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OLTREPÒ PAVESE METODO CLASSICO D.O.C.G.

BONARDA DELL'OLTREPÒ PAVESE D.O.C.

OLTREPÒ PAVESE D.O.C.

OLTREPÒ PAVESE PINOT GRIGIO D.O.C.

PINOT NERO DELL'OLTREPÒ PAVESE D.O.C.

VIGNETI PIETRA DE GIORGI

VIGNETI PIETRA DE' GIORGI

OLTREPÒ PAVESE METODO CLASSICO

D.O.C.G.

Decreto 27 luglio 2007

Modifica Comunicato G.U. 199 - 28.08.2007

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La Denominazione di origine controllata e garantita "Oltrepò Pavese" é riservata al vino Spumante ottenuto con Metodo Classico già riconosciuto a denominazione di origine controllata con DPR 6 agosto 1970 e successive modifiche, che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

"Oltrepò Pavese" metodo classico,

"Oltrepò Pavese" metodo classico rosé,

"Oltrepò Pavese" metodo classico Pinot nero,

"Oltrepò Pavese" metodo classico Pinot nero rosé.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a Denominazione di origine controllata e garantita "Oltrepò Pavese" metodo classico devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti, aventi nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

"Oltrepò Pavese" metodo classico e "Oltrepò Pavese" metodo classico rosé:

Pinot nero: minimo 70%;

Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente fino ad un massimo del 30%.

 

"Oltrepò Pavese" metodo classico Pinot nero e "Oltrepò Pavese" metodo classico Pinot nero rosé:

Pinot nero: minimo 85%;

Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente fino ad un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione delle uve destinate all'elaborazione del vino "Oltrepò Pavese" metodo classico comprende la fascia vitivinicola collinare dell'Oltrepò Pavese per gli interi territori dei seguenti comuni in provincia di Pavia:

Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de Giorgi, Rocca de Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo

e per parte dei territori di questi altri comuni:

Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebello della Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Santa Giuletta, Stradella, Torricella Verzate.

 

Tale zona e così delimitata:

parte dai km 136+150 della strada statale n. 10, la linea di delimitazione scende verso sud seguendo la strada provinciale Bressana-Salice Terme, sino al bivio di Rivanazzano. Qui si devia verso ovest lungo la strada che da Rivanazzano porta alla Cascina Spagnola, per piegare a quota 139 verso sud e raggiungere il confine provinciale e regionale Pavia-Alessandria, che segue fino a Serra del Monte.

Da questo punto la linea di delimitazione raggiunge Casa Carlucci e prosegue in direzione sud, lungo il confine che divide i comuni di Ponte Nizza e Bagnaria fino al torrente Staffora, includendo San Ponzo Semola.

Di qui la linea di delimitazione segue la statale Voghera-Varzi-Penice fino all'abitato di Ponte Nizza, indi devia a est-nord-est seguendo la provinciale di fondo valle per Val di Nizza.

Prosegue quindi in direzione nord lungo il confine comunale tra ponte Nizza, Val di Nizza e Montesegale sino al Rio Albaredo e con esso raggiunge il torrente Ardivestra, con il quale si identifica risalendo verso est a raggiungere la Cascina della Signora. Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in direzione nord seguendo la strada provinciale Godiasco-Borgoratto Mormorolo, a incontrare il confine dei comuni Fortunago e Ruino. Prosegue sul confine comunale meridionale di Ruino a raggiungere il confine provinciale tra Pavia-Piacenza.

La delimitazione orientale del comprensorio é costituita dal confine provinciale Pavia-Piacenza sino al suo incontro con la strada statale n. 10, per raggiungere la strada provinciale Bressana-Salice Terme che incrocia al km 136+150 del comprensorio, punto di partenza della delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

4.1. Condizioni naturali dell'ambiente

Le condizioni ambientali e di coltura del vigneto destinato alla produzione dei vini a D.O.C.G. "Oltrepò Pavese" metodo classico devono essere quelle normali della zona di produzione e, comunque, atte a conferire alle uve le specifiche tradizionali caratteristiche di qualità.

Il materiale vegetale utilizzato per i nuovi impianti, gli infittimenti e le sostituzioni di piante, deve essere effettuato esclusivamente con materiale vivaistico certificato.

I vigneti devono essere posti su terreni di natura calcarea o calcareo–argillosa e su pendici collinari ben soleggiate escludendo comunque i fondo valle e i terreni di pianura.

4.2. Densità di impianto

Per i vigneti impiantati successivamente all'entrata in vigore del presente disciplinare (nuovi impianti e reimpianti) la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 4.000.

4.3. Sesti d'impianto e forme di allevamento

I sesti di impianto, le forme di allevamento (controspalliera) e i sistemi di potatura devono essere quelli di tipo tradizionale e, comunque, i vigneti devono essere governati in modo da non modificare le caratteristiche dell'uva, del mosto e del vino base.

4.4. Irrigazione

E' consentita l'irrigazione di soccorso.

4.5. Resa ad ettaro e gradazione minima naturale

La produzione massima di uva ad ettaro ed il titolo alcolometrico volumico naturale minimo sono i seguenti:

 

Oltrepò Pavese metodo classico: 10,00 t/ha, 9,50% vol.;

Oltrepò Pavese metodo classico rosé: 10,00 t/ha, 9,50% vol.;

Oltrepò Pavese metodo classico Pinot nero: 10,00 t/ha, 9,50% vol.;

Oltrepò Pavese metodo classico Pinot nero rosé: 10,00 t/ha, 9,50% vol.

 

Anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restando la resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

Oltre detto limite del 20% decade il diritto alla Denominazione di origine controllata e garantita "Oltrepò Pavese" metodo classico per tutta la partita.

La Regione Lombardia, con proprio decreto, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le organizzazioni di categoria interessate, ogni anno prima della vendemmia può, in relazione all'andamento climatico ed alle altre condizioni di coltivazione, stabilire un limite massimo di produzione inferiore a quello fissato, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

5.1. Zona di vinificazione ed elaborazione

Le operazioni di ammostamento delle uve, di vinificazione per la produzione dei vini base da sottoporre a successiva elaborazione ai fini della produzione di vino a Denominazione di origine controllata e garantita "Oltrepò Pavese" metodo classico, nonché le operazioni di invecchiamento e affinamento devono essere effettuate all'interno della zona di produzione delimitata al precedente art. 3.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, le suddette operazioni sono consentite anche nell'intero territorio della provincia di Pavia, nonché nelle frazioni di Vicobarone e Casa Bella del comune di Ziano Piacentino in provincia di Piacenza.

Le bottiglie non etichettate e ancora in fase di elaborazione, cioè non atte al consumo diretto, purché tappate con tappo a corona recante il nome della denominazione possono essere cedute nell'interno della sola zona definita al presente comma.

5.2. Resa uva/vino

Le rese massime dell'uva in vino devono essere le seguenti:

 

{Oltrepò Pavese} metodo classico: 60%, 60,00 hl/ha;

{Oltrepò Pavese} metodo classico rosé: 65%, 65,00 hl/ha;

{Oltrepò Pavese} metodo classico Pinot nero: 60%, 60,00 hl/ha;

{Oltrepò Pavese} metodo classico Pinot nero rosé: 65%, 65,00 hl/ha.

 

Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra ma non oltre il 5% del vino totale finito, anche se la produzione ad ettaro resta al di sotto del massimo consentito, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata e garantita.

Oltre detto limite del 5% sul vino totale finito, decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutta la partita.

5.3. Scelta vendemmiale

Le uve destinate alla Denominazione di origine controllata e garantita "Oltrepò Pavese" metodo classico possono essere rivendicate, con la scelta vendemmiale, anche per i vini a denominazione di origine controllata "Oltrepò Pavese" tipologia Pinot nero, nonché é consentito con la scelta di cantina passare dal vino base della D.O.C.G. "Oltrepò Pavese" metodo classico alla D.O.C.

"Oltrepò Pavese" Pinot nero (vinificato in bianco e rosato), purché siano rispettate tutte le condizioni previste dai rispettivi disciplinari di produzione.

5.4. Arricchimento

È consentito l'arricchimento nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali.

5.5. Modalità di elaborazione

Nella elaborazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche corrispondenti agli usi locali, leali e costanti, atti a conferire agli spumanti "Oltrepò Pavese" metodo classico le loro rispettive caratteristiche in conformità alle norme comunitarie e nazionali.

In particolare deve essere utilizzata esclusivamente la tradizionale tecnica di rifermentazione in bottiglia.

5.6. Permanenza sulle fecce

Il vino a Denominazione di origine controllata e garantita "Oltrepò Pavese" metodo classico deve subire prima dell'immissione al consumo,

un periodo minimo di permanenza sulle fecce di quindici mesi;

per il millesimato il periodo minimo é di ventiquattro mesi.

Tale periodo decorre dalla data di imbottigliamento e comunque non prima del 1° gennaio successivo alla raccolta delle uve.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a Denominazione di origine controllata e garantita "Oltrepò Pavese" metodo classico, all'atto dell'immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

"Oltrepò Pavese" metodo classico:

spuma: fine e persistente;

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: bouquet fine, gentile, ampio;

sapore: sapido, fresco e armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Oltrepò Pavese" metodo classico Pinot nero:

spuma: fine e persistente;

colore: paglierino con riflessi più o meno aranciati;

profumo: bouquet proprio della fermentazione in bottiglia, gentile, ampio e persistente;

sapore: sapido, buona struttura, fresco e armonico;

titolo alcololometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Oltrepò Pavese" metodo classico rosé:

spuma: fine e persistente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: bouquet fine, gentile;

sapore: sapido, armonico e moderatamente corposo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 gr/l.

 

"Oltrepò Pavese" metodo classico Pinot nero rosé:

spuma: fine e persistente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: bouquet fine, gentile, ampio;

sapore: sapido, di buona struttura e fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

Il vino a D.O.C.G. "Oltrepò Pavese" metodo classico rosé può essere immesso al consumo anche con la tipologia "cremant", qualora in possesso delle specifiche caratteristiche previste dalla normativa vigente.

È facoltà del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, modificare per i vini di cui sopra i limiti indicati per l'acidità' totale e l'estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

7.1. Qualificazione

Nella designazione e presentazione dei vini spumanti di cui all'art. 1 é vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quella prevista dal presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi "fine", "scelto", "selezionato", "superiore", "vecchio" e similari.

È tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno l'acquirente.

7.2. Menzioni facoltative

Per il vino a Denominazione di origine controllata e garantita "Oltrepò Pavese" metodo classico vinificato in rosato, anche nella tipologia Cremant, é ammessa esclusivamente la designazione rosé.

7.3. Residuo zuccherino

L'indicazione del contenuto zuccherino per i vini a D.O.C.G. "Oltrepò Pavese" metodo classico, nei limiti stabiliti della normativa comunitaria e nazionale, é obbligatoria fino alla caratteristica di sapore demisec.

È vietato l'utilizzo della tipologia dolce.

7.4. Caratteri e posizioni in etichetta

Le menzioni facoltative, esclusi i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell'etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione di origine del vino, salvo le norme generali più restrittive.

La specificazione tradizionale "Denominazione di Origine Controllata e Garantita" deve seguire immediatamente al di sotto la denominazione "Oltrepò Pavese", senza interposizione di altre menzioni facoltative o obbligatorie.

Per identificare il vino a D.O.C.G. "Oltrepò Pavese" metodo classico é vietato utilizzare il termine "Vino Spumante".

7.5. Annata

Nell'etichettatura l'indicazione dell'annata di produzione é facoltativa per i vini D.O.C.G. "Oltrepò Pavese" metodo classico.

Soltanto in presenza dell'indicazione dell'annata della vendemmia si può utilizzare la dicitura "Millesimato".

 

Articolo 8

Confezionamento

 

8.1. Recipienti e tappatura

Per la tappatura é obbligatorio il tappo di sughero a fungo, con il tradizionale ancoraggio a gabbietta, marchiato indelebilmente con la dicitura "Oltrepò Pavese" metodo classico.

Per le bottiglie con contenuto nominale non superiore a ml 200 é consentita la chiusura con tappo a vite.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1) Fattori naturali rilevanti per il legame.

L’area dell’Oltrepò Pavese Metodo Classico si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia.

L’area è caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord.

Analisi pedopaesaggistica

L’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. Il paesaggio è quello preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano formazioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi.

I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò Pavese, appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate. Quelli del Pliocene si limitano a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello della Battaglia, Torrazza Coste, Casteggio e in alcune zone più orientali (Montù Beccaria).

Le formazioni mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione di

oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne. Il piano più recente è dato dal Messiniano, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto precisa.

Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano, Castana, Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Torricella Verzate e in piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e Godiasco.

Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco fanno parte del Langhiano, costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare assai profondo.

I terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole, talvolta giallastre, in strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei.

Il passaggio all’Oligocene

avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei, scistosi, ma prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano, che ha notevoli estensioni nei dintorni di Rocca Susella, Borgo Priolo e Calvignano. L’Oligocene, che forma un periodo di transizione fra Eocene e Miocene, non ha limiti ben definiti: si estende per circa 13.000 ettari su un vasto territorio di collina e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo Versiggia, a Ruino e a Varzi. Le formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da argille scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastante di calcare marnoso.

Gli scisti galestrini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo estese superfici dell’alta collina. Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare marnoso, comprende 16.000 ettari ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa collina con vertici a Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni.

Geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, mentre dal punto di vista agronomico le differenze sono meno sensibili. Le zone viticole con caratteristiche litologiche omogenee sono:

• Depositi alluvionali terrazzati: si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza, inserendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilievi costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare.

Si tratta di depositi elastici incoerenti a granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia potenza e colore.

• Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille: unità che raggruppa tutte quelle formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litologica di cui è difficile la suddivisione in litofacies.

È costituita da arenaria, brecce, calcari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi, conglomerati e argille, che generalmente costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati.

Affiora estesamente nella parte collinare della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune di Retorbido e prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino San Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana.

Un altro affioramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella.

• Alternanze a dominante arenacea: litofacies caratterizzata da alternanze più o meno regolari di arenarie variamente cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio.

Solitamente hanno maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e argillosi, ma localmente si può avere predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica.

Nel primo caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo si hanno spessori di pochi centimetri.

La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, è assai varia con pareti verticali e pendii a modesta acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre eluvio-colluviale.

Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con formazioni argillose.

Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltre padani, in particolare modo in quelli della zona centro-occidentale, dove riveste una certa importanza viticola.

• Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso: costituita da alternanze ritmiche di calcari marnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm e argille in strati da 5 a 70 cm.

Dal punto di vista morfologico forma rilievi con pendenze modeste. La facile degradabilità dei litotipi più fini favorisce la formazione di un’estesa coltre eluvio-colluviale che su pendii meno accentuati può assumere anche spessori notevoli.

Sono frequenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo i versanti più in pendio. Affiora estesamente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi fino alle sorgenti del torrente Versa al confine con la provincia di Piacenza. Un’altra striscia importante e intensamente vitata, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino

attraversando trasversalmente la Valle Scuropasso.

• Gessi: unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, che affiora su estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite.

Si riscontrano queste zone nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca.

La radiazione solare

La radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, mentre nelle zone collinari bisogna considerare anche gli effetti della pendenza, dell’esposizione e dell’orizzonte orografico tipico di ciascun vigneto.

L’Oltrepò è caratterizzato da un’estrema disomogeneità della distribuzione della radiazione sul territorio collinare, disomogeneità che rappresenta una chiave di lettura importante per individuare le diverse vocazionalità del territorio per la coltura della vite. Mediamente l’area orientale si presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di valore di radiazione solare, compresa tra 2.250 e 3.000 MJ/m2 all’anno, mentre l’aria occidentale si contraddistingue per avere un andamento collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud molto assolati, che raggiungono spesso, valori di radiazione solare superiori a 2.750 MJ/m2 all’anno.

La temperatura dell’aria

Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa 1/2°C.

L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la fascia di collina e quella più propriamente montana. La media delle minime è per lo più inferiore a 0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a quelli delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione termica.

Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22/24°C), così come le minime, che si verificano nei mesi di gennaio o febbraio e sono comprese fra i – 8 e i – 13°C. Sono invece poco omogenee le massime mensili: a quote inferiori ai 500 m (circa 28/30°C) sono sensibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25/27°C).

Le precipitazioni

La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed un minimo rispettivamente nei mesi di novembre (143 mm) e di luglio (47 mm). In media il mese più piovoso nella stagione primaverile risulta essere maggio (121 mm).

La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da ovest verso est che indica l’approssimarsi dei minimi precipitativi nell’alessandrino (556 mm/anno).

2) Fattori umani rilevanti per il legame.

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini a Denominazione di Origine Oltrepò Pavese Metodo Classico.

Considerato, sin dai tempi di Strabone, una zona di produzione di vini di qualità, l'Oltrepò Pavese è quel lembo di terra collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d'incontro di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna.

Tale peculiare caratteristica rende l'Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro.

Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite. Un'importante testimonianza arriva dal reperto di un tralcio di vite, risalente ai tempi preistorici, trovato nei pressi di Casteggio, un tempo detta Clastidium. Strabone, nel I secolo A.C., attribuì all'Oltrepò Pavese l'invenzione della botte.

Nei suoi testi fu descritta di dimensioni più grandi delle case. Nei secoli successivi s’incontrano poi altre testimonianze. Andrea Bacci, per esempio, nel XVI secolo, descrisse i vini di tale zone con il termine “eccellentissimi”.

L'Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo.

E' sufficiente ricordare che nel 1884 l'Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni.

Oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, ciò nonostante il panorama vinicolo oltrepadano è ancora molto ricco, soprattutto per quanto concerne le tipologie di vino prodotte.

Nel corso dei decenni la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio, tanto che nel 1970 il vino Oltrepò Pavese Spumante, vinificato con Metodo Classico, è stato riconosciuto come tipologia della DOC Oltrepò Pavese con DPR del 6 agosto e nel 2007 è stato elevato a DOCG autonoma.

L’incidenza dei fattori umani nel corso della storia è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del presente disciplinare di produzione:

la base ampelografia dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione dei vini in questione sono fra quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: Pinot nero e Chardonnay;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto ed i sistemi di potatura:

anche per i nuovi impianti: sono quelli tradizionali e permettono la migliore e più razionale disposizione delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata e bene esposta superficie fogliare e di contenere le rese di produzione entro i limiti fissati dal presente disciplinare;

le pratiche relative all’elaborazione dei vini: sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in bianco e in rosato di vini spumanti con il tradizionale metodo della rifermentazione in bottiglia.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

La DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico è riferita a diverse tipologie di vino (Metodo Classico bianco e rosé e Metodo Classico con indicazione varietale Pinot nero bianco e rosé).

Dal punto di vista analitico ed organolettico ciascuna tipologia presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari

(descritte all’Articolo 6), che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

I vini a DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico sono mediamente di colore paglierino cristallino e, nella tipologia rosè, di colore rosato più o meno intenso; il bouquet è quello proprio della fermentazione in bottiglia, gentile, ampio e persistente; in bocca risultano sapidi, di buona struttura, freschi e armonici; la spuma è fine e persistente.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).

Grazie alle indagini condotte sul territorio dell’Oltrepò Pavese iniziate con lo studio di zonazione realizzato a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione provinciale di Pavia, coordinato dall’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza, dell’ERSAF e conclusesi con esperienze di monitoraggio del territorio condotte dall’Università di Milano e dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è stato possibile ottenere una mappa delle unità territoriali che rappresenta la sintesi delle informazioni scientifiche raccolte.

Le differenti vocazionalità territoriali prevedono l’individuazione di aree particolarmente adatte alla produzione di uve per la produzione di base spumante bianca o rosé. Le varie delimitazioni sono state create analizzando i parametri climatici, pedologici e morfologici.

Le aree più indicate per la base Metodo Classico sono le seguenti:

UNITÀ TERRITORIALE I

La zona è contraddistinta da buoni valori di radiazione fotosinteticamente attiva (PAR: media 2300 MJ/m2*anno). L’area si sviluppa prevalentemente nella fascia collinare più interna e, data l’ampiezza, è caratterizzata da altitudini variabili tra i 150 m e i 550 m delle aree più estreme; presenta una classe di piovosità elevata (> 850 mm).

La temperatura media annua è di 11°C e risulta essere più fresca della prima fascia collinare di circa 1-2°C; la media estiva è di 22°C con oscillazioni di circa 2°C tra le aree più elevate e i versanti meglio esposti.

Durante il periodo vegetativo della pianta l’unità si contraddistingue per le elevate escursioni termiche giornaliere.

Le temperature medie invernali possono scendere sotto lo zero termico. L’esposizione dei versanti è prevalentemente verso est/nord (70%) e sud (30%) e con pendenze medie del 20%.

Paesaggio: area collinare dell’Oltrepò Orientale collocata tra i comuni di Montecalvo Versiggia, Rovescala e Santa Maria della Versa. Il paesaggio è costituito prevalentemente da dorsali ampiamente arrotondate, intervallate da tratti subpianeggianti.

I versanti sono ampi e di forma variabile, anche molto ondulati, con pendenze da moderate a moderatamente elevate.

Geologia: il substrato è soffice e in maggior parte di natura argillosa (argille-marnose) con valori variabili e crescenti di calcare (marne).

Suoli: il suolo è facilmente lavorabile con la possibilità diffusa nei versanti più scoscesi di fenomeni erosivi. I suoli si presentano di tessitura fine (argillo-limoso), prevalentemente profondi, molto calcarei, con capacità di drenaggio mediocre e scheletro scarso. Il pH è alcalino.

Vocazionalità: area adatta in particolare alla produzione di vini spumante di elevato pregio, prodotti con uve caratterizzate da un ottimo rapporto tra tenore zuccherino e livello acidico.

Caratteristiche del vino: il profilo si presenta ampio e complesso. I vini sono caratterizzati da note floreali superiori alla media, accompagnate da sentori di frutta matura (mela, ananas).

In ugual misura si percepiscono fragranze di vegetale secco con richiami di fieno e paglia. Mediamente percepite sono le note erbacee e speziate, in particolar modo di pepe. I

l vino risulta mediamente minerale con un buona struttura e persistenza alla degustazione. Particolarmente acido e con una discreta percezione dell’amaro.

UNITÀ TERRITORIALE II

Le aree presentano caratteristiche ambientali, paesaggistiche, geologiche e pedologiche simili all’Unità I con la differenza che la zona delimitata è caratterizzata da maggiori valori di radiazione fotosinteticamente attiva (PAR: media 2500 MJ/m2*anno) e si sviluppa prevalentemente nelle fascia collinare intermedia.

L’area interessa prevalentemente i comuni di Mornico Losana, Pietra de’ Giorgi, Montù Beccaria, Montalto Pavese e Borgo Priolo.

Nella fascia collinare più interna si localizzano alcune aree di particolare vocazione: Caseo, località Bellaria, località Valorsa e Canavera.

Le altitudini sono in media comprese tra i 150 m e i 350 m con aree a ottima esposizione e ottimo microclima anche ad altitudini superiori (350 – 450 m). Le temperature risultano sostenute nelle ore centrali della giornata e specialmente nelle aree più elevate si riscontrano forti abbassamenti durante le ore serali e notturne spesso accompagnati dalla presenza di brezze serali.

L’esposizione dei versanti è principalmente verso sud/ovest (80%) con pendenze medie del 20%.

Vocazionalità: area con ottime potenzialità per la produzione di uve da spumante di elevato pregio.

Alcune aree circoscritte si contraddistinguono per l’elevato profilo aromatico anche se con un minor potenziale varietale per struttura e colore rispetto a zone poste ad altitudini inferiori.

Caratteristiche del vino: vino equilibrato frutto di una buona maturazione delle uve dove i sentori floreali, fruttati e di vegetale risultano prevalere sulle note erbacee e speziate. In bocca il vino si distingue per possedere una discreta sapidità e freschezza e buona struttura.

UNITÀ TERRITORIALE III

L’unità interessa esclusivamente la prima fascia collinare con altitudini comprese tra 150 m e 250 m; è caratterizzata da valori di radiazione fotosinteticamente attiva medi (PAR media 2250 MJ/m2*anno) e da tenori pluviometrici compresi tra 750 e 860 mm/anno.

Le temperature medie annue sono molto differenti tra la pedecollina e le sommità. Il clima è condizionato dall’elevata

inerzia termica del bacino padano che, con effetto tampone, mantiene nel corso di tutto l’anno temperature costanti. L’area è soggetta all’effetto del vento di föhn che favorisce l’abbassamento dell’umidità dell’aria aumentando l’evapotraspirazione e la diminuzione dell’acqua nel suolo.

L’inverno è mite e induce una certa precocità nella ripresa vegetativa mentre le estati sono molto calde.

Data l’eterogeneità della distribuzione orografica delle valli non vi è una esposizione di versante prevalente; le pendenze sono importanti e possono assumere anche valore prossimi al 35%.

Paesaggio: l’area si estende nella prima fascia collinare tra Casteggio e Stradella ed è costituita da valli e vallecole che si aprono a ventaglio sulla Pianura Padana; è caratterizzata da ripidi versanti e fitti crinali con substrati rocciosi relativamente soffici che risultano in buona parte lavorabili.

La maggior parte dell’area è adibita alla coltivazione a vigneto.

Geologia: il substrato è costituito prevalentemente da rocce calcaree limoso-argillose. Nell’area del Monte San Contardo e Santa Giuletta/Mornico Losana si riscontra un substrato di arenarie alternate a sabbie e limi.

Suoli: il suolo si presenta con una tessitura da grossolana a media, con scarsa presenza di scheletro e moderatamente profondo.

Sono presenti strati rocciosi profondi di facile lavorabilità. L’area è molto calcarea con pH alcalino e drenaggio buono.

Vocazionalità: la precocità dalle zona esalta la maturazione della bacca e dei vinaccioli, fornendo basi spumanti non particolarmente fresche ma con elevato corpo e sapidità.

Caratteristiche del vino: le note floreali (fiori bianchi, acacia, zagara) lasciano maggior spazio a sentori di frutta matura (mela, ananas) e vegetale secco (fieno). I vini sono caratterizzati da limitate note speziate ed erbacee.

UNITÀ TERRITORIALE IV

La zona è contraddistinta da valori di radiazione fotosinteticamente attiva medio-bassi (PAR: tra 1800 e 2200 MJ/m2*anno); l’area si sviluppa prevalentemente nella fascia collinare più interna con altitudini elevate comprese tra i 300 m e i 550 m.

Nell’area orientale si risconta una classe di piovosità superiore (> 850 mm), mentre ad ovest si risconta una minore piovosità annua (740 mm).

Il territorio è caratterizzato da una esposizione dei versanti prevalentemente verso sud/ovest (specialmente nei versanti maggiormente vitati) con pendenze medie comprese tra il 10 e il 30%.

L’ambiente si presenta caratterizzato da elevati sbalzi termici specialmente nei periodi estivi. In media le temperature risultano essere inferiori di circa 3°C rispetto le zone più basse con inverni freddi e con estati mediamente calde. L’area si contraddistingue per essere caratterizzata da versanti verso sud ben illuminati e freschi.

Paesaggio: l’unità si sviluppa nell’area sud occidentale dell’Oltrepò tra i comuni di Rocca Susella, Fortunago fino a Rocca de’ Giorgi.

Il territorio è caratterizzato da ampie dorsali arrotondate con versanti di forma variabile, anche molto ondulati, con pendenze da moderate a moderatamente elevate.

L’area è facilmente aggredibile dalle lavorazioni e nei versanti più scoscesi sono diffusi fenomeni di erosione. Il paesaggio agrario è caratterizzato dall’alternanza di vigneti, di prati e di aree boschive.

Geologia: il substrato è caratterizzato dalla successione di marne ed arenarie poco coese. Alcuni punti si caratterizzano per una natura argillo-calcarea.

Suoli: i suoli si presentano con profondità media, scheletro scarso e tessitura media. Il calcare risulta elevato. La capacità di drenaggio è generalmente buona mentre nelle zone orientali risulta mediocre.

Vocazionalità: zona collinare caratterizzata da elevate escursioni termiche e clima temperato particolarmente adatta alla produzione di Pinot nero destinato alla spumantizzazione specialmente se vinificato in rosato.

Caratteristiche del vino: l’unità è destinata alla produzione di uve caratterizzate da un ampio profilo aromatico e da un’ottima dotazione acidica.

Le elevate escursioni termiche della zona determinano un vino particolarmente fresco, la cui caratteristica è esaltata nel profilo aromatico dalle spiccate note floreali e al palato da una gradevole nota acidula e buona struttura.

Il vitigno Pinot nero è grande e incontrastato protagonista della produzione di vino in Oltrepò Pavese.

Taluni ampelografi ipotizzano la presenza dei genotipi originari del Pinot già presenti sulle colline oltrepadane dal tempo dei romani; attendibili i riferimenti riconducibili all’Oltrepò Pavese che risalgono al 1500 ove si citano Pinolo, Pignolo gentile e Pignolo grappolato.

Nella seconda metà del XIX secolo il Pinot nero, così come lo conosciamo oggi, approda in Oltrepò Pavese e di seguito viene sperimentato in tutta la penisola e in Sicilia; la maggior parte degli addetti ai lavori valuta la produzione come uva da taglio e sorpresa dalla maturazione precoce, nonché dai danni provocati da uccelli e altri animali, abbandona il progetto.

Solo in Oltrepò Pavese il vitigno trova il suo habitat ottimale, grazie anche al lavoro intrapreso dall'allora ministro Agostino Depretis.

Quest'ultimo è colui che per primo intuisce la potenzialità del Pinot nero impiantato in alta collina e promuove la sua introduzione in Oltrepò Pavese.

Tale operazione incuriosisce gli spumantisti piemontesi, che iniziano a vedere in quella terra un ricco e importante serbatoio per le loro aziende.

I primi impianti si effettuano a Rocca de’ Giorgi nel 1865 per opera del Conte Carlo Giorgi di Vistarino che pochi anni dopo, unitamente all’imprenditore piemontese Carlo Gancia, inizia a elaborare e commercializzare lo Champagne italiano.

Ad emularlo, alla fine degli anni settanta, è l’Ing. Domenico Mazza di Codevilla che assume un enologo originario di Reims al fine di produrre bollicine e in breve tempo si ottengono ottimi risultati sia qualitativi, sia commerciali.

Due sono le tipologie di spumante proposte dall’azienda: uno secco, l’altro semi-secco.

Domenico Mazza arriva persino a progettare e a produrre una bottiglia particolare per lo spumante, in grado di resistere alle alte pressioni.

Significativo il riconoscimento, 1° posto, ricevuto all’Esposizione Nazionale di Milano del 1894; merita una segnalazione anche l’evento riportato nel 1886, dal Giornale Vinicolo Italiano, relativo al varo della nave “Vesuvio” avvenuto in quel di Napoli, ad opera del Principe Luigi di Savoia, con una bottiglia di Champagne Montelio.

Nel 1907 nasce a Casteggio la SVIC (Società Vinicola Italiana di Casteggio) e a dirigerla viene chiamato Pietro Riccadonna, uno dei padri della spumantistica moderna, che come motto per il lancio commerciale dello spumante fa sua l’affermazione biblica: “cos’è la vita se non spumeggia il vino?”.

Due anni dopo viene affiancato da Angelo Ballabio e, successivamente, altri due personaggi emergenti si aggregano a loro: Mario Odero e Raffaello Sernagiotto i quali operano molto bene.

Il loro prodotto varca l’oceano: nel 1912 il cartello pubblicitario “Gran Spumante SVIC” è collocato, in maniera ben visibile, accanto alla statua della libertà di New York per la commozione e la gioia degli emigranti oltrepadani che cercano fortuna nel nuovo mondo.

Con l’avvento della prima guerra mondiale (1915-18) la SVIC chiude i battenti e i quattro giovani imprenditori si dividono; solo due di loro, alla fine delle ostilità, procedono nel mondo della spumantistica: Angelo Ballabio a Casteggio e Pietro Riccadonna nel vicino Piemonte.

La fama dello spumante secco metodo champenois dell’Az. Agr. Ballabio varca in breve tempo i confini nazionali e dal 1931 può fregiarsi in etichetta del contrassegno di fornitore della Real Casa con l’autorizzazione ad apporre le insegne

ducali concessegli da Emanuele Filiberto Duca d’Aosta. Angelo passa il testimone al figlio Giovanni, che sino alla morte (1975) resta per il territorio il Signore della spumantistica oltrepadana.

Nel frattempo emergono altre realtà nel mondo locale delle bollicine: negli anni trenta dello scorso secolo è la Cantina Sociale La Versa a dare il via alla produzione di spumante, ma soprattutto pone le basi per una corretta e professionale spumantizzazione con rifermentazione in bottiglia; fa seguito nel 1958 l’Az. Agr. Malpaga di Canneto Pavese.

Con l’avvento, nel 1970, della DOC Oltrepò Pavese e con la presidenza della Cantina La Versa affidata al Duca Antonio Denari, inizia una nuova era per la spumantistica locale e la Cantina Sociale di S. Maria ne diventa la locomotiva trainante.

Nel 1971 nasce dal Consorzio Vini Tipici il Consorzio Volontario dei Vini DOC Oltrepò Pavese, a presiederlo è il medesimo Duca Denari che, successivamente, viene eletto anche a capo dell’Istituto dello Spumante Classico Italiano; il suo carisma lo porta ad essere tra i primattori del settore e il Pinot nero made in Oltrepò diventa una grande realtà per l’intera spumantistica nazionale.

La tradizione è continuata fino ad oggi con il riconoscimento, nazionale e internazionale, dell’Oltrepò Pavese quale territorio d’eccellenza per la produzione di spumante metodo classico da uve di Pino nero.

Questo vitigno è passato dai circa 600 ettari coltivati intono agli anni ’60 ai circa 2.800 nel 2010 (in Italia si stima attualmente una superficie totale a Pinot nero di poco inferiore ai 4.000 ettari).

È presente un po’ in tutto l’Oltrepò anche se è soprattutto coltivato in Valle Versa, Valle Scuropasso e a Montalto Pavese. La produzione annua di Vini spumanti in Oltrepò è pari a 12 milioni di bottiglie annue, di cui 1,5 milioni riservate alla tipologia Spumante Metodo Classico.

Inoltre, considerata l'importanza produttiva del vino ottenuto secondo il metodo tradizionale della fermentazione in bottiglia, una buona parte dei produttori ha dato vita nel 1984 alla associazione “Produttori del Classese”, che raggruppa le aziende che aderiscono ad ulteriori controlli sulla lavorazione e sulle qualità organolettiche delle produzioni.

Di seguito si riporta una descrizione della vitivinicoltura dall’800 ai primi del ‘900, ricavata dal testo di Fabrizio Bernini “Che cos’è la vita se non spumeggia il vino – storia della vitivinicoltura in Oltrepo Pavese”, edito nel 2001 da Ponzio Olona servizi grafici.

 

Capitolo XVIII - “La Cooperazione salva la nostra vitivinicoltura”

Dopo l’invasione della fillossera, l’estirpazione dei vigneti poco resistenti e la conseguente selezione per un reimpianto di viti più forti e produttive, avvierà il lento processo di trasformazione della vitivinicoltura mista, sino allora prevalente, in quella specializzata, incentivata dall’affermarsi dalle grandi case commerciali vinicole che già dall’inizio del ‘900 domineranno gran parte del commercio dei vini.

La prima forma organizzata di cooperazione si ha nel 1902 con la fondazione, per iniziativa del dott. Francesco Mazza di Voghera di una cooperazione che prese il nome di “Società Vinicola Stradellina”.

Fu l’inizio di quella proficua cooperazione tra i produttori che prenderà forza sotto la guida di Montemartini negli anni immediatamente seguenti con la costituzione delle cantine sociali, che ancora oggi rappresentano una realtà fondamentale per il vino dell’Oltrepò.

A presiedere la cooperativa di Stradella fu chiamato Siro Riccadonna, enologo di fama, e con lui Angelo Ballabio, fondatore di una delle più prestigiose entità produttive oltrepadane.

Da allora ai nostri giorni la famiglia Ballabio rimane una pietra miliare per la tradizione oltrepadana soprattutto

per la produzione dei sui eccellenti vini Metodo Classico.

La prima vera cantina sociale si costituì però a Montù Beccarla nel 1902, a cui seguirono quella di Broni sempre nel 1902, S. Maria della Versa nel 1905, S. Damiano al Colle e Canneto nel 1906, Casteggio e Torrazza Coste nel 1907.

In questa cornice si colloca la fondazione a Casteggio, sempre nel 1907, della “Società Vinicola di Casteggio”, meglio nota come “Svic”, affidata fin dai suoi esordi all’enologo Pietro Riccadonna (che dal 1909 troverà un valido collaboratore in Angelo Ballabio) che rimane famoso perché fu uno dei padri della moderna spumantizzazione e dal cui lavoro nacquero i primi spumanti metodo classico, che ottennero prestigiosi riconoscimenti a livello internazionale già dai primi anni del ‘900!

Sua è la famosa frase, che dà il titolo del testo da cui è tratta questa parte della relazione:

“che cos’è la vita se non spumeggia il vino?”.

Per la produzione di spumante metodo classico la “Svic” dalla Francia chiamò consulenti di fama e nel 1912 nasceva il “Gran Spumante Svic”, orgoglio di tutto l’Oltrtepò, portabandiera nel mondo dell’ingegno e della capacità professionale del nostro settore enologico.

“Basti pensare che i passeggeri delle grandi navi che dall’europa giungevano nel porto di New York, accanto alla statua della Libertà, erano inevitabilmente attratti dalla vistosa pubblicità del rinomato prodotto casteggiano, gioia degli americani sino al primo dopoguerra.”

L’importanza storica dello spumante prodotto in Oltrepò è testimoniata dal fascino che subì l’austero Emanuele Filiberto duca d’Aosta (cugino del re Vittorio Emanuele II, e assurto a rango di eroe nazionale quale comandante della Terza Armata schierata sul fronte carsico) che ebbe modo di apprezzare lo spumante secco prodotto dai Ballabio e che volle elargire alla ditta “uno speciale contrassegno della sua benevolenza accordandogli la qualifica prestigiosa di “Provveditore della Real Casa” e autorizzandolo a fregiarsi delle insegne ducali.

Di seguito si riporta invece un brano tratto dalla relazione del Prof. M. Fregoni - cattedra di Viticoltura dell’Università Cattolica di Piacenza - scritto per il convegno sul Pinot nero tenutosi a Broni nel febbraio 1992:

“I Pinots, con foglie spesso quasi rotonde e facilità di subire mutazioni, sono simili alle viti poco addomesticate sulle quali probabilmente poggiava la viticoltura agli albori della sua storia. Catone il Censore (nel secondo secolo a.C) parla di Helveolum vinum e Lucio Giunio Moderato Columella, in quella che può ritenersi una delle più importanti rassegne ampelografiche dell’era romana (De Re Rustica, primo sec. d.C.), descrive le varietà Helveolae caratterizzate da acini con colori Isabella-chiaro (Pinot grigio) e da frequente disomogeneità della colorazione delle bacche, buona fertilità espressa anche in terreni magri; questi caratteri inducono ad ascrivere a queste antiche varietà la probabile progenitura degli attuali “Pinots”. I primi Pinots furono introdotti probabilmente in Francia dai romani. Le prime citazioni che riguardano i Pinot (Pynos, Pinoz sono contenute in un documento del 1394 (VIALA et al. 1901). Interessanti sono a riguardo alcuni riferimenti (tra il 1500 e il 1800) a vitigni dalle caratteristiche probabilmente simili ai Pinots coltivati sulle colline piacentine e pavesi…

Oggi - concludeva il prof. Fregoni - l’Oltrepò Pavese è una delle più importanti zone vitivinicole europee e mondiali per la produzione di spumanti di qualità ed è il più grande “serbatoio” italiano di Pinot nero”.

La presenza della tipologia Spumante Metodo Classico, all’interno della DOC Oltrepò Pavese, risale alla nascita della DOC stessa avvenuta nel 1970.

Nell’anno 2007 essa è stata svincolata dalla DOC, con DM 27 luglio 2007, per elevarsi alla categoria DOCG grazie all’impegno profuso dal

Presidente del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, Vittorio Ruffinazzi, permettendo di nobilitare ulteriormente questa regione viticola.

La nascita di una Denominazione di Origine Controllata e Garantita per lo spumante metodo classico è legata alla storia, alla qualità e alla commercializzazione del Pinot nero, di cui l’Oltrepò Pavese è indiscusso territorio leader di produzione. L’Oltrepò Pavese è infatti il primo produttore italiano della pregiata varietà di Pinot nero per la produzione di spumanti di qualità da ormai 100 anni.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Valoritalia S.r.l.

via Piave, 24

00187 Roma

telefono: 0445 313088

fax: 0445 313080

e-mail: info@valoritalia.it

Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale

BONARDA DELL’OLTREPÒ PAVESE

D.O.C.

Decreto 03 agosto 2010

Modifica Decreto 03 novembre 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

 

La Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” è riservata ai vini, anche nella tipologia “frizzante”, che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini di cui all’art. 1 devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Croatina: dall’85% al 100%;

Barbera, Ughetta (Vespolina), Uva rara: congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini “Bonarda dell’Oltrepò Pavese" comprende la fascia vitivinicola collinare dell’“Oltrepò Pavese” per gli interi territori dei seguenti comuni in provincia di Pavia: Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de’ Giorgi, Rocca de’ Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo

e per parte dei territori di questi altri comuni:

Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebello della Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Santa Giuletta, Stradella, Torricella Verzate.

 

Tale zona è così delimitata:

parte dai km 136+150 della strada statale n. 10, la linea di delimitazione scende verso sud seguendo la strada provinciale Bressana-Salice Terme, sino al bivio di Rivanazzano.

Qui si devia verso ovest lungo la strada che da Rivanazzano porta alla Cascina Spagnola, per piegare a quota 139 verso sud e raggiungere il confine provinciale e regionale Pavia-Alessandria, che segue fino a Serra del Monte.

Da questo punto la linea di delimitazione raggiunge Casa Carlucci e prosegue in direzione sud, lungo il confine che divide i comuni di Ponte Nizza e Bagnaria fino al torrente Staffora, includendo San Ponzo Semola.

Di qui la linea di delimitazione segue la statale Voghera-Varzi-Penice fino all’abitato di Ponte Nizza, indi devia a est-nord-est seguendo la provinciale di fondo valle per Val di Nizza.

Prosegue quindi in direzione nord lungo il confine comunale tra ponte Nizza, Val di Nizza e Montesegale sino al Rio

Albaredo e con esso raggiunge il torrente Ardivestra, con il quale si identifica risalendo verso est a raggiungere la Cascina della Signora.

Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in direzione nord seguendo la strada provinciale Godiasco-Borgoratto Mormorolo, a incontrare il confine dei comuni Fortunago e Ruino.

Prosegue sul confine comunale meridionale di Ruino a raggiungere il confine provinciale tra Pavia-Piacenza.

La delimitazione orientale del comprensorio é costituita dal confine provinciale Pavia-Piacenza sino al suo incontro con la strada statale n. 10, per raggiungere la strada provinciale Bressana-Salice Terme che incrocia al km 136+150 del comprensorio, punto di partenza della delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

4.1) Condizioni naturali dell’ambiente

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini le specifiche tradizionali caratteristiche di qualità.

I vigneti devono essere posti su terreni di natura calcarea o calcareo-argillosa e su pendici collinari ben soleggiate escludendo comunque i fondovalle e i terreni di pianura.

4.2) Densità di impianto

Per i nuovi impianti ed i reimpianti la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 3.200.

4.3) Sesti d’impianto e forme d’allevamento

I sesti d’impianto, le forme di allevamento (controspalliera) e i sistemi di potatura devono essere quelli di tipo tradizionale e, comunque, i vigneti devono essere governati in modo da non modificare le caratteristiche dell’uva, del mosto e del vino.

Per i vigneti esistenti alla data di pubblicazione del presente disciplinare sono consentite le forme di allevamento già usate nella zona, con esclusione delle forme di allevamento espanse.

4.4) Irrigazione

É consentita l’irrigazione di soccorso.

4.5) Rese ad ettaro e gradazione minima naturale

Le produzioni massime di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” ed i titoli alcolometrici volumici naturali minimi devono essere i seguenti:

 

Bonarda: 12,50 t/ha, 10,50% vol.;

Bonarda frizzante: 12,50 t/ha, 10,50% vol.

 

Anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa uva ad ettaro dovrà essere riportata nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restando la resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

Oltre detto limite del 20% decade il diritto alla Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” per tutta la partita.

La Regione Lombardia, con proprio decreto, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le organizzazioni di categoria interessate, ogni anno prima della vendemmia può, in relazione all'andamento climatico ed alle altre condizioni di coltivazione, stabilire un limite massimo di produzione inferiore a quello fissato, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

5.1) Zona di vinificazione

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nella zona di produzione delimitata dall’art. 3.

Tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione é consentito che tali operazioni siano effettuate nell’intero territorio della provincia di Pavia, nonché nelle frazioni di Vicobarone e Casa Bella nel comune di Ziano Piacentino in provincia di Piacenza.

Sono altresì ammesse per l’intero territorio delle Regioni Lombardia e Piemonte le operazioni atte all’elaborazione delle tipologie di vini frizzanti previste dal presente disciplinare.

5.2) Resa massima uva/vino

Le rese massime dell’uva in vino devono essere le seguenti:

 

Bonarda: 70%

Bonarda frizzante: 70%

 

Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopra riportati, ma non oltre il 5%, l’eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata; oltre tale limite decade il diritto alla denominazione di origine per tutta la partita.

5.3) Modalità di vinificazione e di elaborazione

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche corrispondenti agli usi locali, leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro rispettive caratteristiche.

In particolare é ammessa la vinificazione congiunta o disgiunta delle uve che concorrono alla denominazione “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”.

Nel caso della vinificazione disgiunta, il coacervo dei vini, facenti parte della medesima partita, deve avvenire nella cantina del vinificatore entro il periodo di completo affinamento e comunque prima della richiesta della certificazione della relativa partita prevista dalla vigente normativa o prima della eventuale commercializzazione, all’ interno della zona contemplata dall’art. 5.1, come vino atto a “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”.

 

Articolo 6

Caratteristiche dei vini al consumo

 

I vini a Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” devono rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

 

“Bonarda dell’Oltrepò Pavese”:

colore: rosso rubino intenso;

profumo: profumo intenso e gradevole;

sapore: secco, abboccato, amabile talvolta vivace, leggermente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“Bonarda dell’Oltrepò Pavese” frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino intenso;

profumo: profumo intenso e gradevole;

sapore: secco o abboccato o amabile, leggermente tannico, fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 9,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vini può rilevare lieve sentore di legno.

E’ facoltà del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, modificare per i vini di cui sopra i limiti indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

7.1) Qualificazioni

Alla Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”, anche nella tipologia frizzante, è vietata l’aggiunta di qualsiasi menzione diversa da quelle previste dal presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi superiore, extra, fine, scelto, selezionato, vecchio, riserva e similari.

E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

7.2) Etichettatura

Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” deve essere riportata l’indicazione dell’annata di vendemmia da cui il vino deriva. Tale indicazione è facoltativa per la tipologia frizzante.

7.3) Caratteri e posizioni in etichetta

La denominazione “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” deve essere indicata nella designazione del prodotto in maniera consecutiva, anche su più righe, seguita immediatamente al di sotto dalla menzione specifica tradizionale “denominazione di origine controllata”.

Le menzioni facoltative, escluse i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell’etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione di origine del vino, salvo le norme generali più restrittive.

E’ altresì consentito l’uso della menzione tradizionale “vivace” per i vini che si presentano effervescenti a causa dell’anidride carbonica in essi contenuta, risultato di un processo di fermentazione esclusivo e naturale, secondo quanto previsto dalla vigente normativa comunitaria.

7.4) Marchio collettivo

La Denominazione di Origine Controllata “Bonarda Oltrepò Pavese” è contraddistinta obbligatoriamente dal marchio collettivo espresso nella forma grafica e letterale allegata al presente disciplinare, in abbinamento inscindibile con la denominazione. L’utilizzo del marchio collettivo è curato direttamente dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese che deve distribuirlo anche ai non associati, alle medesime condizioni di utilizzo riservate ai propri associati.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” di cui all’art. 1 devono essere immessi al consumo in bottiglie di vetro di capacità non superiore a litri 1,5.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

1. Fattori naturali rilevanti per il legame

L’area di produzione del vino “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”, si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia.

L’area è caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord.

Analisi pedopaesaggistica

L’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. Il paesaggio è quello preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano formazioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi.

I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò Pavese, appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate.

Quelli del Pliocene si limitano a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello della

Battaglia, Torrazza Coste, Casteggio e in alcune zone più orientali (Montù Beccaria).

Le formazioni mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione di oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne.

Il piano più recente è dato dal Messiniano, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto precisa.

Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano, Castana, Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Torricella Verzate e in piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e Godiasco.

Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco fanno parte del Langhiano, costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare assai profondo.

I terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole, talvolta giallastre, in strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei.

Il passaggio all’Oligocene avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei, scistosi, ma

prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano, che ha notevoli estensioni nei dintorni di Rocca Susella, Borgo Priolo e Calvignano.

L’Oligocene, che forma un periodo di transizione fra Eocene e Miocene, non ha limiti ben definiti: si estende per circa 13.000 ettari su un vasto territorio di collina e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo Versiggia, a Ruino e a Varzi.

Le formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da argille scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastante di calcare marnoso. Gli scisti galestrini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo estese superfici dell’alta collina.

Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare marnoso, comprende 16.000 ettari ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa collina con vertici a Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni.

Geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, mentre dal punto di vista agronomico le differenze sono meno sensibili. Le zone viticole con caratteristiche litologiche omogenee sono:

• Depositi alluvionali terrazzati: si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza, inserendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilievi costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare. Si tratta di depositi elastici incoerenti a granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia potenza e

colore.

• Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille: unità che raggruppa tutte quelle formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litologica di cui è difficile la suddivisione in litofacies.

È costituita da arenaria, brecce, calcari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi, conglomerati e argille, che generalmente costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati.

Affiora estesamente nella parte collinare della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune di Retorbido e prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino San Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana.

Un altro affioramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella.

• Alternanze a dominante arenacea: litofacies caratterizzata da alternanze più o meno regolari di arenarie variamente cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio.

Solitamente hanno maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e argillosi, ma localmente si può avere predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica.

Nel primo caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo si hanno spessori

di pochi centimetri. La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, è assai varia con pareti verticali e pendii a modesta acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre eluvio-colluviale.

Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con formazioni argillose.

Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltre padani, in particolare modo in quelli della zona centro-occidentale, dove riveste una certa importanza viticola.

• Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso: costituita da alternanze ritmiche di calcari marnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm e argille in strati da 5 a 70 cm.

Dal punto di vista morfologico forma rilievi con pendenze modeste.

La facile degradabilità dei litotipi più fini favorisce la formazione di un’estesa coltre eluvio-colluviale che su pendii meno accentuati può assumere anche spessori notevoli. Sono frequenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo

i versanti più in pendio.

Affiora estesamente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi fino alle sorgenti del torrente Versa al confine con la provincia di Piacenza. Un’altra striscia importante e intensamente vitata, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino attraversando trasversalmente la Valle Scuropasso.

• Gessi: unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, che affiora su estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite. Si riscontrano queste zone nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca.

La radiazione solare

La radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, mentre nelle zone collinari bisogna considerare anche gli effetti della pendenza, dell’esposizione e dell’orizzonte orografico tipico di ciascun vigneto.

L’Oltrepò è caratterizzato da un’estrema disomogeneità della distribuzione della radiazione sul territorio collinare, disomogeneità che rappresenta una chiave di lettura importante per individuare le diverse vocazionalità del territorio per la coltura della vite.

Mediamente l’area orientale si presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di valore di radiazione solare, compresa tra 2.250 e 3.000 MJ/m2 all’anno, mentre l’aria occidentale si contraddistingue per avere un andamento

collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud molto assolati, che raggiungono spesso, valori di radiazione solare superiori a 2.750 MJ/m2 all’anno.

La temperatura dell’aria

Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa 1/2°C.

L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la fascia di collina e quella più propriamente montana.

La media delle minime è per lo più inferiore a 0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a quelli delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione termica.

Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22/24°C), così come le minime, che si verificano nei mesi di gennaio o febbraio e sono comprese fra i – 8 e i – 13°C. Sono invece poco omogenee le massime mensili: a quote inferiori ai 500 m (circa 28/30°C) sono sensibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25/27°C).

Le precipitazioni

La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed un minimo rispettivamente nei mesi di novembre (143 mm) e di luglio (47 mm). In media il mese più piovoso nella stagione primaverile risulta essere maggio (121 mm).

La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da est verso ovest che indica l’approssimarsi dei minimi precipitativi ai confini con l’alessandrino (556 mm/anno).

2. Fattori umani rilevanti per il legame

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini a Denominazione di Origine “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”.

Considerato, sin dai tempi di Strabone, una zona di produzione di vini di qualità, l'Oltrepò Pavese è quel lembo di terra collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d'incontro di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna.

Tale peculiare caratteristica rende l'Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro.

Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite. Un'importante testimonianza arriva dal reperto di un tralcio di vite, risalente ai tempi preistorici, trovato nei pressi di Casteggio, un tempo detta Clastidium. Strabone, nel I secolo a.C., attribuì all'Oltrepò Pavese l'invenzione della botte.

Nei suoi testi fu descritta di dimensioni più grandi delle case. Nei secoli successivi s’incontrano poi altre testimonianze. Andrea Bacci, per esempio, nel XVI secolo, descrisse i vini di tale zone con il termine “eccellentissimi”.

L'Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo.

E' sufficiente ricordare che nel 1884 l'Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni.

Oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, di cui il più diffuso è sicuramente la croatina con i suoi 3.900 ha sui 13.300 totali.

Nel corso dei decenni la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio, tanto che nel 1970 il vino Oltrepò Pavese, e con esso la tipologia “Bonarda”, è stato riconosciuto come DOC con DPR del 6 agosto.

L’incidenza dei fattori umani nel corso della storia è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del presente disciplinare di produzione:

la base ampelografica dei vigneti:

il vitigno idoneo alla produzione dei vini in questione è quello tradizionalmente coltivato nell’area geografica considerata, la Croatina;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto ed i sistemi di potatura:

anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e permettono la migliore e più razionale disposizione delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata e bene esposta superficie fogliare e di contenere le rese di produzione entro i limiti fissati dal presente disciplinare;

le pratiche relative all’elaborazione dei vini: sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso di vini tranquilli, vivaci e frizzanti.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all’ambiente geografico

La DOC “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” è riferita a due tipologie di vino rosso: fermo e frizzante.

Dal punto di vista analitico ed organolettico ciascuna presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari (descritte all’Articolo 6), che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Entrambe presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate. Visivamente sono limpidi, di colore rubino carico con riflessi violacei, brillanti e di medio-buona consistenza; l’olfatto è fine, intenso, franco, penetrante e vinoso e si riscontrano aromi prevalenti tipici del vitigno Croatina: in particolare cadenze fruttate di marasca e mora; al gusto vi è equilibrio tra le sensazioni di asciutto e di rotondo e risulta leggermente tannico e di medio-lunga persistenza aromatica.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)

Grazie alle indagini condotte sul territorio dell’Oltrepò Pavese iniziate con lo studio di zonazione realizzato a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione provinciale di Pavia, coordinato dall’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza e dell’ERSAF e conclusesi con esperienze di monitoraggio del territorio condotte dall’Università di Milano e dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è stato possibile ottenere una mappa delle unità territoriali che rappresenta la sintesi delle informazioni scientifiche raccolte.

L’intero areale oltrepadano si presta alla coltivazione dell’uva Croatina per la produzione del vini “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”.

Nonostante questo esistono delle differenti vocazionalità territoriali. Le varie delimitazioni sono state create analizzando i parametri climatici, pedologici e morfologici.

Esistono per esempio zone particolarmente vocate per la coltivazione della Croatina, come i territori compresi fra i comuni di Rovescala, San Damiano al Colle, Montù Beccaria e Pietra de’ Giorgi, fino a Montalto Pavese e Borgo Priolo, le quali risultano essere molto assolate e calde con versanti orientati prevalentemente verso sud/ovest. Le altitudini sono in media comprese tra i 150 e i 350 m, con ottime esposizioni anche ad altitudini superiori (350 – 450 m).

Le temperature risultano sostenute nelle ore centrali della giornata e specialmente nelle aree più elevate si riscontrano forti abbassamenti durante le ore serali e notturne spesso accompagnati dalla presenza di brezze serali.

L’esposizione dei versanti è principalmente verso sud/ovest (80%) con pendenze medie del 20%.

Sono aree con ottime potenzialità per la produzione di uve per una vinificazione in rosso.

Altre aree adatte ad un obiettivo enologico in rosso partendo da uve Croatina, si estendono nella prima fascia collinare tra Torrazza Coste e Zenevredo e sono costituite da valli che si aprono a ventaglio sulla Pianura Padana, caratterizzate da ripidi versanti e fitti crinali con substrati rocciosi relativamente soffici, che risultano in buona parte lavorabili. Si contraddistinguono per avere tessiture più sciolte, suoli meno fertili, meno profondi e con una maggior capacità di allontanamento delle acque in eccesso. Le fasce vocate sono quelle più calde a ridosso della pianura e poste ad

altitudini comprese tra 100 e 300 m. I versanti sono prevalentemente esposti verso sud/ovest, con pendenze anche sostenute e regimi idrici inferiori.

Queste aree conferiscono ai vini “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” colore e complessità. Le temperature permettono di ottenere vini rossi di buona struttura, equilibrati, il cui profilo è esaltato dalle note fruttate di ciliegia e frutti rossi e in cui non manca uno spiccato sentore di viola e speziato.

Al gusto il vino si presenta con discreta struttura, abbastanza acido e astringente.

La Croatina è il vitigno simbolo dell'Oltrepò Pavese, poliedrico, versatile, può dare ottimi vini vivaci e grandi vini importanti. Le prime citazioni concrete del vitigno Croatina risalgono alla seconda metà dell'800, quando vari ampelografi hanno provato a "mettere ordine" nei vigneti, in particolare tra Croatina, Uva rara, Bonarda Piemontese e altri vitigni.

Se solo in quel periodo si va a concretizzare una scheda ampelografia della Croatina, la cui etimologia deriverebbe da “croatta” – “cravatta” e starebbe a indicare che il vino ottenuto da Croatina si beveva nei giorni di festa, quando appunto veniva indossata la cravatta, è pur vero che il passaparola generazionale locale identifica questo vitigno come simbolo viticolo dell'Oltrepò Pavese. Il vitigno Croatina è a tutti gli effetti il vessillo della produzione vitivinicola dell'Oltrepò

Pavese, diffuso in modo abbastanza omogeneo in tutto il territorio.

Ben presente da tempo in molte colline oltrepadane, il vino ottenuto viene chiamato Bonarda fin dall'800. Alla fine del XIX secolo, dopo l'avvento della filossera, molti produttori preferiscono puntare nei reimpianti post-filosserici, sul vitigno Barbera, più costante e produttivo rispetto alla Croatina.

Bisogna aspettare la fine degli anni 60 del 1900 perché i produttori locali capiscano l'enorme potenzialità di questo vitigno, aiutati anche dalla ricerca e dalla sperimentazione che hanno individuato cloni di Croatina più consoni alle esigenze dei produttori.

Il 1961 segna l'anno della svolta con la nascita dell'attuale Consorzio, ancor prima della legge istituzionale delle Denominazioni di Origine Controllata, con il fine di promuovere e far crescere l'immagine dei vini tipici prodotti in questa terra.

Il Consorzio, con il passare degli anni, assume un ruolo sempre più fondamentale legato alla tutela e alla promozione del vino e in particolare del vino “Bonarda”.

In particolare agisce in difesa del nome stesso Bonarda: attorno alla Croatina infatti nascono molti equivoci con altre zone di produzione.

Solo in Oltrepò Pavese la Croatina può dar origine al vino Bonarda mentre in tutte le altre zone DOC per ottenere Bonarda occorre coltivare il vitigno Bonarda piemontese che nulla c’entra con la Croatina e con il vino “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”.

Di seguito si riporta una descrizione della vitivinicoltura dall’800 ai primi del ‘900, ricavata dal testo di Fabrizio Bernini “Che cos’è la vita se non spumeggia il vino – storia della vitivinicoltura in Oltrepò Pavese” edito nel 2001 da Ponzio Olona servizi grafici.

Capitolo XVI - Uomini, colture, vigneto e vino oltrepadano nell’ottocento e la prima classificazione ufficiale della varietà Croatina.

Con i primi decenni dell’800 l’Oltrepò vitivinicolo fu oggetto delle prime attenzioni da parte di scienziati, studiosi e ampelografi di chiara fama che avviarono la prima catalogazione delle principali qualità produttive esistenti, stimolando nel contempo l’impianto di nuove barbatelle meglio adattabili alle singole tipologie di terreno.

Il conte Gallesio, nel primo stampato del 1817 della sua monumentale opera sul vino, accenna a vitigni coltivati con successo in Oltrepò e particolarmente si sofferma sull’Ughetta di “Caneto” o Vespolina (attualmente varietà ancora coltivate e autorizzate).

Pochi anni dopo il Gallesio, nel 1825, il mantovano professor Giuseppe Acerbi, docente di botanica a Milano, pubblicava un saggio “Delle viti Italiane”.

L’ Acerbi visitò i vigneti dei poderi che possedeva a Pietra de’ Giorgi il nobile Giacomo Pecoraia e il conte Carlo Giorgi di Vistarino, classificando ben 29 varietà, suddividendole in bianche e colorate.

L’elenco comprende: S. Maria, Sgombera bianca, Malvasia, Mostrino, Brandolesa, Trebbiano, Cagnera, Grè, Uva grossa, Toppia, Gattombra, Barbisino, Pignolo, Ughetta di Caneto, Ciau, Uva d’oro, Sgombera o Croà, Nibiolo,

(varietà tradizionali coltivate ancora ai nostri giorni) Bersegano, Monferrina, Pizzadella, Bonarda, Ugone, Coda di vacca.

Compare quindi per la prima volta il Bonarda, che però, come affermava già Giuseppe di Rovasenda nel 1873 nel suo “Saggio di una Ampelografia universale”, la seconda qualità di Bonarda (delle due coltivate anche in Piemonte) si identificava in realtà con il vitigno della Croatina nera dell’Oltrepò Pavese che si ripartiva in due versioni, l’una a grandi grappoli, l’altra più piccoli.

Dalmasso, Cacciatore e Corte, quasi un secolo dopo, non poterono che confermare le asserzioni di Rovasenda, osservando che: “le recenti indagini condotte da due di noi direttamente sui colli d’Oltrepò Pavese per la descrizione dei vitigni di quell’importante regione, hanno rilevato che là realmente si coltivano due vitigni rispettivamente sotto i nomi di Bonarda grossa e Bonarda piccola.

Ma essi sono risultati due semplici sottovarietà della tipica Croatina dell’Oltrepò Pavese (chiamata ivi anche Bonarda di Rovescala)”.

Da una relazione trasmessa nel 1877 dal sindaco don Carlo Gallini al sottoprefetto di Voghera, risulta che l’estensione di terreno coltivato a vite era di ben 1.900 ettari solo nel Vogherese, e i vitigni maggiormente coltivati risultavano il Barbera, la Mortadella, il Lambrusco, la Croatina, “tanto per finezza quanto per l’abbondanza della loro produzione”. La media del prodotto in un quinquennio considerato era di 36 quintali d’uva per ettaro con una resa di 20 ettolitri di vino.

E ancora nel 1896 nelle “Notizie e studi sui vini e sulle uve d’Italia” il Ministero dell’Agricoltura cita: “Sulla riva destra del Po, nei circondari di Voghera e Bobbio la vite si trova quasi ovunque, specie sulle colline ove è favorita dal clima, dal terreno argilloso feracissimo e dalla intelligenza dei viticoltori che hanno fatto sensibili progressi.

Sulle amenissime colline di Casteggio, Broni, S. Giuletta, Stradella, Montalto, Codevilla, Varzi e Zerba trovansi i vitigni migliori: Croatina, Dolcetto, Lambrusca, Bonarda, Barbera, Grignolino, Ughetta, Neretto. Fra le uve bianche Malvasia,

Trebbiano, Cortese e Moscato”.

Il vino “Bonarda”, dapprima tipologia della DOC “Oltrepò Pavese”, nata nel 1970, ha mantenuto nel corso degli anni un ruolo fondamentale dal punto di vista storico ed economico per il territorio, tanto che nel 2010 è stato riconosciuto come Denominazione di Origine autonoma con DM del 3 agosto.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Valoritalia S.r.l.

via Piave, 24

00187 Roma

telefono: 0445 313088

fax: 0445 313080

e-mail: info@valoritalia.it

Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato

articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

OLTREPO PAVESE

D.O.C.

Decreto 3 agosto 2010

(Fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

 

La Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

1) Rosso;

2) Rosso riserva;

3) Rosato;

4) Rosato frizzante;

5) Bianco;

6) Barbera;

7) Barbera frizzante;

8) Barbera riserva;

9) Riesling;

10) Riesling frizzante;

11) Riesling spumante;

12) Riesling superiore;

13) Riesling riserva;

14) Cortese;

15) Cortese frizzante;

16) Cortese spumante;

17) Moscato;

18) Moscato frizzante;

19) Moscato spumante;

20) Moscato passito;

21) Moscato liquoroso;

22) Malvasia;

23) Malvasia frizzante;

24) Malvasia spumante;

25) Pinot nero (vinificato in bianco);

26) Pinot nero (vinificato in bianco) frizzante;

27) Pinot nero (vinificato in bianco) spumante;

28) Pinot nero (vinificato in rosato);

29) Pinot nero (vinificato in rosato) frizzante;

30) Pinot nero (vinificato in rosato) spumante;

31) Chardonnay;

32) Chardonnay frizzante;

33) Chardonnay spumante;

34) Sauvignon;

35) Sauvignon spumante;

36) Cabernet Sauvignon.

 

Articolo 2

base ampelografica

 

I vini di cui all’art. 1 devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

1) Rosso;

2) Rosso riserva;

3) Rosato;

4) Rosato frizzante:

Barbera: dal 25% al 65%;

Croatina: dal 25% al 65%;

Uva rara, Ughetta (Vespolina) e Pinot nero: fino a un massimo del 45%;

altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia di Pavia: congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%.

 

5) Bianco:

Riesling e/o Riesling italico: minimo 60%;

Pinot nero o altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia di Pavia: massimo 40%.

 

6) Barbera;

7) Barbera frizzante;

8) Barbera riserva:

Barbera: dall’85% al 100%;

altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia di Pavia: congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%.

 

9) Riesling;

10) Riesling frizzante;

11) Riesling spumante;

12) Riesling superiore;

13) Riesling riserva:

Riesling e/o Riesling italico: minimo 85%;

Pinot nero, Pinot grigio e Pinot bianco: congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%;

 

14) Cortese;

15) Cortese frizzante;

16) Cortese spumante:

Cortese: minimo 85%;

altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia di Pavia: congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%.

 

17) Moscato;

18) Moscato frizzante;

19) Moscato spumate;

20) Moscato passito;

21) Moscato liquoroso:

Moscato bianco: minimo 85%;

Malvasia di Candia aromatica: massimo 15%.

 

22) Malvasia;

23) Malvasia frizzante;

24) Malvasia spumante:

Malvasia di Candia aromatica: minimo 85%;

altri vitigni a bacca bianca, idonei alla coltivazione nella provincia di Pavia: fino a un massimo del 15%.

 

25) Pinot nero (vinificato in bianco);

26) Pinot nero (vinificato in bianco) frizzante;

27) Pinot nero (vinificato in bianco) spumate;

28) Pinot nero (vinificato in rosato);

29) Pinot nero (vinificato in rosato) frizzante;

30) Pinot nero (vinificato in rosato) spumate:

Pinot nero: minimo 85%;

Pinot grigio, Pinot bianco e Chardonnay: congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%;

 

31) Chardonnay;

32) Chardonnay frizzante;

33) Chardonnay spumante:

Chardonnay: minimo 85%;

altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia di Pavia: congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%;

 

34) Sauvignon;

35) Sauvignon spumante:

Sauvignon: minimo 85%;

altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia di Pavia: congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%;

 

36) Cabernet Sauvignon:

Cabernet sauvignon: minimo 85%;

altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia di Pavia: congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%.

 

Articolo 3

zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini “Oltrepò Pavese” di cui all’art. 1 comprende la fascia vitivinicola collinare dell’“Oltrepò Pavese” per gli interi territori dei seguenti comuni:

Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de’ Giorgi, Rocca de’ Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo

e per parte dei territori di questi altri comuni:

Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebello della Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Santa Giuletta, Stradella, Torricella Verzate.

in provincia di Pavia.

 

Tale zona è così delimitata:

parte dai km 136+150 della strada statale n. 10, la linea di delimitazione scende verso sud seguendo la strada provinciale Bressana-Salice Terme, sino al bivio di Rivanazzano.

Qui si devia verso ovest lungo la strada che da Rivanazzano porta alla Cascina Spagnola, per piegare a quota 139 verso sud e raggiungere il confine provinciale e regionale Pavia-Alessandria, che segue fino a Serra del Monte.

Da questo punto la linea di delimitazione raggiunge Casa Carlucci e prosegue in direzione sud, lungo il confine che divide i comuni di Ponte Nizza e Bagnaria fino al torrente Staffora, includendo San Ponzo Semola.

Di qui la linea di delimitazione segue la statale Voghera-Varzi-Penice fino all’abitato di Ponte Nizza, indi devia a est-nord-est seguendo la provinciale di fondo valle per Val di Nizza.

Prosegue quindi in direzione nord lungo il confine comunale tra ponte Nizza, Val di Nizza e Montesegale sino al Rio Albaredo e con esso raggiunge il torrente Ardivestra, con il quale si identifica risalendo verso est a raggiungere la Cascina della Signora.

Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in direzione nord seguendo la strada provinciale Godiasco-Borgoratto Mormorolo, a incontrare il confine dei comuni Fortunago e Ruino.

Prosegue sul confine comunale meridionale di Ruino a raggiungere il confine provinciale tra Pavia-Piacenza.

La delimitazione orientale del comprensorio é costituita dal confine provinciale Pavia-Piacenza sino al suo incontro con la strada statale n. 10, per raggiungere la strada provinciale Bressana-Salice Terme che incrocia al km 136+150 del comprensorio, punto di partenza della delimitazione.

 

Art 4

norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese” devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini le specifiche tradizionali caratteristiche di qualità.

I vigneti devono essere posti su terreni di natura calcarea o calcareo-argillosa e su pendici collinari ben soleggiate escludendo comunque i fondovalle e i terreni di pianura.

I sesti di impianto, le forme di allevamento e i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

 

Per i nuovi impianti ed i reimpianti la densità dei ceppi per ettaro

non può essere inferiore a 4.000,

per la cultivar Croatina la densità di ceppi per ettaro

non può essere inferiore a 3.200.

 

I sesti d’impianto e le forme di allevamento (controspalliera) e i sistemi di potatura devono essere quelli di tipo tradizionale e, comunque, i vigneti devono essere governati in modo da non modificare le caratteristiche dell’uva, del mosto e del vino.

Per i vigneti esistenti alla data di pubblicazione del presente disciplinare sono consentite le forme di allevamento già usate nella zona, con esclusione delle forme di allevamento espanse.

É consentita l’irrigazione di soccorso.

 

Le produzioni massime di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese” ed i titoli alcolometrici volumici naturali minimi devono essere i seguenti:

 

1) Rosso: 11,00 t/ha,11,00% vol.;

2) Rosso riserva: 11,00 t/ha, 12,00% vol.;

3) Rosato: 11,00 t/ha,           10,00% vol.;

4) Rosato frizzante: 11,00 t/ha, 10,00% vol.;

5) Bianco: 12,00 t/ha,            10,50% vol.;

6) Barbera: 12,00 t/ha, 11,00% vol.;

7) Barbera frizzante: 12,00 t/ha, 11,00% vol.;

8) Barbera riserva: 12,00 t/ha, 12,00% vol.;

9) Riesling: 12,50 t/ha, 10,50% vol.;

10) Riesling frizzante: 12,50 t/ha, 10,50% vol.;

11) Riesling spumante           : 12,50 t/ha, 9,50% vol.;

12) Riesling superiore           : 11,00 t/ha, 12,00% vol.;

13) Riesling riserva: 12,50 t/ha, 12,00% vol.;

14) Cortese: 11,00 t/ha, 10,00% vol.;

15) Cortese frizzante: 11,00 t/ha, 10,00% vol.;

16) Cortese spumante           : 11,00 t/ha, 9,00% vol.;

17) Moscato: 12,50 t/ha, 10,00% vol.;

18) Moscato frizzante: 12,50 t/ha, 10,00% vol.;

19) Moscato spumante          : 12,00 t/ha, 9,50% vol.;

20) Moscato passito: 12,50 t/ha, 10,50% vol.;

21) Moscato liquoroso           : 12,50 t/ha, 12,50% vol.;

22) Malvasia: 11,50 t/ha, 9,50% vol.;

23) Malvasia frizzante: 11,50 t/ha, 9,50% vol.;

24) Malvasia spumante         : 11,50 t/ha, 9,00% vol.;

25) Pinot nero vinificato in bianco: 12,00 t/ha, 10,50% vol.;

26) Pinot nero vinificato in bianco frizzante: 12,00 t/ha, 10,50% vol.;

27) Pinot nero vinificato in bianco spumante: 12,00 t/ha, 9,50% vol.;

28) Pinot nero vinificato in rosato: 12,00 t/ha,       10,50% vol.;

29) Pinot nero vinificato in rosato frizzante: 12,00 t/ha, 10,50% vol.;

30) Pinot nero vinificato in rosato spumante: 12,00 t/ha, 9,50% vol.;

31) Chardonnay: 10,00 t/ha, 10,00% vol.;

32) Chardonnay frizzante: 10,00 t/ha,         10,00% vol.;

33) Chardonnay spumante : 10,00 t/ha, 9,00% vol.;

34) Sauvignon: 10,00 t/ha, 10,00% vol.;

35) Sauvignon spumante: 10,00 t/ha,          9,00% vol.;

36) Cabernet Sauvignon: 10,50         t/ha, 10,50% vol.;

 

Anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa uva ad ettaro dovrà essere riportata nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restando la resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

Oltre detto limite del 20% decade il diritto alla Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese” per tutta la partita.

La Regione Lombardia, sentito il parere del Consorzio di Tutela, annualmente, con proprio decreto, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può fissare produzioni massime per ettaro inferiori a quelle stabilite dal presente disciplinare di produzione, o limitare, per talune zone geografiche, l’utilizzo delle menzioni aggiuntive di cui all’art. 1, dandone immediata comunicazione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

 

Articolo 5

norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nella zona di produzione delimitata dall’art. 3.

Tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione é consentito che tali operazioni siano effettuate nell’intero territorio della provincia di Pavia, nonché nelle frazioni di Vicobarone e Casa Bella nel comune di Ziano Piacentino in provincia di Piacenza.

È consentito, inoltre, che si effettuino nell’intero territorio della Lombardia e del Piemonte le operazioni di vinificazione ai fini della spumantizzazione per la produzione dell’ “Oltrepò Pavese” delle seguenti tipologie: Moscato, Malvasia, Riesling, Pinot nero, Cortese, Chardonnay, Sauvignon

e per la produzione di “Oltrepò Pavese” Moscato liquoroso.

Sono altresì ammesse per l’intero territorio delle Regioni Lombardia e Piemonte le operazioni atte all’elaborazione delle tipologie di vini frizzanti previste dal presente disciplinare.

 

Le rese massime dell’uva in vino devono essere le seguenti:

 

1) Rosso: 70%

2) Rosso riserva: 70%

3) Rosato: 70%

4) Rosato frizzante: 70%

5) Bianco: 70%

6) Barbera: 70%

7) Barbera frizzante: 70%

8) Barbera riserva: 70%

9) Riesling: 70%

10) Riesling frizzante: 70%

11) Riesling spumante: 70%

12) Riesling superiore: 70%

13) Riesling riserva: 70%

14) Cortese: 70%

15) Cortese frizzante: 70%

16) Cortese spumante: 70%

17) Moscato: 70%

18) Moscato frizzante: 70%

19) Moscato spumante: 70%

20) Moscato passito: 45%

21) Moscato liquoroso: 70%

22) Malvasia: 70%

23) Malvasia frizzante: 70%

24) Malvasia spumante: 70%

25) Pinot nero vinificato in bianco: 70%

26) Pinot nero vinificato in bianco frizzante: 70%

27) Pinot nero vinificato in bianco spumante: 70%

28) Pinot nero vinificato in rosato: 70%

29) Pinot nero vinificato in rosato frizzante: 70%

30) Pinot nero vinificato in rosato spumante: 70%

31) Chardonnay: 70%

32) Chardonnay frizzante: 70%

33) Chardonnay spumante: 70%

34) Sauvignon: 70%

35) Sauvignon spumante: 70%

36) Cabernet Sauvignon: 70%

 

Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopra riportati, ma non oltre il 5%, l’eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata; oltre tale limite decade il diritto alla denominazione di origine per tutta la partita.

Le uve destinate alla produzione delle tipologie spumante:

Cortese, Riesling, Moscato, Malvasia, Chardonnay e Pinot nero

dovranno essere indicate all’atto della denuncia annuale delle medesime.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche corrispondenti agli usi locali, leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro rispettive caratteristiche.

In particolare é ammessa la vinificazione congiunta o disgiunta delle uve che concorrono alla denominazione “Oltrepò Pavese”. Nel caso della vinificazione disgiunta il coacervo dei vini, facenti parte della medesima partita, deve avvenire nella cantina del vinificatore entro il periodo di completo affinamento e comunque prima della richiesta della certificazione della relativa partita prevista dalla vigente normativa o prima della eventuale commercializzazione, all’interno della zona contemplata dall’art. 5.1, come vino atto a “Oltrepò Pavese”.

Nella preparazione dei vini spumanti “Oltrepò Pavese”,

Riesling, Cortese, Chardonnay, Moscato, Malvasia, Sauvignon, Pinot nero (vinificato in bianco) e Pinot nero (vinificato in rosato)

deve essere usata la tradizionale tecnica di rifermentazione in autoclave (metodo Charmat detto localmente metodo Martinotti).

 

La denominazione “Oltrepò Pavese

Rosso riserva, Barbera riserva e Riesling riserva

é riservata ai vini sottoposti a un periodo di invecchiamento di almeno

ventiquattro mesi

a partire dal 1° novembre dell’anno di produzione delle uve.

 

Il vino “Oltrepò Pavese” Moscato passito non può essere immesso al consumo prima del

1° giugno dell’anno successivo alla vendemmia

Il vino “Oltrepò Pavese” Moscato liquoroso, nei due tipi dolce e secco o dry, deve essere prodotto partendo da mosto o da vino Moscato, di cui al presente disciplinare.

Per il raggiungimento del titolo alcolometrico volumico previsto al consumo, al Moscato liquoroso é ammessa l’aggiunta, prima, durante e dopo la fermentazione, di alcol di origine vinica, acquavite di vino, mosto concentrato.

È consentita la produzione di “Oltrepò Pavese” Moscato passito partendo dalle uve Moscato di cui all’art. 2, dopo essere state sottoposte ad

un periodo di appassimento che può protrarsi fino al 30 marzo dell’anno successivo a quello della vendemmia

e la vinificazione non deve essere anteriore al 15 ottobre dell’anno di produzione delle uve.

Tale procedimento deve assicurare, al termine del periodo di appassimento,

un contenuto zuccherino non inferiore al 23,00%.

 

Articolo 6

caratteristiche dei vini al consumo

 

I vini a Denominazione di Origine Controllata di “Oltrepò Pavese” devono rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

 

1) “Oltrepò Pavese” rosso:

colore: rosso rubino intenso;

profumo: vinoso intenso;

sapore: asciutto, pieno, leggermente tannico, di corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

2) “Oltrepò Pavese” rosso riserva:

colore: rosso rubino con riflessi aranciati;

profumo: profumo intenso, etereo;

sapore: asciutto, corposo, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

3) “Oltrepò Pavese” rosato:

colore: rosato, tendente al cerasuolo tenue;

profumo: leggermente vinoso, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

4) “Oltrepò Pavese” rosato frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosato, tendente al cerasuolo tenue;

profumo: leggermente vinoso, caratteristico;

sapore: vivace, asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo:10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

5) “Oltrepò Pavese” bianco:

colore: giallo paglierino, più o meno intenso;

profumo: intenso,caratteristico;

sapore: asciutto, gradevole, di gusto fresco e armonico;

titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

6) “Oltrepò Pavese” Barbera:

colore: rosso rubino intenso, limpido, brillante;

profumo: vinoso, dopo invecchiamento, profumo caratteristico;

sapore: asciutto, sapido, di corpo, leggermente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

7) “Oltrepò Pavese” Barbera frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino intenso, limpido, brillante;

profumo: vinoso, profumo caratteristico;

sapore: sapido, di corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

8) “Oltrepò Pavese” Barbera riserva:

colore: rosso rubino intenso, con riflessi granati;

profumo: vinoso, profumo caratteristico;

sapore: asciutto, sapido, di corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l.

 

9) “Oltrepò Pavese” Riesling:

colore: giallo paglierino, chiaro, verdolino;

odore: caratteristico, gradevole;

sapore: secco, fresco, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

10) “Oltrepò Pavese” Riesling frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: giallo paglierino, chiaro, verdolino;

profumo: caratteristico, gradevole;

sapore: fresco, gradevole intenso;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

11) “Oltrepò Pavese” Riesling spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino, chiaro, verdolino;

profumo: caratteristico, gradevole;

sapore: secco, fresco, gradevole e intenso;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

12) “Oltrepo Pavese” Riesling riserva:

colore: giallo oro con riflessi che possono tendere all’ambrato;

profumo: caratteristico, gradevole;

sapore: secco, fresco, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

13) “Oltrepo Pavese” Riesling superiore:

colore: giallo oro con riflessi che possono tendere all’ambrato;

profumo: caratteristico, gradevole;

sapore: secco, fresco, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

14) “Oltrepò Pavese” Cortese:

colore: giallo paglierino chiaro;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: secco, morbido, fresco, piacevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

15) “Oltrepò Pavese” Cortese frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: giallo paglierino chiaro;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: morbido, fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

16) “Oltrepò Pavese” Cortese spumante:

spuma: fine, persistente;

colore: giallo paglierino chiaro;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: secco, morbido, fresco, piacevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

17) “Oltrepò Pavese” Moscato:

spuma: appena percettibile;

colore: giallo paglierino con riflessi dorati;

profumo: aromatico, caratteristico, intenso e delicato;

sapore: dolce, gradevole, vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 4,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

Il vino a Denominazione di Origine “Oltrepò Pavese Moscato” all’atto dell’immissione al consumo può essere caratterizzato, alla stappatura del recipiente, da uno sviluppo di anidride carbonica proveniente esclusivamente dalla fermentazione, che conservato alla temperatura di 20° centigradi in recipienti chiusi, presenta una sovrappressione dovuta all’anidride carbonica in soluzione, non superiore a 1,70 bar.

 

18) “Oltrepò Pavese” Moscato frizzante

spuma: vivace, evanescente;

colore: giallo paglierino con riflessi dorati;

odore: aromatico, caratteristico, intenso e delicato;

sapore: dolce, gradevole, vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 7,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

19) “Oltrepò Pavese” Moscato spumante dolce:

spuma: fine persistente e dorata;

colore: giallo paglierino con riflessi dorati;

profumo: aromatico, caratteristico, intenso e delicato;

sapore: dolce, gradevole;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 11% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 6,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

20) “Oltrepò Pavese” Moscato passito:

colore: giallo dorato o leggermente ambrato;

profumo: aromatico, caratteristico, delicato;

sapore: dolce, armonico, pieno e vellutato;

titolo alcolometrico volumico complessivo minimo 15,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l;

acidità volatile massima: 1,50 g/l.

 

21) “Oltrepò Pavese” Moscato liquoroso:

colore: giallo dorato o leggermente ambrato;

profumo: aromatico intenso;

sapore: vellutato, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 18,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

22) “Oltrepò Pavese” Malvasia:

colore: giallo paglierino;

profumo: aromatico, caratteristico, intenso;

sapore: secco, persistente;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

23) “Oltrepò Pavese” Malvasia frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: giallo paglierino;

profumo: aromatico, caratteristico, intenso;

sapore: dolce, gradevole, morbido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 7,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

24) “Oltrepò Pavese” Malvasia spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino;

profumo: aromatico, caratteristico, intenso;

sapore: amabile, dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 6,00% effettivo;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

25) “Oltrepò Pavese” Pinot nero (vinificato in bianco):

colore: giallo paglierino, verdognolo;

profumo: caratteristico;

sapore: secco, fresco, sapido, fine, molto gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

26) “Oltrepò Pavese” Pinot nero (vinificato in bianco) frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: giallo paglierino, verdognolo chiarissimo;

profumo: caratteristico;

sapore: fresco, sapido, fine, molto gradevole e vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

27) “Oltrepò Pavese” Pinot nero (vinificato in bianco) spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino, verdognolo chiarissimo;

profumo: caratteristico;

sapore: secco, fresco, sapido, fine, molto gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

28) “Oltrepò Pavese” Pinot nero rosato:

colore: rosato, tendente al cerasuolo tenue;

profumo: caratteristico;

sapore: fresco, sapido, fine, molto gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

29) “Oltrepò Pavese” Pinot nero rosato frizzante:

colore: rosato, tendente al cerasuolo tenue;

profumo: caratteristico;

sapore: fresco, sapido, fine, molto gradevole, e vivace;

spuma: vivace, evanescente;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

30) “Oltrepò Pavese” Pinot nero spumante rosato:

spuma: fine e persistente;

colore rosato, tendente al cerasuolo tenue;

profumo: caratteristico;

sapore: secco, fresco, sapido, fine, molto gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

31) “Oltrepò Pavese” Chardonnay:

colore: giallo paglierino più o meno carico;

profumo: caratteristico con vena aromatica;

sapore: secco, fresco, intenso, sapido, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l;

 

32) “Oltrepò Pavese” Chardonnay frizzante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino più o meno carico;

profumo: caratteristico con vena aromatica;

sapore: fresco, intenso, sapido, gradevole, vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

33) “Oltrepò Pavese” Chardonnay spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino più o meno carico;

profumo: caratteristico con vena aromatica;

sapore: secco, fresco, intenso, sapido, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

34) “Oltrepò Pavese” Sauvignon:

colore: giallo paglierino;

profumo: caratteristico, delicato;

sapore: secco, fresco e piacevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

35) “Oltrepò Pavese” Sauvignon spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino;

profumo: caratteristico, delicato;

sapore: secco, fresco e piacevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

36) “Oltrepò Pavese” Cabernet Sauvignon:

colore: rosso rubino intenso;

profumo: leggermente erbaceo, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico, pieno, lievemente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vini può rilevare lieve sentore di legno.

E’ facoltà del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, modificare per i vini di cui sopra i limiti indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

qualificazione, etichettatura, designazione e presentazione

 

Alla Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese” è vietata l’aggiunta di qualsiasi menzione diversa da quelle previste dal presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi superiore, extra, fine, scelto, selezionato, vecchio, e similari.

È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti vini “Oltrepò Pavese” deve essere riportata l’indicazione dell’annata di vendemmia da cui il vino deriva.

Tale indicazione è facoltativa per le tipologie spumate, frizzante e liquoroso.

Le menzioni facoltative, escluse i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell’etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione di origine del vino, salvo le norme generali più restrittive.

Nella tipologia “Oltrepò Pavese” Pinot nero spumante è consentito per la tipologia rosato l’uso in etichetta del termine rosé.

Nella designazione dei vini di cui all’art. 1, la menzione specifica tradizionale “Denominazione di Origine Controllata” deve essere riportata immediatamente al di sotto della denominazione “Oltrepò Pavese”.

Il nome di vitigno e le menzioni tradizionali o di colore previste dal presente disciplinare, per le relative tipologie, devono essere indicate nella designazione al di sotto della menzione specifica tradizionale “denominazione di origine controllata”.

La Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese” è contraddistinta obbligatoriamente dal un marchio collettivo espresso nella forma grafica e letterale allegata al presente disciplinare, in abbinamento inscindibile con la denominazione. L’utilizzo del marchio collettivo è curato direttamente dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese che deve distribuirlo anche ai non associati, alle medesime condizioni di utilizzo riservate ai propri associati.

 

Articolo 8

confezionamento

 

I vini a Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese” di cui all’art. 1 possono essere immessi al consumo in contenitori di qualunque capacità previsti dalla legge, ad esclusione delle tipologie

bianco, rosso, rosso riserva, Barbera riserva e Riesling riserva,

che devono essere immessi al consumo soltanto in bottiglie di vetro di forma tradizionale e di capacità non superiore a litri 5.

Per la tappatura dei vini spumanti é obbligatorio il tappo di sughero a fungo munito del tradizionale ancoraggio a gabbietta, ad eccezione dei recipienti di volume nominale uguale o inferiore a ml 200 per i quali sono consentite le chiusure ammesse dalla vigente normativa in materia.

Inoltre per i vini spumanti a richiesta delle ditte interessate o del Consorzio di Tutela può essere consentito con specifica autorizzazione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali l’utilizzo dei contenitori di capacità di litri 6-9 e superiori.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

1. Fattori naturali rilevanti per il legame

L’area della DOC “Oltrepò Pavese” si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia.

L’area è caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord.

Analisi pedopaesaggistica

L’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica.

Il paesaggio è quello preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano formazioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi.

I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò Pavese, appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate.

Quelli del Pliocene si limitano a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello della

Battaglia, Torrazza Coste, Casteggio e in alcune zone più orientali (Montù Beccaria).

Le formazioni mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione di

oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne. Il piano più recente è dato dal Messiniano, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto precisa.

Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano, Castana, Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Torricella Verzate e in piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e Godiasco.

Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco fanno parte del Langhiano, costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare assai profondo.

I terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole, talvolta giallastre, in strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei.

Il passaggio all’Oligocene avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei, scistosi, ma

prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano, che ha notevoli estensioni nei dintorni di Rocca Susella, Borgo Priolo e Calvignano.

L’Oligocene, che forma un periodo di transizione fra Eocene e Miocene, non ha limiti ben definiti: si estende per circa 13.000 ettari su un vasto territorio di collina e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo Versiggia, a Ruino e a Varzi.

Le formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da argille scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastante di calcare marnoso.

Gli scisti galestrini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo estese superfici dell’alta collina. Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare marnoso, comprende 16.000 ettari ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa collina con vertici a Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni.

Geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, mentre dal punto di vista agronomico le differenze sono meno sensibili.

Le zone viticole con caratteristiche litologiche omogenee sono:

• Depositi alluvionali terrazzati: si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza, inserendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilievi costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare.

Si tratta di depositi elastici incoerenti a granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia potenza e colore.

• Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille: unità che raggruppa tutte quelle formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litologica di cui è difficile la suddivisione in litofacies.

È costituita da arenaria, brecce, calcari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi, conglomerati e argille, che generalmente costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati.

Affiora estesamente nella parte collinare della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune di Retorbido e prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino San Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana.

Un altro affioramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella.

• Alternanze a dominante arenacea: litofacies caratterizzata da alternanze più o meno regolari di arenarie variamente cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio.

Solitamente hanno maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e argillosi, ma localmente si può avere predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica.

Nel primo caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo si hanno spessori di pochi centimetri.

La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, è assai varia con pareti verticali e pendii a modesta acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre eluvio-colluviale. Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con formazioni argillose.

Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltre padani, in particolare modo in quelli della zona centro-occidentale, dove riveste una certa importanza viticola.

• Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso: costituita da alternanze ritmiche di calcari marnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm e argille in strati da 5 a 70 cm.

Dal punto di vista morfologico forma rilievi con pendenze modeste. La facile degradabilità dei litotipi più fini favorisce la formazione di un’estesa coltre eluvio-colluviale che su pendii meno accentuati può assumere anche spessori notevoli.

Sono frequenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo i versanti più in pendio.

Affiora estesamente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi fino alle sorgenti del torrente Versa al confine con la provincia di Piacenza.

Un’altra striscia importante e intensamente vitata, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino attraversando trasversalmente la Valle Scuropasso.

• Gessi: unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, che affiora su estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite.

Si riscontrano queste zone nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca.

La radiazione solare

La radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, mentre nelle zone collinari bisogna considerare anche gli effetti della pendenza, dell’esposizione e dell’orizzonte orografico tipico di ciascun vigneto.

L’Oltrepò è caratterizzato da un’estrema disomogeneità della distribuzione della radiazione sul territorio collinare, disomogeneità che rappresenta una chiave di lettura importante per individuare le diverse vocazionalità del territorio per la coltura della vite.

Mediamente l’area orientale si presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di valore di radiazione solare, compresa tra 2.250 e 3.000 MJ/m2 all’anno, mentre l’aria occidentale si contraddistingue per avere un andamento

collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud molto assolati, che raggiungono spesso, valori di radiazione solare superiori a 2.750 MJ/m2 all’anno.

La temperatura dell’aria

Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa 1/2°C.

L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la fascia di collina e quella più propriamente montana. La media delle minime è per lo più inferiore a 0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a quelli delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione termica.

Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22/24°C), così come le minime, che si verificano nei mesi di gennaio o febbraio e sono comprese fra i – 8 e i – 13°C. Sono invece poco omogenee le massime mensili: a quote inferiori ai 500 m (circa 28/30°C) sono sensibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25/27°C).

Le precipitazioni

La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed un minimo rispettivamente nei mesi di novembre (143 mm) e di luglio (47 mm). In media il mese più piovoso nella stagione primaverile risulta essere maggio (121 mm).

La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da est verso ovest che indica l’approssimarsi dei minimi precipitativi ai confini con l’alessandrino (556 mm/anno).

2. Fattori umani rilevanti per il legame

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini a Denominazione di Origine “Oltrepò Pavese”.

Considerato, sin dai tempi di Strabone, una zona di produzione di vini di qualità, l'Oltrepò Pavese è quel lembo di terra collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d'incontro di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna.

Tale peculiare caratteristica rende l'Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro.

Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite. Un'importante testimonianza arriva dal reperto di un tralcio di vite, risalente ai tempi preistorici, trovato nei pressi di Casteggio, un tempo detta Clastidium. Strabone, nel I secolo A.C., attribuì all'Oltrepò Pavese l'invenzione della botte.

Nei suoi testi fu descritta di dimensioni più grandi delle case. Nei secoli successivi s’incontrano poi altre testimonianze. Andrea Bacci, per esempio, nel XVI secolo, descrisse i vini di tale zone con il termine “eccellentissimi”.

L'Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo.

È sufficiente ricordare che nel 1884 l'Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni.

Oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, seppur non mancano produttori collezionisti che hanno raccolto qualche testimonianza del passato, come Moradella, Uva della Cascina o altro ancora.

Nonostante tale decimazione, il panorama vinicolo oltrepadano è ancora molto ricco, soprattutto per quanto concerne le tipologie di vino prodotte, tra cui quelle previste dal presente disciplinare di produzione.

Nel corso dei decenni la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio, tanto che nel 1970 il vino “Oltrepò Pavese” è stato riconosciuto come DOC con DPR del 6 agosto.

L’incidenza dei fattori umani nel corso della storia è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del presente disciplinare di produzione:

la base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione dei vini in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata. Per fare alcuni esempi: il Barbera, il Riesling, la Croatina e così via;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto ed i sistemi di potatura:

anche per i nuovi impianti: sono quelli tradizionali e permettono la migliore e più razionale disposizione delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata e bene esposta superficie fogliare e di contenere le rese di produzione entro i limiti fissati dal presente disciplinare;

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso, in rosato e in bianco, di vini tranquilli, vivaci, frizzanti e spumanti, adeguatamente differenziate per le tipologie di base e le tipologie riserva e superiore, qualora previste.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all’ambiente geografico

La DOC “Oltrepò Pavese” è riferita a diverse tipologie di vino. Dal punto di vista analitico ed organolettico ciascuna tipologia presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari (descritte all’Articolo 6), che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)

Grazie alle indagini condotte sul territorio dell’Oltrepò Pavese iniziate con lo studio di zonazione realizzato a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione provinciale di Pavia, coordinato dall’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza e dell’ERSAF e conclusesi con esperienze di monitoraggio del territorio condotte dall’Università di Milano e dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è stato possibile ottenere una mappa delle unità territoriali che rappresenta la sintesi delle informazioni scientifiche raccolte.

Le differenti vocazionalità territoriali prevedono la distinzione tra aree adatte alla produzione di uve a bacca bianca o base spumante e zone più idonee alla produzione di uve a bacca rossa.

Le varie delimitazioni sono state create analizzando i parametri climatici, pedologici e morfologici.

Ciò non toglie che l’intero areale oltrepadano ben si presti alla coltivazione di tutte le tipologie considerate nel presente disciplinare.

Le aree più indicate per basi spumante e vini bianchi (area collinare dell’Oltrepò Orientale collocata tra i comuni di Montecalvo Versiggia e Santa Maria della Versa e l’area sud occidentale dell’Oltrepò tra i comuni di Rocca Susella, Fortunago, fino a Rocca de’ Giorgi) sono caratterizzate da suoli con tessiture fini, localizzate prevalentemente in aree alte e fresche che risultano più piovose, con temperature più miti e con maggiori sbalzi termici giornalieri.

I terreni possiedono mediamente una buona abitabilità, sono profondi e hanno una elevata dotazione di nutrienti, maggior riserva idrica e drenaggi più lenti. Si sviluppano ad altezze medio-alte comprese tra i 200 e 550 m e sono caratterizzate da versanti con esposizioni est/ovest e pendenze moderate.

I vini sono ampi e complessi, caratterizzati da note floreali accompagnate da sentori di frutta matura e fragranze di vegetale secco, con richiami erbacei e speziati.

Le elevate escursioni termiche della zona determinano un vino particolarmente fresco, caratterizzato al palato da una gradevole nota acidula e buona struttura.

Esistono poi zone a duplice attitudine, come l’area dei comuni di Mornico Losana, Pietra de’ Giorgi, Montù Beccaria, Montalto Pavese e Borgo Priolo, le quali risultano essere maggiormente assolate e calde con versanti orientati prevalentemente verso sud/ovest.

Le altitudini sono in media comprese tra i 150 e i 350 m con ottime esposizioni anche ad altitudini superiori (350 – 450 m).

Le temperature risultano sostenute nelle ore centrali della giornata e specialmente nelle aree più elevate si riscontrano forti abbassamenti durante le ore serali e notturne, spesso accompagnati dalla presenza di brezze serali.

L’esposizione dei versanti è principalmente verso sud/ovest (80%) con pendenze medie del 20%.

Sono aree con ottime potenzialità sia per la produzione di uve da vini bianchi di elevato pregio che, nei versanti più assolati e con esposizioni sud/ovest, per la produzione di uve per una vinificazione in rosso.

I vini bianchi risultano equilibrati grazie ad una buona maturazione delle uve, con sentori floreali, fruttati e di vegetale e in bocca rimangono sapidi, freschi e strutturati; i rossi invece risultano complessi e mediamente intensi, con note di ciliegia e frutti rossi e in bocca manifestano tannini non aggressivi.

Infine le aree più adatte ad un obiettivo enologico in rosso, che si estendono nella prima fascia collinare tra Torrazza Coste e Zenevredo e sono costituite da valli che si aprono a ventaglio sulla Pianura Padana, caratterizzate da ripidi versanti e fitti crinali, con substrati rocciosi relativamente soffici, che risultano in buona parte lavorabili.

Si contraddistinguono per avere tessiture più sciolte, suoli meno fertili, meno profondi e con una maggiore capacità di allontanamento delle acque in eccesso.

Le fasce vocate sono quelle più calde a ridosso della pianura e poste ad altitudini comprese tra 100 e 300 m. I versanti sono prevalentemente esposti verso sud/ovest e con pendenze anche sostenute.

I regimi idrici sono inferiori.

Particolarmente vocate per la produzione di uve per la vinificazione in rosso con la massima espressione per colore, struttura, grado alcolico e complessità.

L’ampiezza sensoriale è caratterizzata da note floreali di viola, da sentori di frutti rossi, di frutta cotta (prugna), di vegetale secco (paglia) e di speziato.

Alla degustazione si percepiscono una grande corposità dovuta alla struttura e al buon grado alcolico e una limitata acidità.

Altre aree dell’Oltrepò Pavese sono poi storicamente legate ad alcune particolari tipologie di vino, quali per esempio il Moscato nella zona di Volpara e territori limitrofi, fra il torrente Versa e il rio Goretta ad un’altitudine di 400 m.s.l.m. e il Riesling nei comuni di Calvignano, Montalto Pavese, Oliva Gessi e, in parte, Casteggio, Mornico Losana e Rocca de’ Giorgi, fra i 220 ed i 450 m s.l.m.

L’Oltrepò Pavese è da sempre un territorio di elezione per la viticoltura, sia per la grande tradizione di produzione di vini tranquilli e mossi rossi e bianchi, sia per l’indiscutibile antica tradizione per la produzione dello spumante metodo classico e Charmat.

Uno dei passi storicamente più rilevanti dell’enologia oltrepadana è la nascita delle Cantine Sociali. La storia narra che la prima vide la luce nel 1902.

Furono già allora introdotti i criteri del vigneto specializzato, della razionalizzazione degli impianti e dei cloni. Insomma vennero fatti i primi passi fondamentali per la produzione di qualità.

Il 1961 segna l'anno della svolta con la nascita dell'attuale Consorzio, ancor prima della legge istituzionale delle Denominazioni di Origine Controllata, con il fine di promuovere e far crescere l'immagine dei vini tipici prodotti in questa terra.

Il Consorzio, con il passare degli anni, assunse un ruolo sempre più fondamentale legato alla tutela e alla promozione del vino.

Gli emblemi consortili hanno da sempre voluto ricordare il ruolo fondamentale che il vino riveste in questa zona: il Signore del Brio, in vigore dal 1994 al 2010, rappresentava un personaggio vissuto nella corte cinquecentesca dei marchesi Malaspina al quale era demandato il compito dell'organizzazione e del successo delle feste.

L’attuale emblema, che riprende il vecchio simbolo in vigore fino al 1994 consiste invece in una figura che sta a simboleggiare la gioia e la fortuna del vino per l’Oltrepò Pavese: il “folletto o Jolly danzante”.

Esso si presenta nella posizione detta “danzante”, che simboleggia la pigiatura dell’uva; la mano sinistra è piegata in un gesto di accoglienza; ha una coda ricurva verso l’alto che finisce con una foglia di vite; la ghiera che lo contiene presenta 4 rientranze in corrispondenza dei 4 punti cardinali segno di una apertura in tutte le direzioni.

Apertura che è sia geografica, sia culturale.

Mino Milani, noto scrittore nonché storico e giornalista pavese, per un testo dedicato all’Oltrepò (edito nel 2001 dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, curato dal fotografo Fulvio Roiter e dallo stesso Milani), scrive: “Dei vari, o dei possibili Oltrepò, il più vero è certamente quello delle vigne.

Il solo nome, del resto, evoca immediatamente immagini e idee di uva, vendemmia, cantina, vino… Oltrepò: è quasi inutile aggiungere la parola pavese, perché non ve ne sono altri; e da sempre i pavesi vengono qui a rifornirsi di buon vino: “sulle colline, assai fertili poiché non hanno terreno pietroso, ci sono castelli e numerose ville, e vigne che producono vini bianchi pregiatissimi”, e così scriveva nel Trecento frate Opicino de’ Canistris. La vite già aveva segnato il destino della terra, il carattere dei suoi abitanti, cui aveva dato non solo lavoro e quindi ricchezza, ma anche una rustica nobiltà, da contrapporsi a quella bellicosa dei proprietari di ville e castelli.

La storia ha il suo corso (o la sua logica) inesorabile, e la vigna ha prevalso su ville e castelli, rimasti a testimonianza

d’un orgoglio comune.

Che cosa fosse l’Oltrepò prima della vigna, lo possiamo immaginare senza troppa fatica: foreste, brughiere, distese incolte; uno scenario che l’uomo ha via via modificato, respingendo in alto i boschi, aggredendo il gerbido, piegando la terra alle proprie necessità.

Guardando i terrazzamenti, i ripari e gli argini che scandiscono e definiscono le vigne e consentono le strade, possiamo

valutare (ma non senza un po’ di vertigine) l’imponenza del lavoro secolare, umile e anonimo, che ha mutato l’aspetto di queste zone”.

E ancora, tratto dal volume “Notizie, storia, indicazioni di Pavia e Provincia”, edito nella terza edizione del 1986 dalla Camera di Commercio di Pavia e curato da Mario Merlo, giornalista e scrittore, e da Giuseppe Mazza, storico e critico: “L’Oltrepò è terra di antico insediamento.

Le sue caratteristiche morfologiche hanno favorito l’afflusso di correnti migratorie che dalle sponde litoranee del Tirreno e precisamente nell’arco del golfo del Tigullio, in cerca di retroterra di più facili condizioni di vita, si sono spinte attraverso le valli dell’Appennino Ligure fino alla Pianura Padana, arrestandosi sul limitare di questa in posizioni elevate proprio là dove il contrafforte appenninico assumendo più modeste proporzioni collinari a dolce declivio si incontrava con la pianura acquitrinosa, insalubre e avara di mezzi adatti a rendere possibile una qualsiasi forma di vita organizzata.

Per questi motivi le primitive popolazioni galliche e liguri derthonine e liguri iriate, tribù celeliate e cerdiciate, stanziatesi fra Clastidium e Litubium – le odierne Casteggio e Retorbido – hanno preso dimora sui poggi…

Nel 238 a.C i Romani iniziarono la guerra contro i Liguri della riviera: ma ben presto si accorsero che per vincere queste popolazioni forti e tenaci bisognava spingersi nell’entroterra e snidarle dalle montagne. Solo nel 224 i consoli G. Flaminio Nepote e P. Furio Filone entrarono nel territorio vogherese…

Alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente e con le calate barbariche in

Italia, l’Oltrepò venne progressivamente occupato da nuove popolazioni che si mescolarono a quelle indigene gallo-latine-iriate, creando così un nuovo gruppo etnico avente caratteristiche proprie che si mantennero poi distinte nel volgere dei secoli.

Questa terra era limitata a nord dal fiume Po, che per avere a quel tempo un corso disordinato e spontaneo presentava serie difficoltà di guado, sì che fra le due sponde non vi furono che brevi contatti sporadici e mai tali da fondere insieme questi gruppi che invece mantennero, e in certo senso mantengono ancor oggi, speciali elementi di differenziazione… Durante il Medioevo sono sorti molti paesi di origine signorile: prima il castello, poi intorno a esso, entro la prima cerchia di mura, il paese. Infatti non esiste località dell’Oltrepò che non abbia il suo castello…

Dal secolo X le famiglie gentilizie che se ne contesero la supremazia furono i Malaspina, i Visconti, i Beccaria, i Dal verme, fino a quando gli Sforza nella seconda metà del XV secolo dominarono incontrastati su tutto il territorio..”

La DOC “Oltrepò Pavese”, dalla nascita avvenuta nel 1970, ha vissuto una serie di modifiche nel 1975, 1977, 1987 e 1995, fino alle più recenti e sostanziali del 2007 e 2010 quando dapprima la tipologia Metodo Classico è stata estrapolata dalla DO (DM 27 luglio 2007) per elevarsi alla categoria DOCG e poi (DM 3 agosto 2010) quando hanno ottenuto valore autonomo e disciplinari propri le tipologie Bonarda, Buttafuoco, Sangue di Giuda, Pinot nero (vinificato in rosso) e Pinot grigio, per la loro importanza storica e/o commerciale.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Valoritalia S.r.l.

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Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-201 (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

OLTREPÒ PAVESE PINOT GRIGIO

D.O.C.

Decreto 03 agosto 2010

Modifica Decreto 03 novembre 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese Pinot grigio” è riservata ai vini, anche nella tipologia frizzante, che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini di cui all’art. 1 devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

Pinot grigio;

Pinot grigio frizzante;

Pinot grigio: minimo 85%;

Pinot nero e altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini “Oltrepò Pavese Pinot grigio” di cui all’art. 1 comprende la fascia vitivinicola collinare dell’“Oltrepò Pavese” per gli interi territori dei seguenti comuni in provincia di Pavia:

Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de’ Giorgi, Rocca de’ Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo

e per parte dei territori di questi altri comuni:

Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebello della Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Santa Giuletta, Stradella, Torricella Verzate.

 

Tale zona è così delimitata:

parte dai km 136+150 della strada statale n. 10, la linea di delimitazione scende verso sud seguendo la strada provinciale Bressana-Salice Terme, sino al bivio di Rivanazzano.

Qui si devia verso ovest lungo la strada che da Rivanazzano porta alla Cascina Spagnola, per piegare a quota 139 verso sud e raggiungere il confine provinciale e regionale Pavia-Alessandria, che segue fino a Serra del Monte.

Da questo punto la linea di delimitazione raggiunge Casa Carlucci e prosegue in direzione sud, lungo il confine che divide i comuni di Ponte Nizza e Bagnaria fino al torrente Staffora, includendo San Ponzo Semola.

Di qui la linea di delimitazione segue la statale Voghera-Varzi-Penice fino all’abitato di Ponte Nizza, indi devia a est-nord-est seguendo la provinciale di fondo valle per Val di Nizza. Prosegue quindi in direzione nord lungo il confine comunale tra ponte Nizza, Val di Nizza e Montesegale sino al Rio Albaredo e con esso raggiunge il torrente Ardivestra, con il quale si identifica risalendo verso est a raggiungere la Cascina della Signora.

Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in direzione nord seguendo la strada provinciale Godiasco-Borgoratto Mormorolo, a incontrare il confine dei comuni Fortunago e Ruino.

Prosegue sul confine comunale meridionale di Ruino a raggiungere il confine provinciale tra Pavia-Piacenza.

La delimitazione orientale del comprensorio é costituita dal confine provinciale Pavia-Piacenza sino al suo incontro con la strada statale n. 10, per raggiungere la strada provinciale Bressana-Salice Terme che incrocia al km 136+150 del comprensorio, punto di partenza della delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

4.1) Condizioni naturali dell’ambiente

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese Pinot grigio” devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini le specifiche tradizionali caratteristiche di qualità.

I vigneti devono essere posti su terreni di natura calcarea o calcareo-argillosa e su pendici collinari ben soleggiate senza comunque escludere i fondovalle e i terreni di pianura.

4.2) Densità di impianto

Per i nuovi impianti ed i reimpianti la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 4.000.

4.3) Sesti d’impianto e forme d’allevamento

I sesti d’impianto, le forme di allevamento (controspalliera) e i sistemi di potatura devono essere quelli di tipo tradizionale e, comunque, i vigneti devono essere governati in modo da non modificare le caratteristiche dell’uva, del mosto e del vino.

Per i vigneti esistenti alla data di pubblicazione del presente disciplinare sono consentite le forme di allevamento già usate nella zona, con esclusione delle forme di allevamento espanse.

4.4) Irrigazione

É consentita l’irrigazione di soccorso.

4.5) Rese ad ettaro e gradazione minima naturale

Le produzioni massime di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese Pinot grigio” ed i titoli alcolometrici volumici naturali minimi devono essere i seguenti:

 

Pinot grigio: 15,00 t/ha, 10,50% vol.;

Pinot grigio frizzante: 15,00 t/ha, 10,50% vol.

 

Anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa uva ad ettaro dovrà essere riportata nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restando la resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi. Oltre detto limite del 20% decade il diritto alla Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese Pinot grigio” per tutta la partita.

La Regione Lombardia, sentito il parere del Consorzio di Tutela, annualmente, con proprio decreto, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può fissare produzioni massime per ettaro inferiori a quelle stabilite dal presente disciplinare di produzione, o limitare, per talune zone geografiche, l’utilizzo delle menzioni aggiuntive, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

5.1) Zona di vinificazione

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nella zona di produzione delimitata dall’art. 3.

Tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione é consentito che tali operazioni siano effettuate nell’intero territorio della provincia di Pavia, nonché nelle frazioni di Vicobarone e Casa Bella nel comune di Ziano Piacentino in provincia di Piacenza.

5.2) Resa massima uva/vino

Le rese massime dell’uva in vino devono essere le seguenti:

 

Pinot grigio: 70%

Pinot grigio frizzante: 70%

 

Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopra riportati, ma non oltre il 10%, l’eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata; oltre tale limite decade il diritto alla denominazione di origine per tutta la partita.

5.3) Modalità di vinificazione e di elaborazione

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche corrispondenti agli usi locali, leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro rispettive caratteristiche.

In particolare é ammessa la vinificazione congiunta o disgiunta delle uve che concorrono alla denominazione “Oltrepò Pavese Pinot grigio”.

Nel caso della vinificazione disgiunta il coacervo dei vini, facenti parte della medesima partita, deve avvenire nella cantina del vinificatore entro il periodo di completo affinamento e comunque prima della richiesta della certificazione della relativa partita prevista dalla vigente normativa o prima della eventuale commercializzazione, all’ interno della zona contemplata dall’art. 5.1, come vino atto a “Oltrepò Pavese Pinot grigio”.

 

Articolo 6

Caratteristiche dei vini al consumo

 

I vini a Denominazione di Origine Controllata di “Oltrepò Pavese Pinot grigio” devono rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

 

“Oltrepò Pavese Pinot grigio”:

colore: giallo paglierino più o meno intenso o leggermente ramato;

profumo: caratteristico, fruttato;

sapore: fresco, sapido, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

2) “Oltrepò Pavese Pinot grigio” frizzante:

colore: giallo paglierino più o meno intenso o leggermente ramato;

profumo: caratteristico, fruttato;

sapore: fresco, sapido, gradevole e vivace;

spuma: vivace, evanescente;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 10,50 % vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vini può rilevare lieve sentore di legno.

E’ facoltà del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, modificare per i vini di cui sopra i limiti indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

7.1) Qualificazioni

Alla Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese Pinot grigio” è vietata l’aggiunta di qualsiasi menzione diversa da quelle previste dal presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi superiore, extra, fine, scelto, selezionato, vecchio, e similari.

E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

7.2) Etichettatura

Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti “Oltrepò Pavese Pinot grigio” deve essere riportata l’indicazione dell’annata di vendemmia da cui il vino deriva.

Tale indicazione è facoltativa per la tipologia frizzante.

7.3) Caratteri e posizioni in etichetta

La denominazione “Oltrepò Pavese Pinot grigio” deve essere indicata nella designazione del prodotto in maniera consecutiva, anche su più righe, seguita immediatamente al di sotto dalla menzione specifica tradizionale “denominazione di origine controllata”.

Le menzioni facoltative, escluse i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell’etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione di origine del vino, salvo le norme generali più restrittive.

7.4) Marchio collettivo

La Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese Pinot grigio” è contraddistinta obbligatoriamente dal marchio collettivo espresso nella forma grafica e letterale allegata al presente disciplinare, in abbinamento inscindibile con la denominazione. L’utilizzo del marchio collettivo è curato direttamente dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese che deve distribuirlo anche ai non associati, alle medesime condizioni di utilizzo riservate ai propri associati.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese Pinot grigio” di cui all’art.1 possono essere immessi al consumo in contenitori di qualunque capacità previsti dalla legge.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

1. Fattori naturali rilevanti per il legame

L’area di produzione del vino a DOC “Oltrepò Pavese Pinot grigio” si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia.

L’area è caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord.

Analisi pedopaesaggistica

L’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. Il paesaggio è quello preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano formazioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi.

I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò Pavese, appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate.

Quelli del Pliocene si limitano a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello della

Battaglia, Torrazza Coste, Casteggio e in alcune zone più orientali (Montù Beccaria).

Le formazioni mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione di oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne.

Il piano più recente è dato dal Messiniano, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto precisa.

Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano, Castana, Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Torricella Verzate e in piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e Godiasco.

Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco fanno parte del Langhiano, costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare assai profondo.

I terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole, talvolta giallastre, in strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei.

Il passaggio all’Oligocene avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei, scistosi, ma

prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano, che ha notevoli estensioni nei dintorni di Rocca Susella, Borgo Priolo e Calvignano.

L’Oligocene, che forma un periodo di transizione fra Eocene e Miocene, non ha limiti ben definiti: si estende per circa 13.000 ettari su un vasto territorio di collina e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo Versiggia, a Ruino e a Varzi.

Le formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da argille scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastante di calcare marnoso.

Gli scisti galestrini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo estese superfici dell’alta collina. Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare marnoso, comprende 16.000 ettari ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa collina con vertici a Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni.

Geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, mentre dal punto di vista agronomico le differenze sono meno sensibili. Le zone viticole con caratteristiche litologiche omogenee sono:

• Depositi alluvionali terrazzati: si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza, inserendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilievi costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare.

Si tratta di depositi elastici incoerenti a granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia potenza e colore.

• Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille: unità che raggruppa tutte quelle formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litologica di cui è difficile la suddivisione in litofacies.

È costituita da arenaria, brecce, calcari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi, conglomerati e argille, che generalmente costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati.

Affiora estesamente nella parte collinare della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune di Retorbido e prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino San Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana.

Un altro affioramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella.

• Alternanze a dominante arenacea: litofacies caratterizzata da alternanze più o meno regolari di arenarie variamente cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio.

Solitamente hanno maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e argillosi, ma localmente si può avere predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica.

Nel primo caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo si hanno spessori di pochi centimetri. La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, è assai varia con pareti verticali e pendii a modesta acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre eluvio-colluviale. Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con formazioni argillose.

Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltre padani, in particolare modo in quelli della zona centro-occidentale, dove riveste una certa importanza viticola.

• Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso: costituita da alternanze ritmiche di calcari marnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm e argille in strati da 5 a 70 cm. Dal punto di vista morfologico forma rilievi con pendenze modeste.

La facile degradabilità dei litotipi più fini favorisce la formazione di un’estesa coltre eluvio-colluviale che su pendii meno accentuati può assumere anche spessori notevoli. Sono frequenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo i versanti più in pendio. Affiora estesamente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi fino alle sorgenti del torrente Versa al confine con la provincia di Piacenza.

Un’altra striscia importante e intensamente vitata, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino attraversando trasversalmente la Valle Scuropasso.

• Gessi: unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, che affiora su estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite.

Si riscontrano queste zone nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca.

La radiazione solare

La radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, mentre nelle zone collinari bisogna considerare anche gli effetti della pendenza, dell’esposizione e dell’orizzonte orografico tipico di ciascun vigneto.

L’Oltrepò è caratterizzato da un’estrema disomogeneità della distribuzione della radiazione sul territorio collinare, disomogeneità che rappresenta una chiave di lettura importante per individuare le diverse vocazionalità del territorio per la coltura della vite.

Mediamente l’area orientale si presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di valore di radiazione solare, compresa tra 2.250 e 3.000 MJ/m2 all’anno, mentre l’aria occidentale si contraddistingue per avere un andamento

collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud molto assolati, che raggiungono spesso, valori di radiazione solare superiori a 2.750 MJ/m2 all’anno.

La temperatura dell’aria

Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa 1/2°C.

L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la fascia di collina e quella più propriamente montana. La media delle minime è per lo più inferiore a 0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a quelli delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione termica.

Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22/24°C), così come le minime, che si verificano nei mesi di gennaio o febbraio e sono comprese fra i – 8 e i – 13°C. Sono invece poco omogenee le massime mensili: a quote inferiori ai 500 m (circa 28/30°C) sono sensibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25/27°C).

Le precipitazioni

La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed un minimo rispettivamente nei mesi di novembre (143 mm) e di luglio (47 mm). In media il mese più piovoso nella stagione primaverile risulta essere maggio (121 mm).

La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da est verso ovest che indica l’approssimarsi dei minimi precipitativi ai confini con l’alessandrino (556 mm/anno).

2. Fattori umani rilevanti per il legame

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che hanno contribuito ad ottenere i vini a Denominazione di Origine “Oltrepò Pavese grigio”.

Considerato, sin dai tempi di Strabone, una zona di produzione di vini di qualità, l'Oltrepò Pavese è quel lembo di terra collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d'incontro di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna.

Tale peculiare caratteristica rende l'Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro.

Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite. Un'importante testimonianza arriva dal reperto di un tralcio di vite, risalente ai tempi preistorici, trovato nei pressi di Casteggio, un tempo detta Clastidium. Strabone, nel I secolo A.C., attribuì all'Oltrepò Pavese l'invenzione della botte. Nei suoi testi fu descritta di dimensioni più grandi delle case.

Nei secoli successivi s’incontrano poi altre testimonianze. Andrea Bacci, per esempio, nel XVI secolo, descrisse i vini di

tale zone con il termine “eccellentissimi”.

L'Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo.

E' sufficiente ricordare che nel 1884 l'Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni.

Oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, seppur non mancano produttori collezionisti che hanno raccolto qualche testimonianza del passato, come Moradella, Uva della Cascina o altro ancora. Nonostante tale decimazione, il panorama vinicolo oltrepadano è ancora molto ricco, soprattutto per quanto concerne le tipologie di vino prodotte, tra cui quelle previste dal presente disciplinare di produzione.

Nel corso dei decenni la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio, tanto che nel 1970 il vino Oltrepò Pavese, e con esso la tipologia Pinot grigio, è stato riconosciuto come DOC con DPR del 6 agosto.

L’incidenza dei fattori umani nel corso della storia è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del presente disciplinare di produzione:

la base ampelografica dei vigneti:

il vitigno idoneo alla produzione dei vini in questione è fra quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata, il Pinot grigio;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto ed i sistemi di potatura anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e permettono la migliore e più razionale disposizione delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata e bene esposta superficie fogliare e di contenere le rese di produzione entro i limiti fissati dal presente disciplinare;

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in bianco di vini tranquilli, vivaci e frizzanti.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all’ambiente geografico

La DOC “Oltrepò Pavese Pinot grigio” è riferita a due diverse tipologie di vino: tranquillo e frizzante. Dal punto di vista analitico ed organolettico ciascuna tipologia presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari (descritte all’Articolo 6), che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici del vitigno Pinot grigio.

I vini risultano possedere un colore giallo paglierino, a volte leggermente ramato o rosato tendente al cerasuolo tenue, un profumo caratteristico e fruttato e un sapore fresco, sapido e gradevole.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)

Grazie alle indagini condotte sul territorio dell’Oltrepò Pavese iniziate con lo studio di zonazione realizzato a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione provinciale di Pavia, coordinato dall’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza e dell’ERSAF, e conclusesi con esperienze di monitoraggio del territorio condotte dall’Università di Milano e dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è stato possibile ottenere una mappa delle unità territoriali che rappresenta la sintesi delle informazioni scientifiche raccolte.

L’intero areale oltrepadano ben si presta alla produzione delle tipologie considerate nel presente disciplinare, anche se differenti vocazionalità territoriali fanno si che alcune aree siano più adatte alla produzione di uve per la produzione di vini bianchi a base Pinot grigio.

Le varie delimitazioni sono state create analizzando i parametri climatici, pedologici e morfologici.

Le aree più indicate per i vini “Oltrepò Pavese Pinot grigio” corrispondono a quelle più vocate per la produzione di vini bianchi e rosati anche base spumante.

L’area collinare dell’Oltrepò Orientale collocata tra i comuni di Montecalvo Versiggia e Santa Maria della Versa e l’area sud occidentale dell’Oltrepò tra i comuni di Rocca Susella, Fortunago fino a Rocca de’ Giorgi sono caratterizzate da

suoli con tessiture fini, localizzate prevalentemente in aree alte e fresche che risultano più piovose, con temperature più miti e con maggiori sbalzi termici giornalieri. I terreni possiedono mediamente una buona abitabilità, sono profondi e hanno una elevata dotazione di nutrienti, maggior riserva idrica e drenaggi più lenti.

Si sviluppano ad altezze medio-alte comprese tra i 200 e 550 m e sono caratterizzate da versanti con esposizioni est/ovest e pendenze moderate.

I vini sono ampi e complessi caratterizzati da note floreali accompagnate da sentori di frutta matura e fragranze di

vegetale secco, con richiami erbacei. Le elevate escursioni termiche della zona determinano un vino particolarmente fresco, caratterizzato al palato da una gradevole nota acidula e buona struttura.

Di seguito riportiamo alcune caratteristiche del vitigno Pinot grigio, che permettono di chiarire meglio alcuni dei requisiti previsti dal presente disciplinare.

Dal punto di vista ampelografico il vitigno risulta leggermente vigoroso e abbastanza produttivo, si adatta ai diversi tipi di terreni, purché non umidi; preferisce climi temperati, non eccessivamente caldi perché soggetto alla perdita

delle caratteristiche di profumo e acidità, se matura troppo rapidamente.

È particolarmente sensibile alla botrite, richiede pertanto potature verdi nei climi tendenzialmente umidi. Il grappolo è piccolo, cilindrico, spesso alato, compatto. L’acino piccolo, ovoide con buccia grigio-rosa, poco consistente, pruinosa e polpa succosa, neutra.

Il Pinot grigio è un vitigno produttivo, capace di elevate rese ettariali, senza scadimenti qualitativi qualora le sue uve vengano destinate alla produzione di vini bianchi di aroma fermentativo e varietale, freschi e fruttati, di tenore alcolico non elevato.

Dati sperimentali rilevati nel corso di un progetto di zonazione viticola, in Oltrepò Pavese hanno fornito le seguenti prestazioni, in vigneti con densità ceppi/ha compresa tra 3600 e 4400 e cariche gemme ad ettaro variabili tra 70 e 100.000.

Gemme cieche:  6 - 15%;

Fertilità gemma: 1,3 – 1,9;

Fertilità germoglio: 1,7 – 2,6;

Peso grappolo: 90 – 140 g;

Produzione ceppo: 2,5 – 5,2 kg;

Produzione ettaro: 10,00 . 16,00 t;

uva/legno kg/kg: 4,1 – 6,0;

Zuccheri:  20,40 – 24,40°B;

Ac. Tit. in Ac. Tart.: 5,00-5.50 g/.

Da tali dati si può desumere come pur in presenza di elevate produzione ad ettaro, si raggiunga un ottimo grado zuccherino, quale conseguenza di un adeguato rapporto tra superficie fogliare e uva prodotta.

Ciò è possibile grazie alla precocità di maturazione del vitigno e alle buone condizioni dei vigneti, frutto di impianti relativamente recenti ed effettuati con materiale di propagazione di ottima qualità genetica e sanitaria.

L’esperienza maturata negli ultimi anni relativamente allo standard qualitativo, desunto in base alle analisi fisico-chimiche e organolettiche e il conseguente successo commerciale, non devono dunque far temere in relazione allo standard qualitativo dei vini prodotti con il presente disciplinare.

Se incerte sono le origini del Pinot Grigio, certo è che le caratteristiche vegetative dell’uva, quasi rossa nell’aspetto, ma bianca di fatto, è una mutazione genetica del Pinot Nero.

Nei “Pinot” infatti, le mutazioni gemmarie sono un fenomeno abbastanza frequente che talora si manifesta in forme

aberranti: con grappoli a buccia bianca e nera sullo stesso ramo, o acini di vario colore sullo stesso grappolo.

Taluni ampelografi ipotizzano la presenza dei genotipi originari del Pinot presenti sulle colline oltrepadane dal tempo dei romani: il Pinot grigio potrebbe essere identificato con certe varietà già descritte da Plinio il Vecchio.

Anche Giovanni Dalmasso, nel sostenere le antiche origini del vitigno, afferma che il Pinot grigio potrebbe essere identificato con le piante note agli antichi romani come “helvolae” ossia con uve grigie. Attendibili sono anche i riferimenti riconducibili all’Oltrepò Pavese che risalgono al 1500 ove si citano Pinolo, Pignolo gentile e Pignolo grappolato.

Pur vantando la Denominazione di Origine Controllata dal 1970, il Pinot Grigio è diventato un vitigno importante per il territorio solo nel primo decennio del XXI secolo.

Il vino “Pinot grigio” è stato una tipologia della DOC “Oltrepò Pavese”, sin dalla nascita avvenuta nel 1970 e nel 2010, con Decreto del 3 agosto, ha ottenuto valore autonomo e un disciplinare proprio, principalmente grazie alla sua importanza commerciale.

Uno degli obiettivi perseguiti con la nascita della DOC “Oltrepo Pavese Pinot grigio” è stato quello di mettere a punto un’efficace strategia di chiara individuazione territoriale. “Oltrepò Pavese Pinot grigio” è un nome di vitigno

internazionale che però risulta riconducibile, al territorio: il Pinot grigio non solo è una varietà tradizionalmente presente in questo territorio, ma è anche uno straordinario patrimonio della base ampelografia oltrepadana.

La scelta è stata quella di mantenere il nome completo di “Oltrepo Pavese”, perché questo nome caratterizza molte delle tipologie di vino che, seppur tradizionali, risultano più legate al nome del vitigno e risultano spesso legate alla vendita diretta.

Il nome “Oltrepò Pavese Pinot grigio” è perfettamente omologo al termine “Oltrepò Pavese”: il vitigno Pinot grigio è un vitigno internazionale, che trova nell’Oltrepò Pavese una delle sue dimore nazionali.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Valoritalia S.r.l.

via Piave, 24

00187 Roma

telefono: 0445 313088

fax: 0445 313080

e-mail: info@valoritalia.it

Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

PINOT NERO DELL’OLTREPÒ PAVESE

D.O.C.

Decreto 03 agosto 2010

Modifica Decreto 03 novembre 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

 

La Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” è riservata ai vini rossi, anche nella tipologia “riserva”, che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino di cui all’art. 1 deve essere ottenuto dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografia:

Pinot nero: minimo 95 %;

altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, congiuntamente o disgiuntamente: fino a un massimo del 5%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve destinate alla produzione del vino “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” comprende la fascia vitivinicola collinare dell’“Oltrepò Pavese" per gli interi territori dei seguenti comuni in provincia di Pavia:

Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de’ Giorgi, Rocca de’ Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo

e per parte dei territori di questi altri comuni:

Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebello della Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido,Rivanazzano, Santa Giuletta, Stradella, Torricella Verzate.

 

Tale zona e cosi delimitata:

parte dai km 136+150 della strada statale n. 10, la linea di delimitazione scende verso sud seguendo la strada provinciale Bressana-Salice Terme, sino al bivio di Rivanazzano.

Qui si devia verso ovest lungo la strada che da Rivanazzano porta alla Cascina Spagnola, per piegare a quota 139 verso sud e raggiungere il confine provinciale e regionale Pavia-Alessandria, che segue fino a Serra del Monte.

Da questo punto la linea di delimitazione raggiunge Casa Carlucci e prosegue in direzione sud, lungo il confine che divide i comuni di Ponte Nizza e Bagnaria fino al torrente Staffora, includendo San Ponzo Semola.

Di qui la linea di delimitazione segue la statale Voghera-Varzi-Penice fino all’abitato di Ponte Nizza, indi devia a est-nord-est seguendo la provinciale di fondo valle per Val di Nizza.

Prosegue quindi in direzione nord lungo il confine comunale tra ponte Nizza, Val di Nizza e Montesegale sino al Rio Albaredo e con esso raggiunge il torrente Ardivestra, con il quale si identifica risalendo verso est a raggiungere la Cascina della Signora.

Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in direzione nord seguendo la strada provinciale Godiasco-Borgoratto Mormorolo, a incontrare il confine dei comuni Fortunago e Ruino.

Prosegue sul confine comunale meridionale di Ruino a raggiungere il confine provinciale tra Pavia-Piacenza.

La delimitazione orientale del comprensorio é costituita dal confine provinciale Pavia-Piacenza sino al suo incontro con la strada statale n. 10, per raggiungere la strada provinciale Bressana-Salice Terme che incrocia al km 136+150 del comprensorio, punto di partenza della delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

4.1) Condizioni naturali dell’ambiente

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini le specifiche tradizionali caratteristiche di qualità.

I vigneti devono essere posti su terreni di natura calcarea o calcareo-argillosa e su pendici collinari escludendo comunque i fondovalle e i terreni di pianura.

4.2) Densità di impianto

Per i nuovi impianti ed i reimpianti la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 4.000.

4.3) Sesti d’impianto e forme d’allevamento

I sesti d’impianto, le forme di allevamento (controspalliera) e i sistemi di potatura devono essere quelli di tipo tradizionale e, comunque, i vigneti devono essere governati in modo da non modificare le caratteristiche dell’uva, del mosto e del vino.

Per i vigneti esistenti alla data di pubblicazione del presente disciplinare sono consentite le forme di allevamento già usate nella zona, con esclusione delle forme di allevamento espanse.

4.4) Irrigazione

É consentita l’irrigazione di soccorso.

4.5) Rese ad ettaro e gradazione minima naturale

Le produzioni massime di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” ed i titoli alcolometrici volumici naturali minimi devono essere i seguenti:

 

Pinot nero: 12,00 t/ha, 12,00% vol.;

Pinot nero riserva: 12,00 t/ha, 12,00% vol.

Anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa uva ad ettaro dovrà essere riportata nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restando la resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

Oltre detto limite del 20% decade il diritto alla Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” per tutta la partita.

La Regione Lombardia, sentito il parere del Consorzio di Tutela, annualmente, con proprio decreto, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può fissare produzioni massime per ettaro inferiori a quelle stabilite dal presente disciplinare di produzione, o limitare, per talune zone geografiche, l’utilizzo delle menzioni aggiuntive di cui all’art. 1, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

5.1) Zona di vinificazione

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nella zona di produzione delimitata dall’art. 3.

Tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione é consentito che tali operazioni siano effettuate nell’intero territorio della provincia di Pavia, nonché nelle frazioni di Vicobarone e Casa Bella nel comune di Ziano Piacentino in provincia di Piacenza.

5.2) Resa massima uva/vino

Le rese massime dell’uva in vino devono essere le seguenti:

 

Pinot nero: 70%

Pinot nero riserva: 70%

 

Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopra riportati, ma non oltre il 5%, l’eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata; oltre tale limite decade il diritto alla denominazione di origine per tutta la partita.

5.3) Modalità di vinificazione e di elaborazione

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche corrispondenti agli usi locali, leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro rispettive caratteristiche.

5.4) Invecchiamento

La denominazione “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” riserva é riservata ai vini sottoposti a un periodo di invecchiamento di almeno ventiquattro mesi a partire dal 1° novembre dell’anno di produzione delle uve, di cui almeno 6 in legno.

 

Articolo 6

Caratteristiche dei vini al consumo

 

Il vino a Denominazione di Origine Controllata di “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” deve rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

 

“Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”:

colore: rosso rubino anche scarico con possibili sfumature aranciate;

profumo: etereo, gradevole, caratteristico;

sapore: secco, morbido o pieno con retrogusto amarognolo, ma armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” riserva:

colore: rosso anche scarico con possibili riflessi aranciati;

profumo: etereo, gradevole, caratteristico;

sapore: secco, caldo, leggermente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 23,00 g/l.

 

In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vino può rilevare lievi sentori di legno.

E’ facoltà del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, modificare per i vini di cui sopra i limiti indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

7.1) Qualificazioni

Alla Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”, anche nella tipologia riserva, è vietata l’aggiunta di qualsiasi menzione diversa da quelle previste dal presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi superiore, extra, fine, scelto, selezionato, vecchio e similari.

E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

7.2) Etichettatura

Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”, anche nella tipologia riserva è obbligatoria l’indicazione dell’annata di vendemmia da cui il vino deriva.

7.3) Caratteri e posizioni in etichetta

La denominazione “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” deve essere indicata nella designazione del prodotto in maniera consecutiva, anche su più righe, seguita immediatamente al di sotto dalla menzione specifica tradizionale “denominazione di origine controllata”.

Le menzioni facoltative, escluse i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell’etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione di origine del vino, salvo le norme generali più restrittive.

7.4) Marchio collettivo

La Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” è contraddistinta obbligatoriamente dal marchio collettivo espresso nella forma grafica e letterale allegata al presente disciplinare, in abbinamento inscindibile con la denominazione.

L’utilizzo del marchio collettivo è curato direttamente dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese che deve distribuirlo anche ai non associati, alle medesime condizioni di utilizzo riservate ai propri associati.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”, di cui all’art. 1 devono essere immessi al consumo in bottiglie di vetro di capacità non superiore a litri 5.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

1. Fattori naturali rilevanti per il legame

L’area di produzione del “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia.

L’area è caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord.

Analisi pedopaesaggistica

L’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. Il paesaggio è quello preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano formazioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi.

I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò Pavese, appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate.

Quelli del Pliocene si limitano a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello della

Battaglia, Torrazza Coste, Casteggio e in alcune zone più orientali (Montù Beccaria).

Le formazioni mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione di

oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne.

Il piano più recente è dato dal Messiniano, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto precisa.

Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano, Castana, Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Torricella Verzate e in piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e Godiasco.

Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco fanno parte del Langhiano, costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare assai profondo.

I terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole, talvolta giallastre, in strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei.

Il passaggio all’Oligocene avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei, scistosi, ma

prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano, che ha notevoli estensioni nei dintorni di Rocca Susella, Borgo Priolo e Calvignano.

L’Oligocene, che forma un periodo di transizione fra Eocene e Miocene, non ha limiti ben definiti: si estende per circa 13.000 ettari su un vasto territorio di collina e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo Versiggia, a Ruino e a Varzi.

Le formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da argille scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastante di calcare marnoso.

Gli scisti galestrini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo estese superfici dell’alta collina. Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare marnoso, comprende 16.000 ettari ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa collina con vertici a Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni.

Geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, mentre dal punto di vista agronomico le differenze sono meno sensibili. Le zone viticole con caratteristiche litologiche omogenee sono:

• Depositi alluvionali terrazzati: si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza, inserendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilievi costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare.

Si tratta di depositi elastici incoerenti a granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia potenza e colore.

• Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille: unità che raggruppa tutte quelle formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litologica di cui è difficile la suddivisione in litofacies.

È costituita da arenaria, brecce, calcari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi, conglomerati e argille, che generalmente costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati.

Affiora estesamente nella parte collinare della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune di Retorbido e prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino San Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana.

Un altro affioramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella.

• Alternanze a dominante arenacea: litofacies caratterizzata da alternanze più o meno regolari di arenarie variamente cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio.

Solitamente hanno maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e argillosi, ma localmente si può avere predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica.

Nel primo caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo si hanno spessori di pochi centimetri.

La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, è assai varia con pareti verticali e pendii a modesta acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre eluvio-colluviale. Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con formazioni argillose.

Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltre padani, in particolare modo in quelli della zona centro-occidentale, dove riveste una certa importanza viticola.

• Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso: costituita da alternanze ritmiche di calcari marnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm e argille in strati da 5 a 70 cm. Dal punto di vista morfologico forma rilievi con pendenze modeste.

La facile degradabilità dei litotipi più fini favorisce la formazione di un’estesa coltre eluvio-colluviale che su pendii meno accentuati può assumere anche spessori notevoli.

Sono frequenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo i versanti più in pendio. Affiora estesamente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi fino alle sorgenti del torrente Versa al confine con la provincia di Piacenza. Un’altra striscia importante e intensamente vitata, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino

attraversando trasversalmente la Valle Scuropasso.

• Gessi: unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, che affiora su estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite.

Si riscontrano queste zone nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca.

La radiazione solare

La radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, mentre nelle zone collinari bisogna considerare anche gli effetti della pendenza, dell’esposizione e dell’orizzonte orografico tipico di ciascun vigneto.

L’Oltrepò è caratterizzato da un’estrema disomogeneità della distribuzione della radiazione sul territorio collinare, disomogeneità che rappresenta una chiave di lettura importante per individuare le diverse vocazionalità del territorio per la coltura della vite.

Mediamente l’area orientale si presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di valore di radiazione solare, compresa tra 2.250 e 3.000 MJ/m2 all’anno, mentre l’aria occidentale si contraddistingue per avere un andamento

collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud molto assolati, che raggiungono spesso, valori di radiazione solare superiori a 2.750 MJ/m2 all’anno.

La temperatura dell’aria

Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa 1/2°C.

L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la fascia di collina e quella più propriamente montana.

La media delle minime è per lo più inferiore a 0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a quelli delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione termica.

Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22/24°C), così come le minime, che si verificano nei mesi di gennaio o febbraio e sono comprese fra i – 8 e i – 13°C.

Sono invece poco omogenee le massime mensili: a quote inferiori ai 500 m (circa 28/30°C) sono sensibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25/27°C).

Le precipitazioni

La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed un minimo rispettivamente nei mesi di novembre (143 mm) e di luglio (47 mm). In media il mese più piovoso nella stagione primaverile risulta essere maggio (121 mm).

La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da est verso ovest che indica l’approssimarsi dei minimi precipitativi ai confini con l’alessandrino (556 mm/anno).

2. Fattori umani rilevanti per il legame

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini a Denominazione di Origine “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”.

Considerato, sin dai tempi di Strabone, una zona di produzione di vini di qualità, l'Oltrepò Pavese è quel lembo di terra collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d'incontro di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna.

Tale peculiare caratteristica rende l'Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro.

Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite.

Un'importante testimonianza arriva dal reperto di un tralcio di vite, risalente ai tempi preistorici, trovato nei pressi di Casteggio, un tempo detta Clastidium. Strabone, nel I secolo A.C., attribuì all'Oltrepò Pavese l'invenzione della botte. Nei suoi testi fu descritta di dimensioni più grandi delle case.

Nei secoli successivi s’incontrano poi altre testimonianze. Andrea Bacci, per esempio, nel XVI secolo, descrisse i vini di

tale zone con il termine “eccellentissimi”.

L'Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo.

E' sufficiente ricordare che nel 1884 l'Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni.

Oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, seppur non mancano produttori collezionisti che hanno raccolto qualche testimonianza del passato, come Moradella, Uva della Cascina o altro ancora.

Nonostante tale decimazione, il panorama vinicolo oltrepadano è ancora molto ricco, soprattutto per quanto concerne le tipologie di vino prodotte, tra cui quelle previste dal presente disciplinare di produzione.

Nel corso dei decenni la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio, tanto che nel 1970 il vino Pinot nero vinificato in rosso è stato riconosciuto come tipologia all’interno della DOC Oltrepò Pavese con DPR del 6 agosto e nel 2010 è stato riconosciuto come DOC a se stante con decreto del 3 agosto.

L’incidenza dei fattori umani nel corso della storia è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del presente disciplinare di produzione:

la base ampelografica dei vigneti:

il vitigno idoneo alla produzione dei vini in questione è uno fra quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata, il Pinot nero;

le forme di allevamento, i sesti d’impianto ed i sistemi di potatura, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e permettono la migliore e più razionale disposizione delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata e bene esposta superficie fogliare e di contenere le rese di produzione entro i limiti fissati dal presente disciplinare;

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso di vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia di base e la tipologia riserva.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all’ambiente geografico

La DOC “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” è riferita ad un unico vino, rosso fermo, anche nella tipologia riserva. Dal punto di vista analitico ed organolettico esso presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari (descritte all’Articolo 6), che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare presenta caratteristiche chimico-fisiche equilibrate; alla vista si presenta rosso rubino più o meno intenso con sfumature amaranto e un’unghia aranciata; al naso intenso, netto con sentori di marasca, ribes nero, bacche di bosco, funghi secchi, prugna matura e frutta macerata in alcol, speziato; in bocca vellutato, fruttato, molto equilibrato, di struttura medio buona, morbido, caldo, dotato di persistenza aromatica e leggermente amarognolo.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)

Grazie alle indagini condotte sul territorio dell’Oltrepò Pavese iniziate con lo studio di zonazione realizzato a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione provinciale di Pavia, coordinato dall’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza e dell’ERSAF, e conclusesi con esperienze di monitoraggio del territorio condotte dall’Università di Milano e dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è stato possibile ottenere una mappa delle unità territoriali che rappresenta la sintesi delle informazioni scientifiche raccolte.

Le differenti vocazionalità territoriali prevedono l’individuazione di aree particolarmente adatte alla produzione di uve a bacca rossa. Le varie delimitazioni sono state create analizzando i parametri climatici, pedologici e morfologici. Ciononostante si può affermare che l’intero areale oltre padano si presta alla coltivazione dell’uva Pinot nero per la produzione del vini “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”.

UNITÀ TERRITORIALE I

Caratterizzazione ambientale.

Quest’area presenta valori di radiazione fotosinteticamente attiva medi di 2.500 MJ/m2*anno e si sviluppa prevalentemente nelle fascia collinare intermedia.

L’area interessa prevalentemente i comuni di Mornico Losana, Pietra de’ Giorgi, Montù Beccaria, Montalto Pavese e Borgo Priolo. Le altitudini sono in media comprese tra i 150 e i 350 m con aree a ottima esposizione e ottimo microclima, anche ad altitudini superiori (350 – 450 m).

Le temperature risultano sostenute nelle ore centrali della giornata e specialmente nelle aree più elevate si riscontrano forti abbassamenti durante le ore serali e notturne, spesso accompagnati dalla presenza di brezze serali. L’esposizione dei versanti è principalmente verso sud/ovest (80%) con pendenze medie del 20%.

Vocazionalità.

Area con ottime potenzialità per la produzione di uve per una vinificazione in rosso.

Le aree ad altitudini maggiori si contraddistinguono per l’elevato profilo aromatico, anche se con un minor potenziale varietale per struttura e colore, rispetto a zone poste ad altitudini inferiori.

Caratterizzazione vini.

L’attitudine dell’unità permette una produzione di uve da rosso per vini complessi e mediamente intensi. I sentori risultano ben amalgamati tra loro lasciando più spazio alle note di ciliegia e frutti rossi. In bocca il prodotto è mediamente acido, con tannini non aggressivi.

UNITÀ TERRITORIALE II

Paesaggio.

L’area si estende nella prima fascia collinare tra Casteggio e Stradella ed è costituita da valli che si aprono a ventaglio sulla Pianura Padana; è caratterizzata da ripidi versanti e fitti crinali con substrati rocciosi relativamente soffici che risultano in buona parte lavorabili.

La maggior parte dell’area è adibita alla coltivazione a vigneto.

Geologia.

Il substrato è costituito prevalentemente da rocce calcaree limoso-argillose. Nell’area del Monte San Contardo e Santa Giuletta/Mornico Losana si riscontra un substrato di arenarie alternate a sabbie e limi.

Suoli.

Il suolo si presenta con una tessitura da grossolana a media, con scarsa presenza di scheletro e moderatamente profondo. Sono presenti strati rocciosi profondi di facile lavorabilità. L’area è molto calcarea con pH alcalino e drenaggio buono.

Caratterizzazione ambientale.

L’unità interessa esclusivamente la prima fascia collinare con altitudini comprese tra 150 e 250 m; è caratterizzata da valori di radiazione fotosinteticamente attiva medi (PAR media: 2.250 MJ/m2*anno) e da tenori pluviometrici compresi tra 750 e 860 mm/anno.

Le temperature medie annue sono molto differenti tra la pedecollina e le sommità. Il clima è condizionato dall’elevata inerzia termica del bacino padano che, con effetto tampone, mantiene nel corso di tutto l’anno temperature costanti. L’area è soggetta all’effetto del vento di föhn che favorisce l’abbassamento dell’umidità dell’aria aumentando l’evapotraspirazione e la diminuzione dell’acqua nel suolo.

L’inverno è mite e induce una certa precocità nella ripresa vegetativa mentre le estati sono molto calde.

Data l’eterogeneità della distribuzione orografica delle valli non vi è una esposizione di versante prevalente; le pendenze sono importanti e possono assumere anche valori prossimi al 35%.

Vocazionalità.

La fascia collinare a ridosso della pianura è particolarmente vocata per la produzione di Pinot nero da vinificare in rosso con la massima espressione varietale per colore, struttura e grado alcolico.

Caratterizzazione vini.

L’ottima maturazione delle uve garantisce la massima espressione varietale producendo vini di struttura e complessi. L’ampiezza sensoriale è caratterizzata da note floreali di viola, da sentori di frutti rossi, di frutta cotta (prugna) e di vegetale secco (paglia).

Alla degustazione si percepiscono una grande corposità dovuta alla struttura e al buon grado alcolico e una limitata acidità complessiva.

UNITÀ TERRITORIALE III

Paesaggio.

L’unità tocca la prima e la media collina dell’intero territorio oltrepadano, da Zenevredo a Torrazza Coste, cosa che comporta una vasta eterogeneità di paesaggi. Nella zona ad Est (Montù Beccaria) sono presenti dorsali ampiamente arrotondate con tratti subpianeggianti e aree collinari con pendenze a volte molto elevate. Il substrato risulta essere soffice con dominanza di limo-argilla, facilmente aggredibile dalle lavorazioni e in parte costituito, nell’area del comune di Stradella, da arenarie.

Sovente le lavorazioni hanno portato alla decapitazione delle sommità dei crinali.

Nell’area ad ovest (Torrazza Coste) sono presenti dei terrazzi con substrato moderatamente alterato e ricoperto da coltri limose. La zona è caratterizzata anche da vallecole a fondo piatto e porzioni collinari caratterizzate da materiali fini.

L’antropizzazione del territorio ha creato un paesaggio di versanti omogenei e nell’insieme ben raccordati.

Geologia.

Nella zona est il substrato è in maggior parte di natura argillosa mentre nell’area a ovest è composto da matrici marno-limose con intrusione di strutture sciolte (ghiaia-sabbia).

Suoli.

I suoli si presentano moderatamente profondi con scheletro variabile tra scarso e comune e con tessiture moderatamente fini. Le lavorazioni hanno spesso portato alla decapitazione dei dossi formando aree con limitata profondità e con affioramento di substrato inerte. Ai piedi dei versanti i suoli risultano essere più profondi. I suoli sono moderatamente calcarei con un pH alcalino.

La capacità di drenaggio è mediocre.

Caratterizzazione ambientale.

La zona è contraddistinta da valori di radiazione foto sinteticamente attiva di circa 2.300 MJ/m2*anno e si sviluppa prevalentemente nella fascia collinare a ridosso della pianura con altitudini comprese tra i 150 e i 250 m; si hanno regimi pluviometrici superiori a 850 mm/anno nella parte orientale e tra 700-800 mm/anno ad occidente.

Le caratteristiche climatiche sono simili a quelle evidenziate nell’Unità II, con la differenza che la fascia centrale, essendo più lontana dalla pianura, risulta essere leggermente meno calda e non soggetta all’effetto diretto dei

venti caldi e secchi. L’esposizione dei versanti è prevalentemente verso nord e ovest con pendenze inferiori al 20%.

Vocazionalità.

Unità adatta alla produzione di uve per vinificazioni in rosso con un buon rapporto tra maturazione tecnologica e fenolica.

Caratterizzazione vini.

Le alte temperature permettono di ottenere vini rossi di buona struttura, particolarmente equilibrati il cui profilo è esaltato dalle note fruttate di ciliegia e frutti rossi e in cui non manca uno spiccato sentore di viola e speziato.

Si riporta di seguito qualche accenno sull’interessante storia del vitigno Pinot nero e su come questa si intrecci indiscutibilmente con l’Oltrepò Pavese.

 

Probabilmente l’origine del Pinot può essere fatta risalire al III-IV secolo dopo Cristo, come appare da un documento di ringraziamento all’imperatore Costantino del 312, da parte degli abitanti della città di Autun, dove viene citato un vigneto famoso per la sua qualità nel pagus Arebrignus, nella Côte de Nuits.

Alla caduta dell’Impero Romano segue un periodo di silenzio, che corrisponde ad un periodo di decadenza economica e politica. Solo con il governo dei Franchi e di Carlo Magno, che assegna le terre coltivabili e da bonificare agli ordini monastici, benedettini in primis, si assiste al recupero dei vecchi vigneti decadenti ed alla creazione di nuovi con il materiale genetico che si era originato spontaneamente da seme. L’opera dei monaci nella selezione e diffusione del vitigno nato per caso è in questa fase provvidenziale ed il Pinot nero, sebbene con altri nomi, vede finalmente la

luce.

Ad onor del vero Columella, nella sua opera “De Re Rustica”, aveva molti secoli prima descritto un vitigno selezionato dai celti di Allobrogia, a foglie rotondeggianti, tipiche delle viti selvatiche, che sopporta il freddo, il cui vino si conserva con l’invecchiamento e che ama i terreni magri per la sua elevata fertilità, caratteristiche che corrispondono perfettamente a quelle del Pinot nero che conosciamo oggi.

Nel XIV secolo compare il termine di “Pynos” usato da E. Deschamps nella ballata della “Verdure des Vins” e poco tempo dopo in uno scritto borgognone, si parla di Pinoz al plurale per indicare la grande famiglia varietale. Da allora le citazioni si moltiplicano.

L’Ottocento, con lo sviluppo degli studi ampelografici, mette in evidenza una caratteristica originale di questo vitigno: la sua grande variabilità intravarietale che consente di identificare e descrivere più di cinquanta tipologie di Pinots, differenti per la morfologia fogliare, per colore della bacca, del succo, della produttività, della precocità e per il nome del selezionatore.

In Italia, malgrado il Pinot nero sia un vitigno adattato soprattutto alle regioni temperato-fresche, si diffonde lungo tutta la Penisola fino alla Sicilia a partire dalla fine del 1800 per la sua costante produttività e per l’elevato tenore zuccherino.

La valutazione delle sue doti enologiche è però molto sommaria perché di norma viene vinificato assieme ad altre varietà ed a causa della sua precocità di maturazione nelle regioni meridionali o comunque negli ambienti più caldi, subisce l’assalto degli uccelli o quello del marciume grigio.

Per questi motivi con la seconda ricostruzione postfillosserica la sua diffusione nel nostro paese subsce una drammatica contrazione e la sua coltivazione si attesta principalmente in Oltrepò Pavese.

In breve, se l’origine del moderno Pinot nero è la Francia, (nonostante alcuni ampelografi ipotizzino la presenza dei genotipi originari del Pinot già presenti sulle colline oltrepadane dal tempo dei romani), da cui sono giunti intorno alla metà dell’800 i ceppi coltivati ancora oggi, in Italia solo in Oltrepò Pavese il vitigno ha trovato il suo habitat ottimale.

I primi impianti si effettuano a Rocca de’ Giorgi nel 1865 per opera del Conte Carlo Giorgi di Vistarino.

Se il vitigno in oggetto si identifica storicamente per la produzione di uve finalizzate alla spumantizzazione, è pur vero che dagli anni cinquanta del secolo scorso qualche produttore ha intuito la possibilità di poter vinificare anche in rosso tali uve.

Il primo ad ottenere risultati qualitativi degni di nota è stato il Dr. Carlo Dezza di Montecalvo Versiggia emulato, a breve, dalla Dr.ssa Giuseppina Quaroni di Montù Beccaria.

Con l’adeguato supporto della ricerca scientifica, l’identificazione dei cloni ottimali, la scelta del terreno, del microclima e delle adeguate operazione colturali, una nuova importante realtà viticola ha caratterizzato il territorio dell’Oltrepò Pavese.

Il Pinot nero è passato dai circa 600 ettari coltivati intono agli anni ’60 ai circa 2.800 del 2010 (in Italia si stima una superficie totale a Pinot nero di poco inferiore ai 4.000 ettari).

E’ presente un po’ in tutto l’Oltrepò anche se è soprattutto coltivato in Valle Versa, Valle Scuropasso e a Montalto

Pavese.

Molti sono i problemi di natura colturale e compositiva che fanno del Pinot nero un vitigno molto difficile da coltivare e da vinificare, quali il vigore elevato delle viti che complicano la gestione della chioma, la sensibilità alla botrite ed all’oidio, la difficoltà di avere una maturazione fenolica contemporanea nelle bucce e nei vinaccioli che spesso è alla base di un contenuto nel vino di tannini poco polimerizzati, la mancanza di antociani esterificati che rende il colore poco stabile e che tende con l’invecchiamento all’aranciato, la facilità con la quale accumula gli zuccheri nell’uva

che comporta un ridotto contenuto in acidi nel mosto. In vinificazione è spesso vittima dell’acescenza se non si gestisce in modo corretto il cappello.

Sono dimostrati sia il ruolo più favorevole delle follature nei confronti dei rimontaggi nell’estrazione del colore e dei tannini meno aggressivi, sia il vantaggio che comporta nella complessità sensoriale la malolattica in barrique nei confronti di quella in acciaio.

È quindi un vitigno capriccioso che si esprime in vini ineguagliabili solo in ambienti dalle caratteristiche molto particolari e che per questo non può essere paragonato al Cabernet o allo Chardonnay per la loro capacità di adattamento a climi molto diversi.

Inoltre esige sia in vigneto, prima nella scelta dei cloni e quindi nel controllo della produzione per ceppo, sia in cantina nelle attenzioni durante la vinificazione, una cura maniacale fatta di accorgimenti e soluzioni, tenute accuratamente segrete dal produttore. Per queste sue caratteristiche è il vitigno che meglio sa esprimere nel vino i segreti più intimi di un terroir e la sensibilità interpretativa del vinificatore.

Il vino “Pinot nero” vinificato in rosso è sempre stato una tipologia della DOC “Oltrepò Pavese”, sin dalla nascita avvenuta nel 1970. Nel 2010 con Decreto Ministeriale del 3 agosto esso si è elevato a Denominazione di origine Controllata autonoma, con il nome di “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”, denominazione che sottolinea il profondo legame con il territorio da cui nasce.

 

Articolo 10

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