Puglia › MURGE

BARLETTA D.O.C.

GRAVINA D.O.C.

LOCOROTONDO D.O.C.

MARTINA D.O.C.

MOSCATO DI TRANI D.O.C.

VIGNETI BARLETTA

VIGNETI BARLETTA

BARLETTA

D.O.C.
Decreto 19 settembre 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

1.La denominazione di origine controllata «Barletta» è riservata ai seguenti vini  che  rispondono  alle  condizioni  e  ai  requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione:

   

"Barletta" Rosso (anche novello e riserva)

"Barletta" Rosato (anche frizzante)

"Barletta" Uva di Troia o Nero di Troia (anche riserva)

"Barletta" Bianco (anche frizzante)

"Barletta" Malvasia bianca (anche frizzante).

 

 Art.icolo2

 Base Ampelografica

 

1.I vini a denominazione di origine controllata "Barletta" devono essere ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti aventi  nell'ambito aziendale la seguente composizione ampelografica:

 

"Barletta" rosso

Uva di Troia minimo 70%;

possono concorrere fino  ad  un  massimo del 30% anche le  uve  provenienti  dai  vitigni  a  bacca  nera  non

aromatici, idonei alla coltivazione idonei  alla  coltivazione  nella Regione Puglia per la zona omogenea  Capitanata  e  Murgia  centrale, iscritti nel registro nazionale delle varietà di  vite  per  uve  da vino approvato, con D.M. 7 maggio  2004,  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre 2004, e da ultimo aggiornato con D.M. 22 aprile 2011 pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  n.  170  del  23 luglio 2011.

La presenza nei vigneti del vitigno Malbek non dovrà superare il 10% del totale delle viti.

   

"Barletta" rosato

Uva di Troia minimo 70%;

possono concorrere fino  ad  un  massimo del 30% anche le  uve  provenienti  dai  vitigni  a  bacca  nera  non

aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Puglia per la  zona omogenea Capitanata e Murgia centrale, come sopra identificati.

 

"Barletta" Bianco

Malvasia bianca minimo 60%;

possono concorrere fino ad un massimo del 40% anche le uve  provenienti  dai  vitigni  a  bacca  di  colore analogo , idonei alla coltivazione  idonei  alla  coltivazione  nella Regione Puglia per la zona omogenea  Capitanata  e  Murgia  centrale, come sopra identificati.

   

"Barletta" Malvasia bianca

 Malvasia bianca minimo 90%;

possono concorrere fino ad un massimo del 10% anche le uve  provenienti  dai  vitigni  a  bacca  di  colore analogo , idonei alla coltivazione  idonei  alla  coltivazione  nella Regione Puglia per la zona omogenea  Capitanata  e  Murgia  centrale, come sopra identificati.

   

"Barletta" Uva di Troia o Nero di Troia

Uva di Troia minimo 90%;

possono concorrere fino  ad  un  massimo del 10% anche le uve  provenienti  dai  vitigni  a  bacca  di  colore analogo  ,  non  aromatici,  idonei  alla  coltivazione  idonei  alla coltivazione nella Regione Puglia per la zona omogenea  Capitanata  e Murgia centrale, come sopra identificati.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

Le uve destinate alla produzione dei vini a  denominazione  di origine controllata "Barletta"  devono  essere  prodotte  nella  zona appresso indicata che comprende in tutto il territorio amministrativo comunale di

Barletta, S. Ferdinando di Puglia e Trinitapoli, 

ed  in  parte  quello  di 

Andria  e  Trani 

in provincia di BAT

 

Tale zona è così delimitata:

partendo dal centro abitato di Barletta sulla  costa,  il  limite segue quest'ultima verso nord-ovest fino alla foce  dell'Ofanto  dove incrocia il confine comunale di Margherita di Savoia, che segue prima in direzione sud e poi in direzione nord-ovest fino al punto  in  cui si dirama da quello di  Trinitapoli,  all'altezza  del  km  26  della strada statale n. 159. Da  qui  segue,  nella  stessa  direzione,  il confine comunale di Trinitapoli per  la  parte  occidentale  fino  ad incrociare quello di S. Ferdinando di  Puglia  in  prossimità  della masseria De Biase, segue  quindi  quest'ultimo  confine  comunale  in direzione sud prima e nord poi, lungo il corso dell'Ofanto,  fino  ad incontrare quello del comune di Barletta. 

Procede  lungo  questi  in direzione sud-est sino alla quota 127 in località la Cappella  dove, segue in  direzione  ovest,  la  strada  per  Andria  e  giunto  alla circonvallazione del centro abitato, prosegue  lungo  questa  a  nord della città fino ad incrociare la strada per Corato (strada  statale Andriese - Coratina) che segue  fino  al  km  42  e  800  circa  dove incrocia il confine comunale di Trani.

Lungo questi prosegue  verso  nord-est  fino  alla  costa,  segue quindi  la  medesima  direzione  nord-ovest  raggiungendo  il  centro abitato di Barletta da dove e' iniziata la delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1. Le condizioni ambientali e di coltura  dei  vigneti  destinati alla produzione del vino a denominazione di  origine  controllata  di cui all'art. 1  devono  essere  quelle  tradizionali  della  zona  di produzione e comunque atte a conferire alle uve ed al  vino  derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerarsi idonei ai fini dell'iscrizione allo

schedario viticolo unicamente i vigneti ubicati su terreni  di  medio impasto o tendenti allo sciolto, sufficientemente profondi e di buona fertilità, sono da considerarsi esclusi i terreni umidi o salmastri.

I sesti d'impianto, le forme  di  allevamento  ed  i  sistemi  di potatura devono essere quelli generalmente usati o, comunque  atti  a non modificare le caratteristiche dell'uva e del vino.

 

2. La resa massima di uva ammessa alla produzione dei vini di cui all'art. 1, non deve essere superiore a

15,00 t/ha  di vigneto in coltura specializzata.

La resa dovrà essere riportata a detto limite  anche  in  annate eccezionalmente favorevoli, purché la produzione non superi del  20% il limite medesimo.

La  Regione  Puglia  ,annualmente,  con  proprio   provvedimento, sentiti il Consorzio di  tutela  e  le  Organizzazioni  di  categoria interessate, può modificare i limiti di cui sopra conformemente alle disposizioni previste all'art. 10 comma1 lettera d ) e  dall'art.  14 comma 10 e 11 del Decreto legislativo 8 aprile 2010 n. 61;

 

2. Le uve destinate ad ottenere i vini denominazione  di  origine controllata "Barletta" devono avere i seguenti  titoli  alcolometrici volumici minimi naturali :

 

"Barletta" Bianco  (anche  frizzante  e   con   indicazione   di vitigno)10,50% vol.

"Barletta" Rosato(anche frizzante) 10,50% vol.

"Barletta" Rosso (anche novello) 11,50% vol.

"Barletta" Uva di Troia o Nero di Troia 11,50% vol.

"Barletta" Rosso riserva 12,50% vol.

"Barletta" Uva di Troia o Nero di Troia riserva 12,50% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1. Le operazioni di vinificazione, ivi compreso  l'invecchiamento obbligatorio, devono essere effettuate  nell'interno  della  zona  di produzione di cui all'art. 3.

Tuttavia,  tenuto  conto  delle   situazioni   tradizionali,   è consentito  che  tali   operazioni   siano   effettuate   nell'intero territorio dei comuni anche se soltanto in parte compresi nella  zona di produzione delle uve.

2. La resa massima delle uve dei vini, di  cui  all'art.  1,  non deve essere superiore al 70%. Qualora tale resa superi la percentuale sopraindicata, ma non oltre il 75%,  l'eccedenza  non  avrà  diritto alla  denominazione  di  origine  controllata;  oltre  detto   limite percentuale  decade  il  diritto  alla   denominazione   di   origine controllata per tutto il prodotto .

3.I vini a denominazione di origine controllata "Barletta"  rosso e "Barletta" Nero di Troia o Uva di Troia  con  intendano  utilizzare l'indicazione della menzione riserva devono essere sottoposti  ad  un periodo di invecchiamento di almeno due anni, di cui almeno 

un  anno in botti di legno.

Il periodo di invecchiamento decorre dal 1° novembre dell'anno di produzione delle uve.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini denominazione di origine controllata  "Barletta"  all'atto dell'immissione  al   consumo   devono   rispondere   alle   seguenti caratteristiche:

 

"Barletta" bianco:

colore: giallo paglierino piu' o meno intenso;

profumo: delicato, fruttato, caratteristico;

sapore:asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Barletta" bianco frizzante:

spuma: fine ed evanescente;

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato, fruttato, caratteristico;

sapore:asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Barletta" rosso:

colore: rosso rubino tendente al granato con eventuali riflessi aranciati con l'invecchiamento;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico, di corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00%vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

"Barletta" rosso riserva:

colore: rosso rubino tendente al granato con eventuali riflessi aranciati con l'invecchiamento;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico, di corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

"Barletta" rosato:

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: delicatamente vinoso, caratteristico, talvolta fruttato;

sapore: asciutto, armonico, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00%vol;.

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

"Barletta" rosato frizzante:

spuma: fine ed evanescente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: delicatamente vinoso, caratteristico, talvolta fruttato;

sapore: asciutto, armonico, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00%vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

   

"Barletta" novello:

colore: rosso rubino più o meno intenso;

profumo: intenso, gradevole, caratteristico;

sapore: armonico, caratteristico, rotondo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50%vol.;

zuccheri riduttori residui massimi: 10,00 g/l;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

   

"Barletta" Malvasia bianca:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato, con profumo caratteristico, fruttato;

sapore: secco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

   

"Barletta" Malvasia bianca frizzante

spuma: fine ed evanescente;

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato, con profumo caratteristico, fruttato;

sapore: secco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

   

"Barletta" Nero di Troia:

colore: rosso rubino tendente al granato con eventuali riflessi aranciati con l'invecchiamento;

profumo: vinoso caratteristico;

sapore: asciutto, armonico di corpo;

titolo alcolometrico volumico totale  minimo:  12%vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

"Barletta" Nero di Troia:

colore: rosso rubino tendente al granato con eventuali riflessi aranciati con l'invecchiamento;

profumo: vinoso caratteristico;

sapore: asciutto, armonico di corpo;

titolo alcolometrico volumico totale  minimo: 13,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

I  suddetti  vini,  qualora  sottoposti  a  invecchiamento  o  ad affinamento in recipienti di legno,  possono  presentare  sentore  di legno.

E' facoltà del Ministero delle Politiche agricole, alimentari  e forestali modificare, con proprio decreto, i  limiti  sopra  indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

1.Alla denominazione di cui all'art. 1 è vietata  l'aggiunta  di qualsiasi qualificazione diversa  da  quelle  previste  nel  presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi  «extra»,  «fine»,  «scelto», «selezionato» e similari.

E'  tuttavia  consentito  l'uso  di  indicazioni   che   facciano riferimento a  nomi,  ragioni  sociali,  marchi  privati  non  aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l'acquirente.

2. E' consentito ai sensi della  normativa  vigente  l'uso  della menzione "vigna" seguita dal relativo toponimo .

3. Sui recipienti di confezionamento dei vini a denominazione  di origine  controllata  "Barletta",  ad  esclusione   delle   tipologie frizzanti, è obbligatoria l'indicazione  dell'annata  di  produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

1. Non è consentito per la tipologia rosso riserva l'utilizzo di contenitori in PET.

2. E' consentito per i vini a denominazione  di  origine  controllata "Barletta", con l'esclusione delle tipologie con menzione  riserva  e vigna , l'uso di contenitori alternativi costituiti  da  un  otre  di materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere  racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido  di  capacità non inferiore a due litri e non superiore a litri 5.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazione sulla zona geografica

1) Fattori naturali rilevanti per il legame

La zona geografica prevista per la produzione del vino «Barletta» è contemplata dall’art. 3 del relativo disciplinare di produzione, il quale sancisce che le uve destinate alla produzione del vino DOC “Barletta” devono essere prodotte nella zona che comprende:

l’intero territorio amministrativo del comune di Barletta e parte di quello di Andria e Trani in provincia di BAT (ex BA)

l’intero territorio amministrativo comunale di S. Ferdinando di Puglia e Trinitapoli e parte del territorio comunale di Margherita di Savoia in provincia BT (ex FG).

Il territorio è prevalentemente pianeggiante; tuttavia, l’altitudine dei terreni è compresa tra il livello del mare ed i 250 m s.l.m.

Dal punto di vista strutturale i suoli presentano carattere calcareo/argilloso a medio impasto o tendenti allo sciolto, sufficientemente e variabilmente profondi e di buona fertilità.

Il clima della zona è tipicamente mediterraneo, anche considerando la vicinanza della zona costiera, motivo per cui le temperature sono miti, né troppo rigide nei periodi invernali, né eccessivamente calde nei periodi estivi: negli ultimi sessant’anni, infatti, la temperatura minima assoluta ha toccato circa i -5,9 °C nel gennaio 1993 mentre la massima assoluta ha raggiunto i +45,6 °C nel luglio 2007.

Se questi sono i picchi registrati, le temperature medie minime e massime, nello stesso periodo, hanno fatto registrare circa, rispettivamente, + 8,6 e + 23,8. Non si registrano, pertanto, eccessive escursioni termiche in grado di incidere negativamente sulle colture.

Le precipitazioni medie annue si attestano intorno ai 600 mm circa, mediamente distribuite in 70 giorni, con picco massimo nelle stagioni autunnali e con minimo in estate.

2) Fattori umani rilevanti per il legame con il territorio.

Il fattore umano presenta una straordinaria importanza nella definizione del territorio, che per consuetudine secolarmente consolidata è vocato alla produzione di questo nobile e storico vitigno: l’uva di Troia.

La leggenda vuole che Diomede, esule da Troia dopo la distruzione da parte dei Greci, trapiantò lungo le rive del fiume Ofanto quei tralci di vite che, proprio perché originari dell’antica Troia, da essa presero nome.

La leggenda si intreccia in tal modo con la storia, che testimonia l’antichissima presenza dell’uva di Troia sul territorio. In effetti è storicamente accertata la passione di Federico II di Svevia per questo vitigno, coltivato lungo la litoranea adriatica dell’attuale provincia Barletta – Andria – Trani, tant’è che esso è altresì noto come “Nero di Troia”, “Vitigno di Barletta” o “Uva di Barletta”.

Le prime notizie dettagliate secondo criteri scientifici risalgono al 1882, quando la "Rivista di viticoltura ed enologia" pubblicò la prima descrizione scientifica dell'Uva di Troia.

La forma d'allevamento era quella antica, già praticata dai popoli dell'Asia Minore e della Grecia, che i Romani chiamavano "humilis sine adminculo" o più conosciuto come "alberello pugliese": il sesto di un metro per un metro, la potatura a due speroni con due gemme e il pampinaio e una produzione media di 50 - 70 ql/ha, con picchi di quasi 100 q.li/ha.

L'Uva di Troia era la materia prima per la produzione di un vino conosciuto in tutta Europa come "il vino di Barletta", per le notevoli quantità di prodotto che dall'entroterra barlettano lì si concentravano per essere spedite via ferrovia o via mare e pertanto ne assunse tale denominazione.

Si può quindi affermare con sicumera certezza che Barletta rappresenta senza’altro una tra le più antiche zone d’Italia a vocazione viticola.

Ad ulteriore conferma di tale prestigioso pedigree storico, Barletta è altresì stata la sede importante di rinomate aziende di produzione di botti e bottoni da 100 hl in legno, tra cui Picardi, Lionetti e Violante.

Ai fini del buon risultato dei vini, ha operato in Barletta la Regia Cantina Sperimentale, retta da illustri e valenti chimici, ultimo dei quali a reggerla il prof. Mattia ed il dott. Monterisi, in costante rapporto di partnership con la Regia Stazione Agraria di Roma. Ancora: a Barletta fu istituito il Vivaio Sperimentale per la Viticultura, anch’esso retto da illustri agronomi, tra cui il prof. Prosperi.

Per ciò che concerne il Barletta bianco, esso è ottenuto da Malvasia Bianca B.. In sede storica, le Malvasie rappresentano una vasta ed eterogenea famiglia di vitigni, per la maggior parte a bacca bianca, coltivati in quasi tutte le regioni d'Italia, compresa la Puglia.

Le Malvasie iscritte al Registro Nazionale delle Varietà sono 17, tra cui la Malvasia, Malvasia Bianca B., Malvasia Bianca di Candia, Malvasia Bianca lunga e la Malvasia di Candia aromatica.

Il nome Malvasia deriva, molto probabilmente, dal porto greco di Monemvasia, dal quale partivano ricercati vini dolci che venivano esportati in tutto il Mediterraneo. Si deve ai veneziani l'uso di tale appellativo per indicare, in un primo momento, tali vini dolci provenienti dalle zone orientali del Mediterraneo e, successivamente, anche le botteghe in Venezia nelle quali si consumava questa bevanda.

Le Malvasie non erano solo importate dal bacino greco: nel 1500-1600 erano coltivate in molte regioni italiane, tra cui la Puglia. Oggi la coltivazione delle varie tipologie di Malvasia è raccomandata ed autorizzata complessivamente in 80 province italiane.

In particolare, la Malvasia bianca è principalmente diffusa in Puglia, dove viene utilizzata per la produzione di vini ad IGT, siano essi bianchi o neri.

Tale si inserisce nel patrimonio vitivinicolo del territorio, caratterizzandolo come già descritto al punto precedente.

Base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino “Barletta”, oltre all’uva di Troia, per il Barletta Rosso e la Malvasia Bianca B., per il Barletta Bianco, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area di produzione e, più in generale, i vitigni a bacca nera o bianca autorizzati e/o raccomandati per la Regione Puglia.

Le forme di allevamento a spalliera o, di solito, a tendone, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti.

La raccolta avviene quando le uve sono pienamente mature, in genere nella seconda e terza decade di ottobre: l’uva di Troia è, infatti, considerata uva di “quarta epoca”; raccolta della Malvasia, invece, avviene durante il mese di settembre inoltrato. Le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione: il mosto viene sottoposto a lenta fermentazione a temperatura controllata, completando la fermentazione malolattica in botti di media capacità.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

Il “Barletta”, come regolamentato dal presente disciplinare di produzione, presenta, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Il Barletta bianco si presenta con colore giallo paglierino più o meno intenso; all’olfatto si presenta delicato, fruttato e caratteristicamente profumato; il sapore è asciutto ed armonico.

Si tratta di caratteristiche organolettiche ed analitiche diretta conseguenza della tipologia di terreno

calcareo/argilloso su cui insistono i vigneti e delle condizioni pedoclimatiche particolarmente favorevoli.

Il Barletta rosato presenta un colore rosato più o meno intenso; vinoso ed equilibratamente fruttato all’olfatto; al palato si presenta asciutto ed armonioso.

Il Barletta rosso presenta alla vista un colore rosso rubino granato tendente ad assumere riflessi arancioni con l’invecchiamento; il profumo è vinoso caratteristico, ampio e ben pronunciato di frutti a bacca rossa maturi; al sapore si presenta asciutto, sapido ed armonico di corpo.

In generale tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Le caratteristiche genetiche e morfologiche del territorio di produzione, attraversato dal fiume Ofanto e non lontano dalla costa; l’esposizione prevalente dei vigneti, localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite in una zona geografica compresa tra il nord barese ed il sud foggiano; ed il clima mite e particolarmente favorevole concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta, ottenendo ottimi risultati qualitativi ed organolettici.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni adatti ad una viticoltura di qualità, con susseguente selezione delle uve in sede di raccolta e vinificazione.

La millenaria storia vitivinicola della regione Puglia in generale, e della zona di produzione del Barletta, in particolare, dallo sbarco dei greci fino ai giorni nostri, passando attraverso l’epoca medievale, attestata da numerosi documenti e reperti storici, come il ritrovamento di anfore vinarie a seguito di scavi archeologici, è la prova inconfutabile della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani/ambientali e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Barletta”, sia esso bianco, rosso o rosato.

Ciò testimonia come l’intervento dell’uomo nel territorio in questione abbia, nel corso dei secoli e, soprattutto negli ultimi decenni, tramandato prima, sviluppato poi, le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali in epoca moderna sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali premiati vini, in modo particolare il Rosso Barletta.

La DOC «Rosso Barletta» è stata riconosciuta con D.P.R. del 01/06/1977, pubblicato su G.U. n. 274 del 12/10/1977.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari

C.so Cavour n. 2

70121 BARI

L’Autorità di controllo competente è la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari, ex art. 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOC, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera

produttiva (viticoltura, vinificazione, confezionamento) effettuata selezionando a sorteggio casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).

In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste in un esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

VIGNETI GRAVINA

VIGNETI GRAVINA

GRAVINA

D.O.C.

Decreto 25 Ottobre 2010

(Fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

 

Articolo 1

Denominazione

 

La denominazione di origine controllata «Gravina», è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed a i requisiti del presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

“Gravina” bianco,

“Gravina” spumante,

“Gravina” passito,

“Gravina” rosso,

“Gravina” rosato.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata “Gravina” devono essere ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la composizione ampelografica appresso specificata:

 

Gravina “bianco”, anche nella tipologia “Gravina” spumante:

Greco almeno 50%;

Malvasia del Chianti almeno 20%

possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti dalle varietà di

Fiano, Verdeca, Bianco di Alessano e Chardonnay per non oltre il 30 %.

 

Gravina “rosso” e “Gravina” “rosato”:

Montepulciano almeno 40%

Primitivo almeno 20%;

possono concorrere alla produzione di detti vini le uve provenienti dalle varietà di

Aglianico, Uva di Troia, Merlot e Cabernet Sauvignon per non oltre il 30%

 

Gravina “Passito”:

Malvasia 100%

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

Le uve devono essere prodotte nella zona di produzione che comprende tutto il territorio amministrativo dei comuni di:

Gravina di Puglia, Poggiorsini,

e in parte il territorio dei comuni di:

Altamura, Spinazzola,

tutti in provincia di Bari.

 

Tale zona è così delimitata: a sud – est del centro abitato di Spinazzola il limite segue in direzione est la strada per masseria Santeramo e giunta alla quota 330 segue in direzione nord – est il sentiero che raggiunge la strada per masseria Spada, seguendo questa attraversa la strada ferrata (quota 393) e proseguendo passa per le quote 438, 441, 438, 426.

A quota 426 segue in direzione sud – est la strada per la località Garagnone e prima di giungervi a quota 416 prosegue in direzione est per una retta immaginaria che unisce quota 416 con la masseria Calderon.

Dalla masseria Calderoni segue in direzione sud – est la strada che passando per le quote 452, 450, 451, 454, 469, va ad incrociare in prossimità della quota 489 il confine comunale tra Spinazzola e Poggiorsini, prosegue lungo questi in direzione nord – est e a La Rocca incrocia il confine del comune di Gravina in Puglia, prosegue lungo tale confine prima in direzione nord e poi sud – est per lungo tratto fino a raggiungere la quota 487 a nord di Monte Castiglione.

Da quota 487 verso sud – est segue una retta immaginaria che raggiunge la masseria Calderoni quota (432) da dove prosegue verso est lungo la strada che passa a sud della masseria Pallone e della località Azzoriddo toccando le quote 417, 422, 414, 409, 402, 407 fino a raggiungere a quota 400 la strada per Altamura; prosegue lungo questa in direzione sud – est fino alla stazione ferroviaria di Altamura.

Dalla stazione di Altamura segue il tracciato della linea ferroviaria a scartamento ridotto che inizialmente si dirige verso Gravina di Puglia e che superata la località Pacciarella piega in direzione sud – est costeggiando poi la strada statale di Matera (n. 99), sempre lungo tale strada ferrata raggiunge il confine di provincia in località di Rienzo. Prosegue quindi in direzione ovest per il confine di provincia che discende verso sud fino a lambire la masseria Miccolis e quindi proseguendo verso ovest lungo il confine della provincia di Bari raggiunge in località Cucinella, lungo la strada che costeggia il torrente Basentello (km 7,200), all’incrocio con la strada che in direzione nord si immette nella strada statale di Venosa (n. 168 al km 43,100).

Prosegue quindi dall’incrocio in direzione nord lungo tale strada toccando le quote 391, 412, 441, 428 e raggiunta la

strada statale di Venosa prosegue lungo questa verso ovest per circa 400 metri, quindi segue per breve tratto in direzione nord la strada per il sottopassaggio ferroviario e poi la strada ferrata che in direzione nord ed attraversando la località Gadone raggiunge a sud il centro abitato di Spinazzola da dove è iniziata la delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino a denominazione di origine controllata di cui all’art. 1 devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e comunque atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerarsi esclusi, ai fini dell’iscrizione allo schedario viticolo, i vigneti ubicati su terreni di natura eccessivamente argillosa e con alto tenore di umidità e comunque non adatti.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

È vietato ogni pratica di forzatura.

 

La resa massima di uva ammessa alla produzione del vino di cui all’art. 1 non deve essere superiore a

12,00 t/ha,  di vigneto in coltura specializzata.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare un

titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 10,50 % Vol.

Fermo restando il limite massimo sopra indicato, la produzione per ettaro in coltura promiscua deve essere calcolata rispetto a quella specializzata, in rapporto alla effettiva superficie coperta dalla vite.

A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve.

La Regione, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, può stabilire un limite massimo di produzione di uva per ettaro inferiore a quello fissato nel presente disciplinare dandone immediata comunicazione al Ministero delle politiche agricole, alimentari forestali ed al comitato nazionale per la tutela delle denominazioni di origine dei vini.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nell’interno della zona di produzione di cui all’art. 3.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali, è consentito che tali operazioni siano effettuate nell’intero territorio dei comuni anche se soltanto in parte compresi nella zona di cui all’art 3.

Le operazioni di elaborazione e di presa di spuma per la produzione della DOC “Gravina spumante” devono essere effettuate in stabilimenti situati nell’ambito della provincia di bari nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie in materia.

La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 70 % .

Per la tipologia “Gravina” passito la resa massima di uva fresca da trasformare in vino finito

non può superare il 50%.

Le uve destinate alla produzione dei vini a DOC "Gravina" Passito, devono subire un leggero appassimento che assicuri alle uve stesse un contenuto minimo di

zuccheri riduttori non inferiore al 23,00%.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata «Gravina», all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Gravina” Bianco:

colore: paglierino tendente al verdolino;

profumo: caratteristico, gradevole;

sapore: secco o amabile, fresco, sapido, armonico, delicato, talvolta lievemente vivace; titolo

alcolometrico volumico totale minimo: 11,00 % Vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“Gravina” Rosato:

colore: rosato brillante;

profumo: caratteristico, gradevole, fruttato;

sapore: asciutto, fresco, sapido, minerale, armonico, delicato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00 % Vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“Gravina” Rosso:

colore: rosso rubino brillante;

profumo: tipico, fruttato, con sentori di more;

sapore: asciutto, armonico, rotondo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50 Vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l

estratto non riduttore minimo: 23,00 g/l.

 

“Gravina” Spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo più o meno intenso talvolta con riflessi verdolini;

profumo: caratteristico con delicato sentore di lievito;

sapore: vivace, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00%vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l;

 

“Gravina” Passito:

colore: giallo dorato con tendenza all’ambrato;

profumo: intenso caratteristico;

sapore: vellutato, gradevolmente amabile o dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00 Vol.;

titolo alcolometrico volumico minimo svolto: 12,00%vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l

acidità volatile massima: 25 millequivalenti/l;

estratto non riduttore minimo: 23,00 g/l.

 

È in facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore minimo.

Le operazioni di elaborazione e di presa di spuma per la produzione della DOC “Gravina spumante” devono essere effettuate in stabilimenti situati nell’ambito della provincia di bari nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie in materia.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

Alla denominazione di cui all’art. 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi «extra», «fine», «scelto», «selezionato», «superiore», «vecchio» e simili.

È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, nomi di fantasia, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

Le qualificazioni: Bianco, Rosato, Rosso, Spumante, Passito devono figurare in etichetta e sono consentite ai diversi tipi di “Gravina” che presentano le rispettive caratteristiche precisate negli articoli precedenti.

Nella presentazione e designazione dei vini di cui all’art.1, con l’esclusione della tipologia spumante, è obbligatoria l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.

 

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazione sulla zona geografica

1) Fattori naturali rilevanti per il legame

La zona geografica delimitata comprende tutto il territorio amministrativo dei comuni di: Gravina di Puglia Poggiorsini e in parte il territorio dei comuni di: Altamura, Spinazzola, caratterizzati da una grande unità morfologica e geologica.

La relazione parte dalla natura dei terreni i quali nella zona interessata presentano innanzi tutto un alto tasso di omogeneità, infatti da un punto di vista geologico le Murge nord-occidentali sono formate da calcari compatti dell’unità litologica del calcare di Bari e di Altamura (formazione del cretaceo, risalente a circa 130 milioni di anni fa, il cui spessore raggiunge i 3000 m.).

L'altopiano da noi considerato, comprende le cosiddette Murge nord-occidentali dove si notano le quote più elevate dell'intero rilievo (M. Caccia 680 m., Torre Disperata 686 m.) con un altezza media che difficilmente scende al disotto del 350 m s.l.m.

Dal punto di vista strutturale le Murge corrispondono ad un rilievo tabulare allungato nello stesso senso della Fossa Bradanica, delimitato sul margine sud orientale da una estesa scarpata; verso N-E, procedendo cioè verso l'Adriatico, il rilievo murgiano degrada sino al livello del mare.

La lunghissima azione di erosione da parte dei venti e soprattutto dalle acque piovane ricche di anidride carbonica ha modellato le forme di questo esteso altopiano calcareo, creando un eccezionale patrimonio di fenomeni di origine carsica.

Data la costituzione litologica dell'altopiano su di esso mancano corsi d'acqua perenni, a fronte di una falda sotterranea che, nel settore delle Murge Alte, dove il carsismo raggiunge il suo massimo sviluppo, può spingersi fino a 400 metri

sotto il livello del mare.

Questa conformazione fa, di questo altipiano, l’habitat ideale per la vigna che affonda le sue radici nello strato calcareo immediatamente sottostante il sottile strato di terreno fertile, con la conseguenza che i vigneti qui impiantati hanno rese per ettaro naturalmente basse ed una grande mineralità sostenuta da una buona acidità in quanto è risaputo che le massime espressioni qualitative della vite si hanno su terreni minerali, con poca sostanza organica e non troppo ricchi di acqua, elemento che la natura carsica del terreno rappresenta in maniera ideale.

La buona piovosità dell’area, accompagnata alla pratica dell’irrigazione di sostegno per mezzo di acqua artesiana di cui

il sottosuolo profondo è ricco, compensa la relativa aridità del suolo stesso.

L’elemento distintivo, rispetto al comprensorio circostante esterno all’area a DOC e che ne caratterizza ulteriormente l’unicità, è dato dall’altitudine media a cui si trovano i vigneti, tutti al disopra dei 400 metri s.l.m. in aree naturalmente ventilate costantemente, il che rende particolarmente difficile l’attacco da parte dei più comuni parassiti.

Oltre alla composizione dei terreni, all’andamento pluviometrico ed alla natura collinare dei terreni, estrema importanza ha l’andamento climatico stagionale che, fatti salvi eventi eccezionali, vede temperature medie più basse rispetto al resto della regione durante tutto l’anno, con la conseguenza che le uve che allignano in loco hanno maturazione tardiva rispetto a quelle delle zone limitrofe con la conseguenza che è estremamente facile produrre vini di grande finezza ed eleganza con minore potenza alcolica, rispetto ai vini prodotti nelle parti più meridionali della regione.

Il clima è tipicamente pseudo steppico, con temperature estreme quasi mai nella media. Il processo vegetativo non è molto rigoglioso a causa degli sbalzi climatici, com’è noto questo diventa l’habitat naturale per la vite che, tradizionalmente, per produrre grande qualità ha bisogno di “soffrire”; per questa ragione l’equilibrio vegeto-produttivo in questa zona è ottimale e vede le rese, naturalmente ridotte a quantità che difficilmente superano i 100 quintali per ettaro. La temperatura media annuale è compresa tra i 10° C. ed i 19° C., con una temperatura media nei mesi più freddi, compresa tra 0 e 4° C.

Le precipitazioni nel periodo aprile-ottobre dell’ultimo decennio ammontano a circa 300 mm e cioè circa la metà del totale annuo.

2) Fattori umani rilevanti per il legame

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “GRAVINA”.

L'ampia presenza di vasi a figure rosse, oggi custodite nel Museo Fondazione Pomarici Santomasi di Gravina in Puglia, raffiguranti baccanali, scene di vendemmia risalenti al IV secolo avanti Cristo, e tutti i tipi di vasi da vino del periodo.

L’antico insediamento di Gravina, sorgeva sul colle Botromagno lungo la strada che era la via Appia; originariamente ebbe il nome di Sidion, di estrazione greca e Sidini erano chiamati i suoi abitanti, come testimoniano alcune monete conservate nel nostro Museo “E.P. Santomasi”; ciò attesta che Gravina fu una colonia greca che assunse il nome di Silvium successivamente quando fu colonizzata dai Romani, la viticoltura era di chiara importazione Greca (Malvasia, Greco, Aglianico, sono tutti vitigni di chiara derivazione dalla Magna Grecia).

La sua strategica posizione sulla via Appia, che ne faceva stazione di posta sulla via che collegava Roma a Brindisi (porto principale per i commerci con la Grecia) e la successiva sovrapposizione con la cosiddetta “VIA FRANCIGENA”, che rappresentava il corridoio per le crociate in Terrasanta, rappresentano con certezza le ragioni per cui questo centro fu crocevia di differenti culture che portarono con se diverse varietà viticole;

Come testimoniano le evidenze sullo studio della “via Francigena” (1) poco prima dell’anno 1000 una comunità di monaci costruì in zona una Chiesa Monastero, ancor oggi visibile ed introdotto le principali varietà francesi di cui erano custodi, è stata ritrovata, in agro di Gravina presso l’azienda agricola Lagreca una vite, prefilossera dell’apparente età di 200 anni che testimonia ulteriormente la presenza già in tempi antichi dei suddetti vitigni.

Le prove sperimentali, condotte dal Consorzio di Tutela in collaborazione con le Cantine Botromagno, ne hanno attestato la grande compatibilità con gli uvaggi tradizionali ai quali viene però lasciata dominanza onde non stravolgere le caratteristiche tradizionali della denominazione.

Ulteriore testimonianza dell’importanza dell’agricoltura e della coltura della vite in particolare e della presenza importante di uve a bacca rossa in zona viene data dallo stesso stemma e dal gonfalone cittadino risalente al 1542 da in cui compaiono, con evidenza, spighe di grano ed un tralcio di vite con bacche di colore scuro.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area di produzione;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura

che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione

della chioma. Il sesto d’impianto tradizionale era il tendone, il quale oggi rappresenta circa il 5% del totale della superficie vitata, soppiantato dalla più moderna spalliera in filari, con interfila tra i 2,20 ed i 2,50 m ed una distanza tra le piante che varia tra 1,10 ed 1,30 m, ovviamente resistono anche piccoli vigneti con oltre 50 anni di età coltivati ad alberello o a vite maritata.

Le forme di allevamento più comuni sono il Guyot ed il cordone speronato con poche gemme per pianta; le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati ad est sud est, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.

La millenaria storia vitivinicola della zona, dalla Magna Grecia, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Gravina”.

L’antico insediamento di Gravina, sorgeva sul colle Botromagno lungo la strada che era la via Appia; originariamente ebbe il nome di Sidion, di estrazione greca e Sidini erano chiamati i suoi abitanti, come testimoniano alcune monete conservate nel nostro Museo “E.P. Santomasi”; ciò attesta che Gravina fu una colonia greca che assunse il nome di Silvium successivamente quando fu colonizzata dai Romani, la viticoltura era di chiara importazione Greca (Malvasia, Greco, Aglianico, sono tutti vitigni di chiara derivazione dalla Magna Grecia).

La sua strategica posizione sulla via Appia, che ne faceva stazione di posta sulla via che collegava Roma a Brindisi (porto principale per i commerci con la Grecia) e la successiva sovrapposizione con la cosiddetta “VIA FRANCIGENA”, che rappresentava il corridoio per le crociate in Terrasanta, rappresentano con certezza le ragioni per cui questo centro fu crocevia di differenti culture che portarono con se diverse varietà viticole.

Come testimoniano le evidenze sullo studio della “via Francigena” poco prima dell’anno 1000 una comunità di monaci costruì in zona una Chiesa Monastero, ancor oggi visibile ed introdotto le principali varietà francesi di cui erano custodi, è stata ritrovata, in agro di Gravina presso l’azienda agricola Lagreca una vite, prefilossera dell’apparente età di 200 anni che testimonia ulteriormente la presenza già in tempi antichi dei suddetti vitigni.

Per dare l'idea dell'importanza delle uve di questa zona, si citano “Il Tractatus de Vinea, Vindemia et Vino” del 1603 dove il celebre scienziato agronomico Monopolitano Prospero Rendella, cita la zona di Gravina come una delle più importanti di tutta la regione.

Oppure il Canonico e studioso don Tobia Stamelluti nel suo manoscritto “Opinioni sulle origini di Gravina” del 1871, oggi custodito presso il Museo della Fondazione Pomarici Santomasi di Gravina, il quale cita testualmente “Estesissimi sono i vigneti in tutte le parti, abbondanti e buoni i vini, ed è celebrata la cosiddetta verdeca, che se si sapesse meglio manifatturare, non sarebbe diversa dalla vera sciampagna, avendone il colore, la limpidezza e gran quantità di alcool”.

Il tutto segno di una costanza nel riconoscimento della importanza della zona vitivinicola che ha saputo cavalcare non solo i secoli bensì i millenni.

L’intervento dell’uomo nel particolare territorio ha, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali rinomati vini.

L'elemento che emerge è la costanza qualitativa, dal punto di vista analitico, delle produzioni anche in presenza di annate molto diverse tra loro per andamento climatico, questo evidenzia una elevata adattabilità delle colture ed una elevatissima specializzazione dei viticoltori della zona nella prevenzione e nella cura della vite.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari,

C.so Cavour n. 2

70121 BARI

La Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli,

approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VIGNETI FASANO

VIGNETI FASANO LOCOROTONDO

 

LOCOROTONDO

D.O.C.

Decreto 17 maggio 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 12 luglio 2013

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La  denominazione  di  origine   controllata   «Locorotondo»   è riservata ai vini che  rispondono  alle  condizioni  e  ai  requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione  per  le  seguenti tipologie:

 

«Locorotondo» anche nelle tipologie superiore e riserva;

«Locorotondo» Spumante;

«Locorotondo» Passito;

«Locorotondo» Verdeca;

«Locorotondo» Bianco d'Alessano;

«Locorotondo» Fiano.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La  denominazione  di  origine  controllata  «Locorotondo»  senza alcuna specificazione di vitigno è riservata ai vini ottenuti  dalla vinificazione delle uve provenienti dai vigneti  composti  in  ambito aziendale dai vitigni

Verdeca b.  per  almeno  il  50%  e  Bianco  di Alessano b. per almeno il 35%,

possono concorrere alla produzione  di  detti  vini,  da  sole  o congiuntamente, anche le uve  di  altri  vitigni  autoctoni  a  bacca bianca (individuati dalla Regione Puglia ai sensi dell'art.  2  della legge 20 febbraio 2006, n. 82) idonei alla coltivazione in Puglia per la zona di produzione  omogenea  «Murgia  Centrale»  e  «Salento-Arco Jonico» (definiti nell'allegato A della delibera  di  Giunta  Regione Puglia n. 1371 del 4 settembre 2003), presenti in  ambito  aziendale, nella misura massima del 15% della superficie iscritta  all'albo  dei vigneti.

 

La  denominazione  di  origine  controllata  «Locorotondo»  nelle tipologie superiore e riserva è riservata  ai  vini  ottenuti  dalla vinificazione delle uve provenienti dai vigneti  composti  in  ambito aziendale dalla medesima base ampelografica  della  denominazione  di origine controllata  «Locorotondo»  senza  alcuna  specificazione  di

vitigno.

 

La denominazione di origine controllata «Locorotondo» Spumante è riservata ai vini ottenuti dalla vinificazione delle uve  provenienti dai  vigneti  composti  in  ambito  aziendale  dalla  medesima   base ampelografica   della   denominazione    di    origine    controllata «Locorotondo» senza alcuna specificazione di vitigno.

 

La denominazione di origine controllata «Locorotondo» Passito  è riservata ai vini ottenuti dalla vinificazione delle uve  provenienti dai  vigneti  composti  in  ambito  aziendale  dalla  medesima   base ampelografica   della   denominazione    di    origine    controllata «Locorotondo» senza alcuna specificazione di vitigno.

 

La denominazione di  origine  controllata  «Locorotondo»  con  la specificazione dei vitigni Verdeca , Bianco di Alessano  e  Fiano  è riservata ai vini ottenuti dalla vinificazione delle uve dei medesimi vitigni presenti nei  vigneti,  composti  in  ambito  aziendale,  per almeno l'85%,

possono concorrere alla produzione  di  detti  vini,  da  sole  o congiuntamente, anche le uve di altri vitigni a bacca  bianca  idonei alla coltivazione in  Puglia  per  la  zona  di  produzione  omogenea «Murgia Centrale» e «Salento-Arco Jonico» (definiti  nell'allegato  A della delibera di Giunta Regione  Puglia  n.  1371  del  4  settembre 2003), presenti in ambito aziendale, nella  misura  massima  del  15% della superficie iscritta all'albo dei vigneti.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione del vino «Locorotondo» comprende gli interi territori dei comuni di:

Locorotondo in provincia di Bari

e di Cisternino in provincia di Brindisi

ed in  parte  il territorio comunale di

Fasano in provincia di Brindisi

che resta  così  delimitato: 

partendo dal confine territoriale Locorotondo - Fasano segue la strada statale n. 172 dei Trulli, fino alla biforcazione della stessa per  la  Selva di Fasano, segue lungo la strada asfaltata fino al  centro  di  detta località (Casina Municipale) a quota 386, prosegue fino  al  confine tra i territori di Fasano e Monopoli, segue la linea di  confine  tra

il comune di Fasano e i comuni di Monopoli, Alberobello e Locorotondo fino all'incrocio con la strada statale 172.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Condizioni naturali dell'ambiente. Le condizioni ambientali e  di coltura  dei  vigneti  destinati   alla   produzione   dei   vini   a denominazione di  origine  controllata  «Locorotondo»  devono  essere quelle della zona o, comunque, atte a conferire alle uve  e  ai  vini derivati le specifiche caratteristiche.

I vigneti devono trovarsi  su terreni ritenuti idonei per  le  produzioni  delle  denominazioni  di origine di cui si tratta.

Sono da escludere i terreni  eccessivamente umidi o insufficientemente soleggiati.

Densità di impianto.

Per i nuovi  impianti  e  i  reimpianti  la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 3.500.

Forme di allevamento e sesti di impianto.

I sesti di  impianto  e le forme di allevamento consentiti sono quelli già usati nella zona.

Irrigazione, forzatura.

E' vietata ogni pratica di forzatura. 

E' consentita l'irrigazione di soccorso.

 

Resa a ettaro e gradazione minima naturale.

Le rese massime di uva per ettaro in coltura specializzata per la produzione dei vini di cui  all'art.  1  ed  i  titoli  alcolometrici naturali minimi delle  relative  uve  destinate  alla  vinificazione, devono essere rispettivamente le seguenti:

 

Locorotondo: 13,00 t/ha, 9,50% vol.;

Locorotondo superiore: 10,00 t/ha, 11,00% vol.;

Locorotondo riserva: 13,00 t/ha, 9,50% vol.;

Locorotondo spumante: 13,00 t/ha, 9,50% vo.;

Locorotondo passito: 13,00 t/ha, 9,50% vol.;

Locorotondo Verdeca: 13,00 t/ha, 10,00% vol.;

Locorotondo bianco di Alessano: 13,00 t/ha, 10,00% vol.;

Locorotondo Fiano: 13,00 t/ha, 10,00% vol.;

   

A tali limiti, anche in  annate  eccezionalmente  favorevoli,  le rese dovranno essere riportate, purché  l'eccedenza  produttiva  non superi del  20%  i  limiti  medesimi. 

Qualora  tali  limiti  vengano superati, tutta la produzione non avrà diritto alla denominazione di origine controllata.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Zona  di  vinificazione.  Le  operazioni  di  vinificazione,   di invecchiamento e di appassimento delle uve devono  essere  effettuate all'interno dei territori comunali in  cui  ricade,  in  tutto  o  in parte, la zona di produzione delimitata dal precedente art. 3.

Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, su richiesta degli interessati, sentito il parere del Comitato Nazionale per la tutela  delle  Denominazioni  di  Origine  dei  vini  ,  può, altresì, consentire che le medesime operazioni siano  effettuate  in cantine situate fuori dei territori comunali in cui ricade, in  tutto o in parte, la zona di  produzione,  a  condizione  che  le  medesime cantine dimostrino di aver prodotto, prima dell'entrata in vigore del

presente disciplinare, vini ottenuti con le uve di cui all'art. 2 del presente disciplinare e provenienti dalla zona di produzione  di  cui all'art. 3.

Elaborazione - La tipologia «Locorotondo»  Spumante  deve  essere ottenuta per rifermentazione naturale.

Le operazioni di  elaborazione dei mosti e dei vini per la produzione dello spumante  devono  essere effettuate nelle province di Bari, Brindisi e Taranto.

Per la  tipologia  «Locorotondo»  Riserva  il  vino  deve  essere sottoposto ad un periodo  di  invecchiamento  obbligatorio,  compreso l'eventuale affinamento,

non  inferiore  a  un  anno 

e  può  essere immesso al consumo soltanto dopo il

1° novembre dell'anno  successivo alla vendemmia.

La tipologia «Locorotondo» Passito deve essere  ottenuta  da  uve sottoposte in tutto o in parte, sulle piante o dopo  la  raccolta,  a conveniente appassimento mediante uno o più  procedimenti,  tecniche ed attrezzature permesse dalla normativa in materia.

Tale procedimento deve assicurare 

un  contenuto  zuccherino  non inferiore a 250 g/l.

Arricchimenti  e  colmature. 

Nella  vinificazione  sono  ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

E' consentito l'arricchimento dei mosti e dei vini di cui all'art. 1, ad esclusione della tipologia passito,  con  mosti  concentrati  ottenuti  da  uve   della   stessa denominazione di origine controllata  oppure  con  mosto  concentrato

rettificato  oppure  per  auto  concentrazione,  nel  rispetto  della normativa nazionale e comunitaria in materia.

Per  tutte  le  tipologie  qualora  sia  prevista  una  fase   di invecchiamento, e' ammessa la colmatura  del  5%  con  tutti  i  vini aventi diritto alla DOC.

Resa  uva/vino.  Per  tutte  le  tipologie   dei   vini   a   DOC «Locorotondo», ad esclusione del passito, la resa massima dell'uva in vino compreso l'eventuale arricchimento, non deve  superare  il  70%.

Tale limite è al netto della presa di spuma relativa alla  tipologia spumante.

Qualora la resa uva/vino superi tale limite ma non oltre il 75%,  l'eccedenza  non  ha  diritto  alla  denominazione  di  origine controllata  ma  potrà  essere  destinata,  qualora   sussistano   i requisiti, alla produzione di vini a Indicazione Geografica  Protetta nell'ambito geografico delimitato.

Se  si  supera  il  suddetto  limite,  decade  il  diritto   alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

La resa massima dell'uva in vino per la  tipologia  passito,  non deve essere superiore al 60% riferito a uva fresca. Il  vino  residuo fino alla resa massima del 75%, non ha diritto alla denominazione  di origine controllata, ma potrà essere destinata, qualora sussistano i requisiti alla produzione di vini a Indicazione  Geografica  Protetta nell'ambito geografico delimitato.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

 I vini di cui all'art. 1, all'atto  dell'immissione  al  consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Locorotondo»:

colore: giallo paglierino tenue talvolta tendente al verdolino;

profumo: delicato, caratteristico;

sapore:   asciutto,   armonico   con   retrogusto   leggermente amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% Vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

«Locorotondo» superiore:

 colore:giallo paglierino talvolta tendente al verdolino;

 profumo: delicato, caratteristico;

 sapore:   asciutto,   armonico   con   retrogusto   leggermente amarognolo;

 titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% Vol.;

 acidità totale minima: 4,50 g/l;

 estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

«Locorotondo» riserva:

 colore: giallo paglierino;

 profumo: delicato, caratteristico con leggeri sentori speziati;

 sapore: asciutto pieno ed armonico;

 titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% Vol.;

 acidità totale minima: 4,50 g/l;

 estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l;

 

«Locorotondo» spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino piu'  o  meno  intenso  con  riflessi verdolini;

profumo: delicato e fine;

sapore: sapido, fresco, fine e armonico, da extrabrut a dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% Vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

«Locorotondo» passito:

colore: giallo da paglierino intenso a dorato;

profumo: caratteristico, intenso;

sapore: dolce, armonico, vellutato e caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00%  Vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 12,00% Vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

acidità volatile massima: 1,50 g/l.

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l;

 

«Locorotondo» Verdeca:

colore:giallo paglierino tenue talvolta con riflessi verdolini;

profumo: delicato e persistente;

sapore: secco, fresco ed equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% Vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

«Locorotondo» Bianco di Alessano:

colore: giallo paglierino;

profumo: fine e persistente;

sapore: secco, equilibrato, talvolta sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% Vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l;

 

«Locorotondo» Fiano:

colore: giallo paglierino talvolta con riflessi dorati;

profumo: caratteristico, intenso e persistente;

sapore: secco, armonico, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico minimo: 11,50% Vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

In relazione all'eventuale conservazione in recipienti in  legno, ove consentita, il sapore dei vini puo'  rivelare  lieve  sentore  di legno.

E' facoltà del Ministero delle politiche agricole e forestali  - Comitato nazionali vini DO e IGT - modificare con proprio  decreto  i limiti dell'acidità totale e dell'estratto secco non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

 

Qualificazioni: Nella etichettatura, designazione e presentazione dei vini di  cui  all'art.  1  è  vietata  l'aggiunta  di  qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente  disciplinare, ivi  compresi  gli  aggettivi  «fine»,  «scelto»,   «selezionato»   e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di  indicazioni  che  facciano riferimento a nomi,  ragioni  sociali,  marchi  privati,  non  aventi significato  laudativo  e  non  idonei  a  trarre   in   inganno   il consumatore.

Per  tutte  le  tipologie,  ad  esclusione  dello   spumante   è obbligatoria l'indicazione dell'annata in etichetta.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

Le tipologie «Locorotondo», «Locorotondo  Verdeca»,  «Locorotondo Bianco di Alessano» e «Locorotondo Fiano» devono essere  confezionate in recipienti di vetro.

Possono essere utilizzati  altresì  contenitori  alternativi  al vetro tipo «bag in box», costituiti da un otre in materiale  plastico pluristrato idoneo all'uso alimentare, racchiuso in un  involucro  di cartone o altro materiale rigido, di capacità non inferiore a  litri 2 e non superiore a litri 5.

Per l'immissione al consumo della tipologia  «Locorotondo»  nelle versioni riserva e superiore, nonché per la tipologia  «Locorotondo» passito, sono ammessi soltanto recipienti di  vetro  della  capacità fino a 3 litri aventi chiusure con tappo  raso  bocca  in  sughero  o sostanze inerti.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata dal disciplinare di produzione è denominata “Valle d’Itria” e fa parte della più ampia area della Murgia, cosiddetta “dei Trulli”.

Dal punto di vista cartografico la zona è orientata a sud-est della provincia di Bari.

I comuni rientranti nella zona delimitata sono: Locorotondo in provincia di Bari, Cisternino e parte del territorio di Fasano in provincia di Brindisi.

La pedologia del suolo presenta le classiche terre rosse derivate dalla dissoluzione delle rocce calcaree, delle quali rappresentano i residui insolubili composti da ossidi e idrossidi di ferro e di alluminio.

Sono terreni che per la loro ricchezza di potassio e la relativa povertà di sostanza organica costituiscono un privilegiato substrato per la coltivazione di varietà di uve per vini bianchi di pregio. I terreni, argillosi, argillosi-limosi, hanno elevata presenza di scheletro che raggiunge circa il 60% dei costituenti totali.

L’altitudine delle aree coltivate a vite è compresa tra 280 e i 418 metri sul livello del mare e con un’ escursione altimetrica, quindi, di 138 metri. Le pendenze sono lievi e le esposizioni prevalenti sono orientate sud-est.

Il clima è del tipo caldo arido, con andamento pluviometrico molto variabile e precipitazioni che, a seconda delle annate, vanno dagli 800 mm ai 400 mm di acqua, concentrate per circa il 70% nel periodo autunno-invernale. Considerato l’andamento riferito al periodo vegetativo della vite, che è compreso da aprile a settembre, si riscontrano valori di precipitazione molto modesti aggiratesi sui 300 mm. di pioggia.

Non sono rare estati senza alcuna precipitazione. L’andamento medio pluriennale termico è caratterizzato da elevate temperature che raramente superano i 30° C. e scendono sotto 0° C.

Durante il periodo estivo le temperature minime difficilmente scendono sotto i 18° C.

 

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Elementi determinanti per imprimere le peculiarità di un vino sono il vitigno e l’ambiente, quest’ultimo inteso sia dal punto di vista fisico (clima e terreno) sia sotto l’aspetto antropologico (tradizioni, tecnica, professionalità).

Di fondamentale importanza sono quindi i fattori umani presenti nel territorio di produzione che hanno inciso sulle caratteristiche del vino.

Il territorio interessato dalla produzione dei vini “Locorotondo” presenta un paesaggio agrario caratterizzato da residui boschi di querceti e leccio misti a vegetazione spontanea mediterranea che costituiva la copertura naturale del territorio prima della presenza dell’uomo.

Con i primi insediamenti umani, risalenti in epoca storica alle popolazioni messapiche e peucetiche, il territorio nel corso dei secoli ha subito profonde trasformazioni.

Il paesaggio rurale attualmente è caratterizzato da tipici, eleganti e lineari muretti a secco che delimitano e sostengono il terreno agrario lentamente accumulatosi nel tempo e sul quale l’uomo ha impiantato i vigneti che danno i vini interessati dal presente disciplinare. La pietra, in simbiosi con la vite, è parte integrante della Valle d’Itria e ne costituisce l’immagine visiva con i famosi “Trulli”.

I vigneti, per la maggior parte di piccole dimensioni, nei quali la scelta dei due vitigni predominanti è stata fatta con felice intuizione al fine di sfruttare al massimo le caratteristiche del territorio.

Il vitigno Verdeca vuole terreno fresco e profondo del fondovalle; il vitigno Bianco d’Alessano, più rustico, vegeta e produce bene sui crinali poveri di stato coltivabile ma esposti al sole.

L’uno fornisce al vino il profumo e il sapore, l’altro la stoffa e il corpo. Insieme costituiscono la formula per produrre lo splendido vino bianco denominato “Locorotondo”.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati da sempre nell’area geografica considerata: il Verdeca e il Bianco d’Alessano;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura:

anche questi elementi sono quelli tradizionali e comunque sono tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare: 91 hl/ha per le tipologie Locorotondo base, Riserva, Spumante, Verdeca, Bianco d’Alessano e Fiano; 70 hl/ha per la tipologia Locorotondo Superiore e 54,6 hl/ha per la tipologia Passito.

In particolare le forme di allevamento prevalentemente utilizzate nella zona sono l’Alberello, l’Alberello modificato a

Spalliera e la Controspalliera: la prima forma rappresenta il 20%, la seconda il 50% e la terza il 30% del totale.

I sistemi di potatura adottati sono: per l’allevamento ad Alberello la potatura corta (al momento della potatura vengono lasciate 2 speroni con 3-4 gemme per ciascuna delle 2 o 3 branche), per l’allevamento ad Alberello modificato e per quello a Controspalliera la potatura mista ( sperone e capo a frutto con circa 8-10 gemme).

La densità di impianto varia da 4.500 ceppi per la spalliera a circa 7.500 ceppi per l’alberello modificato a circa 10.000 ceppi per l’alberello tradizionale.

Vista la tendenza attuale ad allargare troppo i sesti d’impianto, si è ritenuto opportuno stabilire che per i nuovi impianti e i reimpianti la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 3.500.

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione dei vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia spumante che deve essere ottenuta per rifermentazione naturale.

Per la tipologie riserva l’ elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento ed affinamento in bottiglia obbligatori, mentre per la tipologia passito le uve devono subire un periodo di appassimento.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “LOCOROTONDO” è riferita a 8 tipologie di vino bianco che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

I vini della zona di produzione hanno le seguenti le caratteristiche organolettiche: un bel colore giallo paglierino tenue talvolta tendente al verdolino; sapore asciutto, armonico con retrogusto leggermente amarognolo; odore:delicato, caratteristico con leggeri sentori speziati; delicato profumo che aumenta con l’invecchiamento, scarsa vivacità.

Così due scrittori enogastronomi descrivono il vino Locorotondo: Mario Soldati dice di averlo trovato così diverso da ogni bianco secco, cosi diverso per la magrezza estrema del suo corpo, così leggero, chiaro fragile, puro.

E Paolo Monelli scrive “con che grata meraviglia vidi portare a tavola, per accompagnare le ostriche, un bianco Locorotondo;esilissimo, lucido, bianco albino come queste belle fanciulle pugliesi di sangue normanno. Pareva un vino da nulla, come suo solo pregio fosse l’ineffabile bellezza invece dopo aver vuotato il bicchiere …un gusto postumo illuminava la bocca: fresco, aromatico, ardito…”.

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare e l’esposizione a sud-est concorrono a determinare un ambiente aerato e luminoso, con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti idonei a produrre i vini a Doc “Locorotondo”.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la fisiologia della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche dei vini “Lcorotondo”.

In particolare trattasi di terre che presentano un limitato contenuto di elementi nutritivi e che mal si prestano ad un’utilizzazione intensiva delle altre colture agrarie (anche in relazione alla loro giacitura); ma proprio in virtù di tali caratteristiche sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità, con basse rese produttive, conferendo ai vini particolare vigore e complessità.

Il clima dell’areale di produzione, come già detto. è del tipo caldo-arido, caratterizzato da precipitazioni non abbondanti, con scarse piogge estive ed aridità nei mesi di luglio e agosto.

L’ancora ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente , contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Locorotondo".

L’intensa attività delle popolazioni rurali ha interagito in maniera determinante sulla formazione delle caratteristiche vitivinicole della zona. Al tempo della Magna Grecia i vini pugliesi godevano di una fama commerciale ben al di sopra di quanta ne avesse fino a qualche decennio addietro.

In particolare nell’area centrale della Puglia attorno all’insediamento greco, e poi romano di Egnazia, che comprendeva anche il territorio della Valle d’Itria, vi era una viticoltura con una propria autonomia dove era diffuso il vitigno Bianco d’Alessano.

Ricerche archeologiche hanno identificato in vari porti della regione cisterne destinate a contenere vino che poi era caricato in anfore con destinazione su tutte le rotte mediterranee.

Tuttavia alcuni studiosi sostengono che far coincidere l’inizio della storia del vino in Puglia con la colonizzazione greca dell’VIII-VI secolo a.C. significa non tener conto di altri mille anni di storia di storia precedente.

La diffusione della viticoltura nell’Italia meridionale ad opera dei greci con il vitigno “Aglianico” (deformazione del termine “Ellenico”), interessò marginalmente la Puglia per il semplice fatto che in questa regione era già insediata una propria viticoltura con il “Bianco d’Alessano” vitigno di origine messapica, introdotto nel periodo delle civiltà micenee e cretesi del XII-XI secolo a.C. attraverso le leggendarie migrazioni dall’Illiria (le moderne Albania- Kossovo- Macedonia) tra le due sponde del mare Adriatico meridionale.

Di una preesistente civiltà viticola è segno l’uso, esclusivamente in Puglia, del vocabolo dialettale “mir”,tradotto dai latini in “ merum” per indicare un vino schietto, vero e sincero, mentre gli stessi latini riservavano il termine “vinum” ad altri tipi di vino che per contrapposizione non apparivano tali.

Ebbene il termine “mir” era già usato dall’antica popolazione Apula dei Iapigi e dei Messapi insediatisi nella Puglia meridionale nell’XI secolo a.C.

La plurimillenaria storia vitivinicola della Puglia, riferita alla zona considerata, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e le tipiche caratteristiche qualitative del “Locorotondo”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Locorotondo”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari,

C.so Cavour n. 2

70121 BARI

La Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale

 

VIGNETI CRISPIANO

VIGNETI CRISPIANO

 

MARTINA

MARTINA FRANCA

D.O.C.

D.P.R. 09 febbraio 1990

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 12 luglio 2013

Modifica Decreto 5 giugno 2014

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione

 

La denominazione di origine controllata “Martina o Martina Franca” è riservata al vino che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino a DOC “Martina o Martina Franca” deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai seguenti vitigni nella proporzione appresso indicata:

Verdeca dal 50 al 65%, Bianco d’Alessano dal 35 al 50%,

Fiano, Bombino, Malvasia bianca presenti nei vigneti fino ad un massimo del 5%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione del vino a DOC “Martina o Martina Franca” comprende gli interi territori dei comuni di: Martina Franca, Crispiano,

in provincia di Taranto

Alberobello

(compresa la frazione del comune di Castellana Grotte  ricadente nel territorio di Alberobello)

In provincia di Bari

e parte del territorio comunale di

Ceglie Messapico e Ostuni

In provincia di Brindisi;

 

che resta delimitato da una linea di confine che da Specchia Tarantina, in agro di Martina, segue la strada asfaltata che passando per la Masseria Fedele Grande in agro di Ceglie, porta al centro abitato di quest’ultimo comune e quindi costeggiando dalla parte occidentale e piegando sulla provinciale per Martina per circa 500 metri e ripiegando poi a destra per la circonvallazione del centro urbano di Ceglie, si immette sulla provinciale Ceglie-Cisternino, fino all’incontro del confine comunale di Ostuni, passando per la Casa della Padule, segue il confine territoriale Ceglie-Ostuni fino al km 6,000.

Da qui detta linea di confine continua seguendo la strada Ceglie-Cisternino, sale verso il centro abitato di Cisternino per arrivare a quota 243 in contrada Masseria Cavallerizza, piega poi ad est per metri 400 e risale verso nord passando per le quote 253, 262, 264 e si immette sulla strada Ostuni-Cisternino fino al km 8,000, piega a destra passando per la quota 270 e arriva al confine comunale di Cisternino.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino a DOC “Martina o Martina Franca” devono essere quelle tradizionali della zona o comunque atte a conferire alle uve e al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

E’ vietata ogni pratica di forzatura.

La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino a DOC “Martina o Martina Franca”, in coltura specializzata,

non deve essere superiore a: 13,00 t/ettaro.

A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve, purché la produzione globale non superi del 20% il limite medesimo.

Fermo restando il limite sopra indicato, la resa per ettaro in coltura promiscua deve essere calcolata, rispetto a quella specializzata, in rapporto alla effettiva superficie coperta dalla vite.

La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 70%.

Qualora la resa superi il limite sopra riportato l’eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata.

La regione Puglia con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali e di coltivazione, può stabilire un limite massimo di produzione di uva per ettaro inferiore a quello fissato dal presente disciplinare di produzione, dandone immediata comunicazione al competente organismo di controllo.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vino a DOC “Martina o Martina Franca”

Un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 10,00% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nell’interno della zona di produzione delimitata nell’art 3, tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione è consentito che tali operazioni avvengano nell’intero territorio dei comuni anche se solo in parte compresi bella zona di produzione delle uve e nei territori dei comuni di: Locorotondo e Cisternino.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il vino a DOC “Martina o Martina Franca” all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: giallo verdolini o giallo paglierino chiaro;

profumo: vinoso, delicato, caratteristico, gradevole;

sapore: secco, delicato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

Il vino spumante all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

spuma: fine e persistente;

colore: giallo con riflessi verdolini o giallo paglierino più o meno intenso con eventuali riflessi dorati;

profumo: fragrante, complesso, caratteristico della rifermentazione, gradevole;

sapore: fresco, sapido, fine, armonico, dal secco delicato, fino al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 9,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

E’ in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, modificare i limiti sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

La DOC “Martina o Martina Franca” può essere utilizzata per designare il vino “spumante” naturale

ottenuto con mosti o vini che rispondono alle condizioni previste dal presente disciplinare di produzione, seguendo le vigenti norme legislative per la preparazione degli spumanti.

La preparazione del vino a DOC “Martina o Martina Franca spumante” deve avvenire nelle province di Bari, Brindisi e Taranto.

Alla DOC “Martina Franca” è vietata qualsiasi qualificazione aggiuntiva, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto, superiore, riserva, selezionato e similari.

E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata dal disciplinare di produzione è denominata “Valle d’Itria” e fa parte della più ampia area della Murgia, cosiddetta “dei Trulli”.

Dal punto di vista cartografico la zona è orientata a sud-est della provincia di Bari. I comuni rientranti nella zona delimitata sono: Martina e Crispiano  in provincia di Taranto, Albarobello in provincia di Bari  e parte del territorio di Fasano ed Ostuni in provincia di Brindisi.

La pedologia del suolo presenta le classiche terre rosse derivate dalla dissoluzione delle rocce calcaree, delle quali rappresentano i residui insolubili composti da ossidi e idrossidi di ferro e di alluminio.

Sono terreni che per la loro ricchezza di potassio e la relativa povertà di sostanza organica costituiscono un privilegiato substrato per la coltivazione di varietà di uve per vini bianchi di pregio.

I terreni, argillosi, argillosi-limosi, hanno elevata presenza di scheletro che raggiunge circa il 60% dei costituenti totali.

L’altitudine delle aree coltivate a vite è compresa tra 280 e i 418 metri sul livello del mare e con un’ escursione altimetrica, quindi, di 138 metri.

Le pendenze sono lievi e le esposizioni prevalenti sono orientate sud-est.

Il clima è del tipo caldo arido, con andamento pluviometrico molto variabile e precipitazioni che, a seconda delle annate, vanno dagli 800 mm ai 400 mm di acqua, concentrate per circa il 70% nel periodo autunno-invernale. Considerato l’andamento riferito al periodo vegetativo della vite, che è compreso da aprile a settembre, si riscontrano valori di precipitazione molto modesti aggiratesi sui 300 mm. di pioggia.

Non sono rare estati senza alcuna precipitazione.

L’andamento medio pluriennale termico è caratterizzato da elevate temperature che raramente superano i 30° C. e scendono sotto 0° C.  

Durante il periodo estivo le temperature minime difficilmente scendono sotto i 18° C.

 

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

Elementi determinanti per imprimere le peculiarità di un vino sono il vitigno e l’ambiente, quest’ultimo inteso sia dal punto di vista fisico (clima e terreno) sia sotto l’aspetto antropologico (tradizioni, tecnica, professionalità). Di fondamentale importanza sono quindi i fattori umani presenti nel territorio di produzione che hanno inciso sulle caratteristiche del vino.

Il territorio interessato dalla produzione dei vini “Martina” presenta un paesaggio agrario caratterizzato da residui boschi di querceti e leccio misti a vegetazione spontanea mediterranea che costituiva la copertura naturale del territorio prima della presenza dell’uomo.

Con i primi insediamenti umani, risalenti in epoca storica alle popolazioni messapiche e peucetiche, il territorio nel corso dei secoli ha subito profonde trasformazioni.

Il paesaggio rurale attualmente è caratterizzato da tipici, eleganti e lineari muretti a secco che delimitano e sostengono il terreno agrario lentamente accumulatosi nel tempo e sul quale l’uomo ha impiantato i vigneti che danno i vini interessati dal presente disciplinare.

La pietra, in simbiosi con la vite, è parte integrante della Valle d’Itria e ne costituisce l’immagine visiva con i famosi “Trulli”.

I vigneti, per la maggior parte di piccole dimensioni, nei quali la scelta dei due vitigni predominanti è stata fatta con felice intuizione al fine di sfruttare al massimo le caratteristiche del territorio. Il vitigno Verdeca vuole terreno fresco e profondo del fondovalle; il vitigno Bianco d’Alessano, più rustico, vegeta e produce bene sui crinali poveri di stato coltivabile ma esposti al sole. L’uno fornisce al vino il profumo e il sapore, l’altro la stoffa e il corpo. Insieme costituiscono la formula per produrre lo splendido vino bianco denominato “Martina”.

L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati da sempre nell’area geografica considerata: il Verdeca e il Bianco d’Alessano;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura:

anche questi elementi sono quelli tradizionali e comunque sono tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale

gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare: 91 hl/ha per le tipologie Martina base e spumante,

In particolare le forme di allevamento

prevalentemente utilizzate nella zona sono l’Alberello, l’Alberello modificato a Spalliera e la Controspalliera: la prima forma rappresenta il 20%, la seconda il 50% e la terza il 30% del totale.

I sistemi di potatura adottati sono: per l’allevamento ad Alberello la potatura corta (al momento della potatura vengono lasciate 2 speroni con 3-4 gemme per ciascuna delle 2 o 3 branche), per l’allevamento ad Alberello modificato e per quello a Controspalliera la potatura mista (sperone e capo a frutto con circa 8-10 gemme).

le pratiche relative all’elaborazione dei vini, sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione dei vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia spumante che deve essere ottenuta per rifermentazione naturale.

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOC “MARTINA” è riferita a 2 tipologie di vino bianco che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In generale tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.

Si tratta di caratteristiche organolettiche ed analitiche diretta conseguenza della tipologia di terreno calcareo/argilloso su cui insistono i vigneti e delle condizioni pedoclimatiche particolarmente favorevoli.

La DOP “Martina” o “Martina Franca” del vino Tranquillo e del vino Spumante è riservata ai vini ottenuti dalla vinificazione delle uve provenienti dai vigneti composti in ambito aziendale dalla medesima base ampelografica della denominazione di origine controllata “Martina” o “Martina Franca” senza alcuna specificazione di vitigno.

La tipologia “Martina” o “Martina FrancaSpumante deve essere ottenuta per rifermentazione naturale, per presa di spuma del corrispondente vino tranquillo mediante rifermentazione naturale in bottiglia o in autoclave, tradizionalmente consolidata in zona.

Le operazioni di elaborazione dei mosti e dei vini per la produzione dello spumante devono essere effettuate nelle province di Bari, BAT, Brindisi e Taranto.

Così due scrittori enogastronomi descrivono il vino Martina: Mario Soldati dice di averlo trovato così diverso da ogni bianco secco, cosi diverso per la magrezza estrema del suo corpo, così leggero, chiaro fragile, puro.

E Paolo Monelli scrive “con che grata meraviglia vidi portare a tavola, per accompagnare le ostriche, un bianco Martina;esilissimo, lucido, bianco albino come queste belle fanciulle pugliesi di sangue normanno.

Pareva un vino da nulla, come suo solo pregio fosse l’ineffabile bellezza invece dopo aver vuotato il bicchiere …un gusto postumo illuminava la bocca: fresco, aromatico, ardito…”.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare, compresa tra 280 e i 418 metri sul livello del mare, l’esposizione a sud-est che concorre a determinare un ambiente areato e luminoso e la presenza di un suolo naturalmente sgrondante dalle acque meteoriche, rendono particolarmente vocato il territorio alla coltivazione dei vigneti per la produzione di uve a bacca bianca per i vini a DOP “Martina” o “Martina Franca” del vino Tranquillo e del vino Spumante.

Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la fisiologia della vite, contribuendo a conferire le peculiari caratteristiche fisico - chimiche ed organolettiche al vino del vino Tranquillo e del vino Spumante Martina” o “Martina Franca”.

In particolare, trattasi di terre che sono ricche in potassio e povere in sostanza organica che mal si prestano ad un’utilizzazione intensiva delle altre colture agrarie (anche in relazione alla loro giacitura); ma proprio in virtù di tali caratteristiche sono idonee ad una vitivinicoltura di qualità, che associate alle basse rese produttive, conferiscono ai vini Tranquilli e ai vini Spumanti particolare vigore, fragranza e complessità di profumo.

Il clima di tipo caldo-arido, caratterizzato da precipitazioni non abbondanti, concentrate nel periodo autunno – invernale e scarse nel periodo estivo, con periodi di aridità nei mesi di luglio e agosto, nonché l’ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuiscono a conferire, in maniera significativa, le particolari qualità e caratteristiche organolettiche al vino del vino Tranquillo e del vino Spumante Martina” o “Martina Franca”.

L’intensa attività delle popolazioni rurali ha interagito in maniera determinante sulla formazione delle caratteristiche vitivinicole della zona.

Al tempo della Magna Grecia, i vini prodotti nel territorio delimitato godevano di una fama commerciale ben al di sopra di quanta ne avesse fino a qualche decennio addietro. In particolare nell’area centrale della Puglia attorno all’insediamento greco, e poi romano di Egnazia, che comprendeva anche il territorio della Valle d’Itria, vi era una viticoltura con una propria autonomia, dove era diffuso il vitigno Bianco d’Alessano.

Ricerche archeologiche hanno identificato in vari porti della regione cisterne destinate a contenere vino che poi era caricato in anfore con destinazione su tutte le rotte mediterranee.

Tuttavia alcuni studiosi sostengono che far coincidere l’inizio della storia del vino in Puglia con la colonizzazione greca dell’VIII-VI secolo a.C. significa non tener conto di altri mille anni di storia di storia precedente.

La diffusione della viticoltura nell’Italia meridionale ad opera dei greci con il vitigno “Aglianico” (deformazione del termine “Ellenico”), interessò marginalmente la Puglia per il semplice fatto che in questa regione era già insediata una propria viticoltura con il “Bianco d’Alessano”, vitigno di origine messapica, introdotto nel periodo delle civiltà micenee e cretesi del XII-XI secolo a.C. attraverso le leggendarie migrazioni dall’Illiria (le moderne Albania- Kossovo- Macedonia) tra le due sponde del mare Adriatico meridionale.

Di una preesistente civiltà viticola è segno l’uso, esclusivamente in Puglia, del vocabolo dialettale “mir”,tradotto dai latini in “ merum” per indicare un vino schietto, vero e sincero, mentre gli stessi latini riservavano il termine “vinum” ad altri tipi di vino che per contrapposizione non apparivano tali. Ebbene il termine “mir” era già usato dall’antica popolazione Apula dei Iapigi e dei Messapi insediatisi nella Puglia meridionale nell’XI secolo a.C.

La plurimillenaria storia vitivinicola della Puglia, riferita alla zona considerata, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e le tipiche caratteristiche qualitative del “Franca Martina” o “Martina”, ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Martina” o “Martina Franca”.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Taranto

V.le Virgilio, 152

74121 Taranto.

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari,

C.so Cavour n. 2

70121 BARI

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Brindisi

Via Bastioni Carlo V, 4/6

72100 Brindisi

 

Le Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Taranto, Brindisi e di Bari sono gli Organismi di controllo autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VIGNETI SAN DOMENICO ANDRIA

VIGNETI SAN DOMENICO ANDRIA

MOSCATO DI TRANI

D.O.C.

D.P.R. 11 settembre 1975

Modifica D.P.R. 11 maggio1987

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione

 

La denominazione di origine controllata “Moscato di Trani” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino a DOC “Moscato di Trani” deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti composti dal vitigno: Moscato bianco minimo 85%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve a frutto bianco con aroma Moscato provenienti da altri vitigni da vino presenti nei vigneti fino ad un massimo del 15%, purché tali vitigni siano compresi tra quelli idonei alla coltivazione per la provincia di Bari.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

Le uve devono essere prodotte nella zona che comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni di:

Barletta, Trani, Bisceglie, Andria, Canosa, Minervino Murge

In provincia di Barletta-Andria-Trani

Ruvo di Puglia, Corato,

e parte del territorio dei comuni di:

Terlizzi, Bitonto

in provincia di Bari

e parte del territorio amministrativo dei comuni di:

Trinitapoli

in provincia di Foggia.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo a sud – est del centro abitato di Risceglie e cioè dal punto di confluenza del confine comunale con il mare Adriatico in località Difese, il limite segue verso sud il confine di Bisceglie sino alla località la Macchia, dove raggiunge quello del comune di Ruvo di Puglia.

Segue quindi il confine di Ruvo di Puglia verso sud sino ad incrociare la strada per Terlizzi (quota 201 in località Morigene) e quindi procede verso tale centro abitato che supera, passando a sud lungo la circonvallazione, fino ad incrociare in prossimità del km. 48,800, la strada statale n. 98 via Andrianese – Coratina.

Prosegue lungo la strada statale n. 98 verso Bitonto fino ad incrociare la circonvallazione, in prossimità del km. 57,500 e quindi verso sud segue quest’ultima fino ad incrociare alla quota 133 la strada che esce da Bitonto ed attraversa la località Mezzana del Carmine.

Segue tale strada in direzione sud – ovest fino alla Cappella di Nennamia. Dalla Cappella di Nennamia segue verso sud – ovest il confine comunale di Bitonto e poi verso sud quello di Palo del Colle in località D’Ameli e successivamente quello di Torritto sino in località Murgia della Città e quindi, verso nord – ovest, di nuovo il confine di Bitonto sino alla Murgia Lama Rosa.

Da tale località prosegue verso ovest e nord – ovest lungo il confine di Ruvo di Puglia sino alla quota 631 in prossimità della Pescara Vecchia; da quota 631 prosegue per il confine comunale di Andria e superata la Massa a Ciminiero di Gioia segue quello meridionale prima e occidentale poi del comune di Minervino Murge, sino ad incrociare il confine comunale di Canosa di Puglia, che segue poi verso nord – ovest fino ad incontrare la strada per Cerignola, una volta superato di poco il fiume Ofanto.

Prosegue quindi lungo questa strada, in direzione nord, fino al km. 13,000 e poi quella di Stornara fino al km. 5,000, da dove seguendo il canale prima e il fosso poi di Marana Castello incrocia, in prossimità del km. 26,700 circa, la strada per Trinitapoli, la segue fino a tale centro abitato e quindi superato Trinitapoli prosegue per quella che conduce a Barletta ed alle prime case del centro abitato, piega verso nord per la strada che raggiunge la costa. Il limite di zona prosegue quindi verso est lungo la costa raggiungendo la località di Difese da dove è iniziata la delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino a DOC “Moscato di Trani” devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e al vino derivato le loro specifiche caratteristiche di qualità.

Sono quindi da considerarsi idonei i terreni tufacei marnosi o calcarei – argillosi o calcarei – silicei anche profondi ma piuttosto asciutti, mentre sono da escludere i terreni prevalentemente argillosi o alluvionali ad alto tenore idrico.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

E’ vietata ogni pratica di forzatura.

La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino a DOC “Moscato di Trani”, in vigneti a coltura specializzata, non deve essere superiore a: 12,00 t/ha.

 Fermo restando il limite sopra indicato la resa per ettaro in coltura promiscua deve essere calcolata, rispetto a quella specializzata, in rapporto all’effettiva superficie coperta dalla vite.

A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve, purché la produzione globale non superi del 20% il limite medesimo.

La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 65%.

Qualora la resa uva/vino superi il limite sopra riportato, l’eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata.

La regione Puglia annualmente, con proprio decreto, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può fissare produzioni massime per ettaro inferiori a quelle stabilite dal presente disciplinare di produzione dandone immediata comunicazione al competente organismo di controllo..

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vino

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di: 12,50% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

I sistemi di preparazione del vino sono quelli tradizionali della zona.

Per la preparazione del vino a DOC “Moscato di Trani dolce naturale” è esclusa qualsiasi correzione con concentrato e qualsiasi concentrazione del vino.

E’ consentito un leggero appassimento delle uve sulla pianta o su stuoie.

Per la preparazione del vino a DOC “Moscato di Trani liquoroso” è ammesso l’impiego di mosto concentrato e l’aggiunta di alcool vinico prima, durante e dopo la fermentazione, o la concentrazione a freddo.

Le operazioni di vinificazione, di preparazione e di invecchiamento dei vini devono essere effettuate all’interno del territorio delimitatati dal precedente articolo 3.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che tali operazioni siano effettuate nell’intero territorio amministrativo dei comuni anche se soltanto in parte compresi nella zona di produzione delle uve.

Il vino a DOC “Moscato di Trani dolce naturale” non può essere immesso al consumo prima del:

1° Marzo dell’anno successivo a quello di produzione delle uve.

Il vino a DOC “Moscato di Trani liquoroso” non può essere immesso al consumo prima del:

1° Novembre dell’anno successivo a quello di produzione delle uve.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a DOC “Moscato di Trani”, all’atto dell’immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Moscato di Trani” Dolce Naturale:

colore: giallo dorato;

profumo: aroma intenso, caratteristico;

sapore: dolce, vellutato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico da svolgere minimo: 2,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l;

 

“Moscato di Trani” Liquoroso:

colore: giallo dorato sino ad ambrato;

profumo: lievemente aromatico, intenso, caratteristico;

sapore: dolce, vellutato, caldo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 18,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico da svolgere minimo: 2,00% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l;

 

E’ in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla DOC “Moscato di Trani” è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi: extra fine, scelto, superiore, riserva, selezionato e similari.

E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame

La Puglia si colloca nella “regione climatica adriatica centro-meridionale” posta sul versante orientale della penisola italiana. Questa regione climatica è costituita dalla fascia litoranea e da quella sub-appeninica affacciate sul mare Adriatico e sul golfo di Taranto nel mar Ionio.

La regione climatica deve il suo carattere unitario alla protezione attuata dalla catena appenninica nei riguardi dei venti occidentali e ad un carattere di continentalità conferito, in inverno, dai venti freddi e umidi provenienti da Est.

Verso Sud, oltrepassato il Gargano, l’Appennino scende di quota e il clima diviene sempre più marittimo e mediterraneo.

La parte centrale della Puglia è attraversata dall’altopiano delle Murge.

Il termine Murgia deriva, notoriamente, da “murex”, pietra aguzza formata prevalentemente da rocce calcaree.

L’altopiano delle Murge attraversa le province di Bari, Brindisi e di Taranto.

Nel suo insieme, esso è delimitato da due importanti “discontinuità tettoniche”: una a Nord Ovest, verso il Tavoliere delle Puglie, l’altra a Sud Ovest, verso l’avanfossa bradanica.

Nella porzione Nord Occidentale si collocano le quote più elevate: Monte Caccia, 680 m. s.l.m. e Torre Disperata 686 m s.l.m.; nelle Murge Sud Orientali l’altitudine non supera 500 metri (MAF, 1976).

La superficie dell’altopiano murgiano è caratterizzata da dossi e depressioni di origine prevalentemente di origine carsica, con tratti pianeggianti costituiti da superfici spianate.

L’emersione della piattaforma murgiana viene ricondotta al Cretaceo. La sua ossatura è composta da calcari dolomitici e dolomie, ben stratificati, spessi da qualche centimetro (“chiancarelle”) a pochi metri.

Queste rocce sono generalmente compatte e consistenti tranne che in alcune zone ove appaiono “vacuolari e brecciate”. Spesso le rocce si presentano fratturate e mostrano vario livello di “carsificazione” (Reina e Buttiglione, 2002). La struttura fratturata e carsica rende ragione dell’assenza di acque superficiali.

I solchi erosivi più importanti vengono indicati come “lame” e si estendono sino al mare Adriatico.

L’area “Moscato di Trani”, trae l’appellativo dal nome della città di provenienza famosa in tutto il mondo per la sua famosa Cattedrale Romanica ed il famoso castello federiciano oggi patrimonio dell’UNESCO.

Si colloca nella porzione Nord Occidentale del bacino viticolo omogeneo “Murgia Centrale”, uno dei tre “bacini viticoli omogenei” individuati dalla Regione Puglia (delibera del 4 settembre 2003 n. 1371), e corrispondente alla provincia di Bari (BURP, 2003).

L’area della nuova DOC “Moscato di Trani” è parzialmente inclusa nel Parco Naturale dell’Alta Murgia.

La litologia dell’area è costituita dai calcari compatti dell’unità generale del calcare cretaceo di Bari e di Altamura.

Nelle zone interne sono comunque presenti depositi alluvionali dell’olocene e, lungo la scarpata sud-occidentale, depositi plio-pleistocenici.

La più diffusa tipologia di suolo presenta modesta profondità ed elevate pietrosità e rocciosità.

Questo tipo di suolo, in casi estremi, può anche non risultare idoneo alla messa a coltura.

Il clima è tipicamente sub-mediterraneo. La temperatura media annua varia tra circa 17,5 °C nelle località più basse e vicine al mare e 14,4°C nelle zone più alte e distanti dal mare. Le temperature più fredde si verificano nei mesi di gennaio e febbraio, con valori medi di circa 5° C; si registrano

in questo periodo punte minime spesso inferiori a 0° C. Le temperature più calde si verificano in agosto o in anche in luglio, con valore medio di circa 25° C.

La pluviometria media annua è di circa 560 mm. Le precipitazioni piovose sono concentrate nel periodo autunno-primavera, in particolare nei mesi di novembre / dicembre e marzo / aprile.

Le precipitazioni nevose si verificano generalmente al di sopra di 500 m s.l.m.

Nei mesi estivi, da giugno ad agosto (periodo arido), le precipitazioni piovose non superano quasi mai i 100 mm. L’indice di aridità di De Martonne (P/T+10) per dell’Alta Murgia è di 24,7: il clima dell’area può quindi essere anche definito “subumido” (valori da 20 a 30).

I venti provengono generalmente dai quadranti settentrionali (prevalentemente freddi) o occidentali e meridionali

(prevalentemente caldi); denominazioni locali dei venti sono “Tramontana e Grecale” da Nord, freddo e secco accompagnato da gelo; “Favonio” da Sud e Sud-Ovest, caldo e secco.

La vegetazione potenziale è tipica dell’area sub-mediterranea, con latifoglie eliofile decidue ed in particolare lecci. Nell’area si notano segni di trasformazioni paesaggistiche considerate relativamente recenti, come dissodamento dei pascoli, grandi infrastrutture e opere, attività estrattive, ma anche trasformazioni “storiche”: dall’osservazione generale e dalle fonti storiche, si evince che, in passato, l’area doveva vedere una consistente presenza di boschi, sebbene le attuali caratteristiche pedo-climatiche non sembrano deporre in tal senso.

E’ tuttavia da considerare che la pratica del disboscamento, ed i fenomeni erosivi connessi, possono aver apportato importanti cambiamenti al suolo, al macroclima e, quindi, alla vegetazione. Grandi alberi sono comunque presenti in vicinanza di manufatti rurali, masserie, lame ecc.

2) Fattori umani rilevanti per il legame.

Elementi importanti per le peculiarità del vino sono il vitigno e l’ambiente, quest’ultimo inteso anche sotto l’aspetto antropologico. Molto importanti infatti sono i fattori umani presenti nella zona di produzione che incidono sulle caratteristiche della produzione.

Nel corso del tempo, accanto alle antiche forme di allevamento della vite ad alberello e a Guyot, tradizionalmente adottate nell’area viticola di Moscato di Trani quali naturale connubio con una viticoltura di ambiente caldo-arido, si è visto un graduale inserimento di forme di tipo più espanso indirizzate all’incremento delle rese.

Tuttavia, la cospicua profondità della falda freatica nell’altopiano carsico murgese e l’elevato costo quindi connesso all’estrazione idrica hanno di fatto

limitato il ricorso all’irrigazione e, di conseguenza, l’impiego delle forme d’allevamento espanse, risultate generalmente confinate nelle zone più basse e fertili.

Tuttavia, oggi vengono presi in considerazione anche genotipi meno vigorosi al fine di non esaltare eccessivamente lo sviluppo vegetativo delle viti in primavera, allorché il terreno è ancora dotato di buon livello d’umidità.

Attualmente, si realizzano principalmente vigneti con densità di 3.636 viti/ettaro (2,20 m x 1,25 m) nei nuovi impianti a contro spalliera. Nei casi in cui permane la forma d’allevamento a tendone si adotta densità di piantagione di 1.890 viti/ettaro, con distanze di piantagione di 2,30 m x 2,30 m.

La maggior parte dei vigneti è allevata con sistema di potatura corta, facilmente meccanizzabile, come il cordone speronato, e sistemi di potatura mista, con ritorno al Guyot per gli impianti a contro spalliera, mentre per gli impianti a tendone la potatura è fatta su classici 3 – 4 capi a frutto.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all’ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare, presentano dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte nell’ articolo 6, che ne permettono una chiara tipicizzazione legata al territorio.

In modo particolare sono presenti caratteristiche chimico-fisiche molto equilibrate, dal punto di vista organolettico sono prevalenti gli aromi dei vitigni prevalenti.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’area “Moscato di Trani” si colloca nella porzione Nord Occidentale del bacino viticolo omogeneo “Murgia Centrale”, uno dei tre “bacini viticoli omogenei” individuati dalla Regione Puglia.

Nella scelta delle zone di produzione vengono utilizzati i terreni con buona esposizione idonei ad una produzione vitivinicola di qualità.

La tradizione vitivinicola millenaria della zona è attestata da numerosi documenti di notevole valore storico ( archivi e biblioteche monastiche ) e da opere d’arte risalenti al periodo della Magna Grecia ( Museo Jatta), sono l’attestazione fondamentale dello stretto legame esistente tra i fattori umani e le qualità e le caratteristiche peculiari del vino.

L’uomo, intervenendo sul territorio, ha nel corso dei tempi tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione ed enologiche, che nell’epoca moderna, grazie al progresso scientifico e tecnologico sono state notevolmente migliorate ed affinate fino all’ottenimento di vini che al giorno d’oggi godono di notevole fama per le loro qualità particolari sia a livello nazionale che mondiale.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari,

C.so Cavour n. 2

70121 BARI

La Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.