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SABBIONETA I.G.T.

SEBINO I.G.T.

TERRAZZE RETICHE I.G.T.

TERRE LARIANE I.G.T.

VALCAMONICA I.G.T.


TERRAZZE RETICHE

TERRAZZE RETICHE

 

SABBIONETA

I.G.T

Decreto 17 Settembre 2010

(Fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 12 luglio 2013

(Fonte GURI)

 

Articolo1

Denominazione dei vini

 

L'indicazione geografica tipica «Sabbioneta», accompagnata o meno dalle  specificazioni   previste   dal   presente   disciplinare   di produzione, è riservata ai mosti  e  ai  vini  che  rispondono  alle condizioni e ai requisiti in appresso indicati.

 

Articolo 2

Base ampelogradica

 

L'indicazione geografica  tipica  «Sabbioneta»  è  riservata  ai seguenti vini:

 

bianchi, anche nelle tipologie frizzante;

rossi, anche nelle tipologie frizzante e novello;

rosati, anche nella tipologia frizzante.

 

I vini a  indicazione  geografica  tipica  «Sabbioneta»  bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da uve provenienti  da  vigneti composti, nell'ambito aziendale,

da uno o più  vitigni  idonei  alla coltivazione  per  la  Provincia  di  Mantova  a  bacca   di   colore corrispondente.

L' indicazione   geografica   tipica   «Sabbioneta»,   con   la specificazione di uno  dei  seguenti  vitigni: 

Ancellotta, 

Barbera,

Cabernet Franc,

Cabernet Sauvignon,

Carmenère, 

Chardonnay, 

Cortese,

Corvina,

Fortana, 

Garganega, 

Groppello  gentile, 

Malvasia  bianca,

Marzemino,

Merlot,

Molinara,

Negrara, 

Pinot  Bianco, 

Pinot  grigio,

Pinot nero,

Riesling,

Rondinella,

Sangiovese,

Sauvignon,

Trebbiano,

è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti,  nell'ambito aziendale,

per almeno l'85% dai corrispondenti vitigni,

possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve dei  vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici,  idonei  alla  coltivazione per la Provincia di Mantova, fino a un massimo del 15%.

L' indicazione   geografica   tipica   «Sabbioneta»   con    la specificazione del vitigno:

«Cabernet»,

è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti,  nell'ambito  aziendale,  dai vitigni:

Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc da soli o  congiuntamente per almeno l'85%,

possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve dei  vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici,  idonei  alla  coltivazione per la Provincia di Mantova, fino a un massimo del 15%.

L'indicazione   geografica   tipica «Sabbioneta»,    con    la specificazione  del  vitigno: 

«Lambrusco» anche vinificato in bianco, 

è riservata  ai   vini ottenuti  da  uve  provenienti  da  vigneti   composti,   nell'ambito aziendale, dai vitigni:

Lambrusco di Sorbara,  Lambrusco  Grasparossa, Lambrusco Maestri, Lambrusco Marani,  Lambrusco  Salamino,  Lambrusco Viadanese da soli o congiuntamente per almeno l'85%,

possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e vini sopra indicati, le uve dei vitigni non aromatici, idonei alla coltivazione per la Provincia  di Mantova, fino a un massimo del 15%.

L' indicazione   geografica   tipica   «Sabbioneta»,   con   la specificazione  del  vitigno: 

«Trebbiano», 

è riservata  ai   vini ottenuti  da  uve  provenienti  da  vigneti   composti,   nell'ambito aziendale,  dai  vitigni:  Trebbiano  romagnolo,  Trebbiano   toscano, Trebbiano giallo e Trebbiano di Soave da soli  o  congiuntamente  per almeno l'85%,

possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve dei vitigni non aromatici,  idonei  alla  coltivazione per la Provincia di Mantova, fino a un massimo del 15%.

L'indicazione   geografica   tipica    «Sabbioneta»,    con    la specificazione del vitigno:

«Riesling»,

è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti,  nell'ambito  aziendale,  dai vitigni:

Riesling renano e Riesling italico  da  soli  o  congiuntamente  per almeno l'85%,

possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e vini sopra indicati, le uve dei vitigni  a  bacca  di  colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione per la Provincia  di Mantova, fino a un massimo del 15%.

I vini  a  indicazione  geografica  tipica  «Sabbioneta»  con  la specifica di un vitigno a bacca nera possono  essere  prodotti  anche nella tipologia novello.

I vini  a  indicazione  geografica  tipica  «Sabbioneta»  con  la specificazione di uno dei vitigni di cui al presente articolo possono essere prodotti anche nella tipologia frizzante.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti a essere  designati  con  l'indicazione  geografica  tipica «Sabbioneta» comprende l'intero territorio amministrativo dei  comuni

di Sabbioneta, Viadana, Commessaggio,

in Provincia di Mantova.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati  alla produzione  dei  vini  di  cui  all'art.  2  devono   essere   quelle tradizionali della zona. La produzione massima di uva per  ettaro  di vigneto in coltura specializzata, nell'ambito aziendale, per i vini a indicazione  geografica  tipica  "Sabbioneta",  seguita  o  meno  dal riferimento al vitigno, non deve essere  superiore  a 

22,00 t/ha, (limite già comprensivo dell'aumento  del  20%  di  cui  al  decreto ministeriale 2 agosto 1996)

sia per  le  tipologie  bianco,  rosso  e rosato che per le tipologie con indicazione del vitigno.

 

Le  uve  destinate  alla  produzione  dei  vini   a   indicazione geografica tipica «Sabbioneta», seguita o  meno  dal  riferimento  al vitigno, devono assicurare ai vini il titolo  alcolometrico  volumico naturale minimo di:

 

vini bianchi: 9,00% vol.;     

vini rosati: 9,00% vol.;

vini rossi: 9,00% vol.;

vini frizzanti: 9,00% vol.  

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

La zona di vinificazione delle uve e dei  mosti  atti  ad  essere designati con l'indicazione  geografica  tipica  «Sabbioneta»  devono essere effettuate all'interno della zona di produzione delle  uve  di cui all'art. 3.

Tuttavia,  tenuto  conto   delle   situazioni   tradizionali   di vinificazione, è consentito che tale operazione sia  effettuata  nei comuni confinanti alla zona delimitata.

Nella vinificazione sono ammesse  soltanto  le  pratiche  atte  a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche.

Le uve  destinate  alla  produzione  dell'indicazione  geografica tipica «Sabbioneta» tipologia  rosato  devono  essere  vinificate  in bianco.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per  il  consumo, non deve essere superiore all' 80% per tutti i tipi di vino.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a indicazione geografica tipica “Sabbioneta” all’atto dell’immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche :

 

“Sabbioneta” bianco:

colore: giallo pallido;

profumo: delicato, gradevole;

sapore: tipico, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Sabbioneta” rosato:

colore: rosato;

profumo: caratteristico, gradevole;

sapore: equilibrato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Sabbioneta” rosso:

colore: rosso rubino più o meno intenso;

profumo: vinoso e fruttato;

sapore : tipico, sapido armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“Sabbioneta” novello:

colore: rosso;

profumo: fruttato, giovane, gradevole;

sapore: asciutto, fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto secco netto minimo: 20,00 g/l;

 

I vini a indicazione geografica tipica “Sabbioneta” con la specificazione del nome del vitigno, all’atto dell’immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno.

 

I vini a  indicazione  geografica  tipica  «Sabbioneta»  all'atto dell'immissione  al  consumo   devono   avere   i   seguenti   titoli alcolometrici volumici totali minimi:

 

«Sabbioneta» bianco 10,00% vol.;

«Sabbioneta» rosso 10,00% vol.;

«Sabbioneta» rosato 10,00% vol.;

«Sabbioneta» novello 11,00% vol.;

«Sabbioneta» frizzante 10,00% vol. ;

titolo alcoolometrico volumico minimo 10,00% vol.,

anche per le  tipologie con la specificazione del nome dei seguenti vitigni:

Ancellotta,  

Barbera,  

Cabernet,  

Cabernet  Franc,  

Cabernet Sauvignon, 

Carmenère,  

Chardonnay,  

Cortese,  

Corvina,  

Fortana,

Garganega,

Groppello gentile,

Lambrusco (anche vinificato in bianco),

Malvasia bianca,

Marzemino,

Merlot,

Molinara,

Negrara,

Pinot  Bianco,

Pinot grigio,

Pinot nero,

Riesling,

Rondinella,

Sangiovese,

Sauvignon

Trebbiano.

 

Articolo 7

Etichettaura e presentazione

 

All'indicazione  geografica  tipica   «Sabbioneta»   è   vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare  di  produzione,  ivi  compresi  gli  aggettivi extra, fine, scelto, selezionato, superiore e similari.

E'  tuttavia  consentito  l'uso  di  indicazioni   che   facciano riferimento a nomi, ragioni sociali  o  marchi  privati purché  non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre  in  inganno il consumatore.

I vini  a  indicazione  geografica  tipica  «Sabbioneta»  possono essere immessi al consumo nei contenitori  previsti  dalla  normativa vigente.

Per i vini  a  indicazione  geografica  tipica  «Sabbioneta» tipologia Lambrusco,  qualora  siano  confezionati  in  bottiglie  di vetro, e' consentita la  chiusura  con  tappo  a  fungo,  ancorato  a gabbietta metallica o capsula, tradizionalmente usato nella  zona  di produzione.

L'indicazione  geografica   tipica   «Sabbioneta»   può   essere utilizzata come ricaduta per i  vini  ottenuti  da  uve  prodotte  da vigneti  coltivati  nell'ambito   del   territorio   delimitato   nel precedente art. 3 e iscritti negli  appositi  schedari  viticoli  dei vini a denominazione di origine, a condizione che i vini per i  quali si intende utilizzare l'indicazione geografica tipica di cui trattasi abbiano i requisiti previsti per una o più delle tipologie di cui al presente disciplinare.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazione sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame

La zona geografica comprende i territori amministrativi dei comuni di Sabbioneta, Viadana e Commessaggio, area compresa fra il fiume Oglio e il fiume Po in provincia di Mantova.

E’ la zona della media pianura, le quote sono comprese tra i 13 e i 36 m. slm. I terreni affioranti sono di origine alluvionale e riferibili al Quaternario recente (Pleistocene superiore,Olocene), durante il quale il fiume Po e i suoi affluenti depositarono i sedimenti, depositi alluvionali Olocenici, e in parte facenti parte della piana fluvioglaciale e fluviale terrazzata costituente il livello fondamentale della pianura

I rilievi sono legati al sistema Oglio-Chiese.

Nella piana a copertura alluvionale prevalentemente del fiume Po, il drenaggio superficiale si riduce mano a mano che dalle aree più rilevate e permeabili si passa alle zone più depresse. In superficie la litologia dipende dl fiume Po che tende ormai a rimanere costante per le opere di arginatura e regolazione delle acque.

I suoli posti in corrispondenza degli argini degli antichi percorsi fluviali sono a granulometria sabbiosa o sabbiosa-limosa, profondi, ben drenati moderatamente calcarei in superficie e molto calcarei in profondità a tessitura franca o franca -sabbiosa. Nelle aree tra i dossi e le valli i suoli sono a granulometria tra medio-fine e fine, profondi, calcarei, con tessitura da franco-sabbiosa a francoargillosa.

Nelle zone vallive la tessitura è argillosa, sono suoli profondi e poco evoluti.

Il fiume Po crea una unità idrogeologica e alimenta gli acquiferi per una vasta area.

La prima falda si trova tra gli 8 e i 25 metri di profondità.

Il clima da subumido a subarido è caratterizzato da temperature medie estive elevate con afosità estiva causata anche dalla forte umidità, nebbie nel periodo autunno-inverno e inverni rigidi con ritorni di gelo primaverili.

Le precipitazioni si concentrano maggiormente in autunno e in primavera.

Fattori umani rilevanti per il legame

Fondamentali i fattori umani legati al territorio che hanno contribuito in modo determinante all’ottenimento dell’ IGP “Sabbioneta”.

La coltivazione della vite in questa area ha origini antiche, dal poeta Virgilio, che cita l’esistenza della vite ai tempi più recenti con la coltivazione della vite in filari spesso accompagnata ad alberi con funzione di sostegno.

La coltivazione avveniva sulle terre strappate alle esondazioni del fiume e messe al sicuro con le arginature, quindi terreni di origine alluvionale, fertili, freschi che caratterizzano le qualità organolettiche della produzione vitivinicola.

L’uomo ha modellato il territorio e reso possibile la coltivazione della vite che è diventata tradizione come i rituali che ruotavano intorno all’uva e al vino con radici antiche che risalgono al cuore del Medioevo. Importante nella viticoltura della zona è il vitigno Lambrusco Viadanese che prende il nome dal comune in provincia di Mantova dove è maggiormente diffuso: Viadana.

L’area ha vocazione vitivinicola e l’uomo è stato determinante a caratterizzare la produzione e a determinare:

base ampelografica dei vigneti:

 ( i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nelle aree di produzione).

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura:

sono tali da perseguire la migliore e razionale disposizione delle viti e gestire in modo razionale le operazioni colturali e la qualità della produzione, mantenendo la tradizione.

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate nelle due zone per la vinificazione e l’ottenimento dei vini rosso e rosato come previsto dal disciplinare.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all’ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione hanno caratteristiche minime definite all’art. 6 del presente disciplinare, in particolare i Lambruschi per raggiungere una maturazione ottimale hanno bisogno di sommatorie termiche elevate nel periodo estivo (aprile-ottobre), solo in questo modo è possibile raggiungere la giusta maturazione e ottenere quelle caratteristiche organolettiche connesse agli elevati contenuti polifenolici e aromatici caratteristici di questa varietà e che condizionano fortemente la struttura, il corpo e tutta la valutazione sensoriale. Alcune varietà importanti per l’elevato contenuto antocianico sono ottenibile esclusivamente in questo territorio.

Le caratteristiche sopra enunciate sono attribuibili a questi precisi ambienti geografici.

I vini rossi, rosati e bianchi presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate con aromi prevalenti tipici dei vitigni.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

I suoli di natura alluvionale in genere a granulometria tra medio-fine e fine, moderatamente profondi, calcarei, con tessitura da franco-sabbiosa a franco-argillosa, moderatamente o poco evoluti abbinati ad un clima caratterizzato dalle alte temperature estive e dall’elevata umidità creano una situazione pedo-climatica favorevole allo sviluppo del Lambrusco, se a questo si aggiunge che il fiume Po crea un microclima unico è evidente la “simbiosi” tra il territorio e il vitigno.

L’uomo ha modificato il territorio strappando le terre alle esondazioni dei fiumi Po e Oglio e creando i presupposti per la coltivazione della vite, in particolare di un vitigno che ben si adatta al suo luogo di origine, ne è testimonianza la millenaria storia vitivinicola e la stretta connessione tra i fattori umani e le peculiari caratteristiche del vino. La coltura contadina si tramanda le tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, migliorate ed affinate ma pur sempre legate alla tradizione.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

ICQRF – Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari

Via Quintino Sella, 42

00187 ROMA.

L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva

(viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).

In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

SEBINO

I.G.T.

Decreto 03 luglio 2008

Rettifica Decreto 08 settembre 2008

Modifica Decreto 24 luglio 2009

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

1. L'indicazione geografica tipica «Sebino» è riservata ai mosti e vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

bianco

rosso;

novello;

passito.

e con il nome di uno dei seguenti vitigni:

Chardonnay,

Pinot bianco,

Pinot nero,

Cabernet Sauvignon,

Cabernet Franc,

Merlot,

Carmenère,

Nebbiolo,

Barbera.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

1. I vini di cui all'art. 1 devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

<!--[if !supportLists]-->1.1  <!--[endif]-->«Sebino» bianco:

deve essere ottenuto da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.

 

<!--[if !supportLists]-->1.2  <!--[endif]-->«Sebino» rosso:

<!--[if !supportLists]-->1.3          <!--[endif]-->deve essere ottenuto da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.

 

<!--[if !supportLists]-->1.4  <!--[endif]-->«Sebino» novello:

<!--[if !supportLists]-->1.5          <!--[endif]-->deve essere ottenuto da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.

 

1.4 «Sebino» passito:

deve essere ottenuto da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.

 

2. «Sebino», accompagnato da uno dei seguenti nomi di vitigno:

Chardonnay,

Pinot bianco,

Pinot nero,

Cabernet Sauvignon,

Cabernet Franc,

Merlot,

Carmenère,

Nebbiolo  

Barbera

purché ottenuto per almeno l'85% dal corrispondente vitigno.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e dei vini, le uve provenienti dai vitigni a bacca di colore analogo i idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare, fino ad un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti ad essere designati con la indicazione geografica tipica “Sebino” comprende l'intero territorio comunale di

Capriolo, Paratico, Palazzolo sull'Oglio, Adro, Erbusco, Corte Franca, Iseo, Ome, Monticelli Brusati, Rodengo Saiano, Paderno Franciacorta, Passirano, Provaglio d'Iseo, Gussago, Coccaglio, Cologne, Rovato, Cazzago S. Martino, Brione,

e la parte ovest del territorio comunale di Brescia,

meglio identificato come zona della collina di S. Anna, fra il confine comunale di Brescia, a sud la ex s.s. n. 11 e la strada provinciale per il paese di Cellatica ad est, fino ad innestarsi prima sul confine amministrativo del comune di Cellatica il cui territorio comunale e' escluso dalla delimitazione e poi il confine del comune di Gussago.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all'art. 2 devono essere quelle tradizionali della zona.

2. La produzione massima di uva per ettaro, in vigneto con coltura specializzata, per i vini ad indicazione geografica tipica «Sebino» non deve essere superiore a:

2.1 Bianco: 13,00 t/ha;

2.2 Rosso: 13,00 t/ha;

2.3 Novello: 13,00 t/ha;

2.4 Passito: 13,00 t/ha;

2.5 con nome di vitigno: 13,00 /ha.

3. Le uve destinate alla produzione dei vini ad indicazione geografica tipica «Sebino» devono assicurare ai vini

il titolo alcolometrico volumico naturale minimo di:

3.1 Bianco: 10,00% vol.;

3.2 Rosso: 10,00% vol.;

3.3 Novello: 10,00% vol.;

3.4 con nome di vitigno: 10,50% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche.

2. Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata all’art. 3.

E’ fatta salva la deroga prevista all’art.6, comma 4, secondo capoverso, del Regolamento CE n. 607/2009 per effettuare la vinificazione al di fuori della predetta zona delimitata fino al 31 dicembre 2012.

3. La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo non deve essere superiore a:

bianco: 70%;

rosso: 70%;

novello: 70%;

passito: 50%;

con nome di vitigno: 70%.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

1. I vini ad indicazione geografica tipica «Sebino», all'atto dell'immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche:

 

6.1 bianco:

colore: giallo paglierino;

profumo: delicato, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

6.2 rosso:

colore: rosso rubino più o meno intenso;

profumo: intenso, caratteristico, con sfumature fruttate o erbacee;

sapore: asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

6.3 novello:

colore: rosso più o meno intenso con riflessi violacei;

profumo: fresco, floreale;

sapore: morbido, tipico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo 11,00% vo.l;

acidità totale minima: 4,50 g/l

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

6.4 passito:

colore: giallo dorato più o meno intenso;

profumo: caratteristico, intenso;

sapore: delicatamente dolce, pieno, tipico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo 14,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l.

 

6.5 I vini a indicazione geografica tipica «Sebino» con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno ed0

un titolo alcolometrico volumico totale minimo di 11,5% vol.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla indicazione geografica tipica «Sebino» è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi extra, fine, scelto, selezionato, superiore e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati perche' non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

L’indicazione geografica tipica «Sebino», ai sensi dell’art. 14 del DLgs 61/2010, può essere utilizzata come ricaduta per i vini ottenuti da uve prodotte da vigneti coltivati nell’ambito del territorio delimitato nel precedente articolo 3 e iscritti allo schedario viticolo per le relative denominazioni di origine, a condizione che i vini per i quali si intende utilizzare l’indicazione geografica tipica di cui trattasi abbiano i requisiti previsti per una o più delle tipologie di cui al

presente disciplinare.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

1. I vini di cui all'art. 1 possono essere immessi in commercio in contenitori di qualunque capacità prevista per legge.

Tutti i vini di cui all'art. 1, se confezionati in recipienti inferiori a 5 litri, devono essere immessi al consumo solo in bottiglie di vetro.

 

Articolo 9

Legame con l'ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame

Il territorio di produzione dell’Indicazione Geografica Tipica Sebino prende il nome dall’altro nome del vicino Lago d’Iseo, Sebino, appunto, e comprende l'intero territorio comunale di Capriolo, Paratico, Palazzolo sull'Oglio, Adro, Erbusco, Corte Franca, Iseo, Ome, Monticelli Brusati, Rodengo Saiano, Paderno Franciacorta, Passirano, Provaglio d'Iseo, Gussago, Coccaglio, Cologne, Rovato, Cazzago S. Martino, Brione, e la parte ovest del territorio

comunale di Brescia, meglio identificato come zona della collina di S. Anna, così come descritto all’art. 3 del presente disciplinare.

Più genericamente si può descrivere come delimitato a est dalle colline rocciose e moreniche di Rodengo Saiano, Ome, Gussago, a nord dalle sponde meridionali del Lago d’Iseo e dalle ultime propaggini delle Alpi Retiche, a ovest dal fiume Oglio e infine a sud dai confini meridionali dei comuni a sud del Monte Orfano.

E’ caratterizzato da un’estrema complessità morfologica e geologica essendo costituito macroscopicamente da un ampio anfiteatro morenico formatosi durate le glaciazioni delle ere geologiche Secondaria e Terziaria per effetto dei movimenti di espansione e arretramento del grande ghiacciaio proveniente dalla Valcamonica.

Elemento comune di gran parte dei suoli della denominazione è dunque l’origine morenica che ne determina le caratteristiche principali: genesi alloctona, discreta profondità, drenaggio buono e riserva idrica buona o elevata. Esternamente al cordone morenico sussistono zone prevalentemente pianeggianti con depositi ghiaiosi di origine alluvionale. I suoli sono dunque particolarmente adatti alla coltura della vite.

Fatte salve le caratteristiche generali della zona vi è poi una grande variabilità pedo-paesaggistica che determina diversi risultati differenziati sia da un punto di vista agronomico che enologico.

Lo studio di zonazione condotto negli anni ’90 ha confermato questa ricchezza, individuando quattro differenti unità vocazionali.

L’Indicazione Geografica Tipica Sebino ricade nella regione mesoclimatica insubrica, quindi, se per alcuni aspetti il clima è assimilabile a quello della Pianura Padana e della fascia prealpina, la benefica azione del vicino Lago serve a mitigare le temperature sia in estate che in inverno.

In particolare i fattori che operano a livello di meso scala e contribuiscono a determinare il regime delle precipitazioni e dei venti assicurando una regolare apporto idrico e l’assenza di umidità eccessiva sono:

- vicinanza dell’area di pianura, il che trova riscontro in tutta una serie di fenomeni quali le inversioni termiche e le circolazioni di brezza.

- vicinanza del lago d’Iseo, che manifesta caratteristici effetti in termini di mitigazione delle temperature medie, diminuzione del rischio di gelate, intensificazione delle precipitazioni, regime dei venti.

- presenza a Nord del grande solco vallivo che delimita l’area del lago e poi della Valcamonica, con effetti sul campo del vento e sulle precipitazioni.

Gli eventi piovosi sono particolarmente frequenti nei periodi autunnale e primaverile, le precipitazioni annue sono pari a circa 1000 mm. Nel periodo vegetativo le precipitazioni medie sono adeguate e generalmente ben distribuite, comprese tra 500 e 600 mm.

Le temperature, espresse con l'indice bioclimatico di Winkler sono comprese tra i 1800 e i 2300 gradi giorno, in

relazione all'altezza, all'esposizione e all'effetto del lago. Questi valori consentono il raggiungimento di una adeguata maturazione delle uve.

Fattori umani rilevanti per il legame

La vite è presente in forma spontanea su tutta l’area dell’Igt Sebino già in epoca preistorica: testimonianza è data dal ritrovamento di vinaccioli di vite nella zona di Provaglio d’Iseo, laddove probabilmente v’erano insediamenti palafitticoli.

La storia viticola di questo territorio, dall’epoca romana al Rinascimento, si conosce soprattutto grazie all’ampio contributo di Gabriele Archetti su Vigne e vino nel Medioevo (secoli X-XV).

L’indagine dell’Archetti, riguardante la zona compresa tra il corso del Mella e dell’Oglio, ha permesso di tracciare una mappa della vitivinicoltura per il periodo altomedievale, di verificarne l’incidenza nel corso dei secoli, di individuare la varietà dei vitigni, le rese per ettaro, le tecniche di coltivazione, gli attrezzi impiegati dai contadini nei lavori campestri e in cantina, fino a stabilire i prezzi del vino, i costi del lavoro dei rustici o delle maestranze artigiane e le disposizioni statutarie emanate a tutela della vite e del commercio del vino.

Un’altra grande ricerca territoriale è quella condotta da Angelo Baronio grazie alle carte di grandi enti monastici che, attraverso i loro possedimenti, contribuirono al consolidamento, già prima del Mille, di una società rurale profondamente legata all’influsso delle istituzioni monastiche.

Tra le fondazioni monastiche più attive nel dissodamento, bonifica e coltivazione del territorio figura il monastero femminile di Santa Giulia di Brescia, le cui proprietà in zona sono documentate da una fonte di eccezionale importanza, quale il noto Polittico, della seconda metà del secolo IX.

Nella stessa epoca, sono attive numerose altre corti monastiche, tra cui quelle di Clusane (priorato cluniacense), Colombaro (cella di Santa Maria), Timoline (corte di Santa Giulia), Nigoline (corte di Sant’Eufemia), Borgonato (corte di Santa Giulia), Torbiato (corte dei monasteri di Verona e di S. Faustino di Brescia).

Il primo documento che ci dà notizia di proprietà fondiarie dislocate sul territorio del Sebino, dipendenti dal monastero bresciano di San Salvatore, risale all’anno 766.

Si tratta del diploma con cui Adelchi, figlio di Desiderio, d’accordo con la madre Ansa, aveva provveduto a donare «pro remedio animae» al monastero, fondato pochi anni prima proprio per iniziativa della madre, tutti i beni avuti dal nonno Verissimo e dagli zii Donnolo e Adelchi.

Prima del secolo X, però, le nostre conoscenze sulla diffusione e la consistenza della viticoltura rimangono scarse e frammentarie, anche se alcune località dovettero conoscere un’intensa attività vinicola già in età romana.

In un documento del 7 aprile 884, il monastero di Santa Giulia esercitava la «undatio fluminis in Caput Ursi» cioè dal diritto di pedaggio sul fiume Po a Caorso nel Piacentino riceveva spezie, sale e olio, mentre il monastero trasportava vino rosso e vino bianco nei propri possedimenti del Cremonese e del Piacentino fino nel Reatino.

L’attuale territorio così pressoché come delimitato all’articolo 3 del presente disciplinare era già descritto e delimitato nell’atto del Doge di Venezia Francesco Foscari del 1429, quando la zona era sotto il dominio della Serenissima.

Nel corso dei secoli la viticoltura ha sempre mantenuto un ruolo importante nell’economia agricola della zona fine agli anni ’60 del secolo scorso, è iniziato una sorta di Rinascimento viticolo che ha portato la coltivazione della vite ad essere oggi la principale coltura di questo territorio.

Base ampelografica:

Le prime testimonianze riguardo la viticoltura della zona risalgono al Medioevo, quando la vite era coltivata soprattutto dai monaci. Tradizionalmente si allevavano vari vitigni locali, bianchi e rossi ad alberata, cioè maritati ad alberi come pioppo e salice. Da questo sistema è derivata la classica pergola bresciana. Attualmente i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area di produzione

Forme di allevamento, sesti di impianto, sistemi di potatura:

La forma tradizionalmente utilizzata era la pergola bresciana, poi gradualmente sostituita da forme moderne a spalliera con sviluppo ascendente della vegetazione e potatura a Guyot o cordone speronato, che consentono un migliore equilibrio vegeto-produttivo e un adeguato contenimento della produzione entro i limiti fissati dal disciplinare.

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

Sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in bianco e in rosso dei vini tranquilli.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente riconducibili o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare tutti i vini rossi presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.

 

C) Descrizione dell’interazione causale tra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b)

Il territorio della Indicazione Geografica tipica Sebino è situato sull’estremo confine settentrionale della Pianura Padana e si va a incastonare dentro il sistema alpino in prossimità del lago di Iseo.

D’estate il caldo estivo è mitigato dalle fresche correnti che spirano lungo il corridoio della val Camonica e del lago e d’inverno il lago stesso riemette il calore accumulato nella stagione precedente mitigando le temperature. Da un punto di vista pedologico il territorio

è eterogeneo, con diversi tipi di terreno, pendenze ed esposizioni che concorrono differentemente alla produzione di uve di qualità.

La storica presenza della vite, dal medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Sebino

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali rinomati vini.

La IGT «Sebino» è stata riconosciuta con Decreto ministeriale del 6 dicembre1995 e modificata con decreto del 3 luglio 2008.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

ICQRF - Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari

Via Quintino Sella, 42

00187 ROMA.

L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).

In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

TERRAZZE RETICHE DI SONDRIO

I.G.T.

Decreto 18 novembre 1995

Modifica Decreto 15 maggio 2009

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La indicazione geografica tipica “Terrazze Retiche di Sondrio”, accompagnata o meno dalle specificazioni previste dal presente disciplinare di produzione, è riservata ai mosti ed ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti in appresso indicati.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La IGT “Terrazze Retiche di Sondrio” è riservata ai seguenti vini:

bianco

rosso

rosso novello

rosato

rosato frizzante,

passito;

da vendemmia tardiva;

 

I vini ad IGT “Terrazze Retiche di Sondrio” bianchi, rossi, rosati, passiti e da vendemmia tardiva

devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.

 

La IGT “Terrazze di Sondrio” con la specificazione aggiuntiva del nome del vitigno è riservata ai vini ottenuti per almeno l’85% dal corrispettivo vitigno.

Possono concorrere da sole o congiuntamente , alla produzione di mosti e dei vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, fino ad un massimo del 15%.

 

La specificazione aggiuntiva del nome del vitigno è consentita esclusivamente quando il vino ad IGT “Terrazze Retiche di Sondrio” abbia colore analogo al vitigno di provenienza.

 

Per i soli vitigni “Chiavennasca, Rossola e Pignola”, esclusivamente per la tipologia bianco secco tranquillo è autorizzata l’indicazione dei medesimi anche in assenza di analogia fra il colore del vino e quello del vitigno.

L’indicazione del nome del vitigno “Nebbiolo”, del quale fa parte il fenotipo “Chiavennasca” (sinonimo del medesimo), non può in alcun caso essere utilizzata nella preparazione di un vino bianco.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve per l’ottenimento dei mosti e dei vini atti ad essere designati con la IGT “Terrazze Retiche di Sondrio” comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni di:

Albosaggia, Ardenno, Berbenno in Valtellina, Bianzone, Buglio in Monte, Castione Andevenno, Cercino, Chiavenna, Chiuro, Cino, Civo, Dazio, Dubino, Faedo, Gordona, Mantello, Mello, Menarola, Mese, Montagna in Valtellina, Morbegno, Piateda, Piuro, Poggiridenti, Ponte in Valtellina, Postalesio, Prata Camportaccio, Sernio, Sondrio, Teglio, Tirano, Traona, Tresivio, Villa di Chiavenna, Villa di Tirano,

in provincia di Sondrio.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltivazione dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all’articolo 2 devono essere quelle tradizionali della zona.

La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell’ambito aziendale, per i vini ad IGT “Terrazze Retiche di Sondrio”, per le tipologie bianco, rosso e rosato, anche con la specificazione del vitigno, non deve essere superiore a: 14,00 t/ha.

Le uve destinate alla produzione dei vini ad IGT “Terrazze Retiche di Sondrio”, seguite o meno dal riferimento del vitigno, devono assicurare ai vini

 un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di:

Terrazze Retiche di Sondrio bianco: 9,00% vol.;

Terrazze Retiche di Sondrio rosso: 9,00% vol.;

Terrazze Retiche di Sondrio rosato: 9,00% vol.;

Terrazze Retiche di Sondrio passito: 11,00% vol.;

Terrazze Retiche di Sondrio vendemmia tardiva: 13,00% vol.

Nel caso di annate particolarmente sfavorevoli, detti valori possono essere ridotti dello 0,50%.

 

La tipologia “Terrazze Retiche di Sondrio passito” deve essere ottenuta previo appassimento delle uve in idonei locali (fruttai); la tipologia “Terrazze Retiche di Sondrio vendemmia tardiva” deve essere ottenuta previa raccolta ritardata con appassimento in pianta.

Sia la detenzione in fruttaio che l’appassimento in pianta dovranno essere denunciati agli organismi competenti.

Anche la successiva vinificazione di queste uve, sia che avvenga in periodo vendemmiale sia al di fuori del medesimo, andrà denunciata con almeno 5 giorni di preavviso agli stessi organismi competenti.

Per le tipologie “Terrazze di Retiche di Sondrio passito e vendemmia tardiva” non è consentita alcuna pratica di arricchimento.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche.

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata all’art. 3.

E’ fatta salva la deroga prevista all’art.6, comma 4, secondo capoverso, del Regolamento CE n. 607/2009 per effettuare la vinificazione al di fuori della predetta zona delimitata fino al 31 dicembre 2012.

La resa massima dell’uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore a 112,00 hl/ha per tutti i tipi di vino.

Per la tipologia “Terrazze Retiche di Sondrio” passito la resa massima dell’uva fresca in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore a 56,00 hl /ha.

Per la tipologia “Terrazze Retiche di Sondrio” vendemmia tardiva la resa massima dell’uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore a 84,00 hl/ha.

 

Articolo 6

I vini ad IGT “Terrazze Retiche di Sondrio passito e Terrazze Retiche di Sondrio vendemmia tardiva” dovranno essere sottoposti ad un periodo minimo di invecchiamento obbligatorio almeno sino al

30 Giugno dell’anno successivo alla vendemmia;

dovranno essere riportate in etichetta l’annata di produzione delle uve; dovranno essere confezionati sempre in bottiglie di vetro di forma “bordolese”, “borgognotta” o “renana” e chiuse con tappo raso bocca, ma comunque di capacità consentita dalle vigneti leggi, non inferiore a 0,187 litro e non superiore a 5 litri.

 

Articolo 7

Caratteristiche al consumo

 

I vini ad IGT “Terrazze Retiche di Sondrio” anche con la specificazione del nome del vitigno, per tutte le tipologie, all’atto dell’immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

Terrazze Retiche di Sondrio bianco:

colore: giallo paglierino, talvolta con riflessi verdognoli;

profumo: fresco, delicato, floreale;

sapore: asciutto, sapido, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l.

 

Terrazze Retiche di Sondrio rosso:

colore: rosso rubino;

profumo: fresco, fruttato;

sapore: sapido, leggermente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

Terrazze Retiche di Sondrio novello

colore: rosso rubino più o meno intenso;

profumo: vinoso, lievemente fruttato;

sapore: fresco, rotondo, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

Terrazze Retiche di Sondrio rosato:

colore: da rosato tenue a rosato intenso;

profumo: fine, delicato;

sapore: asciutto, fresco, fruttato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

Terrazze Retiche di Sondrio passito “bianco”:

colore: giallo intenso con riflessi dorati;

profumo: ampio, composito, intenso;

sapore: dolce, pieno, armonico, elegante, etereo, dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 12,00% vol.;

zuccheri residui: 45,00 gr/l.

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l.

 

Terrazze Retiche di Sondrio passito “rosso”:

colore: rosso rubino intenso;

profumo: ampio, floreale;

sapore: dolce, fruttato, armonico, piacevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 12,00% vol.;

zuccheri residui: 45,00 gr/l.

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

Terrazze Retiche di Sondrio vendemmia tardiva “rosso”:

colore: rosso rubino;

profumo: intenso, caratteristico, complesso;

sapore: deciso, armonico, giustamente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

Terrazze Retiche di Sondrio vendemmia tardiva “bianco”:

colore: giallo paglierino con riflessi dorati;

profumo: composito, ampio, con sentori minerali;

sapore: pieno, armonico, elegante, piacevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l.

 

Articolo 8

Alla IGT “Terrazze Retiche di Sondrio” è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto, superiore, riserva, selezionato e similari.

E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno l’acquirente.

L’indicazione geografica tipica “Terrazze Retiche di Sondrio”, ai sensi dell’art. 14 del DLgs 61/2010, può essere utilizzata come ricaduta per i vini ottenuti da uve prodotte da vigneti coltivati nell’ambito del territorio delimitato nel precedente articolo 3 e iscritti allo schedario viticolo per le relative denominazioni di origine, a condizione che i vini per i quali si intende utilizzare l’indicazione geografica tipica di cui trattasi abbiano i requisiti previsti per una o più delle tipologie di cui al presente disciplinare.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame.

La Valtellina, che insieme alla Valchiavenna rappresenta il territorio della provincia di Sondrio, si colloca geograficamente a nord del lago di Como fra il parallelo 46 e 46,5.

Alcune particolari situazioni ambientali favoriscono il realizzarsi di condizioni climatiche idonee alla viticoltura ed in particolare al vitigno “nebbiolo”:

1) la valle, longitudinale alla catena montuosa, è per la parte vitata orientata est-ovest e la costiera pedemontana, alla destra orografica del fiume Adda, gode di esposizione completamente a sud;

2) è protetta, a nord e ad est, dalla catena montuosa delle Alpi Retiche, con cime di elevata altitudine (tutte oltre i 3.000 metri, con vette di oltre 4.000);

3) a sud la catena delle Alpi Orobie, con cime appena più basse, la racchiude in una specie di anfiteatro;

4) la relativa vicinanza del bacino del lago di Como, a sud–ovest, funge da regolatore e mitigatore termico;

5) la viticoltura si colloca sulla costiera esposta a sud, sul versante retico, da quota 300 metri sino ad un massimo di 700 metri, con la sola eccezione di due conoidi posizionati nella parte più ampia della vallata.

Questa configurazione territoriale assicura: costante ventilazione con scarse precipitazioni con una media di 850 mm di pioggia/anno che nella parte del versante retico vitato diminuiscono risalendo la valle, periodicamente ben distribuite; considerevole luminosità, conseguente alla ottimale esposizione, e un elevato gradiente termico con temperatura diurna dell’aria durante il periodo vegetativo, aprile-ottobre, compresa fra i +5° ed i + 35°C; umidità relativa dell’aria costantemente su valori molto contenuti fra il 65% e l’80%; ulteriore sensibile aumento dei gradienti termici in

vigna favorito dalla consistente massa di sassi e di rocce che caratterizzano il terrazzamento e dalla pendenza, in taluni casi superiore al 70%, che incrementa l’effetto dell’irraggiamento permettendo di concentrare l’energia solare su una superficie minore.

I muretti a secco sono stimabili in una lunghezza complessiva superiore a 2500 Km. Per questa ragione le temperature dell’aria rilevate in vigna sono costantemente maggiori di 4°/5°C, rispetto a quelle del fondo pianeggiante;

considerevole escursione termica (compresa fra 8° e fino a 20°) nel periodo immediatamente precedente il completamento della maturazione (fine settembre / primi ottobre); insolazione oltre le 1900 ore per anno; l’ubicazione del vigneto sui terrazzi di costiera è tale da impedire i danni da gelate tardive, al contrario frequenti nel fondo valle.

Il terreno del vigneto è prevalentemente sabbioso (circa 70%), limoso (circa 18%), con assenza di calcare.

Trattasi di roccia granitica sfaldata. Con rarità compare un po’ di argilla (inferiore al 10%).

E’ molto permeabile ed ha scarsissima ritenzione idrica; ne deriva una considerevole predisposizione alla siccità. I terreni sono per loro natura poco profondi: la superficie lavorabile va da i 40 a 120 cm., e non è raro vedere piante di viti che conficcano la radice direttamente nelle fessure della roccia.

Fattori umani rilevanti per il legame

Molto rilevanti risultano i fattori umani legati al territorio di produzione, che per tradizione hanno dato origine al vino Terrazze Retiche di Sondrio.

Le origini della viticoltura in Valtellina sono molto lontane nel tempo. Lo sfruttamento agricolo del territorio e la sistemazione a terrazzamento è riconducibile in epoca romana o quantomeno longobarda, se non addirittura pre-romana in quanto i primi abitatori della valle furono i Liguri a cui seguirono gli Etruschi, ed entrambi i popoli conoscevano la coltura della vite.

La razionalizzazione e l’intensificazione della coltivazione della vite è però da ascrivere, prima alla colonizzazione romanica e, successivamente nel medioevo (sec. X e XI), al movimento dei “magistri comacini” ed ai monaci benedettini.

Risulta documentato che già alcuni secoli prima del mille, il Monastero Sant’Ambrogio di Milano era proprietario sul versante retico valtellinese di diversi appezzamenti di vigne a coltura specializzata, il cui prodotto era destinato al consumo locale e certamente anche ai monaci del capoluogo lombardo.

Il grande impulso viticolo alla Valtellina è però conseguente alla presenza del governo svizzero da parte della Lega Grigia (oggi “Cantone Grigioni”). Per quasi tre secoli, dal 1550 al 1797, la Valtellina fu territorio grigionese e i primi commerci di esportazione di vino furono conseguenza dei rapporti economici che la Lega Grigia intratteneva con le corti del centro e nord Europa.

E’ soprattutto di quei secoli la fama dei vini della Valtellina che, anche successivamente, continuarono a viaggiare verso il nord.

Particolare interessante e caratteristico del territorio è il sistema dei terrazzamenti.

Il terrazzamento è un metodo di dissodamento degli acclivi versanti montani, espressione di una precisa cultura insediativa che si ritrova, con molte analogie, in tutte le vallate dell’arco alpino.

Attraverso la realizzazione del terrazzo fu possibile recuperare allo sfruttamento agricolo le costiere pedemontane ed insediarvi le colture necessarie alla sopravvivenza delle popolazioni locali.

Si consideri inoltre che il portare le coltivazioni sugli acclivi montani serviva anche a proteggerle dalle rappresaglie delle soldatesche barbariche che transitavano per il fondo valle, nonché ad evitare il rischio delle frequenti inondazioni causate dalle piene improvvise del fiume Adda.

Il sistema terrazzato di Valtellina si identifica con la realizzazione di una miriade di muri a secco in sasso che sostengono i ronchi vitati. Trattasi di un’opera avviatasi alcuni millenni fa e perpetuata nel tempo attraverso il lavoro quotidiano dei viticoltori che, per tutto questo, sono degli autentici manutentori del territorio.

Come già accennato, i muri sono di una entità ciclopica; stimabile in oltre 2.500 Km di sviluppo lineare, con una incidenza media/ettaro superiore ai 2.000 m2 di superficie verticale e, di conseguenza con costi di mantenimento altissimi. Oltre a consentire la realizzazione della economia agricola, il terrazzamento diventa componente essenziale del fascino paesaggistico del territorio ed importante elemento di salvaguardia e presidio delle falde montane.

Base ampelografia dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata

Le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti:

sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all’ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte dall’art. 7, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)

Le caratteristiche morfologiche del territorio, il lavoro costante dell’uomo per il mantenimento di questo territorio provano la connessione esistente tra terra e vini, dove le caratteristiche peculiari di questi ultimi vengono esaltati.

La vigna e il vino furono alle radici della cultura e della società locali e del loro sviluppo.

La coltivazione della vite e la produzione e la distribuzione del vino hanno lasciato consistenti tracce fin dai tempi remoti: già nel Duecento in provincia il vino era uno strumento ordinario di pagamento e le vigne erano considerate i beni più preziosi e appetibili.

La presenza, per circa tre secoli, di un commercio di vino di oltre 50.000 ettolitri a dorso di animale, con scambi continui tra comunità sui due versanti in un’importante area centro alpina (periodo Lega Grigia), ebbe una profondissima influenza sulla cultura locale.

La IGT “Terrazze Retiche di Sondrio” è stata riconosciuta con Decreto Ministeriale del 18 novembre 1995.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

ICQRF – Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari – Via

Quintino Sella, 42

00187 ROMA

L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).

In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

TERRE LARIANE

I.G.T.

Decreto 17 luglio 2008

Errata Corrige G.U. 223 - 23.09.2008

Modifica Decreto 24 luglio 2009

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

1. L’indicazione geografica tipica «Terre Lariane», accompagnata o meno dalle specificazioni previste dal presente disciplinare di produzione, è riservata ai mosti e ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti in appresso indicati.

«Terre Lariane» Bianco, anche nelle tipologie frizzante e passito;

«Terre Lariane» Rosso, anche nelle tipologie frizzante, passito e novello;

«Terre Lariane» Rosato, anche nelle tipologie frizzante e novello;

«Terre Lariane» Verdese bianco;

«Terre Lariane» Chardonnay;

«Terre Lariane» Pinot bianco;

«Terre Lariane» Riesling;

«Terre Lariane» Sauvignon;

«Terre Lariane» Trebbiano (da Trebbiano toscano);

«Terre Lariane» Barbera;

«Terre Lariane» Cabernet Sauvignon;

«Terre Lariane» Merlot;

«Terre Lariane» Marzemino;

«Terre Lariane» Croatina;

«Terre Lariane» Sangiovese;

«Terre Lariane» Schiava.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

1. L’indicazione geografica tipica «Terre Lariane» è riservata ai seguenti vini:

bianchi, anche nella tipologia frizzante e passito;

rossi, anche nella tipologia frizzante, passito e novello;

rosati, anche nella tipologia frizzante e novello;

con la specificazione del nome di un vitigno.

 

2. I vini a indicazione geografica tipica «Terre Lariane» bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia e iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.

 

3. L’indicazione geografica tipica «Terre Lariane» con la specificazione di uno dei seguenti vitigni:

Verdese bianco,

Chardonnay,

Riesling,

Sauvignon,

Trebbiano (da Trebbiano Toscano)

è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, per almeno l’85% dal

corrispondente vitigno.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e dei vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, fino ad un massimo del 15%.

 

L'indicazione geografica tipica «Terre Lariane» con la specificazione di uno dei seguenti vitigni:

Barbera,

Cabernet Sauvignon,

Merlot,

Marzemino,

Croatina,

Sangiovese,

Schiava

è riservata ai vini ottenuti da uve a bacca rossa provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, per almeno

l'85% dal corrispondente vitigno.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e dei vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, fino ad un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione uve

 

La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini designati con l'indicazione geografica tipica «Terre Lariane» comprende l'intero territorio amministrativo dei seguenti comuni di collina e di montagna della provincia di Como:

Albavilla, Albese con Cassano, Albiolo, Alserio, Alzate Brianza, Anzano del Parco, Appiano Gentile, Argegno, Arosio, Asso, Barni, Bellagio, Bene Lario, Beregazzo con Figliaro, Binago, Bizzarone, Blevio, Brenna, Brienno, Brunate, Bulgarograsso, Cabiate, Cadorago, Caglio, Cagno, Cantù, Canzo, Capiago Intimiano, Carate Urio, Carimate, Carlazzo, Carugo, Caslino d'Erba, Casnate con Bernate, Cassina Rizzardi, Castelmarte, Castelnuovo Bozzente, Cavallasca, Cermenate, Cernobbio, Civenna, Colonno, Como, Consiglio di Rumo, Corrido, Cremia, Cucciago, Dizzasco, Domaso, Dongo, Drezzo, Erba, Eupilio Faggeto Lario, Faloppio, Figino Serenza, Fino Mornasco, Gera Lario, Gironico, Grandate, Grandola ed uniti, Gravedona, Griante, Guanzate, Inverigo, Laglio, Lambrugo, Lasnigo, Lenno, Lezzeno, Lipomo, Longone al Segrino, Luisago, Lurago d'Erba, Lurate Caccivio, Magreglio, Mariano Comense, Maslianico, Menaggio, Merone, Mezzegra, Moltrasio, Monguzzo, Montano Lucino, Montemezzo, Montorfano, Musso, Nesso, Novedrate, Olgiate Comasco, Oltrona di San Mamette, Orsenigo, Ossuccio, Paré, Pianello del Lario, Pigra, Plesio, Pognana Lario, Pontelambro, Porlezza, Proserpio, Pusiano, Rezzago, Rodero, Ronago, Sala Comacina, San Fermo della Battaglia, San Siro, Schignano, Senna Comasco, Solbiate, Sorico, Sormano, Tavernerio, Torno, Tremezzo, Trezzone, Uggiate-Trevano, Valbrona, Valmorea, Valsolda, Veleso, Vercana, Vertemate con Minoprio, Villa Guardia, Zelbio;

 

e dei seguenti comuni di collina e di montagna della provincia di Lecco:

Abbadia Lariana, Airuno, Annone di Brianza, Barzago, Barzanò, Bellano, Bosisio Parini, Brivio, Bulciago, Calco, Calolziocorte, Casatenovo, Cassago Brianza, Castello di Brianza, Cernusco Lombardone, Cesana Brianza, Civate, Colico, Colle Brianza, Costamasnaga, Cremella, Dervio, Dolzago, Dorio, Ello, Galbiate, Garbagnate Monastero, Garlate, Imbersago, Introzzo, Lecco, Lierna, Lomagna, Malgrate, Mandello del Lario, Merate, Missaglia, Molteno, Monte Marenzo, Montevecchia, Monticello Brianza, Nibionno, Oggiono, Olgiate Molgora, Olginate, Oliveto Lario, Osnago, Paderno d'Adda, Perego, Perledo, Pescate, Robbiate, Rogeno, Rovagnate, Santa Maria Hoè, Sirone, Sirtori, Sueglio, Suello, Torre De' Busi, Valgreghentino, Valmadrera, Varenna, Vendrogno, Vercurago, Verderio Inferiore, Verderio Superiore, Vestreno, Viganò.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all’art.2 devono essere quelle tradizionali della zona.

2. La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell’ambito aziendale, non deve essere superiore per i vini a indicazione geografica tipica «Terre Lariane» per tutte le tipologie a 12,00 t/ha.

3. Le uve destinate alla produzione dei vini a indicazione geografica tipica «Terre Lariane», seguita o meno dal riferimento del vitigno, devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di:

10,00% vol.  per i bianchi comprese le tipologie frizzante e passito;

10,50% vol. per i rosati comprese le tipologie frizzante e novello;

10,50% vol.  per i rossi comprese le tipologie frizzante, passito e novello

10,00% vol. «Terre Lariane» con la specificazione di uno dei seguenti vitigni:

Verdese bianco,

Chardonnay,

Pinot bianco,

Riesling,

Sauvignon,

Trebbiano (da Trebbiano toscano);

10,50% vol. per «Terre Lariane» con la specificazione di uno dei seguenti vitigni:

Barbera,

Cabernet Sauvignon,

Merlot,

Marzemino,

Croatina,

Sangiovese,

Schiava.

E' ammessa l'irrigazione di soccorso.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche.

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata all’art. 3.

E’ fatta salva la deroga prevista all’art.6, comma 4, secondo capoverso, del Regolamento CE n. 607/2009 per effettuare la vinificazione al di fuori della predetta zona delimitata fino al 31 dicembre 2012.

3. La resa massima dell’uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 80% per tutti i tipi di vino e al 50 % per il passito.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

1. I vini a indicazione geografica tipica «Terre Lariane», all'atto dell'immissione al consumo, devono avere le seguenti caratteristiche:

 

«Terre Lariane» bianco:

colore: giallo paglierino;

profumo: fine, floreale e minerale;

sapore: tipico, secco, sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Terre Lariane» rosso:

colore: rosso rubino;

profumo: intenso, fruttato e speziato;

sapore: sapido, fresco e tipico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Terre Lariane» rosato:

colore: rosato cerasuolo;

profumo: fine, floreale;

sapore: tipico, caratteristico, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

2. I vini a indicazione geografica tipica «Terre Lariane» con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno.

 

3. I vini a indicazione geografica tipica «Terre Lariane», anche con la specificazione del nome del vitigno, prodotti nelle tipologie “novello” e “frizzante”, all'atto dell'immissione al consumo, devono avere il seguente titolo alcolometrico volumico totale minimo:

«Terre Lariane» novello 11,00% vol.;

«Terre Lariane» frizzante 10,50% vol.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

1. Alla denominazione di cui all'art. 1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi: «extra», «fine», «scelto», «selezionato» «superiore» e similari.

2. E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi aziendali, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazione sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame

La zona geografica delimitata comprende il territorio del Lario, la sponda settentrionale del Ceresio, la fascia collinare che abbraccia la Brianza, i laghetti morenici e l’olgiatese, per un totale di 195 comuni di cui 126 in provincia di Como e 69 in provincia di Lecco.

Da un punto di vista climatico i territori per risorse radiative, termiche, e pluviometriche sono vocati ad una viticoltura di qualità. Dette risorse negli areali vocati delle due provincie manifestano valori del tutto analoghi a quelli riscontrati nelle migliori aree viticole italiane e mondiali.

Il clima delle provincie di Como e Lecco è generato da una vasta gamma di fattori operanti alle diverse scale, fra i quali si possono in particolare ricordare:

1. la localizzazione alle medie latitudini che implica sia la vicinanza di “regioni sorgenti” di masse d’aria con caratteri peculiari (la fredda aria artica, l’umida e mite aria atlantica da cui discende l’abbondante piovosità estiva, l’aria russo – siberiana molto fredda in inverno, l’aria subtropicale torrida) sia la presenza di una circolazione atmosferica vivace e in grado di portare le masse d’aria sopraelencate a contatto con il territorio in esame;

2. l’appartenenza alla regione padano-alpina, grande bacino delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con un’apertura principale verso est, che ad esempio favorisce l’ingresso di aria fredda siberiana in inverno;

3. la presenza del Lario, grande massa idrica con un significativo effetto sul clima.

In particolare rispetto all’area padana le zone costiere del lago presentano scarsità di nebbie, una buona ventilazione garantita dalle brezze di lago e temperature relativamente miti (in media 2°C in più rispetto alla pianura padana in inverno, 1-2°C in meno in estate).

Se tale effetto lacustre può essere a prima vista qualificato come “effetto mediterraneo”, l’abbondante piovosità estiva induce più correttamente a parlare di “effetto oceanico”;

4. La struttura locale del rilievo (giacitura, pendenza, esposizione) da cui derivano effetti peculiari su radiazione solare, temperature, precipitazione umidità relativa e venti.

Si spiega così la varietà dei climi locali e dei microclimi delle provincie di Como e Lecco.

Per quanto riguarda i suoli e’ possibile suddividere il territorio IGT in tre macroaree: la macroarea Alpi, la macroarea Prealpi e l'Alta Pianura .

Nelle tre aree si inserisce il Lago di Como che delimita a est il gruppo delle Orobie e Prealpi bergamasche, a ovest le Prealpi luganesi mentre a sud si raccorda con la Pianura Padana.

Tra le diramazioni meridionali del lago si inserisce il Triangolo Lariano parte delle Prealpi comasche.

La zona alpina può essere definita come il territorio a nord della linea Menaggio - Centro Lago - Bellano - Valsassina Introbio - Passo del Cedrino - Valtorta, con prevalenza di antichissime rocce metamorfiche, montagne elevate spesso di altezza superiore ai 2000 metri, e circhi glaciali.

La zona prealpina è a sud della linea orobica, caratterizzata dalla presenza di montagne in genere inferiori ai 2000 metri con prevalenza quasi assoluta di sedimenti marini mesozoici, abbondanza di calcari, di dolomie e di marne. All'interno di questo territorio si possono individuare i seguenti complessi: il Triangolo Lariano, il gruppo delle Grigne, le Prealpi Lecchesi orientali e il Monte Barro.

L’alta pianura invece si colloca nella zona di transizione tra le Prealpi e la zona di pianura vera e propria. Dal punto di vista geologico è possibile operare una distinzione tra un basamento caratterizzato da sequenze tardo-mesozoiche e cenozoiche e una coltre di depositi continentali di età quaternaria.

Il basamento prequaternario è rappresentato dalle formazioni della "Scaglia Lombarda" con una successione di marne e marne calcaree e argillose di colore variabile, fittamente stratificate, cui si succedono alternanze ritmiche di marne, argilliti e arenarie, intercalate da calcareniti localmente marnose. Questi materiali costituiscono il basamento di Colle Brianza, di Montevecchia e di Monte Marenzo.

I depositi quaternari che ricoprono il settore meridionale dell'area sono stati prodotti dell'attività glaciale quaternaria e dai depositi legati alla rete idrica superficiale.

Fattori umani rilevanti per il legame

Numerose sono nel passato le note storiche e letterarie, testimonianze di un trascorso vinicolo delle nostre terre.

Già Strabone, Geografia (63 a. C. – 19 d. C.) scrive” i Reti si stendono fino a quella parte d’Italia che è sopra Verona e Como. E il vino retico, degno di non essere dimenticato tra i vini italiani celebri, si produce alle falde dei loro monti.”

[Le sponde del Lario] sono circondate come da una cintura dal verde perpetuo degli uliveti: più sopra frondosi vigneti risalgono il fianco del monte. Aurelio Cassiodoro, Lettere varie ( 485-575)

Nel corso dei secoli le menzioni sono numerose , quasi sempre si parla di vini “leggeri”, “beverini”.

A questa panoramica si aggiunge l’enclave brianzola di Montevecchia, che sicuramente produceva vini di grande pienezza, come riportato in epoca di poco precedente da Sebastiano Compagni: A mezzogiorno del Lario è la modesta regione detta del Monte di Brianza, popolata di villaggi, dove si fa un vino buonissimo. Sebastiano Compagni, Geografia (1509, circa)

Ora questa separazione in zone non deve essere considerata una regola: infatti entrambi i territori sono vocati alla produzione di vini bianchi , così come di ottima Schiava per produrre eventuali chiaretti ne è sempre stata ricca anche la zona di Montevecchia; tuttavia, l’esposizione e il terreno della sponda orientale del Lario, quelli della riva Occidentale e le condizioni delle colline brianzole attorno a Montevecchia sono effettivamente differenti e determinano vocazioni viticole diverse.

La base ampelografica era ricca di varietà appartenenti a tutto il nord Italia , con riferimenti precisi alla Verdesa (o verdese bianco, unica varietà riconosciuta autoctona), alla borgognina (pinot bianco e nero), alla schiava (chiamata butascera) .

Limiti che hanno portato con il tempo ad una situazione di abbandono sono stati , primo tra tutti , la scarsa redditività economica di una attività, già di per sé difficile in pianura e in collina, certamente eroicase perseguita sulle strette terrazze aggrappate alla montagna, che caratterizzano l’Alto Lago di Como e i terrazzamenti molto declivi della zona di Montevecchia.

In secondo luogo l’arrivo della Fillossera, la prima segnalazione di presenza della fillossera in Italia pare sia avvenuta proprio nel territorio di Valmadrera (LC) e di Agrate (MI).

Infine il frazionamento dei poderi, incentivato dalla scarsa disponibilità di territorio utile e la crescente industrializzazione che nel territorio lecchese e comasco ha riguardato il settore siderurgico e la filiera produttiva della seta.

Gli elementi che oggi invece hanno portato alla ripresa della viticoltura e che fanno sperare ad una crescita produttiva già in atto sono legati , oltre che alla qualità dei vini , soprattutto bianchi, che marcano un carattere minerale e sapido molto importante, alla natura stessa del territorio, alla sua bellezza e alla sua varietà, tra lago, colline e montagne, che permette di attirare sul luogo i potenziali consumatori dei propri prodotti.

Essi costituiscono una possibilità di riscatto di questa realtà agricola proprio nella incentivazione di piccole aziende a par-time professionale o a carattere imprenditoriale, e di un agriturismo diffuso dove la complementarietà tra prodotti diversi e l’eliminazione di costi aggiuntivi nella catena distributiva consentono, in linea di principio, di rendere ragionevolmente redditizio quello che non potrebbe esserlo altrimenti.

Questo riscatto è possibile, come dimostrano alcune realtà viticole nella zona di Montevecchia e olivicole nella zona del Lario, dove il giusto connubio tra coltivazione della terra, trasformazione del prodotto e offerta di servizi con l’attività di agriturismo, hanno creato un interesse crescente non solo all’interno del territorio, ma anche oltre confine.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare tutti i vini bianchi presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni, caratterizzati da una nota comune di sapidità e acidità rilevante e duratura.

Per quanto riguarda i vini bianchi tutte le varietà risultano fornire vini non molto intensi ma molto piacevoli e apprezzati. Il territorio nel suo complesso, nell’interazione tra area di coltivazione/lago/tecnica di produzione, esalta la produzione vini fini ed eleganti. Al naso si percepiscono sempre note fruttate e di frutta tropicale seguite da un leggero sentore floreale.

Tutte le varietà esprimono al palato buoni livelli di acidità bilanciati da note sapide.

Invece I vini rossi presentano una costanza di comportamento lungo le diverse fasi di assaggio (vini grezzi efiniti) a conferma dell’origine territoriale dei sentori degustati. Tutte le varietà forniscono vini leggeri, mediamente strutturati e privi di note amare. Al naso si percepiscono sempre note di frutta rossa (ciliegia) e confettura.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati a ad est sud est, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.

La storia vitivinicola della regione, pur avendo subito un periodo di stallo produttivo e anzi di involuzione, dovuta alla difficoltà di produzione di queste aree con terrazzate e con forti pendenze, è attestata da numerosi documenti, che riportano la stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Terre Lariane

La IGT «Terre Lariane» è stata riconosciuta con Decreto ministeriale del 17 luglio 2008

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

ICQRF – Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari

Via Pitteri Milano.

L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva

 (viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).

In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VALCAMONICA

I.G.T.

Decreto 02 ottobre 2003

Modifica Decreto 24 luglio 2009

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

L'indicazione geografica tipica «Valcamonica», accompagnata da una delle specificazioni previste dal presente disciplinare di produzione, è riservata ai mosti e ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti di seguito indicati.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

L'indicazione geografica tipica «Valcamonica» è riservata ai seguenti vini: bianco, anche nella tipologia passito, rosso, Marzemino e Merlot.

 

I vini a indicazione geografica tipica «Valcamonica» bianco, anche nella tipologia passito, devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, dai seguenti vitigni a bacca bianca:

Riesling Renano, Incrocio Manzoni e Müller Thurgau: minimo 60%.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e dei vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, fino ad un massimo del 40% ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.

 

L'indicazione geografica tipica «Valcamonica» rosso è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, dai seguenti vitigni a bacca rossa:

Marzemino e Merlot: minimo 60%.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e dei vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, fino ad un massimo del 40% ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.

 

L'indicazione geografica tipica «Valcamonica», con la specificazione di uno dei seguenti vitigni:

Marzemino,

Merlot,

è riservata ai vini rossi ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, per almeno l'85% dai corrispondenti vitigni.

Possono concorrere da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e dei vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, fino ad un massimo del 15%

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti a essere designati con l'indicazione geografica tipica «Valcamonica» comprende l'intero territorio amministrativo dei comuni di:

Berzo Demo, Cedegolo, Cevo, Sellero, Capo di Ponte, Ono San Pietro, Cerveno, Losine, Niardo, Ceto, Braone, Breno, Malegno, Cividate Camuno, Bienno, Berzo Inferiore, Esine, Piancogno, Darfo Boario Terme, Gianico, Artogne, Piancamuno, Ossimo, Prestine, Angolo Terme,

in provincia di Brescia.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all'art. 2 devono essere quelle tradizionali della zona.

Sono pertanto da considerare idonei ai fini dell’iscrizione allo schedario viticolo unicamente i vigneti situati in terreni con giacitura pede-collinare, collinare e pedemontana di buona esposizione situati ad una altitudine non superiore agli 800 metri s.l.m. con l'esclusione di terreni pianeggianti particolarmente umidi.

I nuovi impianti e reimpianti devono essere composti da un numero di ceppi ad ettaro non inferiore a 4.000.

La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell'ambito aziendale, non deve essere superiore, per i vini a indicazione geografica tipica

«Valcamonica» senza la specificazione del vitigno: 11,00 t/ha;

«Valcamonica» con la specificazione del vitigno: 8,00 t/ha;  

Le uve destinate alla produzione dei vini a indicazione geografica tipica «Valcamonica» devono assicurare ai vini

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di:

10,00% vol. per il bianco;

11,00% vol.  per il passito (alla raccolta);

10,00% vol.  per il rosso;

11,00% vol.  per il Marzemino;

11,00% vol.  per il Merlot.

Nei casi di annate particolarmente sfavorevoli detti valori possono essere ridotti dello 0,50% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche.

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata all’art. 3.

È fatta salva la deroga prevista all’art.6, comma 4, secondo capoverso, del Regolamento CE n. 607/2009 per effettuare la vinificazione al di fuori della predetta zona delimitata fino al 31 dicembre 2012.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%, per tutti i tipi di vino e al 50% per la tipologia passito.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a indicazione geografica tipica “Valcamonica, all’atto dell’immissione al consumo, devono avere le seguenti caratteristiche:

 

«Valcamonica» bianco:

colore: giallo paglierino con riflessi verdognoli;

profumo: intenso, netto, leggermente aromatico, fruttato;

sapore: sottile, secco e caratteristico sollecitato dall’acidità che ne stimola la persistenza;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vo.l;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Valcamonica» bianco passito:

colore: giallo paglierino con riflessi dorati;

profumo: intenso, complesso, fruttato;

sapore: dolce, morbido, armonico, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 14,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Valcamonica» rosso:

colore: rosso rubino con leggere sfumature granate;

profumo: caratteristico, gradevole con sentori di frutta matura;

sapore: intenso, buona struttura, persistente;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Valcamonica» Merlot:

colore: rosso rubino intenso;

profumo: vinoso, intenso, caratteristico;

sapore: morbido, armonico, corposo, persistente;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Valcamonica» Marzemino:

colore: rosso rubino con sfumature granata;

profumo: gradevole, con sentori di frutta matura;

sapore: asciutto, pieno, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Ai vini dell'indicazione geografica tipica «Valcamonica» è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi «extra», «fine», «scelto», «selezionato», «superiore» e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati purche' non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

Nella designazione e presentazione del vino ad indicazione geografica tipica «Valcamonica» passito, Marzemino e Merlot è obbligatorio riportare l'annata di produzione.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

a) Informazioni sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame

Le zone di produzione viticola si possono distinguere in tre macro aree:

- da Sellero a Breno comprendendo i comuni con territorio inserito nei conoidi della Concarena (Capo di Ponte, Ono San Pietro, Cerveno, Losine), e le superfici vitate dei comuni di Ceto, Niardo e Braone; per un totale di Ha 59,41

- la zona della Val Grigna con le superfici vitate nei comuni di Bienno, Berzo Inferiore, Esine, Cividate Camuno, Malegno; per un totale di Ha 56,00;

- i caratteristici terrazzamenti della zona del Lanzato in comune di Piancogno e di Darfo Boario Terme (Gorzone, Erbanno, Angone), nel comune di Angolo Terme, Gianico ed Artogne; per un totale di Ha 26,80.

L’estirpo dei vigneti si è completamente arrestato ed anzi sono sempre più i casi di viticoltori camuni che acquistano diritti di reimpianto generati all'esterno dalla Vallecamonica.

Numerosi terrazzamenti sono stati recuperati attraverso la ricostruzione dei muretti a secco di sostegno, strade agricole ormai abbandonate sono ritornate ad essere transitate dai trattori.

Il risultato è, oltre agli indubbi benefici nella prevenzione di dissesti idrogeologici, un lento cambiamento del paesaggio della media e bassa Valcamonica col recupero dei valori autentici del vino: lavoro, territorio, originalità, biodiversità e tradizione, di cui i vigneti di montagna sono una delle più alte e nobili espressioni, diventando straordinari monumenti al lavoro dell’uomo.

Fattori umani rilevanti per il legame

La Vallecamonica è ubicata nella parte nord-orientale della Lombardia, con orientamento nord-est – sud-ovest. E’ la valle più grande della provincia di Brescia occupando una superficie di 1.347 Kmq.

In Valcamonica la viticoltura era già presente in età romanica, ma è soprattutto nel periodo del basso medio evo(dal 1001 al 1321), che si iniziano a gettare le basi , per raggiungere la coltura moderna altamente specializzata che noi oggi conosciamo.

Documenti relativi a quest’epoca ci indicano come porzioni di vigne in Valcamonica rientravano nel patrimonio di S.Pietro in Monte, che troviamo testimoniate nella prima metà del 11°secolo.

Le località interessate erano: Artogne, Lozio,Berzo documentate nel giugno del 1041; Pisogne documentato nel settembre del 1045.

Questi dati vengono confermati anche dalle carte dei secoli seguenti relativi ai possedimenti della Mensa Vescovile di Brescia la quale riscuoteva numerosi canoni in vino.

Nel 1100 si trovano condizioni più favorevoli alla vite, sia pure nell’ambito di un economia agricola precaria come quella della Valcamonica.

Un episodio accaduto intorno a quegli anni conferma questa realtà: a Borno nel 1100 non meno di quattordici torchi vengono bruciati al seguito ad un incursione degli abitanti della valle di Scalve.

Un altro documento che ci testimonia la presenza di terreni vitati in Valcamonica è un privilegio di Papa Callisto del 1123, dove venivano confermati all’abate Pietro tutti i possedimenti del cenobio che comprendevano quattro petias vinearum nel pievato di Cividate in Valcamonica.

In un inventario del 1299 ci restituisce una rubrica dedicata ai “ fitti del vino” riscossi nella corte di Cemmo che ammontavano a 40 cogi e mezzo.

Nessun documento ci descrive la situazione della viticoltura in valle del 1300 e 1400.

Alla fine del quattrocento comunque la situazione della viticoltura camuna si va delineando. Il cinquecento è il perido in cui si ha un rilancio dell’agricoltura in genere, dovuto alla decadenza delle attività manifatturiere e mercantili prima fiorenti.

In questo secolo la Valcamonica si trova sotto il dominio della Repubblica di Venezia, la quale teneva particolarmente che la viticoltura, nelle terre da lei possedute,si sviluppasse sempre più, perché rappresentava una fiorente fonte di guadagno attraverso il pagamento delle tasse.

Il grande sviluppo della viticoltura che segnò la prima metà del cinquecento, si arresto bruscamente nel 1567 quando una gravissima crisi colpì la vite camuna.Crisi causata dalla moria della vite, descritta da Padre Gregorio di Valcamonica, che nei suoi testi non cita però quali siano le cause della moria, forse perché all’epoca non c’erano ancora gli strumenti e le coscienze per spiegare un fatto simile.

La cosa particolare è che questa moria colpì solamente il territorio della valcamonica e, non interesso in minima parte le vallate confinanti.

In questo periodo la superficie vitata e la produzione della zona diminuirono in modo sensibile, spingendo i reggenti della valle , verso la fine del secolo a chiedere il permesso alla repubblica di importare il vino dalla Valtellina. Ciò fu concesso, ma a contrastare la decisione si frapposero i podestà di Tellio e di Tirano, lasciando così la porzione di Valcamonica al di sopra di Cedegolo senza vino per un lungo periodo.

La situazione si aggravò a tal punto che il consiglio generale della valle mandò il 29 dicembre del

1601, su proposta degli abitanti della zona sopra cedegolo, il dottor Francesco Bassanese a Coira per chiedere all’Assemblea delle Tre Lege che fosse rimosso l’impedimento.

Indicazioni relative al 1600 le abbiamo trovate nel Catastico di Giovanni Da Lezze (1610).

Dall’esame di questo documento, si può evidenziare, come i terreni vitati si trovavano nella maggior parte sulla sponda destra orografica del fiume Oglio, nei luoghi ben esposti al sole, nella zona della media Valcamonica. Tutto questo confermato da uno scritto del 1698.

Nel 1700 il grande sviluppo che aveva investito la viticoltura ha un vistoso rallentamento, dovuto soprattutto a fattori climatici.

Il motivo principale di questo rallentamento fu l’abbassamento climatico che nel 1705 colpì l’intera Europa, cancellando letteralmente la coltivazione della vite, in gran parte del vecchio continente, compresa l’Italia settentrionale.

In Valcamonica scomparirono tutti i vigneti che si trovavano a settentrione di Edolo, e quelli a quote elevate. Subirono numerosi danni anche i vigneti situati nei comuni di Cemmo, Berzo Demo, Sonico e Cedegolo, ma quelli situati nelle zone più esposte al sole riuscirono a resistere.

Si salvarono i vigneti nelle aree a clima più mediterraneo come quelli della bassa e media Valcamonica.

L’ottocento verrà ricordato come il secolo delle malattie ed avversità della vite, che colpirono la Valcamonica facendo diminuire in modo drastico la superfice vitata.

Si ricorda l’Oidio nel 1851, la Peronospora nel 1881 e la fillossera nel 1887.

In questo secolo c’è stato un aumento della superficie vitata dal periodo successivo al ritrovamento della cura contro la fillossera fino agli anni ’70. Nel primo quaderno dell’agricoltura camuno elaborato dal C.A.T.A. di Vallecamonica in relazione a prove di concimazione in viticoltura viene indicata quale superficie vitata la cifra di 2.000 ettari. Da questo momento in poi la viticoltura camuna conosce una fase di drastica diminuzione della superficie vitata, fino ad arrivare ai circa 130/140 ha dei giorni nostri.

I cambiamenti epocali avvenuti negli anni ’70, che anno visto una generalizzata fuga dal lavoro in campagna verso il più renumerativo e meno faticoso lavoro offerto dalle industrie, hanno portato ad un drastico ridimensionamento degli ettari coltivati a vite.

La superficie vitata tuttora presente in Vallecamonica risulta essere di circa 140 ettari, con circa 500 viticoltori che, nel dopolavoro o da pensionati, curano i propri preziosi vigneti.

I vitigni maggiormente presenti in Valle risultano essere soprattutto il Merlot ed il Marzemino, per i vitigni a bacca nera. Muller Thurgau, Incrocio Manzoni e Riesling Renano risultano essere invece i vitigni a bacca bianca più presenti.

Vi sono inoltre vitigni autoctoni che purtroppo stanno scomparendo quali il Valcamonec, L’Erbanno ed il Sebina

 

b) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate e tipicamente legate alle peculiarità del microclima e del territorio, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni di base. I vini bianchi generalmente presentano un odore intenso, netto, leggermente aromatico, fruttato e un

sapore sottile, secco e caratteristico sollecitato dall’acidità che ne stimola la persistenza.

I vini rossi tendenzialmente presentano caratteristiche equilibrate, un profumo ampio, vinoso, un sapore intenso di buona struttura e persistente.

 

c) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b)

Le forme d’allevamento presenti in Valcamonica sono principalmente quattro: Spalliera e Tendone le più frequenti, Guyot e Pergola semplice presenti in minima parte.

Le operazioni colturali attuate in questa zona consistono nella potatura e legatura invernale e primaverile, rara la potature verde. Le lavorazioni del terreno riguardano: lo scasso, l’aratura,

l’erpicatura e la rullatura per i nuovi impianti ed erpicature e arature effettuate molto negli anni passati sulle file e tra le file, mentre oggi per rientrare nella “misura F” sulla lotta integrata si consiglia l’inerbimento totale.

Per quanto riguarda la concimazione, l’impiego del letame è ancora oggi assai generalizzato per la presenza di molti allevamenti nella valle, la quantità da distribuire varia da 100 a 300 quintali ad ettaro a seconda delle necessità il la letamazione dovrebbe essere effettuata nel mese di dicembre.

Dal punto di vista delle avversità, nella zona sono frequenti attacchi di peronospora, oidio e saltuariamente di botritis e disseccamento del rachide; per quanto riguarda i parassiti animali la tignola è in genere ben controllata, presente in maniera non significativa per il momento la cicalina della flavescenza dorata.

La lotta viene effettuata tramite l’utilizzo degli antiparassitari, di cui molte volte nel corso degli anni precedenti si è abusato, creando numerosi problemi di resistenza.

Ad esempio si ricorda che negli anni settanta, a causa del persistente uso di anticrittogamici acuprici e di insetticidi polivalenti, era diventato un grosso problema quello degli acari, in particolare il ragnetto rosso; però con il ritorno all’uso del rame dopo fioritura, con l’impiego di insetticidi specifici ed acaricidi, il fenomeno fu ridimensionato.

Purtroppo rari in valle sono gli esempi di lotta biologica integrata, effettuata solo nella coltivazione delle mele, più per moda che per convinzione, da parte dei pochi coltivatori che la effettuano.

Un altro dato importante sta nel fatto che la meccanizzazione dei lavori nel vigneto è molto limitata, per quanto riguarda la lavorazione del terreno, la distribuzione dei concimi e la raccolta dell’uva.

Si contano però numerosi atomizzatori, sia a spalla sia trasportabili da trattori, per i trattamenti antiparassitari.

Un altro miglioramento fondamentale per avere una coltura sempre più specializzata è quello dell’irrigazione, che dovrà essere portata sulle pendici della media montagna che sono soggette maggiormente alla siccità.

Ad esempio nei conoidi di deiezione sulla destra orografica, costituiti da terreni poco profondi, calcarei, con sottosuoli ciottolosi. L’espansione dell’irrigazione possibilmente polivalente, sarà favorita dall’abbondanza di acque che consentono impianti a caduta naturale con bassissimi costi d’esercizio.

Non vanno scordate altre opere di costo minore ma altrettanto importanti quali: spianamenti, spietramenti, regimazione dei torrenti e le moderne difese antigrandine.

Da non dimenticare che tali miglioramenti inducono ad un aumento ingente del valore fondiario tanto che, in certi casi è proprio questo aspetto a rendere economici alcuni investimenti, come è successo nelle vallate vicine.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

ICQRF – Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari

Via Quintino Sella, 42

00187 ROMA.

L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva

(viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).

In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.