Campania › AVELLINO SALERNO

FIANO DI AVELLINO D.O.C.G.

GRECO DI TUFO D.O.C.G.

TAURASI D.O.C.G.

CASTEL SAN LORENZO D.O.C.

CILENTO D.O.C.

COSTA D'AMALFI D.O.C.

IRPINIA D.O.C.

VIGNETI ATRIPALDA

VIGNETI ATRIPALDA

FIANO DI AVELLINO

D.O.C.G.

Decreto 18 luglio 2003

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione

 

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino”, è riservata al vino bianco che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino”è riservata al seguente vino:

“Fiano di Avellino” Bianco.

Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino” deve essere ottenuto dalle uve provenienti, in ambito aziendale, dal vitigno

Fiano per un minimo dell'85%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti dai vitigni

Greco B, Coda di Volpe B e Trebbiano toscano B, presenti nei vigneti in ambito aziendale, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo complessivo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione delle uve destinate alla produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino” comprende l'intero territorio amministrativo dei seguenti comuni della provincia di Avellino: Avellino, Lapio, Atripalda, Cesinali, Aiello del Sabato, S. Stefano del Sole, Sorbo Serpico, Salza Irpina, Parolise, S. Potito Ultra, Candida, Manocalzati, Pratola Serra, Montefredane, Grottolella, Capriglia Irpina, S. Angelo a Scala, Summonte, Mercogliano, Forino, Contrada, Monteforte Irpino, Ospedaletto D'Alpinolo, Montefalcione, Santa Lucia di Serino e San Michele di Serino.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino” devono essere quelli tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerare idonei ai fini dell'iscrizione all'Albo dei vigneti, unicamente i vigneti collinari e di buona esposizione. Sono esclusi i terreni di fondovalle umidi e non sufficientemente soleggiati.

I sesti d'impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli tradizionalmente usati nella zona e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

Per i reimpianti e i nuovi impianti i vigneti dovranno avere una forma di allevamento verticale, la densità di impianto non potrà essere inferiore ai 2.500 ceppi per ettaro.

La resa massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata per la produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino” non deve essere superiore

alle 10,00 t/ha.

Fermo restando il limite massimo sopra indicato, la resa per ettaro di vigneto in coltura promiscua dovrà essere calcolata rispetto a quella specializzata, in rapporto all'effettiva superficie a vigneto.

A tali limiti, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la produzione globale dovrà essere riportata, purché la stessa non superi di oltre il 20% i limiti massimi sopra stabiliti.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino”

un titolo alcolometrico volumico minimo naturale dell'11,00% vol.

La Regione Campania, con proprio provvedimento, su proposta del Consorzio di Tutela, sentite le Organizzazioni di Categoria interessate, di anno in anno, può stabilire di ridurre i quantitativi di uva per ettaro rivendicabile rispetto a quelli sopra fissati, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione e di elaborazione del vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino”, devono essere effettuate nell'ambito del territorio amministrativo della provincia di Avellino.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%.

Oltre tale limite per tutta la produzione decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita.

L'arricchimento dei mosti o dei vini aventi diritto alla Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino” deve essere effettuato alle condizioni stabilite dalle norme comunitarie e nazionali, fermo restando la resa massima del 70% dell'uva in vino.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

1 Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino” all'atto dell'immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

"Fiano di Avellino" bianco

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: gradevole, intenso, fine, caratteristico;

sapore: fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

E' facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, modificare i limiti sopra indicati per acidità totale ed estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura e designazione

 

L'indicazione della Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino” può essere accompagnata dalla menzione tradizionale di origine classica "Apianum".

Tale menzione dovrà figurare in etichetta con caratteri tipografici non superiori alla metà di quelli utilizzati per

indicare la denominazione di origine controllata e garantita.

E' vietato usare assieme alla Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino” qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, superiore, scelto, selezionato, classico, riserva e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo o tali da trarre in inganno l'acquirente.

Nella designazione dei vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino” di cui all’art. 2 può essere utilizzata la menzione “vigna” a condizione che sia seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale,

che la vinificazione e la conservazione del vino avvengano in recipienti separati

e che tale menzione, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri e nei documenti di accompagnamento

e che figuri nell’apposito elenco regionale ai sensi dell’art. 6 comma 8, del decreto legislativo n. 61/2010.

Sulle bottiglie del vino o altri recipienti del vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino” deve figurare l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.

E' consentita l'immissione al consumo del vino a denominazione Denominazione di Origine Protetta “Fiano di Avellino DOCG” esclusivamente in bottiglie o in altri recipienti di vetro di capacità non superiore ai 5 litri, muniti di contrassegno di Stato.

I recipienti di cui al comma precedente devono essere chiusi con tappo raso bocca, di materiale al momento previsto dalla normativa vigente, ad eccezione di quelli non superiori a 0,187 litri di capacità, per i quali è consentito l'uso di dispositivo di chiusura a vite.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

a) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali

Il territorio di produzione della Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino”, ubicato a nord di Avellino e si estende fino ai confini della provincia di Benevento.

Si identifica nell’area comprendente i comuni di: Atripalda, Avellino, Cesinali, Aiello del Sabato, Santo Stefano del Sole, Sorbo Serpico, Salza Irpina, Parolise, San Potito Ultra, Candida, Manocalzati, Pratola Serra, Montefredane, Grottolella, Capriglia Irpina, Sant'Angelo a Scala, Summonte, Mercogliano, Forino, Contrada, Lapio, Monteforte Irpino, Ospedaletto d'Alpinolo, San Michele di Serino, Santa Lucia di Serino e Montefalcione, tutti in provincia di Avellino. (tutti in provincia di Avellino) e copre un a superficie territoriale totale di kmq 276. Il territorio ricade in parte nell’ambito territoriale del parco regionale del Partenio.

L’attuale zona di produzione della docg Fiano di Avellino nella sua attuale conformazione fu così già descritta nel 1642 dallo storico Fra’ Scipione Bellabona nei “Raguagli della città di Avellino”.

L’areale del Fiano di Avellino DOCG, si presenta, sotto il profilo delle caratteristiche litologiche del substrato (Servizio Geologico d’Italia, Foglio 185 “Salerno”), notevolmente articolato, stante anche la significativa estensione dello stesso.

La fascia più ampia, quella centrale, che comprende i territori comunali (da nord verso sud) di Grottolella, Montefredane, Avellino, Forino, Contrada, Cesinali ed Aiello del Sabato, è caratterizzata dalle stesse cineriti ocracee e livelli di pomici del II periodo flegreo, alternanti a paleosuoli e materiale detritico sciolto e piroclastiti s.l. con rari livelli tufi tici e piccole pomici dell’areale del Greco di Tufo, o dall’appoggio delle stesse sopra argille, argille marnose e sabbiose, talora con gessi.

Nella fascia occidentale, i territori di S. Angelo a Scala e Summonte vedono la presenza di arenarie con intercalazioni di marne; quelli di Ospedaletto d’Alpinolo, Mercogliano e Monteforte Irpino delle stesse cineriti della fascia centrale, anche in appoggio su calcari.

Più articolata la fascia orientale: quelle stesse cineriti nei territori di Pratola Serra e Manocalzati riposano sopra argille ed argille marnose, talora con gessi ed in quelli di Lapio ed Atripalda sopra argille varicolori con intercalazioni lapidee, che rappresentano anche il solo litotipo presente nelle aree di Montefalcione, Parolise e S. Potito Ultra.

Nei territori di Salza Irpina e Sorbo Serpico, prevalgono nettamente argille marnose e sabbiose ed argille varicolori; in quello di S. Stefano del Sole, la successione litologica è caratterizzata da depositi detritici, che poggiano sopra argille, a loro volta a tetto di calcari.

Depositi detritici ed alluvionali affi orano a S. Lucia di Serino e, a tetto dei calcari, a S. Michele di Serino.

Orograficamente, l’assetto morfologico si caratterizza per la presenza e la prevalenza di un’estesa fascia collinare, interposta tra le pendici orientali dei rilievi del Gruppo M. Vergine–Monti di Avella, a ovest, e quelle occidentali del Gruppo Terminio–Tuoro, ad est.

Il primo, dà luogo a dorsali allungate in senso appenninico, le cime più alte delle quali si caratterizzano per presentare forme aspre sui versanti orientali e quote massime che decrescono verso ovest/nordovest. Il secondo, che mostra pareti con le forme maggiormente tormentate sul versante occidentale, degrada più dolcemente verso nord.

L’ampia fascia centrale presenta forme ben più dolci, in quanto modellata in sedimenti facilmente erodibili, che formano un insieme di colline, la quota più alta delle quali si aggira intorno ai 600 metri, con dislivelli rispetto ai fondovalle che raggiungono, al massimo, i 300 metri.

L’altro elemento morfologico peculiare, la Piana di Serino, trova il limite occidentale in quelle colline; quello orientale si identifi ca con la fascia pedemontana del Gruppo del Terminio–Tuoro.

Sotto il profi lo idrogeologico, entro l’areale del Fiano di Avellino sono presenti (Aquino et alii, 2006) i seguenti complessi: alluvionale; piroclastico; conglomeratico; arenaceo–argilloso–marnoso; calcareo–marnoso–argilloso; argilloso e calcareo.

I terreni hanno profili giovani e immaturi e poggiano il più delle volte direttamente sui loro substrati pedogenetici, sia roccia dura e compatta sia rocce tenere argillose e sabbiose.

Lo scheletro è presente in misura modesta e formato da frammenti e ciottoli silicei o calcarei. Per contro, i terreni sono decisamente ricchi in argilla, che il costituente più importante, con concertazioni anche fino al 50% della terra fina; in molti casi la frazione argillosa e attenuata da sabbia e limo, presenti in misure notevoli oer cui gran parte dei terreni dell’areale risultano argillosi o argillo limosi (terreni pesanti), oppure sabbio-argillosi.

Reazione: Prevalgono i terreni a reazione neutra e sub-alcalina con una punta di pH 8,02.

Calcare totale: In genere debole è la presenza di calcare, trattandosi di terreni formatisi in genere su sabbie plioceniche, su marne eoceniche e terreni neozoici.

Humus: generalmente modeste, con sostanza organica inferiore al 2% e azoto fra 0,5 e 2,46g/kg.

Anidride fosforica assimilabile: Sebbene il contenuto in fosforo totale è di norma bastevole a volte anche esuberante, in relazioni alle rocce madri di origine, il contenuto in fosforo assimilabile è modesto, con tenori che variano da 21 a 70 mg/kg con medie superiori a 35 mg/kg.

In merito alla dotazione potassica, i terreni del Fiano di Avellino, qualunque sia l’origine, sono ben provvisti.

I valori di Ossido di potassio scambiabile è ricompreso tra 250-980 mg/kg con valori medi intorno a 450-500 mg/kg

Prerogativa dei terreni è la ricchezza in magnesio scambiale con concentrazioni da 110 a 940 mg/kg.

Questo elemento esplica un’azione fortemente positiva sull’attività vegetativa della vite, favorendo sia i processi di lignificazione sia le caratteristiche organolettiche del vino. Altrettanto buona dotazione di boro, rame, manganese e zinco.

La dotazione potassica dei terreni del Fiano di Avellino ed Irpini in generale, qualunque sia la loro origine, è abbastanza elevata. Si riscontrano valori di potassio totale, espresso in termini di K2O mai inferiori a 4,5 -5,0 g/kg, con medie superiori ai 12 g/kg.

Il contenuto di potassio scambiabile varia tra i 230 e 1000 mg/kh, con valori medi facilmente superiori ai 500 mg/kg. Nell’areale i terreni a maggior dotazione si riscontrano nell’areale di Lapio e Montefalcione.

Enologicamente l’elevato contenuto elevato di argilla dei terreni del Fiano di Avellino ha influenza positiva sulla qualità delle produzioni, particolarmente durante i periodi di siccità estiva, consentendo una più regolare maturazione delle uve con una buon mantenimento dei livelli di acidità. Altrettanto positiva la ricchezza in potassio e magnesio scambiabile che conferisce ai vini intensità di profumi, buona struttura ed equilibrio.

Clima

Le condizioni termiche, idrometriche ed anemometriche che caratterizzano l’areale sono pressoché ideali per un processo di maturazione caratterizzato da gradualità ed equilibrio tra tenore zuccherino e acidità, consentendo l’ottenimento di produzioni enologiche pregiate.

Tale favorevole situazione è chiaramente dovuta alla posizione geografica e all’orografia del territorio.

L’andamento climatico sia dal punto di vista termico che delle precipitazione è fortemente influenzato dai numerosi ettari di bosco che ricoprono i monti che caratterizzano l’ambiente circostante e che ne sfavoriscono il surriscaldamento. In generale, il clima invernale è rigido, non di rado ci sono precipitazioni a carattere nevoso, come il clima estivo è alquanto mite.

Temperature:

Di numero molto elevato i giorni di sole, abbastanza frequenti le gelate primaverili, talvolta anche tardive. Molto pronunciate le escursioni termiche tra le temperature medie max e min durante il periodo Luglio- Settembre.

Precipitazioni:

Buona la piovosità che di solito nell’arco dell’anno raggiunge, anche se di poco i 1100 mm. La distribuzione delle piogge, si addensa nell’autunno-inverno concentrando ben oltre il 70% delle precipitazioni con un periodo estivo particolarmente asciutto con in media il 6% del totale delle precipitazioni.

Venti: i venti dominanti sono quelli meridionali e sudoccidentali, umidi e tiepidi. Per la sua ubicazione e la sua orografia, l’area ha una protezione verso i venti orientali mentre e esposta a quelli di origine tirrenica. Ne consegue che l’area è protetta dai venti freddi del quadrante nord-est, mentre nessun ostacolo è frapposte alle correnti umide dei quadranti occidentali e meridionale.

Fattori umani

La coltivazione della vite nell’area è antica e connessa allo presenza del fiume Sabato che attraversa le formazioni collinari che la caratterizzano e deriva il nome dal popolo dei Sabini, il cui eponimo era Sabus (Cat. apd. DYONIS, II, 49; LIB. VIII, 41) o Sabatini, una tribù dei Sanniti stanziatasi nel bacino del fiume Sabatus (Livio).

Nella zona di origine il comune di Lapio, sito nelle colline ad Est di Avellino ad un’altitudine di 590 m s.l.m., è ritenuto luogo che spiega la possibile origine “nativa” del vitigno come si reperisce anche in una pubblicazione del 1642 del frate Scipione Bella Bona dal titolo: «Ragguagli della città di Avellino», nella quale l’autore, parlando dell’antica Avellino, racconta che presso i suoi confini esistevano tre castelli di cui uno a Monteforte, un altro a Serpico ed il terzo situato nell’area agricola detta Apia (oggi Lapio) dove si produceva il vino chiamato Apiano.

Per questa DOP, la centralità produttiva e l’importanza vinicola del villaggio di Lapio è confermata da una nota del 5 novembre del 1592, indirizzato al Capitano di Montefusco, capitale del Principato d’Ultra – coincidente in larga parte all’odierna provincia di Avellino - : “L’Università ha ottenuto Regio Assenso, su la gabella del vino per far pagare 4 carlini per ogni soma che entra nella terra.

Ora molti particolari di Lapio portano il vino, ma non vogliono pagare perché dicono di venderlo al minuto. Il Capitano li costringa al pagamento.”

Testimonianza della presenza costante della vite quale sostentamento economico delle popolazioni locali è data dalla bibliografia che tratta dell’evoluzione sociale ed economica dell’area nel periodo a cavallo del medioevo e l’ottocento.

Nel XIX secolo l’attività vitivinicola dell’intera provincia, con una produzione superiore a un milione di ettolitri largamente esportati, e dell’area del Fiano di Avellino, sono l’asse economico portante dell’economia agricola degli anni e del tessuto sociale tanto da portare alla costruzione della prima strada ferrata d’Irpinia, da lì a poco chiamata propriamente “ferrovia del vino”, che collegava i migliori e maggiori centri di produzione vinicola delle Colline del Sabato e del Calore direttamente con i maggiori mercati italiani ed europei. In particolare nell’area del Fiano, ancora

oggi, sono presenti le stazioni ancora esistenti di: Avellino e Lapio.

Contribuisce a far diventare l’area uno dei più importanti centri vitivinicoli italiani l’istituzione della Regia Scuola di Viticoltura & Enologia di Avellino che sarà l’artefice della diffusione del Fiano nell’hinterland di Avellino e in tutta l’area della media valle del Sabato.

La presenza della Scuola, quale propulsore del progresso socio-economico, porterà la filiera vitivinicola Avellinese a divenire uno delle prime provincie italiane per produzione ed esportazioni di vino, principalmente verso la Francia, come le fonti dimostrano.

Di conseguenza si genera lo sviluppo di un forte indotto con lo sviluppo di officine meccaniche specializzate nella costruzione e commercializzazione sia di pompe irroratrici e attrezzature specialistiche per la viticoltura sia di sistemi enologici.

A livello scientifico la valenza tecnico-economica delle produzioni del Fiano di Avellino viene riconosciuto in tutti gli studi di ampelografia e enologia succedutesi nel tempo:

Nel 1882 il direttore della Scuola Enologica di Avellino Michele Carlucci, renderà pubbliche le “osservazioni fatte in 14 di vinificazione in separazione dell’uva Fiano e i metodi di vinificazione per essa sviluppati in onore colla richiesta commerciale”.

Nel 1956, l’Office International du Vin pubblica integralmente lo studio ampelografico sul Fiano di Violante e Ciarimboli, i quali confermano: “è vino del vitigno coltivato nelle provincie meridionali e specialmente nell’avellinese fino dai tempi antichi”.

Gli stessi autori, nel 1950, riferiranno che la produzione del Fiano è tra quelle che ha subito la maggiore contrazione dopo l’invasione fillosserica e che la coltivazione del vitigno si e ridotta ad appena 2 ettari in coltura specializzata e 53 ettari in coltura promiscua con una produzione complessiva di circa 1000 quintali di uva.

Gli stessi altrettanto evidenziano che la coltura è in progressiva contrazione e individuano la causa nella bassissima produttività del vitigno e della bassa resa per in vino (60-63%).

Nel 1970, in base ai dati del catasto viticolo, la superficie coltivata era di appena 17 ettari in coltura specializzata e 10 in coltura promiscua.

Oggi la superficie coltivata a Fiano per la produzione a Fiano di Avellino di oltre 560 ettari per una produzione potenziale di 39.000 hl ed una effettiva di circa 23.000 hl con una resa uva/vino del 65-70%.

La forma di allevamento prevalente nel vigneto specializzato, dell’area in questione, è la spalliera, con potature a Guyot e cordone speronato a ridotta di gemme per ceppo finalizzate all’ottenimento di uve dal potenziale enologico qualitativamente ottimo e ben equilibrato.

Tale sistema, negli ultimi trentennio, ha progressivamente soppiantato l’antico “Sistema Avellinese”. Il sesto d’impianto più frequentemente utilizzato per i nuovi impianti è di m. 2.40 x m. 1.00.

Relativamente alle forme di allevamento l’obiettivo della qualità, ha indotto i produttori a realizzare impianti ad alta densità e meccanizzabili e negli anni tali produzioni si sono modificate sempre più a favore della qualità, aumentando significativamente il numero di viti per ettaro e con una resa produttiva tra gli 80-100 ql/Ha.

Fattori storici

Di fondamentale rilievo i fattori storici – antropologici legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino FIANO DI AVELLINO.

La viticoltura nell’area di produzione del FIANO DI AVELLINO ha origini antichissime che risalgono alle popolazioni locali e successivamente all’arrivo di colonizzatori romani i quali diedero primo impulso alla millenaria coltivazione della vite nell’antico Sabazios e delle popolazioni native locali.

Antico vitigno meridionale, la cui coltivazione risale all’epoca romana. Si ritiene originario della zona di Lapio, sulle colline ad est di Avellino anticamente chiamata Apia.

II frate Scipione Bella Bona, nel 1642, nei suoi "Raguagli della città di Avellino", scriveva: "In detti tempi in tre luoghi tre Castelli per difesa della lor città teneuano I'Auellinesi, uno doue è hora Monteforte; onde fu poi edificata la terra, e quasi da quei primi secoli di pace: l'altro nel Monte chiamato Serpico, doue parimente furono fatti edifici, e fatta Terra da per sé, nelli suoi tenimenti edificati S. Stefano, e Sorbo, come si disse; ed il terzo, cue è ora I'Apia, vicino al Monastero di S. Maria dell'Angioli nel luogo detto gli Mormori.

In quel luogo, e quasi in tutto il territorio d'Avellino si produceva il vino detto Apiano, do' Gentili Scrittori lodato, e tanto in detto luogo, quanto in questa Città sin hora vi si produce, e per corrotta fauella chamato Afiano, e Fiano; il nome d'Apiano, dall'Ape, che se mangianolluve, gli fu dato".

Così il termine "Fiano" deriverebbe da "Apiana", uva già conosciuta e decantata dai poeti latini.

Tale termine avrebbe subito modificazioni nel tempo, trasformandosi in "Apiano" prima, "Afianti" poi e, successivamente, "Fiano".

Fonti fanno risalire l’origine del termine "Apiano" dall'area agricola "Apia", l’odierna Lapio; come pure si fa rilevare che la parola "Apiano" può derivare da "Api", tenendo conto della facilità con cui le api, attratte dalla dolcezza degli acini, attaccano il grappolo.

Se l'antica Lapio era il principale centro di produzione, Montefusco rappresentava il mercato più importante, in quanto era capitale del Principato UItra ed era direttamente interessato alla costruzione della via che unisce la Puglia alla Campania. Una conferma risale al 5 novembre 1592 in una nota indirizzata al Capitano di Montefusco: "L'Università ha ottenuto Regio Assenso su la gabella del vino per far pagare carlini 4 per ogni soma che entra nella terra.

Ora molti particolari di Lapio portano il vino, ma non vogliono pagare perché dicono di venderlo al minuto. II Capitano li costringa al pagamento, non siano molestati per l'acquata da essi ottenuta aggiungendo acqua alle vinacce non del tutto premute, da servire per uso di famiglia; su questa non è imposta gabella alcuna".

Anche nella prima metà del XII secolo il vino Fiano era già molto apprezzato. Infatti nel registro di Federico II, nell’epoca in cui fu a Foggia, c’è un passaggio in cui vengono riportati gli ordini per l’acquisizione di tre carichi di vini: il Greco e il Fiano.

Documenti risalenti al XIII secolo, fanno rilevare l'ordine impartito da re Carlo II d'Angiò al proprio commissario, Guglielmo dei Fisoni, di trovare 1600 viti di fiano da spedire a Manfredonia, a) fine di piantarle nelle proprie tenute.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati ad Sud-Est/Sud-Ovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento equilibrato di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.

La millenaria storia vitivinicola dell’area di produzione del Fiano di Avellino, iniziata in epoca antica e portata al rango di vera attività socio-economica con l’avvento dell’Impero Romano, è attestata da numerosi manoscritti e fonti storiche, è la fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani, la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Fiano di Avellino”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizioni tecniche di coltivazione della vite e le competenze enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso processo scientifico e tecnologico.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

I vini di cui il presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne da una chiara individuazione e tipizzazione legata all’ambiente pedo-climatico.

In particolare i vini Fiano di Avellino presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi armonici e gradevoli del vitigno di origine e delle relative tecniche di vinificazione quale evidenza dell’interazione vitigno-ambiente-uomo.

Per il Fiano di Avellino si individuano quattro "terroir" di elezione dove le caratteristiche varietali del vitigno Fiano si esprimono, seguendo un comune filo conduttore, con accenti e sfumature peculiari a seconda di altimetria, esposizioni e composizione dei terreni.

Lapio: si ottengo vini ricchi di struttura in gradi di esprimere doti non comuni di acidità e mineralità. La spiccata connotazione aromatica, poi, fa sì che i vini fiano di avellino ottenuti in queste zone assomiglino non di rado a veri e propri vini di montagna.

Summonte: terreni difficili da lavorare. I vini offrono concentrazione, potenza con note corredo fruttato e poco minerale. Vini potenti e dotati, ripeto, di un notevole corredo fruttato.

Montefredane: collina arigllosa e cretosa che esalta le note minerali che caratterizzano vini di ottima longevità ormai dimostrata.

Fascia collinare ad est di Avellino non può identificarsi con un solo comune essendo numerosi i centri interessati alla produzione. Qui i terreni sabbiosi regalano note tipiche di nocciola tostata che richiamano un carattere affumicato di origine non minerale. Vini pronti nel medio periodo.

Il Fiano di Avellino rappresenta la punta di diamante dell'enologia bianca meridionale: acidità e finezza sono le due caratteristiche che lo rendono appetibile per la grande massa dei consumatori mentre gli appassionati lo apprezzano per la sua incredibile propensione all'invecchiamento.

La tradizione viticola di questa area in provincia di Avellino ha radici profonde e consolidate da un notevole e continuo apporto tecnico scientifico e da un impegno esemplare dei produttori che, con costanti risultati colturali e tecnologici di rilievo, hanno contribuito a migliorare la qualità e a diffondere ed a far affermare i vini Fiano di Avellino sui mercati nazionali e internazionali.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Is.Me.Cert. Istituto Mediterraneo di Certificazione Agroalimentare

Corso Meridionale 6

80143 Napoli.

Organismo di controllo di cui all’art. 3, comma 1, lett. B) e C) del DM 19 marzo 2010.

L’IsMeCert è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25,

par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

GRECO DI TUFO

D.O.C.G.

Decreto 18 luglio 2003

(fonte GURI)

Modifica DM 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo”, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

“Greco di Tufo” Bianco;

“Greco di Tufo”Spumante

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” è riservata ai vini bianchi ottenuti esclusivamente da uve di vitigni provenienti da vigneti, aventi in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Greco B: minimo 85%;

Coda di Volpe bianca: massimo 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita "Greco di Tufo" comprende l'intero territorio amministrativo dei seguenti comuni della provincia di Avellino:

Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerare idonei ai fini dell'iscrizione all'albo dei vigneti, unicamente i vigneti collinari di buona esposizione.

Sono esclusi i terreni di fondovalle umidi e non sufficientemente, soleggiati.

I sesti d'impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli tradizionalmente usati nella zona e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

Per i reimpianti e i nuovi impianti i vigneti dovranno avere una forma di allevamento verticale, la densità di impianto non potrà essere inferiore ai 2.500 ceppi per ettaro.

La resa massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata per la produzione dei vini a

Denominazione di Origine Protetta “Greco di Tufo DOCGnon deve essere superiore alle 10,00 t/ha.

Fermo restando il limite massimo sopra indicato, la resa per ettaro di vigneto in coltura promiscua dovrà essere calcolata rispetto a quella specializzata, in rapporto all'effettiva superficie a vigneto.

A tali limiti, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la produzione dovrà essere riportata, purché la stessa non superi di oltre il 20% i limiti massimi sopra stabiliti.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai vini a Denominazione di Origine Protetta

Greco di Tufo DOCGun titolo alcolometrico volumico minimo naturale dell'11,00% vol.

La Regione Campania, con proprio provvedimento, su proposta del Consorzio di Tutela, sentite le Organizzazioni di Categoria interessate, di anno in anno, può stabilire di ridurre i quantitativi di uva per ettaro rivendicabile rispetto a quelli sopra fissati, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione e di elaborazione dei vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo”, devono essere effettuate nell'ambito del territorio amministrativo della provincia di Avellino.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%.

Oltre tale limite per tutta la produzione decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita.

L'arricchimento dei mosti o dei vini aventi diritto alla Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” deve essere effettuato alle condizioni stabilite dalle norme comunitarie e nazionali, fermo restando la resa massima del 70% dell'uva in vino.

Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” può essere elaborato nella tipologia "spumante" con il metodo della rifermentazione in bottiglia (metodo classico) purché

affinato per almeno 36 mesi in bottiglia

a decorrere dal 1° novembre dell'anno della vendemmia.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” all'atto dell'immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

"Greco di Tufo" bianco:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: gradevole, intenso, fine, caratteristico;

sapore: fresco, secco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Greco di Tufo” Spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino più o meno intenso con riflessi verdognoli o dorati;

profumo: caratteristico, gradevole, con delicato sentore di lievito;

sapore: sapido, fine e armonico, del tipo "extrabrut" o del tipo "brut";

titolo alcolometrico volumico minimo totale: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

E' facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, modificare i limiti sopra indicati per acidità totale ed estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura e designazione

 

E' vietato usare assieme alla denominazione di origine controllata e garantita "Greco di Tufo" qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, superiore, scelto, selezionato e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo o tali da trarre in inganno il consumatore.

Nella designazione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita “Greco di Tufo” di cui all’art.1 può essere utilizzata la menzione “vigna” a condizione che sia seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale,

che la vinificazione e la conservazione del vino avvengano in recipienti separati

e che tale menzione, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri e nei documenti di accompagnamento

e che figuri nell’apposito elenco regionale ai sensi dell’art. 6 comma 8, del decreto legislativo n. 61/2010.

Sulle bottiglie del vino o altri recipienti del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Greco di Tufo" deve figurare l'indicazione dell'annata di produzione delle uve ad eccezione della tipologia spumante.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

E' consentita l'immissione al consumo del vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” esclusivamente in bottiglie o in altri recipienti di vetro di capacità non superiore ai 5 litri, muniti di contrassegno di Stato.

I recipienti di cui al comma precedente, ad eccezione della tipologia spumante, devono essere chiusi con tappo raso bocca, di materiale al momento previsto dalla normativa vigente, ad eccezione di quelli non superiori a 0,187 litri di capacità, per i quali è consentito l'uso di dispositivo di chiusura a vite.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

a) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali

Il territorio di produzione della Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo”, ubicato a nord di Avellino e si estende fino ai confini della provincia di Benevento.

Si identifica nella zona comprendente i comuni di Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni (tutti in provincia di Avellino) e copre un a superficie territoriale totale di kmq 61,52.

Il territorio in parte ricade nell’ambito territoriale del parco regionale del Partenio.

Le vigne del Greco di Tufo si abbarbicano su terreni argillosi, sabbiosi o su rocce calcaree (perfino dolomitiche) dai 300 ai 650 metri lungo la valle del fiume Sabato, affluente di sinistra del più noto fiume Calore.

Nasce dal colle Finestra sul monte Terminio dal lato opposto da dove nasce il Calore Irpino, fra i Monti Picentini, spina dorsale dell’Irpinia.

L’areale della Denominazione di Origine Protetta “Greco di Tufo DOCG” può essere suddiviso in due settori: quello settentrionale, la cui estensione è riconducibile ai territori comunali di Chianche, Petruro Irpino, Torrioni, Montefusco e S. Paolina, è caratterizzato, sotto l’aspetto litologico (Servizio Geologico d’Italia, Foglio 173 “Benevento”) da un substrato costituito, in larga misura, da puddinghe poligeniche, più o meno cementate, generalmente con alternanze di livelli sabbiosi o sabbioso–argillosi, di età pliocenica; in prossimità del corso del Fiume Sabato a prevalere sono,

verso est, ancora puddinghe poligeniche, ben cementate, in livelli o lenti di spessore (come allo Stretto di Barba, a valle di Altavilla Irpina) ed estensione notevoli e, verso ovest, da arenarie (generalmente poco cementate), marne siltose ed argille, talora alternanti a livelli di puddinghe poligeniche variamente cementate, con lenti gessose e mineralizzazione a zolfo.

L’età sia delle une sia delle altre è messiniana.

Il settore meridionale corrisponde, nelle grandi linee, ai territori comunali di Tufo, Altavilla Irpina e Prata di Principato Ultra. In questo settore, il substrato, sotto il profilo litologico (Servizio Geologico d’Italia, Foglio 173 “Benevento”), vede la presenza di cineriti ocracee e livelli di pomici del II periodo flegreo, alternanti a paleosuoli e materiale detritico sciolto; piroclastiti s. l., con rari livelli tufitici e piccole pomici sono in diversi rapporti stratigrafici con il Tufo Giallo Napoletano e l’Ignimbrite Campana.

A tal proposito, è da segnalare come alcuni Autori (Buondonno et alii, 2006; Magliulo et alii, 2006), e una tale notazione, stante la notevole estensione areale di quelle litologie verso sud, ha valenza pure per il Fiano di Avellino, ritengano che quelle facies siano da riferirsi all’Ignimbrite Campana.

Elemento peculiare, sotto il profilo morfologico dell’area del Greco di Tufo, è la presenza di numerose e rilevanti, incisioni, determinate dall’azione erosiva delle acque superficiali incanalate, che caratterizzano le aree dove affiorano i conglomerati e le sabbie.

Orograficamente in tale area, è possibile individuare due morfostrutture principali, rispettivamente in sinistra ed in destra del corso del Fiume Sabato: la prima corrisponde al prolungamento della dorsale Gran Potenza – S.Leucio – Roccabascerana; la seconda, all’allineamento M. Guardia – Chianche – Montefusco ed al prolungamento di esso verso sudest, sino a Montemiletto – M.Caprio.

La valle del Fiume Sabato, nel tratto che mostra andamento ovest-est, e che è quello compreso tra la stazione ferroviaria di Altavilla Irpina e l’abitato di Tufo, presenta un profilo vallivo asimmetrico, con un versante meridionale assai più dolce di quello settentrionale (fi g. 3), pur considerando il brusco gradino morfologico presente a nordest di Altavilla Irpina.

Una tale asimmetria trae origine dalle caratteristiche litologiche dei terreni di copertura del substrato arenaceo–pelitico: nel versante settentrionale, infatti, essi s’identificano in conglomerati piuttosto cementati, e che mostrano

spessori significativi mentre, in quello meridionale, corrispondono ad una coltre piroclastica, generalmente incoerente.

Sotto il profilo idrogeologico, a essere implicati (Aquino et alii, 2006) sono i complessi piroclastico, conglomeratico ed arenaceo–argilloso–marnoso.

Larga parte delle sorgenti alimentate (considerato l’insieme degli interi territori comunali) ha portata uguale o minore ad 1,00 l/s. Per l’elenco completo delle 68 scaturigini censite, si rinvia ad Aquino et alii (2006); di seguito, vengono indicate solo quelle con portate di una qualche rilevanza, entro quelli che sono i limiti della potenzialità di quegli acquiferi implicati, e che sono Fontana Basso (5,00 l/s) e Acqua Fredda (4,00 l/s).

I terreni hanno profili giovani e immaturi e poggiano il più delle volte direttamente sui loro substrati pedogenetici, sia roccia dura e compatta sia rocce tenere argillose e sabbiose.

Lo scheletro è presente in misura modesta e formato da frammenti e ciottoli silicei o calcarei.

Per contro, i terreni sono decisamente ricchi in argilla, che il costituente più importante, con concertazioni anche fino al 50% della terra fina; in molti casi la frazione argillosa e attenuata da sabbia e limo, presenti in misure notevoli oer cui gran parte dei terreni dell’areale risultano argillosi o argillo limosi (terreni pesanti), oppure sabbio-argillosi.

Reazione: Prevalgono i terreni a reazione neutra e sub-alcalina con una punta di pH 8,0.

Calcare totale: EstremamentIn genere debole è la presenza di calcare

Humus: generalmente modeste, con sostanza organica inferiore al 2% e azoto fra 0,7 e 2,24g/kg.

Anidride fosforica assimilabile: Sebbene il contenuto in fosforo totale è di norma bastevole a volte anche esuberante, in relazioni alle roccie madri di origine, il contenuto in fosforo assimilabile è modesto, con tenori che variano da 21 a 67 mg/kg.

In merito alla dotazione potassica, i terreni del Greco di Tufo, qualunque sia l’origine, sono ben provvisti. I valori di Ossido di potassio scambiabile è ricompreso tra 250-980 mg/kg con valori medi intorno a 450-500 mg/kg

Prerogativa dei terreni è la ricchezza in magnesio scambiale con concentrazioni da 110 a 940 mg/kg. Questo elemento esplica un’azione fortemente positiva sull’attività vegetativa della vite, favorendo sia i processi di lignificazione sia le caratteristiche organolettiche del vino.

Altrettanto buona dotazione di boro, rame, manganese e zinco.

Sotto il profilo enologico, il contenuto elevato di argilla ha influenza positiva sulla qualità delle produzioni, particolarmente durante i periodi di siccità estiva, consentendo una più regolare maturazione delle uve con una buon mantenimento dei livelli di acidità. Altrettanto positiva la ricchezza in potassio e magnesio scambiabile che conferisce ai vini intensità di profumi, buona struttura ed equilibrio.

Clima

Le condizioni termiche, idrometriche ed anemometriche che caratterizzano l’areale sono pressoché ideali per un processo di maturazione caratterizzato da gradualità ed equilibrio tra tenore zuccherino e acidità, consentendo l’ottenimento di produzioni enologiche pregiate.

Tale favorevole situazione è chiaramente dovuta alla posizione geografica e all’orografia del territorio.

L’andamento climatico sia dal punto di vista termico che delle precipitazione è fortemente influenzato dai numerosi ettari di bosco che ricoprono i monti che caratterizzano l’ambiente circostante e che ne sfavoriscono il surriscaldamento. In generale, il clima invernale è rigido, non di rado ci sono precipitazioni a carattere nevoso, come il clima estivo è alquanto mite.

Temperature:

Di numero molto elevato i giorni di sole, abbastanza frequenti le gelate primaverili, talvolta anche tardive. Molto pronunciate le escursioni termiche tra le temperature medie max e min durante il periodo Luglio- Settembre.

Precipitazioni:

Buona la piovosità che di solito nell’arco dell’anno raggiunge, anche se di poco i 1100 mm.

La distribuzione delle piogge, si addensa nell’autunno-inverno concentrando ben oltre il 70% delle precipitazioni con un periodo estivo particolarmente asciutto con in media il 6% del totale delle precipitazioni.

Venti: i venti dominanti sono quelli meridionali e sudoccidentali, umidi e tiepidi.

Per la sua ubicazione e la sua orografia, l’area ha una protezione verso i venti orientali mentre e esposta a quelli di origine tirrenica. Ne consegue che l’area è protetta dai venti freddi del quadrante nord-est, mentre nessun ostacolo è frapposte alle correnti umide dei quadranti occidentali e meridionale.

Fattori umani

La coltivazione della vite nell’area si perde nella notte dei tempi, intimamente connessa allo scorrere del fiume Sabato che l’attraversa e che deriva il nome dal popolo dei Sabini, il cui eponimo era Sabus (Cat. apd. DYONIS, II, 49; LIB. VIII, 41) o Sabatini, una tribù dei Sanniti stanziatasi nel bacino del fiume Sabatus (Livio).

Lungo le anse del fiume altrettanto correvano e corrono, ancora oggi, le antiche vie univano l’Irpinia al Sannio e alleavano le tribù Irpine e Sannite.

L’area si rafforza come nucleo d’insediamento e progresso per la viticultura nell’800 grazie alla scoperta di enormi giacimenti di zolfo nel comune di Tufo.

La presenza e la disponibilità dello zolfo gioverà all’esplosione della coltivazione della vite in tutta l’Irpinia, dando origine in contemporanea alla tecnica della “zolfatura” che permetteva di proteggere i grappoli dagli agenti patogeni esterni.

Testimonianza della presenza costante della vite quale sostentamento economico delle popolazioni locali è data dalla bibliografia che tratta dell’evoluzione sociale ed economica dell’area nel periodo a cavallo del medioevo e l’ottocento.

A Montefusco, capitale del Principato Ultra (coincidente in larga parte con l’attuale provincia di Avellino) che rappresentava un importante mercato interno, il 5 novembre del 1592, con Regio Assenso, il Capitano di Montefusco era autorizzato a riscuotere una gabella sul vino di 4 carlini per ogni soma che entrava in città.

Tra le varie fonti, l’“Apprezzo del Feudo della Baronia di Montefusco del 1704” (archivio parrocchiale di S. Angelo a Cancello, fasc. 2/16) dove si evidenzia che oltre il 61% dei terreni del feudo erano occupati da vigneti. Larga parte del territorio del feudo è, ancora oggi, corrispondente agli odierni comuni di Montefusco e S. Paolina.

Analogamente la relazione del catasto del 29 maggio 1815, fatta dal sindaco di Tufo e dal corpo decurionale, attesta che la vite investiva all’incirca 286 tomoli di terra che è una superficie lievemente inferiore a quella che attualmente occupa la stessa cultura.

Nel XIX secolo l’attività vitivinicola dell’intera provincia, con una produzione superiore a un milione di ettolitri largamente esportati, e dell’area del Greco di Tufo, sono l’asse economico portante dell’economia agricola degli anni e del tessuto sociale tanto da portare alla costruzione della prima strada ferrata d’Irpinia, da lì a poco chiamata propriamente “ferrovia del vino”, che collegava i migliori e maggiori centri di produzione vinicola delle Colline del Sabato e del Calore direttamente con i maggiori mercati italiani ed europei.

In particolare nell’area del Greco, ancora oggi, due sono le stazioni ancora esistenti: Tufo e Prata.

Di conseguenza si genera lo sviluppo di un forte indotto con lo sviluppo di officine meccaniche specializzate nella costruzione e commercializzazione sia di pompe irroratrici e attrezzature specialistiche per la viticoltura sia di sistemi enologici.

A livello scientifico la valenza tecnico-economica delle produzioni di Greco di Tufo viene riconosciuto in tutti gli studi di ampelografia e enologia succedutesi nel tempo:

Il vitigno Greco Bianco di Tufo è descritto nell’Ampelographie di Viala e Vermol (1909): “….Greco Bianco di Tufo: vitigno delle regioni meridionali d’Italia e soprattutto della provincia di Avellino, molto apprezzato e molto coltivato per la superiore qualità del suo vino, di un colore giallo-dorato; è probabilmente l’Aminea Gemella degli antichi autori; è pure il vitigno che è stato coltivato, nel 1° secolo a.C. sulle falde del Vesuvio……”.

Successivamente l’ampelografo Ferrante nel “Un vitigno di antica nobiltà: Il Greco del Vesuvio o Greco di Tufo : (Aminea gemella L.G.M. Columella): note ampelografiche ed esperienze di vinificazione”, nel 1927, scrive: “che la varietà detta Greco del Vesuvio o Greco di Tufo sia l’Aminea Gemella, tanto stimata nell’antichità, non v’è dubbio. La diffusione di essa è nella stessa zona che occupava in antico, la tradizionale bontà del suo vino e dalle caratteristiche bio/morfologiche mantenutesi costante nei secoli.

E’ coltivato esclusivamente in alcune zone delle provincie di Avellino e Napoli.

Può dirsi sconosciuto altrove>> In merito alla estensione delle zone di coltivazione, l’autore rileva: “dopo circa due millenni d’intensa coltivazione, il Greco era diventato raro sulle pendici del Vesuvio e sui colli di Sorrento, mentre era coltivato intensamente sulla media valle del Sabato, più precisamente, a Tufo “principale centro di coltura” e nei paesi

limitorfi di Prata P.U.; Altavilla, Chianche, Montefusco, etc…”

Più vicino ai nostri tempi Bordignon S. 1964, “Greco” (o Greco di Tufo), Ministero dell’Agricoltura e Foreste, Principali vitigni da vino coltivati in Italia: “Il Greco sia da identificarsi con l’Aminea Gemella di Columella per molti argomenti validissimi quali l’area di cultura che è quella occupata in antico dalle Aminee, le caratteristiche del grappolo…., non chè la bontà del vino lodata attraverso i tempi….”

L’autore, dopo la descrizione ampelografica, afferma che: “il vitigno prospera bene nelle terre profonde, di origine vulcanica e fresche, fornendo una maggiore quantità di uva dalla quale si ottiene un vino più ricco, intenso e profumato, più armonico e più fine come è quello di Tufo”.

Venendo ai giorni nostri il vino bianco “Greco di Tufo”, prodotto nell’area per come descritta, assume tale denominazione sin dal secolo scorso e la denominazione “Greco di Tufo” viene riportata dal D.M. 15-10-1941 (G.U. 17-10-1941 n. 246) contenente le norme per la classificazione dei vini comuni, pregiati e speciali d’Italia agli effetti della determinazione dei prezzi.

Il Greco di Tufo venne classificato tra i vini bianchi pregiati, alla categoria II con gradazione alcolica minima

di 12 gradi. Tale denominazione figura inoltre nella “Carta dei Vini Tipici d’Italia” edita nel 1961 da Unione Italiana Vini.

Infine degna di menzione è la definizione data dal Prof, Garoglio nel trattato “Nuova Enologia”: “Vino Bianco pregevolissimo, dal profumo intenso, gradevolissimo, di sapore delicato, aromatico, la cui produzione deve essere incoraggiata con tutti i mezzi.

La forma di allevamento prevalente nel vigneto specializzato, dell’area in questione, è la spalliera, con potature a Guyot e cordone speronato a ridotta di gemme per ceppo finalizzate all’ottenimento di uve dal potenziale enologico qualitativamente ottimo e ben equilibrato.

Tale sistema, negli ultimi trentennio, ha progressivamente soppiantato l’antico “Sistema Avellinese”. Il sesto d’impianto più frequentemente utilizzato per i nuovi impianti è di m. 2.40 x m. 1.00.

Relativamente alle forme di allevamento l’obiettivo della qualità, ha indotto i produttori a realizzare impianti ad alta densità e meccanizzabili e negli anni tali produzioni si sono modificate sempre più a favore della qualità, aumentando significativamente il numero di viti per ettaro e con una resa produttiva tra gli 80-100 ql/Ha.

La resa in vino si aggira tra il 68-70% con delle produzioni finali oscillanti prossime ai 40.000 Hl. di vino, a fronte di una produzione potenziale possibile di circa 60.000 Hl.

Fattori storici

Di fondamentale rilievo sono i fattori storici – antropologici legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino GRECO DI TUFO.

La viticoltura nell’area di produzione del GRECO DI TUFO ha origini antichissime che risalgono alle popolazioni locali e successivamente all’arrivo di colonizzatori greco – micenei i quali diedero primo impulso alla millenaria coltivazione della vite nell’antico Sabazios, poi ripresa dagli etruschi.

Il vitigno più antico dell'Avellinese è senza dubbio il Greco di Tufo, da cui si ricava l'omonimo vino, importato dalla regione greca della Tessaglia, dai Pelagi.

La conferma dell'origine millenaria di questa vite è data dal ritrovamento a Pompei di un affresco risalente al I secolo a.C. dove si menziona esplicitamente il "vino Greco".

La coltivazione del vitigno Greco fu diffusa all'inizio sulle pendici del Vesuvio e successivamente in altre zone della in

provincia di Avellino, dove prese il nome di Greco di Tufo.

Il suo nome “Greco” ci dichiara apertamente le origini geografiche e storiche, in principio era chiamato Aminea Gemina: Aristotele riteneva che il vitigno delle Aminee arrivasse dalla Tessaglia, terra di origine degli Aminei, popolo che colonizzò la costa napoletana ed impiantò questo pregiato vitigno sui pendii fertili del Vesuvio.

Ne testimonia la remota presenza sul vulcano un affresco ritrovato nell’antica Pompei risalente al I secolo a.c., dove viene chiaramente nominato il vino “greco”.

Plinio il Vecchio invece ne conferma il pregio scrivendo “ In verità il vino Greco era così pregiato che nei banchetti veniva versato una sola volta”. Nel corso del tempo, l’antico popolo ellenico si spinse verso l’interno della Campania e l’Aminea Gemina (gemina sta per gemella in quanto produceva numerosi grappoli doppi) raggiunse l’ Irpinia, zona notoriamente vocata per la produzione di vini di qualità.

Scrittori come: Catone, Varrone, Virgilio, Plinio e Columella lodavano la fertilità di queste viti che si distinguevano non solo per la qualità del prodotto ma anche per la costanza di produzione, tanto che, si legge in Columella, da un pergolato, pare, si potessero ottenere cinquanta litri di vino per ciascun ceppo. Lo stesso autore vissuto all’inizio dell’era cristiana, proprietario e coltivatore, descrisse cinquanta vitigni e fra questi dette maggior risalto alle viti Aminee che annoverò tra le più produttive.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati ad Sud-Est/Sud-Ovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento equilibrato di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.

La millenaria storia vitivinicola dell’area di produzione del Greco di Tufo, iniziata in epoca preromana, portata al rango di vera attività socio-economica con l’avvento dell’Impero Romano, è attestata da numerosi manoscritti e fonti storiche, è la fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani, la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Greco di Tufo”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizioni tecniche di coltivazione della vite e le competenze enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso processo scientifico e tecnologico.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

I vini di cui il presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne da una chiara individuazione e tipizzazione legata all’ambiente pedo-climatico.

In particolare i vini Greco di Tufo presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi armonici e gradevoli del vitigno di origine e delle relative tecniche di vinificazione quale evidenza dell’interazione vitigno-ambienteuomo.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Is.Me.Cert. Istituto Mediterraneo di Certificazione Agroalimentare

Corso Meridionale 6

80143 Napoli .

Organismo di controllo di cui all’art. 3, comma 1, let. B) e C) del DM 19 marzo 2010.

L’IsMeCert è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25,

par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

TAURASI

D.O.C.G.

Decreto 11 marzo 1993

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 12 luglio 2013

(fonte GURI)

 

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi”, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

“Taurasi” rosso;

“Taurasi” rosso riserva.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi” è riservata ai vini rossi ottenuti da uve di vitigni costituiti dal vitigno Aglianico minimo 85%.

Possono concorre altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia di Avellino, fino a un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi” comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni di Taurasi, Bonito, Castelfranci, Castelvetere sul Calore, Fontanarosa, Lapio, Luogosano, Mirabella Eclano, Montefalcione, Montemarano, Montemileto, Paternopoli, Pietradefusi, Sant’Angelo all’Esca, San Mango sul Calore, Torre le Nocelle e Venticano,

tutti in provincia di Avellino.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi” devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerarsi idonei i vigneti collinari o comunque di giacitura ed esposizioni adatte, con assoluta esclusione di quelli impiantati su terreni di fondovalle, umidi e non sufficientemente soleggiati.

I sesti di impianto, le forme di allevamento e i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati e comunque atti a non modificare le peculiari caratteristiche dell’uva e del vino.

È vietata ogni pratica di forzatura.

La produzione massima per ettaro di coltura specializzata non deve essere superiore a 10,00 t/ha di uva.

Nel caso di vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva ammessa dovrà essere calcolata in relazione alla effettiva estensione di terreno vitato.

A tali limiti, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la produzione dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve, purché la produzione complessiva non superi del 20% i limiti massimi sopra stabiliti.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasiun titolo alcolometrico volumico minimo naturale dell’11,50% vol.

e alla tipologia “riserva” un titolo alcolometrico volumico minimo naturale del 12,00%.

La Regione Campania, con proprio provvedimento, su proposta del Consorzio di Tutela, sentite le Organizzazioni di Categoria interessate, di anno in anno, può stabilire di ridurre i quantitativi di uva per ettaro rivendicabile rispetto a quelli sopra fissati, dandone immediata comunicazione all’organismo di Controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione ivi compreso l’invecchiamento obbligatorio, devono essere effettuate nell’ambito del territorio della provincia di Avellino.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

La conservazione e l’invecchiamento devono essere effettuati secondo i metodi tradizionali e comunque in maniera tale da non modificare le caratteristiche proprie del vino.

L’arricchimento dei mosti o dei vini aventi diritto alla Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi” deve essere effettuato esclusivamente con mosti concentrati provenienti dalla zona di produzione delle uve di cui al precedente articolo 3 o con mosto concentrato rettificato.

Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi” deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno

tre anni

di cui almeno uno in botti di legno.

Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi” nella tipologia “riserva” deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno

quattro anni,

di cui almeno diciotto mesi in botti di legno.

Il periodo di invecchiamento decorre dal 1° dicembre dell’annata di produzione delle uve.

È consentita l’aggiunta, a scopo migliorativo, di vino “Taurasi” più giovane a identico “Taurasi” più vecchio, o viceversa, nella misura massima del 15% nel rispetto delle disposizioni CEE in materia.

In tal caso, in etichetta dovrà figurare il millesimo del vino che concorre in misura preponderante.

La resa massima delle uve in vino non deve essere superiore al 70% al primo travaso e non dovrà superare il 65% dopo il periodo di invecchiamento obbligatorio.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi” all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Taurasi” rosso:

colore: rubino intenso, tendente al granato fino ad acquistare riflessi arancioni con l’invecchiamento;

profumo: caratteristico, etereo, gradevole più o meno intenso;

sapore: asciutto, pieno, armonico, equilibrato, con retrogusto persistente;

titolo alcolometrico volumico minimo totale: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

“Taurasi” riserva:

colore: rubino intenso, tendente al granato fino ad acquistare riflessi arancioni con l’invecchiamento;

profumo: caratteristico, etereo, gradevole più o meno intenso;

sapore: asciutto, pieno, armonico, equilibrato, con retrogusto persistente;

titolo alcolometrico volumico minimo totale: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, stabilire limiti minimi diversi per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi” riserva, proveniente da uve che assicurano un titolo alcolometrico volumico minimo naturale del 12,00% vol.,

sottoposto alle condizioni di invecchiamento di cui all’articolo 5 del presente disciplinare, all’atto dell’immissione al consumo deve possedere un titolo alcolometrico volumico minimo complessivo del 12,50%.

 

Articolo 7

Etichettatura e designazione

 

Nella designazione e presentazione del vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi” la specificazione di tipologia “riserva” deve figurare al di sotto della dicitura “denominazione di origine controllata e garantita” ed essere scritta in caratteri di dimensioni non superiori a quelli utilizzati per la denominazione di origine “Taurasi”, della stessa evidenza e riportata sulla medesima base colorimetrica.

È vietato usare assieme alla Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi” qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi “superiore”, “extra”, “fine”, “selezionato” e similari.

È consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell’imbottigliatore quali “viticoltore”, “fattoria”, “tenuta”, “podere”, “cascina” e altri termini similari sono consentite in osservanza delle disposizioni CEE e nazionali in materia.

Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi”deve figurare l’indicazione, veritiera e documentabile, dell’annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

Il vino Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi”deve essere immesso al consumo in bottiglia o altri recipienti di vetro di capacità non superiore a 5 litri, muniti di un contrassegno di Stato, applicato in modo tale da impedire che il contenuto possa essere estratto senza l’inattivazione del contrassegno stesso.

I recipienti di cui al comma precedente devono essere di forma bordolese, di vetro scuro, chiusi con tappo di sughero e, per quanto riguarda l’abbigliamento, confacenti ai tradizionali caratteri di un vino di particolare pregio.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

a) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali

Il territorio di produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi”, comprende i territori comunali, tutti in provincia di Avellino, di Taurasi, Bonito, Castelfranci, Castelvetere sul Calore, Fontanarosa, Lapio, Luogosano, Mirabella Eclano, Montefalcione, Montemarano, Montemiletto, Paternopoli, Pietradefusi, S. Angelo all’Esca, S. Mango sul Calore, Torre le Nocelle e Venticano.

Le caratteristiche litologiche del substrato (Servizio Geologico d’Italia, Foglio 174 “Ariano Irpino” e 186 “S. Angelo dei Lombardi”) consentono una suddivisione, di larga massima, in tre settori variamente estesi.

Quello occidentale, si caratterizza per presenza e prevalenza di argille varicolori nei territori di Venticano e Pietradefusi; di quelle stesse argille e di calcareniti, in quelli di Montemiletto e Torre le Nocelle: in quest’ultimo, è presente anche l’Ignimbrite Campana. Argille varicolori, con intercalazioni lapidee, variamente estese e potenti, caratterizzano i territori di Lapio e Montefalcione, in corrispondenza dei quali vi è “sovrapposizione” con l’areale del Fiano di Avellino.

Nel settore orientale, sono i conglomerati poligenici, con intercalazioni sabbiose e sabbioso–argillose, con locali coperture detritiche, la litologia tipica delle aree di Luogosano e Paternopoli.

Arenarie poco cementate, con orizzonti conglomeratici alla base ed intercalazioni calcarenitiche, arenacee e pelitiche, a vari livelli, affiorano nei territori di S. Mango sul Calore, Castelvetere sul Calore, Montemarano e Castelfranci.

Il settore nordorientale abbraccia il territorio di Bonito, entro il quale sono presenti arenarie scarsamente cementate e sabbie argillose e sabbie ed arenarie con livelli di puddinghe; quelli di Mirabella Eclano e S. Angelo all’Esca vedono l’affiorare di sabbie ed arenarie con livelli di puddinghe: le argille varicolori sono “elemento” subordinato nel primo; coltri eluviali commiste ad elementi vulcanici sensu lato, molto alterati, ricoprono, con estensioni varie, il secondo.

Nell’area di Fontanarosa, a tetto delle argille varicolori affiorano arenarie e sabbie argillose; in quella di Taurasi, le

stesse peliti mostrano coperture, anche molto estese, di depositi cineritici e lapillosi, oltre che di eluvium misto ad elementi vulcanici sensu lato, molto alterati.

Sotto il profilo morfologico, i rilievi in sinistra del tratto di corso del F. Calore compreso tra Taurasi e Castel del Lago sono elemento della dorsale M. Guardia–Chianche–Montefusco–Montemiletto–Monte Caprio.

Rilievi collinari occupano un’ampia fascia, che è delimitata, ad ovest, dalla dorsale appena citata e da parte del prolungamento meridionale di essa; a nord dal tratto del corso del Fiume Ufita compreso, circa, tra Bonito e Grottaminarda; ad est da una ideale congiungente l’alto corso del Fiume Ofanto con il Torrente Fredane, e, a sud/sudovest, da quella parte del bordo orientale del Gruppo Terminio–Tuoro, compresa tra Castelvetere sul Calore e Cassano Irpino.

Quei rilievi, generalmente molto meno elevati a fronte delle grandi strutture carbonatiche mesozoiche che, in parte, bordano, hanno forme molto spesso dolci e pendii per lo più poco acclivi, particolarmente dove è la componente pelitica a prevalere. Rotture di pendio, anche molto brusche, e versanti dirupati caratterizzano, spesso, le aree entro le quali prevalgono successioni (o intervalli) lapidei, generalmente calcarenitici.

L’assetto idrogeologico si caratterizza per la presenza di vari complessi: il detritico–eluviale; il piroclastico; il conglomeratico; l’arenaceo–argilloso-marnoso; l’argilloso–marnoso; l’argilloso e il calcareo.

I terreni hanno profili giovani e immaturi e poggiano il più delle volte direttamente sui loro substrati pedogenetici, sia roccia dura e compatta sia rocce tenere argillose e sabbiose.

Lo scheletro è presente in buona misura e formato da frammenti e ciottoli silicei o calcarei. Per contro, i terreni sono decisamente ricchi in argilla e calcare che il costituente più importante, con concertazioni anche prossime al 50% della terra fina; in molti casi la frazione argillosa e attenuata da sabbia e limo, presenti in misure notevoli per cui gran parte dei terreni dell’areale risultano argillosi o argillo limosi, oppure sabbio-argillosi. In generale si va da terreni, originati da ceneri e pomici, con una piattaforma cineritica, profondi, a tessitura moderatamente grossolana, ben drenati, ricchi in carbonio organico e azoto a terreni calcareo argillosi molto compatti ricchi soprattutto in calcio e potassio scambiabile

Reazione: Prevalgono i terreni a reazione neutra e sub-alcalina con punte di pH 8,20.

Calcare totale: mediamente buona la presenza di calcare.

Humus: generalmente modeste, con sostanza organica compresa tra 10 e 27,0 g/kg, e azoto fra 0,8 e 2,45g/kg. Il rapporto C/N in media è intorno a 10

Anidride fosforica assimilabile: Sebbene il contenuto in fosforo totale è di norma bastevole a volte anche esuberante, in relazioni alle rocce madri di origine, il contenuto in fosforo assimilabile è modesto, con tenori che variano da 16 a 50 mg/kg con medie intorno ai a 30 mg/kg.

In merito alla dotazione potassica, i terreni del Taurasi, qualunque sia l’origine, sono ben provvisti. I valori di Ossido di potassio scambiabile è ricompreso tra 250-980 mg/kg con valori medi intorno a 450- 500 mg/kg

Prerogativa dei terreni è la ricchezza in magnesio scambiale con concentrazioni da 110 a 940 mg/kg.

Questo elemento esplica un’azione fortemente positiva sull’attività vegetativa della vite, favorendo sia i processi di lignificazione sia le caratteristiche organolettiche del vino. Altrettanto buona dotazione di boro, rame, manganese e zinco.

La dotazione potassica dei terreni del Taurasi ed Irpini in generale, qualunque sia la loro origine, è abbastanza elevata. Si riscontrano valori di potassio totale, espresso in termini di K2O mai inferiori a 4,5 -5,0 g/kg, con medie superiori ai 12 g/kg. Il contenuto di potassio scambiabile varia tra i 230 e 1000 mg/kh, con valori medi facilmente superiori ai 500 mg/kg. Nell’areale i terreni a maggior dotazione si riscontrano nell’areale di Lapio e Montefalcione.

Enologicamente l’elevato contenuto elevato di argilla dei terreni del Taurasi ha influenza positiva sulla qualità delle produzioni, particolarmente durante i periodi di siccità estiva, consentendo una più regolare maturazione delle uve con una buon mantenimento dei livelli di acidità. Altrettanto positiva la ricchezza in potassio e magnesio scambiabile che conferisce ai vini intensità di profumi, buona struttura ed equilibrio.

Clima

Il clima è tipico delle zone di entroterra, caratterizzato da forti escursioni termiche e bassa piovosità.

Le condizioni termiche, idrometriche ed anemometriche che caratterizzano l’areale sono pressoché ideali per un processo di maturazione caratterizzato da gradualità ed equilibrio tra tenore zuccherino e acidità, consentendo l’ottenimento di produzioni enologiche pregiate.

Tale favorevole situazione è chiaramente dovuta alla posizione geografica e all’orografia del territorio.

L’andamento climatico sia dal punto di vista termico che delle precipitazione è fortemente influenzato dai numerosi ettari di bosco che ricoprono i monti che caratterizzano l’ambiente circostante e che ne sfavoriscono il surriscaldamento. In generale, il clima invernale è rigido, non di rado ci sono precipitazioni a carattere nevoso, come il clima estivo è alquanto mite.

Temperature:

Di numero molto elevato i giorni di sole, abbastanza frequenti le gelate primaverili, talvolta anche tardive.

Molto pronunciate le escursioni termiche tra le temperature medie max e min durante il periodo Luglio- Settembre. Si registrano di frequente forti inversioni termiche e minime negative durante i mesi invernali con cali di temperatura considerevoli dopo il tramonto. Sempre i dati storici riportano una temperatura minima registrata nel gennaio del 1985 di -14 °C e una temperatura massima di 42 °C nel luglio 2003; tutto questo inserito in medie annuali, per le massime di circa 21 °C e per le minime di circa 10 °C.

Precipitazioni:

Buona la piovosità che di solito nell’arco dell’anno raggiunge, anche se di poco, i 1000 mm. Dati storici riportano una piovosità intorno ai 600-800 mm, generalmente in linea con le caratteristiche sopra citate.

La distribuzione delle piogge, si addensa nell’autunno-inverno concentrando ben oltre il 70% delle precipitazioni con un periodo estivo particolarmente asciutto con in media il 6% del totale delle precipitazioni.

Venti: È generalmente caratterizzata da una ventilazione meno sostenuta rispetto alle zone più esposte della regione. Fattore tipico della località è l’instaurarsi di brezze di versante nelle ore notturne con direzione NE.

I venti dominanti sono quelli meridionali e sudoccidentali, umidi e tiepidi.

Fattori umani

Taurasi è non il vino di un’area di grande tradizione vitivinicola, che comprende 17 comuni dell’Irpinia che costituiscono l’area produttiva, ma la millenaria fonte vivente dell’intimo connubio socioeconomico instauratosi fin dall’antichità tra la terra, il vino e l’uomo in Irpinia .

Eccellente frutto di una miscela perfetta d’ingredienti unici e non ripetibili: la terra, il clima e le uve dei rigogliosi vigneti di Aglianico situati sulle splendide colline irpine, tra i 400 ed i 700 metri slm, l’alta qualità delle produzioni di Taurasi e la loro diversificazione, secondo i terroir di origine dei singoli vini, offre al consumatore un’ampia ma ardua scelta di eccellenza qualitativa.

Inscindibilmente legato all’ambiente naturale di origine, che ne detta la natura, e all’ambiente umano che la imprime in vini di unica qualità, il Taurasi riveste un ruolo rilevante nell’ambito dei beni tangibili espressione di quel carattere ambientale che in esso si condensa e si esplicita: simbolo di sicurezza, rifugio espressivo delle asperità di un ambiente naturale non ferace e sempre in grado di evocare sentimenti di mistero e timore.

Testimonianza della presenza costante della vite quale sostentamento economico delle popolazioni locali è data dalla bibliografia che tratta dell’evoluzione sociale ed economica dell’area nel periodo a cavallo del medioevo e l’ottocento.

Nel XIX secolo l’attività vitivinicola dell’intera provincia, con una produzione superiore a un milione di ettolitri largamente esportati, e dell’area del TAURASI, sono l’asse economico portante dell’economia agricola degli anni e del tessuto sociale tanto da portare alla costruzione della prima strada ferrata d’Irpinia, da lì a poco chiamata propriamente “ferrovia del vino”, che collegava i migliori e maggiori centri di produzione vinicola delle Colline del Sabato e del Calore direttamente con i maggiori mercati italiani ed europei. In particolare nell’area di produzione, ancora oggi, sono presenti le stazioni di: Taurasi, Lapio.

Contribuisce a far diventare l’area uno dei più importanti centri vitivinicoli italiani l’istituzione della Regia Scuola di Viticoltura & Enologia di Avellino che sarà l’artefice della diffusione di numerose osservazioni scientifiche sul vino TAURASI.

La presenza della Scuola, quale propulsore del progresso socio-economico, porterà la filiera vitivinicola Avellinese a divenire uno delle prime provincie italiane per produzione ed esportazioni di vino, principalmente verso la Francia, come le fonti dimostrano.

Di conseguenza si genera lo sviluppo di un forte indotto con lo sviluppo di officine meccaniche specializzate nella costruzione e commercializzazione sia di pompe irroratrici e attrezzature specialistiche per la viticoltura sia di sistemi enologici.

A livello scientifico la valenza tecnico-economica delle produzioni dei vini Aglianico di TAURASI è riconosciuta nalla copiosa produzione di studi di ampelografia e enologia succedutesi nel tempo.

Tra questi ricordiamo del: 1896 nella “Monografia sulla vitivinicoltura Irpina” inclusa nel volume del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, oltre ad essere descrive il “vino di tipo rosso da pasto conosciuto in commercio

con il nome TAURASI, ha bel colore rosso rubino carico, con gradevole sapore, ………..” vi è acclusa una dettagliata tabella di caratterizzazione eno-analitica delle vendemmie: 1888,1890,1891,1892,1894.

Sannino (1891): “le migliori produzioni del vino si hanno a: Taurasi, Castelfranci e Gesualdo tutti nell’Irpinia”.

Paris (1911): è il primo ricercatore che analiticamente caratterizza i vini provenienti da tre ben specifiche sottozone Montefalcione, Montemarano e Castelfranci.

Ferrante (1914) pubblica risultati delle prove di vinificazione su uve Aglianico di Taurasi provenienti da Montemarano e dell’interazione nel miglioramento qualitativo della pratica di diraspatura Cotone, 1915, che accerta che la migliore zona per la produzione del vino Aglianico di Taurasi sono: Lapio, Taurasi, S.Mango sul Calore, Montefalcione, Montemarano).

Ministero dell’Economia Nazionale, 1923, ricorda che “l’Aglianico era fra i più diffusi nel distretto mesozoico, particolarmente nella zone del Medio Colle dell’agro Taurasino e del Medio colle del Sabato.

Nella prima di tali zone è ben conosciuto come il vino di Taurasi, robusto, sapido, tannico, molto colorato e che con l’invecchiamento acquista profumo gradevole e perde l’eccesso tannico e diventa armonico, tanto da rivaleggiare con i migliori vini piemontesi.

I migliori vini si ottengono da Taurasi, Torre Le Nocelle, San Mango sul Calore, Luogosano e Montemiletto. Specialmente da questi ultimi si ottengono vini ricchi di acidità, di colore vivacissimo e capaci di affinarsi molto con

l’invecchiamento”.

Da ultimi ponderosi e approfonditi gli studi di Bordignon, Dalmasso (1931), Garoglio (1944). Vitagliano, 1986, che dalle sue indagine indica che i migliori vini Taurasi derivano dai comuni di: Montemarano, Pietradefusi, Venticano, Paternopoli;

Con D.M. 15.10.1941, Ministero dell’Agricoltura, il Taurasi viene incluso nella categoria III, gruppo 2 della classificazione dei vini comuni, pregiati e speciali d’Italia agli effetti della determinazione dei prezzi.

La diffusa e specializzata presenza della vite nell’area nei secoli dà luogo allo sviluppo nell’area di un sistema di allevamento tipico conosciuto come “Alberata Taurasina o Antico sistema taurasino”, risalente alla scuola etrusca.

Anche se nel paesaggio è possibile ancora vedere qualche alto festone delle tradizionali “alberate taurasine” che hanno rappresentato per secoli il sistema di allevamento dell’Aglianico di Taurasi, con la moderna viticoltura, oggi, la forma di allevamento prevalente nel vigneto specializzato è la spalliera, con potature a Guyot e cordone speronato a ridotta di gemme per ceppo finalizzate all’ottenimento di uve dal potenziale enologico qualitativamente ottimo e ben equilibrato. Tale sistema, nell’ultimo trentennio, ha progressivamente soppiantato l’“Alberata Taurasina”.

Il sesto d’impianto più frequentemente utilizzato per i nuovi impianti è di m. 2.40 x m. 1.00.

Riguardo le forme di allevamento l’obiettivo della qualità, ha indotto i produttori a realizzare impianti ad alta densità e meccanizzabili e negli anni tali produzioni si sono modificate sempre più a favore della qualità, aumentando significativamente il numero di viti per ettaro e con una resa produttiva molto bassa di circa 50 ql/Ha.

Fattori storici

Di fondamentale rilievo i fattori storici – antropologici legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino TAURASI

L’Aglianico di Taurasi, vitigno antichissimo, probabilmente originario della Grecia viene introdotto in Italia intorno al VII-VI secolo a.C.

Non ci sono certezze sulle origini del nome, che potrebbero risalire all’antica città di Elea (Eleanico), sulla costa tirrenica della Lucania, o essere più semplicemente una storpiatura della parola Ellenico secondo cui il nome originario (Elleanico o Ellenico) divenne Aglianico durante la dominazione aragonese nel corso del XV secolo, a causa della doppia l pronunciata gli nell’uso fonetico spagnolo.

Il nome del vino trae origine dalla storica e antica l’arx Taurasia, una delle ventuno città-campagna fondate dagli irpini, popolazione federata ai sanniti. L’arx non è una vera e propria città, poiché è esclusivamente sede del mercato, sito deputato all’amministrazione della giustizia, alla celebrazione dei sacrifici, luogo di raduno in tempo di pace e di ricovero dalle offese nemiche in caso di guerra, gli abitanti, invece, vivono sparsi nel territorio circostante, raggruppati nei vici e nei pagi, cui corrispondono le attuali frazioni e i casali, collegati mediante numerose strade, che popolano le colline del Calore e che sono, ancor’oggi, attuale area produttiva del Taurasi.

Taurasi è fulcro di avvenimenti storici significativi, distrutta e ricostruita più volte nel corso della sua storia. Sarà distrutta dai Romani nel 268 a.C e qui e nei circostanti Campi Taurasini (“Ager Taurasinus”), nel II secolo a.C.. i romani deportano i liguri apuani – popolazione di stirpe celtica – che qui, trovando zone molto fertili, riprendono la coltivazione dei campi e della vite cosiddetta “greca” largamente coltivata dalle popolazioni native annientate. Nel 42 a.C., dopo la battaglia di Filippi in Macedonia, il territorio di Taurasia è assegnato ai soldati romani veterani che vinificano la “vitis ellenica” da loro portata dalla Macedonia.

Sotto Augusto, dopo che le terre dei campi taurasini erano state distribuite a schiere di veterani, sono realizzate una serie di opere civiche e intensificata la rete stradale, per assicurare sicurezza e fornire nuovo impulso all’agricoltura. Le popolazioni Irpine ritornano a dedicarsi all’agricoltura e alle industrie e Taurasi diviene un importante centro agricolo - produttivo assumendo, come testimoniano Tito Livio, Plinio il Vecchio, Strabone o Cluverio, un ruolo strategico economico-militare di primaria importanza.

Ubicata quasi al centro dell’altipiano irpino individuato a oriente da Aeclanum, a nord da Cluvia (Fulsula – odierna Montefusco), a nord-est da Maleventum, a sud-est da Aquilonia, Romules e Trivicum e posta a 1,5 km circa dalla sponda destra del fiume Calore.

Questa area, tutt’oggi, è l’immutata area dei Campi Taurasini e corrisponde all’area produttiva del vino Taurasi.

Testimonianza storico-letterarie sulla presenza della vite e, in particolar modo, del vitigno Aglianico nell’attuale area produttiva del Taurasi è data da Tito Livio, nel suo Ab Urbe Condita, che descrive una “Taurasia dalle vigne opime” fornitrice di ottimo vino per l’Impero,dove si allevava la vite Greca o Ellenica.

Risale al 1167 d.C. il primo documento, a oggi, conosciuto nel quale è citato che la vite coltivata in Taurasi viene chiamata dagli Spagnoli “Aglianica”; e furono gli spagnoli che, a causa della loro pronuncia, trasformarono lil nome della vite Ellanico o Ellanico in Aglianico.

Nel 1898 lo Strafforello scrive: ”Nelle buone annate il vino è assai copioso e molto se ne esporta nelle province limitrofe, principalmente col nomi di vino “Taurasio” ed altri.

Il migliore si raccoglie nei Comuni di Taurasi”.

La rinascita moderna del Taurasi fa data al XIX secolo, quando i vini Irpini diventano il supporto e la salvezza per i tanti produttori di vino del nord Italia e Francia, i cui vigneti erano stati distrutti dal flagello fillosserico.

A Taurasi la “Ferrovia del vino” era così chiamata a causa della gran quantità di vino che partiva dallo scalo verso il Nord del paese e soprattutto Bordeaux.

Alla fine del secolo scorso, nel 1878, la lungimiranza e la grande cultura di Francesco De Sanctis avevano portato alla costituzione dell’Istituto Agrario di Avellino ad indirizzo Enologico e questa scelta ha fatto si che la straordinaria potenzialità varietale e tecnologica non andasse perduta, ma salvaguardata e valorizzata e a tutt’oggi l’Istituto sforna esperti agronomi ed enologi, i quali, innestando, potando, solforando le viti e vinificando personalmente, hanno salvaguardato un patrimonio ampelografico che ancora oggi resta quasi sconosciuto.

La vite divenne in Irpinia la più importante fonte di ricchezza della porvincia (A. Valente) e occupava 63.000 ettari di cui oltre 2000 in coltura specializzata (F. Madaluni 1929). Nel 1934, A.Iannaccone nei “Vini dell’Avellinese”: “appare evidente che l’industria vinicola rappresenta un’attività agraria d’importanza grandissima da cui ripente la floridezza economica di numerosi paese della provincia”.

Nel 1970, il Catasto Viticolo, dopo la distruzione fillosserica ,una guerra mondiale e la ricostruzione, conferma che gli ettari di Aglianico impiantati in Irpinia e in prevalenza nell’agro Taurasino ammontino ad oltre 4.80 in coltura specializzata e circa 1800 in coltura consociata.

Nello stesso periodo però, con una presa di coscienza che imprime una svolta epocale alla produzione viticola Irpina, cominciano a sorgere le prime cantine di imbottigliamento, che nel corso degli anni hanno portato in giro per il mondo la qualità e la grande tipicità dell’uva Aglianico.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati ad Sud- Est/Sud-Ovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento equilibrato di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.

La millenaria storia vitivinicola dell’area di produzione del Taurasi, iniziata in epoca antica e portata al rango di vera attività socio-economica con l’avvento dell’Impero Romano, è attestata da numerosi manoscritti e fonti storiche, è la fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani, la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “TAURASI”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizioni tecniche di coltivazione della vite e le competenze enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso processo scientifico e tecnologico.

Le annate che segnano l’EVOLUZIONE STORICA DEL TAURASI

L’anno 1928 rappresenta la vendemmia simbolo della rinascita del Taurasi. Tutta l’Europa è sconvolta dalla fillossera che ha distrutto i vigneti dei migliori distretti francesi e del nord Italia; a Taurasi la fillossera non è ancora arrivata, grazie ai terreni campani, sabbiosi e vulcanici, che ne impediscono la prolificazione.

In quell’anno con la “ferrovia del vino” da Taurasi partono interi vagoni di vino Aglianico, per rinsanguare i principali distretti viticoli toscani, piemontesi e di Bordeaux.

La fillossera si farà sentire solo alla fine degli anni ’30 e nel 1948 riparte anche a Taurasi la ricostruzione di quegli impianti colpiti dal parassita, che ha risparmiato solo i vigneti su suoli vulcanicisabbiosi.

Nel 1958, sulla spinta della ricostruzione, riprende la produzione di vino di qualità e l’Aglianico si trova a competere con i nuovi vitigni che vengono impiantati su piede americano.

Ma l’Irpinia crede nel suo vitigno principe, l’Aglianico, grazie all’opera dell’Istituto Tecnico Agrario fondato da Francesco De Sanctis nel 1878.

Il 1968 diviene l’anno di riferimento per la straordinaria produzione di Taurasi, della Famiglia Mastroberardino, che rivive nelle sue grandi espressioni a partire proprio con quella annata come il Romaneè-Conti 1961 per il bordolese o il Brunello 1955 per Biondi-Santi.

Da allora la produzione di Taurasi riprende vigore e le annate straordinarie si susseguono sempre più regolarmente; tra quelle che hanno segnato la storia moderna di questo vino ricordiamo: 1970. il primo Taurasi DOC, il cui Disciplinare prevede vino di sole uve Aglianico, con piccole concessioni (15%) ad altri vitigni locali minori quali il Piedirosso. Con D.P.R., 26 marzo 1970, il "Taurasi" diviene D.O.C. La zona di produzione è limitata al territorio di Taurasi e di altri 15 Comuni della provincia di Avellino (tutti ricadenti nella zona agraria catastale IX detta "Medio colle dell'Agro Taurasino").

1977: grazie ad una estate eccezionale dal punto di vista climatico, tutti i produttori hanno l’opportunità di esibire un Taurasi sontuoso, semplicemente memorabile.

1985, 1987,1988 l’incredibile serie di annate tutte a cinque stelle.

1990 l’annata ideale che ogni produttore sogna per coniugare qualità e quantità.

Il susseguirsi di eccellenti annate, fa registrare in questi anni l’esplosione del Taurasi e la sua affermazione tra i grandi vini internazionali; le Cantine imbottigliatrici passano da 10 a circa 80 e con il 1993, un grande millesimo, per il Taurasi arriva il riconoscimento della DOCG, unico vino di tutto il Centro-sud fino al 2003, anno del riconoscimento della DOCG agli altri due grandi vini Irpini: il Fiano di Avellino ed il Greco di Tufo.

1997, altro millesimo classificato a 5 stelle, affaccia il Taurasi all’età contemporanea con vini che esprimono la ricerca di possibili nuovi modelli interpretativi della denominazione, principalmente dovuti all’impiego delle barrique, da sola o affianco alle grandi botti di rovere di Slavonia, e soprattutto sancisce l’avvenuta evoluzione del vigneto dove ormai prevalgono i moderni sesti di impianto, a sostituzione dell’ ormai obsoleta, ma sempre affascinante alberata taurasina.

La presentazione dell’esaltante vendemmia 1999, apre l’epoca con cui mezzo della prima edizione di “Anteprima Taurasi”, i produttori raccontano e guidano il mercato alla conoscenza di questo straordinario ed unico vino. Altrettanto si rafforza il canone del Taurasi: vino dotato di struttura, molto tannico, chiuso quando giovane, ma adatto a lunghissimo invecchiamento.

2001 è la vendemmia della drastica riduzione delle rese, causa di una gelata tardo-primaverile, ma il vino ottenuto si racconta con grande mineralità, buona alcolicità, corpo e pienezza che trovano il loro equilibrio in bottiglia.

2002: una delle peggiori annate degli ultimi 50 anni, la quasi totalità dei produttori, non produrranno il Taurasi declassando i vini alle sottodenominazioni Irpinia Aglianico.

2003 l’eterogeneità la fa da padrona; uve difficili da vinificare a causa di un’estate estremamente calda e secca, ma che alla fine offre comunque ottimi risultati e mette in risalto il valore distintivo dei singoli terroir del Taurasi a dimostrazione della ricchezza e dell’unicum di questo vino e delle sue aree produttive.

2004, generosa ed equilibrata, con vini che esprimono la classicità stilistica del Taurasi: eleganti, austeri. potenti e molto tipici per l’espressione delle varie sottozone.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

I vini di cui il presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne da una chiara individuazione e tipizzazione legata all’ambiente pedo-climatico.

In particolare i vini TAURASI presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi armonici e gradevoli del vitigno di origine e delle relative tecniche di vinificazione quale evidenza dell’interazione vitigno-ambiente-uomo.

Il Taurasi nelle sue varie tipologie, Taurasi e Taurasi Riserva, è vino dotato di struttura, elegante, austero ma equilibrato, tannico, chiuso quando giovane, adatto a lunghissimo invecchiamento, con grande mineralità, buona alcolicità, corpo e pienezza che trovano il loro equilibrio in bottiglia.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Is.Me.Cert. Istituto Mediterraneo di Certificazione Agroalimentare

Corso Meridionale 6

80143 Napoli

Organismo di controllo di cui all’art. 3, comma 1, lett. B) e C) del DM 19 marzo 2010.

L’IsMeCert è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

CASTEL SAN LORENZO

D.O.C.
Decreto 10 marzo 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

1. La Denominazione di Origine Controllata «Castel  San  Lorenzo»  è riservata ai vini che rispondono  alle  condizioni  ed  ai  requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione  per  le  seguenti tipologie:

 

Bianco;

Rosso;

Rosato;

Barbera;

Moscato;

Moscato spumante;

Moscato passito;

Moscato Lambiccato;

Aglianicone.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

1. I vini a Denominazione di Origine Controllata «Castel San Lorenzo» debbono essere ottenuti dalle  uve  provenienti  da  vigneti  aventi, nell'ambito  aziendale,  la  rispettiva  composizione   ampelografica appresso indicata.

 

“Castel San Lorenzo” bianco:

Trebbiano toscano, 50-60%;

Malvasia Bianca, 30-40%,

possono concorrere fino ad un massimo  del  20%  i  vitigni  a  bacca bianca idonei alla coltivazione per la provincia di Salerno.

 

“Castel San Lorenzo” rosso e rosato:

Barbera, 60-80%;

Sangiovese, 20-30%,

possono concorrere fino ad un massimo del 20% i vitigni a bacca  nera idonei alla coltivazione per la provincia di Salerno.

“Castel San Lorenzo” Barbera:

Barbera, minimo l'85%,

possono concorrere fino ad un massimo del 15% i vitigni non aromatici a bacca nera idonei alla coltivazione per la provincia di Salerno.

“Castel San Lorenzo” Moscato,

“Castel San Lorenzo” Moscato spumante,

“Castel San Lorenzo” Moscato passito:

Moscato bianco: minimo l'85%.

Possono concorrere fino ad un massimo  del  15%  i  vitigni  a  bacca bianca idonei alla coltivazione per la provincia di Salerno.

“Castel San Lorenzo” Aglianicone:

Aglianicone, almeno l'85%.

Possono concorrere fino ad un massimo del 15% i vitigni non aromatici a bacca nera idonei alla coltivazione per la provincia di Salerno.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

Le uve  devono  essere  prodotte  nella  zona  di  produzione  che comprende tutto il territorio amministrativo dei comuni di

Castel San Lorenzo, Bellosguardo, Felitto 

e  in  parte  quello  dei  comuni  di

Aquara, Castelcivita, Roccadaspide, Magliano Vetere e  Ottati, 

tutti in provincia di Salerno.

 

Tale zona è così delimitata:

dal punto di incrocio della strada  Controne-Ottati  con  il  confine comunale di Controne il limite segue tale strada verso  est  fino  ad incrociare in prossimità del km 25 il confine che separa i comuni di Ottati e di Sant'Angelo a Fasanella; lungo questo prosegue poi  verso sud-ovest fino ad incrociare il confine di Bellosguardo.

Prosegue in direzione est lungo il confine settentrionale del  comune di Bellosguardo, poi segue quello orientale fino  ad  incrociare  sul torrente Pietra il confine comunale di Felitto.

Prosegue lungo questo in direzione sud-ovest fino  a  raggiungere  il confine di Magliano Vetere. Segue tale confine in direzione sud  fino alla confluenza con il fiume Calore. Costeggia il fiume in  direzione

Felitto fino a raggiungere il confine.

Segue tale confine,  prima  in direzione ovest, poi nord-ovest, fino ad incrociare il confine con il comune di Roccadaspide, in località Tempa Morrecchia.

Prosegue  tale confine in direzione est, poi nord, fino ad incrociare la strada che, passando  per  Tempa  Ciavarello,  raggiunge  il  centro  abitato  di Roccadaspide.

Percorre interamente tale strada fino ad incrociare  la strada che da Roccadaspide porta  ad  Albanella. 

Segue  quest'ultima passando prima per la località Serra, poi Acquaviva, poi contrada De Rosa e M. Tempalli, fino all'incrocio con il confine sud  del  comune di Albanella; lo costeggia fino ad incrociare prima  il  confine  del

comune di Castelcivita poi quello del comune  di  Altavilla  Silentina.

Segue il confine tra i comuni di Altavilla Silentina  e  Castelcivita fino ad incrociare il comune di Controne che  percorre  in  direzione sud-est fino alla confluenza con la strada Controne-Ottati,  punto  di partenza della delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1.Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti  destinati  alla produzione dei vini a Denominazione di  Origine  Controllata  di  cui all'art. 2 devono essere quelle tradizionali della  zona  e  comunque atte a conferire alle uve derivate le specifiche  caratteristiche  di qualità.

Sono pertanto da considerarsi idonei ai fini dell'iscrizione alla  Denominazione  di  Origine  Controllata  unicamente  i  vigneti ubicati  su  terreni  ben  esposti,  con  esclusione  di  quelli   di fondovalle.

2. I sesti di impianto, le forme  di  allevamento  ed  i  sistemi  di potatura, devono  essere  quelli  generalmente  usati  nella  zona  e comunque atti a non modificare  le  caratteristiche  dell'uva  e  del vino.

3. E' vietata ogni pratica di forzatura.

 

4.  La  resa  massima  di  uva  per  ettaro  di  vigneto  in  coltura specializzata per la produzione dei vini di cui all'art. 2  non  deve essere superiore a

12,00 t/ha  per il tipo bianco e a 

10,00 r/ha  per  i  tipi rossi, rosato e moscato.

5. La resa massima di  uve  in  coltura  promiscua  non  deve  essere superiore a:

5,000 kg per ceppo per il tipo bianco,

4,000 kg per ceppo per i tipi rossi, rosato e moscato.

6. A detti limiti, anche in  annate  eccezionalmente  favorevoli,  la resa dovrà essere riportata attraverso una  accurata  cernita  delle uve, purché la produzione globale non superi  del  20  per  cento  i limiti massimi sopra stabiliti.

7.  La  Regione   Campania,   con   proprio   Decreto,   sentite   le Organizzazioni di Categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali,  climatiche,  di coltivazione e di  mercato,  può  stabilire  un  limite  massimo  di produzione di uva per ettaro inferiore a quello fissato dal  presente disciplinare  di  produzione  dandone  immediata   comunicazione   al Ministero delle politiche  agricole  alimentari  e  forestali  ed  al

Comitato nazionale per la tutela delle denominazioni di  origine  dei vini.

 

8. Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai  vini  un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di vino rosso: 10,50% vol.

Vino rosato: 10,50% vol.

Barbera: 10,50% vol.

Barbera riserva: 11,50% vol.

Moscato: 10,50% vol.

Moscato spumante: 10,50% vol.

Moscato  passito: 10,50% vol.

Moscato  Lambiccato: 11,50% vol.

Vino bianco: 10,00% vol.

Aglianicone;   11,50% vol.

Aglianicone riserva: 12,00% vol.

9. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le  pratiche  enologiche tradizionali leali e costanti, atte a conferire ai vini le  peculiari caratteristiche.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1.  Le  operazioni  di   vinificazione   ivi   compreso   l'eventuale invecchiamento e le operazioni relative alla elaborazione dei mosti o vini destinati  alla  produzione  del  vino  spumante  devono  essere effettuate all'interno dell'intero territorio  dei  comuni  anche  se solo in parte, compresi nella zona di produzione.

2. La resa massima di uva in vino non deve essere superiore  al  70%, con eccezione della tipologia Moscato passito per la quale  non  deve essere superiore  al  50%.

Le  uve  destinate  alla  produzione  della tipologia "Moscato Passito" devono essere sottoposte ad un periodo di appassimento che può protrarsi non oltre il 

31  gennaio  successivo alla vendemmia.

3. Il vino a Denominazione di Origine Controllata «Castel San Lorenzo Aglianicone» non può essere immesso al consumo prima del 

1°  aprile successivo all'anno di raccolta delle uve.

4. Il  vino  a  Denominazione  di  Origine  Controllata  «Castel  San Lorenzo» Moscato Passito deve essere ottenuto da  uve  sottoposte  in tutto o in parte, sulle piante o dopo la raccolta, ad un appassimento naturale tale da assicurare un titolo alcolometrico  naturale  minimo del 16,00 % vol.

In tal  caso  è  escluso  qualsiasi  aumento  della gradazione alcolica complessiva mediante concentrazione del  mosto  o del vino o l'impiego di mosti o  vini  che  siano  stati  oggetto  di concentrazione.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a Denominazione di Origine Controllata  «Castel  San  Lorenzo» all'atto dell'immissione al consumo debbono rispondere alle  seguenti caratteristiche:

 

«Castel  San  Lorenzo» Barbera:

colore:  rubino  più  o  meno  intenso,  tendente  al   granato   se invecchiato;

profumo: vinoso, caratteristico, gradevole, intenso;

sapore:  asciutto, giustamente tannico ed acidulo da  giovane,  caldo,  sapido,  etereo, armonico e vellutato se invecchiato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50 % vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Castel  San  Lorenzo» rosso:

colore: rubino più o meno intenso;

profumo: vinoso, caratteristico, a volte fruttato;

sapore: asciutto, leggermente acidulo,  giustamente  tannico,  armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50 %  vol.; 

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 19,00 g/l.

 

«Castel  San  Lorenzo» rosato:

colore: rosa più o meno intenso;

profumo: vinoso, tenue, con fragranza caratteristica;

sapore: asciutto, con  tendenza  al  morbido,  delicato,  leggermente acidulo, vellutato, armonico;

titolo  alcolometrico  volumico  totale minimo: 11,50 % vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

«Castel  San  Lorenzo» bianco:

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore:  secco,   acidulo,   fruttato,   leggermente   amarognolo,

armonico; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00 % vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Castel  San  Lorenzo» Moscato:

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: caratteristico delicato;

sapore: dolce, vellutato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol. ;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 8,50% vol.;

zuccheri residui minimo; 60,00 g/l;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

«Castel  San  Lorenzo» Moscato spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: paglierino con leggeri riflessi verdognoli;

profumo: caratteristico;

sapore: dolce, intenso, vellutato, armonico;

titolo alcolometrico volumico  totale  minimo:  12,00%  vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 7,00 % vol.;

zuccheri residui minimo: 50,00 g/l;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Castel  San  Lorenzo» Moscato passito:

colore: giallo dorato tendente all'ambrato con l'invecchiamento;

profumo: caratteristico, intenso, complesso, fine;

sapore: dal secco al dolce, caldo, morbido;

titolo alcolometrico volumico totale  minimo: 16,00%  vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo:12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Castel  San  Lorenzo» Aglianicone:

colore:  rubino  più  o  meno  intenso  tendente   al   granato   se invecchiato;

profumo: intenso e persistente con  sentori  di  frutta  a bacca rossa.    

sapore: intenso, asciutto, corposo, armonico,equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  12,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 25,00 g/l.

 

2. E' facoltà del Ministero delle Politiche agricole,  alimentari  e forestali modificare  con  proprio  Decreto  i  limiti  minimi  sopra indicati per l'acidità e per l'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

1. La Denominazione  di  Origine  Controllata  «Castel  San  Lorenzo» Moscato  può  essere  utilizzata  per  designare  il  vino  spumante naturale ottenuto con mosti o vini  che  rispondono  alle  condizioni previste dal presente disciplinare di produzione.

2. Il  vino  a  Denominazione  di  Origine  Controllata  «Castel  San Lorenzo» Barbera, ottenuto da uve che  assicurino  almeno 

un  titolo alcolometrico volumico naturale  minimo  dell'  11,50%  vol. 

qualora venga sottoposto ad un periodo di invecchiamento minimo di 

due  anni

di cui almeno sei mesi in botti di legno

ed immesso al consumo con un

titolo alcolometrico volumico totale  minimo  del  12,5%  vol., 

può riportare in etichetta la qualificazione «Riserva».

3. Il  vino  a  Denominazione  di  Origine  Controllata  «Castel  San Lorenzo» Aglianicone, ottenuto da uve che assicurino almeno

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo del 12,00% vol.

qualora  venga sottoposto ad un periodo di invecchiamento minimo di

24 mesi 

di  cui almeno sei mesi in botti di legno

ed immesso al consumo con

un titolo alcolometrico volumico totale minimo del 13,00% vol.,

può  riportare in etichetta la qualificazione «Riserva».

4. Il periodo di invecchiamento decorre dal

1°  novembre  dell'annata di produzione delle uve.

5.  Il  vino  Moscato  ottenuto  da  uve  che  assicurino 

un  titolo alcolometrico volumico naturale minimo di almeno 11,50% vol.

vinificato mediante macerazione  a  temperatura  controllata  e  successivo  arresto  del processo fermentativo con mezzi fisici se immesso al consumo  con  un

titolo alcolometrico volumico totale del 13,50 % vol.,

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo di 8,50%  vol.

può  portare  in   etichetta   la   qualificazione «Lambiccato».

6. Nell'etichettatura e presentazione  delle  tipologie  dei  vini  a Denominazione di Origine Controllata «Castel San  Lorenzo»,  riferite al nome di un vitigno (Barbera, Aglianicone, Moscato),  il  nome  del corrispondente  vitigno,  unitamente  alla  preposizione  "di"   può  precedere la Denominazione "Castel San Lorenzo".

7. Nella presentazione e designazione dei  vini  a  Denominazione  di Origine Controllata «Castel San Lorenzo»  è  vietata  l'aggiunta  di qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da  quella  prevista  dal presente  disciplinare,  ivi  compresi  gli  aggettivi   «superiore», «extra», «fine», «scelto», «delizioso» e similari.

8. E' consentito l'uso di  indicazioni  che  facciano  riferimento  a nomi,  ragioni  sociali,  marchi  privati  non   aventi   significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l'acquirente.

9.  Le  indicazioni  tendenti  a  specificare  l'attività  agricola dell'imbottigliatore  quali  «viticoltore»,   «fattoria»,   «tenuta», «podere», «cascina» ed altri  termini  similari  sono  consentite  in osservanza delle disposizioni CEE in materia.

10.  Sulle  bottiglie  o  altri  recipienti  contenenti  i   vini   a Denominazione di  Origine  Controllata  «Castel  San  Lorenzo»,  deve figurare  l'indicazione  dell'annata  di  produzione  delle  uve   ad esclusione della tipologia spumante.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

Fattori storici

Il prof. G. Murolo, appassionato ricercatore nel settore della viticoltura, riteneva che, secondo quanto tramandato da Aristotele e confermato da Strabone, i primi colonizzatori di queste terre, nelle zone pedemontane degli Alburni come in tutto l'arco del golfo di Poseidonia, siano stati gruppi etnici di origine tessala, gli Aminei, da cui avrebbero preso il nome di " Aminee" certe viti aventi particolari caratteristiche di acclimatazione e di ambientazione.

Gli storici fanno risalire al 18° secolo la diffusione razionale della vite sulle colline della Valle del Calore. In particolare si ha notizia di alcuni vigneti sorti nell'antico fondo dei Principi Carafa della Bilancia, costituito nel comune di Castel S. Lorenzo per donazione di Federico D'Aragona.

Altri vigneti sarebbero sorti nei comuni viciniori di Felitto, Aquara, Roccadaspide, Bellosguardo e S. Angelo a Fasanella nel volgere di pochi anni.

Il vitigno Barbera fu introdotto nel territorio alla fine del 1800, mentre gli altri come Malvasia locale, Moscatello Salernitano, Sanginella b., Aglianico, Aglianicone, Fiano, ecc. erano già presenti da tempo indefinito.

Fattori naturali

La valle del Calore Salernitano è quella vasta area ricadente per il 90 % nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, compresa tra i costoni degli Alburni, nel lato sud-ovest ed i gruppi montuosi del Cilento, in provincia di Salerno, comprendente i fiumi Ripiti e Fasanella, affluenti del fiume Calore che a sua volta è affluente del Sele.

La zona nel suo complesso è costituita da una serie di apriche e amene colline, a volte scoscese e precipiti, a volte gradonate, più spesso piatte, tutte digradanti verso valle con altitudini medie comprese fra i 150 e 400 metri sul livello del mare.

Il terreno è prevalentemente argilloso, spesso argilloso-calcareo, piuttosto ricco di scheletro costituito da scisti marnosi, a volte arenarie grigie e friabili di consistenza tufacea.

Non difettano in talune zone, come nei piani della Farneta di Castel S. Lorenzo e sulle colline di Giuprino di Felitto, formazioni argillose ricche di minerali di ferro, di microelementi e di sostanza organica, ove la vite produce uve di

eccellente qualità.

Fattori umani

La Valle del Calore comprende il territorio che abbraccia una serie di comuni i cui abitanti hanno una secolare vocazione: la coltivazione della vite.

Una vocazione che va sempre più valorizzata, così come vanno esaltate ed apprezzate la laboriosità, la cultura le tradizioni storiche e rurali di una popolazione che ha saputo plasmare la propria vita cogliendo le opportunità che le vicende storiche hanno offerto nel corso degli anni.

Per queste sue caratteristiche, tale popolazione ha potuto creare una economia agricola molto efficiente, il cui prodotto eletto è costituito da quel "vino" tanto decantato da poeti e cantori.

La totale scomparsa della coltura promiscua nella zona sta ad indicare il profondo e radicale rinnovamento subito dalla viticoltura, la quale cambiò fisionomia in pochi anni, non soltanto per la specializzazione colturale ma, soprattutto per il rinnovo delle strutture varietali.

Infatti le varietà locali largamente coltivate prima della quasi completa distruzione causata dalla Fillossera, fra le quali

dominava l'Aglianico e in minor misura le varietà: Barbera, Aglianicone, Moscato b., Malvasia b., Fiano, Sanginella b. e tante altre non precisate, furono in massima parte ricostituite su piede americano.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni prevalentemente autoctoni.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Is.Me.Cert. Istituto Mediterraneo di Certificazione Agroalimentare

Corso Meridionale 6

80143 Napoli

Organismo di controllo di cui all’art. 3, comma 1, let. B) e C) del DM 19 marzo 2010.

L’IsMeCert è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

CILENTO

D.O.C.

Decreto 01 agosto 2008

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Cilento» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione nelle seguenti tipologie:

 

“Cilento”rosso;

“Cilento” rosato;

“Cilento” bianco;

“Cilento” Aglianico;

“Cilento” Fiano.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino DOC “Cilento” rosso deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai seguenti vitigni:

Aglianico: 60-75%;

Piedirosso e/o Primitivo: 15-20%;

Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve delle varietà di vitigni idonei alla coltivazione in provincia di Salerno presenti fino a un massimo del 25%.

 

Il vino DOC “Cilento” rosato deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai seguenti vitigni:

Sangiovese: 70-80%;

Aglianico: 10-15%;

Primitivo e/o Piedirosso: 10-15%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve delle varietà di vitigni idonei alla coltivazione in provincia di Salerno da soli o congiuntamente presenti nei vigneti fino a un massimo del 10%.

 

Il vino DOC “Cilento” bianco deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai seguenti vitigni:

Fiano: 60-65%;

Trebbiano toscano: 20-30%;

Greco bianco e/o Malvasia bianca: 10-15%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve delle varietà di vitigni idonei alla coltivazione in provincia di Salerno da soli o congiuntamente presenti nei vigneti fino a un massimo del 10%.

 

Il vino DOC “Cilento” Aglianico deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti costituiti dal vitigno

Aglianico per almeno l’85%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve delle varietà di vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione in provincia di Salerno da soli o congiuntamente presenti nei vigneti fino a un massimo del 15%.

 

Il vino DOC “Cilento” Fiano deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti costituiti dal vitigno

Fiano per almeno l’85%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve delle varietà di vitigni a bacca bianca non aromatici idonei alla coltivazione in provincia di Salerno da soli o congiuntamente presenti nei vigneti fino a un massimo del 15%.

 

Per le varietà complementari si intendono quelle iscritte nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n° 242 del 14 ottobre 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve comprende in tutto o in parte i seguenti comuni in provincia di Salerno:

Agropoli, Alfano, Ascea, Camerota, Campora, Capaccio, Cannalonga, Casaletto Spartano, Casalvelino, Castellabate, Castelnuovo Cilento, Celle di Bulgheria, Centola, Ceraso, Cicerale, Cuccaro Vetere, Futani, Gioì Cilento, Giungano, Ispani, Laureana Cilento, Laurito, Lustra, Magliano Vetere, Moio della Civitella, Montano Antilia, Montecorice, Monteforte Cilento, Morigerati, Novi Velia, Ogliastro Cilento, Ornignano, Orna, Perdifumo, Perito, Pisciotta, Pollica, Prignano Cilento, Roccagloniosa, Rofrano, Rutino, Salento, S.Giovanni a Piro, S.Mauro Cilento, S.Mauro la Bruca, Santa Marina, Sapri, Serramezzana, Sessa Cilento, Stella Cilento, Stio, Torchiara, Torraca, Torre Orsaia, Tortorella, Trentinara, Vallo della Lucania, Vibonati.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo dalla confluenza del confine nord del comune di Agropoli con il mar Tirreno (foglio 198 III SO.) la linea di delimitazione segue lo stesso fino a Varco Cilentano posto a quota 25.

Qui imbocca la strada che congiunge tale località con la strada statale n. 166 e la percorre per tutta la sua lunghezza, passando prima per Casa Rossa e poi per Casa Chiorbo (35 metri s.l.rn.).

Raggiunge, quindi, la strada statale numero 166 in prossimità del km 2,6 a quota 35 e la segue fino al km 3 circa

in direzione Roccadaspide. Qui l’abbandona per proseguire la provinciale per Capaccio che percorre fino all’incrocio di questa con il confine che separa i comuni di Capaccio e Trentinara, confine che risale fino al vertice nord.

Il limi te della zona di produzione coincide, poi, con il confine nord dei comuni di Trentinara, Monteforte Cilento, Magliano Vetere, Stio; Campora, Novi Veglia, Rofrano, Torre Orsaia, Morigerati, Tortorella e li ingloba per intero. Segue, poi, dirigendo si verso il mare, il confine regionale.

A sud l’area è delimitata dal mar Tirreno fino alla Torre del Telegrafo sita in comune di Ascea. Da questo punto la linea di delimitazione segue la curva di livello 25 fino a raggiungere l’imbocco della galleria ferroviaria lato Salerno.

Segue, poi, la linea ferrovia ria fino alla galleria sotto cui passa la strada sta tale n. 447 tra il km 60 e il km 59, dove

imbocca la strada statale su indicata in direzione Salerno seguendola fino alla località Bosco a quota 3, presso il km 59.

Qui lascia la statale stessa per seguire la strada comunale Bosco-Scifro-Stampella fino all’incrocio con la provinciale che collega la strada statale n. 447, con Ceraso in località Stampella.

Segue la stessa fino al confine del comune di Ceraso presso la località Vigna della Corte. Risale, poi, il confine tra i comuni di Cera so e Ascea fino alla confluenza di questo con il confine di Castelnuovo Cilento che percorre fino alla linea ferroviaria.

Risale questa fino alla località Vallo Scalo dove l’abbandona per risalire per breve tratto il confine tra i comuni di Castelnuovo Cilento e Casalvelino. Segue poi il confine tra i comuni di Salento e Casalvelino e i comuni di Omignano e Casalvelino.

Percorre questo fino all’incrocio con la provinciale pedemontana che la segue escludendo le località Verduzzo, Conca d’Oro, Isca Lunga. Nei pressi dell’inclusa località Torricelli la lascia per percorrere interamente nell’ordine la strada comunale «Santa Maria ad Nives» e «Rungi» fino all’imbocco di quest’ultima con la provinciale che segue in direzione Casalvelino Marina. Imbocca, successivamente, presso il km 53 la strada statale n. 267 e la segue fino al bivio per la Marina di Casalvelino che percorre fino al demanio.

Da qui segue la costa fino al punto di partenza alla confluenza del confine nord del comune di Agropoli con il mare

Tirreno.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali della coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Cilento” rosso, rosato, bianco, Aglianico e Fiano devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini le specifiche caratteristiche tradizionali di qualità.

Sono pertanto da considerarsi idonei ai fini dell’iscrizione prevista dall’articolo 10 del DPR 12 luglio 1963, n. 930, unicamente i terreni collinari di buona esposizione, di natura preferibilmente si licio calcarei ubicati a un’altitudine non superio re a 450 metri s.l.m., a eccezione del comune di Moio della Civitella per il quale il limite è posto a metri 550.

Sono esclusi gli arenili, le spiagge e le pianure di fondovalle.

I sesti di impianto le forme di allevamento e i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati, e, comunque, atti a non modificare le caratteristiche delle uve da mosto e del vino.

Sono vietate le forme di allevamento espanse su tetto orizzontale ed è vietata ogni pratica di forzatura.

La produzione massima di uva non dovrà superare

10,00 t/ha in coltura specializzata.

A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve.

La produzione, comunque, non deve superare del 20% il limite massimo.

La resa massima delle uve in vino non deve essere superiore al 70% per il tipo rosso, rosato, bianco, Aglianico e Fiano.

Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopra riportati, l’eccedenza non avrà diritto alla Doc.

La Regione Campania, con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate di anno in anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può stabilire un limite massimo di produzione di uva per ettaro inferiore a quello fissato dal presente disciplinare, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione, invecchiamento obbligatorio ed imbottigliamento devono essere effettuate all’interno della zona di produzione di cui all’articolo 3.

Conformemente all’art. 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento o il condizionamento deve aver luogo nella predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità o la reputazione o garantire l’origine o assicurare l’efficacia dei controlli.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali, è consentito che tali operazioni siano effettuate sull’intero territorio dei comuni anche se solo in parte compresi nelle zone delimitate.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai vini DOC “Cilento

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di

11,00% vol. per il rosso,

11,50% vol. per il Fiano,

10,50% vol. per il rosato e il bianco

11,50% vol. per l’Aglianico.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche tradizionali leali e costanti, e secondo le moderne tecniche enologiche atte a conferire ai vini le peculiari caratteristiche.

Per la trasformazione delle uve destinate alla produzione del vino DOC “Cilento” rosato deve attuarsi il tradizionale metodo di vinificazione che in particolare prevede lo sgrondo delle uve pigiate dopo una limitata macerazione.

Il vino DOC “Cilento” Aglianico deve essere immesso al consumo dopo un periodo di invecchiamento di almeno un anno

con decorrenza dal 1° novembre dell’anno di produzione delle uve.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini DOC “Cilento” all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Cilento” rosso:

colore: rosso rubino;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: delicato, asciutto;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 19,00 g/l.

 

“Cilento” rosato:

colore: rosa più o meno intenso;

profumo: caratteristico;

sapore: armonico, fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

“Cilento” bianco:

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato caratteristico;

sapore: fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Cilento” Aglianico:

colore: rosso rubino;

profumo: vinoso caratteristico;

sapore: asciutto, corposo, sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“Cilento” Fiano:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: intenso, gradevole, caratteristico;

sapore:secco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

E facoltà del ministero dell’Agricoltura e del le Foreste di modificare con proprio decreto i li miti minimi sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto secco netto.

Il vino DOC “Cilento”, Aglianico sottoposto ad un periodo di invecchiamento non inferiore a

Tre anni ,

di cui due in botte,

a partire dal 1 gennaio successivo alla vendemmia,

può portare sull’etichetta la qualificazione “riserva”.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Alla denominazione di cui all’articolo 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi «extra», «fine», «scelto», «selezionato», «superiore», «vecchio» e simili.

E tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno l’acquirente.

Sulle bottiglie e altri recipienti contenenti il vino DOC “Cilento” Aglianico deve figurare l’annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

Fattori storici

E’ una zona molto ampia il cui nome d’origine latina sta ad indicare: Cis Alentum. Il Cilento attraversa numerosi comuni della costa e dell'entroterra, da Agropoli (roccaforte dei pirati saraceni), a Sapri e poi ancora verso l'interno, al confine con la Basilicata. Oltre a tanti luoghi di interesse paesaggistico, come il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, il monte Gelbison, i fiumi Alento e Calore e l'oasi di Persano, si trovano anche testimonianze archeologiche, artistiche e  culturali di rilievo.

Dagli scavi di Paestum e di Novi Velia, al Museo del mare di Pollica, dai luoghi di culto come il Santuario di Capaccio ai mulini ad acqua di Vibonati. . I vitigni cilentani traggono la propria origine dall’antica Grecia. Furono infatti, i colonizzatori guinti fin qua dalle coste del Peloponneso.

Il Cilento è una delle zone più ricche di bellezze naturali, caratterizzata da terreni di difficile coltivazione, che ben si prestano alla coltura della vite.

Il Cilento è soprattutto colline e montagne, se del paesaggio non facessero parte piccole piane costiere ed il Vallo di Diano, una grande pianura interna, un tempo occupata da un lago, oggi scomparso.

Frastagliati i rilievi e continuo il susseguirsi di dorsali montuose: alcune con versanti ripidi e scoscesi, e colline

rotondeggianti, variamente orientate, ed incise da un fitto reticolo idrografico. I vitigni locali, introdotti ad Elea ed a Paestum dagli antichi colonizzatori greci, trovano nella natura argillosa calcarea del terreno e nel clima della zona le condizioni per esprimere al meglio la propria personalità.

Fattori naturali

Territorio di notevole e diversa estensione geografica, il Cilento ha come confini al nord la bella ed unica cittadina di Agropoli e a sud la magica Sapri ad est la Lucania ed ad ovest con il mar Tirreno.

L’Appennino Campano-Lucano è costituito da una pila di coltri di ricoprimento messe in posto durante le fasi tettogenetiche mioceniche e plioceniche: tali coltri costituiscono la catena sudappenninica.

Ad est della catena si rinviene l’avanfossa bradanica interessata solo da fasi orogenetiche nel Plio-Quaternario, e infine l’avampaese murgiano che ha subito deformazioni verticali di tipo epirogenetico.

La catena sudappenninica è costituita da una serie di coltri di ricoprimento, messe in posto essenzialmente durante il Miocene, che raggiungono uno spessore complessivo dell’ordine dei quindicimila metri. Su queste coltri ci sono depositi clastici mio pliocenici trasgressivi, a loro volta interessati dalle ultime fasi tettogenetiche.

I terreni sono costituzionalmente poveri, a fondo argilloso, ricco di scheletro marnoso e di scisti, sforniti di materia organica. Il Cilento è drenato da pochi bacini idrografici: l'Alento, il Lambro e Mingardo, il Solofrone, il Testene, la Fiumarella, il Bussento verso il Tirreno, il Calore, il Sammaro ed il Tanagro verso il Sele

Fattori umani

Il Cilento, oggi con il Vallo della Diano secondo Parco Nazionale più esteso d’Italia riconosciuto patrimonio dell’Umanità dallo UNESCO, ancora riserva sorprese e meraviglie tutte da scoprire.

Il vino è un prodotto alimentare tradizionale che segna la sensibilità che l’uomo ha saputo acquisire in millenni di intenso e travagliato rapporto con le sue radici

Oggi i vini che si producono sono tutti di qualità eccellente e che ben si abbina alla semplice, genuina quanto saporita cucina locale.

E’ una zona povera ma bella, lontana dai centri urbani importanti però meta di turismo internazionale per la bellezza delle sue coste lambite da un mare dal colore azzurro cobalto. Il sistema tradizionale di allevamento (Avellinese più o meno alto o basso, a canocchia ed anche ad alberello) sono sati superati dai sistemi innovativi a Guyot o a cordone

speronato.

Le viti producono pochi grappoli, che permettono, però, di ottenere un vino di ottima qualità e di perfetto abbinamento con la famosa cucina cilentana: semplice ma gustosissima

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o

esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni prevalentemente autoctoni.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto produttive della pianta.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Is.Me.Cert. Istituto Mediterraneo di Certificazione Agroalimentare

Corso Meridionale 6

80143 Napoli .

Organismo di controllo di cui all’art. 3, comma 1, let. B) e C) del DM 19 marzo 2010.

L’IsMeCert è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25,

par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

COSTA D’AMALFI

D.O.C.

Decreto 10 marzo 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

1. La  Denominazione  di  Origine  Controllata  "Costa  d'Amalfi" è  riservata ai vini che  rispondono  alle  condizioni  e  ai  requisiti stabiliti nel presente disciplinare di  produzione  per  le  seguenti tipologie:

 

Bianco;

Bianco passito;

Bianco spumante;

Rosso;

Rosso passito;

Rosato;

 

2. La Denominazione di  Origine  Controllata  "Costa  d'Amalfi"  può essere accompagnata dalla indicazione di una delle sottozone:

Ravello,

Tramonti,

Furore

a condizione che i vini  cosi  designati  provengano dalle rispettive zone  di  produzione  e  rispondano  ai  particolari

requisiti previsti dal presente disciplinare.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a  Denominazione  di  Origine  Controllata  "Costa  d'Amalfi", accompagnati o no dalla indicazione di una sottozona,  devono  essere ottenuti esclusivamente mediante  vinificazione  delle  uve  prodotte nella zona o sottozona di produzione delimitate nel successivo art. 3 e provenienti da  vigneti  che,  nell'ambito  aziendale,  abbiano  le

seguenti composizioni ampelografiche:

 

Costa d'Amalfi bianco,  bianco  passito,  spumante,  Ravello  bianco, Tramonti bianco:

Falanghina e/o Biancolella min. 40%.

Possono concorrere alla produzione di  detto  vino  altri  vitigni  a bacca bianca non aromatici idonei alla coltivazione per la  provincia di Salerno fino ad un massimo del 60% iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con  D.M.  7  maggio 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre  2004, e da ultimo aggiornato con  D.M.  28  maggio  2010  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2010.

 

Costa d'Amalfi rosso e rosato, rosso passito, Furore rosso e  rosato, Ravello rosso e rosato:

Piedirosso (localmente detto Per 'e  palummo) minimo 40 %,

Sciascinoso (localmente detto  Olivella)  e/o  Aglianico congiuntamente o disgiuntamente fino al 60 %.

Possono concorrere alla produzione di  detto  vino  altri  vitigni  a bacca nera non aromatici idonei alla coltivazione per la provincia di Salerno fino ad un massimo del 40%  iscritti  nel  Registro  Nazionale delle varieta' di vite per uve da vino approvato con  D.M.  7  maggio 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre  2004, e da ultimo aggiornato con  D.M.  28  maggio  2010  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2010.

 

Costa d'Amalfi Furore bianco:

Falanghina e Biancolella min. 40%,

con una presenza di Falanghina non inferiore al 30% e di Biancolella non inferiore al 10%.

Pepella, Ripoli, Fenile, Ginestra (sinonimi Biancazita, Biancatenera) 40-60%.

Possono concorrere alla produzione di  detto  vino  altri  vitigni  a bacca bianca non aromatici idonei alla coltivazione per la  provincia di Salerno fino ad un massimo del 20% iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con  D.M.  7  maggio 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre  2004, e da ultimo aggiornato con  D.M.  28  maggio  2010  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2010.

 

Costa d'Amalfi Tramonti rosso e rosato:

Piedirosso (localmente detto Per 'e palummo) minimo 30%, 

Sciascinoso (localmente  detto   Olivella)   e/o   Aglianico   congiuntamente   o disgiuntamente fino al 50%;

Tintore minimo 20%.

Possono concorrere alla produzione di  detto  vino  altri  vitigni  a bacca nera non aromatici idonei alla coltivazione per la provincia di Salerno fino ad un massimo del 30 % iscritti nel  Registro  Nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con  D.M.  7  maggio 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre  2004, e da ultimo aggiornato con  D.M.  28  maggio  2010  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2010.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

1. La zona di produzione delle uve destinate alla produzione del vino a Denominazione di Origine  Controllata  "Costa  d'Amalfi"  nei  tipi bianco, rosso e rosato, comprende l'intero territorio dei  comuni  di

Vietri, Cetara, Maiori, Minori,  Ravello,  Scala,  Atrani,  Tramonti, Furore,  Praiano,  Positano,  Amalfi,  Conca  dei  Marini;

tutti  in provincia di Salerno.

2. La zona di produzione delle uve destinate alla produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata  "Costa  d'Amalfi",  designato con la sottozona Furore, comprende l'intero territorio amministrativo dei comuni di

Furore, Praiano, Conca dei Marini, ed Amalfi.

3. La zona di produzione delle uve destinate alla produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata  "Costa  d'Amalfi",  designato con   la   sottozona   Ravello,   comprende    l'intero    territorio amministrativo dei comuni di Ravello, Scala, Minori, Atrani.

4. La zona di produzione delle uve destinate alla produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata  "Costa  d'Amalfi",  designato con   la   sottozona   Tramonti,   comprende   l'intero    territorio amministrativo dei comuni di Tramonti e Maiori.

5. L'indicazione della sottozona non è obbligatoria.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti  destinati  alla produzione dei vini a Denominazione  di  Origine  Controllata  "Costa d'Amalfi" devono essere quelli tradizionali  della  zona  e  comunque atte  a  conferire  alle  uve  ed  ai  vini  derivati  le  specifiche caratteristiche di qualità.

2. Sono pertanto da considerare idonei ai fini  dell'iscrizione  allo Schedario  Viticolo,  unicamente  i  vigneti  collinari,   di   buona esposizione e di altitudine non superiore ai 650  metri  sul  livello del  mare. 

Sono  esclusi  i  terreni  di  fondovalle  umidi  e   non sufficientemente soleggiati.

3. I sesti d'impianto, le forme di allevamento, a contro spalliera  e pergola, e i sistemi di potatura corti, lunghi e misti, devono essere quelli  tradizionalmente  usati  nella  zona,  comunque  atti  a  non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

4. E' vietata ogni pratica di forzatura.

5. Per i reimpianti e i nuovi impianti la densità  di  impianto  non dovrà essere inferiore a 1600 viti per ettaro, 

con  una  produzione massima per ceppo in media non superiore a

kg 7,000 per i  tipi  rosso  e rosato

kg 8,000 per il tipo bianco.

 

6.  La  resa  massima  di  uva  per  ettaro  di  vigneto  in  coltura specializzata per la produzione dei vini a Denominazione  di  Origine Controllata "Costa d'Amalfi" non deve essere superiore a:

11,00 t/ha per i tipi  rosso,  rosato  e  rosso  passito,

12,00 t/ha  per  i  tipi bianco,spumante e bianco passito.

Ai fini della  vinificazione  della tipologia passito le relative uve devono essere oggetto di  specifica denuncia annuale e sui registri di cantina deve essere  espressamente indicata la destinazione delle uve medesime.

7. Tale resa ad ettaro per la produzione dei vini a Denominazione  di Origine Controllata "Costa d'Amalfi", designati  con  il  nome  delle sottozone Ravello, Tramonti e Furore

non deve essere superiore a:

9,00 t/ha per i tipi rosso, rosato.

10,00 t/ha per il tipo bianco.

8. Fermo restando il limite massimo sopra indicato,la resa per ettaro di vigneto in coltura promiscua dovrà essere  calcolata  rispetto  a quella specializzata, in rapporto alla effettiva  superficie  coperta dalla vite.

9. A tali limiti, anche  in  annate  eccezionalmente  favorevoli,  la produzione dovrà essere  riportata  attraverso  un'accurata  cernita delle uve, purché la produzione non superi di oltre il 20% i  limiti massimi sopra stabiliti.

10.  La  Regione  Campania  con  proprio  provvedimento,  sentite  le Organizzazioni di Categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni climatiche,  ambientali,  di coltivazione e di  mercato,  può  stabilire  un  limite  massimo  di produzione d'uva per ettaro inferiore a quello fissato  dal  presente disciplinare, dandone  immediate  comunicazione  al  Ministero  delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e  delle indicazioni geografiche dei vini, ed alla C.C.I.A.A.  competente  per territorio.

11. Qualora  la  resa  unitaria  di  uva  ecceda  il  limite  massimo stabilito dalla regione, ma rientra in quello  massimo  previsto  dal presente disciplinare di produzione, le uve, prodotte entro i  limiti stabiliti dalla regione, non perdono il diritto alla Denominazione di Origine Controllata.

 

12. Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai vini 

un titolo alcolometrico volumico minimo  naturale  del  9,50%  vol.  per tutti i tipi.

Le uve destinate alla produzione dei vini  a  alla  Denominazione  di Origine  Controllata  "Costa  d'Amalfi"  designati  col  nome   delle sottozone Ravello, Tramonti e  Furore  devono  assicurare 

un  titolo alcolometrico volumico minimo naturale del

10,00% vol.  per  il  tipo bianco,

10,50% vol. per il tipo rosso e rosato.

13. I vini a Denominazione di Origine  Controllata  "Costa  d'Amalfi" passiti devono essere ottenuti da uve sottoposte in tutto o in parte, sulle piante o dopo la raccolta, ad un appassimento naturale tale  da assicurare

un titolo alcolometrico naturale minimo del 16,00 %  vol. 

In tal caso è  escluso  qualsiasi  aumento  della  gradazione  alcolica complessiva mediante concentrazione del mosto o del vino o  l'impiego di mosti o vini che siano stati oggetto di concentrazione.

 

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1.  Le  operazioni   di   vinificazione,   di   elaborazione   e   di invecchiamento  obbligatori  e  di  imbottigliamento   dei   vini   a Denominazione di Origine Controllata "Costa d'Amalfi",  ivi  compresi quelli designati col nome  di  una  delle  sottozone,  devono  essere effettuate nell'ambito della zona di produzione delle uve, delimitata nel precedente art.3.

2. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le  pratiche  enologiche leali  e  costanti,  atte  a  conferire  al  vino  le  sue  peculiari caratteristiche.

3. La resa massima dell'uva in vino per  la  produzione  dei  vini  a Denominazione di Origine Controllata "Costa d'Amalfi" non deve essere superiore al 70%.

4. La resa massima dell'uva in vino passito non deve essere superiore al 50%.

5. Il vino a Denominazione di Origine  Controllata  "Costa  d'Amalfi" può essere elaborato  nella  tipologia  spumante  col  metodo  della rifermentazione in bottiglia (metodo classico)

purché  affinato  per almeno 24 mesi

a partire dal 1° novembre dell'anno della vendemmia.

6. L'eventuale eccedenza, fino al limite del 5%, non ha diritto  alla Denominazione di Origine Controllata,  oltre  tale  limite  tutta  la produzione perde diritto alla Denominazione di Origine Controllata.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

1. I vini a Denominazione di Origine  Controllata  "Costa  d'Amalfi", all'atto dell'immissione al consumo, devono rispondere alle  seguenti caratteristiche:

 

Costa d'Amalfi bianco:

colore: paglierino più o meno intenso;

profumo: delicato e gradevole;

sapore: secco, di giusto corpo, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto secco netto minimo: 14,00 g/l;

 

Costa d'Amalfi rosso:

colore: rubino più o meno intenso;

profumo: vinoso;

sapore: asciutto, di medio corpo, giustamente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto secco netto minimo: 16,00 g/l.

 

Costa d'Amalfi rosato:

colore: rosa più o meno intenso;

profumo: intenso, fruttato;

sapore: secco, fresco, delicato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto secco netto minimo: 16,00 g/l.

 

Costa d'Amalfi passito bianco:

colore:  giallo   dorato   più   o   meno   intenso,   ambrato   con l'invecchiamento;

profumo: fruttato floreale, caratteristico;

sapore: dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale  minimo  17,00  %  vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 12,00% vol. per il tipo dolce

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 14,00%  vol.  per  il  tipo secco;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

Costa d'Amalfi passito rosso:

colore: rosso rubino più o meno intenso,  tendente  al  granato  con l'invecchiamento;

profumo: intenso, gradevole, caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, armonico, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale  minimo:  17,00%  vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 12,00% vol. per il tipo dolce

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 14,00%  vol.  per  il  tipo secco; 

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto secco netto minimo: 23,00 g/l.

 

Costa d'Amalfi spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo  paglierino  più  o  meno  intenso  con  riflessi  da verdognoli a dorati;

profumo: caratteristico fragrante (intenso persistente),  con  delicato sentore di lievito;

sapore: da extra brut a brut, sapido, gradevole armonico;

titolo alcolometrico volumico minimo: del tipo "brut"  o  "extrabrut" 11,50 %vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto secco netto minimo: 14,00 g/l.

 

2. I vini "Costa d'Amalfi" designati  con  il  nome  delle  sottozone Ravello,  Tramonti,  Furore  devono,  all'atto   dell'immissione   al consumo, presentare un titolo alcolometrico  volumico  totale  minimo pari a

11,00% vol. per il bianco,

11,50% vol. per il  rosso  e  il rosato.

3. E' facoltà del Ministero delle politiche agricole,  alimentari  e forestali con proprio decreto, modificare i limiti sopra indicati per acidità totale ed estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

1. Il vino a Denominazione di Origine  Controllata  "Costa  d'Amalfi" rosso, designato con  il  nome  delle  sottozone  Furore,  Ravello  e Tramonti, se immesso al consumo dopo un periodo di invecchiamento  di

2 anni

a decorrere dal 1° novembre dell'annata  di  produzione  delle uve,

di cui uno in legno,

può portare in etichetta la specificazione "riserva".

2. E' vietato  usare  assieme  alla  Denominazione  "Costa  d'Amalfi" qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da  quelle  previste  dal presente disciplinare,  ivi  compresi  gli  aggettivi:  extra,  fine, scelto, selezionato e similari.

3.  E'  tuttavia  consentito  l'uso  di  indicazioni   che   facciano riferimento a nomi,  ragioni  sociali,  marchi  privati,  non  aventi significato laudativo o tali da trarre in inganno l'acquirente.

4. Nella designazione e presentazione dei  vini  l'indicazione  delle sottozone Furore, Ravello e Tramonti potrà figurare in etichetta con caratteri di altezza e di larghezza non superiori al doppio di quelli utilizzati per  indicare  la  Denominazione  di  Origine  Controllata "Costa d'Amalfi"  e  potrà  precedere  o  seguire  la  Denominazione

stessa.

5. Nella presentazione e designazione dei vini di cui all'articolo 1, con  l'esclusione   delle   tipologie   spumante,   è   obbligatoria l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

confezionamento

 

1.I vini a Denominazione  di  Origine  Controllata  "Costa  d'Amalfi" devono essere immessi al  consumo  esclusivamente  in  recipienti  di vetro aventi un volume nominale non superiore a 3 litri.

2. Per il confezionamento in  recipienti  di  capacità  superiore  a litri 0.250 e fino a 2 litri è  ammesso  solo  l'uso  del  tappo  di sughero.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

Fattori storici

La coltivazione della vite era già presente, negli anni 860 dc, in appezzamenti relativamente grandi, in genere su terreni rubati alle produzioni boschive: infatti ci sono riferimenti nei documenti storici della città di Amalfi ove sanciscono “peciam de vinea in regina maioren”, pecia de terra cum vinea in locus beteri”, mostram vineam seu terris campis silvis arbori bus fructiferis ed infructiferis in Oecara” (1) che danno la indicazione delle zone di maggiore tradizione agricola del primo periodo dove le diverse specie di uva si trovano “ ab immemorabili”, distinte e

denominate con voci vernacole. È questo il periodo in cui l’Italia vede lo sviluppo della viticoltura.

Dai documenti dell’Italia meridionale nel IX e X secolo fino al 1025 il rapporto fra viti ed altre piantagioni, in questa zona, è passato da 1 a 1, nel 950, a 2,5 a 1, a 3 a 1 nel periodo 975 – 1025.

I vigneti insieme agli agrumeti hanno predominio tra le coltivazioni nel 1600 e nel 1700 e fino all’Unità d’Italia.

La letteratura, a partire dal Decamerone, ricorda i lauti banchetti che si svolgevano a Villa Rufolo, nello splendido scenario di Ravello.

Ma ovunque fossero presenti dimore nobili, da Amalfi, ad Atrani, a Scala, era ricercato e raccoglieva grande favore il “Vino Latino”, (“latino”perché ottenuto da uve importate dai Romani) prodotto sulle colline che dai Lattari,scendono giù verso il mare. Di grande importanza è stata anche la commercializzazione dei vini ottenuti in questa zona (Repubblica Amalfitana) e trasportati a mezzo nave nelle parti d’Italia.

La letteratura, a partire dal Decamerone, ricorda i lauti banchetti che si svolgevano a Villa Rufolo, nello splendido scenario di Ravello. Ma ovunque fossero presenti dimore nobili, da Amalfi, ad Atrani, a Scala, era ricercato e raccoglieva grande favore il “Vino Latino”, (“latino”perché ottenuto da uve importate dai Romani) prodotto sulle colline che dai

Lattari,scendono giù verso il mare.Di grande importanza è stata anche la commercializzazione dei vini ottenuti in questa zona (Repubblica Amalfitana) e trasportati a mezzo nave nelle parti d’Italia.

Fattori naturali

Con la fine del periodo pliocenico, circa un milione e mezzo di anni fa, la costiera assume la morfologia che ci è attualmente familiare. Difatti in questo periodo si viene a formare una grossa struttura allungata in direzione ovest-nord-ovest che separa la pianura alluvionale di Sarno a nord da quella costiera dell’Irno e del Sele a sud.

La morfologia è caratterizzata dalla presenza di aspri rilievi che costituiscono l’ossatura della penisola e che culminano nella vetta del Monte Faito a quota 1.270 m s.l.m.

L’ossatura è di natura calcarea ma lungo tutto i versanti, soprattutto lungo quelli che si affacciano sul golfo di Napoli, si trovano terreni argillosi più facilmente erodibili e che mitigano l’asprezza originaria del rilievo.

A questi rilievi si alternano, profonde gole incassate e solcate da brevi corsi d’acqua caratterizzati da un regime torrentizio che dimostrano chiaramente l’importanza delle coltivazione agrarie.

L’abbassamento del limite delle nevi persistenti a quota inferiori ai 1.500 metri doveva inoltre provocare in tutta la penisola fenomeni di vero glacialismo con abbondante caduta di neve che difficilmente riusciva a sciogliersi durante le stagioni più calde. Queste vicende climatiche sono testimoniate dalla presenza di conglomerati, di brecce calcaree e di depositi morenici come quelli attualmente si trovano sulle cime più alte delle Alpi.

La sua particolare scenografia che lambisce il mare, con un andamento irregolare, e i monti Lattari che svettano verso il cielo.

Fattori umani

La coltivazione della vite era già presente, negli anni 860 dc, in appezzamenti relativamente grandi, in genere su terreni rubati alle produzioni boschive: infatti ci sono riferimenti nei documenti storici della città di Amalfi ove sanciscono “peciam de vinea in regina maioren”, pecia de terra cum vinea in locus beteri”, mostram vineam seu terris campis silvis arbori bus fructiferis ed infructiferis in Oecara” (1) che danno la indicazione delle zone di maggiore tradizione agricola del primo periodo dove le diverse specie di uva si trovano “ ab immemorabili”, distinte e

denominate con voci vernacole. È questo il periodo in cui l’Italia vede lo sviluppo della viticoltura.

Dalla costa alla catena dei monti Lattari, la strada e i terrazzamenti si avvitano in una serie di tornanti scavati nei fianchi della montagna.

Larghi in media non più di cinque metri, i terrazzamenti presentano un profilo irregolare imposto dall’anarchia della roccia, sono sorretti da muri di pietrame a secco macèra (muro di contenimento realizzato senza malta, sistemando le pietre l’una sull’ altra), alti in media 3-4 metri e non di rado anche 8 -10 metri.

Il clima è mediterraneo temperato con forti escursioni con estate calde e inverni rigidi.

Dai documenti dell’Italia meridionale nel IX e X secolo fino al 1025 il rapporto fra viti ed altre piantagioni, in questa zona, è passato da 1 a 1, nel 950, a 2,5 a 1, a 3 a 1 nel periodo 975 – 1025.

I vigneti insieme agli agrumeti hanno predominio tra le coltivazioni nel 1600 e nel 1700 e fino all’Unità d’Italia.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni prevalentemente autoctoni.

 

C)Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto produttive della pianta.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Is.Me.Cert. Istituto Mediterraneo di Certificazione Agroalimentare

Corso Meridionale 6

80143 Napoli .

Organismo di controllo di cui all’art. 3, comma 1, lett. B) e C) del DM 19 marzo 2010.

L’IsMeCert è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato

articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

IRPINIA

D.O.C.

Decreto 13 settembre 2005

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La Denominazione di Origine Controllata “IRPINIA”, e' riservata ai mosti e ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

«Irpinia» Bianco;

«Irpinia» Rosso;

«Irpinia» Rosato;

«Irpinia» Novello;

«Irpinia» Coda di volpe;

«Irpinia» Falanghina;

«Irpinia» Fiano;

«Irpinia» Greco;

«Irpinia» Piedirosso;

«Irpinia» Aglianico;

«Irpinia» Sciascinoso;

«Irpinia» Falanghina spumante;

«Irpinia» Fiano spumante;

«Irpinia» Greco spumante;

«Irpinia» Fiano passito;

«Irpinia» Greco passito;

«Irpinia» Aglianico passito;

«Irpinia» Aglianico liquoroso;

«Irpinia» sottozona Campi Taurasini.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La Denominazione di Origine Controllata “IRPINIA”, e' riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione varietale:

 

«Irpinia» senza specificazione della sottozona:

«Irpinia» Bianco:

Greco dal 40 al 50%, Fiano dal 40 al 50%;

possono concorrere, per la eventuale restante percentuale, altri vitigni a bacca bianca non aromatici congiuntamente o disgiuntamente, inclusi tra le varietà idonee alla coltivazione la provincia di Avellino nella percentuale massima del 20%;

 

«Irpinia» Rosso, Rosato, Novello:

Aglianico almeno per il 70%;

possono concorrere, per la eventuale restante percentuale, altri vitigni a bacca nera non aromatici congiuntamente o disgiuntamente, inclusi tra le varietà idonee alla coltivazione la provincia di Avellino nella percentuale massima del 30%;

 

«Irpinia» con la specificazione di uno dei seguenti vitigni:

Aglianico,

Coda di volpe,

Falanghina,

Fiano,

Greco,

Piedirosso

Sciascinoso.

con almeno l'85% del corrispondente vitigno;

per la restante parte possono concorrere, fino al 15%, altri vitigni a bacca di colore analogo, congiuntamente o disgiuntamente, inclusi tra le varietà idonee alla coltivazione la provincia di Avellino;

 

«Irpinia» spumante: con la specificazione di uno dei seguenti vitigni:

Falanghina,

Fiano,

Greco;

il vitigno oggetto di specificazione deve essere presente almeno per l'85%;

possono concorrere, per la eventuale percentuale restante, altri vitigni, a bacca bianca non aromatici, congiuntamente o disgiuntamente, inclusi tra le varietà idonee alla coltivazione la provincia di Avellino nella percentuale massima del 15%;

 

«Irpinia» passito: con la specificazione di uno dei seguenti vitigni:

Fiano,

Greco,

Aglianico;

il vitigno oggetto di specificazione deve essere presente almeno per l'85%;

possono concorrere, per la eventuale restante percentuale, altri vitigni, congiuntamente o disgiuntamente, di analogo colore del vitigno oggetto di specificazione, non aromatici, inclusi tra le varietà idonee alla coltivazione per la provincia di Avellino nella percentuale massima del 15%;

 

«Irpinia» Aglianico liquoroso:

Aglianico almeno per l'85%;

possono concorrere, per la eventuale restante percentuale, altri vitigni a bacca nera non aromatici congiuntamente o disgiuntamente, inclusi tra le varietà idonee alla coltivazione per la regione Campania e la provincia di Avellino nella percentuale massima del 15%;

 

Per i vini a denominazione di origine controllata «Irpinia» con la specificazione della sottozona di cui al precedente art. 1:

«Irpinia» Campi Taurasini:

Aglianico minimo 85%;

per la restante parte possono concorrere, fino al 15%, altri vitigni a bacca nera non aromatici, congiuntamente o disgiuntamente, inclusi tra le varietà idonee alla coltivazione per la regione Campania e la provincia di Avellino;

 

I vini a Denominazione d’Origine Controllata «IRPINIA» devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, da uno o più vitigni inclusi tra quelli idonei alla coltivazione per i rispettivi bacini viticoli e unità amministrative della regione Campania iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n° 242 del 14 ottobre 2004, e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione delle uve che possono essere destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all'art. 2 è così stabilita:

«Irpinia», nelle tipologie bianco, rosso, rosato, novello, passito (quest'ultimo con la specificazione

del vitigno), liquoroso, spumante (con la specificazione del vitigno), Aglianico, Coda di volpe,

Falanghina, Fiano, Greco, Piedirosso, Sciascinoso: le aree vocate alla coltivazione della vite dell'intero territorio amministrativo della provincia di Avellino;

 

«Irpinia» con l'indicazione della sottozona Campi Taurasini: l'intero territorio amministrativo dei seguenti comuni: Taurasi, Bonito, Castelfranci, Castelvetere sul Calore, Fontanarosa, Lapio, Luogosano, Mirabella Eclano, Montefalcione, Montemarano, Montemiletto, Paternopoli, Pietradefusi, Sant'Angelo all'Esca, San Mango sul Calore, Torre le Nocelle, Venticano, Gesualdo, Villamaina, Torella dei Lombardi, Grottaminarda, Melito Irpino, Nusco, Chiusano San Domenico.

In provincia di Avellino.

 

Articolo 4

Norme per viticoltura

Per le uve destinate alla produzione dei vini a denominazione d'origine controllata «Irpinia», con o

senza sottozona, sono da considerarsi idonei ai fini dell'iscrizione nello schedario viticolo,

unicamente i vigneti bene esposti ed impiantati su terreni che corrispondono a tutti i seguenti

requisiti essenziali:

giacitura pedocollinare e\o collinare, fino a 600 mt. s.l.m; tale limite non si applica ai vigneti siti nei

territori ricadenti nei comuni gia' inclusi nelle zone di produzione dei vini D.O.C.G. Fiano di

Avellino e Greco di Tufo e Taurasi ed, ai vigneti inclusi nella sottozona «Campi Taurasini».

conformazione orografica tale da evitare il ristagno delle acque e l'eccessiva umidita';

esposizione adatta alla corretta maturazione delle uve;

Sono da escludere, di conseguenza, dalla zona di produzione di cui al precedente articolo, tutte le

zone e le aree poste e comprese: nei fondovalle, in zone umide perché adiacenti a fiumi, torrenti

o invasi di acqua; in zone fortemente ombreggiate, boschive o in radure esposte a nord;

in zone di bassa pianura e in terreni situati oltre i 600 mt s.l.m.;

in zone la cui esposizione non garantisce una corretta maturazione delle uve.

Densita' di impianto.

I sesti d'impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere razionali e tali

da non modificare le caratteristiche peculiari dell'uva e del vino. I nuovi impianti e reimpianti

devono prevedere un numero di ceppi per ettaro non inferiore a 2.400 ceppi. Per i nuovi

impianti e reimpianti e' vietata l'adozione di forme di allevamento orizzontali. E' vietata ogni

pratica di forzatura. E' consentita l'irrigazione di soccorso.

Resa a ettaro e gradazione naturale minima.

La produzione massima per ettaro di coltura specializzata e il titolo alcolometrico volumico naturale

minimo delle uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata

«Irpinia» devono rispettare i sotto elencati limiti:

--------------------------------------------------------------------

Tipologia Produzione Titolo

Massima di uva Alcolometrico

t/Ha volumico naturale

minimo % vol

--------------------------------------------------------------------

Bianco 13 10,00

Rosato 13 10,50

Rosso 13 10,50

Novello 13 10,00

Spumante (Fiano, Greco, 12 10,50

Falanghina)

Liquoroso (Aglianico) 12 12,00

Coda di Volpe 12 11,00

Falanghina 12 11,00

Fiano anche nella tipolo- 12 11,00

gia Passito

Greco anche nella tipolo- 12 11,00

gia Passito

Aglianico anche nella 12 11,00

tipologia Passito

Piedirosso 12 11,00

Sciascinoso 12 11,00

Irpinia Campi Taurasini 11 11,00

--------------------------------------------------------------------

4

Nelle annate piu' favorevoli le quantita' di uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di

origine controllata «Irpinia» devono essere riportate ai limiti massimi di cui sopra, purche' la resa

unitaria non superi per piu' del 20 % i limiti stessi.

Nel caso di vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva ammessa dovra' essere

calcolata in relazione all'effettiva estensione del terreno vitato.

La Regione Campania, con proprio provvedimento, su proposta del Consorzio di Tutela, sentite le

Organizzazioni di Categoria interessate, di anno in anno, può stabilire di ridurre i quantitativi di uva

per ettaro rivendicabile rispetto a quelli sopra fissati, dandone immediata comunicazione

all’organismo di controllo.

Articolo 5

Norme per la vinificazione

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire al

vino le sue peculiari caratteristiche.

Zona di vinificazione.

Le operazioni di vinificazione, di elaborazione, di spumantizzazione e di eventuale

invecchiamento dei vini a denominazione di origine controllata «Irpinia» con o senza menzione

di vitigno e per i vini a denominazione di origine controllata «Irpinia» con la sottozona di

cui all'art. 1, devono essere effettuate nell'ambito del territorio della provincia di Avellino.

È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sentito il parere della Regione

Campania, consentire che le predette operazione possano avvenire in stabilimenti situati nel

territorio regionale, a condizione che le Ditte interessate ne facciano richiesta e dimostrino di aver

vinificato, prima dell’entrata in vigore del presente disciplinare di produzione, uve destinate alla

produzione del vino IGT “Irpinia” e di aver commercializzato con tale denominazione i vini

ottenuti.

Arricchimento.

L'arricchimento dei mosti o dei vini aventi diritto alla denominazione di origine controllata

«Irpinia» deve essere effettuato alle condizioni stabilite dalle norme comunitarie e nazionali, ferma

restando la resa massima del 70 % dell'uva in vino.

Elaborazione.

I vini a denominazione di origine controllata «Irpinia» Spumante con la menzione di uno dei

seguenti vitigni: flano, greco, falanghina, devono essere elaborati secondo le norme comunitarie

e nazionali e nel rispetto delle condizioni stabilite dal presente disciplinare. Nel caso detti vini

siano elaborati con il metodo classico, non possono essere immessi al consumo prima di 20 mesi

dal 1° ottobre dell'anno di raccolta della partita piu' recente. Le operazioni di spumantizzazione

devono avvenire all'interno della provincia di Avellino, fatte salve le deroghe di cui al comma 2.

I vini a denominazione di origine controllata «Irpinia» passito con la menzione di uno dei seguenti

vitigni: fiano, greco, aglianico, devono essere elaborati nel rispetto delle norme vigenti per tale

tipologia, con parziale appassimento delle uve sulla pianta oppure dopo la raccolta fino al

raggiungimento di un titolo alcolometrico volumico totale non inferiore al 15,50%. E' vietata ogni

aggiunta di mosti concentrati o mosti concentrati rettificati. Il vino non deve essere immesso al

consumo prima del 1° giugno dell'anno successivo la vendemmia.

I vini a denominazione di origine controllata «Irpinia» liquoroso devono essere elaborati nel rispetto

delle norme vigenti per tale tipologia, fino al raggiungimento di un titolo alcolometrico volumico

totale non inferiore al 16,00%. E' vietata ogni aggiunta di mosti concentrati o mosti concentrati

rettificati. Il vino non deve essere immesso al consumo prima del 1° ottobre dell'anno

successivo la vendemmia.

5

Resa uva/vino.

La resa massima di uva in vino non deve superare il 70% per tutti i vini.

Qualora la resa superi i limiti suddetti, ma non il 75%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione

d'origine controllata.

Oltre questi ultimi limiti decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

Per le tipologie passito e liquoroso la resa di uva in vino non deve superare il 40%.

Invecchiamento.

I vini a denominazione di origine controllata «Irpinia» sottozona Campi Taurasini, devono essere

destinati ad un periodo di invecchiamento di almeno 9 mesi a far tempo dal 1° novembre

dell'anno della vendemmia.

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

I vini a denominazione d'origine controllata «Irpinia» all'atto dell'immissione al consumo devono

rispondere alle seguenti caratteristiche:

«Irpinia» Bianco:

colore. giallo paglierino piu' o meno intenso;

odore: floreale, fruttato;

sapore: secco, equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;

acidità totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.

«Irpinia» Rosso:

colore: rosso rubino piu' o meno intenso;

odore: floreale, fruttato, persistente;

sapore: secco, equilibrato, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l

«Irpinia» Rosato:

colore: rosa piu' o meno intenso;

odore: floreale, fruttato;

sapore: secco o abboccato, morbido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidita' totale minima: 5,0 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.

«Irpinia» Novello:

colore: rosso porpora;

odore: vinoso, fruttato, intenso;

sapore: secco o abboccato, intenso;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidita' totale minima: 5,0 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,0 g/l.

«Irpinia» fiano passito:

colore: caratteristico del vitigno di provenienza;

odore: delicato, caratteristico, floreale, fruttato, fragrante;

sapore: amabile o dolce, pieno, armonico, caratteristico del vitigno di provenienza;

6

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,50% vol di cui effettivo almeno 12,00% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 21,0 g/l.

«Irpinia» Greco passito:

colore: caratteristico del vitigno di provenienza;

odore: delicato, caratteristico, floreale, fruttato, fragrante;

sapore: amabile o dolce, pieno, armonico, caratteristico del vitigno di provenienza;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,50% vol di cui effettivo almeno 12,00% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 21,0 g/l.

«Irpinia» Aglianico passito:

colore: caratteristico del vitigno di provenienza;

odore: delicato, caratteristico, floreale, fruttato, fragrante;

sapore: amabile o dolce, pieno, armonico, caratteristico del vitigno di provenienza;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00% vol di cui effettivo almeno 12,00% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 21,0 g/l.

«Irpinia» Aglianico liquoroso:

colore: rosso rubino intenso, tendente al granato con l'invecchiamento;

odore: etereo, intenso, caratteristico;

sapore: pieno, vellutato, caldo, secco o con pronunciata rotondita' per i tipi abboccato,

amabile o dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol di cui effettivo almeno 15,00% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 21,0 g/l.

«Irpinia» Falanghina spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino piuo meno intenso, con eventuali riflessi verdolini o dorati;

odore: bouquet fine, ampio e composito, caratteristico del vitigno di provenienza;

sapore: fine e armonico, nelle tipologie «extra brut» e «brut»;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol;

acidita' totale minima: 5,0 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.

«Irpinia» Fiano spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino piu o meno intenso, con eventuali riflessi verdolini o dorati;

odore: bouquet fine, ampio e composito, caratteristico del vitigno di provenienza;

sapore: fine e armonico, nelle tipologie «extra brut» e «brut»;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol;

acidita' totale minima: 5,0 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.

«Irpinia» Greco spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino piuo meno intenso, con eventuali riflessi verdolini o dorati;

odore: bouquet fine, ampio e composito, caratteristico del vitigno di provenienza;

sapore: fine e armonico, nelle tipologie «extra brut» e «brut»;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol;

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acidita' totale minima: 5,0 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.

«Irpinia» Aglianico:

colore: rosso rubino piu' o meno intenso;

odore. caratteristico, intenso;

sapore: secco, giustamente tannico, equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.

«Irpinia» Piedirosso:

colore: rosso rubino piu' o meno intenso;

odore: fruttato, persistente e intenso;

sapore: secco, giustamente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.

«Irpinia» Sciascinoso:

colore: rosso rubino piu' o meno intenso;

odore: fruttato, caratteristico, intenso;

sapore: secco, morbido, equlibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.

«Irpinia» Falanghina:

colore: giallo paglierino, con riflessi verdolini;

odore: floreale, fruttato, intenso;

sapore: secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.

«Irpinia» Fiano:

colore: giallo paglierino piu' o meno intenso;

odore: floreale, fruttato, caratteristico;

sapore: secco, morbido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.

«Irpinia» Greco:

colore: giallo paglierino piu' o meno intenso;

odore: floreale, fruttato;

sapore: secco, intenso;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.

«Irpinia» Coda di volpe:

colore: giallo paglierino piu' o meno intenso;

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odore: floreale, fruttato;

sapore: secco, morbido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo:16,0 g/l;

«Irpinia» Sottozona Campi Taurasini:

colore: rosso rubino, tendente al granato con l'invecchiamento;

odore: intenso, persistente, caratteristico e gradevole;

sapore: secco, giustamente tannico, morbido, di corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol;

acidita' totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.

Il vino a denominazione di origine controllata «Irpinia» Sottozona Campi Taurasini non puo'

essere immesso al consumo prima del 1° settembre dell'anno successivo a quello della produzione.

E' facolta' del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, i limiti sopra

indicati per l'acidita' totale e l'estratto non riduttore minimo, con proprio decreto.

Articolo 7

Designazione e presentazione

Nella etichettatura, designazione e presentazione dei vini a denominazione di origine controllata

«Irpinia» e' vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa a quelle previste dal presente

disciplinare, compresi gli aggettivi extra, fine, scelto, selezionato, vecchio e similari.

E' consentito 'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati,

purche' non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

Le indicazioni tendenti a specificare l'attivita' agricola dell'imbottigliatore quali «viticoltore»,

«fattoria», «tenuta», «podere», «cascina» ed altri termini similari sono consentite in osservanza

delle disposizioni UE e nazionali in materia.

Nella designazione e presentazione del vino a denominazione di origine controllata «Irpinia», la

specificazione del nome del vitigno, ove previsto, deve figurare in etichetta al di sotto della

denominazione «Irpinia», in caratteri e dimensioni non superiori a quelli utilizzati per indicare la

denominazione di origine.

Annata.

Sulle bottiglie contenenti il vino a denominazione di origine controllata «Irpinia», ad eccezione

delle tipologie spumante e liquoroso, deve sempre figurare l'indicazione dell'annata di produzione delle

uve.

Vigna.

La menzione in etichetta del termine «vigna» seguita dal corrispondente toponimo e' consentita

in conformita' alle norme vigenti.

Articolo 8

Confezionamento

Volumi nominali, tappatura e recipienti.

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Il vino a denominazione di origine controllata «Irpinia» deve essere immesso al consumo in

bottiglia o altri recipienti di vetro di volume nominale conforme a quelli stabiliti dalle norme

vigenti.

I recipienti di cui al comma precedente devono essere chiusi con tappo di sughero, o di altro

materiale consentito dalla normativa vigente. E' ammesso il tappo a vite e/o strappo esclusivamente

per le bottiglie di contenuto inferiore e/o uguale a 0,200 litri.

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

A) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali

L’Irpinia è una regione storico-geografica dell’Italia meridionale, oggi ricompresa nella provincia

di Avellino. Nella nazione dei Samnites, oltre agli Hirpini ed ai Pentri, rientravano i Carricini (o

Carecini), i Caudini ed i Frentani. I Sanniti comunque sono un parto della mente degli scrittori

latini, che originariamente non riuscivano a distinguere tra tali tribù e le definirono genericamente

"Samnites".

L’Irpinia confina a nord con il Sannio, ad ovest con l’agro nolano e l’agro nocerino sarnese, a sud

con la provincia di Salerno e ad est con il Vulture e la Daunia. La regione si estende sulla parte

centro-orientale della Campania, non ha uno sbocco al mare e presenta un territorio

prevalentemente montuoso. I suoi limiti naturali sono il Subappennino Dauno ad est, il corso del

fiume Ofanto ed i Monti Picentini a sud, il massiccio del Partenio ad ovest, la Valle Caudina, il

corso del fiume Ufita e la valle del Miscano a nord.

Provincia di antica tradizione vitivinicola, è caratterizzata da notevole variabilità delle

caratteristiche pedoclimatiche, che deriva dalla presenza delle catene montuose del Paternio e del

Terminio che ne attraversano tutto il territorio e che danno luogo ad una serie di tipologie viticole

soprattutto in rapporto ai sesti d’impianto ed all’espansione vegetativa. I terreni dell’area irpina

presentano un’ampia variabilità, in funzione della loro collocazione.

Il territorio si presenta come un intrigo di valli ed alture, tra le quali si inerpicano numerosi fiumi e

torrenti. Tra questi si possono annoverare il Calore Irpino, l'Ofanto e il Sele. Il Calore attraversa il

territorio trasversalmente in direzione sud-nord per circa 44 km (sugli 80 km totali del suo corso),

dalle sorgenti, che si trovano a Montella ad una quota superiore ai 1000 m s.l.m., fino ad arrivare

nel beneventano dove confluisce nel Volturno. L’Ofanto nasce, invece, in “Alta Irpinia” nei pressi

di Nusco, e percorre la parte orientale della regione per 68 km, prima in direzione ovest-est,

formando il lago di Conza, per poi procedere verso nord nei pressi della confluenza con l’Atella,

marcando il confine con la Basilicata.

Per quanto riguarda l’orografia del territorio, le cime più imponenti si ergono nella zona sudorientale.

È qui, infatti, che si trovano i monti Cervialto, nel comune di Bagnoli Irpino, e Terminio,

in quello di Montella, massicci di origine carsica rispettivamente di 1809 e 1786 m s.l.m.. Nell'area

occidentale, invece, la conformazione è di origine argillosa. Per tale ragione i rilievi raggiungono

altezze inferiori. Di questo territorio fanno parte la dorsale dell'Appennino dalla Sella di Ariano_,

passando per i rilievi della Baronia di Vico. La parte sud-occidentale della dorsale prende il nome di

“Altopiano del Formicoso” ed ha un’altitudine media di circa 800 m s.l.m. Quest’area viene

comunemente designata con nome di “Alta Irpinia”. Altri complessi montuosi di rilievo sono i

Monti Picentini ed il Partenio.

In particolare essendo attraversata dalla dorsale appenninica, il territorio dell’irpinia, si ripartisce in

due versanti diversi tra loro: quello tirrenico che comprende il circondario di Avellino e quello

adriatico che comprende i circondari di Sant’Angelo dei Lombardi e Ariano Irpino.

Sotto l’aspetto orografico l’Irpinia accusa una configurazione montuoso-collinare; la parte

pianeggiante è costituita da qualche altipiano più o meno ondulato e da limitati fondovalle.

La parte montuosa è costruita dalle due catene appenniniche del Terminio e del Partenio che ne

attraversano tutto il territorio e che danno luogo ad una serie di tipologie viticole soprattutto in

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rapporto ai sesti d’impianto ed all’espansione vegetativa. I terreni dell’area irpina presentano

un’ampia variabilità, in funzione della loro collocazione.

Nel settore occidentale sono presenti i massi rocciosi, facenti capo ai Monti di Avella, del Partenio,

di Lauro, nonché il gruppo montuoso, compreso tra Quindici e Sarno, la cui origine si fa risalire al

Cretaceo superiore. Nell’area centrale della provincia che comprende la conca di Avellino, le

caratteristiche del terreno sono simili a quelle del distretto vesuviano. Nelle aree collinari di Castel

Baronia, Grottaminarda, Ariano e Montecalvo Irpino i terreni che si sono sviluppati sui depositi

eocenici e pliocenici sono poveri di scheletro, ricchi di argilla e di elementi nutritivi, a reazione per

lo più alcalina.

Nel circondario di Avellino, nella Valle del Sabato ed in molti terreni della Valle del Calore, si

adottano di preferenza sistemi d’allevamento espansi (sistema «avellinese» e sue derivazioni); ciò

avviene soprattutto nelle zone più pianeggianti e fertili, mentre in quelle di media collina arida si

evidenzia un maggior contenimento dello sviluppo.

Nella Valle dell’Ufita fino al circondario di Ariano Irpino è invalsa la tendenza a contenere

l’espansione vegetativa attraverso i sesti d’impianto fitti e le forme d’allevamento basse (soprattutto

cordone speronato).

Sull’intero territorio possono essere identificate tre aree viticole principali: Valle del Sabato,

Taurasi e comuni limitrofi, Colle del Paternio .

Dal punto di vista della giacitura dei suoli, la provincia di Avellino è la più disforme della

Campania, essendo caratterizzata da un continuo succedersi di montagne, colline e pianure,

intervallate da corsi d’acqua. Le condizioni di giacitura, esposizione e altitudine sono tali da

consentire la produzione di vini di pregio.

L’irpinia si estende nella parte centro-orientale della Campania: un susseguirsi di valli e alture su

cui s’inerpicano corsi d’acqua. Qua si trovano le espressioni più felici della vitivinicoltura campana:

vini bianchi quale il Fiano o il Greco, e i vini rossi quale il Taurasi (da vitigno Aglianico).

Le vigne di Fiano e di Greco si abbarbicano su terreni sabbiosi e argillosi o su rocce calcaree

(perfino dolomitiche) dai 300 ai 600 metri lungo la valle del fiume Sabato, affluente di sinistra del

più noto fiume Calore, che nasce sui 1660 metri del Monte Accellica: ossia fra i Monti Picentini,

spina dorsale dell’Irpinia. Nella valle del fiume Calore, invece, si abbarbicano le vigne di Aglianico,

dai 300 ai 600 metri: cioè la zona del vino Taurasi.

I terreni hanno profili giovani e immaturi e poggiano il più delle volte direttamente sui loro substrati

pedogenetici, sia roccia dura e compatta sia rocce tenere argillose e sabbiose.

Lo scheletro è presente in misura modesta e formato da frammenti e ciottoli silicei o calcarei. Per

contro, i terreni sono decisamente ricchi in argilla, che il costituente più importante, con

concertazioni anche fino al 50% della terra fina; in molti casi la frazione argillosa e attenuata da

sabbia e limo, presenti in misure notevoli oer cui gran parte dei terreni dell’areale risultano argillosi

o argillo limosi (terreni pesanti), oppure sabbio-argillosi.

Reazione: Prevalgono i terreni a reazione neutra e sub-alcalina con una punta di pH 8,0.

Calcare totale: EstremamentIn genere debole è la presenza di calcare

Humus: generalmente modeste, con sostanza organica inferiore al 2% e azoto fra 0,7 e 2,24g/kg.

Anidride fosforica assimilabile: Sebbene il contenuto in fosforo totale è di norma bastevole a volte

anche esuberante, in relazioni alle roccie madri di origine, il contenuto in fosforo assimilabile è

modesto, con tenori che variano da 21 a 67 mg/kg.

In merito alla dotazione potassica, i terreni del Greco di Tufo, qualunque sia l’origine, sono ben

provvisti. I valori di Ossido di potassio scambiabile è ricompreso tra 250-980 mg/kg con valori

medi intorno a 450-500 mg/kg

Prerogativa dei terreni è la ricchezza in magnesio scambiale con concentrazioni da 110 a 940

mg/kg. Questo elemento esplica un’azione fortemente positiva sull’attività vegetativa della vite,

favorendo sia i processi di lignificazione sia le caratteristiche organolettiche del vino. Altrettanto

buona dotazione di boro, rame, manganese e zinco.

Sotto il profilo enologico, il contenuto elevato di argilla ha influenza positiva sulla qualità delle

produzioni, particolarmente durante i periodi di siccità estiva, consentendo una più regolare

maturazione delle uve con una buon mantenimento dei livelli di acidità. Altrettanto positiva la

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ricchezza in potassio e magnesio scambiabile che conferisce ai vini intensità di profumi, buona

struttura ed equilibrio.

Clima

Il clima si presenta rigido d’inverno, quando non mancano le precipitazioni a carattere nevoso, ma

relativamente mite d’estate. Nel corso dell'anno le precipitazioni sono molto abbondanti nella parte

occidentale dove superano i 1.220 mm, meno in quella orientale dove a mala pena si arriva 600 mm.

Le condizioni termiche, idrometriche ed anemometriche che caratterizzano l’areale sono pressoché

ideali per un processo di maturazione caratterizzato da gradualità ed equilibrio tra tenore zuccherino

e acidità, consentendo l’ottenimento di produzioni enologiche pregiate. Tale favorevole situazione è

chiaramente dovuta alla posizione geografica e all’orografia del territorio.

L’andamento climatico sia dal punto di vista termico che delle precipitazione è fortemente

influenzato dai numerosi ettari di bosco che ricoprono i monti che caratterizzano l’ambiente

circostante e che ne sfavoriscono il surriscaldamento. In generale, il clima invernale è rigido, non di

rado ci sono precipitazioni a carattere nevoso, come il clima estivo è alquanto mite.

Temperature:

Di numero molto elevato i giorni di sole, abbastanza frequenti le gelate primaverili, talvolta anche

tardive. Molto pronunciate le escursioni termiche tra le temperature medie max e min durante il

periodo Luglio- Settembre.

Precipitazioni:

Buona la piovosità che di solito nell’arco dell’anno raggiunge, anche se di poco i 1100 mm. La

distribuzione delle piogge, si addensa nell’autunno-inverno concentrando ben oltre il 70% delle

precipitazioni con un periodo estivo particolarmente asciutto con in media il 6% del totale delle

precipitazioni.

Venti: i venti dominanti sono quelli meridionali e sudoccidentali, umidi e tiepidi. Per la sua

ubicazione e la sua orografia, l’area ha una protezione verso i venti orientali mentre e esposta a

quelli di origine tirrenica. Ne consegue che l’area è protetta dai venti freddi del quadrante nord-est,

mentre nessun ostacolo è frapposte alle correnti umide dei quadranti occidentali e meridionale.

Fattori umani

La coltivazione della vite nell’area si perde nella notte dei tempi, intimamente connessa allo

scorrere del fiume Sabato che l’attraversa e che deriva il nome dal popolo dei Sabini, il cui eponimo

era Sabus (Cat. apd. DYONIS, II, 49; LIB. VIII, 41) o Sabatini, una tribù dei Sanniti stanziatasi nel

bacino del fiume Sabatus (Livio). Lungo le anse del fiume altrettanto correvano e corrono, ancora

oggi, le antiche vie univano l’Irpinia al Sannio e alleavano le tribù Irpine e Sannite. L’area si

rafforza come nucleo d’insediamento e progresso per la viticultura nell’800 grazie alla scoperta di

enormi giacimenti di zolfo nel comune di Tufo. La presenza e la disponibilità dello zolfo gioverà

all’esplosione della coltivazione della vite in tutta l’Irpinia, dando origine in contemporanea alla

tecnica della “zolfatura” che permetteva di proteggere i grappoli dagli agenti patogeni esterni.

Il grande sviluppo dell’economia vinicola Irpina in epoca moderna si con l’avvio dell egrandi

esportazione dei vini Irpini verso la Francia. Il vino Irpino diventò grandemente ricercato con prezzi

medi di 25-30 lire/centaro (75 Kg). La vite divenne la più importante fonte di ricchezza della nostra

provincia (A.Valente). In quel periodo la superficie impiantata superava i 63.000 ettari, di cui oltre

2000 in coltura specializzata (F.Madaluni 1929).

Nella relazione “I vini dell’Avellinese”, Amedeo Jannacone, 1934: “Appare evidente che l’industria

vinicola rappresenta in Irpinia una attività agraria grandissima, cui corrispondono altrettanto

considerevoli capitali circolanti che conocorrono ogni anno ad arrecare benessere a tante famiglie

rurali. La floridezza economica di numerosi paesi della provincia di Avellino è dovuta soprattutto

alla produzione e al commercio vinicolo, floridezza che porta innegabili progressi in tutte le

branche dell’attività agraria e nella vita stessa delle popolazioni rurali”.

Nel XIX secolo l’attività vitivinicola dell’intera provincia, con una produzione superiore a un

milione di ettolitri largamente esportati, è l’asse economico portante dell’economia agricola degli

anni, il Catasto Agrario annovera che in essa sono stati investiti capitali ingentissimi (circa 500

milioni di Lire dell’epoca), del tessuto sociale. A supporto per l’ulteriore sviluppo dell’atttività si

arriva alla costruzione della prima strada ferrata d’Irpinia, da lì a poco chiamata propriamente

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“ferrovia del vino”, che collegava i migliori e maggiori centri di produzione vinicola delle Colline

del Sabato e del Calore direttamente con i maggiori mercati italiani ed europei. In particolare

nell’area del Greco, ancora oggi, tante sono le stazioni ancora esistenti ed operanti: Tufo, Prata,

Taurasi, Montemiletto.

Contribuisce a far diventare l’area uno dei più importanti centri vitivinicoli italiani l’istituzione del

1878 ella Regia Scuola di Viticoltura & Enologia di Avellino.

La presenza della Scuola, quale propulsore del progresso socio-economico, porterà la filiera

vitivinicola Avellinese a divenire uno delle prime provincie italiane per produzione ed esportazioni

di vino, principalmente verso la Francia, come le fonti dimostrano.

La forza dell’industria vinicola Irpina genererà lo sviluppo di un forte indotto con lo sviluppo di

officine meccaniche specializzate nella costruzione e commercializzazione sia di pompe irroratrici e

attrezzature specialistiche per la viticoltura sia di sistemi enologici, botti e tini.

A livello scientifico la valenza tecnico-economica delle produzioni di vini dell’Irpinia viene

riconosciuto in tutti gli studi di ampelografia e enologia succedutesi nel tempo.

La diffusa e specializzata presenza della vite in tutta l’Irpina, nei secoli, dà luogo allo sviluppo

nell’area di corretti sistemi di allevamento della vite che ottimizzano le esigenze tecnico –

produttive con la fisiologie dei vitigni allevati. Tra questi, si ricordano: il sistema di allevamento

tipico conosciuto come “Alberata Taurasina o Antico sistema taurasino”, risalente alla scuola

etrusca, applicato per l’Aglianico e i vitigni rossi e il sistema avellinese largamente diffuso per la

coltivazione dei vitigni bianchi: Greco, Fiano,Greco.

Anche se nel paesaggio odierno è possibile ancora vedere qualche alto festone delle tradizionali

“alberate taurasine” o le i quadrati del sitema avellinese, con la moderna viticoltura, oggi, la forma

di allevamento prevalente nei vigneti specializzati è la spalliera, con potature a guyot e cordone

speronato a ridotta di gemme per ceppo finalizzate all’ottenimento di uve dal potenziale enologico

qualitativamente ottimo e ben equilibrato. Tale sistema, nell’ultimo trentennio, ha progressivamente

soppiantato sia il sistema Avellinese sia l’“Alberata Taurasina”.

La forma di allevamento prevalente nel vigneto specializzato, dell’area in questione, è la spalliera,

con potature a guyot e cordone speronato a ridotta di gemme per ceppo finalizzate all’ottenimento

di uve dal potenziale enologico qualitativamente ottimo e ben equilibrato. Il sesto d’impianto più

frequentemente utilizzato per i nuovi impianti è di m. 2.40 x m. 1.00.

Relativamente alle forme di allevamento l’obiettivo della qualità, ha indotto i produttori a realizzare

impianti ad alta densità e meccanizzabili e negli anni tali produzioni si sono modificate sempre più

a favore della qualità, aumentando significativamente il numero di viti per ettaro e con una resa

produttiva tra gli 80-100 ql/Ha.

La resa in vino si aggira tra il 65-70%

Le varietà coltivate sono: Aglianico, Piedirosso, Sciascinoso, Sangiovese, cui oggi si sono

affiancati, Merlot, Cabernet Sauvignon per le uve a bacca rossa; Fiano, Greco, Coda di Volpe,

Falanghina per le uve a bacca bianca; salvo altre varietà minori tipiche dell’area.

. Fattori storici

Di fondamentale rilievo sono i fattori storici – antropologici legati al territorio di produzione, che

per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino IRPINIA.

La viticoltura nell’area di produzione IRPINIA ha origini antichissime che risalgono alle

popolazioni locali e successivamente all’arrivo di colonizzatori greco – micenei i quali diedero

primo impulso alla millenaria coltivazione della vite nell’antico Sabazios, poi ripresa dagli etruschi.

Testimonianza storico-letterarie sulla presenza della vite e, in particolar modo, del vitigno Aglianico

nell’attuale area produttiva del Taurasi è data da Tito Livio, nel suo Ab Urbe Condita, che descrive

una “Taurasia dalle vigne opime” fornitrice di ottimo vino per l’Impero,dove si allevava la vite

Greca o Ellenica.

Confermata da una nota del 5 novembre del 1592, indirizzato al Capitano di Montefusco, capitale

del Principato d’Ultra – coincidente in larga parte all’odierna provincia di Avellino - : “L’Università

ha ottenuto Regio Assenso, su la gabella del vino per far pagare 4 carlini per ogni soma che entra

nella terra. Ora molti particolari di Lapio portano il vino, ma non vogliono pagare perché dicono di

venderlo al minuto. Il Capitano li costringa al pagamento.”

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Il Giornale Economico del Principato Ulteriore del 1835, dà notizie, riguardanti la costruzione di

nuove cantine nell’area e dell’ammodernamento di strutture e attrezzature, per quelle esistenti, che

rappresentano testimonianze indelebili del passato. L’articolo si chiude con l’elencazione degli

accorgimenti da seguire.

Attiva fonte di testimonianze sono poi le cronache del Comizio Agrario nato dalla trasformazione

della Società Economica del Principato d’Ultra per Regio Decreto del Ministro dell’Agricoltura il

23.12.1866.

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o

esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati ad

Sud-Est/Sud-Ovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite,

concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole

all’espletamento equilibrato di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad

una viticoltura di qualità.

La millenaria storia vitivinicola dell’area di produzione del Irpinia, iniziata in epoca pre-romana,

portata al rango di vera attività socio-economica con l’avvento dell’Impero Romano, è attestata da

numerosi manoscritti e fonti storiche, è la fondamentale prova della stretta connessione ed

interazione esistente tra i fattori umani, la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Irpinia”.

Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso

dei secoli, tramandato le tradizioni tecniche di coltivazione della vite e le competenze enologiche, le

quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso

processo scientifico e tecnologico.

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla

lettera B).

La DOP IRPINIA concorre a «garantire e promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la

valorizzazione del patrimonio naturale e umano in cui le sue produzioni si originano», tale

patrimonio è costituito da «formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche o gruppi

di esse, che hanno rilevante valore naturalistico ed ambientale, oltre che dall’operato dell’uomo che

vi concorre». Da ciò, non può che discendere come tutte questa Denominazione che racchiude

questi patrimoni debbano essere oggetto di «tutela specifica, finalizzata alla conservazione di

equilibri ecologici, di conoscenza e valori umana, di valori scenici e panoramici, di processi naturali

».

La DOP IRPINIA è espressione del rapporto univoco tra vitigno e l’ambiente naturale e umano

entro il quale esso è “nato”, è “cresciuto” e si è “sviluppato”. Le caratteristiche dei vini sono

strettamente legate al territorio o, meglio, al terroir che, quale espressione di tipo ed evoluzione dei

suoli, testimonia della origine di quei sentori o di quelle “sfumature”, che rendono un vino unico ed

irripetibile. Unicità ed irripetibilità tipiche dei vitigni irpini.

I vini di cui il presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed

organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne da una chiara

individuazione e tipizzazione legata all’ambiente pedo-climatico.

In particolare i vini IRPNIA presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le

tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi armonici e gradevoli dei vitigni di

origine e delle relative tecniche di vinificazione quale evidenza dell’interazione vitigno-ambienteuomo.

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

Is.Me.Cert. Istituto Mediterraneo di Certificazione Agroalimentare – Corso Meridionale 6 80143

Napoli . Organismo di controllo di cui all’art. 3, comma 1, lett. B) e C) del DM 19 marzo 2010.

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L’IsMeCert è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari

e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la

verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo

25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti

beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera

filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25,

par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli,

approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in

GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.