e dei vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Sardegna, fino a un massimo del 15%.

 

I vini a indicazione geografica tipica "Colli del Limbara" con la specificazione di uno dei vitigni di cui al presente articolo possono essere prodotti anche nelle tipologie frizzante

nonché novello per i vini ottenuti da vitigni a bacca rossa.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti a essere designati con l'indicazione geografica tipica "Colli del Limbara" comprende l'intero territorio amministrativo dei seguenti comuni:

Aggius, Aglientu, Arzachena, Badesi, Berchidda, Bortigiadas, Calangianus, Golfo Aranci, Loiri Porto San Paolo, Luogosanto, Luras, Monti, Olbia, Oschiri, Padru, Palau, Sant'Antonio di Gallura, Santa Teresa di Gallura, Telti, Tempio Pausania, Trinità d'Agultu, Budoni e San Teodoro;

in Provincia di Olbia-Tempio;

Viddalba

in Provincia di Sassari.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all'articolo 2 devono essere quelle tradizionali della zona.

La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell'ambito aziendale, per i vini a indicazione geografica tipica "Colli del Limbara", accompagnati o meno dal riferimento al nome del vitigno, non deve essere superiore rispettivamente a

 

18,00 t/ha per le tipologie rosso e rosato

19,00 t/ha  per la tipologia bianco.

 

Le uve destinate alla produzione dei vini a indicazione geografica tipica "Colli del Limbara", seguita o meno dal riferimento al vitigno, devono assicurare ai vini

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di:

9,50% vol. per i bianchi;

10,00% vol. per i rosati ;

10,00% vol.  per i rossi.

Nel caso di annate particolarmente sfavorevoli, detti valori possono essere ridotti dello 0,50% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

La operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata all’art. 3.

E’ fatta salva la deroga prevista all’art.6, comma 4, secondo capoverso, del Regolamento CE n. 607/2009 per effettuare la vinificazione al di fuori della predetta zona delimitata fino al 31 dicembre 2012.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore all’80% per tutti i tipi di vino ad esclusione della tipologia rosato, per la quale detto limite non deve essere superiore al 75%.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a indicazione geografica tipica "Colli del Limbara", anche con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche:

 

"Colli del Limbara " bianco:

colore: dal bianco carta al giallo ambrato;

profumo:caratteristico;

sapore:dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l;

 

" Colli del Limbara " rosso:

colore: da rosso rubino tenue a rosso rubino carico tendente al granato con la maturazione;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l;

 

" Colli del Limbara " rosato:

colore: dal rosa al cerasuolo;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

" Colli del Limbara " novello:

colore: da rosso con riflessi violacei a rosso rubino;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco all’abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

" Colli del Limbara " bianco frizzante:

spuma: fine, evanescente;

colore: dal bianco carta al giallo;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l.

 

" Colli del Limbara " rosso frizzante:

spuma: fine, evanescente;

colore: dal rosso rubino tenue al rosso rubino;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

" Colli del Limbara " rosato frizzante:

spuma: fine, evanescente;

colore: dal rosa al cerasuolo;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

I vini a indicazione geografica tipica “Colli del Limbara” con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

All'indicazione geografica tipica "Colli del Limbara" è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi extra, fine, scelto, selezionato, superiore e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

L'indicazione geografica tipica "Colli del Limbara" può essere utilizzata come ricaduta per i vini ottenuti da uve prodotte da vigneti coltivati nell'ambito del territorio delimitato nel precedente articolo 3 e iscritti nello schedario viticolo dei vini a denominazione di origine, a condizione che i vini per i quali si intende utilizzare l'indicazione geografica tipica di cui trattasi abbiano i requisiti previsti per una o più delle tipologie di cui al presente disciplinare.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente

 

A) Informazione sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame

La zona di produzione delle uve si trova all’estremità nord orientale della Sardegna e coincide in larga parte con la regione granitica della Gallura.

Queste rocce granitoidi si sono formate nel paleozoico (circa 300 milioni di anni fa) in una profonda camera magmatica, poi sono venute alla luce in seguito allo smantellamento per erosione dei rilievi e testimoniano l’ossatura profonda della zolla sardo corsa.

Il paesaggio attuale dei graniti galluresi è modellato in alture nel complesso dolci, ma a tratti alternate e punteggiate da rocciai levigati dai venti e dalle acque, detti thor e inselberg; soprattutto in prossimità delle coste questi sono arricchiti da caratteristiche e scultoree nicchie e tafoni, talvolta utilizzate dall’uomo come ripari, che accentuano l’aspetto aspro delle linee di cresta dei monti e delle scogliere.

Lungo le fratture principali, che scompongono in un fitto reticolo il complesso granitico, si trovano gli accumuli di sedimenti alluvionali, generalmente ghiaioso sabbiosi, spesso terrazzati e potenti diverse decine di metri, mentre nelle conche tra i rilievi i sedimenti hanno una componente più fine e più ricca di sostanza organica.

Sui fianchi delle valli si possono osservare, a tratti, depositi di detriti e lembi di alluvioni arrossate e ricche di argille che rievocano climi risalenti ai periodi interglaciali.

Lungo alcune piane costiere si estendono importanti campi dunali (Badesi).

La vegetazione è costituita principalmente da macchia mediterranea: cisto, ginepro, corbezzolo, lentischio, ginestra, mirto, a tratti degradata, alternata a pascoli e, nell’interno, a sugherete e querceti.

Lungo i versanti più dolci e sui fianchi delle valli si trovano tradizionalmente le coltivazioni della vite, dal livello del mare fino alle pendici del massiccio del Limbara a 500 metri di quota. Le vigne godono di esposizioni diverse e dell’influenza del vicino mare.

I suoli principalmente utilizzati per la viticoltura sono da poco a mediamente evoluti (entisuoli e inceptisuoli), da poco a mediamente profondi, ricchi in scheletro e per lo più con tessitura sabbioso franca, permeabili e facilmente erodibili. Carenti in carbonati, presentano una reazione da subacida ad acida, scarso o medio contenuto di sostanza organica, parzialmente desaturati e con bassa Capacità di Scambio Cationico.

Laddove i suoli sono più evoluti e profondi possiedono un orizzonte arricchito di argille e alcune delle precedenti carenze sono mediate e riequilibrate.

Il regime idrico del suolo è serico, con un prolungato deficit idrico estivo e un forte surplus invernale soprattutto intorno al Limbara.

Le temperature del suolo rispecchiano abbastanza linearmente l’aumento di quota altimetrica a meno di condizioni microclimatiche locali.

La parte della Gallura ed il Comune di Viddalba che costituiscono il territorio della IGP Colli del Limbara sono situate nella parte Nord-Orientale della Sardegna e ha le seguenti coordinate geografiche di confine: 40°40’ latitudine Sud (Comune di Padru) - 41°17’ di latitudine Nord (comune di Santa Teresa) - 8°68’ (longitudine Ovest – Comune di Badesi) e i 9°50’ di longitudine Est (Comune di Budoni).

Il clima di buona parte dell’areale è temperato caldo, caratterizzato da inverni relativamente miti, specie nelle zone costiere e stabilità del tempo durante l’estate, caratterizzata da una quasi assoluta mancanza di piogge.

Le precipitazioni sono per lo più concentrate nel periodo autunnale e vernino-primaverile e generalmente inferiori ai 700 mm annui.

Notevole è la ventosità durante tutto l’anno. Oltre a quest’area principale temperato-calda, sono presenti un’area umida ubicata al di sopra dei 800 m. intorno al massiccio del Limbara, ed un area subumida nell’areale collinare (>700 m) che ha come baricentro l’abitato di Tempio Pausania.

Fattori umani rilevanti per il legame

La coltivazione della vite e i processi di addomesticamento e trasformazione della “Vitis vinifera silvestris", hanno fatto parte della vita dei territori Galluresi dalla prima Età del Ferro fino ai giorni nostri.

Le testimonianze si possono constatare per tutti i diversi periodi storici che hanno caratterizzato le aree ricadenti all’interno dell’IGP Colli del Limbara.

Presso il Nuraghe “Li Prisciona”, in agro di Arzachena, sono stati ritrovati vari contenitori “da vino” che si sono

modificati e evoluti in forme tipiche: “brocche askoidi” e piccoli “askos” in ceramica di squisita fattura.

Altri reperti risalenti al periodo punico e successivamente romano, sono stati rinvenuti a Olbia sia nella necropoli che presso la fattoria romana di S’Imbalconadu, recentemente riportata alla luce, dove è presente un ambiente per la trasformazione dell’uva e sono ben documentate le attrezzature per la vinificazione.

Nel periodo romano vengono introdotte nuove varietà di vite, in particolare il Moscato ed il Nasco attraverso i porti di Karalis, Tharros e Olbia.

La viticoltura si diffonde in tutta la Sardegna, come dimostrano vari toponimi, che interessano anche alcuni territori dell’IGP, in particolare Vineolae (Vignola), e si ritrovano molti sinonimi dialettali di evidente origine latina, come “su laccu” per la vasca di pigiatura e “pastinai sa bingia” nel senso di impiantare un nuovo vigneto.

Al periodo di dominazione romana segue quello bizantino. Successivamente la Sardegna viene suddivisa in quattro giudicati , uno dei quali fu quello Gallurese.

Fu questo un periodo caratterizzato dalla nascita di monasteri circondati da coltivazioni e vigne. Nel corso del periodo giudicale (900 – 1400) vennero emanate le prime norme a difesa delle colture agricole e la “Carta de Logu” di Eleonora di Arborea (1392), codice legislativo che rimase in vigore sino al periodo piemontese.

Con la dominazione spagnola vengono introdotti diversi vitigni tuttora coltivati ed importanti nell’economia viticola attuale quali il Cannonau (in Gallura Cannonatu), i Bovali ed il Girò. Alla fine del 700 arriva attraverso la Corsica il Vermentino.

Altri studiosi citano il territorio Gallurese nei diversi loro lavori, il Manca dell’Arca descrive la viticoltura gallurese nel suo testo “Agricoltura della Sardegna – 1780” evidenziando le differenze qualitative tra le produzioni interne collinari e quelle litoranee, mentre il Casalis nel 1833, sempre parlando della Gallura descrive superficie vitate e produzioni evidenziando le quantità tali da giustificare il commercio verso le aree esterne: ”Fiorente era il commercio dei vini: i lusinchi viaggiano a vendere i loro vini, e ne vendono pure i nuchesi e calangianesi”. Evidenzia inoltre, trattando dei singoli paesi, la qualità eccezionale di alcune zone.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico

I vini IGP “Colli del Limbara” presentano dal punto di vista analitico ed organolettico le proprietà descritte all’articolo 6 del presente disciplinare di produzione; sono il risultato della coltivazione della vite sui caratteristici terreni della zona di produzione e della tipicizzazione derivante dall’arricchimento che le produzioni traggono dalle diverse essenze della macchia mediterranea che spontaneamente crescono nella zona geografica di coltivazione.

I vini a IGP “Colli del Limbara” derivano spesso da suoli di disfacimento granitico poco dotati di elementi nutritivi, che riflettono lo stretto rapporto tra regime idrico del suolo e sviluppo armonioso dell’apparato radicale e quindi della vite. Inoltre, la protezione dei caratteri pedoambientali tipici della zona con adeguate tecniche di coltivazione esaltano il rapporto suoli-vitigno, consente di incrementare i potenziali vocazionali dall’area e di ottenere vini che riflettono le peculiarità locali.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Il connubio ambiente-uomo sviluppatosi ormai in una storia lunga 3000 anni ha portato allo sviluppo delle produzioni che caratterizzano i territori dei Colli del Limbara.

Queste si sono aggiornate nella modernità tecnologica mantenendo sempre uno sguardo su quella che è la storia e

la tradizione viti-enologica

La finezza e la qualità delle produzioni è salvaguardata dalla vocazionalità ambientale e pedologica del territorio, nonché dall’indubbia capacità umana di collocare e gestire le vigne nel miglior modo possibile per l’ottenimento delle produzioni di qualità.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

ICQRF – Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari

Via Quintino Sella, 42

00187 ROMA

L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva

(viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).

In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VIGNETI SABADI

VIGNETI SABADI CASTIADAS

ISOLA DEI NURAGHI

I.G.T.

Decreto 04 novembre 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

L’Indicazione Geografica Tipica "Isola dei Nuraghi" è riservata ai mosti ed ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione, nelle seguenti tipologie:

 

“Isola dei Nuraghi” bianco, anche nelle tipologie frizzante, spumante, da uve stramature, passito;

“Isola dei Nuraghi” rosso, anche nelle tipologie frizzante, spumante, novello, da uve stramature, passito;

“Isola dei Nuraghi” rosato, anche nelle tipologie frizzante e spumante.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini ad indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da uve provenienti dai vigneti composti, in ambito aziendale, da uno o più vitigni, idonei alla coltivazione nella Regione Sardegna (allegato 1), iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti.

I vini ad indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” con la specificazione di uno dei vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Sardegna, ad esclusione dei vitigni

Cannonau, Carignano, Girò, Malvasia, Monica, Moscato, Nasco, Nuragus, Semidano, Vermentino, Vernaccia,

è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, per almeno l'85% dai corrispondenti vitigni.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e vini sopra indicati, le uve dei vitigni, idonei alla coltivazione nella Regione Sardegna, fino a un massimo del 15%, come sopra identificati.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve per l’ottenimento dei mosti e dei vini atti ad essere designati con la indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” comprende l’intero territorio amministrativo della

Regione Sardegna.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell’ambito aziendale, per i vini ad indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” accompagnati o meno dal riferimento al nome del vitigno, non deve essere superiore rispettivamente a

 

18,00 t/ha per le tipologie rosso e rosato,

19,00 t/ha per la tipologia bianco,

15,00 t/ha per le tipologie passito e da uve stramature.

 

Le uve destinate alla produzione dei vini ad indicazione geografica tipica "Isola dei Nuraghi" accompagnati o meno dal riferimento al nome del vitigno, devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di:

 

9,50% vol. per i bianchi;

10,00% vol.  per i rosati;

10,00% vol.  per i rossi;

10,00% vol.  per gli spumanti;

15,00% vol.  per i vini da uve stramature (dopo l’appassimento);

10,00% vol. per i vini passiti.

 

Nel caso di annate particolarmente sfavorevoli, la Regione può consentire un titolo alcolometrico volumico naturale minimo inferiore dello 0,50% ad esclusione dei vini passiti e da uve stramature.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona delimitata nell’articolo

E’ fatta salva la deroga prevista dalla vigente normativa per effettuare le operazioni di vinificazione al di fuori della zona di produzione fino al 31 dicembre 2012.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore all’ 80%,

per tutti i tipi di vino, ad eccezione dei vini da uve stramature e dei vini passiti per i quali la resa massima dell'uva in vino finito, con riferimento all'uva fresca, non deve essere superiore rispettivamente al 60% e al 50%.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a Indicazione Geografica Tipica "Isola dei Nuraghi", accompagnati o meno dal riferimento al nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo devono le seguenti caratteristiche:

 

“Isola dei Nuraghi” bianco:

colore: dal bianco carta al giallo ambrato;

profumo:caratteristico;

sapore:dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l:

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l.

 

“Isola dei Nuraghi” rosso:

colore: da rosso rubino tenue a rosso granato;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

 “Isola dei Nuraghi” rosato:

colore: dal rosa pallido al rosa carico;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Isola dei Nuraghi” novello:

colore: da rosso con riflessi violacei a rosso rubino;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco all’abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Isola dei Nuraghi” bianco frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: dal bianco carta al giallo;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l.

 

“Isola dei Nuraghi” rosso frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: dal rosso rubino tenue al rosso rubino;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Isola dei Nuraghi” rosato frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: dal rosa pallido al rosa carico;

odore: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Isola dei Nuraghi” spumante bianco:

spuma: fine, persistente;

colore: dal bianco carta al giallo;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l

 

“Isola dei Nuraghi” spumante rosato:

spuma: fine, persistente;

profumo: da rosa pallido a rosa carico;

odore: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Isola dei Nuraghi” spumante rosso:

spuma: fine, persistente;

profumo: rosso rubino;

odore: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Isola dei Nuraghi” da uve stramature bianco:

colore: dal giallo all’ambrato;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Isola dei Nuraghi” da uve stramature rosso

colore: dal rosso rubino tenue al rosso granato, tendente all’aranciato con l’invecchiamento

profumo: caratteristico

sapore: dal secco al dolce

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Isola dei Nuraghi” passito bianco:

colore: dal giallo all’ambrato

profumo: caratteristico

sapore: dal secco al dolce

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 9,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l

 

“Isola dei Nuraghi” passito rosso:

colore: dal rosso rubino tenue al rosso granato, tendente all’aranciato con l’invecchiamento

profumo: caratteristico

sapore: dal secco al dolce

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 9,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l

 

I vini a indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla Indicazione Geografica Tipica "Isola dei Nuraghi" è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi extra, fine, scelto, selezionato, superiore e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

L’Indicazione Geografica Tipica "Isola dei Nuraghi" può essere usata come ricaduta per i vini a denominazione di origine protetta ottenuti da uve prodotte da vigneti iscritti negli schedari viticoli e coltivati nell’ambito del territorio delimitato nel precedente art. 3, a condizione che i vini per i quali si intende utilizzare l’indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” abbiano i requisiti previsti dal presente disciplinare.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona di produzione dell’IGT “Isola dei Nuraghi”, coincide geograficamente con l’intero territorio della Sardegna, che ha una superficie di 24.090 chilometri quadrati, e risulta essere la seconda isola del Mar Mediterraneo.

La Sardegna, posta al centro del Mediterraneo Occidentale, viene a trovarsi tra la zona temperata europea e la zona subtropicale africana, in piena area climatica mediterranea.

Il suo clima infatti risente di questa sua posizione con inverni relativamente miti, specie nelle zone costiere e stabilità del tempo durante la calda estate, con una quasi assoluta mancanza di pioggia; inoltre l’Isola ha, in tutte le stagioni, una notevole ventosità, infatti essa è sotto il dominio delle correnti aeree occidentali che, con altissima frequenza, sono richiamate dall’Atlantico sui centri di bassa pressione mediterranei; il vento pertanto è una delle più importanti componenti naturali del clima sardo.

In base alle osservazioni meteorologiche possiamo affermare che il vento più frequente che soffia sulla Sardegna è il Maestrale.

Un altro importante aspetto che fa sentire la sua influenza sul clima della Sardegna è la breve distanza di tutti i punti dell’Isola dal mare. Il punto più interno dista infatti 53 chilometri, e ne deriva che, in nessuna zona interna, il clima assume carattere continentale; lungo le coste, invece, si riscontra clima veramente mite per l’elevata temperatura media e per le modeste escursioni termiche.

Pur se oltre la metà del territorio in questione si trova ad un’altitudine inferiore a 300 metri sul mare, l’isola è considerata montuosa perché i rilievi, pur non raggiungendo altezze considerevoli, hanno forme aspre, con declivi ripidi, caratterizzati da forti pendenze che vanno ad influenzare le loro attitudini alla coltivazione, compresa quella viticola.

L’andamento della temperatura dell’Isola è simile a quello delle altre zone mediterranee. Le acque del Mediterraneo, in conseguenza della loro evoluzione termica, fanno sentire decisamente la loro influenza, per cui sia l’inverno che l’estate le temperature sono miti.

Le precipitazioni che si verificano sulla Sardegna sono quasi esclusivamente piogge cicloniche, dovute alle perturbazioni indotte dalle depressioni barometriche che prendono origine in conseguenza dell’elevata temperatura delle acque che circondano l’Isola.

Tali perturbazioni, condizionano l’andamento pluviometrico che è caratterizzato di norma da due periodi piovosi: uno

vernino-primaverile ed uno autunnale, con una quantità di piogge che è bassa nelle pianure litoranee ed aumenta relativamente verso l’interno; la media annuale delle precipitazioni è di 775 millimetri, quantitativo che sarebbe largamente sufficiente ai fabbisogni della viticoltura isolana se la distribuzione nello spazio e nel tempo fosse più regolare; infatti, mentre nelle zone interne del centro-nord dell’Isola si accerta una piovosità media annua di 1000 mm, nelle zone litoranee e nelle pianure in nessun caso supera i 600 mm per scendere fino a 400 mm nella parte più meridionale dell’Isola.

In relazione ai vari fattori climatici delle varie zone, in Sardegna si possono riscontrare i seguenti tipi di clima :

a) Clima sub-tropicale: nelle zone con questo clima , la vite prospera e produce abbastanza bene dal punto di vista quali-quantitativo.

b) Clima temperato-caldo: area in cui è compresa la maggior parte del territorio dell’Isola; in quest’area la temperatura media annuale non scende mai al di sotto dei 15°, con delle precipitazioni, concentrate per lo più nel periodo autunno-vernino che non superano mediamente gli 800 mm : è il miglior habitat per la vite, che infatti vegeta perfettamente sino ai 600 m s.l.m.

c) Clima sub-umido ed umido: zone che non interessano la coltura della vite.

La Sardegna è considerata una delle terre più antiche del bacino del Mediterraneo: in essa sono praticamente presenti tutte le ere geologiche, dalla Paleozoica alla Quaternaria.

Le formazioni più antiche possono essere considerate quelle granitiche che sono caratteristiche della Gallura, mentre

nella parte centrale le stesse sono coperte da rocce metamorfiche, schistose.

L’era Mesozoica è caratterizzata dai calcari dolomitici presenti nella Nurra di Alghero, nei monti del Sarcidano, di Oliena e Monte Albo ad Orosei.

Al Terziario appartengono le rocce effusive, trachiti, andesiti, che ritroviamo nella parte Nord-occidentale e nel basso Sulcis e le rocce sedimentarie mioceniche presenti nella Romangia, nella Marmilla e nella Trexenta.

Le colate basaltiche quaternarie caratterizzano la zona centrale dell’Isola, i rilievi della costa orientale del Golfo di Orosei e i caratteristici profili del Logudoro. Ancora all’era Quaternaria appartengono le sedimentazioni che

hanno coperto la vasta pianura del Campidano e le minori aree alluvionali presenti un po’ dappertutto.

I terreni derivanti hanno logicamente una composizione che rispecchia la formazione rocciosa d’origine e che possono essere distinti in:

terreni alluvionali, originatisi appunto dalle alluvioni del quaternario e caratterizzati da strati profondi, di buona permeabilità, con una composizione simile a quella delle rocce che hanno contribuito ai depositi alluvionali;

terreni calcarei, derivati dal disgregamento delle rocce calcaree, ricchi di questo elemento, ma non molto dotati in elementi nutritivi;

terreni trachitici, caratterizzati da una limitata profondità, ma discretamente dotati di potassio, poveri, invece, di fosforo e di azoto, come del resto la maggior parte dei terreni sardi;

terreni basaltici, in genere autoctoni e quindi di minima profondità, particolarmente ricchi di microelementi;

terreni schistosi, a volte molto profondi, particolarmente ricchi di potassio e con discreta dotazione di fosforo;

terreni di disfacimento granitico, sabbiosi, sciolti, acidi o sub-acidi, ricchi di potassio, ma poveri di fosforo e di azoto.

Fattori umani rilevanti per il legame.

Molteplici campagne di scavi condotte in diversi siti archeologici della Sardegna hanno portato alla luce vinaccioli carbonizzati risalenti al 1.300 a.C. che testimoniano la presenza di una affermata cultura enoica in Sardegna anteriore all’ingresso dei Fenici (IX-VIII secolo a.C), ai quali si faceva derivare l’introduzione delle primi viti domestiche nell’isola.

Sono stati ritrovati vari contenitori “da vino” che caratterizzano il repertorio vascolare estremamente ricco ed originale, con le tipiche brocche askoidi e piccoli “askos” in ferro, bronzo e ceramica di pregevole fattura.

Dell’Età Romana imperiale e tardo antica, sono state rinvenute decine di anfore vinarie da trasporto.

A riprova della continuità di coltivazione della vite nella zona per alcuni millenni, è opportuno riportare la voce di un registro delle spese dell’Archivio Vaticano, dei primi anni del ‘600, in cui è menzionato l’acquisto di vino bianco di Telavé del villaggio di Triei.

Nel corso del periodo giudicale (900 – 1400) vennero emanate le prime norme a difesa delle colture agricole, presenti anche nella “Carta de Logu” di Eleonora di Arborea (1392), codice legislativo che rimase in vigore sino al periodo piemontese. L’uso della vite selvatica da parte dei Sardi ci viene confermato dalla stessa Carta de Logu in cui vi sono disposizioni anche contro il commercio dell’uva selvatica. Venditore ed acquirente potevano avere seri problemi: pena pecuniaria e reclusione “a voluntadi nostra”, cioè del re.

Vari toponimi in uso in Sardegna fanno riferimento alla vite, si ritrovano molti sinonimi dialettali di evidente origine latina, come “su laccu” per la vasca di pigiatura e “pastinai sa bingia” nel senso di impiantare un nuovo vigneto.

All’inizio del 1300 in epoca medioevale la Sardegna è sotto il dominio pisano e il Sarrabus e l’Ogliastra vengono individuati dai nuovi dominatori come serbatoi vinicoli.

Sulla quantità, qualità e provenienza dei vini nella capitale del regno tra il tre e il quattrocento le notizie non mancano, i flussi di approvvigionamento delineano due correnti: una dalle campagne verso la città; l’altra di vino navigato introdotto in città attraverso il porto.

Le campagne circostanti e le ville più o meno vicine, quando la guerra non infuriava, alimentavano Cagliari di mosto e di vino imbottato, il generico bianco e rosso sardesco.

Qualche secolo più tardi, il BACCI, nel 1596, scrive dell’abitudine dei sardi a produrre vino dalla vite selvatica.

Lo storico Angius, nel XVIII secolo, narra che il “salto di Nurri potrebbe a taluno parere una regione, dove la vite fosse indigena; così essa è sparsa per tutto e con tanta prosperità vegeta porgendo in suo tempo questa spurra, …, grappoli di acini variocolorati e deliziosi.

Essa trovasi in tutte le parti arrampicata alle altre piante, e principalmente sulle amenissime sponde de’ rivi.”

Nel 1746 un’ampia relazione storico geografica redatta dall’Intendente Generale del Regno, Francesco Giuseppe de la Perrière conte di Viry dava una particolareggiata descrizione della Sardegna rurale riproponendo l’immagine di una viticoltura capillarmente diffusa in diverse zone dell’isola.

Un capitolo a parte meritano gli studi di biologia molecolare che hanno permesso di stabilire i rapporti genetici di parentela tra la vite domestica (Vitis vinifera L. ssp. sativa) e la sua progenitrice vite selvatica (Vitis vinifera L. ssp. sylvestris), diffusa ancora oggi lungo i corsi d’acqua.

Tratti genetici condivisi (alleli microsatelliti) tra la vite selvatica ed alcune cultivar locali (il Muristellu molto diffuso nel Nuorese) suggeriscono un legame di parentela tra le due sottospecie e supportano l’ipotesi di un centro secondario di domesticazione in Sardegna.

Episodi di domesticazione di vite selvatica da parte di viticultori sono stati individuati dal CRAS (il Centro Regionale Agrario Sperimentale della Regione Sardegna) ora confluito in AGRIS Sardegna (l’Agenzia per la ricerca in agricoltura della Sardegna).

La particolare qualità dei vini della Sardegna è conosciuta da tempo notevole. Dalla fine dell’800 queste particolarità erano state rilevate su basi scientifiche. Il Cettolini, infatti, rileva sia l’elevata densità di impianto per ettaro (7000-7600 ceppi per ettaro, che sono le densità ancora presenti nei vigneti più vecchi e capaci di produrre grandissima qualità) seguita da una ridotta carica di gemme sia “ un fatto importante che venne già altra volta segnalato per le uve del Nuorese si è quella della elevata proporzionalità acidimetrica che accompagna le uve coltivate in posizioni alte”.

La tecnica di coltivazione e le forme di allevamento sono quelle tradizionali della Sardegna; i vigneti vengono allevati ad alberello o impostati a controspalliera e potati a Guyot o cordone speronato, mantenendo l’equilibrio vegeto-produttivo della pianta contenendo lo sviluppo delle viti, garantendo quindi produzioni di particolare pregio qualitativo.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

I vini IGP “Isola dei Nuraghi” presentano dal punto di vista analitico ed organolettico le proprietà descritte all’articolo 6 del presente disciplinare di produzione; sono il risultato della coltivazione della vite sui caratteristici terreni della zona di produzione, in cui essa cresce fiancheggiata dalle diverse essenze della macchia mediterranea che spontaneamente crescono nella zona geografica di coltivazione.

L’ambiente geografico della Sardegna, nelle sue molteplici diversità, si rispecchia nelle caratteristiche dei vini IGT Isola dei Nuraghi, nelle diverse tipologie producibili, vini bianco, rosso, rosato, anche nelle tipologie frizzante, novello, spumanti, da uve stramature e passiti, con la specificazione o meno del nome del vitigno che, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche per i vini del corrispondente colore, presentano le caratteristiche organolettiche

proprie del vitigno di provenienza, e della zona di coltivazione.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Gli elementi storici e genetici conformano ancora una volta la valenza ambientale che questi luoghi hanno per la viticoltura.

L’ambiente, associato ad un clima mite e favorevole insieme ad una buona tecnica agronomica ed enologica hanno permesso ai vini IGT Isola dei Nuraghi di rinnovarsi senza perdere la loro identità e originalità.

L’interazione tra l’ambiente e l’uomo ha portato alla specializzazione della coltura della vite in Sardegna, che nelle sue diversità ambientali e tradizionalità locali, ha consentito di ottenere produzioni di qualità.

Questa interazione è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite e della vinificazione che ai giorni nostri sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli eccellenti vini prodotti attualmente con la IGT Isola dei Nuraghi.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

ICQRF – Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari

Via Quintino Sella, 42

00187 ROMA

L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva

(viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).

In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VIGNETI MASULLAS

VIGNETI MASULLAS

MARMILLA

I.G.T.

Decreto 12 ottobre 1995

Modifica Decreto 24 luglio2009

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

L'indicazione geografica tipica "Marmilla", accompagnata o meno dalle specificazioni previste dal presente disciplinare di produzione, è riservata ai mosti e ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti in appresso indicati.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

L'indicazione geografica tipica "Marmilla" è riservata ai seguenti vini:

 

bianchi, anche nella tipologia frizzante;

rossi, anche nelle tipologie frizzante e novello;

rosati, anche nella tipologia frizzante.

 

I vini a indicazione geografica tipica "Marmilla" bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella regione Sardegna (allegato 1) iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, a bacca di colore corrispondente.

L'indicazione geografica tipica "Marmilla", con la specificazione di uno dei vitigni idonei alla coltivazione nella regione Sardegna con l'esclusione dei vitigni

Cannonau, Carignano, Girò, Malvasia, Monica, Moscato, Nasco, Nuragus, Semidano, Vermentino e Vernaccia

è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale,

per almeno l'85% dai corrispondenti vitigni.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione nella regione Sardegna, fino a un massimo del 15%.

 

I vini a indicazione geografica tipica "Marmilla" con la specificazione di uno dei vitigni di cui al presente articolo, possono essere prodotti anche nelle tipologie frizzante

nonché novello per i vini ottenuti da vitigni a bacca rossa.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti a essere designati con l'indicazione geografica tipica "Marmilla" comprende l'intero territorio amministrativo dei seguenti comuni:

Collinas, Furtei, Pabillonis, Samassi, Sanluri, Sardara, Serrenti, Villamar, Villanovaforru,

in provincia del Medio Campidano,

e dei comuni di:

Baressa, Gonnoscodina, Gonnostramatza, Masullas, Mogoro, Morgongiori, Pompu, Simala, Siris,

in provincia di Oristano.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all'articolo 2 devono essere quelle tradizionali della zona.

La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell'ambito aziendale, per i vini a indicazione geografica tipica "Marmilla" accompagnati o meno dal riferimento al nome del vitigno, non deve essere superiore rispettivamente a

 

18,00 t/ha per le tipologie rosso e rosato

19,00 t/ha per la tipologia bianco.

 

Le uve destinate alla produzione dei vini a indicazione geografica tipica "Marmilla", seguita o meno dal riferimento al vitigno devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di:

 

9,50% vol. per i bianchi;

10,00% vol. per i rosati;

10,00% vol. per i rossi.

Nel caso di annate particolarmente sfavorevoli, detti valori possono essere ridotti dello 0,5% vol.

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

La operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata all’art. 3.

E’ fatta salva la deroga prevista all’art.6, comma 4, secondo capoverso, del Regolamento CE n. 607/2009 per effettuare la vinificazione al di fuori della predetta zona delimitata fino al 31 dicembre 2012.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore all’80% per tutti i tipi di vino ad esclusione della tipologia rosato, per la quale detto limite non deve essere superiore al 75%.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a indicazione geografica tipica "Marmilla", anche con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche:

 

"Marmilla" bianco:

colore: dal bianco carta al giallo ambrato;

profumo:caratteristico;

sapore:dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l.

 

"Marmilla" rosso:

colore: da rosso rubino tenue a rosso granato;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

"Marmilla" rosato:

colore: dal rosa pallido al rosa carico

profumo: caratteristico

sapore: dal secco al dolce

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l

 

"Marmilla" novello:

colore: da rosso con riflessi violacei a rosso rubino;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco all’abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Marmilla" bianco frizzante:

spuma: fine, evanescente;

colore: dal bianco carta al giallo;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l:

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l.

 

"Marmilla" rosso frizzante:

spuma: fine, evanescente;

colore: dal rosso rubino tenue al rosso rubino;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

"Marmilla" rosato frizzante:

spuma: fine, evanescente;

colore: dal rosa pallido al rosa carico;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

I vini a indicazione geografica tipica “Marmilla” con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla indicazione geografica tipica "Marmilla" è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi extra, fine, scelto, selezionato, superiore e similari.

È tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da tranne in inganno il consumatore.

L'indicazione geografica tipica "Marmilla" può essere utilizzata come ricaduta per i vini ottenuti da uve prodotte da vigneti coltivati nell'ambito del territorio delimitato nel precedente articolo 3 e iscritti nello schedario viticolo dei vini a denominazione di origine, a condizione che i vini per i quali si intende utilizzare l'indicazione geografica tipica di cui trattasi abbiano i requisiti previsti per una o più delle tipologie di cui al presente disciplinare.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente

 

A) Informazione sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame

La zona geografica delimitata comprende l’intero territorio amministrativo della regione storica della Marmilla e lembi contigui della piana del Campidano.

Questa si è formata sul bordo della fossa del campidano, a partire dall’oligomiocene in un bacino di accumulo di sedimenti detritici derivati dallo smantellamento dei rilievi preesistenti, di depositi marini spesso ricchi in fossili

(marne, calcari e arenarie in varie combinazioni tra loro) e di vulcaniti di vario tipo (dai tufi ai basalti).

È una zona caratterizzata dalla presenza di colline arrotondate o tabulari alla sommità, intervallate da ampie vallate, conche mal drenate e piane alluvionali Il paesaggio collinare comprende elementi del paesaggio tipici coma la Giara di Gesturi, la Giara di Siddi, la Giara di Serri, l'altopiano di Genoni ed il bacino del Rio Mannu d'Isili.

In prossimità di Sardara affiorano lembi del basamento granitico metamorfico sardo. Verso il Campidano si estendono livelli diversi di terrazzi alluvionali antichi e recenti.

La forza dei rilievi collinari (fino ai m 400-500 s.l.m.) aumenta passando da sud a nord e così anche l’acclività dei versanti.

Su questi pendii e sui terrazzi alluvionali più antichi si trovano solitamente i vigneti. Vengono impiantati a vite entisuoli, inceptisuoli e alfisuoli di solito profondi, talvolta con elevati contenuti di carbonati e a tratti con problemi di drenaggio in profondità, da gestire con apposite reti di deflusso delle acque.

I caratteristici vertisuoli della Marmilla evoluti nelle concavità morfologiche vengono invece utilizzati prevalentemente per la coltivazione di cereali e foraggi per la loro scarsa attitudine alle coltivazioni arboree.

Il territorio è contraddistinto da clima Mediterraneo con inverni miti e relativamente piovosi ed estati secche e calde. Le precipitazioni medie annue vanno dai 500 ai 700 mm con una distribuzione stagionale delle piogge tipicamente mediterranea concentrandosi per circa il 80% nel periodo autunno-inverno

Le temperature durante l'inverno raramente scendono sotto lo zero (media annua delle minime 10°C), mentre d'estate si possono superare i 40 °C, la media annua delle massime 24 °C.

Fattori umani rilevanti per il legame con il territorio

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che contribuiscono ad ottenere il vino “IGT Marmilla”.

La regione della Marmilla è stata abitata fino dai tempi più antichi come testimoniano i numerosi monumenti di età nuragica presenti nella zona.

Del periodo cartaginese resta la fortezza di Santu Antine a Genoni, mentre in età romana rivestirono una certa importanza i centri di Biora (attuale Serri) e Valentia (attuale Nuragus).

Varie sono le testimonianze della coltivazione della vite da vino in questi importanti sito archeologici.

La vite in Sardegna è sempre stata una coltura ad alta diffusione, nonostante fino a pochi anni fa, sull’origine della cultura della vite si avessero notizie differenti.

Le numerose tipologie dei vitigni sardi coltivati in zona testimoniano le diverse culture che si sono susseguite nel tempo in questo territorio.

C’è chi sostiene che si sia sviluppata autonomamente, o che sia stata introdotta dai Fenici, dai Cartaginesi e anche nel periodo romano era ben conosciuta.

Numerose ricerche sembrano confermare che già durante il periodo nuragico i sardi coltivassero la vite e conoscessero il vino.

Nel corso dei secoli vennero importati vitigni come il Cannonau, che sembra essere uno dei vini più antichi del Mediterraneo e la Vernaccia che deriva dal termine latino “vite vernacula” ossia “originaria del luogo”, di cui esistono riscontri della sua esistenza già nella città di Tharros, il centro punico-romano di cui oggi possiamo ammirare i resti nella penisola del Sinis.

Nel periodo giudicale la regione appartenne al Regno di Arborea (curatorie di Marmilla e di Part'e Alenza) e al Giudicato di Cagliari (curatorie di Siurgus).

Nel periodo giudicale la coltura della vite in Sardegna conobbe un nuovo sviluppo, soprattutto nella zona di Oristano, grazie all’opera della giudicessa autrice di una raccolta di leggi (Carta de Logu), la famosa Eleonora d’Arborea, che prevedeva tra le tante leggi il divieto di tenere gli stessi mal coltivati.

Negli anni successivi la viticoltura continuò a prosperare.

Nel territorio è attiva la cantina sociale “Il Nuraghe” che produce vini pregiati come il Semidano di Mogoro fondata nel lontano 1956 ad opera di un piccolo gruppo di viticoltori, animato dal profondo rispetto per una produzione artigianale di qualità, la Cantina il Nuraghe sorge a Mogoro, importante centro della Marmilla, di grandi tradizioni agricole e viticole.

La Cantina affonda le proprie radici in una terra fertile, particolarmente vocata alla coltivazione della vite, in cui crescono alcuni tra i vitigni locali più pregiati, quali Monica, Nuragus, Malvasia, Moscato, Vermentino e Cannonau: 450 ettari di vigne allevate per il 50% con il tradizionale sistema ad alberello.

Le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura adottati sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma.

L’alberello è il sistema più antico, ideato per il contenimento della vegetazione, al fine di adattare la produttività delle viti alle difficili condizioni pedo-climatiche della Marmilla caratterizzate dal clima caldo-arido, tipico delle regioni meridionali.

I sistemi a Spalliera, in particolare Guyot e Cordone speronato basso, garantiscono il mantenimento del profilo qualitativo delle uve e nel contempo si prestano alla meccanizzazione delle operazioni colturali come la gestione della chioma e la vendemmia.

Tutti i sistemi di allevamento si contraddistinguono per potature corte con limitata carica di gemme per ceppo e per sesti d’impianto stretti che consentono elevate densità di ceppi per ettaro.

Le pratiche colturali vengono realizzate coniugando tecniche produttive compatibili con la tutela dell’ambiente che incoraggiano una diminuzione dell’uso dei prodotti chimici di sintesi a tutela della salute degli operatori addetti al settore e dei consumatori.

In pratica si opera con l’applicazione dei criteri della gestione guidata e integrata, intervenendo cioè solo in caso di accertata necessità previa verifica in campo, e sulla base tempestivi avvisi ai viticoltori riportati nei notiziari fitosanitari.

le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate nella zona per la vinificazione in rosso di vini tranquilli, ma strutturati.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare tutti i vini rossi presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati a est sud est, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta. Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

ICQRF – Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari

Via Quintino Sella, 42

00187 ROMA

L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva

(viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).

In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VIGNETI URI

VIGNETI URI

 

NURRA

I.G.T.

Decreto 12 ottobre 1995

Modifica Decreto 24 luglio 2009

(fonte GURI)

Modifica  Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 28 novembre 2013

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

L'indicazione geografica tipica "Nurra", accompagnata o meno dalle specificazioni previste dal presente disciplinare di produzione, è riservata ai mosti e ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti in appresso indicati.

 

Articolo 2

Base ampelografia

 

L'indicazione geografica tipica "Nurra", è riservata ai seguenti vini:

 

bianchi, anche nella tipologia frizzante;

rossi, anche nelle tipologie frizzante e novello;

rosati, anche nella tipologia frizzante.

 

I vini a indicazione geografica tipica "Nurra" bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella regione Sardegna (allegato 1), iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, a bacca di colore corrispondente.

 

L'indicazione geografica tipica "Nurra", con la specificazione di uno dei vitigni idonei alla coltivazione nella regione Sardegna con l'esclusione dei vitigni

Cannonau, Carignano, Girò, Malvasia, Monica, Moscato, Nasco, Nuragus, Semidano, Vermentino e Vernaccia

è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale,

per almeno l'85% dai corrispondenti vitigni.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione nella regione Sardegna, fino a un massimo del 15%.

 

I vini a indicazione geografica tipica "Nurra" con la specificazione di uno dei vitigni di cui al presente articolo, possono essere prodotti anche nelle tipologie frizzante

nonché novello per i vini ottenuti da vitigni a bacca rossa.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti a essere designati con l'indicazione geografica tipica "Nurra" comprende l'intero territorio amministrativo dei seguenti comuni:

Alghero, Ittiri, Olmedo, Ossi, Porto Torres, Sassari, Stintino, Tissi, Uri e Usini,

in provincia di Sassari.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all'articolo 2 devono essere quelle tradizionali della zona.

La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell'ambito aziendale, per i vini a indicazione geografica tipica "Nurra", accompagnati o meno dal riferimento al nome del vitigno, non deve essere superiore rispettivamente a

 

19,00 t/ha per le tipologie rosso e rosato

20,00 t/ha per la tipologia bianco.

 

Le uve destinate alla produzione dei vini a indicazione geografica tipica "Nurra", seguita o meno dal riferimento al vitigno devono assicurare ai vini

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di:

9,50% vol. per i bianchi;

10,00% vol. per i rosati;

10,00% vol. per i rossi.

Nel caso di annate particolarmente sfavorevoli, detti valori possono essere ridotti dello 0,5% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

La operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata all’art. E’ fatta salva la deroga prevista all’art.6, comma 4, secondo capoverso, del Regolamento CE n. 607/2009 per effettuare la vinificazione al di fuori della predetta zona delimitata fino al 31 dicembre 2012.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore all’80% per tutti i tipi di vino ad esclusione della tipologia rosato, per la quale detto limite non deve essere superiore al 75%.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a indicazione geografica tipica "Nurra", anche con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, devono avere le seguenti caratteristiche:

 

"Nurra" bianco:

colore: dal bianco carta al giallo ambrato;

profumo:caratteristico;

sapore:dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l.

 

"Nurra" rosso:

colore: da rosso rubino tenue a rosso granato;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

"Nurra" rosato:

colore: dal rosa pallido al rosa carico;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

"Nurra" novello:

colore: da rosso con riflessi violacei a rosso rubino;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco all’abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Nurra" bianco frizzante:

spuma: fine, evanescente;

colore: dal bianco carta al giallo;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l.

 

"Nurra" rosso frizzante:

spuma: fine, evanescente;

colore: dal rosso rubino tenue al rosso rubino;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l;

 

"Nurra" rosato frizzante:

colore: dal rosa pallido al rosa carico;

profumo: caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, frizzante;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

I vini a indicazione geografica tipica “Nurra” con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

All'indicazione geografica tipica "Nurra" è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi extra, fine, scelto selezionato, superiore e similari.

È tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

L'indicazione geografica tipica "Nurra" può essere utilizzata come ricaduta per i vini ottenuti da uve prodotte da vigneti coltivati nell'ambito del territorio delimitato nel precedente articolo 3 e iscritti nello schedario viticolo dei vini a denominazione di origine, a condizione che i vini per i quali si intende utilizzare l'indicazione geografica tipica di cui trattasi abbiano i requisiti previsti per una o più delle tipologie di cui al presente disciplinare.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente

 

A) Informazione sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame

L’areale di produzione della IGT Nurra comprende l’omonima zona geografica storica ricadente nella parte nord occidentale della Sardegna.

Procedendo da nord ovest verso sud si incontrano dapprima bassi rilievi metamorfici arrotondati risalenti al paleozoico rivestiti di prati pascoli e di macchia bassa; poi aspre colline a strati di calcari e dolomie formatesi nei mari del Mesozoico, colonizzate dalle essenze profumate della macchia; infine in vista di Alghero a sud e di Portotorres

ad est, si apre un’ampia piana dolcemente ondulata.

Questa, estremamente complessa come genesi, natura e composizione è stata profondamente trasformata, soprattutto verso la costa occidentale, dalle opere di bonifica dei primi del novecento.

Qui permane ben evidente il reticolo regolare dei poderi impostati dalla riforma agraria, molti dei quali coltivati a vite secondo gli orientamenti agronomici più attuali.

A sud della piana riemergono nuovamente calcari e dolomie del mesozoico sormontate da estese coltri di rocce vulcaniche terziari.

Sul fianco orientale si elevano progressivamente le colline marnoso arenacee e calcarenitiche del sassarese dell’oligomiocene intersecate e intercalate da vulcaniti coeve.

Nelle concavità e sui fianchi dei corsi d’acqua si incontrano depositi alluvionali da fini a ciottolosi, ma anche sabbie e arenarie di genesi eolica e detriti.

I suoli solitamente xerici, rispecchiano l’estrema varietà dei substrati passando da entisuoli ad inceptisuoli fino a più evoluti alfisuoli, più o meno arrossati; a complicarne ulteriormente la mutevolezza concorrono le opere di bonifica e gli spietramenti anche ciclopici effettuati con la meccanizzazione agricola nella piana che hanno modificato ulteriormente lo stato dei terreni.

Nella piana verso Alghero i suoli si presentano più profondi, ben strutturati con contenuti di argille e carbonati variabili, normalmente ben drenati e con un buon contenuto di sostanza organica, mentre sui rilievi si trovano terreni più sottili e ricchi in pietre.

Il clima è mitigato dalla vicinanza del mare e dalle brezze. in termini generali è un tipico clima Mediterraneo, con precipitazioni annue da 500 mm a 800; i giorni con pioggia sono compresi tra 60 e 80 giorni, concentrati sopratutto nei mesi da dicembre a febbraio ed è definito da un periodo di surplus idrico contrapposto ad un altro di forte deficit, quest’ultimo caratterizzato da elevate temperature. Un clima quasi bistagionale, condizionato dalla presenza di due fasi critiche, una invernale per le basse temperature, ed una estiva per la scarsa quantità di precipitazioni disponibili

(Mitrakos, 1991).

Il topoclima è ancor più variabile, legato ad elementi morfologici come valli, versanti, pianure, dove la semplice variazione dell’esposizione determina profonde modificazioni delle caratteristiche pedologiche, nonché della vegetazione e degli aspetti legati alla dinamica e alla resilienza delle fitocenosi.

Fattori umani rilevanti per il legame.

Con ogni probabilità il territorio trae il suo nome Nurra da un’antica città romana oggi scomparsa, “Nure”, situata presso il lago di Baratz, la quale a sua volta deriva l’etimo dalla radice proto sarda “nur” con significato di mucchio o cumulo di sassi, cavo all’interno; infatti la regione in cui sorgeva la città romana, vista dalle colline del sassarese, dovette apparire come un unico rilievo che si innalzava bruscamente dalla pianura e dal mare.

La coltivazione della vite nel territorio, testimoniato anche dalla letteratura, ha origini antichissime; in molte zone sono stati ritrovati i resti di vasi e brocche da vino, provenienti dall'area Micenea (Grecia), databili al XIV secolo a.C.. Ulteriori conferme arrivano da diversi studi archeologici, fra i quali quelli effettuati in località Anghelu Ruju, con reperti vitivinicoli provenienti dalla necropoli omonima, scoperta nel 1903 in un terreno delle Tenute Sella&Mosca, e successivi ritrovamenti di attrezzi agricoli, boccali in terracotta e ceramiche usati per bere il vino e vasi vinari.

La massima espansione della viticoltura nella Nurra si ebbe, probabilmente dopo il 1392 con la Carta de Logu, l’atto con cui Eleonora, sovrana del Giudicato di Arborea, imponeva l’impianto di vigne nei terreni incolti.

La viticoltura del territorio aveva già una storia millenaria, ma con questa iniziativa conquistò più ampio spazio costruendo le basi delle sue odierne fortune.

Nel corso dei secoli la tradizione viticola si è poi tramandata e rafforzata, con una florida economia legata al vino: le tante e differenti norme giuridiche, da zona a zona, dimostrano quanto fosse importante la coltivazione della vite; gli statuti del libero comune di Sassari, ad esempio vietavano l'impianto di nuove vigne e l'importazione di vino.

Era il segno di un'economia più che florida che non tollerava un aumento di produzione.

La Carta de Logu ci dà anche una misura significativa del carattere quasi sacrale attribuito ai vigneti.

Erano infatti protetti da norme severissime: pene pecuniarie gravose, ma anche corporali, che potevano arrivare sino al taglio della mano per chi sradicava il vigneto altrui.

La storia viticola del territorio delimitato è ancora strettamente intrecciata con la cultura popolare, ricca di valori umani semplici, nella quale l’ospite gode sempre dell’accoglienza propria di una gente laboriosa, gelosa di un’identità storica, culturale e linguistica orgogliosamente preservata e tramandata, nota ed apprezzata anche oltre i confini della Sardegna.

La vite nella Nurra è considerata tuttora coltura principe del territorio. Il riconoscimento della IGT “Nurra” è avvenuto con D.M. 12 ottobre 1995, pubblicato nella G.U. n. 259 del 6 novembre 1995.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

I vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area di produzione.

I sesti d’impianto e i sistemi di potatura sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare.

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini, sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione, attualmente adeguatamente differenziate per le varie tipologie.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare tutti i vini rossi presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.

 

C) descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

La particolare orografia collinare del territorio di produzione e la felice esposizione dei vigneti, localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.

Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni medio-basse, (500 a 800 mm/anno), con scarse piogge estive ed aridità nei mesi di luglio e agosto, da una buona temperatura media annuale, unita ad una temperatura relativamente elevata nei mesi estivi e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, con interessanti escursioni termiche fra il giorno e la notte, consente alle uve una maturazione ottimale, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche delle varie tipologie del vino “Nurra”.

La complessa storia vitivinicola della zona, conferma la stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Nurra.”

La notorietà di questi vini è documentata da numerose citazioni in letteratura (Spano, Manca dell’ Arca, Moris) e riportate anche negli annali dei quaderni della Facoltà di Agraria di Sassari.

Di fatto questa notorietà rappresenta la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali rinomati vini.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

ICQRF – Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari

Via Quintino Sella, 42

00187 ROMA

L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva

(viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).

In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.