Lombardia › BERGAMO SONDRIO

SCANZO O MOSCATO DI SCANZO D.O.C.G.

SFORZATO O SFURSAT DI VALTELLINA D.O.C.G.

VALTELLINA SUPERIORE D.O.C.G.

VALTELLINA SUPERIORE GRUMELLO D.O.C.G.

VALTELLINA SUPERIORE INFERNO D.O.C.G.

VALTELLINA SUPERIORE MAROGGIA D.O.C.G.

VALTELLINA SUPERIORE SASSELLA D.O.C.G.

VALTELLINA SUPERIORE VALGELLA D.O.C.G.

COLLEONI O TERRE DEL COLLEONI  D.O.C.

VALCALEPIO D.O.C.

VALTELLINA ROSSO D.O.C.



VIGNETI SASSELLA

VIGNETI SASSELLA

 

SCANZO

MOSCATO DI SCANZO

D.O.C.G.

Decreto 28 aprile 2009

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata e garantita “Scanzo” o “Moscato di Scanzo” è riservata al vino che risponde alle condizioni e ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base Ampelografica

 

Il vino a denominazione di origine controllata e garantita “Scanzo” o “Moscato di Scanzo” deve essere ottenuto dalle uve prodotte dai vigneti aventi nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Moscato di Scanzo al 100%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione del vino a denominazione di origine controllata e garantita “Scanzo” o “Moscato di Scanzo”, ricade nella provincia di Bergamo e comprende i terreni vocati alla qualità del territorio del Comune di

Scanzorosciate.

Tale zona comprende parte del territorio del Comune di Scanzorosciate, compresa nei seguenti confini:

con andamento in senso orario a partire da ovest: Via Fanti, Via Forni, confine comunale a nord e ad est, confine comunale a sud fino alla Via Piave, (località Negrone), via Polcarezzo, Via IV Novembre, P.zza Caslini, Via F. Martinengo, Via Fanti. Sono pertanto esclusi i terreni pianeggianti del Comune di Scanzorosciate.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

4.1 Condizioni naturali dell’ambiente

Le condizioni ambientali dei vigneti destinati alla produzione del vino a denominazione di origine controllata e garantita “Scanzo” o “Moscato di Scanzo”, devono essere quelle tradizionali della zona e atte a conferire alle uve le specifiche caratteristiche di qualità.

I vigneti devono trovarsi su terreni ritenuti idonei per la produzione della denominazione di origine controllata e garantita di cui si tratta.

Sono da escludere i terreni eccessivamente umidi o insufficientemente soleggiati e comunque di pianura.

4.2 Densità di impianto

Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 3.300.

Non sono ammessi vigneti in coltura promiscua.

4.3. Forme di allevamento e sesti di impianto

I sesti di impianto e le forme di allevamento consentiti sono quelli già usati nella zona, spalliera semplice, pergola unilaterale, a tetto inclinato e casarsa.

La Regione Lombardia può consentire diverse forme di allevamento qualora siano tali da migliorare la gestione dei vigneti senza determinare effetti negativi sulle caratteristiche delle uve.

4.4. Irrigazione forzatura

E’ vietata ogni pratica di forzatura e di irrigazione.

4.5.Resa a ettaro e gradazione minima naturale

La produzione massima di uva a ettaro e la gradazione minima naturale sono le seguenti:

produzione uva t /ha 7,00;

titolo alcolometrico volumico naturale minimo 12,00% vol.

La Regione Lombardia, con proprio decreto, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le organizzazioni di categoria interessate, ogni anno prima della vendemmia può, in relazione all'andamento climatico ed alle altre condizioni di coltivazione, stabilire un limite massimo di produzione inferiore a quello fissato, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

5.1. Zona di vinificazione

Le operazioni di appassimento, vinificazione, ivi compresi l’invecchiamento obbligatorio e l’imbottigliamento devono essere effettuate nel Comune di Scanzorosciate.

Conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento o il condizionamento deve aver luogo nella predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità o la reputazione o garantire l’origine o assicurare l’efficacia dei controlli.

Conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, a salvaguardia dei diritti precostituiti dei soggetti che tradizionalmente hanno effettuato l’imbottigliamento al di fuori dell’area di produzione delimitata, sono previste autorizzazioni individuali alle condizioni di cui all’articolo 10, comma 3 e 4 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1).

5.2. Elaborazione

L’appassimento delle uve dopo la raccolta deve essere effettuato in locali idonei (anche termoidrocondizionati anche con ventilazione forzata), fino a raggiungere

un tenore zuccherino di almeno 280 g/l,

per un periodo non inferiore ai 21 giorni

e comunque sino al raggiungimento del titolo zuccherino sopra riportato.

5.3 Resa uva/vino e vino/ettaro

La resa massima dell’uva in vino è del 30%.

5.4. Invecchiamento

Il vino a denominazione di origine controllata e garantita “Scanzo” o “Moscato di Scanzo”, deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento di minimo due anni.

5.5. Immissione al consumo

Per il vino a denominazione di origine controllata e garantita “Scanzo” o “Moscato di Scanzo”, l’immissione al consumo è consentita soltanto a partire

dal 1° novembre del secondo anno dopo la vendemmia.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il vino a denominazione di origine controllata e garantita “Scanzo” o “Moscato di Scanzo” deve rispondere all’atto dell’immissione al consumo alle seguenti caratteristiche:

 

colore rosso rubino, più o meno intenso, che può tendere al cerasuolo con riflessi granati;

profumo: delicato, intenso, persistente, caratteristico;

sapore: dolce, gradevole, armonico, con leggero retrogusto di mandorla;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 17,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 14,00% vol;

contenuto di zuccheri residui: compreso fra i 50 e i 100 g/l;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l.

 

E’ facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare i limiti dell’acidità totale e dell’estratto non riduttore con proprio decreto.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

7.1. Qualificazione

Nell’etichettatura, designazione e presentazione del vino a denominazione di origine controllata e garantita “Scanzo” o “Moscato di Scanzo”, è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi “fine”, “scelto”, “selezionato”, e similari.

E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

7.2. Menzioni facoltative

Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell’imbottigliatore, quali “viticoltore”,

“fattoria”, “tenuta”, “podere”, “cascina” ed altri termini similari sono consentiti in osservanza delle disposizioni dei regolamenti comunitari e nazionali in materia.

7.3. Annata

Nell’etichettatura del vino a denominazione di origine controllata e garantita “Scanzo” o “Moscato di Scanzo”, l’indicazione dell’annata di produzione delle uve è obbligatoria.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I contenitori del vino a denominazione di origine controllata e garantita “Scanzo” o “Moscato di Scanzo”, debbono essere, per quanto concerne l’abbigliamento, consoni ai tradizionali caratteri dei vini di pregio. Pertanto dovranno essere di vetro, chiusi con tappo di sughero, e le bottiglie dovranno essere di capienza non superiore ai 750 ml.

 

Articolo 9

Legame con l'ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame

Il nome Moscato di Scanzo viene dato al vino prodotto nella piccola zona di Scanzorosciate, zona che ospita agglomerati di case che,uniti in comune, danno vita al paese Scanzorosciate.

Le pendenze dei colli oscillano da un minimo del 50% al 100%, salvo alcune eccezioni, è su questi erti pendii che da sempre si lavora.

La profondità del terreno coltivo è minima, sotto vi è solo roccia marnosa, da noi chiamata, Sass de la luna, che se messa al sole si sfalda con il tempo, ma se coperta e protetta è di difficile lavorazione, formando dei noduli calcarei che le trivelle non riescono ad intaccare.

Alcune aree non sono vitate a causa della presenza di grosse rocce. In queste aree vi sono viti storiche ancora in produzione. Il clima tipicamente mediterraneo consente una buona maturazione delle viti e di altre essenze come oliveti.

Fattori umani rilevanti per il legame

Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione.

Le origini del Moscato Rosso Scanzese, si perdono nella notte dei tempi, tanto, per tradizione, da farli risalire all’epoca Atestina.

Questa tradizione è confermata da diverse prove storiche, toponomastiche .

La prima di queste è il toponimo stesso di Rosate, trasformatosi in Rosciate nella prima metà del 1800. Rosate è composto da due toponimi Ros e Ate. Il primo, Ros, in lingua greca ha il significato di mazzo di uva, parola ancora comunemente usata nella lingua locale bergamasca, con lo stesso significato.

Il secondo toponimo, ate, è un termine celtico, dal significato di villaggio.

I Celti giunti al greco Ros venne indicato come villaggio esistente al loro arrivo con l’aggiunta di ate. In quel villaggio si coltivava un vite che dava un' uva, con sapori particolarmente aromatici, dalla quale si ricavava un vino con sapori spiccatamente medio orientali.

Dai greci ai Celti ed infine i Romani, ai quali si fa risalire la fondazione di Scanzo, risultato della trasformazione di un castro romano, da luogo militare in residenza civile.

Fu la famiglia dei centurioni Scantii, a dare il nome al nuovo villaggio.

Da quel momento il Moscatello rosso di Rosciate, assume il nome di Moscato di Scanzo, i Romani, nuovi dominatori,

prevalsero sui greci rosciatesi.

Si ritorna a parlare delle viti scanzesi all’ epoca delle invasioni barbariche, ove Alarico, che diede il suo nome al colle sulla cui sommità è posto l’antico Castelletto dei Bignami, feudatari dei Visconti di Milano, pose il suo quartier generale, dal quale diresse l’assedio di Bergamo.

La vite è pure oggetto del testamento di Alberico da Rosciate (8 giugno 1347).

Ricompare come vino all’ epoca delle lotte fra le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico

E’ un vino che si ottiene da un vitigno che fa parte della grande famiglia dei vitigni autoctoni, che danno quei prodotti che hanno caratteristiche talmente locali e particolari, che è quasi impossibile riprodurlo, con le stesse caratteristiche, al di fuori della sua zona originaria.

Secoli di ambientazione non possono essere ripetuti nei pochi anni di coltivazione in ambiente diverso da quello originario, che nel nostro caso corrisponde alla fascia meridionale delle alture di Scanzorosciate.

E’ questo il motivo per cui nel richiedere le Denominazioni di origine, giustamente si è limitata la zona di produzione alla sola zona ove da secoli e secoli lo si coltiva.

Lo stesso imbottigliamento si deve effettuare nella zona di produzione, perché così facendo si è certi che il prodotto non modificherà, anche in minima parte, le sue peculiari caratteristiche.

Il Moscato di Scanzo si presenta di colore rosso rubino, più o meno intenso, che può tendere al cerasuolo con riflessi granati, dal profumo delicato, intenso, persistente, caratteristico, dal sapore dolce, gradevole,armonico, con leggero retrogusto di mandorla.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Le colline di Scanzorosciate vantano una tradizione vitivinicola antica testimoniata dalla storia.

Infatti già nel 1347 i vigneti furono oggetto del testamento di Alberico da Rosciate, il quale assegnò ai suoi collaboratori dei pezzi di terreno vitati.

La produzione avviene in una zona molto piccola e su dei colli con pendenze che oscillano da un minimo del 50% al 100% salvo alcune rare eccezioni, è su questi erti pendii che da sempre si lavora.

La profondità del terreno coltivato è minima, sotto vi è solo roccia marnosa chiamata Sass de la Luna che se esposta al sole con il tempo si sfalda, ma se coperta e protetta è di difficile lavorazione formando dei noduli calcarei che neppure le trivelle riescono ad intaccare.

Le condizioni climatiche scanzesi sono molto simili a quelle del Mediterraneo.

Pensare alla tradizione agricola di Scanzorosciate significa senza dubbio pensare al Moscato di Scanzo, prodotto unico nel suo genere.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Valoritalia S.r.l.

via Piave, 24

00187 Roma

telefono: 0445 313088

fax: 0445 313080

e-mail: info@valoritalia.it

Unità operativa: Valoritalia srl,

Via Franciacorta, n. 114

25038- Rovato (BS)-Italia

telefono: 0307704567

fax: 0307248311

e-mail:flavio.serina@valoritalia.it

Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

SFORZATO DI VALTELLINA

SFURSAT DI VALTELLINA

D.O.C.G.

DECRETO 25 gennaio 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 12 luglio 2013

(fonte GURI)

 

Articolo l

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" è riservata al vino rosso che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino a denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" deve essere ottenuto esclusivamente da uve preventivamente appassite provenienti da vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Nebbiolo, localmente denominato Chiavennasca, minimo 90%.

Possono concorrere altri vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia fino ad un massimo del 10%

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve destinate alla produzione del vino a denominazione di origine controllata e' garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" comprende: in sponda orografica destra del fiume Adda tutti i terreni in pendio ubicati tra il tracciato della s.s. n. 38 ed una quota di livello di metri 700 s.l.m.

dal comune di Ardenno al comune di Tirano, inclusi;

in territorio del comune di Piateda e Ponte in Valtellina i pendii vitati si spingono al di là della s.s. n. 38 fino al fiume Adda;

in sponda orografica sinistra in comune di Villa di Tirano frazione Stazzona e in comune di Albosaggia i terreni in pendio compresi tra il fiume Adda e una quota di livello di metri 600 s.l.m.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino oggetto del presente disciplinare devono essere quelle normali della zona e comunque atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da ritenersi idonei, esclusivamente i vigneti ubicati in terreni declivi e di natura brecciosa, ben esposti.

I sesti di impianto, le forme di allevamento e di potatura devono rispondere ai requisiti di una razionale coltivazione e comunque non modificare le caratteristiche tradizionali delle uve e del vino.

Fermi restando i vigneti esistenti, i nuovi impianti e i reimpianti devono essere composti da un numero di ceppi non inferiore a 4.000 per ettaro.

E' vietata ogni pratica di forzatura; e' consentita l'irrigazione di soccorso.

La produzione massima di uva da destinare all'appassimento, per l'ottenimento del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina", in coltura specializzata,

non deve essere superiore a 8,00 t/ha.

Le eccedenza delle uve, nel limite massimo del 20% non hanno diritto alla denominazione di origine controllata e garantita.

Le uve destinate all'appassimento per la produzione del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" devono assicurare, al momento della raccolta,

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 11,00% vol.; l

e medesime uve al momento della vinificazione, dopo l'appassimento, devono potere assicurare al vino

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 14,00% vol.

La regione Lombardia, con proprio decreto, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le organizzazioni di categoria interessate, ogni anno prima della vendemmia può, in relazione all'andamento climatico ed alle altre condizioni di coltivazione, stabilire un limite massimo di produzione inferiore a quello fissato, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di appassimento delle uve, di vinificazione, di invecchiamento, di affinamento e di imbottigliamento del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina", devono essere effettuate nell'ambito dell'intero territorio amministrativo dei comuni compresi, in tutto o in parte, nella zona di produzione delimitata dal precedente art. 3 e nei comuni confinanti. conformemente all’art. 8 del Reg. CE n. 607/2009 per salvaguardare la qualità, la reputazione o garantire l’origine o assicurare l’efficacia dei controlli.

Tuttavia, conformemente all’art. 8 del Reg. CE n. 607/2009 tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, sono previste autorizzazioni individuali alle condizioni di cui all’articolo 10, comma 3 e 4 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1), le sole operazioni di invecchiamento, affinamento e di imbottigliamento potranno essere autorizzate dal Ministero dalle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la regione Lombardia per l'intero territorio amministrativo dalla provincia di Sondrio e della Valle di Poschiavo in territorio elvetico, a condizione che le ditte richiedenti dimostrino di avere effettuato e di effettuare dette operazioni prima dell'entrata in vigore dei disciplinari di produzione approvati con DM 26/6/1998 e DM 19/3/2003.

La detenzione delle uve per la produzione del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" deve essere preventivamente segnalato all'Ispettorato repressione frodi competente per il territorio.

La pigiatura a la vinificazione delle uve destinate alla produzione del vino a denominazione di origine controllata a garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat dl Valtellina", sia in periodo vendemmia che dopo tale periodo, deve essere preventivamente segnalata all'organismo di cui sopra.

In nessun caso la pigiatura delle uve potrà essere effettuata anteriormente al 10 dicembre dell'anno di raccolta.

Non è consentita la pratica dell'arricchimento e della concentrazione, anche parziale (anche sa trattasi di concentrazione parziale a freddo e/o osmosi inversa).

La resa massima dell'uva fresca in vino finito (variabile condizionata dallo stato di appassimento dell'uva medesima), non potrà essere superiore a 40 hl/ha

per il vino a denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina".

Qualora superi detto limite, ma non 44 hl/ha, l'eccedenza ha diritto alla denominazione di origine controllata "Valtellina rosso o rosso di Valtellina" (pari ad un massimo di 4,00 hl/ha).

Il vino a denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" può essere immesso al consumo dopo un periodo di invecchiamento e di affinamento di

venti mesi,

dei quali almeno 12 in botti di legno.

Il periodo di invecchiamento e di affinamento sopra riportato decorre dal

1 aprile dell'anno successivo alla raccolta.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il vino a denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" all'atto della sua immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: rosso rubino con eventuali riflessi granato;

profumo: intenso con sentori di frutti maturi, ampio;

sapore: grande morbidezza, asciutto, strutturato e di carattere, con eventuale percezione di legno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 14,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 27,00 g/l;

 

E' in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla denominazione di. origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi "extra", "fine", "riserva", "scelto", "selezionato", "superiore" e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

Sulle bottiglie contenenti il vino oggetto del presente disciplinare di produzione deve sempre figurare l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.

Le bottiglie in cui viene confezionato il vino predetto devono essere di forma "bordolese" o "borgognotta", di vetro scuro e chiusa con tappo di sughero, ma comunque di capacità consentita dalle vigenti leggi, non inferiore a 0,375 e non superiore a 5 litri.

E' vietato il confezionamento e la presentazione di bottiglie che possano trarre in inganno il consumatore o che siano tali da compromettere il prestigio del vino.

Il vino "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina", anche se imbottigliato nel territorio della Val Poschiavo, dovrà sempre riportare in etichetta la denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" nella sola lingua italiana.

 

Articolo 9

 

Ai fini dell'utilizzazione della denominazione di origine controllata e garantita il vino "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" ai sensi dell’art. 15, comma 1, della DLgs 8 aprile 2010, n. 61, devono essere sottoposti nella fase di produzione ad analisi chimico-fisica ed organolettica.

 

Articolo 10

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La Valtellina, che insieme alla Valchiavenna rappresenta il territorio della provincia di Sondrio, si colloca geograficamente a nord del lago di Como fra il parallelo 46 e 46,5.

Alcune particolari situazioni ambientali favoriscono il realizzarsi di condizioni climatiche idonee alla viticoltura ed in particolare al vitigno “nebbiolo”:

1) la valle, longitudinale alla catena montuosa, è per la parte vitata orientata est-ovest e la costiera pedemontana, alla destra orografica del fiume Adda, gode di esposizione completamente a sud;

2) è protetta, a nord e ad est, dalla catena montuosa delle Alpi Retiche, con cime di elevata altitudine (tutte oltre i 3.000 metri, con vette di oltre 4.000);

3) a sud la catena delle Alpi Orobie, con cime appena più basse, la racchiude in una specie di anfiteatro;

4) la relativa vicinanza del bacino del lago di Como, a sud–ovest, funge da regolatore e mitigatore termico;

5) la viticoltura si colloca sulla costiera esposta a sud, sul versante retico, da quota 300 metri sino ad un massimo di 700 metri, con la sola eccezione di due conoidi posizionati nella parte più ampia della vallata.

Questa configurazione territoriale assicura: costante ventilazione con scarse precipitazioni con una media di 850 mm di pioggia/anno che nella parte del versante retico vitato diminuiscono risalendo la valle, periodicamente ben distribuite; considerevole luminosità, conseguente alla ottimale esposizione, e un elevato gradiente termico con temperatura diurna dell’aria durante il periodo vegetativo, aprile-ottobre, compresa fra i +5° ed i + 35°C; umidità relativa dell’aria costantemente su valori molto contenuti fra il 65% e l’80%.

Ulteriore sensibile aumento dei gradienti termici in vigna favorito dalla consistente massa di sassi e di rocce che caratterizzano il terrazzamento e dalla pendenza, in taluni casi superiore al 70%, che incrementa l’effetto dell’irraggiamento permettendo di concentrare l’energia solare su una superficie minore.

I muretti a secco sono stimabili in una lunghezza complessiva superiore a 2500 Km. Per questa ragione le temperature dell’aria rilevate in vigna sono costantemente maggiori di 4°/5°C, rispetto a quelle del fondo pianeggiante. Considerevole escursione termica (compresa fra 8° e fino a 20°) nel periodo immediatamente precedente il completamento della maturazione (fine settembre / primi ottobre).

Insolazione oltre le 1900 ore per anno; l’ubicazione del vigneto sui terrazzi di costiera è tale da impedire i danni da gelate tardive, al contrario frequenti nel fondo valle.

Il terreno del vigneto è prevalentemente sabbioso (circa 70%), limoso (circa 18%), con assenza di calcare.

Trattasi di roccia granitica sfaldata. Con rarità compare un po’ di argilla (inferiore al 10%).

E’ molto permeabile ed ha scarsissima ritenzione idrica; ne deriva una considerevole predisposizione alla siccità. I terreni sono per loro natura poco profondi: la superficie lavorabile va da i 40 a 120 cm., e non è raro vedere piante di viti che conficcano la radice direttamente nelle fessure della roccia.

2. Fattori umani rilevanti per il legame

Molto rilevanti risultano i fattori umani legati al territorio di produzione, che per tradizione hanno dato origine al vino Sforzato di Valtellina.

Lo Sforzato era, ed è ancora oggi, il risultato della vinificazione di uve lungamente appassite in solaio sino a perdere, per disidratazione naturale, circa il 30% del volume dell’acqua contenuta.

Si procede alla raccolta in epoca di vendemmia con attenta cernita e molta cautela: il grappolo deve presentarsi maturo (con circa 18%-20% di zuccheri), assolutamente sano, con acini ben divisi.

Successivamente i grappoli vengono posti a riposo, dalla raccolta sino alla fine di gennaio o, in qualche annata, anche fino a febbraio/marzo, al freddo invernale, ad appassire e a concentrare i propri succhi fino al raggiungimento del 26% - 27% di concentrazione zuccherina.

La scelta del posizionamento dei grappoli durante l’appassimento è legata alle abitudini ma anche alla capacità ricettiva dei locali e alla loro struttura. In epoche passate, in presenza di sufficienti spazi, si ricorreva a stuoie o strati di paglia collocati a terra in appositi stanzoni, per lo più il solaio della casa.

Oggi, i sistemi più utilizzati consistono nel collocare l’uva su graticci di canne sovrapponibili o in piccoli plateaux in locali asciutti e ben ventilati.

Le origini della viticoltura in Valtellina sono molto lontane nel tempo. Lo sfruttamento agricolo del territorio e la sistemazione a terrazzamento è riconducibile in epoca romana o quantomeno longobarda, se non addirittura pre-romana in quanto i primi abitatori della valle furono i Liguri a cui seguirono gli Etruschi, ed entrambi i popoli conoscevano la coltura della vite.

La razionalizzazione e l’intensificazione della coltivazione della vite è però da ascrivere, prima alla colonizzazione romanica e, successivamente nel medioevo (sec. X e XI), al movimento dei “magistri comacini” ed ai monaci benedettini.

Risulta documentato che già alcuni secoli prima del mille, il Monastero Sant’Ambrogio di Milano era proprietario sul versante retico valtellinese di diversi appezzamenti di vigne a coltura specializzata, il cui prodotto era destinato al consumo locale e certamente anche ai monaci del capoluogo lombardo.

Il grande impulso viticolo alla Valtellina è però conseguente alla presenza del governo svizzero da parte della Lega Grigia (oggi “Cantone Grigioni”). Per quasi tre secoli, dal 1550 al 1797, la Valtellina fu territorio grigionese e i primi commerci di esportazione di vino furono conseguenza dei rapporti economici che la Lega Grigia intratteneva con le corti del centro e nord Europa.

E’ soprattutto di quei secoli la fama dei vini della Valtellina che, anche successivamente, continuarono a viaggiare verso il nord.

Particolare interessante e caratteristico del territorio è il sistema dei terrazzamenti.

Il terrazzamento è un metodo di dissodamento degli acclivi versanti montani, espressione di una precisa cultura insediativa che si ritrova, con molte analogie, in tutte le vallate dell’arco alpino.

Attraverso la realizzazione del terrazzo fu possibile recuperare allo sfruttamento agricolo le costiere pedemontane ed insediarvi le colture necessarie alla sopravvivenza delle popolazioni locali.

Si consideri inoltre che il portare le coltivazioni sugli acclivi montani serviva anche a proteggerle dalle rappresaglie delle soldatesche barbariche che transitavano per il fondo valle, nonché ad evitare il rischio delle frequenti inondazioni causate dalle piene improvvise del fiume Adda.

Il sistema terrazzato di Valtellina si identifica con la realizzazione di una miriade di muri a secco in sasso che sostengono i ronchi vitati.

Trattasi di un’opera avviatasi alcuni millenni fa e perpetuata nel tempo attraverso il lavoro quotidiano dei viticoltori che, per tutto questo, sono degli autentici manutentori del territorio.

Come già accennato, i muri sono di una entità ciclopica; stimabile in oltre 2.500 Km di sviluppo lineare, con una incidenza media/ettaro superiore ai 2.000 m2 di superficie verticale e, di conseguenza con costi di mantenimento altissimi.

Oltre a consentire la realizzazione della economia agricola, il terrazzamento diventa componente essenziale del fascino paesaggistico del territorio ed importante elemento di salvaguardia e presidio delle falde montane.

Base ampelografia dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata

Le forme di allevamento:

i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso dei vini tranquilli

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all’ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte dall’art. 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)

Le caratteristiche morfologiche del territorio, il lavoro costante dell’uomo per il mantenimento di questo territorio provano la connessione esistente tra terra e vini, dove le caratteristiche peculiari di questi ultimi vengono esaltati.

La vigna e il vino furono alle radici della cultura e della società locali e del loro sviluppo.

La coltivazione della vite e la produzione e la distribuzione del vino hanno lasciato consistenti tracce fin dai tempi remoti: già nel Duecento in provincia il vino era uno strumento ordinario di pagamento e le vigne erano considerate i beni più preziosi e appetibili.

La presenza, per circa tre secoli, di un commercio di vino di oltre 50.000 ettolitri a dorso di animale, con scambi continui tra comunità sui due versanti in un’importante area centro alpina (periodo Lega Grigia), ebbe una profondissima influenza sulla cultura locale.

 

Articolo 11

Riferimenti all’organismo di controllo

 

Controlli:

Nome e indirizzo:

Valoritalia srl

Via Piave, 24

00187 Roma

Valoritalia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25,

par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010 pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2)

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

VALTELLINA SUPERIORE

D.O.C.G.

Decreto 25.01.2010

(fonte GURI)

Modifica DMecreto30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 12 luglio 2013

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore", anche con l'indicazione delle sottozone Maroggia,

Sassella,

Grumello,

Inferno,

Valgella

e con la qualificazione "riserva",

è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore", devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione varietale:

Nebbiolo, (localmente denominato Chiavennasca) minimo il 90%.

Possono concorrere altri vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia fino ad un

massimo del 10% del totale.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

Il territorio di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore", compreso nella zona di produzione del vino a denominazione di origine controllata "Valtellina" fa riferimento alle aree tradizionali delimitate rispettivamente come appresso:

dall'imbocco della valle di via Mulini a Villapinta in comune di Buglio il confine volge a est seguendo il sentiero detto "di Pala" fino ad incrociare la strada provinciale Valeriana in contrada Credel.

Segue sempre verso est la strada Valeriana medesima fino alla contrada Ronco.

Da qui risale verso nord attraversando la contrada Ronco fino ad incontrare la strada che da quest'ultima contrada porta a Buglio in Monte.

Segue verso ovest la strada medesima fino alla cappelletta detta Crusetta, scende per il sentiero e al limite con il bosco raggiunge la contrada Bugo per poi ricollegarsi alla strada dei Mulini fino a giungere al punto di partenza.

Partendo poi dall'abitato di Pedemonte di Berbenno il confine scende lungo la strada detta Camp Fop fino alla strada provinciale Valeriana.

Prosegue in direzione est lungo questa fino alla contrada Muc; di qui per la nuova strada comunale per Berbenno fino al suddetto abitato e passando superiormente al paese per la località Sina raggiunge Polaggia mantenendo poi la provinciale per Postalesio fino alla loc. La Guardia.

Volge poi all'indietro lungo la strada "della Guardia" per immettersi sulla mulattiera "Ca' Urga" fino ad incontrarsi con la mulattiera detta Puncia, da qui segue, volgendo ad ovest, il limite tra bosco e vigna fino ad incontrare la strada comunale Dusone S. Gregorio.

Scende lungo quest'ultima fino alla frazione Dusone.

Dalla stessa frazione procede verso sud lungo la strada fino alla contrada Sina.

Incrociando la mulattiera dei Monzardin, prosegue lungo la medesima dirigendosi verso il torrente Finale e quindi verso ovest lungo la strada "di Pancetta" sino al termine del bosco.

Proseguendo al limite tra boschi e vigneti intercetta la strada comunale Regoledo-Monastero per il tratto fino alla curva altimetrica m 550 s.l.m., che segue fino a contrada Piasci.

Da qui percorre la strada comunale per Maroggia, ne attraversa l'abitato e scende lungo il crinale che ne delimita la costiera vitata.

Al termine del pendio si ricongiunge al punto di partenza in frazione Pedemonte.

 

Dalla località La Valle in comune di Castione Andevenno passando per casa Gianoli raggiunge la chiesa di Balzarro. Risale lungo la strada per Catione fino ad incontrare il torrente Bocco per poi seguire la mulattiera detta "Risc delle Case Nuovo".

Segue detta mulattiera fino alla provinciale per poi scendere in linea retta verso la strada Valeriana in località della Crott e successivamente sempre verso est al piede della falda vitata che segue fin sotto il santuario della Madonna della Sassella, dove il confine volge verso est seguendo la strada nazionale fino alla località Castellina.

Da qui prende la strada Valeriana, sempre in direzione est, fino ad incontrare la via Bernina in comune di Sondrio.

Dal predetto incrocio risale lungo la strada provinciale per la Valmalenco; raggiunto il dosso di S. Bartolomeo prende la strada Sondrio - Triangia e la percorre sino alla chiesa di S. Anna.

Risalendo poi lungo la mulattiera del "doss dei Ciatt" giunge alla contrada Moroni, dalla quale prosegue verso ovest lungo il sentiero detto della "Sassa" che dalla contrada Moroni porta, mantenendosi in quota, alla contrada Piatta del comune di Castione Andevenno.

Dalla contrada Piatta scendendo lungo la strada provinciale Triangia - Castione, giunge alla contrada Margella.

Da qui risale lungo il costone seguendo il limite fra bosco e vigneto prosegue quindi verso ovest sempre lungo detto limite fino ad intersecare la comunale per Vendolo da cui per la linea retta si raggiunge il cimitero di Castione e spingendosi poi a ovest in linea retta alla località Balzarro.

Segue poi la comunale per Postalesio fino al confine amministrativo del comune di Castione Andevenno per poi ridiscendere in località La Valle al punto di partenza.

 

Da via Scarpatetti, salita Schenardi, via Lusardi, via Brennero, via Visciastro e strada statale n. 38 dello Stelvio fino al capitello posto a lato della strada statale e indicante il confine tra il comune di Sondrio e il comune di Montagna.

Da qui segue il piede della falda montana in direzione est passando per la casa Trippi fino alla contrada detta Ca' Farina. Riprende in quest'ultima contrada la strada Valeriana passando per le contrade Ca’ Muzzat, Conforti Pignotti, Rogna, Palù.

Dalla contrada Palu' segue il piede della falda montana fra vigne e prati fino alla contrada "Calvario alpiano".

Prende quindi la strada denominata "Del Bungin", fino alla strada provinciale, la percorre fino all'abitato di Tresivio e al crocevia prosegue fino al tornante ove in contrada Rusconi imbocca la strada comunale Tresivio - Poggiridenti seguendola sino alla contrada Ferrari.

Da qui risale lungo la valle Rogna fino ad incontrare il sentiero detto "Ca' Ferrari" sulla destra della valle stessa.

Prosegue verso ovest lungo quest'ultimo sentiero fino al tornante formato dalla strada comunale per Surana.

Da questo stesso tornante per la curva di livello di 650 metri passando per le località Ca' Farina e Ca' Paini in comune di Montagna si abbassa lungo la strada comunale fino alla località Madonnina per poi volgere a ovest lungo la strada consortile dei "Dossi Salati" e giungere a Ponchiera in contrada Scherini.

Da questa località segue la strada provinciale sino al Castello Masegra al punto di raccordo con via Scarpatetti.

Dall'incrocio del torrente Rogna in comune di Chiuro con la strada Valeriana, in località Rogna, il confine segue verso est lungo la strada Valeriana medesima passando per la contrada Nigola e arrivando sulla s.s. 38 dello Stelvio poco prima della frazione di S.Giacomo.

Da qui segue la strada statale suddetta, sempre in direzione est, fino alla frazione Tresenda. All'incrocio con la s.s. 39 per l'Aprica volge a nord prendendo la mulattiera di Quigna che porta a S. Gottardo (Sommasassa).

In corrispondenza del tornante a sinistra prima della località Quigna Superiore, prosegue in direzione nord secondo il limite del foglio catastale n. 80 sino ad intersecare la strada nuova detta del Bim seguendola verso ovest fino ad incontrare la strada vicinale della chiesa di San Gottardo, e per detta strada scendendo sino ad incontrare in località Bissa (Case Donchi - Ciapela) la strada comunale di Quigna.

La segue per un breve tratto per poi volgere a ovest per il sentiero che arriva alle case Gianoli dove imbocca la strada comunale per S. Gervasio. Da S. Gervasio, seguendo la mulattiera La Baita - Pozzolo, giunge a Castelvetro dove si incrocia con la strada provinciale Teglio - Tresenda. Segue quest'ultima strada da Castelvetro a Posseggia, da qui la vicinale che conduce alla località "La Sella" e quindi alle case Brioni.

Da quest'ultima località risale lungo il sentiero che porta al tornante della strada provinciale Chiuro - Teglio in località Selva del Pozzo.

Prosegue quindi, volgendo a ovest, seguendo la strada provinciale stessa fino a giungere sul torrente Rogna.

Da qui scende lungo il torrente sino a trovare in sponda destra nel territorio di Chiuro, il roccione detto "La Crotta"; prosegue verso ovest lungo il ciglio del pronunciato declivio sino al culmine del Doss Bel; scende alla chiesa di S. Bartolomeo e si raccorda con la strada provinciale Chiuro - Teglio sul tornante del cimitero di Castionetto ; segue poi detta provinciale in direzione Chiuro fino al successivo tornante per scendere in linea retta fino al ponte sul torrente Fontana.

Di qui volge ad est al limate con i frutteti fino a raggiungere il punto di partenza.

 

In comune di Bianzone lungo la strada comunale a partire dalla località "La Gatta" attraversando il nucleo abitativo e sempre per detta strada superando di volta in volta la chiesa di S. Martino, la contrada Campagna in comune di Villa di Tirano, contrada Pioda, S. Antonio, S. Lorenzo, Beltramelli, Sonvico, Val Pilasco e Ragno per riprendere la s.s. 38 dello Stelvio fino al torrente Poschiavino.

Risale il torrente Poschiavino fin sotto la roccia della chiesa di S.Perpetua e di qui

lungo la linea di livello di 550 metri volge verso ovest intersecando di volta in volta costoni e valgelli in comune di Villa di Tirano fino ad incontrate in comune di Bianzone uno sperone di roccia proprio in corrispondenza del tornante della strada comunale Bianzone - Bratta.

Innalzatosi fino a detto tornante e proseguendo lungo detta strada verso ovest, il confine raggiunge la contrada Prada e la mulattiera per Piazzeda. Di qui, intersecando la curva di livello di 600 metri, la segue fino alla contrada Curta bassa per ridiscendere al limite del bosco al punto di partenza.

 

Dal cimitero di Tirano passando attraverso il limite superiore dell'abitato prosegue verso est lungo l'argine destro dell'Adda fino all'altezza dell'edificio denominato "Casa del mutilato"; di qui sale in linea retta verso il cimitero di Baruffini volgendo ad ovest allorquando interseca la quota di livello di 650 metri che mantiene fino a raggiungere lo sperone roccioso di Roncaiola da cui lungo il crinale si ricollega al punto di partenza.

 

Nel territorio di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore", compreso nella zona di produzione sopra delimitata, sono costituite le sottozone

geografiche storiche di Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno, Valgella, delimitate rispettivamente come appresso:

Maroggia:

Partendo dal punto in cui la valle Serada taglia la strada Regoledo - Monastero, il confine volge verso ovest seguendo la strada comunale per Monastero fino alla quota 550, prosegue lungo la strada consorziale dei Casini fino alla localita' Piasci.

Da qui scende lungo la strada comunale Maroggia - Ere fino al nucleo abitativo di Maroggia e lo attraversa passando per le vie F.lli Rodari e Gardenia fino a giungere alla sommità del conoide. Scende lungo il crinale che delimita la costiera vitata fino al termine del pendio in località Pedemonte e prosegue verso est lungo le contrade Ere,Valdorta, Pedemonte, Gatti, Camp Fop.

Si congiunge con la strada provinciale Valeriana fino a raggiungere l'inizio della valle Serada e sale in direzione nord, lungo tale valle, fino al punto di partenza.

 

Sassella:

Partendo dalla s.s. 38 dello Stelvio, immediatamente sotto la chiesa della Madonna di Sassella, il confine volge verso est seguendo la strada nazionale fino alla località Castellina.

Da qui per la strada Valeriana, sempre in direzione est, fino ad incontrare la via Bernina in comune di Sondrio.

Dal predetto incrocio risale lungo la strada provinciale per la Valmalenco;raggiunto il dosso di S. Bartolomeo prende la strada Sondrio - Triangia e la percorre sino al di sotto della frazione S. Anna, dove imbocca la nuova strada detta del "Quadro", raggiunge e si immette sulla strada comunale del "Campetto" e poi su quella della "Sassa" fino al confine comunale tra Sondrio e Castione che segue fino alla località "Tass".

Da quest'ultimo punto il confine volge a ovest seguendo il piede del costone roccioso detto "Crap Coron" fino alla località detta "Crap Bedoi",donde sale in direzione nord - ovest per un sentiero che incontra in località Martinelli la

strada consorziale dei Moroni.

La percorre in direzione ovest fino al ponte superiore sul torrente Soverna in frazione Moroni.

Di qui imbocca il sentiero sulla sponda orientale del Soverna fino ad incontrare la strada comune Moroni - Triasso. Il confine raggiunge quindi la Valle del Solco.

Da qui volge a sud e, attraversata la strada dei Grigioni, lungo la stessa valle, arriva fino alla Valeriana.

Volge quindi a est lungo il piede della falda montana tra prati e vigne e raggiunge la chiesa della Sassella.

Dalla chiesa suddetta scende al punto di partenza seguendo la linea di massima pendenza.

 

Grumello:

Dall'incrocio formato dalla strada provinciale per Montagna con la via Lusardi, in comune di Sondrio, il confine volge a est seguendo le vie Lusardi, Brennero, Visciastro e s.s. 38 dello Stelvio fino al capitello che, su quest'ultima strada, segna il confine fra i comuni di Sondrio e Montagna.

Da questo punto segue il piede della falda montana passando per Ca' Trippi e la contrada Ca' Farina, fino al torrente Davaglione. Sale lungo il torrente medesimo fino al ponte della strada provinciale Sondrio - Montagna.

Da qui, volgendo a ovest scende seguendo la strada provinciale suddetta fina a quota 449; risale verso il nord-est la strada di "Riva" fino al capitello di "Riva" e per la valle della "Giambon" raggiunge le scuole elementari di Montagna. Risale per la strada comunale fino al "Dosso" in località Madonnina.

La delimitazione segue la mulattiera dei Dossi Salati fino al dosso detto di "Croce" a nord-est di Ponchiera; discende per detto dosso fino alla chiesa parrocchiale di Ponchiera e per la strada che porta a contrada "Rasella" raggiunge la

comunale Sondrio-Arquino.

Segue quindi verso sud detta comunale per raggiungere e immettersi sulla provinciale Sondrio - Montagna (in prossimità di quota 340) per ritornare all'incrocio con la via Lusardi.

 

Inferno:

Partendo dal punto in cui il Davaglione taglia la strada Valeriana, il confine volge verso est seguendo la strada medesima e passando per le contrade Ca' Muzzat, Conforti, Pignotti,scavalca il torrente Rogna e arriva in contrada Palù.

Da qui, seguendo il piede della falda montana lungo la linea di demarcazione tra prati e vigne, giunge al limite inferiore della zona Calvario,prosegue fino a Ca' Menatti in località Sedume, prende l'omonima strada vicinale fino a raggiungere poco oltre la località S. Tommaso la strada che conduce dalla stazione ferroviaria a Tresivio e poi detta strada fino a congiungersi alla provinciale Tresivio-Sondrio.

La segue volgendo a ovest Passando per Poggiridenti, fino ad arrivare al ponte sul torrente Davaglione.

Dal Ponte, volgendo a sud scende lungo il torrente medesimo fino ad arrivare sulla strada Valeriana, al punto di partenza.

 

Valgella:

Dall'incrocio del torrente Rogna in comune di Chiuro con la strada Valeriana, in località Rogna, il confine segue verso est lungo la strada Valeriana medesima passando per la contrada Nigola e arrivando sulla s.s. 38 dello Stelvio poco prima della frazione di S. Giacomo.

Da qui segue la strada statale suddetta, sempre in direzione est; fino alla frazione Tresenda.

All'incrocio con la s.s. 39 per l'Aprica volge a nord prendendo la mulattiera di Quigna che porta a San Gottardo (Sommasassa).

Alla località Bissa (Case Donchi - Ciappella) volge a ovest per il sentiero che arriva alle case Gianoli dove imbocca la strada comunale per S. Gervasio. Da S.Gervasio, seguendo la mulattiera La Baita-Pozzolo, giunge a Castelvetro dove si incrocia con la strada provinciale Teglio - Tresenda.

Segue quest'ultima strada da Castelvetro a Posseggia, da qui la vicinale che conduce alla località La Sella e quindi alle case Brioni.

Da quest'ultima località risale lungo il sentiero che porta al tornante della strada provinciale Chiuro - Teglio in località Selva del Pozzo. Prosegue quindi, volgendo a ovest, lunga la strada provinciale stessa fino a giungere sul torrente Rogna.

Da qui scende lungo il torrente fino a trovare, in sponda destra nel territorio di Chiuro, il roccione detto "La Crotta"; prosegue verso ovest lungo il ciglio del pronunciato declivio sino al culmine del Doss Bel.

Scende lungo il sentiero che incrocia a sud della chiesa di S. Bartolomeo, la omonima strada provinciale.

Segue, sempre verso ovest, l'altro sentiero che scende alla Valle dei "Luc",in margine alla coltura della vite.

Lungo tale valletta scende, in direzione sud, sino al piede della pendice e poi segue verso est la linea di demarcazione fra piano e costiera, sino a raggiungere, a monte del mappale 182, torrente Rogna; quindi discende detto torrente per tornare sulla strada Valeriana al punto di partenza.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore" devono essere quelle normali della zona e comunque atte a conferire alle uve ed ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da ritenersi idonei, esclusivamente i vigneti ubicati in terreni declivi e di natura brecciosa, ben esposti e ubicati alle quote di riferimento.

I sesti di impianto, le forme di allevamento e di potatura devono rispondere ai requisiti di una razionale coltivazione e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

Fermo restando i vigneti esistenti, i nuovi impianti e i reimpianti devono essere composti da un numero di ceppi non inferiori a 4000 per ettaro.

E' vietata ogni pratica di forzatura; è consentita l'irrigazione di soccorso.

La produzione massima di uva per ettaro, in coltura specializzata,

non deve essere superiore a 8,00 t/ha.

Le uve destinate alla vinificazione del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore" devono assicurare

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 11,00% vol.

Le uve destinate alla vinificazione del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore" con l'indicazione di una delle seguenti sottozone:

Maroggia, Sassella,Grumello, Inferno, Valgella,

devono assicurare un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 11,50% vol.

La regione Lombardia, con proprio decreto, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le organizzazioni di categoria interessate, ogni anno prima della vendemmia può, in relazione all'andamento climatico ed alle altre condizioni di coltivazione, stabilire un limite massimo di produzione inferiore a quello fissato, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione e di invecchiamento del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore", devono essere effettuate nell’ambito dell’intero territorio amministrativo dei comuni compresi, in tutto o in parte, nella zona di produzione delimitata dal precedente art. 3 e nei comuni confinanti.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, le predette operazioni potranno essere autorizzate dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la regione Lombardia, per l'intero territorio amministrativo della provincia di Sondrio a condizione che le ditte richiedenti dimostrino di avere effettuato e di effettuare dette operazioni prima dell’entrata in vigore del disciplinare di produzione approvato con DM 26/6/1998.

E' facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito il parere del Consorzio di tutela autorizzare l'esportazione verso la Confederazione elvetica di determinate partite di vino "Valtellina Superiore" che non abbiano ancora subito, in tutto o in parte, il periodo di invecchiamento previsto per detti vini, dandone comunicazione al Ministero, a condizione che l'invecchiamento venga effettuato, o completato, nella zona di frontiera del territorio svizzero sotto il controllo del Consorzio di tutela, di cui alla convenzione del 2 luglio 1953 fra l'Italia e la Confederazione elvetica e successive variazioni.

La resa massima dell'uva in vino finito non deve esser superiore a 56,00 hl/ha

Qualora superi detto limite, ma non 60 hl/ha, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata e garantita.

Oltre 60 hl/ha decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutto il prodotto.

I vini oggetto del presente disciplinare di produzione, possono essere immessi al consumo dopo un periodo minimo di invecchiamento e di affinamento

di ventiquattro mesi,

dei quali almeno dodici in botti di legno.

Il predetto periodo di invecchiamento obbligatorio decorre dal 1 dicembre successivo alla vendemmia.

I vini a denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore" sottoposti ad un

periodo di invecchiamento di almeno tre anni

possono portare la specificazione aggiuntiva "riserva".

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore", "Valtellina Superiore" Maroggia, "Valtellina Superiore" Sassella, "Valtellina Superiore" Grumello, "Valtellina Superiore" Inferno, "Valtellina Superiore" Valgella, "Valtellina Superiore" Riserva, all'atto dell'immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: rosso rubino tendente al granato;

profumo: profumo caratteristico, persistente e sottile gradevole;

sapore: asciutto e leggermente tannico, vellutato, armonico e caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 23,00 g/l.

 

L'uso delle sottozone geografiche Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella, in aggiunta alla denominazione "Valtellina Superiore", è riservato al prodotto ottenuto dai vigneti situati nelle sottozone delimitate rispettivamente nel precedente art. 3.

I vini ottenuti dal coacervo di uve, mosti e vini provenienti da due o più delle predette sottozone geografiche vengono designati in etichetta soltanto con la denominazione "Valtellina Superiore".

 

E' consentita l'utilizzazione della dizione "Stagafassli" in aggiunta alla denominazione "Valtellina Superiore" limitatamente al prodotto imbottigliato nel territorio della Confederazione elvetica.

L'utilizzo di tale dizione esclude automaticamente la possibilità di indicare sia le sottozone

Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella sia la qualificazione Riserva sia ulteriori riferimenti geografici aggiuntivi.

E' in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore" è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi "extra", "fine", "scelto", "selezionato" e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Nella designazione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore" può essere utilizzata la menzione “vigna” a condizione che sia seguita dal relativo

toponimo o nome tradizionale, che la vinificazione e la conservazione del vino avvengano in recipienti separati e che tale menzione, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri e nei documenti di accompagnamento e che figuri nell’apposito elenco regionale ai sensi dell’art. 6 comma 8, del decreto legislativo n. 61/2010.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

Sulle bottiglie o contenenti i vini oggetto del presente disciplinare deve sempre figurare l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.

Le bottiglie nelle quali vengono confezionati i vini predetti devono essere di forma "bordolese" o "borgognotta" di vetro scuro e chiuse con tappo di sughero, ma comunque di capacità consentita dalle leggi vigenti, non inferiori a 0,375 e non superiore a 5 litri.

E' vietato il confezionamento e la presentazione di bottiglie che possano trarre in inganno il consumatore o che siano tali da offendere il prestigio del vino.

 

Articolo 9

 

Ai fini dell'utilizzazione della denominazione di origine controllata e garantita i vini "Valtellina Superiore", ai sensi dell'art. 15, comma 1, della DLgs 8 aprile 2010, n. 61, devono essere sottoposti nella fase di produzione ad analisi chimico-fisica e organolettica.

 

Articolo 10

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La Valtellina, che insieme alla Valchiavenna rappresenta il territorio della provincia di Sondrio, si colloca geograficamente a nord del lago di Como fra il parallelo 46 e 46,5.

Alcune particolari situazioni ambientali favoriscono il realizzarsi di condizioni climatiche idonee nalla viticoltura ed in particolare al vitigno “nebbiolo”:

1) la valle, longitudinale alla catena montuosa, è per la parte vitata orientata est-ovest e la costiera pedemontana, alla destra orografica del fiume Adda, gode di esposizione completamente a sud;

2) è protetta, a nord e ad est, dalla catena montuosa delle Alpi Retiche, con cime di elevata altitudine (tutte oltre i 3.000 metri, con vette di oltre 4.000);

3) a sud la catena delle Alpi Orobie, con cime appena più basse, la racchiude in una specie di anfiteatro;

4) la relativa vicinanza del bacino del lago di Como, a sud–ovest, funge da regolatore e mitigatore termico;

5) la viticoltura si colloca sulla costiera esposta a sud, sul versante retico, da quota 300 metri sino ad un massimo di 700 metri, con la sola eccezione di due conoidi posizionati nella parte più ampia della vallata.

Questa configurazione territoriale assicura: costante ventilazione con scarse precipitazioni con una media di 850 mm di pioggia/anno che nella parte del versante retico vitato diminuiscono risalendo la valle, periodicamente ben distribuite; considerevole luminosità, conseguente alla ottimale esposizione, e un elevato gradiente termico con temperatura diurna dell’aria durante il periodo vegetativo, aprile-ottobre, compresa fra i +5° ed i + 35°C; umidità relativa dell’aria costantemente su valori molto contenuti fra il 65% e l’80%; ulteriore sensibile aumento dei gradienti termici in vigna favorito dalla consistente massa di sassi e di rocce che caratterizzano il terrazzamento e dalla pendenza, in taluni casi superiore al 70%, che incrementa l’effetto dell’irraggiamento permettendo di concentrare l’energia solare su una superficie minore.

I muretti a secco sono stimabili in una lunghezza complessiva superiore a 2500 Km. Per questa ragione le temperature dell’aria rilevate in vigna sono costantemente maggiori di 4°/5°C, rispetto a quelle del fondo pianeggiante;

considerevole escursione termica (compresa fra 8° e fino a 20°) nel periodo immediatamente precedente il completamento della maturazione (fine settembre / primi ottobre); insolazione oltre le 1900 ore per anno; l’ubicazione del vigneto sui terrazzi di costiera è tale da impedire i danni da gelate tardive, al contrario frequenti nel fondo valle.

Il terreno del vigneto è prevalentemente sabbioso (circa 70%), limoso (circa 18%), con assenza di calcare.

Trattasi di roccia granitica sfaldata. Con rarità compare un po’ di argilla (inferiore al 10%).

E’ molto permeabile ed ha scarsissima ritenzione idrica; ne deriva una considerevole predisposizione alla siccità. I terreni sono per loro natura poco profondi: la superficie lavorabile va da i 40 a 120 cm., e non è raro vedere piante di viti che conficcano la radice direttamente nelle fessure della roccia.

2. Fattori umani rilevanti per il legame

Molto rilevanti risultano i fattori umani legati al territorio di produzione, che per tradizione hanno dato origine al vino Valtellina Superiore, anche con l'indicazione delle sottozone Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno, Valgella.

Le origini della viticoltura in Valtellina sono molto lontane nel tempo.

Lo sfruttamento agricolo del territorio e la sistemazione a terrazzamento è riconducibile in epoca romana o quantomeno longobarda, se non addirittura pre-romana in quanto i primi abitatori della valle furono i Liguri a cui

seguirono gli Etruschi, ed entrambi i popoli conoscevano la coltura della vite.

La razionalizzazione e l’intensificazione della coltivazione della vite è però da ascrivere, prima alla colonizzazione romanica e, successivamente nel medioevo (sec. X e XI), al movimento dei “magistri comacini” ed ai monaci benedettini.

Risulta documentato che già alcuni secoli prima del mille, il Monastero Sant’Ambrogio di Milano era proprietario sul versante retico valtellinese di diversi appezzamenti di vigne a coltura specializzata, il cui prodotto era destinato al consumo locale e certamente anche ai monaci del capoluogo lombardo.

Il grande impulso viticolo alla Valtellina è però conseguente alla presenza del governo svizzero da parte della Lega Grigia (oggi “Cantone Grigioni”). Per quasi tre secoli, dal 1550 al 1797, la Valtellina fu territorio grigionese e i primi commerci di esportazione di vino furono conseguenza dei rapporti economici che la Lega Grigia intratteneva con le corti del centro e nord Europa.

E’ soprattutto di quei secoli la fama dei vini della Valtellina che, anche successivamente, continuarono a viaggiare verso il nord.

Particolare interessante e caratteristico del territorio è il sistema dei terrazzamenti.

Il terrazzamento è un metodo di dissodamento degli acclivi versanti montani, espressione di una precisa cultura insediativa che si ritrova, con molte analogie, in tutte le vallate dell’arco alpino.

Attraverso la realizzazione del terrazzo fu possibile recuperare allo sfruttamento agricolo le costiere pedemontane ed insediarvi le colture necessarie alla sopravvivenza delle popolazioni locali.

Si consideri inoltre che il portare le coltivazioni sugli acclivi montani serviva anche a proteggerle dalle rappresaglie delle soldatesche barbariche che transitavano per il fondo valle, nonché ad evitare il rischio delle frequenti inondazioni causate dalle piene improvvise del fiume Adda.

Il sistema terrazzato di Valtellina si identifica con la realizzazione di una miriade di muri a secco in sasso che sostengono i ronchi vitati.

Trattasi di un’opera avviatasi alcuni millenni fa e perpetuata nel tempo attraverso il lavoro quotidiano dei viticoltori che, per tutto questo, sono degli autentici manutentori del territorio. Come già accennato, i muri sono di una entità ciclopica; stimabile in oltre 2.500 Km di sviluppo lineare, con una incidenza media/ettaro superiore ai 2.000 m2 di superficie verticale e, di conseguenza con costi di mantenimento altissimi.

Oltre a consentire la realizzazione della economia agricola, il terrazzamento diventa componente essenziale del fascino paesaggistico del territorio ed importante elemento di salvaguardia e presidio delle falde montane.

Base ampelografia dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata

Le forme di allevamento:

i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso dei vini tranquilli

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte dall’art. 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)

Le caratteristiche morfologiche del territorio, il lavoro costante dell’uomo per il mantenimento di questo territorio provano la connessione esistente tra terra e vini, dove le caratteristiche peculiari di questi ultimi vengono esaltati.

La vigna e il vino furono alle radici della cultura e della società locali e del loro sviluppo.

La coltivazione della vite e la produzione e la distribuzione del vino hanno lasciato consistenti tracce fin dai tempi remoti: già nel Duecento in provincia il vino era uno strumento ordinario di pagamento e le vigne erano considerate i beni più preziosi e appetibili.

La presenza, per circa tre secoli, di un commercio di vino di oltre 50.000 ettolitri a dorso di animale, con scambi continui tra comunità sui due versanti in un’importante area centro alpina (periodo Lega Grigia), ebbe una profondissima influenza sulla cultura locale.

 

Articolo 11

Riferimenti all’organismo di controllo

 

Controlli:

Nome e indirizzo:

Valoritalia srl

Via Piave, 24

00187 Roma

Valoritalia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25,

par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010 pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

COLLEONI

TERRE DEL COLLEONI

D.O.C.

Decreto 21 febbraio 2011

Modificato Decreto 11 giugno 2014

(fonte GURI)

 

 

 

Articolo 1

Denominazione

 

La denominazione  di  origine  controllata  "Terre  del  Colleoni"  o "Colleoni" e' riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed a i requisiti del presente disciplinare di  produzione  per  le  seguenti tipologie:

“Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Pinot  bianco;

“Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Pinot  bianco  spumante;

“Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Pinot  bianco  frizzante; 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Pinot grigio;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Pinot grigio spumante;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Pinot grigio frizzante;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Chardonnay;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Chardonnay  spumante;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Chardonnay  frizzante;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Incrocio Manzoni;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Incrocio Manzoni spumante; 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Incrocio Manzoni frizzante; 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Moscato  giallo;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Moscato  giallo frizzante;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Moscato giallo passito;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Schiava;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Schiava frizzante;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Merlot;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Merlot novello;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Merlot frizzante;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Marzemino;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Marzemino frizzante; 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Cabernet Sauvignon; 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Cabernet Sauvignon novello; 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Cabernet Sauvignon frizzante; 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Franconia;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Franconia novello; 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Franconia frizzante; 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Incrocio Terzi;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Incrocio Terzi novello;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Incrocio Terzi frizzante;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Spumante.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

[1]  I  vini  a  denominazione  di  origine  controllata  "Terre  del Colleoni" o "Colleoni" devono essere ottenuti esclusivamente mediante la vinificazione delle uve prodotte da  vigneti  situati  nella  zona indicata  nel  successivo  art.  3  e  che,   nell'ambito   aziendale presentino la seguente composizione ampelografica:

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Pinot bianco:

Pinot bianco per almeno 85%;

altri vitigni a bacca  bianca,  idonei alla coltivazione per la Regione Lombardia, fino ad  un  massimo  del 15%.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Chardonnay:

Chardonnay per almeno 85%;

altri vitigni  a  bacca  bianca,  idonei alla coltivazione per la Regione Lombardia, fino ad  un  massimo  del 15%.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Incrocio Manzoni:

Incrocio Manzoni per almeno '85%; 

altri  vitigni  a  bacca  bianca, idonei alla coltivazione per la Regione Lombardia, fino ad un massimo del 15%.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Moscato giallo:

Moscato giallo per almeno '85%;

altri vitigni a bacca bianca, idonei alla coltivazione per la Regione Lombardia, fino ad  un  massimo  del 15%.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Pinot grigio:

Pinot grigio per almeno '85%;

altri vitigni a bacca  bianca,  idonei alla coltivazione per la Regione Lombardia, fino ad  un  massimo  del 15%.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"Schiava:

Schiava nera per almeno 85%;

altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per la Regione Lombardia, fino a un massimo del 15%.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"Merlot:

Merlot per almeno 85%; 

altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per la Regione Lombardia, fino a un massimo del 15%.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"Cabernet Sauvignon:

Cabernet Sauvignon per almeno 85%;

altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per la Regione Lombardia, fino a un massimo del 15%.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"Franconia:

Franconia per almeno 85%;

altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per la Regione Lombardia, fino a un massimo del 15%.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"Incrocio Terzi :

Incrocio Terzi per almeno 85%;

altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per la Regione Lombardia, fino a un massimo del 15%.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"Marzemino:

Marzemino per almeno 85%;

altri vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per la Regione Lombardia, fino a un massimo del 15%.

 

[2] La denominazione di origine controllata "Terre  dei  Colleoni"  o "Colleoni" tipologia spumante è riservata i vini ottenuti dalle  uve dei vitigni:

Chardonnay e/o Pinot bianco e/o Pinot nero  e/o  Incrocio Manzoni e/o Pinot Grigio.

 

[3] I vini ottenuti dalle uve dei  vigneti  iscritti  allo  schedario viticolo "Terre del Colleoni" Moscato  giallo  o  "Colleoni"  Moscato giallo possono essere elaborati nella versione passito.

 

[4] La denominazione di origine controllata "Terre  dei  Colleoni"  o "Colleoni" tipologia novello èriservata i vini ottenuti  dalle  uve dei vitigni a  bacca  rossa  ad  esclusione  dei  vitigni  Schiava  e Marzemino.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

[1] La zona  di  produzione  dei  vini  a  denominazione  di  origine controllata "Terre del Colleoni" o "Colleoni" di cui  all'articolo  2 comprende l'intero territorio amministrativo dei comuni  di 

Predore, Sarnico,  Viadanica,  Adrara  S.Rocco,  Adrara  S.  Martino,  Foresto Sparso, Villongo, Gandosso, Credaro, Castelli Calepio,  Grumello  del Monte,  Chiuduno,  Carobbio   degli   Angeli,   Zandobbio,   Trescore Balneario, Luzzana, Entratico, Vigano S.  Martino,  Borgo  di  Terzo, Berzo San Fermo, Pradalunga, Cenate Sopra,  Cenate  Sotto,  S.  Paolo D'argon, Seriate, Brusaporto,  Bagnatica,  Montello,  Costa Mezzate, Bolgare, Telgate, Gorle e Pedrengo  Gorlago,  Albano  S.  Alessandro, Torre De' Roveri, Scanzorosciate,  Villa  di  Serio,  Nembro,  Alzano Lombardo, Ranica,  Torre  Boldone,  Bergamo,  Ponteranica,  Sorisole, Villa  D'Alme',  Almenno  S.  Salvatore,   Almenno   S.   Bartolomeo, Palazzago, Caprino  Bergamasco,  Cisano  Bergamasco,  Pontida,  Villa D'Adda, Calusco  D'Adda,  Terno  D'Isola,  Chignolo  D'Isola,  Bonate Sotto, Bonate Sopra, Ponte  San  Pietro,  Presezzo,  Brembate  Sopra, Mapello, Sotto il Monte Giovanni XXIII, Carvico,  Ambivere,  Barzana, Paladina, Valbrembo, Alme', Mozzo, Curno,

in provincia di Bergamo.

 

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

[1] Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati  alla produzione dei vini "Terre del  Colleoni” o "Colleoni"devono  essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

E' consentita l'irrigazione di soccorso.

[2] I sesti di impianto, le forme di  allevamento  ed  i  sistemi  di potatura debbono essere quelli generalmente usati e comunque non atti a modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

[3] Sono da considerare idonei i terreni  pedecollinari  e  collinari con buona esposizione e ben drenati  localizzati  ad  una  quota  non superiore ai 600 m s.l.m.

[4] E' esclusa ogni pratica di forzatura.

 

[5] La resa massima per ettaro ammessa e gradazione  minima  naturale delle uve atte a produrre vino DOC "Terre del Colleoni" o  "Colleoni" sono le seguenti:

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Pinot bianco: 12,00 t/ha, 9,50% vol.;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Pinot grigio: 12,00 t/ha, 9,50% vol.;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Chardonnay: 12,00 t/ha, 9,50% vol.;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Incrocio  Manzoni: 12,00 t/ha, 9,50% vol.;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Moscato giallo: 12,00 t/ha, 9,50% vol.;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Moscato  Giallo  passito: 12,00 t/ha, 9,50% vol.;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Schiava: 13,00 t/ha, 10,00% vol.;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Merlot: 13,00  t/ha, 10,00% vol.;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Marzemino: 13,00 t/ha, 10,00% vol.;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Cabernet:  13,00 t/ha, 10,00% vol.;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Franconia: 13,00 t/ha, 10,00% vol.;

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Incrocio Terzi: 13 ,00 t/ha, 10,00% vol.;

“Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Novello:  13 t/ha, 10,00% vol.;

“Terre del Colleoni" o "Colleoni" Spumante:  12,00 t/ha, 9,50% vol.;

 

[6]   Nelle   annate   con   stagione   particolarmente   favorevole, quantitativi di uva ottenuti e da destinare alla produzione dei  vini a  denominazione  di  origine  controllata  "Terre  del  Colleoni"  o "Colleoni", devono essere riportati nei limiti di cui sopra,  purché la produzione globale non superi del 20%  i  limiti  medesimi,  fermi

restando i limiti di resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi all'art. 5.

[7] "E' consentito un esubero di produzione fino al 20% di uva per ha che non può essere destinato alla produzione della  DOC  mentre  può essere destinato alla produzione di vini a IGT Bergamasca".

 

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione ed elaborazione

 

[1] Le operazioni  di  vinificazione  dei  vini  a  denominazione  di origine controllata "Terre del Colleoni" o "Colleoni"  devono  essere effettuate all'interno del territorio amministrativo della  provincia di Bergamo.

[2]  Nella  vinificazione  dei  vini  a  denominazione   di   origine controllata "Terre del Colleoni" o "Colleoni" sono  ammesse  soltanto le pratiche enologiche leali e costanti atte a conferire ai  vini  le loro peculiari caratteristiche.

 

[3] La resa massima delle uve in vino, con esclusione della tipologia moscato giallo passito, non deve essere  superiore  al  70%. 

Qualora superi detto limite, ma non oltre il 75%, l'eccedenza non ha  diritto alla denominazione di origine; oltre il 75% decade  il  diritto  alla denominazione  di  origine  controllata  "Terre   del   Colleoni"   o "Colleoni" per tutto il prodotto.

[4] I vini ottenuti dalle uve dei  vigneti  iscritti  allo  schedario viticolo "Terre del Colleoni" Moscato  giallo  o  "Colleoni"  Moscato giallo possono essere elaborati nella versione  passito,  utilizzando le uve sottoposte ad appassimento all'interno del territorio  di  cui al paragrafo 1, in ambiente naturale o condizionato

della durata  non inferiore a 45 giorni.

[5] Per la tipologia "Moscato Giallo passito" la  resa  uva/vino  non deve essere superiore al 40%. Qualora superi  detto  limite,  ma  non oltre il 45%,  l'eccedenza  non  ha  diritto  alla  denominazione  di origine; oltre il 45% decade il diritto alla denominazione di origine controllata "Terre del Colleoni" o "Colleoni" per tutto il prodotto.

[6] I vini ottenuti dai  vigneti  iscritti  allo  schedario  viticolo

"Terre del Colleoni" Franconia o  "Colleoni"  Franconia, 

"Terre del Colleoni" Merlot o "Colleoni" Merlot,

"Terre del Colleoni" Cabernet o "Colleoni" Cabernet,

"Terre del Colleoni" Incrocio Terzi o "Colleoni" Incrocio Terzi, 

possono  essere  elaborati  nella  versione  novello

all'interno del territorio della provincia di Bergamo, esclusivamente attraverso il procedimento di macerazione carbonica.

[7] Permanenza sulle fecce.

Il vino destinato  alla  tipologia  spumante  metodo  Classico,  deve subire, prima  dell'immissione  al  consumo,  un  periodo  minimo  di permanenza sulle fecce di 

quindici  mesi; 

per  il  Millesimato,  il periodo minimo è di

ventiquattro mesi.

Tale  periodo  decorre  dalla data  di  imbottigliamento  e  comunque  non  prima  del  1°  gennaio successivo alla raccolta delle uve.

 

Articolo 6

Caratteristiche dei vini al consumo

 

[1] I  vini  a  denominazione  di  origine  "Terre  del  Colleoni"  o "Colleoni" nell'atto dell'immissione al consumo devono  possedere  le seguenti caratteristiche:

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Pinot bianco:

colore: giallo paglierino;

profumo: intenso, fruttato, floreale;

sapore: secco, equilibrato, fresco;

Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l ;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Pinot Bianco Spumante:

spuma: fine e persistente;

Colore: giallo paglierino;

profumo: fruttato e floreale;

sapore: da extra brut a secco, armonico ed equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Pinot Bianco Frizzante:

spuma: vivace;

Colore: giallo paglierino;

profumo: intenso, fruttato e floreale;

sapore: secco, equilibrato e fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Pinot grigio:

colore: giallo paglierino;

profumo: intenso, sentori di frutta;

sapore:  fresco, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Pinot Grigio Spumante:

spuma: fine e persistente;

Colore: giallo paglierino;

profumo: intenso, fruttato;

sapore: da extra brut a secco, armonico ed equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Pinot Grigio Frizzante:

spuma: vivace;

Colore: giallo paglierino;

profumo: intenso, sentori di frutta;

sapore: secco, fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Chardonnay:

colore: giallo paglierino;

profumo: fruttato con sentori di mela;

sapore:  fresco, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vo .;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Chardonnay Spumante:

spuma: fine e persistente;

Colore: giallo paglierino;

profumo: intenso;

sapore: da extra brut a secco, armonico ed equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Chardonnay Frizzante:

spuma: vivace;

Colore: giallo paglierino;

profumo: fruttato con sentori di mela;

sapore: secco, fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Incrocio Manzoni:

colore: giallo paglierino con riflessi verdognoli;

profumo: intenso, talvolta di frutta esotica e floreale;

sapore:  fresco, secco, con buona acidità;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Incrocio Manzoni Spumante:

spuma: fine e persistente;

Colore: giallo paglierino;

profumo: intenso, fruttato;

sapore: da extra brut a secco, armonico ed equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Incrocio Manzoni Frizzante:

spuma: vivace;

Colore: giallo paglierino con riflessi verdognoli;

profumo: intenso, talvolta di frutta esotica e floreale;

sapore: secco, fresco con buona acidità;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Moscato giallo:

colore: giallo dorato, paglierino;

profumo: intenso, di frutta fresca, secca e passita, erbe officinali e miele;

sapore:  fresco, secco, di media acidità, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Moscato Giallo Frizzante:

spuma: vivace;

Colore: giallo paglierino dorato;

profumo: intenso, di frutta fresca, secca e passita, erbe officinali e miele;

sapore: secco, di media acidità, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Moscato giallo passito:

colore: giallo dal paglierino al dorato, riflessi dorati;

profumo: intenso, fruttato, floreale;

sapore:  corposo, dolce, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 9,00% vol.;

residuo zuccherino minimo: 50,00 g/l;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  Schiava:

colore: dal rosa tenue al cerasuolo;

profumo: delicato fruttato con note di frutta rossa;

sapore: secco, fresco e gradevole con nota amarognola;

titolo alcolometrico volumico totale minimo    11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Schiava Frizzante:

spuma: vivace;

Colore: dal rosa tenue al cerasuolo;

profumo: delicato, fruttato, con note di frutta rossa;

sapore: secco, fresco e gradevole, con nota amarognola;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Merlot:

colore: rosso rubino;

profumo: ampio e intenso bouquet fruttato;

sapore: asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Merlot Frizzante:

spuma: vivace;

Colore: rosso rubino;

profumo: ampio e intenso, bouquet fruttato;

sapore: asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Marzemino:

colore: rosso rubino

profumo: ampio e fresco bouquet fruttato;

sapore: asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Marzemino Frizzante:

spuma: vivace;

Colore: rosso rubino;

profumo: ampio e intenso, bouquet fruttato;

sapore: asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Cabernet:

colore: rosso rubino;

profumo: ampio e intenso bouquet erbaceo;

sapore: caratteristico, asciutto, armonico

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Cabernet Frizzante:

spuma: vivace;

Colore: rosso rubino;

profumo: ampio e intenso, bouquet erbaceo;

sapore: caratteristico, asciutto;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Franconia:

colore: rosso rubino;

profumo: vinoso, fruttato;

sapore: asciutto, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Franconia Frizzante:

spuma: vivace;

Colore: rosso rubino;

profumo: vinoso, fruttato;

sapore: asciutto, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" Incrocio Terzi:

colore: rosso rubino;

profumo: vinoso;

sapore: asciutto, intenso, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Terre del Colleoni” o “Colleoni” Incrocio Terzi Frizzante:

spuma: vivace;

Colore: rosso rubino;

profumo: vinoso;

sapore: asciutto, intenso e caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni" novello:

colore: rosso rubino;

profumo: vinoso, fruttato;

sapore: asciutto, armonico, fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

residuo zuccherino massimo: 10,00 g/l;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Terre del Colleoni" o "Colleoni"  spumante:

spuma: fine e resistente;

colore: giallo Paglierino;

profumo:  fruttato e floreale;

sapore: da Extra brut a secco, armonico ed equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

Estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

Articolo 7

etichettatura

 

[1] Alla denominazione di origine controllata "Terre del Colleoni"  o "Colleoni" è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione  diversa da quelle previste  nel  presente  disciplinare  di  produzione,  ivi compresi gli aggettivi extra, fine, scelto, selezionato, superiore  e similari.

[2]  E'  tuttavia  consentito  l'uso  di  indicazioni  che   facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, e marchi  privati,  purché  non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre  in  inganno il consumatore.

[3] Recipienti e Tappatura.

Per la tappatura della Tipologia Spumante, e' obbligatorio  il  tappo di sughero a fungo, con tradizionale ancoraggio a "gabbietta" .

[4] Annata.

Nell'etichettatura  del  vino  destinato  alla  tipologia   Spumante, l'indicazione dell'annata di produzione è facoltativa.  Soltanto  in presenza  dell'indicazione  dell'annata  della  vendemmia   si   può utilizzare la dicitura "Millesimato".

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica viene delimitata ad ovest dall’Isola Bergamasca, a Nord dalle Orobie ed ad est dal Lago d’Iseo e dal fiume Oglio. Comprende un territorio pedecollinare e collinare.

Le principali formazioni geologiche presenti nella zona collinare Bergamasca sono il Selcifero Lombardo, la Maiolica di Bruntino, il Sass del Luna tipico (o Pietra di Luna) e il Sass de Luna calcareo, le torbiditi sottili, le Peliti nere superiori, le Peliti rosse, Flish di Pontida, Arenaria di Sarnico, Pietra di Credaro, Flish di bergamo, Frangipan e terreni alluvionali.

La genesi delle rocce madri delle colline bergamasche avviene nel periodo Cretacico dell’era Mesozioica; dalle rocce madri anno avuto origine i terreni che sono prevalentemente di tipo eluviale sono quindi terreni rimasti sulla roccia da cui provengono ed a questa restano fortemente legati in termini di ripartizione minerale; fanno eccezione alcune zone sulle sponde dell’Oglio e nella zona di Chiuduno di tipo alluvionale.

In linea generale è possibile affermare che nell’area collinare a nord-ovest della città di Bergamo prevalgano terreni di tipo scisto-argilloso, mentre lungo la fascia collinare ad oriente fino la lago di Iseo si susseguono diverse formazioni con prevalenti caratteristiche argillo-calcaree.

L’area Bergamasca presenta tre aree climatiche principali, Collina occidentale, Collina orientale e area di Trescore Balneario (valle).

In esame vengono presi tre parametri quali la radiazione solare, la temperatura e la piovosità o precipitazione meteorica.

In relazione alle temperature e alle radiazioni solari è possibile rilevare come la costante termica in relazione alla fase fenologica della vite Le aree occidentali e quelle di valle presentano costanti termiche inferiori a quella orientale, si va quindi dai 3470 gradi dell’area occidentale e valli ai 3570 dell’area a oriente.

In merito alle precipitazioni le medie annuali si attestavano attorno ai 1100-1200 mm annui fino alla fine degli anni 90. Una riduzione significativa della piovosità si è registrata a partire dal 2003.

Gli scarti annuali rispetto alla media in relazione alle aree geografiche risultano essere contenuti , ma non irrilevanti e si aggirano tra i 200 e i 350 mm.

Fattori umani rilevanti per il legame.

La coltura della vite nel territorio Bergamasco è riferibile al periodo della colonizzazione romana, sebbene alcuni autori la collochino in epoca etrusca.

Numerosi in epoca romana sono i riferimenti al culto di Bacco, nella città di Bergamo, come templi a lui dedicati sia all’interno che nei pressi della città. In linea con le definizioni culturali romane dell’Enotria anche a Bergamo ebbero grande rilevanza i templi dedicato a Bacco e i “Baccanali”.

A dimostrazione dell’impronta della cultura romana sul territorio bergamasco il taglio dei boschi di latifoglie diffusissimi nei pressi della Città, che venne inizialmente praticato in epoca Imperiale per far posto ai vigneti.

Riferimenti relativi alla diffusione della vite in territorio bergamasco sono rintracciabili in Plinio, altre tracce sono riferibili a cenni sulle qualità del vino bergamasco fatti da Cesare in occasione del suo passaggio con le legioni in quest’area.

A partire dalla caduta dell’Impero e con le invasioni barbariche, si perdono riferimenti precisi sui patrimoni agricoli, ma sembra che la coltura della vite, come molte altre colture, sia stata momentaneamente abbandonata. Rimane quasi simbolicamente legata ai grandi borghi e alle corti.

Con l’avvento dell’epoca comunale grande interesse e fervore si agita intorno alla vite e al vino e vengono piantumati vigneti. Molti i riferimenti bibliografici sulle consistenze vitate e di come si allevi la vite in provincia di Bergamo da Pier De Crescenzi (1300) a Castelo Castelli (1398).

L’insediamento dei monaci benedettini nella zona di S. Paolo D’Argon e a Pontida, promuove poi il miglioramento delle tecniche viticole ed enologiche.

I primi cenni scritti relativi alle varietà coltivate in provincia di Bergamo sono del 1500 a cura di Agostino Gallo; costui elenca e descrive alcune varietà presenti nel bergamasco: Groppelle, Vernacce, Schiave Nere, Besgane, Valtoline, Pignole, Correre, Trebbiane.

Verso la fine del XVIII secolo Tomini Foresti segnala alcune varietà bergamasche coltivate:, ma la prima descrizione con impronta scientifica de epoca pre-filloserica per la provincia di Bergamo risulta essere quella del Prof. Tamaro in merito ai 5 vitigni principali della provincia: Marzemino, Schiava Lombarda, Groppello, Rossera, Rossolo, Pignola, Vernaccia.

Nel 1929 nel catasto agricolo sono riportati i vitigni più diffusi in collina e montagna: Schiava, berzemina, Bonarda, Negriera e Imberghem o Franconia.

Nel 1950 il Dr. Bruno Marangoni nella pubblicazione “Note di viticoltura bergamasca”rileva la presenza diffusa, oltre che dei precedenti anche di Barbera, Merlot, Negrara trentina, Raboso veronese, Sangiovese grosso, Albana.

Il Condottiero Bartolomeo Colleoni nasce a Solza, piccolo villaggio sulla sponda bergamasca dell'Adda.

In merito alla data di nascita non vi è certezza, anche se una targa bronzea rinvenuta nel suo sepolcro nel 1969 indica la data della morte all’ètà di ottant'anni. A partire da questo dato si può risalire all’anno di nascita, che dovrebbe essere il 1395.

Tuttavia in contrapposizione a questa deduzione vi è la biografia del contemporaneo Antonio Corazzano che fu commissionata dallo stesso Colleoni. In questa biografia Cornazzano indicava quale data di nascita l'anno 1400.

La famiglia è di stirpe longobarda, Colleoni è figlio di Paolo e Ricadonna Saiguini de' Valvassori di Medolago e apparteneva alla nobiltà cittadina, come indicava la sua arma araldica, che è del genere delle armi parlanti, cioè di quelle che rappresentano graficamente il cognome.

Il condottiero era talmente orgoglioso del proprio cognome da farne il temuto grido di guerra “Coglia, Coglia” cioè

“Coglioni, Coglioni” e da continuare a rappresentarli, con turgido realismo, nel suo stemma anche quando vi aggiungerà i gigli d'oro d'Andegavia ovvero d'Angiò e le fasce di Borgogna.

Dal 1168 bandita la vecchia nobiltà terriera dalla cosa pubblica, la Famiglia Colleoni sale alla ribalta della scena pubblica di Bergamo. Essa assunse grazie alle gesta di Bartolomeo, rilevanza italiana ed internazionale.

Il patrimonio immobiliare dei Colleoni si consolidò specialmente nell'Isola Bergamasca, in quella parte del territorio inclusa tra il fiume Brembo ed il fiume Adda la cui posizione strategica ne aumentava l'importanza e la funzione politica.

Partendo da questo territorio il padre di Bartolomeo, Paolo con alcuni parenti, occupò in maniera fortunosa il castello di Trezzo sull'Adda, impadronendosene nel 1404 e facendone una base per scorrerie nei territori circostanti. Questo territorio costituì, di fatto, un piccolo stato indipendente che fronteggiò per parecchi anni e con fortuna i Signori di Milano e la nuova signoria di Pandolfo Malatesta.

Due erano i rami colleoneschi che reggevano Trezzo e fra essi assunsero la preminenza i cugini Giovanni, figlio di Guardinus de' Collionibus e Paolo figlio di Guidotus de' Collionibus.

La conquista del castello di Trezzo segnò l'infanzia di Bartolomeo. Sembra infatti che il padre Paolo fosse ucciso dai suoi cugini. Mentre la madre viene segregata nei suoi appartamenti, i cugini non infieriscono sul piccolo Bartolomeo che rimane invece libero.

Dopo aver ricevuto una discreta istruzione Bartolomeo, ancora molto giovane, decide di intraprendere la carriera delle armi.

Entra nel 1424, al servizio del condottiero Jacopo Caldora. Con il Caldora entrò nella corte di Giovanna II di Napoli; partecipò alla battaglia dell'Aquila, 1424, contro Braccio da Montone, che venne sconfitto e rimase ucciso. Si distinse nell'assedio di Bologna, 1425, sotto le insegne del Caldora, per il Papa.

La fama delle imprese del Colleoni raggiunge la Repubblica di Venezia che, sempre alla ricerca di abili soldati che sappiano controbattere quelli dei Visconti, lo ingaggia.

Gli viene quindi affidata una condotta di 40 cavalli sotto il comando generale del conte di Carmagnola.

Quest’ultimo è sospettato dalla Serenissima di tradimento, i sospetti di tradimento divennero certezza quando il Carmagnola intervenne tardivamente nell'attacco a Cremona, vanificando gli sforzi del Colleoni e determinando, così, il fallimento dell'attacco stesso: «egli arrivò tardi perché tardi volle arrivare» (Battistella A., Il Conte di Carmagnola) Il Conte è giustiziato dopo il fallito tentativo di prendere Cremona, durante il quale Bartolomeo ha invece avuto una comportamento esemplare e riceve una condotta di centoventi cavalli, il comando di altri ottanta soldati a cavallo e

il feudo di Bottanuco.

I suoi meriti militari erano indiscussi ma non riconosciuti come avrebbe voluto: nel crescendo degli incarichi che gli vennero affidati non riuscì ad ottenere dal Senato veneziano quello di capitano generale, che venne affidato a Gian Francesco Gonzaga.

La pace di Ferrara del 1433 consente al Colleoni un certo periodo di riposo di cui egli approfitta per prendere in moglie Tisbe dei Martinengo della Mottella, appartenente ad una delle famiglie più importanti della nobiltà bresciana, figlia di un comandante dell'esercito veneto.

Il matrimonio, che comportava un'alleanza tra le due famiglie, fu di grande rilevanza perché lo proiettò in un ambito sociale, militare e geografico più ampio ed elevato: i Martinengo costituivano, infatti, un consorzio parentale particolarmente ricco e potente sia politicamente che militarmente, con grandi possedimenti a Brescia ed in Valcamonica. Si ampliava così la sua sfera d'influenza e di interessi, oltre che il prestigio e la rete di relazioni sociomilitari.

Nel 1438 difese validamente la sua Bergamo dall'attacco di Niccolò Piccinino, capitano generale di Filippo Maria Visconti, mentre il suo comandante Gonzaga si ritirava oltre l'Oglio lasciando campo libero al Visconteo.

La ritirata del Gonzaga non si svolse in maniera tranquilla ma assunse il carattere di una rotta. Frattanto il Consiglio dei Dieci nomina Capitano Generale delle milizie veneziane Francesco Sforza, che subentra al Gattamelata che aveva a sua volta sostituito Gian Francesco Gonzaga.

Ripreso il vicentino, Francesco marcia in soccorso di Verona.

L’azione coordinata del Colleoni e dello Sforza obbligano il Piccinino a ritirarsi.

Questa impresa procura a Bartolomeo il comando di una condotta di 800 cavalli. Egli è ora uno dei più importanti e apprezzati condottieri dell’esercito veneziano.

Successivamente nel 1440, una battaglia navale sul lago di Garda consente di riconquistare Riva del Garda e sottrarre Brescia e Bergamo al dominio visconteo.

Nella battaglia di Soncino Francesco Sforza infligge un’altra dura sconfitta ai milanesi condotti da Talian Furlano.

La guerra, si conclude con la pace di Corvara. Francesco Sforza, che stima molto il Colleoni, lo ricompensa dei suoi preziosi servigi facendogli donare i castelli di Romano, Antenate e Covo nel bergamasco.

Alla scadenza della condotta con Venezia il Colleoni passò al servizio del Visconti che gli offrì un castello a Milano, il comando di 1.500 lance e donò a sua moglie Tisbe il Castello di Adorno assieme a numerosi gioielli.

Il servizio presso il Visconti, tuttavia, fu travagliato per i suoi rapporti tumultuosi col Piccinino, di cui era il vice: venne accusato di connivenza con il nemico ed imprigionato per un anno ai Forni di Monza.

Fuggì dal carcere dopo la morte del Visconti, avvenuta nel 1447, passando alla neonata Repubblica Ambrosiana chiamato da Francesco Sforza, al momento Capitano Generale della Repubblica stessa.

In questo periodo, 1447/49, Bartolomeo Colleoni compì diverse importantissime azioni militari con le truppe francesi del duca di Orléans.

Il 15 giugno 1448 passò nuovamente al servizio di Venezia, firmando una condotta di 500 lance e 400 fanti.

In questo periodo si coprì di gloria, ammassando al contempo una enorme ricchezza, ma per gli intrighi di Gentile da Leonessa dovette fuggire per evitare l'arresto ordinato dal Doge e riparare presso Francesco Sforza, ormai diventato signore di Milano, rimanendovi al servizio.

Il 15 febbraio 1453, con una lettera, annunciò allo Sforza le proprie dimissioni allo scadere del contratto ed il 12 aprile firmò una nuova condotta con Venezia con cui i rapporti, tenuti tramite la moglie, non si erano del tutto interrotti.

Questo ritorno a Venezia fece gridare i milanesi, e non senza ragione, al tradimento.

Non si trattò del solito contratto contabile-burocratico normalmente stipulato, ma di un atto dal valore politico per la grande libertà d'azione attribuitagli, per l'importanza delle somme pattuite, 100.000 ducati, e per il prestigio riconosciutogli con la promessa di Como, Lodi e della Gera d'Adda, qualora fossero state conquistate, oltre alla promessa del comando generale non appena libero.

A partire dalla pace di Lodi del 1454, il Colleoni sarà legato a Venezia fino alla morte.

Il 1467 poteva essere l'anno giusto per la grande impresa che il Colleoni da sempre sperava, perché, in un periodo di crisi dell'equilibrio raggiunto con la pace di Lodi, Venezia tentò di assicurarsi il predomino dell’Italia settentrionale favorendo una repubblica di Firenze e rompendo così l'asse Milano-Firenze.

La conseguenza fu che i Medici si trovarono alleati con il nuovo duca di Milano Galeazzo Sforza e Ferdinando re di Napoli, mentre il Colleoni rimase solo a combattere su più fronti.

Ottenne alcune vittorie fino alla battaglia della Riccardina o, come ricordato da altri, della Molinella del 25 luglio 1467. Questa battaglia che non ebbe vinti né vincitori fu importante perché Colleoni vi usò delle artiglierie, suscitando grande scandalo in quanto le armi da fuoco erano considerate contrarie alla morale e alla deontologia militare e gli valsero la taccia di barbaro e maligno.

La sopravvenuta pace, dichiarata da papa Paolo II l'anno successivo, seppellì quella che poteva essere la gloriosa impresa tanto sognata.

Renato d'Angiò nel 1467 con privilegio in data 14 maggio gli concesse di aggiungere al proprio il patronimico d'Angiò, ovvero d'Andegavia, aggiungendo così nel suo stemma i Gigli Angioini d'oro in campo azzurro con sotto i consueti testicoli colleoneschi. Di questo nuovo stemma il Colleoni era molto orgoglioso tanto da utilizzarlo ogni volta che se ne presentava l'occasione.

Nel 1472 si presentò al Colleoni quella che fu la sua ultima opportunità per compiere la gloriosa impresa, ai danni dell'odiato Galeazzo Maria.

Carlo il Temerario, Duca di Borgogna, scese in Italia con mire sul Ducato di Milano richiese i servizi del condottiero nella guerra contro Luigi XI. Il Colleoni, ormai d'Andegavia, firmò con il Borgognone una condotta ricchissima oltre che prestigiosa, che prevedeva l'assegnazione di 150.000 ducati l'anno, il comando di 1000 lance e 1500 fanti oltre al privilegio, concessogli nel 1473, di aggiungere al proprio stemma le Fasce di Borgogna.Anche questa occasione finì nel nulla, agli inizi del 1474 l'avventura di Carlo il Temerario era di fatto svanita prima di iniziare.

Il 15 maggio 1475 restituì alla Serenissima il bastone del comando ed iniziò a smobilitare le sue truppe.

Venezia, consapevole della ormai prossima fine del proprio condottiero, respinse le sue dimissioni e gli affiancò tre provveditori con funzioni di controllo ed amministrative, tenuto conto che Bartolomeo le avrebbe lasciato in eredità la maggior parte del suo patrimonio: diverse proprietà immobiliari ed una somma in contanti di oltre 300.000 ducati, una somma enorme tanto da potere rinsanguare le casse esauste della Repubblica.

Nel testamento vi era un legato a carico di Venezia: l'elevazione di un monumento in suo onore nella piazza San Marco, ma come sappiamo Venezia, onorò parzialmente questo legato.

Bartolomeo Colleoni d'Andegavia morì nel suo Castello di Malpaga il 2 novembre 1475.

Ancora oggi esiste una frazione del Comune di Chignolo d’Isola porta ancora il suo nome.

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura:

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini “Terre del Colleoni o “Colleoni”devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura debbono essere quelli tradizionalmente usati e comunque non atti a modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

Nella vinificazione dei vini a denominazione di origine controllata “Terre del Colleoni” o “Colleoni” sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico

I vini a DOC “Terre del Colleoni” o “Colleoni”, in virtù delle differenti tipologie di prodotto e dei differenti vitigni che li compongono, presentano al consumo, caratteristiche organolettiche specifiche descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

 

C) descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).

Le caratteristiche del terreno, il clima e le tradizionali pratiche agronomiche ed enologiche del territorio bergamasco conferiscono ai vini delle peculiarità particolari. caratteristiche qualitative ed organolettiche delle tipologie di prodotti a DOC attribuibili all’ambiente geografico, comprensivo dei fattori umani, hanno inciso sull’intero processo di produzione. Le tipologie di vino dal punto di vista analitico ed organolettico presentano delle caratteristiche intrinseche dei vitigni da cui sono costituite, derivate dall'ambiente e dal clima nel quale essi vengono coltivati.

I rossi vanno dal caratteristico rosa tenue - cerasuolo della Schiava al rosso rubino dei vitigni come Merlot, Cabernet, Marzemino, Franconia ed Incrocio Terzi. Per i bianchi invece si passa dal giallo paglierino al giallo con riflessi verdognoli tipico dell'Incrocio Manzoni 6.0.13 fino al giallo dorato del Moscato giallo. Bouquet fruttati e floreali.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Valoritalia S.r.l.

via Piave, 24 - 00187 Roma

telefono: 0445 313088

fax: 0445 313080

e-mail: info@valoritalia.it

 

Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

VALCALEPIO

D.O.C.

Decreto 17 aprile 2002

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 12 luglio 2013

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata “Valcalepio”, è riservata ai vini:

Rosso

Bianco

Moscato passito

che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La denominazione di origine controllata “Valcalepio” è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

“Valcalepio” rosso:

Cabernet Sauvignon dal 25 al 60%

Merlot dal 40 al 75%

 

“Valcalepio” bianco:

Pinot bianco e/o Chardonnay, congiuntamente dal 55 all’80%

Pinot grigio dal 20 al 45%

 

“Valcalepio” Moscato passito

Moscato di Scanzo e/o Moscato al 100%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

Le uve destinate alla produzione dei vini a DOC “Valcalepio” devono essere prodotte nell’intero della zona così delimitata:

partendo dalla foce del Torrente Rino sul Lago d’Iseo, in comune di Predore, la linea di delimitazione risale il torrente stesso sino ad incontrare la mulattiera per I Vasti, che segue in direzione ovest, sino alla valle Duago, toccando successivamente le quote 340, 504 e 501. Prosegue quindi per il sentiero a mezzacosta, sino ad incontrare il confine amministrativo dei comuni di Sarnico e Predore.

Prosegue su detto sentiero sino alla Valle della Canola e poi, dopo aver risalito per breve tratto la valle stessa sino alla curva di livello di quota 225, segue la curva stessa sino ad incontrare il sentiero per La Forcella in vicinanza del villaggio Holiday.

Da questo punto la linea di delimitazione segue il sentiero per La Forcella sino a quota 398, indi si identifica con la carreggiabile comunale che, superando il confine amministrativo tra i comuni di Sarnico e Viadanica, raggiunge quota 360.

Da questo punto prosegue in direzione nord, sino alla Valle Maggiore a quota 333.

Piega quindi in direzione sud – est seguendo la carreggiabile per le frazioni Scotti, Riva, Case Rasetti e prosegue quindi fino ad incontrare il Torrente Guerna in prossimità di quota 308, risale poi il corso del Torrente Guerna e passando dalle località Ambrogi, Forno e Dumengoni raggiunge la località Segrone Basso.

Da questo punto segue il sentiero in direzione ovest sino ad incontrare a quota 500 il tornante della strada per i Colli di San Fermo, strada che segue in direzione sud – ovest sino a quota 548, indi segue la carrareccia che, passando per quota 576, località Costa e quota 604, raggiunge Rio Valle Fienile Biboli.

Da questo punto la linea di delimitazione segue la mulattiera in direzione Mascherpigna, fino al Col Croce, a quota 669, incontra il confine amministrativo tra i comuni di Foresto Sparso e Berzo San Fermo.

Segue detto confine sino a Campo Alto, indi prosegue lungo il confine amministrativo tra i comuni di Entratico e Berzo San Fermo e poi tra Entratico e Borgo di Terzo sino al Fiume Cherio.

Discende lungo detto fiume sino alla confluenza con il Torrente Bragazzo.

Risale tale torrente sino alla frazione Costa ed imbocca quindi il sentiero a mezzacosta sopra Redonina, che attraversando il confine amministrativo tra i comuni di Luzzana e Trescore Balneario prosegue fino alla Madonna del Mirabile passando per quota 482 e la sorgente La Piazzola a quota 412.

Dalla Madonna del Mirabile la linea di delimitazione segue la curva di livello a quota 400 sino alla Val di Carpan, prosegue in direzione ovest sul sentiero per Sant’Ambrogio e, oltrepassando il confine amministrativo tra il comune di Trescore Balneario e quello di Cenate Sopra, si congiunge con la carrareccia per Cascina Zagni.

Da qui segue in direzione nord il sentiero che raggiunge la sorgente Cop, indi per quota 620, quota 508, località Plasso e Foppa arriva al fondovalle della val Calchera.

Prosegue quindi per il sentiero che, passando per la località Locanda, quota 398 e 454, raggiunge Ca’ Pessina (quota 537).

Da qui percorre il sentiero che, passando per Pian Bianchet, quota 583 e quota 686, attraversa il confine amministrativo tra i comuni di Cenate Sopra e Scanzorosciate e raggiunge quota 502.

Da questo punto imbocca in direzione ovest la mulattiera esistente, che percorre attraversando il confine amministrativo tra i comuni di Scanzorosciate e Nembro sino a raggiungere quota 633.

Imbocca in direzione nord – ovest il sentiero sino al ponte sul Fiume Serio che segue per tutto il tratto che si identifica con il confine amministrativo tra i comuni di Nembro e Villa al Serio fino ad incontrare il confine amministrativo tra i comuni di Nembro ed Alzano Lombardo.

Confine che segue in direzione nord sino a quota 378, indi in direzione ovest sino a quota 698, indi in direzione sud fino ad incontrare la Cascina Frontale.

Da questo punto la linea di delimitazione segue la carreggiabile Alzano – Lonno in direzione Mottarello e quindi la strada per Brumano, che segue in direzione nord, fino a quota 559.

Segue quindi la mulattiera che, partendo da quota 559, attraversa la Valle del Nese ed arriva a quota 551.

Segue quindi la strada rotabile di nuova costruzione per il Monte di Nese fino al bivio per Olera.

Da qui prosegue, fino alla località Stocchi, sulla rotabile Olera – Busa.

In prossimità della località Stocchi devia lungo il confine amministrativo tra Ponteranica e Alzano Lombardo e prosegue lungo il confine tra Ponteranica e Ranica e quindi lungo il confine tra Ponteranica e Torre Boldone, fino a quota 657, dove imbocca la carreggiabile che porta a Ca’ della Maresana.

Da questa località segue la mulattiera che, passando per le quote 486 e 437 raggiunge il Torrente Morla.

Risale detto torrente sino in prossimità di quota 558 (Buso della Porta), prosegue lungo il sentiero esistente sino al Castello della Moretta, ove prosegue in direzione nord – est sulla carrareccia per Ca’ del Latte.

Segue quindi il tracciato che, passando per Roccolo ed attraversando il confine tra Ponteranica e Sorisole a quota 760, raggiunge successivamente quota 644, località Comunelli Catene Val di Bareden e poi prosegue lungo la strada della valle fino a via Botta a quota 524.

Da quota 524 la linea di delimitazione prosegue lungo il sentiero che, passando per Monti della Calchera, raggiunge la carrareccia di Colle Barbino, che segue fino a quota 432.

Da questa quota segue per breve tratto la curva di livello a quota 432 sino al confine amministrativo tra i comuni di Sorisole e Villa d’Almé, ove incontra e segue il sentiero che, passando per le località Foresto Secondo, Piazzola e Cascina Belvedere arriva a Bruntino Alto.

Da qui segue il tracciato che raggiunge a quota 368 l’acquedotto di Algua.

Si identifica con detto acquedotto fino alla località Ventolosa, ove imbocca per breve tratto la strada di Valle Brembana fino al bivio per Valle Imagna.

Prosegue per detta strada fino ad incontrare il Fiume Brembo ed il confine amministrativo tra Almenno San Salvatore e Villa d’Almé.

Segue detto confine risalendo il Fiume Brembo sino alla confluenza con il Torrente Imagna, ove incontra il confine tra Almenno San Salvatore ed Ubiale Clanezzo, confine che segue fino ad incontrare quello tra Strozza ed Ubiale Clanezzo.

Prosegue quindi lungo il confine amministrativo tra Strozza ed Almenno San Salvatore fino ad incontrare e seguire la mulattiera esistente per Ca’ Madonnina, attraversa il confine tra Almenno San Salvatore ed Almenno San Bartolomeo e passa successivamente per le località Ca’ Puricchio, Albelasco,

Cageroli e Camutaglio sino ad incontrare il confine amministrativo tra Almenno San Bartolomeo e Palazzago.

Prosegue quindi su detto confine in direzione sud fino al ponte sul Torrente Borgogna, risale il torrente stesso sino al ponte a valle della parrocchiale di Palazzago sulla strada per la frazione Brocchione, indi il tratto del torrente stesso a monte, sino alla mulattiera che a ponente del Monte Brocchione raggiunge il sentiero dalla frazione omonima al Monte Valmora.

Segue il sentiero suddetto sino al confine amministrativo tra i comuni di Palazzago e Pontida, indi il confine tra i suddetti comuni sino al confine con il comune di Caprino Bergamasco.

Da qui segue il confine fra il suddetto comune e Pontida sino alla strada statale Bergamo – Lecco, indi la suddetta strada verso est sino al Monastero di Pontida, poi la strada che dal monastero porta alla frazione Canto e poi la mulattiera da detta frazione verso la Cascina Porcile sino al confine amministrativo tra Pontida e Sotto il Monte Giovanni XXIII e poi detto confine sino a quello di Carvico.

Segue poi il confine tra Carvico e Pontida sino al confine amministrativo di Villa d’Adda, indi il confine tra Villa d’Adda e Pontida sino alla strada Odiago – Villa d’Adda.

Segue detta strada sino a Villa d’Adda – Carvico – Brusicco – Gerole Catolari e poi il sentiero che da detta strada porta sino alla frazione Piana.

Successivamente segue la strada da tale frazione a Camaitone sino alla strada Villa Gromo – Camozzaglio e poi tale strada sino alla deviazione per la Ca’ Rossa.

Indi devia per la Ca’ Rossa e poi per il sentiero e la carrareccia sino a Mapello.

Segue poi la strada Mapello – Ambivere sino al confine con il comune di Palazzago, indi il confine tra

Palazzago e Ambivere sino alla strada Val San Martino.

La linea di delimitazione prosegue poi sulla strada per Brughiera e Gromlongo sino alla deviazione per

la località Baracche.

Quindi devia per detta località e segue la strada per San Sosimo – Barzana – Palazzago sino al confine

tra Palazzago e Barzana.

Segue detto confine sino al confine con il comune di Almenno San Bartolomeo e poi lungo il Torrente Lesina sino alla strada comunale Barzana – Almenno San Bartolomeo.

Segue detta strada sino alla località Quadrivio e da detta località la carrareccia che, passando a valle del cimitero di Almenno San Bartolomeo, raggiunge il Torrente Tornago, che segue sino ad incontrare il Fiume Brembo.

Prosegue quindi lungo il confine amministrativo dei comuni di Almé e Paladina, sino ad incontrare il Torrente Guisa a quota 281.

Da qui prosegue lungo la strada che attraversando Sombreno e passando per quote 277 e 275 e Cascina Merleta, arriva a Cascina Morlani in prossimità di quota 287.

Da qui segue in direzione ovest il confine amministrativo tra i comuni di Valbrembo e Mozzo sino a quota 257.

Da questo punto prosegue in direzione sud lungo la strada, che passando per quota 254, attraversando il centro di Mozzo e passando per quota 251, arriva alla ferrovia Bergamo – Ponte San Pietro.

Prosegue in direzione ovest lungo detta ferrovia sino alla stazione di Bergamo a quota 248.

Prosegue quindi in direzione nord – est lungo la sede ferroviaria in disarmo (segnata con lineette nere) della ferrovia Valle Seriana che, passando per quote 261, 269 e 278 raggiunge il confine amministrativo tra i comuni di Torre Boldone e Ranica.

Da qui prosegue lungo detto confine fino ad incontrare la Roggia Guidana da dove prosegue lungo il confine tra i comuni di Ranica e Gorle sino ad incontrare il Fiume Serio.

Prosegue quindi in direzione nord – est lungo la nuova strada per Scanzorosciate, sino ad incontrare la Roggia Borgogna, che segue in direzione sud – est passando per quote 247 e 250.

Raggiunge la strada di circonvallazione sino alla strada statale n. 42 del Tonale e della Mendola.

Da questo punto la linea di delimitazione segue la strada statale n. 42 in direzione ovest sino ad incontrare il confine amministrativo tra i comuni di Albano Sant’Alessandro e Pedrengo.

Segue quindi per breve tratto detto confine in direzione sud, sino ad incontrare la ferrovia Bergamo – Brescia, prosegue lungo detta ferrovia in direzione ovest sino ad incontrare la strada di Comonte.

Da questo punto la linea di delimitazione prosegue lungo la suddetta strada in direzione sud passando per quota 246 e località Comonte.

Arriva ad incontrare la strada per Brusaporto e Bagnatica all’altezza del km. 7,000

Prosegue in direzione sud – est lungo detta strada passando per quota 232, Brusaporto, quota 223 e Bagnatica sino ad incontrare a quota 217 la strada per Montello. Prosegue in direzione nord – est lungo la strada per Montello e, passando per quota 222, arriva ad incrociare la ferrovia Bergamo – Brescia.

Segue detta ferrovia in direzione sud – est passando per quota 228 e 227 sino ad incontrare il Fiume Cherio (quota 226).

Prosegue in direzione sud lungo il Fiume Cherio fino ad incontrare l’autostrada Bergamo – Brescia.

Prosegue quindi lungo detta autostrada in direzione sud – est fino ad incontrare la ferrovia Bergamo – Brescia all’altezza di quota 201.

Da qui la linea di delimitazione prosegue in direzione sud – est lungo la linea ferroviaria Bergamo – Brescia sino ad incontrare il confine tra le province di Bergamo e di Brescia.

Da questo punto prosegue in direzione nord lungo il suddetto confine sino al ponte sul Fiume Oglio nel comune di Sarnico in prossimità di quota 188.

Da qui segue in direzione est la riva bergamasca del Lago di Iseo, sino ad arrivare alla foce del Torrente Rino in comune di Predore da dove la delimitazione ha avuto inizio.

 

Dall’area sopra citata sono escluse le seguenti due zone:

 

1) dal cimitero di Palazzago si segue la strada per la frazione Brocchione proseguendo sino al ponte da cui si diparte la mulattiera per il Monte Picco che si percorre sino a detto monte, si imbocca quindi il sentiero sino alla Cascina Posvolta, quindi la mulattiera sino alla frazione Montebello, il tratto verso valle del Torrente Borgogna sino al confine tra Barzana e Palazzago che si segue sino a quello con Almenno San Bartolomeo, poi a monte si segue il Torrente Lesina sino alla frazione Carosso ed al cimitero di Palazzago.

 

2) Dal confine tra i comuni di Mapello e Ambivere si segue la strada che collega i due detti centri abitati sino al confine tra Ambivere e Palazzago, quindi il confine di detti comuni fino alla località Baracchino, indi la strada per Brughiera – Gromlongo – Cerchiera e quella della Valle San Martino sino al Monastero di Pontida; si imbocca la strada per la frazione Canto sino a quota 357, poi il sentiero e la carrareccia sulla dorsale tra la Valle San Martino e la Val di Gerra sino alla strada per la frazione Canto; successivamente si percorre la strada medesima sino a detta frazione e poi la mulattiera dalla frazione Canto verso Cascina Porcile, poi si segue il confine amministrativo tra i comuni di Pontida e Sotto il Monte Giovanni XXIII prima e tra quello di Mapello e Ambivere poi sino alla strada Mapello – Ambivere.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a DOC “Valcalepio” devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini derivati le loro specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto considerati idonei i terreni pedecollinari e collinari di buona esposizione, di natura preminentemente silicio – argillosa.

Sono esclusi i terreni esposti a nord, i fondo valle, quelli umidi, nonché quelli a quote superiori ai 500 metri s.l.m. per le uve di Merlot e di Cabernet Sauvignon ed ai metri 600 s.l.m. per le uve Chardonnay, Pinot bianco e Pinot grigio.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati e, specie per i nuovi impianti, quelli suggeriti dagli organi tecnici competenti o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

E’ vietata ogni pratica di forzatura.

La resa massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata non deve essere superiore a:

 

“Valcalepio” bianco: 9,00 t/ha;

“Valcalepio” rosso: 10,00 t/ha;

“Valcalepio” Moscato passito: 6,50 t/ha.

A detti limiti, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve, purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi.

La Regione Lombardia, con proprio decreto, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le organizzazioni di categoria interessate, ogni anno prima della vendemmia può, in relazione all'andamento climatico ed alle altre condizioni di coltivazione, stabilire un limite massimo di produzione inferiore a quello fissato, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di:

“Valcalepio” bianco: 11,00% vol.;

“Valcalepio” rosso: 11,00% vol.;

“Valcalepio” rosso riserva: 12,00% vol.

 

Le uve destinate alla vinificazione delle tipologie:

Moscato passito devono assicurare, prima dell’appassimento, un titolo alcolometrico volumico naturale minimo, rispettivamente di:

“Valcalepio” Moscato passito: 11,50% vol.

Ai fini della vinificazione le stesse uve devono essere sottoposte ad appassimento sulla pianta o dopo la raccolta, con sistemi tradizionali in ambienti adatti.

Il periodo di appassimento delle uve non può essere inferiore a: 21 giorni e comunque, anche oltre tale limite, il periodo deve essere protratto sino ad assicurare al vino

un titolo alcolometrico volumico totale minimo di: 17,00% vol.

Ai fini della vinificazione della tipologia del vino a DOC “Valcalepio” Moscato passito integrato con il nome di uno dei comuni di cui al successivo art. 7, comma 7, le relative uve devono essere oggetto di specifica denuncia annuale e sui relativi registri di cantina deve essere espressamente indicata la destinazione delle uve medesime.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione ed invecchiamento obbligatorio devono essere effettuate nel territorio amministrativo dei comuni anche se solo parzialmente compresi nella zona di produzione delle uve delimitata nel precedente art.3.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche tradizionali, leali e costanti, o

comunque atte a conferire ali vini le loro peculiari caratteristiche.

La resa massima delle uve in vino finito non deve essere superiore al:

 

“Valcalepio” rosso: 70%;

“Valcalepio” bianco: 70%;

“Valcalepio” Moscato passito: 40%.

Il vino a DOC “Valcalepio” rosso prima dell’immissione al consumo deve subire un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno:

1 anno

di cui almeno tre mesi in botti di legno

a decorrere dal 1° novembre dell’anno di produzione delle uve.

Il vino a DOC “Valcalepio” rosso sottoposto ad un invecchiamento minimo di:

3 anni

di cui almeno 1 in botti di rovere

a partire dal 1° novembre dell’anno di produzione delle uve

può portare in etichetta la menzione “riserva”.

Il vino a DOC “Valcalepio” Moscato passito non possono essere immessi al consumo prima del:

12 maggio del secondo anno successivo a quello di produzione delle uve.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a DOC “Valcalepio”, all’atto dell’immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Valcalepio” rosso:

colore: rosso rubino più o meno carico;

profumo: intenso, gradevole, caratteristico;

sapore: asciutto, pieno, armonico, persistente;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

“Valcalepio” rosso riserva:

colore: rosso rubino più o meno carico, tendente al granata;

profumo: etereo, intenso, caratteristico;

sapore: asciutto, di corpo, vellutato, armonico, persistente;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

“Valcalepio” bianco:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato, caratteristico;

sapore: secco, armonico, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“Valcalepio” Moscato passito:

colore: rosso rubino più o meno carico che può tendere al cerasuolo con riflessi granata;

profumo: delicato, aromatico, intenso, caratteristico;

sapore: dolce, gradevole, armonico, con leggero retrogusto di mandorla;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 17,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 15,00% vol.;

residuo zuccherino minimo: 30,00 g/l;

residuo zuccherino massimo: 80,00 g/l;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

E’ facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Nella designazione e presentazione dei vini a DOC “Valcalepio” è vietata qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi:

extra, fine, scelto, superiore, selezionato e similari.

E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell’imbottigliatore quali: viticoltore, fattoria, tenuta, cascina, podere ed altri termini similari sono consentite inosservanza delle disposizioni comunitarie e nazionali in materia.

Per indicare il vino a DOC “ValcalepioMoscato passito dovrà essere utilizzata in etichetta esclusivamente la dizione “Moscato passito”.

La DOC “Valcalepio” Moscato passito può essere integrata dai nomi dei seguenti comuni:

Gandosso,

Grumello del Monte,

Cenate Sotto,

Torre de’ Roveri,

Albano Sant’Alessandro,

Carobbio degli Angeli.

Solo per indicare i vini della stessa tipologia ottenuti con uve ivi prodotte.

Nella designazione e presentazione dei vini a DOC “Valcalepio” deve sempre figurare l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I contenitori di capacità non superiore a litri 5,000 contenenti i vini a DOC “Valcalepio” di cui al presente disciplinare di produzione debbono essere, per quanto riguarda l’abbigliamento, consoni ai tradizionali caratteri dei vini di pregio, pertanto, dovranno essere di vetro, chiusi con tappo di sughero e le bottiglie dovranno essere di tipo bordolese o borgognona per il vino rosso e di tipo bordolese o renana per il vino bianco.

Tali disposizioni non si applicano, tuttavia, per capacità non superiori ai 0,250 litri.

Per il tipo Moscato passito sono obbligatorie bottiglie di vetro scuro di capacità non superiore ai 0,750 litri.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica viene delimitata a nord dalle Orobie, ad est dal lago d’Iseo ed a ovest dal monte Canto e comprende un territorio collinare.

Le principali formazioni geologiche presenti nella zona collinare Bergamasca sono il Selcifero Lombardo, la Maiolica di Bruntino, il Sass del Luna tipico (o Pietra di Luna) e il Sass de Luna calcareo, le torbiditi sottili, le Peliti nere superiori, le Peliti rosse, Flish di Pontida, Arenaria di Sarnico, Pietra di Credaro, Flish di bergamo, Frangipan e terreni alluvionali.

La genesi delle rocce madri delle colline bergamasche avviene nel periodo Cretacico dell’era Mesozioica; dalle rocce madri anno avuto origine i terreni che sono prevalentemente di tipo eluviale sono quindi terreni rimasti sulla roccia da cui provengono ed a questa restano fortemente legati in termini di ripartizione minerale; fanno eccezione alcune zone sulle sponde dell’Oglio e nella zona di Chiuduno di tipo alluvionale.

In linea generale è possibile affermare che nell’area collinare a nord-ovest della città di Bergamo prevalgano terreni di tipo scisto-argilloso, mentre lungo la fascia collinare ad oriente fino la lago di Iseo si susseguono diverse formazioni con prevalenti caratteristiche argillo-calcaree.

L’area Bergamasca presenta tre aree climatiche principali, Collina occidentale, Collina orientale e area di Trescore Balneario (valle).

In esame vengono presi tre parametri quali la radiazione solare, la temperatura e la piovosità o precipitazione meteorica.

In relazione alle temperature e alle radiazioni solari è possibile rilevare come la costante termica in relazione alla fase fenologica della vite Le aree occidentali e quelle di valle presentano costanti termiche inferiori a quella orientale, si va quindi dai 3470 gradi dell’area occidentale e valli ai 3570 dell’area a oriente.

In merito alle precipitazioni le medie annuali si attestavano attorno ai 1100-1200 mm annui fino alla fine degli anni 90. Una riduzione significativa della piovosità si è registrata a partire dal 2003.

Gli scarti annuali rispetto alla media in relazione alle aree geografiche risultano essere contenuti , ma non irrilevanti e si aggirano tra i 200 e i 350 mm.

Fattori umani rilevanti per il legame.

La Valle Calepio ‘Giace in Orobia una valletta amena, ove il respiro del Sebino aleggia; dell’Oglio ondoso la recente vena il sen ne lambe, rapida serpeggia e qual fanciullo, cui pietosa cura strappò al buio di lunga prigioni,a esulta e fugge via per la pianura del lago la claustral malinconia.

Su pei clivi sorridono i vigneti, e in alto sorge, tra suberba e mesta, di cerri e querce e d’orgogliosi abeti la corona feudal della foresta. […]’ Ondei, D., 1924

Riportiamo a seguito alcune citazioni di testi antichi :

‘Bergamo, dal punto di vista agricolo, era una città produttrice di vino.

Quasi quattro quinti delle superfici trattate fino alla fine del XI secolo erano vigneti. […]

Anche nei dintorni immediati della città, nel suburbium, c’erano più vigneti che nella media: quasi un terzo della campagna serviva alla produzione del vino.’ Janut, J., Bergamo 568-1098

Dallo stesso testo si evince la maggior quotazione dei terreni coltivati a vite (vinea) rispetto a quelli destinati ad altre colture (campus)

Anni, Vinea, Campus:

976 – 1000, 7,2, 3,6;

1001 – 1025, 7,9, 3,8;

1026- 1050, 13,2, 7,4;

1051 – 1075, 22,4, 5,3.

‘Altro monte non hai più a te gradito, Bacco lascivo’ Del Brolo, M. Liber Pergaminus, 1110-1112

‘Il territorio è molto fertile, e produce eccellentissimi vini [...]

Sansovino, F., Ritratto delle più nobili et famose città d’Italia, 1575

‘[…] in fatto di qualità i suoi vini non cedevano a nessuno delle terre vicine. Molto vitate eran le valli del Brembo e del Serio, produttrici di ottimi vini neri e bianchi ‘che entro l’anno son maturi, e si mantengono sinceri fino al decimo’

Bacci, A., Storia dei Vini d’Italia, 1596

‘[…] Abbonda il territorio di vini ottimi, castagne, carni, formaggi, butirri …’ Bisaccioni, M., Relationi et descrittioni universali et particolari del mondo, 1664

“La riva destra del Lago d’Iseo, cominciando da Lovere ha un’attività economica particolare che, dall’industria siderurgica di Castro, si estende al prodotto degli oliveti, della vite e della pesca.

Ed è, si può dire, da Sarnico, dove il lago finisce, che si apre la Val Calepio, la quale più propriamente si deve chiamare una riviera sulla destra dell’Oglio, operosa e ferace. Altrettanto deve ripetersi per la Valle San Martino, la quale pure è del tutto aperta e lambita dall’Adda per lungo tratto, da Villa d’Adda a Vercurago e dà agli abitanti prodotti della riviera e specialmente il vino” Belotti,B., La storia di Bergamo e dei Bergamaschi

Il Quinzani riporta poi come molte carte di vendita, stipulate in epoche assai remote, accennano a vinee e terre vitate, dimostrando come allora si producesse vino e come questi fosse usato quale forma di pagamento.

‘[…] Nel 1187 per ordine della corte di Roma, risulta che donando la corte di Almenno al Vescovo di Bergamo, Attone aveva posto condizione che il Vescovo ogni anno dopo la Pasqua fosse tenuto a dare ai canonici di S. Alessandro quattro castrati, vino, pane, farina e uova per far ravioli […]’ Ronchetti, G., Memorie

“[…] Prima che il gelso ed il granoturco penetrassero nella Bergamasca, tanto si coltivava la vite da aversene vino il triplo del bisogno; nel 1610 ne mandava fuori tanto da poter in Isvizzera cambiarlo con quantità di bestie cornute e di cavalli, e a San Marco e a Morengo nel 1525, su 2300 pertiche arative, 6580 piedi di vite maritavansi a 5244 olivi. Il soverchio del vino cambiavasi a Milano e Cremona coi grani, di cui tanto scarseggiavano allora le valli” Cantù, I., Bergamo e il suo territorio, 1859

“Robbe che si mandano fuori del paese et per le quali entra denaro forestiero:

Panni bassi, p. 20.000 a 20 = 400.000

Panni alti, p. 8.000 a 50 = 400.000

Ferrarezza = 150.000

Vino, quanto può estraher = 90.000

Sera non lavorata = 60.000

Note conservate nella Civica Biblioteca di Bergamo e inerenti il calcolo delle esportazioni di Bergamo agli inizi del 1600 (valori espressi in ducati).

“In provincia di Bergamo si producono 155.100 some di vino” Notizie Statistiche del dipartimento del Serio, 1815 (la soma corrisponde a circa 40 litri, la produzione ammontava quindi a circa 6.200.000 litri, parti ad oltre 20 litri procapite, essendo la popolazione in quell’anno di 304.876 unità).

Sempre il Marengoni sostiene che “il vino risulta dal matrimonio tra ambiente e capacità umana: la collina bergamasca e il suo viticoltore non potevano quindi che generare vini, quali il Valcalepio e il Moscato di Scanzo”.

Altre testimonianze dell’antichità della viticoltura in bergamasca ci vengono dall’epoca latina: alcuni storici riportano la notizia dell’impianto di viti in quel di Scanzo da parte dei militi romani.

Inoltre, per i Romani la cultura della vite a Bergamo diventò così importante che fu dedicato un tempio a Bacco nell’antico Borgo di San Lorenzo.

Plinio racconta che in questo territorio la coltivazione della vite era molto sviluppata, soprattutto nei luoghi più appropriati, cioè nella collina.

Quando poi nel 569 i Longobardi invasero la città, la vite, rimasta senza il vignaioli, costretto ad una precaria esistenza e soggiogato a lavorare per padroni per nulla avveduti, ebbe un notevole tracollo sotto il profilo della diffusione e della produttività e si rifugiò nelle proprietà ecclesia siche.

Ma anche nei secoli bui la gente bergamasca non smise mai di amare il suo vino, tanto che il primo atto ufficiale che attesta l’importanza economica del vigneto è proprio un rogito del 750 con il qual viene ceduta una vigna sotto le mura della città.

Risalgono al 1000-1100 d.C. alcune carte di permuta e di vendita di terre vitate.

A testimonianza dell’’attenzione prestata dal potere pubblico al vino, nel 1243 Bergamo ordina i piantare le viti lungo la strada che va a Seriate e nel 1266 viene emanato lo statuto di Vertova che impone che ‘chi tiene a fitto tre pertiche di terreno comunale del Grumelli e nei Zereti vi pianti vigna.

Del modo dei bergamaschi di allevare le viti si occupa nel ‘300 Pier dè Crescenzi nel suo Opus Ruralium Commodorum.

Indizio del valore dato al vino dai bergamaschi è la diatriba tra Guelfi e Ghibellini riguardo la quantità di carri (98 per i Ghibellini e 60 secondo i Guelfi ) rubati durante il saccheggio delle case dei Ghibellini di Scanzo da parte dei Guelfi; in data 27 febbraio 1398 della questione si occupa il cronista Castello Castelli nel suo Chronicon Bergomense Guelpho-Ghibelllinum: ab anno 1378 usque ad annum 1407.

Durante le guerra per la giurisdizione del territorio della Valcalepio tra Visconti e la Serenissima Republlica di Venezia numerosi furono i saccheggi e le rovine che i valligiani dovettero subire.

Una testimonianza si riferisce al 1428 e a ciò che avvenne in Valcalepio dopo che il Carmagnola ebbe abbandonato la Val di Calepio:

“I cittadini e gli abitanti dei seguenti comuni di Calepio, Credaro, Villongo e Adrara, per la fede che sempre mantennero alla Repubblica Veneta, dopo che si assoggettarono distogliendosi dal Visconte, furono per comandamento parte feriti, parte presi, parte posti in rovina, tutti crudelmente perseguitati e malmenati, Le loro fortezze, le torri, le case, le abitazioni svaligiate, distrutte, ispianate fin dai fondamenti i loro mobili rubati, le viti e gli alberi delle loro possessioni tagliati, estirpati […]”

Nel 1569 il bresciano Agostino Gallo parla della eccellente tecnica usata nel trattare le viti, nel capitolo “Quanto bene piantano le viti i Bergamaschi” del suo libro Le venti giornate dell’agricoltura e dei piaceri della villa.

Nella Relazione dell’anno 1595 sulla città di Bergamo e sul suo territorio si legge:

“La Valle Calepio comincia da una parte cioè da Levante a Parzanica […] e continuando sulla riviera pur sul lago si trova Tavernola […] seguendo poi per la riviera di essa si trova la terra di Predore […] successivamente poi venendo per l’istessa riviera del lago […] si trova Sarnico […] di poi partendosi si vien nel loco di Fosio contrada del Comun di Vico Londo et ivi ha dine il lago de Iseo […]

La Valle è lontana da Bergamo milia 12 et da confini alieni dello Stato di Milano verso Antegnate di Cremonese milia 17 in circa. Raccoglie per sei mesi l’anno de grani, ma de vini far per uso et d’avvantaggio. […]”

Nel 1614 Alvise Rizzi stila un elenco dei benefici ecclesiastici del priorato di Pontida e riporta che

“[…] i monaci accorparono le proprietà frazionate e disperse plasmando le coste dominate dal sole con vigneti capaci di dare vino potente e buonissimo.

Per affinarlo conservarlo hanno costruito una cantina con botti cerchiate in ferro di sei carri l’una e si preparavano a costruirne un’altra per accogliere il nettare derivante dai nuovi vigneti che stavano per entrare in produzione”.

La relazione conferma il fatto che dal 1400 a tutto il 1600 la provincia di Bergamo produceva molto più vino del

suo fabbisogno, circa tre volte tanto e che il sovrappiù veniva collocato sul facoltoso mercato milanese.

Celestino, nel 1617, descrive così la Valle Calepio:

“Dalla parte Orientale a man sinistra della strada, che mena a Brescia, si trova la Val Calepio, cosidetta dal buon vino, e ben da bere, ch’ella fa, componendosi tal nome di due parole greche, dal nome cioè kalon che vuol dire buono, e del secondo aoristo del verbo pinw che significa bene:

ond’è Mucio parimenti cantò: CALEPPIO VINI BONITAS ER COPIA, NOMEN INDIDIT. ALCINOI NON ITA TERRA FERAX.”

L’inverno del 1709 si rivelò decisamente rigido come riporta questa testimonianza:

“in Valle Calepio venne tanta neve che arrivava sino ai circoli delle viti, cioè alta circa quattro piedi e mezzo, altezza terribile per i nostri paesi, e poi si rasserenò restando la calinge a terra con freddo tanto orribile che mai da secoli non fu udito il simile, che fece seccar tutte le viti, gli olivi e i fichi […]

Dal 1719 per dodici anni successivi fu tanta l’abbondanza dei vivere e delle altre cose necessarie che il frumento stette sempre tra le 18 e le 16 lire al sacco, il vino migliore dalle 8 alle 12 e l’uva daggli scudi 4 agli 8 al carro”.

A partire dal 1700, con l’espansione dell’allevamento dei bachi da seta e della coltivazione dei gelsi, che in pianura sostituirono la vite, la produzione diminuì fino al punto che i Bergamaschi, all’inizio dell’800 furono costretti ad importare vino da altre regioni.

A tale proposito Rosa riferisce che “nel 1780 non solo [Bergamo] non ne mandò fuori, ma ne introdusse 5000 brente, ovvero 3554 ettolitri, che nel 1840 salirono a 5400 brente od ettolitri 38.172”.

Nel 1820, Giovanni Maironi da Ponte descrive in questo modo la Valcalepio nel suo Dizionario Odeporico:

 ‘La Valle Calepio, così detta dal villaggio, che porta questo nome e che ne fu un tempo la capitale

[…] si può dir certamente una delle più felici ed amene della provincia.

[…] Il resto della valle è sparso di amene collinette e di bei piani fertili di biade, di gelsi e di vini, i quali, e segnatamente quelli, che si hanno dai suoi ronchi per la loro salubrità e delicatezza sono i migliori e i più pregiati della provincia. Onde il Muzio ebbe a preferire questa valle agli ameni vigneti di Alcino CALEPIO VINI BONITAS ET COPIA NOMEN INDIDIT, ALCINOI NON ITA TERRA FERAX.

[…] Sì fortunata combinazione ha fatto che quivi sempre fiorisce l’agricoltura, e specialmente la coltivazione delle vigne”.

Continua poi il Maironi:

“[…] Credaro piccolo villaggio della Valle Calepio appartenente al distretto e alla pretura di Sarnico […] resta immediatamente sulla strada provinciale, in un territorio fertile segnatamente di vini, che vi riescono molto squisiti e ricercati. […] Credaro è abitato da cinquecento e più perone, la massima parte agricoltori e vignaioli”.

Con l’arrivo della peronospora e dell’oidio e la comparsa della filossera nel 1886, i vigneti subirono gravi perdite ma i bergamaschi in breve tempo reimpiantarono vastissime superfici tanto che già nel 1912 la superficie investita in viti superava quella di un tempo e continuò ad aumentare sino al 1940, all’inizio cioè della Seconda Guerra Mondiale.

Sul Diario-Guida di Bergamo 1923-1924 si legge:

“Credaro, mandamento di Sarnico, circondario di Bergamo, situato allo sbocco della Valle Calepio.

Ha pittoreschi dintorni cosparsi di ville e cascinali. Suolo fertilissimo di vini squisiti […]”

Gabriele Carrara descrive gli abitanti della Valcalepio come “gente dura alle avversità, come gli ulivi del vento, e pur generosa come i suoi vigneti”.

Dal 1950 la Camera di Commercio si rese promotrice di una vasta innovazione in viticoltura chiamando a consiglio anche illustri personaggi come il viticolo Italo Cosmo e si decise di modificare la base ampelografia, incentivando l’impianto di Merlot, Barbera, Incrocio Terzi, Marzemino gentile e Schiava grossa.

Curati i vigneti, non rimaneva che pensare al vino: si istituirono così due cantine sociali, una a Pontida – la Val san Martino – che iniziò a funzionare nel

1959, l’altra a S. Paolo d’Argon – la Bergamasca- che iniziò a funzionare nel 1960.

Sull’Eco di Bergamo del 4 novembre 1950 si legge:

“[…]nello spasimo contorto degli olivi svenati dai secoli, geme ancora, viceversa, lungo i dolci declivi dei vigneti, il singhiozzo strozzato di antichi drammi soffocati tra le mura dei fortilizi o affogati nell’Oglio o nelle acque del Sebino … Ma anche il visitatore sprovveduto, dall’altro del colle di Montecchio, il linguaggio di questi resti, filtrato dalla rete fittissima dei filari di vite educata a modello per i moderni vignaioli, ha pure una sua suggestiva parola da dire”.

Luciano Malachini in Aspetti geo-morfologici della Val Calepio sostiene che:

“Un buon bergamasco, cui si chiedesse di caratterizzare la Val Calepio, penserebbe certamente ai vini che vi si producono in copia, ed infatti le pendici delle colline sono coperte da un allegro pergolato di lussureggianti vigneti i quali, se sono meno celebri di quelli di altre zone, che si seppero meglio organizzare commercialmente, non sono però da meno nella bontà del prodotto”.

Della storia della Viticoltura Bergamasca si è occupato anche il dottor Marengoni Bruno, tra gli altri in un saggio così intitolato nel sopraccitato testo del Quinzani:

 “[…] Molte viticolture raggiungono quella bergamasca per antichità di origine.

Parecchie la superano per raccolto.

Ben poche invece possono vantarne una così pronunciata evoluzione qualitativa attraverso i tempi.

[…] Alla fine del secolo scorso la vite alligna anche in pianura, di solito tra i gelsi, associata a cereali e foraggi. Il livello economico generale, di pura sussistenza, e le difficoltà nei trasporti, impongono alla famiglia contadina ed alla collettività, la massima autarchia, ponendo il seconda linea la qualità del prodotto.

[…] L’importazione dall’America della peronospora e dell’oidio, parassiti della vite pericolosi specie in ambiente umido, rende questa coltura in piano assai impegnativa.

La comparsa poi di un terzo parassita, la filossera, il migliorato tenore generale di vita, con il conseguente allentamento del regime autarchico e l’esigenza di appezzamenti più ampi idonei alla meccanizzazione decretano la

graduale scomparsa della viticoltura in piano. Questa perciò si ritira in collina, ed anche qui, solo sui pendii meglio esposti, in quanto gli altri vengono lasciati al bosco.

[…] Si verifica così il primo presupposto per una viticoltura di qualità: la vocazione naturale dell’ambiente. Il secondo passo determinante per una migliore qualificazione viene compiuto negli anni cinquanta, quando si affrontano tre problemi:

- la scelta, tra una miriade eterogenea, delle uve più idonee;

- la difesa dalla grandine con apposite reti;

- l’adozione di nuove forme di allevamento e di nuove sistemazioni del terreno meglio atte alla meccanizzazione.

[…] viene effettuata una prima scelta fondamentale, escludendo i vitigni troppo tardivi ed adottando gli altri, più idonei ai vini abbastanza pronti […] ecco perché tra i rossi emergono il Merlot e il Cabernet Sauvignon […] mentre per i bianchi s’impongono soprattutto i Pinots.

Si verifica così un secondo presupposto, fondamentale per i vini di classe: la nobiltà del vitigno”.

Delle zone di produzione della vite, dei vitigni coltivati e dei tipi di vino prodotti trattano anche Compagnoni e Marengoni in Vini Bergamaschi di Qualità e percorsi di degustazione:

“[…] Un tempo la viticoltura era distribuita in tutta la fascia collinare ed anche nella media ed alta pianura, nonché nella pianura dell’Isola.

Mentre in collina la vite è sempre stata in coltura principale, in pianura la prevalenza dei vigneti era in coltura secondaria: in questa zona la vite veniva allevata lungo i filari di olmi o di altre essenze legnose.

In seguito, con l’estirpazione dei filari di piante legnose e con il progredire della meccanizzazione aziendale, tale coltura si è andata via via riducendo, tanto che attualmente interessa esclusivamente la fascia collinare, dove trova il suo ambiente ideale.

Più esattamente ritroviamo queste coltura nella zona collinare vera e propria, che si estende pe runa settantina di chilometri dal fiume Adda al lago di Iseo ed anche in zone considerate montane dalla statistica ufficiale, me che presentano caratteristiche ambientali proprie delle colline e precisamente:

la valle Cavallina, la bassa Valle Camonica da Lovere a Rogno,

la sponda occidentale del lago d’Iseom

l’imbocco della valle Seriana e della valle Brembana”.

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura:

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini Valcalepio devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura debbono essere quelli tradizionalmente usati e comunque non atti a modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

Nella vinificazione dei vini a denominazione di origine controllata Valcalepio sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico

I vini a DOC Valcalepio, in virtù delle differenti tipologie di prodotto e dei differenti vitigni che li compongono, presentano al consumo, caratteristiche organolettiche specifiche descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

 

C) descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).

Le caratteristiche del terreno, il clima e le tradizionali pratiche agronomiche ed enologiche del territorio bergamasco conferiscono ai vini delle peculiarità particolari. caratteristiche qualitative ed organolettiche delle tipologie di prodotti a DOC attribuibili all’ambiente geografico, comprensivo dei fattori umani, hanno inciso sull’intero processo di produzione. Le tipologie di vino dal punto di vista analitico ed organolettico presentano delle caratteristiche intrinseche dei vitigni da cui sono costituite, derivate dall'ambiente e dal clima nel quale essi vengono coltivati.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Valoritalia S.r.l.

via Piave, 24

00187 Roma

telefono: 0445 313088

fax: 0445 313080

e-mail: info@valoritalia.it

Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

VALTELLINA ROSSO

ROSSO DI VALTELLINA

D.O.C.

Decreto 25 gennaio 2010

(fonte GURI)

ModificaDecreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata "Valtellina Rosso" o "Rosso di Valtellina" è riservata al vino che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino a denominazione di origine controllata "Valtellina Rosso" o "Rosso di Valtellina" deve essere ottenuto esclusivamente da uve provenienti da vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica: Nebbiolo, localmente denominato Chiavennasca, minimo 90%.

Possono concorrere altri vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia fino ad un massimo del 10%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve destinate alla produzione del vino a denominazione di origine controllata “Valtellina rosso" o “Rosso di Valtellina" comprende:

in sponda orografica destra del fiume Adda tutti i terreni in pendio ubicati tra il tracciato della s.s. n. 38 ed una quota di livello di metri 700 s.l.m. dal comune di Ardenno al comune di Tirano, inclusi;

in territorio del comune di Piateda e Ponte in Valtellina i pendii vitati si spingono al di là della s.s. n. 38 fino al fiume Adda;

in sponda orografica sinistra in comune di Villa di Tirano frazione Stazzona e in comune di Albosaggia i terreni in pendio compresi tra il fiume Adda e una quota di livello di metri 600 s.l.m.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino oggetto del presente disciplinare devono essere quelle normali della zona e comunque atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da ritenersi idonei, esclusivamente i vigneti ubicati in terreni declivi e di natura brecciosa, ben esposti.

I sesti di impianto, le forme di allevamento e di potatura devono rispondere ai requisiti di una razionale coltivazione e comunque non modificare le caratteristiche tradizionali delle uve e del vino.

Fermi restando i vigneti esistenti, i nuovi impianti e i reimpianti devono essere composti da un numero di ceppi non inferiore a 4000 per ettaro.

E' vietata ogni pratica di forzatura; e' consentita l'irrigazione di soccorso.

La produzione massima di uva per ettaro, in coltura specializzata,

non deve essere superiore a 10,00 t/ha.

Le uve destinate alla vinificazione del vino a denominazione di origine controllata “Valtellina rosso" o “Rosso di Valtellina" devono assicurare

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 10,00% vol.

La Regione Lombardia, con proprio decreto, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le organizzazioni di categoria interessate, ogni anno prima della vendemmia può, in relazione all'andamento climatico ed alle altre condizioni di coltivazione, stabilire un limite massimo di produzione inferiore a quello fissato, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione del vino “Valtellina rosso" o “Rosso di Valtellina" devono essere effettuate nell’ambito dell’intero territorio amministrativo dei comuni compresi, in tutto o in parte, nella zona di produzione delimitata dal precedente art. 3 e comuni confinanti.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, le predette operazioni potranno essere autorizzate dal

Ministero dalle politiche agricole alimentari e forestali sentita la regione Lombardia per l'intero territorio amministrativo dalla provincia di Sondrio a condizione che le ditte richiedenti dimostrino di avere effettuato e di effettuare dette operazioni prima dell’entrata in vigore del disciplinare di produzione approvato con DM 26/6/1998.

È in facoltà del Ministero dalle politiche agricole alimentari e forestali, sentito anche il parere del Consorzio di Tutela Vini di Valtellina, autorizzare l’esportazione verso la Confederazione elvetica di determinate partite di vino Valtellina “rosso" o Rosso “di Valtellina" che non abbiano ancora subito, in tutto o in parte, il periodo di invecchiamento previsto per detto vino, dandone comunicazione al Comitato predetto, a condizione che l’invecchiamento venga effettuato o

completato nella zona di frontiera del territorio svizzero e sotto il controllo del Consorzio di Tutela Vini di Valtellina di cui alla convenzione del 2 luglio 1953 fra l’Italia e la Confederazione elvetica e successive variazioni.

La resa massima dell'uva in vino finito, non deve essere superiore al 70 hl/ha per il vino a denominazione di origine controllata “Valtellina rosso" o “Rosso di Valtellina".

Qualora superi detto limite, ma non 75 hl/ha, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre 75 hl/ha decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

Il vino a denominazione di origine controllata Valtellina “rosso" o Rosso “di Valtellina" può essere immesso al consumo dopo un periodo minimo di affinamento di sei mesi,

effettuato eventualmente anche in legno.

I periodi di affinamento sopra riportati decorrono dal 1 dicembre successivo alla vendemmia.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il vino a denominazione di origine controllata “Valtellina rosso" o “Rosso di Valtellina" all'atto della sua immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: rosso rubino, con eventuali riflessi granato;

profumo: delicato, persistente, caratteristico;

sapore: asciutto e leggermente tannico, con eventuale percezione di legno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

E' in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata “Valtellina rosso” o “Rosso di Valtellina” è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi "extra", "fine", "riserva", "scelto", "selezionato", "superiore" e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Nella designazione dei vini a denominazione di origine controllata "Valtellina Rosso" o “Rosso di Valtellina” può essere utilizzata la menzione “vigna” a condizione che sia seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, che la vinificazione e la conservazione del vino avvengano in recipienti separati e che tale menzione, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri e nei documenti di accompagnamento e che figuri nell’apposito elenco regionale ai sensi dell’art. 6 comma 8, del decreto legislativo n. 61/2010.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti il vino oggetto del presente disciplinare di produzione deve sempre figurare l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.

Le bottiglie in cui viene confezionato il vino “Valtellina rosso" o “Rosso di Valtellina" devono essere di forma "bordolese" o "borgognotta", comunque di vetro scuro e chiuse con tappo raso bocca, ma comunque di capacità consentita dalle vigenti leggi, non inferiore a 0,187 e non superiore a 5 litri, tuttavia per recipienti da un litro ed inferiori è anche consentito l’uso del tappo a vite.

Il vino oggetto del presente Disciplinare anche se imbottigliato nel territorio della Confederazione elvetica, dovrà sempre riportare in etichetta la denominazione di origine controllata “Valtellina rosso" o “Rosso di Valtellina" in lingua italiana.

Il vino oggetto del presente Disciplinare, ultimato il periodo di affinamento, anche se lo stesso è effettuato in territorio svizzero, e comunque sempre prima della sua commercializzazione, deve essere sottoposto agli esami organolettici da parte dell’apposita commissione istituita presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Sondrio, secondo le disposizioni impartite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame.

La Valtellina, che insieme alla Valchiavenna rappresenta il territorio della provincia di Sondrio, si colloca geograficamente a nord del lago di Como fra il parallelo 46 e 46,5.

Alcune particolari situazioni ambientali favoriscono il realizzarsi di condizioni climatiche idonee alla viticoltura ed in particolare al vitigno “nebbiolo”:

1) la valle, longitudinale alla catena montuosa, è per la parte vitata orientata est-ovest e la costiera pedemontana, alla destra orografica del fiume Adda, gode di esposizione completamente a sud;

2) è protetta, a nord e ad est, dalla catena montuosa delle Alpi Retiche, con cime di elevata altitudine (tutte oltre i 3.000 metri, con vette di oltre 4.000);

3) a sud la catena delle Alpi Orobie, con cime appena più basse, la racchiude in una specie di anfiteatro;

4) la relativa vicinanza del bacino del lago di Como, a sud–ovest, funge da regolatore e mitigatore termico;

5) la viticoltura si colloca sulla costiera esposta a sud, sul versante retico, da quota 300 metri sino ad un massimo di 700 metri, con la sola eccezione di due conoidi posizionati nella parte più ampia della vallata.

Questa configurazione territoriale assicura: costante ventilazione con scarse precipitazioni con una media di 850 mm di pioggia/anno che nella parte del versante retico vitato diminuiscono risalendo la valle, periodicamente ben distribuite. Considerevole luminosità, conseguente alla ottimale esposizione, e un elevato gradiente termico con temperatura diurna dell’aria durante il periodo vegetativo, aprile-ottobre, compresa fra i +5° ed i + 35°C; umidità relativa dell’aria costantemente su valori molto contenuti fra il 65% e l’80%.

Ulteriore sensibile aumento dei gradienti termici in vigna favorito dalla consistente massa di sassi e di rocce che caratterizzano il terrazzamento e dalla pendenza, in taluni casi superiore al 70%, che incrementa l’effetto dell’irraggiamento permettendo di concentrare l’energia solare su una superficie minore.

I muretti a secco sono stimabili in una lunghezza complessiva superiore a 2500 Km. Per questa ragione le temperature dell’aria rilevate in vigna sono costantemente maggiori di 4°/5°C, rispetto a quelle del fondo pianeggiante.

Considerevole escursione termica (compresa fra 8° e fino a 20°) nel periodo immediatamente precedente il completamento della maturazione (fine settembre / primi ottobre); insolazione oltre le 1900 ore per anno.

L’ubicazione del vigneto sui terrazzi di costiera è tale da impedire i danni da gelate tardive, al contrario frequenti nel fondo valle.

Il terreno del vigneto è prevalentemente sabbioso (circa 70%), limoso (circa 18%), con assenza di calcare.

Trattasi di roccia granitica sfaldata. Con rarità compare un po’ di argilla (inferiore al 10%).

E’ molto permeabile ed ha scarsissima ritenzione idrica; ne deriva una considerevole predisposizione alla siccità. I terreni sono per loro natura poco profondi: la superficie lavorabile va da i 40 a 120 cm., e non è raro vedere piante di viti che conficcano la radice direttamente nelle fessure della roccia.

Fattori umani rilevanti per il legame

Molto rilevanti risultano i fattori umani legati al territorio di produzione, che per tradizione hanno dato origine al vino Rosso di Valtellina.

Le origini della viticoltura in Valtellina sono molto lontane nel tempo. Lo sfruttamento agricolo del territorio e la sistemazione a terrazzamento è riconducibile in epoca romana o quantomeno longobarda, se non addirittura pre-romana in quanto i primi abitatori della valle furono i Liguri a cui seguirono gli Etruschi, ed entrambi i popoli conoscevano la coltura della vite.

La razionalizzazione e l’intensificazione della coltivazione della vite è però da ascrivere, prima alla colonizzazione romanica e, successivamente nel medioevo (sec. X e XI), al movimento dei “magistri comacini” ed ai monaci benedettini.

Risulta documentato che già alcuni secoli prima del mille, il Monastero Sant’Ambrogio di Milano era proprietario sul versante retico valtellinese di diversi appezzamenti di vigne a coltura specializzata, il cui prodotto era destinato al consumo locale e certamente anche ai monaci del capoluogo lombardo.

Il grande impulso viticolo alla Valtellina è però conseguente alla presenza del governo svizzero da parte della Lega Grigia (oggi “Cantone Grigioni”). Per quasi tre secoli, dal 1550 al 1797, la Valtellina fu territorio grigionese e i primi commerci di esportazione di vino furono conseguenza dei rapporti economici che la Lega Grigia intratteneva con le corti del centro e nord Europa.

E’ soprattutto di quei secoli la fama dei vini della Valtellina che, anche successivamente, continuarono a viaggiare verso il nord.

Particolare interessante e caratteristico del territorio è il sistema dei terrazzamenti.

Il terrazzamento è un metodo di dissodamento degli acclivi versanti montani, espressione di una precisa cultura insediativa che si ritrova, con molte analogie, in tutte le vallate dell’arco alpino.

Attraverso la realizzazione del terrazzo fu possibile recuperare allo sfruttamento agricolo le costiere pedemontane ed insediarvi le colture necessarie alla sopravvivenza delle popolazioni locali.

Si consideri inoltre che il portare le coltivazioni sugli acclivi montani serviva anche a proteggerle dalle rappresaglie delle soldatesche barbariche che transitavano per il fondo valle, nonché ad evitare il rischio delle frequenti inondazioni causate dalle piene improvvise del fiume Adda.

Il sistema terrazzato di Valtellina si identifica con la realizzazione di una miriade di muri a secco in sasso che sostengono i ronchi vitati.

Trattasi di un’opera avviatasi alcuni millenni fa e perpetuata nel tempo attraverso il lavoro quotidiano dei viticoltori che, per tutto questo, sono degli autentici manutentori del territorio.

Come già accennato, i muri sono di una entità ciclopica; stimabile in oltre 2.500 Km di sviluppo lineare, con una incidenza media/ettaro superiore ai 2.000 m2 di superficie verticale e, di conseguenza con costi di mantenimento altissimi.

Oltre a consentire la realizzazione della economia agricola, il terrazzamento diventa componente essenziale del fascino paesaggistico del territorio ed importante elemento di salvaguardia e presidio delle falde montane.

Base ampelografia dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata

Le forme di allevamento:

i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma.

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso dei vini tranquilli

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all’ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte dall’art. 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)

Le caratteristiche morfologiche del territorio, il lavoro costante dell’uomo per il mantenimento di questo territorio provano la connessione esistente tra terra e vini, dove le caratteristiche peculiari di questi ultimi vengono esaltati.

La vigna e il vino furono alle radici della cultura e della società locali e del loro sviluppo.

La coltivazione della vite e la produzione e la distribuzione del vino hanno lasciato consistenti tracce fin dai tempi remoti: già nel Duecento in provincia il vino era uno strumento ordinario di pagamento e le vigne erano considerate i beni più preziosi e appetibili.

La presenza, per circa tre secoli, di un commercio di vino di oltre 50.000 ettolitri a dorso di animale, con scambi continui tra comunità sui due versanti in un’importante area centro alpina (periodo Lega Grigia), ebbe una profondissima influenza sulla cultura locale.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Controlli:

Nome e indirizzo:

Valoritalia srl

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par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010 pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.