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COLLI DI PARMA D.O.C.

COLLI DI SCAMDIANO E CANOSSA D.O.C.

COLLI PIACENTINI D.O.C.

GUTURNIO D.O.C.

ORTRUGO DEI COLLI PIACENTINI D.O.C.

REGGIANO D.O.C.



VIGNETI PIANELLO VAL TIDONE

VIGNETI PIANELLO VAL TIDONE

COLLI DI PARMA

D.O.C.

Decreto 04 marzo 2003

Modifica Decreto 17 giugno 2004

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 12 luglio 2013

Modifica Decreto 30 marzo 2015

Modifica Decreto 29 luglio 2016

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” è riservata ai vini che rispondono alla condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:

 

“Colli di Parma” rosso (anche nella tipologia frizzante);

“Colli di Parma” Malvasia (anche nelle tipologie frizzante e spumante);

“Colli di Parma” Sauvignon (anche nelle tipologie frizzante e spumante);

“Colli di Parma” Chardonnay (anche nelle tipologie frizzante e spumante);

“Colli di Parma” Pinot Bianco (anche nelle tipologie frizzante e spumante);

“Colli di Parma” Pinot Grigio (anche nelle tipologie frizzante);

“Colli di Parma” Spumante;

“Colli di Parma” Pinot Nero;

“Colli di Parma” Merlot;

“Colli di Parma” Cabernet Franc;

“Colli di Parma” Cabernet Sauvignon;

“Colli di Parma” Barbera (anche nelle tipologie frizzante);

“Colli di Parma” Bonarda(anche nelle tipologie frizzante);

“Colli di Parma” Lambrusco (anche nelle tipologie frizzante).

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Rosso (anche nella tipologia frizzante), è riservata al vino rosso ottenuto dalle uve delle varietà di vitigni presenti nei vigneti, in ambito aziendale, nelle percentuali appresso indicate:

Barbera: dal 60% al 75%;

Bonarda e Croatina, da soli o congiuntamente, dal 25% al 40%.

Possono, inoltre, concorrere alla produzione di detto vino le uve di varietà a bacca nera, non aromatiche, provenienti dai vitigni, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione in Emilia- Romagna presenti nei vigneti fino ad un massimo del 15%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Malvasia (anche nella tipologia frizzante e spumante), è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nelle percentuale appresso indicata:

Malvasia di Candia aromatica: dall’85% al 100%

sia per la tipologia secco che per la tipologia amabile.

In tal caso, secondo l’uso, possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti dalla varietà di vitigno Moscato bianco presente nei vigneti in ambito aziendale, fino ad un massimo del 15%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Sauvignon (anche nella tipologia frizzante e spumante), è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nelle percentuale appresso indicata:

Sauvignon: dall’95%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti dalla varietà a bacca di colore analogo, non aromatiche, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna presenti nei vigneti sino ad un massimo del 5%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Chardonnay (anche nelle tipologie frizzante e spumante) è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nella percentuale appresso indicata:

Chardonnay: 95%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve a bacca di colore analogo, non aromatiche, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna presenti nei vigneti in ambito aziendale, sino ad un massimo del 5%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Pinot bianco (anche nelle tipologie frizzante e spumante) è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nella percentuale appresso indicata:

Pinot bianco: 95%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve a bacca di colore analogo, non aromatiche, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna presenti nei vigneti in ambito aziendale, sino ad un massimo del 5%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Pinot grigio è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nella percentuale appresso indicata:

Pinot grigio: 95%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve a bacca di colore analogo, non aromatiche, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna presenti nei vigneti in ambito aziendale, sino ad un massimo del 5%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” spumante è riservata allo spumante ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, da soli o congiuntamente, nella percentuale appresso indicata:

Pinot Nero, Chardonnay, Pinot bianco: da zero al 100%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Pinot nero è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nella percentuale appresso indicata:

Pinot nero: dall’85% al 100%.

Possono, inoltre, concorrere alla produzione di detto vino, altre varietà a bacca nera, non aromatiche, presenti nei vigneti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna, ad esclusione delle varietà Lambrusco, sino ad un massimo del 15%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Merlot” è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nella percentuale appresso indicata:

Merlot: dall’85% al 100%.

Possono, inoltre, concorrere alla produzione di detto vino, altre varietà a bacca nera, non aromatiche, presenti nei vigneti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna, ad esclusione delle varietà Lambrusco, sino ad un massimo del 15%.

 

La Denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Cabernet Franc è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nella percentuale appresso indicata:

Cabernet Franc: dall’85% al 100%.

Possono, inoltre, concorrere alla produzione di detto vino, altre varietà a bacca nera, non aromatiche, presenti nei vigneti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna, ad esclusione delle varietà Lambrusco, sino ad un massimo del 15%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Cabernet Sauvignon è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nella percentuale appresso indicata:

Cabernet Sauvignon: dall’85% al 100%.

Possono, inoltre, concorrere alla produzione di detto vino, altre varietà a bacca nera, non aromatiche, presenti nei vigneti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna, ad esclusione delle varietà Lambrusco, sino ad un massimo del 15%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Barbera è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nella percentuale appresso indicata:

Barbera: dall’85% al 100%.

Possono, inoltre, concorrere alla produzione di detto vino, altre varietà a bacca nera, non aromatiche, presenti nei vigneti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna, ad esclusione delle varietà Lambrusco, sino ad un massimo del 15%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Bonarda è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nella percentuale appresso indicata:

Bonarda: dall’85% al 100%.

Possono, inoltre, concorrere alla produzione di detto vino, altre varietà a bacca nera, non aromatiche, presenti nei vigneti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna, ad esclusione delle varietà Lambrusco, sino ad un massimo del 15%.

 

La denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Lambrusco è riservata al vino ottenuto dalle uve delle varietà di vitigno presente nei vigneti, in ambito aziendale, nella percentuale appresso indicata:

Lambrusco Maestri: dall’85% al 100%.

Possono, inoltre, concorrere alla produzione di detto vino, altre varietà a bacca nera, non aromatiche, presenti nei vigneti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna, sino ad un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte alla preparazione dei vini a denominazione di origine controllata “Colli di Parma” comprende il territorio collinare della provincia di Parma, includendo in parte il territorio amministrativo dei comuni di:

Sala Baganza, Calestano, Collecchio, Felino, Fidenza, Fornovo di Taro, Langhirano, Lesignano dè Bagni, Medesano, Neviano degli Arduini, Noceto, Salsomaggiore Terme, Terenzo, Traversetolo e Varano dè Melegari.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo dal ponte sul torrente Enza, che identifica il confine tra le province di Parma e di Reggio Emilia, in prossimità del centro abitato di S. Polo d'Enza in Caviano sulla strada per Traversetolo, il limite segue tale strada in direzione ovest fino a raggiungere Traversetolo; da questo centro abitato segue la strada verso nord-ovest costeggiando C. Zubani, Garavelli, attraversa Bannone e raggiunge Riviera a quota 173, poi segue la strada Pedemontana fino

all'altezza di Villa Magnani.

Da questo punto prosegue verso sud, percorrendo via Delle Coste, per un breve tratto, indi verso ovest lungo la Canaletta e prosegue fino ad incrociare una strada all'altezza del «Fondo di Casa». Da questo punto prosegue lungo la stessa strada in direzione sud, verso S. Maria del Piano, fino a raggiungere l'incrocio con un'altra strada comunale in

località «Case de Fusari» a quota 196.

Da Case Fusari segue in direzione sud ovest fino a «Santa Maria del Piano», la attraversa ed in uscita raggiunge a quota 207 la strada la Strada Provinciale di Lesignano de' Bagni, la percorre in direzione sud-est, fino a raggiungere

quest'ultimo centro abitato, superandolo prende in direzione ovest la strada che passa per la quota 218, dove attraversa fosso Olivetti e proseguendo in prossimità della quota 219 raggiunge Can. le Maggiore.

Segue questi fino alla confluenza con il torrente Parma, lo risale e, giunto al ponte di Langhirano, prende ad ovest, costeggia a nord-est l'abitato del comune per seguire in direzione nord la strada che attraversata Torrechiara raggiunge Pilastro (quota 176).

Da Pilastro segue in direzione nord-ovest la strada per Felino, lo costeggia a sud e in prossimità della quota 188 prosegue per la strada che in direzione sud-ovest attraverso le quote 202, 214, 217

raggiunge C. Fontana (quota 220) da dove in direzione nord-ovest attraversa l'abitato di S. Michele de' Gatti e raggiunge in prossimità del km 10,100 quella che conduce a Marzolara, segue tale strada in direzione sud-ovest sino a Ceretolo (quota 282) da dove attraversa in direzione nord-ovest il torrente Baganza raggiungendo quota 264 sulla strada per S. Vitale Baganza, la segue verso nord-est, supera tale centro abitato e proseguendo tocca C. dei Pittori

e le quote 209, 202, 192, 186, Riva Alta, quota 170 di Sala Baganza; costeggia questo centro abitato ad ovest, ed in uscita dal medesimo in direzione nord segue la strada per la Torre, attraversa Basso ed a quota 124, piegando verso nord-ovest raggiunge Collecchio.

Da Collecchio segue in direzione sud-ovest la strada statale n. 62 fino a raggiungere Fornovo di Taro da dove, attraversati alla confluenza il fiume Taro i il torrente Ceno, raggiunge Ramiola.

Da Ramiola segue in direzione nord-est la strada che costeggia il fiume Taro, attraversa Medesano e alla Cornaccina (quota 139) in prossimità del km 8,400 segue la strada che in direzione ovest attraversa il torrente Recchio e raggiunge quella che costeggia ad ovest questo

corso d'acqua, la percorre in direzione nord, passando per le quote 126, 129, 125, 107 e 101, fino a Gatto Gambarone (quota 95) da dove segue la strada verso ovest lambendo l'oratorio delle Cascine e per le quote 99, 103, 110, 112, 113 e 103 raggiunge, in prossimità di La Marchesa (quota 121) la strada che in direzione nord-est giunge a Salda Grande e a quota 88 dopo aver toccato quota 108 e 105; da quota 88 prosegue per la strada che in direzione nord-ovest porta ad Asilo S. Antonio, lo costeggia e per le Ghiarine raggiunge S. Margherita.

Segue quindi la strada a nord di S. Margherita e in direzione ovest raggiunge a quota 79 il torrente Rovacchia, lo supera e dopo cieca m 600 (quota 79) piega in direzione ovest e prosegue per la strada che toccando le quote 82, 91, e 87 attraversa Lodesana e superata la ferrovia (quota 102) raggiunge a quota 94 la strada statale n. 9-bis, prosegue lungo questa in direzione sud-ovest ed in prossimità del km 4,500 segue la strada verso ovest toccando Predella, S. Nicomede, C. Vernazza e Le Piane da dove tagliando verso nord raggiunge quota 148 sulla strada che, proseguendo verso nord, incrocia il torrente Stirone.

Segue in direzione sud-ovest il torrente Stirone che identifica il confine tra la provincia di Piacenza e di Parma fino ad incontrare il confine sud di Salsomaggiore Terme, prosegue lungo questi verso sud-est, ed all'incrocio con quello di Medesano segue verso sud il confine di tale comune, quindi per breve tratto in direzione ovest (quota 472) segue quello di Pellegrino Parmense in direzione ovest fino ad incrociare la strada all'altezza del p.zo Colombara (km 6,300) prosegue lungo questa in direzione sud, attraversa Scarampi  seguendo la provinciale per Pellegrino si arriva al bivio e si prende la strada comunale per Case Chino dove proseguendo si attraversa il torrente Dordia fino al bivio per Faeto seguendo poi la comunale per Vianino, si attraversa il ponte sul rio Savello e arrivati a Vianino seguendo la comunale si arriva alla provinciale per Varano e la si segue fino a Case Contini dove si attraversa il torrente Ceno (quota 214) e quindi prosegue sulla medesima in direzione est ed in prossimità di Azzano incrocia il confine comunale di Varano de' Melegari, lungo questi prosegue verso nord e piega verso est e sud-est, fino a raggiungere la quota 362 all'altezza di Cozzano, e da quota 362 segue la strada che attraversato Cozzano alla quota 306, prosegue sempre in direzione est, attraversa la strada per Oriano e raggiunge, passando in prossimità di

C. Pietra di Taro il fiume Taro, risale questi in direzione sud-ovest lungo il confine di Rubbiano fino a giungere in prossimità Bocchetto, laddove piega verso sud-est e poi nord-est lungo lo stesso confine di Rubbiano raggiungendo la strada per Calestano in prossimità del torrente Sporzana.

Prosegue in direzione sud lungo tale strada, costeggia ad ovest Lesignano de' Palmia, giunge a Calestano.

Da Calestano segue in direzione nord, prima strada per Marzolara che costeggia il torrente Baganza per breve tratto, e quindi, in direzione sud-est segue quella che, costeggiando il R. Moneglia attraversa lano e Fragnolo e prosegue in direzione sud-est toccando le quote 760 e 818, fino ad incrociare, in prossimità della quota 847, il confine comunale di Langhirano che segue in direzione sud- est fino all'incrocio con il torrente Parma, attraversa il ponte sul torrente Parma sino alla località Capoponte.

Da qui segue il Torrente «Parmozza» in direzione sud-est, fino alla località «Lago» a quota 420 dove si congiunge con il Torrente «Parma», la supera per un breve tratto e segue verso ovest il Rio Toccana fino a quota 475.

Da qui prosegue verso sudovest fino ad incrociare la strada Boschetto-Mussatico, la segue per un breve tratto fino a Case Fattorie e da qui prosegue fino all'altezza della località «Le Latte di sopra».

Da questo prosegue in direzione nord-ovest fino a congiungersi con una strada secondaria a quota 513; prosegue verso sud per Case Bernini, le Parmozze e localita' «La stalla», fino a congiungersi con la strada Antognola-Vezzano. Da qui prosegue per brevissimo tratto verso est, poi si ricongiunge con la stessa strada e la segue nuovamente fino a quota 590.

Da questo punto prosegue in direzione ovest fino a raggiungere la strada Lagrimone-Campora, l'attraversa a quota 673 e prosegue in direzione nord-est, fino a congiungersi con Rio Roccandone, lo segue per breve tratto e poi prosegue verso ovest fino a raggiungere la località Monte Fuso da dove prosegue verso sud-est, fino a raggiungere la strada Lagrimone-Scurano a quota 923.

Da qui attraversa la strada in direzione sud, prosegue fino alla località Monte Faino a quota 999 da dove segue verso est fino a congiungersi con la strada Ruzzano-Scurano a quota 646; prosegue verso sud - est, seguendo il Fosso della Massagna fino a congiungersi con il Torrente Enza, lo segue in direzione nord costeggiando il territorio comunale di Neviano degli Arduini fino al territorio del comune di Traversetolo.

Da qui, seguendo il confine fra le provincie di Parma e Reggio Emilia, discende tale corso d'acqua e raggiunge in prossimità di San Polo d'Enza il punto dal quale e' iniziata la delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Colli di Parma” debbono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve ed ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono, pertanto, da considerarsi idonei, ai fini dell’iscrizione allo schedario viticolo ai sensi dell’art. 12 del 8 aprile 2010, n. 61, i terreni collinari di giacitura ed orientamento adatti, con esclusione di quelli di fondovalle.

Pei nuovi impianti e reimpianti, la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 3.200, salvo che per i vitigni di Bonarda i quali potranno avere una densità di ceppi per ettaro, non inferiore a 2.800.

I sesti d’impianto ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati nella zona, o comunque tali da non modificare le caratteristiche dell’uva e dei vini, come forma di allevamento si deve impiegare preferibilmente il Guyot o il cordone speronato; sono ammesse altre forme di allevamento, similari per carica di gemme per ceppo.

E’ vietata ogni pratica di forzatura.

E’ consentita l’irrigazione di soccorso.

 

Le rese e le gradazioni alcoliche sono le seguenti:

Titolo alcolometrico naturale delle uve alla produzione minimo:

Rosso 10,50% vol.;

Malvasia 10.00% vol.;  

Sauvignon 11.00% vol.;  

Chardonnay 11.00% vol.;

Pinot Bianco 11.00% vol.;

Pinot Grigio 11.00% vol.;

Spumante 11.00% vol.;

Pinot Nero 11.50% vol.;

Merlot 11.50% vol.;

Cabernet Franc 11.50% vol.;

Cabernet Sauvignon 11.50% vol.;

Barbera 11.50% vol.;

Bonarda 11.50% vol.;

Lambrusco 10.00% vol.

 

Titolo alcolometrico totale del vino al consumo minimo:

Rosso 11.50% vol.;

Malvasia 10.50% vol.;

Sauvignon 11.50% vol.;

Chardonnay 11.50% vol.;

Pinot Bianco 11.50% vol.;

Pinot Grigio 11.50% vol.;

Spumante 12.00% vol.;

Pinot Nero 12.00% vol.;  

Merlot 11.50 12.00% vol.;  

Cabernet Franc 12.00% vol.;  

Cabernet Sauvignon 12.00% vol.;  

Barbera 12.00% vol.;  

Bonarda 12.00% vol.;  

Lambrusco 11.00% vol.

 

Resa massima dell’uva in t/ha:

Rosso 10,00 t/ha;

Malvasia 11,00 t/ha;

Sauvignon 7.50 t/ha;

Chardonnay 9,00 t/ha;  

Pinot Bianco 9,00 t/ha;  

Pinot Grigio 9,00 t/ha;  

Spumante 9,00 t/ha;  

Pinot Nero 9,00 t/ha;

Merlot 10,00 t/ha;  

Cabernet Franc 10,00 t/ha;  

Cabernet Sauvignon 10,00 t/ha;  

Barbera 10,00 t/ha;  

Bonarda 10,00 t/ha;

Lambrusco 11,00 t/ha.

 

Resa in % uva/vino:

Rosso 70%;

Malvasia 65%;  

Sauvignon 65%;

Chardonnay 65%;

Pinot Bianco 65%;

Pinot Grigio 65%;

Spumante 65%;

Pinot Nero 65%;

Merlot 70%;

Cabernet Franc 70%;

Cabernet Sauvignon 70%;

Barbera 70%;

Bonarda 70%;

Lambrusco 70%.

 

Resa massima del vino in hl/ha:

Rosso 70,00 hl/ha;  

Malvasia 71,50 hl/ha;

Sauvignon 48,70 hl/ha;

Chardonnay 58,50 hl/ha;  

Pinot Bianco 58,50 hl/ha;   

Pinot Grigio 58,50 hl/ha;   

Spumante 58,50 hl/ha;

Pinot Nero 58,50 hl/ha;

Merlot 70,00 hl/ha;  

Cabernet Franc 70,00 hl/ha;  

Cabernet Sauvignon 70,00 hl/ha;  

Barbera 70,00 hl/ha;  

Bonarda 70,00 hl/ha;

Lambrusco 77,00 hl/ha.

 

Articolo 5

 

Norme per la vinificazione

Tutte le operazioni di vinificazione, di presa di spuma con metodo Charmat, di spumantizzazione con metodo tradizionale classico, di invecchiamento obbligatorio per la tipologia “Riserva”, dei vini di cui all’ARTICOLO1, devono essere effettuate nell’ambito del territorio amministrativo della

provincia di Parma.

 

La tipologia “Colli di Parma” spumante deve essere ottenuta esclusivamente per mezzo di

rifermentazione naturale in bottiglia con permanenza sui lieviti di almeno 12 mesi

e la durata del procedimento di elaborazione complessivo deve essere non inferiore a diciotto mesi.

 

Per l’elaborazione di vini frizzanti deve essere utilizzato esclusivamente mosto o mosto concentrato di uve dei vigneti iscritti allo schedario della rispettiva varietà oppure, mosto concentrato rettificato.

 

L’invecchiamento è obbligatorio per la qualificazione “Riserva”, ammessa per le tipologie di vino, derivanti da varietà a bacca bianca, “Colli di Parma” Malvasia, “Colli di Parma” Sauvignon, “Colli di Parma” Chardonnay e “Colli di Parma” Pinot Bianco;

deve essere di almeno diciotto mesi,

di cui almeno tre per l’affinamento in bottiglia, a far tempo dal primo giorno di novembre successivo alla

vendemmia,

data entro la quale dovranno essere iscritti negli appositi elenchi delle tipologie “Riserva” dei registri di cantina.

 

L’invecchiamento è obbligatorio per la qualificazioneRiserva”, ammessa per le tipologie di vino, derivanti da varietà a bacca nera, “Colli di Parma” Rosso, “Colli di Parma” Pinot Nero, “Colli di Parma” Merlot, “Colli di Parma” Cabernet Franc, “Colli di Parma” Cabernet Sauvignon, “Colli di Parma” Barbera e “Colli di Parma” Bonarda;

per queste tipologie, l’invecchiamento obbligatorio è

di almeno due anni,

compreso un periodo di almeno sei mesi di affinamento in bottiglia,

a far tempo dal primo giorno di novembre dell’anno della vendemmia,

data entro la quale dovranno essere iscritti negli appositi elenchi delle tipologie “Riserva” dei registri di cantina.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

I vini a denominazione di origine controllata “Colli di Parma” all’atto dell’immissione al consumo, devono corrispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Colli di Parma” Rosso:

colore: rosso rubino;

odore: vinoso con profumo caratteristico;

sapore: secco, sapido, armonico, leggermente frizzante;

titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 11.00% vol.;

acidità totale minima: 5.00 g/l.

estratto non riduttore minimo: 18.00 g/l.

E’ prevista la tipologia frizzante.

 

“Colli di Parma” Malvasia:

colore: giallo paglierino più o meno carico;

odore: profumo gradevole, aromatico, caratteristico;

sapore: da secco a dolce, armonico, caratteristico, tranquillo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10.50% vol.;

alcool effettivo minimo: 5.50% vol.;

acidità totale minima: 5.00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15.00 g/l.

E’ prevista la tipologia “frizzante”.

 

“Colli di Parma” Sauvignon:

colore: giallo paglierino;

odore: delicato, raffinato, aromatico, caratteristico;

sapore: asciutto, di corpo, con retrogusto amarognolo, fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11.50% vol.;

acidità totale minima: 5.00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15.00 g/l.

E’ prevista la tipologia frizzante.

 

“Colli di Parma” Sauvignon spumante:

spuma: fine, persistente;

colore: giallo paglierino;

odore: delicato, raffinato, aromatico, caratteristico;

sapore: da brut nature a demi-sec, di corpo, con retrogusto amarognolo, fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11.50% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16.00 g/l.

 

“Colli di Parma” Malvasia spumante:

spuma: fine, persistente;

colore: giallo paglierino più o meno carico;

odore: profumo gradevole, aromatico, caratteristico;

sapore: da brut nature a dolce, armonico, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10.50% vol.;

acidità totale minima: 5.50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15.00 g/l.

 

“Colli di Parma” Chardonnay:

colore: paglierino;

odore: delicato, caratteristico;

sapore: asciutto, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11.50% vol.;

acidità totale minima: 5.00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15.00 g/l.

E’ prevista la tipologia frizzante.

 

“Colli di Parma” Chardonnay spumante:

spuma: fine, persistente;

colore: paglierino;

odore: delicato, caratteristico;

sapore: : da brut nature a demi-sec, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11.50% vol.;

acidità totale minima: 5.00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15.00 g/l.

 

“Colli di Parma” Pinot bianco:

colore: paglierino più o meno intenso;

odore: delicato, caratteristico;

sapore: asciutto, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11.50% vol.;

acidità totale minima: 5.00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15.00 g/l.

E’ prevista la tipologia frizzante.

 

“Colli di Parma” Pinot bianco spumante:

spuma: fine, persistente;

colore: paglierino più o meno intenso;

odore: delicato, caratteristico;

sapore: : da brut nature a demi-sec, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11.50% vol.;

acidità totale minima: 5.00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15.00 g/l.

 

“Colli di Parma” Pinot grigio:

colore: paglierino più o meno intenso;

odore: caratteristico;

sapore: asciutto, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11.50% vol.;

acidità totale minima: 5.00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15.00 g/l.

E’ prevista la tipologia frizzante.

 

“Colli di Parma” Spumante:

spuma: fine, vivace, persistente;

colore: da paglierino più o meno carico a rosato;

odore: caratteristico, delicato;

sapore: : da brut nature a demi-sec, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12.00% vol;

acidità totale minima: 5.5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14.0 g/l.

 

“Colli di Parma” Pinot nero:

colore: rubino, più o meno intenso;

odore: intenso, caratteristico;

sapore: asciutto, gradevole, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12.00% vol.;

acidità totale minima: 5.00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20.00 g/l.

 

“Colli di Parma” Merlot:

colore: rosso rubino, più o meno intenso;

odore: caratteristico, gradevole, talvolta con fondo erbaceo;

sapore: asciutto, leggermente amarognolo, sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12.00% vol.;

acidità totale minima: 4.50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20.00 g/l.

 

“Colli di Parma” Cabernet Franc:

colore: rubino, abbastanza intenso;

odore: caratteristico, erbaceo, gradevole;

sapore: asciutto, rotondo, erbaceo, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12.00% vol.;

acidità totale minima: 4.50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20.00 g/l.

 

“Colli di Parma” Cabernet Sauvignon:

colore: rubino, con riflessi granati;

odore: caratteristico, gradevole, intenso;

sapore: asciutto, rotondo, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12.00% vol.;

acidità totale minima: 4.50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20.00 g/l.

 

“Colli di Parma” Barbera:

colore: rosso rubino, anche molto intenso;

odore: gradevole, caratteristico;

sapore: asciutto, di corpo, intenso, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12.00% vol.;

acidità totale minima: 5.00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 21.00 g/l.

E’ prevista anche la tipologia frizzante.

 

“Colli di Parma” Bonarda:

colore: rosso rubino, più o meno intenso;

odore: gradevole, fruttato, caratteristico;

sapore: da secco a dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12.00% vol.;

alcool effettivo minimo: 5.50% vol.;

acidità totale minima: 4.50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 21.00 g/l.

E’ prevista anche la tipologia frizzante.

 

“Colli di Parma” Lambrusco:

colore: dal rosso rubino al rosso intenso;

odore: gradevole, caratteristico;

sapore: da secco a dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11.00% vol.;

alcol effettivo minimo: 5.50% vol.;

acidità totale minima: 5.50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18.00 g/l.

E’ prevista anche la tipologia frizzante.

 

In relazione alla eventuale conservazione in recipienti di legno, nel sapore dei vini di cui sopra si potrà rilevare sentore di legno.

E’ in facoltà del Ministero delle politiche agricole e forestali di modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

Nei vini a denominazione di origine controllata “Colli di Parma” Malvasia, “Colli di Parma” Bonarda, “Colli di Parma” Lambrusco, è obbligatoria la locuzione “amabile” o “dolce” per corrispondente tipo di prodotto.

 

Nella designazione in etichetta dei vini previsti nell’ARTICOLO1 del presente disciplinare di produzione, si debbono osservare le seguenti prescrizioni:

1) è vietato usare qualsiasi menzione aggiuntiva, diverse da quelle previste nel disciplinare di produzione, come ad esempio: superiore, fine, scelto, selezione, vecchio o similari;

2) tutti i vini con la denominazione “Colli di Parma” devono obbligatoriamente riportare in etichetta l’annata di produzione;

3) Nella designazione dei vini a denominazione di origine controllata “Colli di Parma” può essere utilizzata la menzione “vigna” a condizione che sia seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, che la vinificazione e la conservazione del vino avvengano in recipienti separati e che tale menzione, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri e nei documenti di accompagnamento e che figuri nell’apposito elenco regionale ai sensi dell’art. 6 comma 8, del decreto legislativo n. 61/2010.

 

Articolo 8

confezionamento

 

Tutti i vini recanti la denominazione “Colli di Parma” dovranno essere confezionati, per il consumo, in recipienti di vetro della capacità di litri 0.750 od inferiori e potranno essere chiusi con i vari dispositivi ammessi dalla vigente normativa, compresi i tappi di materiale inerte.

Sono tuttavia ammesse le bottiglie bordolesi della capacità di litri 1.5 – 3 – 4.0 – 5.0.

Per la tappatura delle tipologie “Riserva” è obbligatorio il tappo di sughero.

E’ consentito il tappo a vite per i contenitori fino a 0.375 litri.

Per le tipologie frizzanti “Malvasia” e “Sauvignon” a denominazione di origine controllata “Colli di Parma” sono consentiti i tipi di chiusura ammessi per i vini frizzanti, compresa la chiusura con tappo a fungo ancorato a gabbietta, tradizionalmente utilizzato nella zona

 

Articolo 9

Legame con il territorio

 

1° Informazioni sulla zona geografica:

La zona di produzione dei vini "Colli di Parma" comprende il territorio collinare della provincia di Parma , includendo il territorio amministrativo dei comuni di:

Sala Baganza, Calestano, Collecchio, Felino, Fidenza, Fornovo di Taro, Langhirano, Lesignano de Bagni, Medesano, Noceto, Salsomaggiore Terme, Terenzo , Traversetolo e Varano de Melegari.

 

a) fattori naturali rilevanti per il legame

L’area geografica della DOP “Colli parmensi” include la zona pedecollinare, collinare e di bassa montagna compresa tra il torrente Stirone a Ovest e il fiume Enza a Est.

La zona è attraversata dall’incisione valliva del fiume Taro e da quelle minori dei torrenti Parma e Baganza.

Tutti questi corsi d’acqua hanno andamento perpendicolare alla dorsale appenninica e delimitano interfluvi con ampie superfici alluvionali sub pianeggianti nel settore nord-occidentale e dal profilo più irregolare nella restante parte dell’area.

L’area è in gran parte interessata dai seguenti principali paesaggi geologici e pedologici:

LA BASSA MONTAGNA CON FRANE E CALANCHI

Questo paesaggio è caratterizzato da notevole complessità geologica e morfologica, che gli conferisce un aspetto composito e segnato da forti contrasti.

A morbidi versanti, scarsamente acclivi e spesso coltivati, si susseguono incisioni calanchive. Ma l’aspetto che maggiormente caratterizza questo paesaggio è la diffusa presenza di fenomeni di dissesto idrogeologico (frane).

Nell’area dei Colli parmensi il substrato è costituito in grande prevalenza da rocce stratificate, costituite da alternanze di marne, argille e arenarie; questi materiali danno luogo a versanti fortemente instabili e franosi.

Secondariamente il substrato è formato dalle cosiddette “Argille Scagliose”: un complesso a struttura caotica in cui la matrice argillosa ingloba masse più o meno grandi di rocce calcaree, arenacee, marnose o stratificate.

In questo paesaggio i versanti sono lunghi, con forme irregolari e pendenze non elevate; frequentemente, in posizione sommitale, si ritrovano complessi rocciosi che, per la loro maggiore resistenza all’erosione, hanno pendenze più elevate e sono prevalentemente boscati.

Questo paesaggio è di gran lunga il più esteso nell’area.

I suoli di questo paesaggio sono moderatamente ripidi; generalmente profondi, ben drenati; calcarei; con tessitura prevalentemente fine. Su questi suoli prevalgono gli usi agricoli, con seminativi e subordinati vigneti, gli incolti e gli usi forestali.

LA FINESTRA SULL’APPENNINO PROFONDO

Questa unità, presente nel medio settore occidentale, è caratterizzata da complesse dinamiche geologiche che hanno determinato l’esposizione di rocce che, seppure poste nelle parti più profonde dell’edificio appenninico, rivelano un’età più recente delle rocce che le ricoprono.

Questo fenomeno geologico viene indicato con il nome di finestra tettonica.

Dal punto di vista paesaggistico si presentano come settori montuosi e collinari quasi estranei ai contesti circostanti, a causa della diversa natura delle rocce che vi affiorano, della maggiore acclività e della copertura boschiva.

La conformazione del rilievo è caratterizzata dall'alternarsi di versanti semplici, più ripidi, e versanti lunghi ed irregolari, interrotti da numerosi crinali secondari affilati Le rocce che compongono questa unità sono le arenarie torbiditiche ascrivibili alla Formazione Marnoso-Arenacea.

Alle quote meno elevate i suoli sono moderatamente ripidi, con tessitura media in cui prevale la frazione limosa, ben drenati, calcarei; non, rocciosi né pietrosi e con profondità variabile.

Su questi suoli prevalgono gli usi agricoli, con seminativi e subordinati vigneti, e gli usi forestali.

I PRIMI COLLI

Questo paesaggio costituisce l’estrema propaggine settentrionale del rilievo appenninico, dove l’ambiente collinare si raccorda alla pianura con gradualità.

Il paesaggio è caratterizzato, da una morfologia dolce, articolata in vallecole con versanti brevi e rettilinei, declinanti verso la pianura alluvionale.

Le rocce che compongono questa unità appartengono prevalentemente alla formazione delle Argille azzurre plioceniche.

Questo paesaggio è significativamente presente lungo tutta la fascia prospiciente la pianura.

I suoli di questo paesaggio sono moderatamente ripidi, con tessitura prevalentemente fine, ben drenati; calcarei e con profondità variabile.

L'uso attuale è prevalentemente agricolo, a seminativi e vigneti; diffuse, nelle zone più interne e dissestate, le terre incolte e la tendenza all'abbandono.

IL MARGINE APPENNINICO

In posizione di cerniera tra i rilievi collinari e la pianura alluvionale, si estende una ristretta e

discontinua fascia (il margine appenninico), peculiare in quanto costituita da depositi alluvionali di

antichissima deposizione, che le incisioni del reticolo idrografico minore hanno smembrato in

superfici subpianeggianti più o meno ampie, su cui si rinvengono suoli molto sviluppati ed evoluti

(paleosuoli), molto profondi, non calcarei, con tessitura fine o moderatamente fine con elevata

componente limosa. Su questi suoli prevalgono gli usi agricoli, con seminativi, frutteti e vigneti.

LA PIANA DEI FIUMI APPENNINICI

Comprende i fondivalle e gli sbocchi di fiumi e torrenti nella piana appenninica. Il paesaggio deve le sue caratteristiche alla dinamica dei corsi d’acqua, che nel loro corso intravallivo hanno formato ridotti depositi nastriformi, e depositato allo sbocco il loro carico più grossolano, formando corpi sedimentari noti come conoidi alluvionali.

I suoli sono prevalentemente poco evoluti, spesso costituiti da materiali grossolani.

Questo paesaggio è pochissimo rappresentato nella zona

 

Dal punto di vista climatologico, l’area è caratterizzata da una piovosità media annua che va da 800 mm nell’alta pianura a 1.200 mm nelle zone collinari più elevate. Le temperature medie assumono nella zona valori superiori a 14°C fino a quote di 150 m s.l.m., tra 13 e 14°C nella fascia compresa tra i 150 e i 300 m s.l.m.), fino a valori prossimi a 10°C alle quote massime dell’area.

Dal piano fino alla bassa collina (circa 300 m. s.l.m.) il bilancio idrico climatologico (differenza tra precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale annue) evidenzia la presenza di un moderato deficit idrico annuo (fino a 250 mm) che può essere considerato un fattore positivo per la qualità delle produzioni vitivinicole, in quanto un certo stress idrico estivo favorisce nelle uve in maturazione la concentrazione degli zuccheri e la sintesi di componenti aromatici.

Sopra la quota di circa 300 m s.l.m.m. il bilancio idrico climatologico evidenzia invece la presenza di surplus idrici anche elevati (fino a 800 mm annui).

Le sommatorie termiche, calcolate con soglia 0°C, vanno generalmente dai i 4.500 ai 4.700 gradi giorno fino alla bassa collina (circa 300 m. s.l.m.). Sono inferiori a 4.500 gradi giorno sopra tale quota.

L’Indice di Winkler assume nella zona valori tra 2200 e 2.300 fino a quote di circa 300 m. s.l.m. che decrescono fino a valori minimi prossimi a 2000 alle quote massime dell’area.

La disponibilità termica, almeno nella fascia sotto i 300 m s.l.m., è ottimale, per la crescita e la maturazione di un’ampia gamma di vitigni.

 

b) fattori umani rilevanti per il legame

La coltivazione della vite nella regione Emilia ha origini molto antiche e in provincia di Parma ha trovato da sempre clima, terreno e uomini favorevoli alla sua coltura tanto che divenne , con la quella del grano, una delle colture più importanti nella nostra terra

I vitigni coltivati nel tempo sono stati diversi e negli ultimi decenni i più diffusi sono stati il Lambrusco e il Trebbiano in pianura e il Barbera e la Malvasia in collina.

A partire dal 1900 la vite viene colpita da due gravi malanni, nuovi e inaspettati ,: la fillossera delle vite e la moria dell'olmo , malattie gravi che nello spazio di pochi anni hanno provocato la scomparsa di interi vigneti .

Alla fine di questi eventi e della seconda guerra mondiale che ha sconvolto tutto il nostro Paese si deve constatare che il 50% della viticoltura a Parma era stato distrutto lasciando da risolvere molti problemi nonostante l'opera esercitata in questo tempo dalla Istituzione della Cattedra Ambulante di Agricoltura di Parma che aveva come direttore Antonio Bizzozero.

E mentre in pianura la viticoltura andava di anno in anno riducendosi, in collina invece stava avvenendo l'opposto di quanto era avvenuto in pianura e la nuova viticoltura, si era già avviata sostituendo le vecchie viti europee con le nuove viti innestate su legno americano dopo accurata scelta del porta innesto e della varietà.

Risulta evidente che la vite è sempre stata a Parma una pianta coltivata con amore, creando un legame forte con l'uomo che l'ha sempre protetta e difesa con passione curandola nelle sue necessità come la difesa dal gelo, la difesa dalle malattie, la difesa dagli animali.

La data 28 ottobre 1982 va considerata data storica per i vini DOC Colli di Parma, infatti un manipolo di uomini che credevano fermamente nelle possibilità di sviluppo delle coltivazioni vitivinicole nei territori particolari delle colline della provincia di Parma, con sforzi notevoli e con l’appoggio delle Istituzioni, diedero vita al Consorzio Volontario per la Tutela dei Vini dei Colli di Parma, che, con i suoi uomini, consoliderà e potenzierà l'azione di sostenere, difendere, tutelare i produttori e i prodotti tipici di questa zona prediletta dalla viticoltura.

I viticoltori dei Colli di Parma hanno avuto in questi anni la possibilità di estendere i propri vigneti, migliorando nel rispetto della tradizione le varietà esistenti, di migliorare le loro aziende agricole in poderi specializzati, di trasformare le vecchie cantine in moderni stabilimenti enologici dotati di quelle tecnologie che la moderna enologia consiglia.

 

2° Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico:

La disponibilità termica, almeno nella fascia sotto i 300 m s.l.m., è ottimale, per la crescita e la maturazione di un’ampia gamma di vitigni.

Dal piano fino alla bassa collina (circa 300 m. s.l.m.) il bilancio idrico climatologico (differenza tra precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale annue) evidenzia la presenza di un moderato deficit idrico annuo (fino a 250 mm) che può essere considerato un fattore positivo per la qualità delle produzioni vitivinicole, in quanto un certo stress idrico estivo favorisce nelle uve in maturazione la concentrazione degli zuccheri e la sintesi di componenti aromatici. Sopra la quota di circa 300 m s.l.m. il bilancio idrico climatologico evidenzia invece la presenza di surplus idrici anche elevati (fino a 800 mm annui).

 

3° Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

I tre i vini principali storici della viticoltura di collina sono:

Colli di Parma Rosso (vino ottenuto da uve Barbera e Bonarda):

Colli di Parma Malvasia (vino bianco attenuto da uve di Malvasia di Candia aromatica):

Colli di Parma Sauvignon (vino bianco ottenuto da uve Sauvignon.)

La Malvasia in particolare, venne importata dall’isola di Creta dai veneziani, che diversi secoli addietro, erano i padroni incontrastati del commercio nel Mediterraneo, e che tentarono gli impianti nella zone del veneto e limitrofe, però solo nella nostra zona il vitigno trovò l’ambiente ideale per lo sviluppo, divenendo tipico delle nostre zone e conosciuto come Malvasia di Candia Aromatica, influenzato anche dall’aria marina che scende nelle nostre valli, portata dai venti che dal mare Tirreno spirano verso la pianura Padana e che hanno ricreato l’ambiente ideale dell’isola di Creta.

In questi ultimi anni attorno al 2000 , diversi viticoltori sono stati spinti a sperimentare nelle loro aziende la coltivazione di alcuni vitigni considerati in campo nazionale di grande pregio.

Il Consorzio ha fatto propria questa domanda e ritenendola buona ha provveduto a far modificare il disciplinare di produzione dei vini includendo nella propria produzione anche altri vitigni che sono: il Pinot Nero, il Bianco e il Grigio, lo Chardonnay, il Merlot, il Cabernet Franc e il Cabernet Sauvignon e il Lambrusco.

Per avvalorare queste scelte, il Consorzio ha commissionato ad alcuni tecnici e all’Università di Piacenza, uno studio sui terreni interessati dalla produzione di tutti i Doc, al fine di capire meglio le possibilità e le qualità di produzione più adatti ai terreni; da questo studio è emerso che i vitigni, e di conseguenza le uve, hanno peculiarità particolari dovute ai terreni dove sono ubicati e che gli dà le caratteristiche tipiche dei vini dei Colli di Parma, non riscontrabili in altre zone. Infatti la concentrazione di vari elementi come il terreno argilloso limoso, concrezioni grossolane di carbonato di calcio, effervescenza di HCI, aggregati secondari poliedrici, pochi noduli fini di ferro e manganese, diversificatamente estesi, permettono di avere i risultati su esposti.

Anche quest'ultima innovazione apportata alla viticoltura collinare è da considerare avvenimento e scelta importante che ha contribuito a ricreare o conservare le condizioni naturali e ambientali, ha ricoperto e abbellito con magnifici vigneti colline brulle , ha valorizzato la zona, ha creato l'ambiente e le strutture per produrre vini di grande qualità che si distinguono dai sinonimi di zone confinanti consentendo di competere sul mercato valorizzando il proprio prodotto, la propria azienda e tutta la zona.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24

00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

Mail info@valoritalia.it website www.valoritalia.it

 

 

 

VALORITALIA S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. Fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

COLLI DI SCANDIANO E DI CANOSSA

D.O.C.

D. D. 17 Dicembre 2010

Rettifica 21 Febbraio 2011

Rettifica 30 Maggio 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 30 marzo 2015

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione vini

 

La Denominazione di Origine Controllata “Colli di Scandiano e di Canossa” è riservata ai vini e ai mosti parzialmente fermentati che rispondono alle condizioni ed ai requisiti del presente disciplinare di produzione con le seguenti tipologie:

 

“Colli di Scandiano e Canossa” Sauvignon (anche nelle tipologie frizzante, passito e riserva);

“Colli di Scandiano e Canossa” Malvasia (anche nelle tipologie frizzante, spumante e passito);

“Colli di Scandiano e Canossa” Pinot (anche nella tipologia frizzante e spumante);

“Colli di Scandiano e Canossa” Chardonnay (anche nella tipologia frizzante e spumante);

“Colli di Scandiano e Canossa” Lambrusco Grasparossa (anche nella tipologia frizzante);

“Colli di Scandiano e Canossa” Lambrusco Montericco rosso (anche nella tipologia frizzante);

“Colli di Scandiano e Canossa” Lambrusco Montericco rosato (anche nella tipologia frizzante);

“Colli di Scandiano e Canossa” Cabernet sauvignon (anche nella tipologia riserva);

“Colli di Scandiano e Canossa” Marzemino (anche nelle tipologie frizzante,novello, passito);

“Colli di Scandiano e Canossa” Malbo gentile (anche nelle tipologie frizzante, novello e passito);

“Colli di Scandiano e Canossa” Lambrusco (anche nella tipologia frizzante);

“Colli di Scandiano e Canossa” Spergola ( anche nelle tipologie frizzante, spumante e passito);

“Colli di Scandiano e Canossa” bianco (anche nelle tipologie frizzante e spumante);

“Colli di Scandiano e Canossa” bianco classico (anche nella tipologia frizzante);

“Colli di Scandiano e Canossa” rosso (anche nelle tipologie frizzante e novello).

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La denominazione “Colli di Scandiano e di Canossa” seguita obbligatoriamente da una delle specificazioni

di cui appresso, è riservata ai vini e ai mosti parzialmente fermentati ottenuti da uve provenienti dai vigneti

aventi rispettivamente in ambito aziendale la seguente composizione ampelografica:

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Sauvignon (anche nella tipologia frizzante, passito e riserva):

Sauvignon in misura non inferiore all’85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Malvasia di Candia, Pinot bianco, Pinot grigio, Trebbiano romagnolo e Chardonnay.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Malvasia (anche nella tipologia frizzante, spumante e passito):

Malvasia di Candia aromatica in misura non inferiore all’85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Malvasia di Candia B., Pinot bianco, Pinot grigio, Trebbiano romagnolo e Chardonnay.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Pinot (anche nella tipologia frizzante e spumante):

Pinot bianco e/o Pinot nero e/o Pinot grigio per il 100%.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Chardonnay (anche nella tipologia frizzante e spumante):

Chardonnay in misura non inferiore all’85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Pinot bianco, Pinot nero e Pinot grigio.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco grasparossa (anche nella tipologia frizzante):

Lambrusco grasparossa in misura non inferiore all’85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Lambrusco Marani, Lambrusco Montericco, Ancellotta, Malbo gentile e Croatina.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco Montericco Rosso (anche nella tipologia frizzante):

Lambrusco Montericco in misura non inferiore all’85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Lambrusco Marani, Lambrusco grasparossa, Lambrusco Salamino, Malbo gentile, Ancellotta Croatina.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco Montericco rosato (anche nella tipologia frizzante):

Lambrusco Montericco in misura non inferiore all’85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Lambrusco Marani, Lambrusco grasparossa, Lambrusco Salamino, Malbo gentile, Ancellotta e Croatina.

Le uve devono essere vinificate in bianco.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Cabernet sauvignon (anche nella tipologia riserva):

Cabernet Sauvignon in misura non inferiore all’85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Sangiovese, Merlot e Ancellotta.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Marzemino (anche nella tipologia frizzante, novello, passito):

Marzemino in misura non inferiore all’85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Croatina, Sgavetta e Malbo gentile.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Malbo gentile (anche nella tipologia frizzante, novello e passito):

Malbo gentile in misura non inferiore all’85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Croatina e Sgavetta.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco (anche nella tipologia frizzante):

Lambrusco Maestri, Lambrusco Marani, Lambrusco Salamino e Lambrusco Barghi, congiuntamente

o disgiuntamente, in misura non inferiore all’85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Malbo gentile, Marzemino, Croatina , Sgavetta, Termarina e Perla dei vivi.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Spergola (anche nelle tipologie frizzante, spumante e passito ):

Spergola in misura non inferiore al 100%.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” bianco (anche nelle tipologie classico frizzante e spumante):

Spergola in misura non inferiore all’85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Malvasia di Candia, Trebbiano romagnolo, Pinot bianco e Pinot grigio.

E’ ammessa la presenza di uve provenienti dai vitigni Malvasia di Candia aromatica fino ad un massimo del 5%.

Il vino “Colli di Scandiano e di Canossa” bianco prodotto nella zona di origine più antica, delimitata all’art.

3, può recare la qualificazione “classico”.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” rosso (anche nella tipologia novello e frizzante):

Marzemino, minimo 50%;

Cabernet Sauvignon e Malbo gentile, congiuntamente o disgiuntamente, massimo 35%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve a bacca nera non aromatiche provenienti dai vitigni idonei alla coltivazione per la Regione Emilia Romagna.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

Le uve destinate alla produzione di vino a Denominazione di Origine Controllata “Colli di Scandiano e di Canossa” devono essere prodotte nella zona che comprende in tutto i territori amministrativi dei seguenti Comuni:

Albinea, Quattro Castella, Bibbiano, Montecchio, S. Polo d’Enza, Canossa, Vezzano sul Crostoso, Viano, Scandiano, Castellarano e Casalgrande

e, in parte, i Comuni di

Reggio Emilia, Casina, S. Ilario d’Enza e Cavriago.

In provincia di Reggio Emilia.

 

In particolare la zona di produzione è così delimitata:

partendo a nord della Provincia di Reggio Emilia dal punto di congiunzione del confine comunale di Montecchio con il torrente Enza, la linea di delimitazione segue, in direzione nord-est, il confine comunale di Montecchio fino ad incontrare la strada comunale che porta a Gazzaro.

Prosegue con tale strada, verso est, fino ad immettersi sulla Via Emilia in prossimità del Villaggio Bellarosa.

Segue la Via Emilia verso est fino ad incontrare il confine comunale di S. Ilario d’Enza in prossimità di Gaida che segue verso sud fino all’incontro con il confine comunale di Montecchio.

Segue il predetto confine fino ad incontrare il confine comunale di Cavriago seguendolo fino alla strada comunale denominata Via Guardanavona.

Segue tale strada verso sud fino al capoluogo di Cavriago e prosegue poi con la strada provinciale che conduce a

Roncina.

Segue la predetta strada, raggiunge la località Roncina, prosegue con Via Gorizia fino ad incontrare Via Inghilterra seguendola fino all’incontro con Via F.lli Rosselli.

Prosegue verso sud con tale via fino all’incontro con Via Bartolo da Sassoferrato, che segue fino ad incontrare Via Oliviero Ruozzi

Procede con essa verso sud fino a S. Rigo dove si congiunge con la strada che porta a Rivalta. Segue questa strada fino a Rivalta dove si congiunge con la statale Reggio – Rivalta, indi in prossimità di quota 101,4 , la delimitazione prosegue con la strada che si congiunge in località Cristo con la strada Reggio Emilia – Albinea. Prosegue verso nord-est toccando la località Case Camorani, indi segue il tracciato stradale che, in direzione est, porta a Canali e giunge a Case Oleari.

La linea di delimitazione prosegue quindi lungo il tracciato stradale che in direzione sud-est passa per Case Tacoli, Villa Veneri e, in località Osteria si congiunge con la statale che conduce a Scandiano che segue in direzione Fogliano fino a Bosco.

Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in direzione nord-est lungo il tracciato stradale che conduce a Ponte

del Gazo fino ad incontrare il canale di Secchia. Segue il suddetto canale fino ad incontrare il confine comunale di Scandiano, lo segue fino ad incontrarsi in prossimità della località S. Donnino con il confine comunale di Casalgrande. Segue il predetto confine fino ad incontrarsi in località Veggia con il confine comunale di Castellarano che segue fino a congiungersi con il Torrente Tresinaro a quota 171 da cui inizia il confine comunale di Viano. Prosegue verso sud con tale confine indi risalendo a nord in località Monte Duro si congiunge con il confine comunale di Vezzano sul Crostolo che segue risalendo sempre verso nord fino a congiungersi in località Bettola con la strada statale che porta a Casina. La segue fino all’incontro con la strada comunale, che passando da Paullo e Costaferrata, conduce a Bergogno, dove si ricongiunge con il confine comunale di Canossa.

La delimitazione segue verso sud tale confine risalendo poi a nord per congiungersi con il confine comunale di S. Polo d’Enza. Prosegue poi seguendo il Torrente Enza fino a congiungersi in prossimità di località Sconnavacca con il confine comunale di Montecchio, che segue sempre seguendo il Torrente Enza fino ad incontrare il punto da cui la delimitazione ha avuto inizio.

 

Le uve destinate alla produzione del vino a denominazione di origine controllata “Colli di Scandiano e di Canossa” bianco con la menzione “classico” devono essere prodotte nella zona di origine più antica comprendente i seguenti Comuni:

in tutto il Comune di Albinea

e in parte i Comuni di Viano, Scandiano, Casalgrande, Castellarano e Reggio Emilia.

In provincia di Reggio Emilia.

La descrizione della zona è la seguente:

partendo da ovest della Provincia di Reggio Emilia, dal punto di congiunzione del confine comunale di Albinea con il Torrente Crostolo, la linea di delimitazione segue in direzione nord-est detto torrente fino ad incontrare la strada che conduce a Villa Corbelli. Prosegue quindi con essa fino all’Osteria del Capriolo.

Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in territorio di Reggio Emilia seguendo la strada provinciale Albinea – Reggio Emilia e toccando nell’ordine le località Cristo e Case Camorani, indi segue il tracciato stradale che in direzione est porta a Canali e che giunge a Case Oleari.

La linea di delimitazione prosegue quindi lungo il tracciato stradale che, in direzione sud-est, passa per Case Tacoli, Villa Veneri e, in località Osteria, si congiunge con la statale che conduce a Scandiano che segue in direzione di Fogliano fino a Bosco.

Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in direzione nord-est lungo il tracciato stradale che conduce a ponte del Gazo fino ad incontrare il canale Secchia. Segue il suddetto canale fino a Madonna della Neve e, da questa località, prosegue lungo il tracciato stradale che, passando per Case Tomba e Chiozzino, giunge in località Molini.

Da questa località, la linea di delimitazione segue il canale di Reggio fino a Castellarano. Dal Molino di Castellarano la linea segue la strada comunale che, passando per il Cimitero di Castellarano giunge alla località Barcaiuoli e di qui, seguendo la strada vicinale esistente raggiunge Case Piloni ed il Rio di S. Valentino.

Risale il corso del rio fino alla Località Scuole ove imbocca il tracciato stradale che passando per Ca’ de Prodi, Telarolo, Rondinara, Ca’ de Gatti e proseguendo in direzione sud passa per la Minghetta e raggiunge, deviando verso nord-ovest in prossimità di quota 228, la località di S. Polo (sede comunale di Viano).

Proseguendo poi lungo lo stesso tracciato stradale, la linea di delimitazione passa per Case Paulli, Ca’ de Vezzosi, Regnano, Ca’ di Regnano, Ca’ Bertacchi, Cavazzone e poco oltre quest’ultima località incontra il confine comunale di Albinea – Viano. Segue il predetto confine comunale Vezzano – Albinea che segue fino ad incontrare il Torrente Crostolo, punto da cui la delimitazione ha avuto inizio.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini “Colli di Scandiano e di Canossa” devono essere atte a conferire alle uve, al mosto ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

Negli impianti che verranno realizzati dopo l’entrata in vigore del presente disciplinare, le forme di allevamento ammesse sono quelle a filare con parete produttiva singola e a filare con parete produttiva sdoppiata.

Per i sistemi a filare con parete produttiva singola la densità di piantagione per i nuovi impianti non potrà essere inferiore a 1.600 viti per ettaro.

Per i sistemi a filare con parete produttiva sdoppiata la densità di piantagione per i nuovi impianti non potrà essere inferiore a 2.000 viti per ettaro.

E’ vietata ogni pratica di forzatura; è ammessa l’irrigazione di soccorso.

Ferme restando le caratteristiche delle uve, la produzione massima di uva ad ettaro dei vigneti in coltura specializzata e la gradazione minima naturale per la produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Colli di Scandiano e di Canossa”, di cui all’art. 1, sono le seguenti:

 

Sauvignon: 15,00 t/ha, 10,00% vol.;

Sauvignon passito: 10,00 t/ha, 11,00% vol.;

Malvasia: 16,00 t/ha, 9,50% vol.;

Malvasia spumante: 16,00 t/ha, 9,50% vol.;

Malvasia passito: 10,00 t/ha, 11,00% vol.;

Pinot: 15,00 t/ha, 10,50% vol.;

Pinot spumante: 15,00 t/ha, 9,50% vol.;

Chardonnay: 15,00 t/ha, 10,50% vol.;

Chardonnay spumante: 15,00 t/ha, 9,50% vol.;

Lambrusco grasparossa: 16,00 t/ha, 9,50% vol.;

Lambrusco Montericco: 16,00 t/ha, 9,50% vol.;

Marzemino: 16,00 t/ha, 10,50% vol.;

Marzemino passito: 10,00 t/ha, 11,00% vol.;

Cabernet Sauvignon: 15,00 t/ha, 11,00% vol.;

Malbo gentile: 16,00 t/ha, 10,50% vol.;

Malbo gentile passito: 10,00 t/ha, 11,00% vol.;

Lambrusco: 16,00 t/ha, 9,50% vol.;

Spergola: 16,00 t/ha, 10,00% vol.;

Spergola spumante: 16,00 t/ha, 9,50% vol.;

Spergola passito: 10,00 t/ha ,11,00% vol.;

Bianco: 16,00 t/ha, 10,00% vol.;

Bianco spumante: 16,00 t/ha, 9,50% vol.;

Bianco classico: 15,00 t/ha, 10,00% vol.;

Rosso: 15,00 t/ha, 10,50% vol.;

 

Nei vigneti in coltura promiscua le produzioni massime di uva per ettaro devono essere rapportate alle superfici effettivamente coperte dalla vite. Le rese, anche nelle annate favorevoli, devono essere riportate nel limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva – vino per i quantitativi di cui trattasi.

Qualora la resa di uva per ettaro superi il limite stabilito del 20% in più l’intera produzione non potrà rivendicare la DOC.

La resa massima di uva in vino per la produzione dei vini e dei mosti parzialmente fermentati di cui all’art. 2 del presente disciplinare di produzione non deve essere superiore al 70% per tutti i vini.

Qualora la resa uva – vino finito superi detto limite, ma non oltre il 75%, la parte eccedente non ha diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto. La resa massima

dell’uva in vino finito, per le tipologie passito, non deve essere superiore al 50%.

Nelle annate con condizioni climatiche sfavorevoli, la Regione Emilia Romagna, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le Organizzazioni di Categoria interessate, con proprio provvedimento, potrà stabilire, di anno in anno prima della vendemmia, un titolo alcolometrico volumico minimo naturale delle uve inferiore di mezzo grado a quello stabilito nel precedente comma, fermi restando i limiti minimi previsti dalla normativa vigente.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di elaborazione dei mosti e dei vini, di vinificazione, ivi compresa la presa di spuma e l’affinamento in bottiglia, la spumantizzazione e l’invecchiamento in legno e in bottiglia per le tipologie per cui è previsto devono essere effettuate nell’ambito del territorio della provincia di Reggio Emilia.

È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle Denominazioni di Origine e delle Indicazioni Geografiche Tipiche dei vini – consentire che le suddette operazioni siano effettuate in stabilimenti situati nel territorio delle province di Parma e Modena, a condizione che le ditte interessate ne facciano richiesta e dimostrino di aver effettuato le dette operazioni da almeno 10 anni e producano tradizionalmente i vini in questione utilizzando mosti o vini provenienti dalla zona di produzione di cui all’art. 3 del presente disciplinare, vinificate secondo le pratiche enologiche tradizionali leali e costanti in uso nel territorio stesso.

Le operazioni di vinificazione delle uve destinate alla produzione del vino “Colli di Scandiano e di Canossa”

bianco classico devono essere effettuate nell’ambito della zona di produzione delimitata all’art. 3 e nell’ambito dell’intero territorio dei comuni compresi anche parzialmente in tale zona.

E’ facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle Denominazioni di Origine e delle Indicazioni Geografiche Tipiche dei vini – consentire, in deroga a quanto previsto dal precedente comma, la vinificazione delle uve destinate alla produzione del “Colli di Scandiano e di Canossa” bianco classico a quelle aziende produttrici singole e/o associate site al di fuori della predetta zona di vinificazione, ma all’interno della zona di cui al primo comma del presente articolo, purché dimostrino di aver vinificato con continuità le uve provenienti dalla zona di produzione del “Colli di Scandiano e di Canossa” già “Bianco di Scandiano” DOC nei 10 anni precedenti l’entrata in vigore del presente disciplinare di produzione.

La Denominazione di Origine Controllata “Colli di Scandiano e di Canossa” seguita dal riferimento al nome dei vitigni, può essere utilizzata per produrre il vino spumante ottenuto con mosto e vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare e a condizione che la spumantizzazione avvenga a mezzo di fermentazione in autoclave o in bottiglia in ottemperanza alle vigenti norme sulla preparazione degli spumanti.

Per tutte le tipologie “Colli di Scandiano e di Canossa” passito le operazioni di vinificazione e di invecchiamento devono essere effettuate nell’ambito della zona di produzione di cui all’art. 3.

La vinificazione delle uve destinate alla produzione delle tipologie “Colli di Scandiano e di Canossa” passito deve avvenire dopo che le stesse abbiano subito un periodo di appassimento.

È ammessa nella fase di appassimento l’utilizzazione di aria ventilata per la disidratazione delle uve, onde assicurare un titolo alcolometrico volumico naturale minimo del 16 per cento.

I vini “Colli di Scandiano e di Canossa” passito devono essere immessi al consumo, dopo aver subito un periodo di invecchiamento obbligatorio, di cui almeno

un anno in botte di legno,

 a decorrere dal 10 novembre del secondo anno successivo a quello della vendemmia.

Nella fase di invecchiamento è ammesso il taglio con i vini di diverse annate, mantenendo l’85% del vino dell’annata dichiarata.

La dolcificazione deve effettuarsi con mosti d’uva, mosti d’uva concentrati, mosti d’uva parzialmente fermentati, tutti provenienti da uve di vigneti iscritti allo schedario viticolo atte alla produzione dei vini a DOC “Colli di Scandiano e di Canossa” prodotti nelle zone delimitate dal precedente art. 3 o con mosto concentrato rettificato . L’arricchimento, quando consentito, può essere effettuato con l’impiego di mosto concentrato rettificato o, in alternativa, con mosto d’uve concentrato ottenuto dalle uve di vigneti delle varietà previste dal presente disciplinare e iscritte allo schedario viticolo o a mezzo concentrazione a freddo o altre tecnologie consentite.

Il mosto concentrato rettificato proveniente da uve non destinate alla produzione dei vini a DOC “Colli di Scandiano e di Canossa” aggiunti nell’arricchimento e nella dolcificazione dovranno sostituire un’eguale quantità di vino DOC “Colli di Scandiano e di Canossa”.

La dolcificazione per la presa di spuma, nell’arco dell’intera annata, deve effettuarsi con mosti di uve, mosti di uva concentrati, mosti d’uva parzialmente fermentati, tutti provenienti da uve atte alla produzione dei vini a DOC “Colli di Scandiano e di Canossa” o con mosto concentrato rettificato, anche su prodotti arricchiti.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto pratiche enologiche leali e costanti atte a conferire ai vini le loro

peculiari caratteristiche.

I vini nella tipologia novello devono essere ottenuti con almeno il 50% di vino proveniente dalla  macerazione carbonica delle uve.

La tipologia “Colli di Scandiano e Canossa” Sauvignon “riserva” è riservata ai vini tranquilli con un

invecchiamento minimo di

18 mesi (di cui almeno 6 in botti di legno)

a decorrere dal 1° Novembre dello stesso anno della vendemmia.

La tipologia “Colli di Scandiano e Canossa” Cabernet sauvignon “riserva” è riservata ai vini tranquilli con

un invecchiamento minimo di

24 mesi (di cui almeno 6 in botti di legno)

a decorrere dal 1° Novembre dello stesso anno della vendemmia.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all’art. 2 all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Sauvignon:

colore: giallo paglierino più o meno carico;

profumo:caratteristico, gradevolmente aromatico, delicato;

sapore: caratteristico, secco, fresco, armonico, di giusto corpo, sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Sauvignon frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: giallo paglierino più o meno carico;

profumo: caratteristico,gradevolmente aromatico, delicato;

sapore: caratteristico, secco, fresco, armonico, di giusto corpo, sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Sauvignon riserva:

colore: giallo paglierino più o meno carico;

profumo: caratteristico, gradevolmente aromatico con lieve sentore di legno;

sapore: caratteristico, secco, armonico, di giusto corpo, sapido con lieve sentore di legno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Sauvignon passito:

colore: giallo dorato tendente all’ambrato;

profumo: delicato, caratteristico, armonico, gradevole, fine;

sapore: gradevolmente dolce, armonico, pieno e vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 10,00% vol.;

acidità totale: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Pinot:

colore: giallo paglierino o rosato;

profumo: intenso, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico,fresco, pieno, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale : 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Pinot frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: giallo paglierino o rosato;

profumo: intenso, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico,fresco, pieno, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Pinot spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: paglierino più o meno intenso o rosato;

profumo: caratteristico, delicato, fine;

sapore: da brut nature a dolce, sapido, fresco, armonico, pieno, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Chardonnay:

colore: paglierino chiaro;

profumo: gradevole, delicato, fine, caratteristico;

sapore: armonico, asciutto, morbido, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Chardonnay frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: paglierino chiaro;

profumo: gradevole, delicato, fine, caratteristico;

sapore: armonico, asciutto, morbido, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Chardonnay spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: paglierino chiaro;

profumo: delicato, fine, caratteristico;

sapore: da brut nature a dolce, sapido, fresco, armonico, vellutato, morbido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale: 5,50 g/l

estratto non riduttore minimo:16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Malvasia:

colore: paglierino più o meno carico;

profumo: caratteristico, anche intenso;

sapore: aromatico, dolce, amabile, abboccato, secco, fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 4,50% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Malvasia frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: paglierino più o meno carico;

profumo: caratteristico, anche intenso;

sapore: aromatico, dolce, amabile, abboccato, secco, fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 7,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Malvasia spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: paglierino più o meno carico;

profumo: caratteristico, anche intenso;

sapore: da brut nature a dolce, aromatico, fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 6,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l.

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Malvasia passito:

colore: giallo dorato tendente all’ambrato;

profumo: delicato, caratteristico, armonico, gradevole, fine, aromatico;

sapore: caratteristico, dolce, aromatico, pieno, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00 % vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 10,00% vol.;

acidità totale: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Spergola:

colore: giallo paglierino più o meno intenso talvolta con riflessi verdolini;

profumo: caratteristico;

sapore: caratteristico, dal secco al dolce, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 5,50% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Spergola frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: giallo paglierino più o meno intenso talvolta con riflessi verdolini;

profumo: caratteristico;

sapore: dolce, amabile, abboccato, secco, caratteristico, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 7,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Spergola spumante:

spuma: fine e persistente;

profumo: paglierino più o meno intenso;

odore: caratteristico;

sapore: da brut nature a dolce, caratteristico, sapido, fresco, armonico, di giusto corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 5,50% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Spergola passito:

colore: giallo dorato;

profumo: delicato,caratteristico, armonico, gradevole, fine;

sapore: dolce,armonico, pieno, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 10,00% vol.;

acidità totale: 4,50 g/l;0

estratto non riduttore minimo: 24,0 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” bianco anche classico:

colore: paglierino più o meno carico;

profumo: caratteristico, gradevolmente aromatico;

sapore: caratteristico, dolce, amabile, abboccato, secco, fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 5,50% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” bianco frizzante e bianco classico frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: paglierino più o meno carico;

profumo: caratteristico, gradevolmente aromatico;

sapore: caratteristico, dolce, amabile, abboccato, secco, fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 7,00% vol.;

acidità totale: 5,0 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” bianco spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: paglierino più o meno carico;

profumo: gradevole,caratteristico, leggermente aromatico;

sapore: da brut nature a dolce, caratteristico, sapido, fresco, armonico, di giusto corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco Grasparossa:

colore: rubino;

profumo: spiccatamente vinoso e particolarmente profumato;

sapore: sapido e armonico, dolce, amabile, abboccato, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 5,50% vol.;

acidità totale: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco Grasparossa frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rubino;

profumo: spiccatamente vinoso e particolarmente profumato;

sapore: sapido e armonico, dolce, amabile, abboccato, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 7,00% vol.;

acidità totale: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco Montericco rosso:

colore: rosso;

profumo: gradevole,caratteristico,fruttato, fresco;

sapore: caratteristico, fresco, gradevole, armonico,di giusto corpo, abboccato, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo:18,00 g/l .

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco Montericco rosato:

colore: rosato;

profumo: gradevole,caratteristico,fruttato, fresco;

sapore: caratteristico, fresco, gradevole, armonico,di giusto corpo, abboccato, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo:15,00 g/l .

 

 “Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco Montericco rosso frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso;

profumo: gradevole,caratteristico,fruttato, fresco;

sapore: caratteristico, fresco, gradevole, armonico,di giusto corpo, abboccato, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco Montericco rosato frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosato;

profumo: gradevole,caratteristico,fruttato, fresco;

sapore: caratteristico, fresco, gradevole, armonico,di giusto corpo, abboccato, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Cabernet Sauvignon:

colore: rosso rubino;

profumo: caratteristico ed etereo;

sapore: armonico, lievemente tannico, secco, tranquillo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 21,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Cabernet Sauvignon riserva:

colore: rosso rubino;

profumo: caratteristico con lieve sentore di legno;

sapore: caratteristico,armonico, pieno ,vellutato con lieve sentore di legno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 23,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Marzemino:

colore: rosso rubino;

profumo: caratteristico;

sapore: pieno, di corpo, dolce, amabile, abboccato, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 5,50% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Marzemino frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino;

profumo: caratteristico, intenso;

sapore: gradevole, pieno, dolce, amabile, abboccato, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 7,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Marzemino novello:

colore: rosso rubino;

profumo: vinoso, intenso, fruttato;

sapore: gradevole, tranquillo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Marzemino passito:

colore: rosso intenso;

profumo: fragrante caratteristico;

sapore: dolce ed equilibrato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 10,00% vol.;

acidità totale: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 27,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Malbo gentile:

colore: rosso rubino;

profumo: caratteristico,intenso;

sapore: caratteristico, gradevole, pieno, dolce, amabile, abboccato, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 5,50% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Malbo gentile frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino;

profumo: caratteristico,intenso;

sapore: caratteristico, gradevole, pieno, dolce, amabile, abboccato, secco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometric0o volumico effettivo minimo: 7,00% vol.;

acidità totale: 5,0 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Malbo gentile novello:

colore: rosso;

profumo: vinoso, intenso, fruttato;

sapore: sapido, tranquillo, talvolta vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Malbo gentile passito:

colore: dal rosato al rosso;

profumo: intenso e complesso;

sapore: dolce, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 10,00% vol.;

acidità totale: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 27,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco:

colore: dal rosato più o meno intenso al rosso;

profumo: gradevole, caratteristico dal floreale al fruttato;

sapore: dal secco al dolce, fresco, gradevole, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 5,50% vol.;

acidità totale: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” Lambrusco frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: dal rosato più o meno intenso al rosso;

profumo: gradevole, caratteristico dal floreale al fruttato;

sapore: dal secco al dolce fresco, gradevole, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 7,00% vol.;

acidità totale: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” rosso:

colore: rosso;

profumo: caratteristico, fruttato, floreale;

sapore: asciutto, gradevole, pieno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

È consentito l’invecchiamento anche in botti di legno.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” rosso frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso;

profumo: caratteristico, fruttato, floreale;

sapore: asciutto, gradevole, pieno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

“Colli di Scandiano e di Canossa” rosso novello:

colore: rosso;

profumo: vinoso, intenso, fruttato;

sapore: sapido, tranquillo, talvolta vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

I vini sottoposti ad invecchiamento in botte, possono presentare lieve sentore di legno.

Le caratteristiche al consumo sopra  descritte  per  le  tipologie bianco frizzante e bianco  classico  frizzante,  Malvasia  frizzante, Spergola  frizzante,  Lambrusco  Grasparossa   frizzante,   Marzemino frizzante  e  Malbo  gentile  frizzante, 

sono  riferite  anche  alla categoria di prodotto

"mosto di uva parzialmente  fermentato", 

fatto salvo che per tale categoria il sapore è limitato al  "dolce"  e

il titolo alcolometrico effettivo deve  essere  superiore  a  1,00%  vol . e inferiore ai 3/5 del titolo alcolometrico volumico totale

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

Nella designazione e presentazione dei vini a denominazione di origine controllata “Colli di Scandiano e di

Canossa” è vietato l’uso di qualificazioni diverse da quelle previste dal presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi superiore, extra, fine, scelto, selezionato e similari.

È consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.

Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell’imbottigliatore quali: viticoltore, fattoria, tenuta, podere, cascina ed altri termini similari, sono consentite in osservanza delle disposizioni comunitarie e nazionali in materia.

Nella presentazione e designazione dei vini di cui all’art. 1 , con l’esclusione delle tipologie spumante, frizzante, è obbligatoria l’indicazione dell’annata di produzione.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a denominazione di origine controllata “Colli di Scandiano e di Canossa” Sauvignon, Pinot, Chardonnay, Malvasia, Bianco, Bianco Classico, Lambrusco Grasparossa, Lambrusco Montericco, Rosso, Marzemino e Malbo Gentile, Lambrusco, Spergola , previsti dal presente disciplinare nel tipo frizzante, se confezionati in recipienti di capacità inferiori a 5 litri, possono essere immessi al consumo solo in bottiglie di vetro chiuse con tappo di sughero o altro materiale consentito, anche a fungo ancorato.

I vini a denominazione di origine controllata “Colli di Scandiano e di Canossa” Sauvignon, Pinot, Chardonnay, Malvasia, Bianco, Bianco Classico, Lambrusco Grasparossa, Lambrusco Montericco, Rosso, Marzemino, Malbo gentile Lambrusco, Spergola e Cabernet-Sauvignon previsti dal presente disciplinare nella tipologia tranquillo, se confezionati in recipienti di capacità inferiore a 5 litri, possono essere immessi al consumo solo in bottiglie di vetro con tappo di sughero o altro materiale consentito.

I vini frizzanti a denominazione di origine controllata “Colli di Scandiano e di Canossa” Malvasia, Bianco,

Bianco Classico, Rosso, Lambrusco Grasparossa, Lambrusco Montericco Rosso e Rosato, Malbo Gentile,

Lambrusco, Spergola , devono essere imbottigliati in recipienti di vetro fino a 3 litri.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) informazioni sulla zona geografica

1) fattori naturali rilevanti per il legame

La zona geografica corrispondente alla denominazione d’origine controllata “Colli di Scandiano e di Canossa” ricade nella parte centro occidentale della regione Emilia-Romagna, nella provincia di Reggio Emilia, e interessa una fascia limitata di territorio, in senso meridiano, di collina e relativa pianura antistante, con un’altitudine media di 223 metri s.l.m.

Il territorio delimitato è caratterizzato da:

- una pianura di transizione ai rilievi collinari, che ne segue i confini, morfologicamente mossa, formata da antichi sedimenti alluvionali a varia tessitura, risalenti al Pleistocene.

Su queste superfici sub pianeggianti si rinvengono suoli molto profondi, evoluti e decarbonatati, a tessitura

moderatamente fine o fine con locali affioramenti ghiaiosi, a buona o moderata disponibilità di ossigeno. Presenti localmente suoli alluvionali più pianeggianti, di cui alcuni molto recenti e calcarei;

- i rilievi collinari, dolci o moderatamente ripidi, orientati prevalentemente in direzione nord-sud, i cui suoli formano mosaici molto complessi, in conseguenza dell’elevata variabilità dei fattori orografici locali, dei processi morfogenetici, della complessità dell’assetto geologico-strutturale e della variabilità litologica.

In prevalenza i suoli derivano da rocce pelitiche o da rocce stratificate ad importante componente pelitica, a tessitura fine o moderatamente fine, calcarei, con profondità variabile, localmente soggetti a fenomeni di dissesto idrogeologico e a fenomeni calanchivi.

Il vigneto è prevalentemente localizzato tra i 50 e i 500 m s.l.m, ma l’area a denominazione si interrompe più in alto, dove prevalgono suoli ripidi o molto ripidi (acclivi) da rocce stratificate, principalmente arenacee o pelitiche, a tessitura variabile, generalmente boscati, più diffusi sopra i 600 metri.

L’area delimitata è soggetta ad un regime termico temperato subcontinentale, e pluviometrico di tipo sublitoraneo appenninico, con piovosità massime in autunno, sia per regime che distribuzione, e piovosità minime in estate.

Le precipitazioni e i giorni di pioggia aumentano salendo di altitudine, con un valore medio di 769 mm e 80 giorni piovosi.

Nella pianura pedecollinare il carattere continentale del clima è mitigato da precipitazioni più abbondanti e meglio distribuite rispetto alla pianura più interna, e da una maggiore ventilazione, soprattutto nei mesi estivi; nella fascia collinare il clima è più variabile, con climi locali miti e asciutti all’interno di sezioni vallive ben esposte all’insolazione e protette alle correnti atmosferiche più fredde, o al contrario più piovosi e ventosi su declivi collinari più esposti.

La zona geografica per la tipologia “classico” si riferisce ad un’area più ristretta di superficie, anch’essa con ambienti collinari e pedecollinari, localizzata ad est e caratterizzata da un’altitudine media leggermente inferiore (192 m s.l.m.), un utilizzo prevalentemente agricolo dei suoli, e un clima mediamente più caldo e siccitoso.

2) fattori umani rilevanti per il legame

Notizie della diffusione della coltura della vite nell’area delimitata risalgono all’epoca romana e al medioevo, da contratti d’enfiteusi del IX-X sec. d.c. e dalla biografia di Matilde di Canossa.

Riferimenti alle tipologie di vini prodotti pervengono fin dal XVI secolo dalle memorie di Bianca Cappello, granduchessa di Toscana e da Andrea Bacci. Diversi sono i vini realizzati nell’area: frizzanti, liquorosi, passiti, soprattutto bianchi.

All’inizio del XIX sec. Filippo Re afferma l’importanza della viticoltura nell’area delimitata, tra Montecchio, “Sampolo-Bianello”, Reggio Emilia e Scandiano, sottolineando le differenze qualitative tra una zona e l’altra, e l’importanza di identificare e propagare le viti che su un determinato fondo producano il miglior vino.

Nel XIX secolo, diversi autori tra cui Giambattista Venturi e Giorgio Gallesio, notano l’importanza e l’ottima qualità dei vini dello scandianese, realizzati con il vitigno Spergola e altri tra cui la Malvasia di Candia aromatica. Nel 1874, con regio decreto, viene istituita la Società Enologica Scandianese.

Nel 1894, Augusto Pizzi elenca e analizza le uve dei numerosi vitigni presenti nelle diverse zone tra pianura,collina e montagna.

Nel XX secolo, oltre ai vini bianchi di maggior pregio, aumenta la produzione di vini da pasto, tradizionalmente ottenuti da uve Lambrusco, con particolare riferimento, per l’area collinare, al Lambrusco di Montericco, a prodotti più morbidi ottenuti da uve Marzemino, e ad altri prodotti derivati dai numerosi vitigni coltivati (Pietro Fornaciari, 1924). Importanti sono le superfici di vigneto sui colli (circa 18000 ha a coltura promiscua), e nel piano antistante il colle (maggiormente vitate) e la presenza di numerose varietà coltivate.

Lo sviluppo dell’enologia va di pari passo con lo sviluppo di strutture cooperative, che danno impulso e professionalità alla tecnica enologica e alla qualità del prodotto.

Con l’evoluzione del’enologia, cambia anche il paesaggio vitato: a partire dal 1960, la superficie vitata a cultura

promiscua si riduce progressivamente, lasciando il posto a vigneti specializzati, presupposto per una maggiore qualificazione della viticoltura della zona.

Nel 1964, nasce il consorzio volontario per la difesa del vino tipico “Bianco di Scandiano”, e il 25 novembre 1976, con decreto del presidente della repubblica viene approvata la DOC “Bianco di Scandiano”, prodotto nelle tipologie frizzante o spumante naturale.

Nel 1977, viene istituito il Consorzio per la tutela del vino “Bianco di Scandiano”.

Il 20-9-1996, con Decreto ministeriale, la denominazione cambia il nome in “Colli di Scandiano e di Canossa”, con diverse tipologie sia di bianchi che di rossi.

Il fattore umano si rivela essenziale per la denominazione, in riferimento:

- ai vitigni tradizionalmente coltivati, prevalentemente autoctoni locali o dell’area emiliana (Spergola, Lambrusco di Montericco, Malbo gentile, Sgavetta, Malvasia di Candia aromatica, ecc.) ma anche nazionali e internazionali (Marzemino, Chardonnay, ecc);

- alle tecniche agronomiche adottate, tradizionali della zona, volte a contenere le rese e ottenere le qualità previste dal disciplinare, esaltando l’influenza dei fattori naturali sul prodotto;

- ai metodi di vinificazione, tradizionalmente consolidate in zona per la produzione di vini frizzanti e spumanti, e di mosti parzialmente fermentati, nonché per la produzione di vini fermi, vini passiti e novelli.

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico

La denominazione di origine “Colli di Scandiano e di Canossa” è riferita a diverse tipologie di vini bianchi, rossi e rosati, tradizionalmente frizzanti o spumanti, ma anche fermi, novelli e passiti dalle peculiari caratteristiche analitiche ed organolettiche.

I vini bianchi sono principalmente derivati da vitigni autoctoni, locali come il vitigno Spergola (tipologie “bianco”, “bianco classico” e Spergola) o emiliani come la Malvasia di Candia aromatica, ma anche da varietà internazionali, tradizionalmente coltivate in loco. Tipicamente frizzanti e spumanti, sono caratterizzati da colore giallo paglierino, freschi e armonici, dai profumi e sapori caratteristici, più aromatici se derivati da vitigni con tale qualità, più sapidi se spumanti.

Tra i vini rossi e rosati si distinguono le tipologie:

- legate ai locali e tradizionali vitigni Lambrusco (Lambrusco Montericco rosato, Lambrusco Montericco rosso, Lambrusco Grasparossa e Lambrusco): tipicamente frizzanti, profumati, dal fruttato al floreale e dal buon contenuto acidico;

- legate ad altri vitigni (tra cui il vitigno autoctono Malbo gentile) più atti alla produzione di vini fermi, ma anche frizzanti, dal gusto armonico, pieno e morbido, fruttato.

In generale l’acidità naturale conferisce a tutti i prodotti una buona vivacità e freschezza.

La tradizionale dotazione di anidride carbonica della maggior parte dei vini prodotti nella zona partecipa all’equilibrio gustativo.

I vini passiti sono più pieni e vellutati, bianchi, rosati o rossi, a seconda delle uve impiegate, a volte aromatici, ma sempre dal buon contenuto acidico.

I vini nelle versioni “novello”, risentono della macerazione carbonica, con aromi vinosi, fruttati tipici delle varietà di origine e sapidità elevata.

Le versioni “riserva”, evidenziano sentori legati all’evoluzione di polifenoli e aromi durante dall’invecchiamento e all’obbligatorio passaggio in botte.

Le versioni dolci, tradizionali della zona, si sposano bene con le bollicine, l’acidità ed i profumi legati ai vitigni e l’ambiente; tipici e importanti sono i mosti di uve parzialmente fermentati per le tipologie indicate nell’articolo 6, caratterizzati da una ridotta gradazione alcolica e profumi importanti.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi della lettera A) e quelli della lettera B)

La zona geografica delimitata, costituita da aree di piano di transizione ai rilievi collinari, e di basso appennino, coi relativi sistemi vallivi, ha condizioni di limitata altitudine sul livello del mare, che garantisce al vigneto livelli d’illuminazione e calore adeguati ad una maturazione ottimale delle uve.

L’indice di Winkler medio della zona è elevato, con 1.938 gradi giorno, e pur nella elevata variabilità orografica, solo in una ristretta zona occidentale che costeggia la valle dell’Enza, si scende al di sotto di 1.700 gradi giorno.

Condizioni di elevate sommatorie termiche sono importanti per varietà di vite come la Malvasia di Candia aromatica e lambruschi a maturazione tardiva come il Lambrusco grasparossa e lambrusco di Montericco, che ne giovano in termini di profumi e composizione polifenolica, e che per tale motivo privilegiano altitudini non elevate; condizioni ricercate anche per ottenere vini fermi strutturati e vini “novello”.

Al contempo, l’entità delle precipitazioni, che aumentano procedendo verso sud, variando da circa 750 a 850 mm e la loro buona distribuzione, anche nei periodi estivi, concorrono alla buona disponibilità idrica dei suoli, e permettono così di ottenere prodotti con un buon contenuto di acidità, anche in acido malico, necessari per la produzione dei tipici vini frizzanti e spumanti della zona.

In particolare, le migliori condizioni climatiche per i vini del territorio si hanno dove le propaggini collinari si aprono al piano, che unisce gli aspetti positivi dei declivi, maggiore ventosità e precipitazioni, anche meglio distribuite, ai valori termici più elevati della pianura. Ad una adeguata maturazione delle uve, si sommano la disponibilità idrica, favorita anche dalla presenza di corsi o risalite d’acqua e da terreni profondi, all’importante effetto del vento, che diminuisce la possibilità di formazioni nebbiose e ristagni di umidità, pericolosi per varietà sensibili a marciumi come Spergola e Sauvignon.

Nelle aree collinari i migliori risultati si ottengono scegliendo le varietà tradizionali più idonee a tali ambienti, le esposizioni migliori a seconda del prodotto da ottenere, e privilegiando prodotti meno colorati e più profumati. Nelle zone più calde, soleggiate e ventilate si producono tradizionalmente i vini passiti.

Locali affioramenti di ghiaie, soprattutto nella parte ovest di piano della valle dell’Enza, unite a condizioni climatiche di calore e ventosità, determinano moderati stress idrici che rendono il prodotto ricco di polifenoli maturi, più morbidi e meno amari, e consentono un ambiente ideale alla maturazione della Malvasia di Candia aromatica, che si è storicamente diffusa in tali zone.

L’area dei bassi colli, ad est del territorio, nello Scandianese, abbina suoli a buona fertilità e dalla discreta riserva idrica, a climi caldi e ventilati, ma con precipitazioni ben distribuite, sebbene non elevate.

In questa zona, soprattutto su versanti ad est o nord-est, più adatti per l’ottenimento di prodotti spumanti, si è tradizionalmente diffuso il vitigno Spergola, che ha storicamente dato origine al prodotto “Bianco di Scandiano”, la cui menzione classica si lega ad un ristretto ambito geografico di tale zona.

La presenza di suoli a tessitura fine, poveri, con pendenze più o meno elevate, su esposizioni soleggiate, favoriscono prodotti strutturati e più alcolici, anche per la produzione di vini da invecchiamento.

Le alte escursioni termiche tra notte e giorno nel periodo di maturazione delle uve su tutta l’area delimitata, determinano l’ottenimento di vini profumati e dall’elevato contenuto polifenolico, legati strettamente alle caratteristiche organolettiche descritte nell’art. 6.

La diffusione della viticoltura in quest’area, documentata dall’epoca romana al medioevo ai giorni nostri, inscindibile dai particolari vitigni autoctoni presenti, è prova di una stretta connessione tra i fattori ambientali, umani ed i vini ottenuti in queste terre.

La diffusione di diverse tipologie di vini, soprattutto bianchi, nel territorio delimitato, è testimoniata fin dal 1580, nelle memorie di Bianca Cappello, Granduchessa di Toscana, che cita il “buon vino di Scandiano”, nel 1597 da Andrea Bacci, che menziona la produzione di vini pregevoli, profumati e frizzanti dalle dorate bollicine, e all’inizio del XIX secolo da Filippo Re, che parla di vini spumanti e vini liquorosi: “Orsù, chi fra voi è che gustato non abbia, scorrendo i nostri colli, vino che ora gli ricordò il generoso Cipro, il fumante Sciampagna, il delicato Tintillo e simili?”.

Il medesimo autore promuove l’importanza di vendemmiare l’uva ben matura, di fare attenzione ai travasi per

preservare l’aroma e il “Gaz”, e la pratica di appassire le uve al sole o all’aria. Ai primi del ‘800 si nota: “I vini nello Scandianese sono forse, presi in complesso, il maggior ramo di entrata di quel Distretto, e sono per comune consenso i migliori del Dipartimento”, vini di diverse tipologie.

Giambattista Venturi nel 1822, elogia i vini lasciati ad appassirei nei solai per un mese, poi spremuti e bolliti sui graspi: dai 28800 hl prodotti, i ¾ sono esportati a 12 lire per brenta (72 litri).

Nel 1839 Giorgio Gallesio dirà: “Ho bevuto degli ottimi vini di colore bianco-oro più o meno carico, squisiti, asciutti, e generosi quanto i vini di Spagna e da dessert.

Essi sono fatti di Spargolina, Occhio di gatto, Malvasia, Cedra, Squarciafoglia o Vernaccia, uve dominanti nelle colline di Casalgrande, Vinazzano, e Borzano, ed è queste uve che si fanno famosi i vini di Scandiano”, che potrebbero rivaleggiare con i più celebri d’Italia.

A tale encomio si associa Antonio Claudio De Valery, 1842, bibliotecario del re di Francia, che cita nella guida redatta per i viaggiatori il “vin blanc sucrè de Scandiano”.

Nel 1874 la Società Enologica Scandianese (Regio Decreto del 4-7-1874), si incarica di preparare, vendere e promuovere vini, anche alle esposizioni universali di Filadelfia e Parigi dove riscuotono diversi successi. Giuseppe Borini, nel 1921, sottolinea e propone la produzione di vini di lusso nello scandianese per far concorrenza agli spumanti francesi.

Nel XX secolo, accanto ai vini da pregio, si diffonde il comparto dei vini da pasto, prevalentemente ottenute da uve Lambrusco. Nel 1922, Adelio Franceschini e Vittorio Premuda descrivono le tecniche di vinificazione, puntando

l’attenzione anche sull’importante produzione di mosti parzialmente fermentati o filtrati dolci, ed evidenziando il pericolo di una sleale concorrenza tra i vini artificialmente gazati e gli spumanti naturali.

Lo sviluppo dell’enologia di quegli anni va di pari passo con lo sviluppo di cantine sociali, caratterizzati da impianti moderni di trasformazione, che danno impulso e professionalità alla tecnica enologica e alla qualità del prodotto, che si incaricano di controllare che i vini genuini prodotti, trasferiti nelle mani dei commercianti, non siano oggetto di “tagli e intrugli” tali da rendere il vino irriconoscibile, e che puntano ad ottimizzare la qualità della produzione in campo con una adeguata assistenza tecnica.

Con l’evoluzione dell’enologia, cambia anche la viticoltura, specializzandosi: si ottiene così una maggiore qualificazione della viticoltura e dei vini della zona.

Il 25 novembre 1976 è istituita la DOC “Bianco di Scandiano”. Il vino, prodotto nelle tipologie frizzante o spumante naturale è ottenuto principalmente da uve Spergola o Spergolina (allora erroneamente denominato Sauvignon) e per il restante da Malvasia di Candia e Trebbiano romagnolo.

Il 20-9-1996, con Decreto ministeriale, la denominazione cambia il nome in “Colli di Scandiano e di Canossa”, con diverse tipologie sia di bianchi che di rossi, meglio specificate con successive modifiche.

Le tipologie ivi descritte tengono conto dell’ambiente geografico e soprattutto della tradizione della zona, evidenziata sia dai prodotti oggetto di denominazione, con le relative pratiche viticole ed enologiche adottate, sia dai vitigni utilizzati, molti dei quali autoctoni del territorio specifico o dell’area emiliana, oppure storicamente legati al territorio.

Il fattore umano ha quindi un ruolo essenziale per la denominazione, che nel corso degli anni, con una positiva ed encomiabile evoluzione, ha puntato a produrre vini di sempre maggior pregio e qualità, come attesta la rinomanza acquisita dai vini DOC “Colli di Scandiano e di Canossa”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24

00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

Mail info@valoritalia.it website www.valoritalia.it

 

VALORITALIA S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato

articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale

 

 

 

COLLI PIACENTINI

D.O.C.

Decreto  21 luglio 2010

(fonte GURI)

Modifica 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

                         

Articolo 1

Denominazione vini

 

La denominazione di origine controllata dei vini "Colli  Piacentini", obbligatoriamente seguita  da  una  delle  seguenti  menzioni  o  dal riferimento al nome di  uno  dei  seguenti  vitigni: 

 

Monterosso Val d'Arda

Monterosso Val d’Arda frizzante

Monterosso Val d’Arda spumante

Trebbianino Val Trebbia

Trebbianino Val Trebbia frizzante

Trebbianino Val Trebbia spumante

Valnure 

Valnure frizzante

Valnure spumante

Barbera

Barbera frizzante(

Bonarda

Bonarda frizzante

Malvasia

Malvasie frizzante

Malvasia spumante

Malvasia passito

Pinot grigio 

Pinot grigio frizzante

Pinot grigio spumante

Pinot nero 

Pinot nero frizzante

Pinot nero spumante

Sauvignon

Sauvignon frizzante

Cabernet Sauvignon

Chardonnay

Chardonnay frizzante

Chardonnay spumante

Colli Piacentini rosso Novello

Colli Piacentini Vin Santo

è riservata ai  vini  che rispondono alle condizioni ed ai  requisiti  stabiliti  nel  presente disciplinare di produzione.

 

La tipologia Vin Santo

qualora prodotta nella sottozona di Vigoleno

e risponda   alle   specifiche   condizioni   previste   dal   presente disciplinare di produzione può  usare  la  menzione  "Vin  Santo  di Vigoleno".

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata "Colli  Piacentini"  di cui all'articolo 1 devono  essere  ottenuti  da  uve  provenienti  da vigneti  aventi,  in  ambito  aziendale,  la  seguente   composizione ampelografica :

 

"Colli Piacentini" Monterosso Val d'Arda

Malvasia di Candia aromatica e Moscato bianco: dal 20 al 50%;

Trebbiano Romagnolo e Ortrugo: dal 20 al 50%;

possono concorrere alla produzione di detto vino le uve di  Bervedino e/o  Sauvignon  ed  altri  vitigni  a  bacca  bianca,   idonei   alla coltivazione in Emilia-Romagna, fino ad un massimo del 30%;

 

"Colli Piacentini" Novello

Pinot nero e/o Barbera e/o Croatina (localmente denominata  Bonarda): minimo 60%;

possono concorrere alla produzione di detto vino le  uve  provenienti da  altri  vitigni  a  bacca  rossa  idonei  alla   coltivazione   in Emilia-Romagna, fino ad un massimo del 40%;

 

"Colli Piacentini" Trebbianino Val Trebbia

Ortrugo: dal 35 al 65%

Malvasia di Candia aromatica e Moscato bianco: dal 10 al 20%;

Trebbiano Romagnolo e Sauvignon: dal 15 al 30% ;

possono concorrere alla produzione di detto vino le  uve  provenienti da  altri  vitigni  a  bacca  bianca  idonei  alla  coltivazione   in Emilia-Romagna, fino ad un massimo 15%;

 

"Colli Piacentini" Valnure

Malvasia di Candia aromatica: dal 20 al 50%;

Trebbiano Romagnolo e Ortrugo: dal 20 al 65%;

possono concorrere alla produzione di detto vino le  uve  provenienti da  altri  vitigni  a  bacca  bianca,  idonei  alla  coltivazione  in Emilia-Romagna, fino ad un massimo del 15%;

 

"Colli Piacentini" Vin Santo

Malvasia di Candia aromatica e/o Ortrugo e/o Sauvignon  e/o  Marsanne e/o Trebbiano Romagnolo: minimo 80%;

possono concorrere alla produzione di detto vino le  uve  provenienti da  altri  vitigni  a  bacca  bianca  idonei  alla  coltivazione   in Emilia-Romagna, fino ad un massimo del 20%;

 

"Colli Piacentini" Vin Santo di Vigoleno

Santa Maria e Melara minimo 60%;

possono concorrere alla produzione di detto vino le uve  dei  vitigni Bervedino e/o Ortrugo e/o Trebbiano Romagnolo, nella  misura  massima del 40%;

 

"Colli Piacentini" seguita da una delle seguenti menzioni di vitigno:

Barbera,

Bonarda,

Cabernet Sauvignon,

Chardonnay,

Pinot  Nero, 

Pinot Grigio,

Sauvignon

corrispondente vitigno: minimo 85%;

possono concorrere alla produzione di detti vini  anche  le  uve  dei vitigni a bacca  di  colore  analogo,  non  aromatiche,  idonei  alla coltivazione in Emilia-Romagna, fino ad un massimo del 15%;

 

"Colli Piacentini" Malvasia

Malvasia di Candia aromatica: minimo 85%;

possono concorrere alla produzione di detto vino  anche  le  uve  dei vitigni a  bacca  di  colore  analogo  idonei  alla  coltivazione  in Emilia-Romagna, fino ad un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

I) La zona di produzione del vino "Colli Piacentini"  Monterosso  Val d'Arda comprende la porzione dei territori collinari  dei  comuni  di

Vernasca, Alseno, Lugagnano, Castell'Arquato, Gropparello e Carpaneto

in provincia  di  Piacenza, 

particolarmente  idonea  per  conseguire produzioni con le caratteristiche previste dal presente disciplinare.

 

Tale zona e' così delimitata:

Da  una  linea  che,  partendo  dall'abitato  di  Vernasca  segue  la provinciale Vernasca - Castell'Arquato in direzione di Lugagnano fino ad incontrare, in prossimità di loc.  Ca'  Bianca,  il  confine  fra Lugagnano e Vernasca. Segue  tale  confine  fino  ad  incontrare,  in prossimità di quota 318, la strada che collega  Lugagnano  al  parco provinciale.

Da questo punto raggiunge il  bivio  della  cappella  di Madonna del Piano (quota 255) per imboccare la strada dei Ronchi  che percorre fino ad inserirsi,  poco  prima  di  questo  abitato,  sulla carrareccia che conduce a case Costa. Segue tale carrareccia fino  ad imboccare la strada, che passando per case  Castellaro  (quota  259), giunge a Prato Ottesola, con la quale si identifica.

Da qui, la linea  di  delimitazione  risale  il  corso  del  Torrente Ottesola fino alla sorgente, indi  si  identifica  con  una  spezzata ideale  che  congiunge  successivamente  la  sorgente  del   Torrente Ottesola con quota 382: quota 382 con quota 302: quota 302 e  con  il punto di incontro, sito sul greto del Torrente Chero, fra  i  confini dei comuni di Gropparello, Carpaneto e Lugagnano. 

Segue  il  confine tra i comuni di Lugagnano e Gropparello in direzione sud ovest fino a raggiungere quota 350.

Da questo punto si inserisce sulla strada  per i Magnani (quota 382), Mandola e Castellana proseguendo fino al bivio

di Bersani (quota 427),  indi  segue  la  strada  che,  passando  per Casello (quota 366) giunge all'incrocio per Gropparello a quota  357.

Da qui giunge a Barzano seguendo la carrareccia che  passa  per  case Gazzotti.

Da Barzano segue il tracciato stradale  che,  passando  per case Berti, quota  450,  quota  460,  giunge  a  Case  Banzola,  indi prosegue per Ca' Fogliazza e  scende  al  Torrente  Riglio. 

Discende lungo il corso del sopracitato  torrente  fino  all'altezza  di  Casa Nuova Riva (in comune di Carpaneto).

Da  questo  punto  raggiunge  in linea retta il tracciato stradale che, passando per Casa Nuova  Riva, Torre Confalonieri, Borgo Paglia, Piacentino, La Turca di  Sopra,  la Fornace Vecchia, attraversa il Torrente Chero, tocca Case Bruciate  e giunge al confine comunale fra Carpaneto e Castell'Arquato.

Segue detto confine fino ad incontrare  la  provinciale  Carpaneto  - Castell'Arquato che percorre fino al bivio per Vigostano (quota 118); da  questo  punto,  la  linea  di  delimitazione  prosegue  lungo  il tracciato stradale che tocca  successivamente  Vigostano,  Giarola  e Colombarola.

Da Colombarola segue la strada dei Doppi fino  al  punto in cui detta strada si affianca al  rio  Chiozzo:  da  qui  segue  la carrareccia che congiunge il suddetto Torrente con Torre Gazzola. 

Da Torre Gazzola, la linea di delimitazione segue il tracciato  stradale che tocca successivamente le Ferriere, C. Nuove Remondini, la  Fornace e la Sforzesca.

Da questo punto segue la carrareccia  che  scende  al greto del Torrente Arda il cui corso risale fino ad immettersi  sulla carrareccia  che  collega  il  greto  del  Torrente  Arda  con  Cinta Anguissola.

Da questo punto segue l'intero tratto di  strada  che  collega  Cinta Anguissola con la strada Salsediana (strada  per  Salsomaggiore).

 Si immette quindi sulla Salsediana (a quota 145)  e  la  segue  toccando successivamente San  Rocchino,  Crocetta,  Castelnuovo  Fogliani,  il Monastero e giunge a quota 155 all'altezza di C. Belvedere. 

Da  quota 135 segue il tracciato stradale che passa per Ca' Lolini, la  Persica e raggiunge il confine con la provincia di Parma a quota 124.

Da questo punto la  linea  di  delimitazione  si  identifica  con  il confine tra la provincia di Piacenza e di Parma  e,  successivamente, sempre seguendo tale confine, incontra il  Torrente  Stirone  il  cui corso risale fino alla confluenza del  torrente  Borla  (quota  259).

Risale  il  Torrente  Borla  fino  ad  incontrare  (quota   262)   la provinciale per la Borla. Comini, Ronca che segue, fino ad incontrare nei pressi di Ronca la provinciale da Bore a  Vernasca  che  percorre

fino all'abitato di Vernasca.

 

II) La zona di produzione del vino "Colli Piacentini" Trebbianino Val Trebbia comprende la porzione collinare della  Val  Trebbia  e  parte della Val Luretta particolarmente idonee a conseguire produzioni  con

le caratteristiche previste  dal  presente  disciplinare. 

Tale  zona include parte dei  territori  dei  comuni  di 

Bobbio,  Coli,  Travo, Rivergaro, Gazzola e Agazzano

in provincia di Piacenza

 

ed  e'  così delimitata:

da una  linea  che,  partendo  dall'abitato  di  Rivergaro  segue  il trattato originale  della  strada  statale  n°  45  in  direzione  di Piacenza fino alla località Niviano Castello.

Prosegue quindi  lungo la strada provinciale per Grazzano Visconti fino ad incontrare il rio della Bosella in prossimità di quota 127 e il cui corso risale  fino ad incontrare il confine comunale tra Rivergaro  e  Vigolzone  (quota 149).

Segue, piegando a  destra,  detto  confine  fino  a  raggiungere,  in prossimità  di  quota  632  (M. Dinavolo)  il  confine  comunale  fra Vigolzone e Travo.

Segue successivamente l'intero tratto  di  confine tra i comuni di Vigolzone - Travo e Travo - Bettola  giungendo  così

in prossimità della confluenza del rio Moini con il Torrente Perino.

Risale il corso del Torrente Perino  fino  alla  confluenza  con  rio Cane.

Segue quindi l'ultimo tratto del rio Cane  fino  a  quota  509.  Indi devia in direzione nord-ovest sul sentiero che porta al bivio  (quota 546) per la strada dei Boioli.

Da quota 546 segue la strada per  Case Boioli fino ad incontrare, a quota 520,  il  rio  Armelio. 

Segue  il corso del rio Armelio fino a  quota  274. 

Da  qui  devia  lungo  una carrareccia che passa per quota 290  (sopra  Ponte)  e  prosegue  per quota 340, fino ad incrociare il rio Secco. In questo punto segue  il confine del comune Bobbio - Coli lungo le quote 410, 324, 267, 517  e

raggiunta l'altezza di quota 424, devia  lungo  la  carrareccia  che, passando per Roncaiolo, risale quota 488 fino a quota 366.

Da qui si immette sulla strada che, superando  le  quote  381  e  429 (dove incrocia il rio Torusso), sfiora la località  Scabbiazza  dove all'altezza della quota 430 scende lungo il rio Scabbiazza fino  alla strada statale n° 45 (quota 248). Risale la strada statale  n°  45  e dopo il Ponte Barberino al Km. 99, risale una carrareccia  che  passa per Case Nuove (quota 400), Cascina Costa  (quota  494). 

Da  qui  si immette sulla strada che passa a quota 473, successivamente risale un rivo che, a quota 561 (all'altezza del Poggio  Pianone)  incrocia  il confine del comune di Bobbio e Coli.

Segue  questo  confine  passando per cascina Fontana del Gallo e per Case Poggiolo, arrivando a  quota 585.

Da quota 585,  lungo  una  linea  ideale,  scende  sulla  strada statale n° 45 al Km 91. Risale la strada  fino  al  Km  90,  da  dove oltrepassa il fiume Trebbia a quota 324.

Da qui segue i meandri del Trebbia di San Salvatore, dai quali risale lungo una carrareccia che superate  le  quote  456  e  492  giunge  a cascina Riva (quota 496) cascina Biase (quota 490). Prosegue  per  la strada che tocca le quote 477, 454 (sopra Case Caldarola), 515 e  336 dove incrocia il Torrente Bobbio.

Risale questo torrente fino a quota 359: da qui devia a destra risalendo il rio d'Assalto  fino  a  quota

496. In questo punto si inserisce sulla strada  per  i  Brugnoni  che successivamente, toccando le quote 581, 587, 591 (casa Sermase),  562 (Villa Pegni), 562 (Casa Pegni), 581 (Ca' Borelli) sorpassa il  fosso delle Lubbie e prosegue per quota 505 per inserirsi sulla strada  che porta a Degara dove, a quota 500, incrocia il  rio  Fontana. 

Da  qui prosegue lungo la carrareccia, che passando per quota 469 e quota 359 (rio della Lubbia), risale per la  strada  di  Casa  Muggione  (quota 424). Ca' del Bosco (quota 497) e, dopo aver attraversato il rio  del Gatto, scende a  quota  430  per  risalire  a  case  Poggio,  fino  a raggiungere Areglia (quota 378).

Da questo punto, attraverso le quote 416, 438 e 434  raggiunge  Nosia (quota 429), da dove prosegue per una carrareccia che tocca le  quote 450, 435, 410, 372.

Risale quindi la strada proveniente da  Freddezza e, dopo aver  superato  la  quota  400,  devia  a  destra  lungo  una

carrareccia che passa per quote 367 e 337 dove incrocia il rio Dorba.

Risale lungo un rivo di sinistra del rio  Dorba  stesso  e  giunge  a Parcellara (quota 490) da cui scende lungo la  strada  fino  a  quota 445.

Da qui devia per la carrareccia che passa per le quote 439, 405, 389 sulla cui direzione incrocia il  confine  comunale  tra  Travo  e Bobbio. 

Risale  questo  confine  raggiungendo  quota  671  ed  indi, seguendo la strada, che passando  per  Pietra  (quota  559),  Termine Grosso, confluisce in prossimità di quota 443,  sulla  rotabile  che porta a Chiesa di Bobbiano.

Da qui segue la strada per Cascina (quota 503) indi la carrareccia per Costa del Grillo (quota 608) e  Ca'  del

Bulla e prosegue fino ad incrociare il confine comunale tra  Travo  e Gazzola che segue fino al Torrazzo; percorre , verso  nord-ovest,  la strada comunale del Torrazzo fino al bivio (quota 314), di Momeliano.

Scende la strada che porta al quadrivio di Lisignano.

Indi prende la strada per Agazzano e  si  identifica  con  la  strada provinciale che conduce a Pianello Val Tidone fino ad  incontrare  il quadrivio nei pressi di localita' Passano; prosegue verso nord  sulla strada che porta a Sarturano per le quote 192, 174, 131, 128  e  indi in entrata sud di Sarturano (quota  134). 

Da  Sarturano  verso  est, giunge a Rivasso.

Prende per C. Amola, segue la strada  fino  a  quota 122, si identifica con il torrente Luretta  per  breve  tratto  verso

sud, indi a quota 127 verso est passa per quota 131 e arriva da  nord a Gazzola.

Attraversa il paese di Gazzola  (per  breve  tratto  verso sud) quindi per la strada provinciale Gazzola - Rivalta.

Segue detta strada fino ad incrociare la provinciale Gragnano – Travo (in località Scuola) che  percorre  fino  a  Rivalta  Trebbia. 

Indi raggiunge in direzione sud-est il fiume Trebbia con cui si identifica fino all'altezza dell'abitato di Rivergaro, da dove si e' partiti.

 

III) La zona di produzione delle uve  che  possono  essere  destinate alla produzione del vino  "Colli  Piacentini"  Valnure  comprende  la porzione collinare della Val Nure particolarmente idonea a conseguire produzioni con le caratteristiche previste dal presente disciplinare.

Tale zona include in parte i territori amministrativi dei  comuni  di

San Giorgio Piacentino, Vigolzone e Ponte dell'Olio,

 in provincia  di Piacenza.

 

Tale zona e' cosi' delimitata:

Partendo  dal  confine  fra  Carpaneto  Piacentino  e   San   Giorgio Piacentino  sul  torrente  Riglio  in  prossimità di  Viustino  (La Bottega), il limite segue in direzione ovest la strada per  Godi  che attraversa e proseguendo  sempre  nella  stessa  direzione  giunge  a Rizzolo, segue quindi in direzione sud-ovest la strada che,  superato Torrano, giunge a La Fratta da dove piega verso ovest e prosegue  per M. o  dei  Fiaschi  (quota  178)  prende  quindi  il  sentiero  verso nord-ovest fino ad attraversare il Torrente  Nure  ed  incrociare  il confine comunale tra Ponte dell'Olio e Vigolzone.

Prosegue in direzione nord-est lungo tale  confine  prima  e  poi  su quello tra Vigolzone e San Giorgio Piacentino fino all'altezza  della strada che dal greto del Torrente Nure conduce in direzione  ovest  a Stradella, segue tale strada e da Stradella attraversa  Ca'  Sgorbati prosegue verso ovest lungo la strada che tocca M. Italia  e  lungo  il canale raggiunge la strada per Grazzano Visconti in  prossimità del Km 11,900.

Segue tale strada per circa 200 metri in direzione nord  e quindi, verso ovest il canale che lo attraversa toccando le quote 142 e 147  fino  a  raggiungere  il  confine  comunale  di  Vigolzone  in prossimità della quota 143; prosegue lungo tale confine verso sud  e quindi sempre sul medesimo  in  direzione  ovest,  lungo  il  P.  del Castellano ed il T. Spettine, incrociando in  confine  del  comune  di Ponte dell'Olio sul T. Nure.

Da qui, in direzione sud-est prima  ed  est  poi  segue  quest'ultimo confine comunale ed al T. Riglio risale verso nord sino ad incrociare, in  prossimità  di  Bianconi,  quello  di  San  Giorgio  Piacentino: prosegue in direzione nord-est lungo il corso  del  T. Riglio  fino  a chiudere la delimitazione in località La Bottega.

 

IV) La zona di produzione delle uve che possono essere destinate alla produzione  del  vino  "Colli  Piacentini"  Vin  Santo  di   Vigoleno comprende la porzione collinare compresa fra la Valle  dell'Ongina  e la Valle dello Stirone particolarmente idonea a conseguire produzioni con le caratteristiche previste dal presente disciplinare.

Tale zona include una parte del territorio amministrativo del  Comune

di Vernasca

 in provincia di Piacenza,

 

così delimitato:

partendo,  a  nord,  in  località  Riocorto,  dall'incrocio  fra  il Torrente Ongina e il confine del  Comune  di  Vernasca,  verso  nord, segue  il  ciglio  destro  del  Torrente  Ongina  fino  all'ansa   in prossimità di quota 125, segue l'ansa e risale la  carraia  a  quota 159, segue la strada dritta ad ovest di Colle S.Giuseppe fino a quota 186 quindi per la carraia scende a quota 182 sul confine comunale  di Vernasca.

Segue il confine comunale fino ad  incontrare  il  Torrente Stirone  che  segna  il  confine  della  provincia  di  Piacenza.  Si identifica, verso sud, con il ciglio sinistro  del  Torrente  Stirone fino ad incontrare lo stradello che conduce a quota 173 in  località S. Genesio.

Da S. Genesio prosegue lungo la strada comunale fino  ai  Trabucchi  e poi lungo la stessa strada provinciale di Borla  fino  a  quota  234.

Quindi sale la strada comunale dei Baroni  passando  per  Perpiano  e scende fino ad incrociare il ponte sul Torrente Ongina. Segue,  verso nord, il Torrente Ongina e si identifica con esso fino a ritornare al punto di partenza in località Riocorto.

 

V) La zona di produzione delle uve idonee alla  produzione  dei  vini "Colli   Piacentini"   Barbera,    Bonarda,    Cabernet    Sauvignon, Chardonnay,Malvasia, Novello, Pinot grigio, Pinot nero,Sauvignon, Vin

Santo,

comprende il territorio a  vocazione  viticola  delle  colline piacentine ed include, l'intero  territorio amministrativo di: 

Caminata  (escluso  le  isole  amministrative  in provincia di Pavia), Nibbiano, Pianello Val Tidone,  Piozzano,  Ziano Piacentino,

ed in parte il territorio amministrativo dei  comuni  di:

Agazzano, Alseno, Bettola, Bobbio, Borgonovo  Val  Tidone,  Carpaneto Piacentino, Castell'Arquato,  Castel  San  Giovanni,  Coli,  Gazzola, Gropparello,  Lugagnano  Val  d'Arda,  Pecorara,   Ponte   dell'Olio, Rivergaro, San Giorgio Piacentino, Travo, Vernasca e Vigolzone.

In provincia di Piacenza.

 

Tale zona e' così delimitata:

Partendo dall'entrata sud nel centro abitato di Borgonovo Val Tidone, il limite segue verso ovest la strada per Moretta e, superata costera Moretta all'incrocio con il R. Torto, risale  verso  nord  tale  corso d'acqua ed all'ansa successiva la quota 91 all'altezza  di  Polesera, segue verso nord-ovest per la strada che conduce a  C.na  Montezella.

Da  C.na  Montezella  segue  quindi  la  strada  che,  in   direzione nord-ovest, raggiunge C. Cavo Perletti sulla  strada  per  Castel  San Giovanni: prosegue quindi lungo  tale  strada  verso  sud  per  breve tratto e, all'altezza della  quota  93  segue,  in  direzione  ovest, quella per C. Perduta e C. Pradella fino al  r. Gambero  per  proseguire poi lungo tale corso d'acqua verso nord per circa 700 metri e seguire poi il sentiero che in direzione nord-ovest raggiunge la  strada  per Fornaci: lungo  questa  verso  sud-ovest  attraversa  Fornaci  quindi Casanova e, proseguendo, passa a sud  di  C. Merlino  e  raggiunge  il confine  della  provincia  in  prossimità   della   quota   96   sul T. Bardonezza.

Segue, in direzione sud, il confine provinciale attraversa il lago di Trebecco e, proseguendo sempre sul confine provinciale  in  direzione sud-ovest,  raggiunge,  a  quota  779,  il  Roccone,  nel  comune  di Nibbiano; segue quindi la strada  verso  nord  per  Ca'  dei  Giorgio (quota 653) e da  tale  località  segue  verso  sud  e  poi  est  la carrareccia per la Ca' dei  Follini. 

Da  questa  località  prosegue verso sud-est per la strada che attraversa Ca' Bazzari e, a quota 683 segue quella per Lazzarello, attraversando  prima  la  quota  753  e, superato Lazzarello, raggiunge proseguendo sempre  verso  sud,  prima Ca' di Lazzarello, poi case Bianchi, sul  proseguimento  arriva  alla quota 665, laddove la strada incrocia il corso d'acqua che confluisce nel rio della Fornace dell'Aia, a quota 550, segue quindi,  da  quota 665, prima l'affluente e poi quest'ultimo  corso  d'acqua  sino  alla confluenza nel T. Tidoncello Merlingo, lungo  il  quale  risale  verso nord-est sino alla confluenza a quota 388,  con  il  T. Tidoncello  di Sevizzano.

Da quota 388 risale il Torrente Tidoncello e,  a  sud  di  Marzonago.

Prosegue in direzione est per il rio Sereno, toccando le quote 493  e 532, dove raggiunge la strada per Sevizzano; prosegue lungo questa in direzione sud, costeggia il centro abitato di Sevizzano  ad  ovest  e segue verso est la strada per C. Saliceto (quote 695). 

Da  C. Saliceto segue la strada in direzione nord-est fino a raggiungere a quota  708 il confine comunale di Piozzano. Prosegue lungo questi  in  direzione sud sino ad incrociare quello di Travo  a  quota  801,  segue  quindi quest'ultimo  confine  in  direzione  sud-est  ed  alla  quota   681, all'incrocio con la strada per Scarniago,  prosegue  verso  nord-est, lungo questa attraversa il centro abitato di Scarniago e  proseguendo raggiunge Madellano segue  verso  nord  e  poi  est  la  strada  che, passando per le quote 560, 554,  477,  incrocia  quella  per  Chiosi.

Prosegue lungo quest'ultima verso sud, toccando i centri  abitati  di Termine Grosso e Pietra e raggiunge poi, a quota 671,  nuovamente  il confine comunale di Travo; discende lungo questi in direzione sud  ed in località Cappaia, all'altezza di Ronda Nera,  lascia  il  confine per seguire verso ovest il sentiero che attraversa le quote 389, 405, 439 ed a quota 445 incrocia la  strada  per  Parcellara.

Segue  tale strada verso nord-ovest e raggiunge Parcellara da  dove  segue  verso ovest il fosso affluente di sinistra del Rio Dorba; dalla  confluenza risale, per breve tratto, il rio Dorba; ed a quota 337  risale  verso ovest un affluente di destra  del  medesimo  corso  d'acqua  fino  ad incrociare la strada per Freddezza;  percorre  questa  verso  sud  ed all'altezza di Cosenzio, in prossimità della quota 372, segue  verso ovest la strada che passa a  nord  di  Freddezza,  tocca  quota  410, attraversa Marumoni (quota 435) e raggiunge Nosia (quota 429).

Da Nosia segue il sentiero per Areglia toccando le  quote  434,  438, 416 e da Areglia prosegue per la carrareccia che attraversa  case  il Poggio e raggiunge la strada per Gobbi: prosegue lungo questa per  il breve tratto (250 metri) verso sud e quindi  nella  stessa  direzione per il sentiero che tocca le quote 416, 430, attraversa rio del Gatto

e raggiunge Ca' del Bosco (quota 497). Da Ca'  del  Bosco  segue,  in direzione  sud-est,  il  sentiero  che  attraversa  la  quota  526  e raggiunge alle pendici occidentali di M. Spanna la strada per  Mezzano Scotti.

Prosegue nella stessa direzione lungo tale strada per Mezzano Scotti; prosegue nella stessa direzione lungo  tale  strada  fino  ad incrociare, superato C. Muggione, l'acquedotto (331).

Prosegue lungo quest'ultima strada verso ovest ed all'incrocio con il rio della Lubbia (quota 359) segue il  sentiero  in  direzione  ovest fino all'incrocio con la strada per Centomerli, risale  questa  verso nord per breve tratto e, all'altezza della quota 469, prosegue  verso ovest e sud-ovest per il sentiero che passa a sud  della  quota  519.

Attraversa le quote 503, 535 e,  sul  proseguimento  per  una  retta, raggiunge la strada per Degara: su tale strada prosegue verso  ovest, attraversa il fosso delle Lubbie e, dopo circa 500 metri,  prende  il sentiero per Ca' Borelli (quota 581) e quindi quello in direzione sud attraverso C. Mazucca e, sul  proseguimento  verso  sud  e  sud-ovest,

passando a sud di C. Vignola, raggiunge C. Pegni inferiore (quota 562).

Indi segue  la  strada  in  direzione  ovest  toccando  Villa  Vegni, C. Sermase e Valle per raggiungere la S.S. 461in  prossimità  del  Km 52.300; discende verso sud lungo questa ed a Campore prende la strada che in direzione nord incrocia a quota 496 il rio d'Assalto; discende questo corso di acqua verso sud fino alla confluenza con il  T. Bobbio

(quota 359) per proseguire poi lungo il sentiero che  costeggia  tale corso d'acqua in direzione est, e giunto  alla  quota  336,  prosegue verso sud-ovest  lungo  il  sentiero  che  raggiunge  la  strada  per

C. Fontanini.

Prosegue lungo questa verso sud-est  toccando  le  quote 515, 477 e, alla quota 490 (C. Piani), prosegue in direzione  est  per il sentiero che tocca la quota 317  e  raggiunge,  a  quota  321,  la strada per Bobbio: prosegue lungo questa verso  sud  e  passando  ad ovest di C. Biase segue verso est per il sentiero  che  attraverso  la quota 490 raggiunge la strada per C. Riva in prossimità  della  quota 446, percorre tale strada verso sud,  raggiunge  rio  Riva  e  quindi

verso nord-est segue il sentiero e raggiunge quota  456  per  piegare poi in direzione sud-est raggiungendo il fiume Trebbia.

Risale  tale corso d'acqua includendo San Salvatore e quindi seguendo  il  confine del comune di Bobbio, raggiunge al Km 90 la s.s. di  Val  Trebbia  n° 45.

Prosegue verso nord lungo tale strada  e,  alla  quota  325  (Km  90) segue, in direzione est, una retta immaginaria che incontra la strada per Coli alla quota 585 sul  confine  comunale  di  Bobbio;  prosegue verso nord lungo tale confine fino a Poggio  Pianone  incrociando  un affluente di destra del fiume Trebbia,  lo  discende  verso  nord  e,

all'incrocio con la strada per C. Costa (quota  475).

Prosegue  nella stessa direzione lungo questa raggiungendo C.Costa  (quota  494). 

Da quota 494, segue verso nord il sentiero che, attraversando  il  fosso degli Aregli, raggiunge C. Mezza Cappella a quota 399 da dove prosegue verso nord-est per il sentiero che attraversa il fosso degli  Armanni

e poi piegando a nord-ovest, raggiunge C. Nuova (quota 400) e  poi,  a quota 356, il fosso che discende dal M. del  Lago  e  confluisce  nel Trebbia.

Da quota 356, il fosso che discende dal M. del Lago e  confluisce  nel Trebbia. Da quota 356 discende questo corso d'acqua  e  raggiunge  il Trebbia per discenderlo poi verso nord fino  al  ponte  di  Barberino (quota 242).

Prosegue  lungo  s.s.  Val  Trebbia  e,  dopo  circa  un chilometro verso est a quota 248, risale il rio Scabbiazza e, a quota 430, prosegue verso nord per il sentiero che raggiunge Scabbiazza.ù.

Da Scabbiazza segue verso nord la strada per Roncaiolo toccando le quote 429, 381, 366, 352; da quest'ultima quota risale, verso  sud-est,  il fosso  affluente  del  Trebbia  e,  in  prossimità  della  sorgente, prosegue per  il  sentiero  che  in  direzione  nord-ovest  raggiunge Roncaiolo.

Da Roncaiolo prosegue  in  direzione  sud-est  per  il  sentiero  che conduce  a  Costa  Camminata  e,  superata  la  quota  424,  incrocia nuovamente il confine comunale di Bobbio  lungo  il  quale  prosegue verso est e nord-est e, all'incrocio con il rio  Secco,  discende  il corso d'acqua per circa 200 metri per prendere  poi,  verso  est,  il sentiero e quindi la strada per Ponte di Sopra che supera per seguire in prossimità della quota 290 il sentiero che verso est raggiunge il rio Armelio (quota 274).

Risale questi verso sud sino alla quota 520, all'incrocio con la strada per Boioli: segue tale  strada  verso  est fino a Casazza toccando le quote 533, 528,  546  e  567. 

Da  Casazza prosegue verso sud sul  sentiero  che  raggiunge  quota  509  e,  sul proseguimento nella stessa direzione, incrocia il rio Cane:  discende quindi tale corso d'acqua e, alla  quota  337,  all'incrocio  con  la strada per Villanova, prosegue verso sud per tale strada.

Dopo  circa un chilometro alla quota  367,  prosegue  ad  ovest  per  quella  che attraversa Scagliotti e raggiunge Costa Rodi (quota 533).  

Da Costa Rodi segue verso sud il sentiero e  poi  la  strada  che  in prossimità del ponte Verbucone incrocia quella per Biasini, prosegue su quest'ultima, attraversa Biasini e, sul proseguimento  verso  est, raggiunge il ponte sul Torrente Perino, risale verso nord tale  corso d'acqua e, poco dopo M. Vecchio, segue la strada per  Bacchetti  verso est, passando per la circonvallazione sud (quota 426 e 441), su  tale strada prosegue verso est per quella che porta alle  case  Moline  e, proseguendo su quest'ultima, in  direzione  nord,  passa  ad  est  di Bocito e Belito fino a raggiungere a quota 598 case Matteo, da  dove, per il sentiero verso ovest raggiunge il confine comunale di Travo.

Prosegue poi lungo questi in direzione nord  fino  a  raggiungere  la quota 656, nei pressi di M. Viserano, da dove,  in  direzione  sud-est segue il sentiero che tocca la  quota  614  e  raggiunge  Grilli;  da Grilli segue verso est la strada per Cassinari e,  proseguendo  sulla medesima verso sud-est, raggiunge  Torria  e  poi  in  direzione  sud C. Invaga e, superata la quota 580, ad est di La  Lama,  raggiunge  il bivio per la cava di pietra: dal bivio prosegue verso ovest lungo  la strada per C. Mole che supera ed all'incrocio con il  T. Olza  discende questi verso est sino al ponte in prossimità della  quota  323. 

Dal ponte segue verso sud la strada per breve tratto e  poi  il  sentiero che, in direzione sud-ovest, attraversa le quote 351 e 457 per andare ad incrociare, alla quota 505, la strada per San Bernardino  e  lungo questa raggiunge tale centro abitato.

Da San Bernardino segue verso est la strada per  Selva,  l'attraversa e, proseguendo raggiunge rio Barbarone (quota  514);  ridiscende  tale corso  d'acqua  e,  alla  confluenza  nel  rio  dell'Osteria,  risale quest'ultimo  fino  ad  incrociare  la  strada  in   prossimità  di C. Osteria: segue  tale  strada  in  direzione  ovest  e  a  C. Sartori prosegue sempre verso ovest fino a  raggiungere  Vigolo  toccando  la quota 608: da Vigolo  segue  una  linea  spezzata  immaginaria  verso

nord-est facendo vertice Castelnardo e raggiungendo poi C. Zani (quota 544) da dove prosegue per la strada che raggiunge quella  per  Padri; all'incorcio prosegue lungo tale strada in direzione  est  attraversa Padri, Gragnano di Sotto, e proseguendo verso sud, raggiunge Riglio.

Da Riglio prosegue in direzione sud per la strada che raggiunge  Busa e poi Poggio  da  dove  segue  il  sentiero  in  direzione  sud-ovest raggiungendo Generesso: prosegue poi verso sud-est lungo la strada che raggiunge, a quota 407, il T. Riglio da dove risale verso nord-est per quella che raggiunge Montechino in direzione sudest, segue la  strada

per Groppo Visdomo da dove verso est per la strada che  costeggia  le Rocche, raggiunge il rio Freddo  a  sud  di  Pierfrancesco.

Superata Cavadipietra: risale quest'ultimo corso d'acqua  e,  al  ponte  sulla strada per Carignone (Km 18,200),  segue  verso  est  e  nord-est  la strada che attraversa Guidi, Rustigazzo, Costa, Vicanino,  Osteria  a C. Bosconi; al Km 1,900 circa prosegue per il confine di Lugagnano Val d'Arda in direzione sud-est fino  a  raggiungere  il  t. Arda.

Risale questo corso d'acqua verso sud ed attraversato  longitudinalmente  il lago di Mignano, in direzione sud il corso d'acqua affluente del lago che incrocia  la  strada  rivierasca  in  prossimità  del  Km  9  e, risalendo sempre questo corso d'acqua,  incrocia  presso  Levori,  il sentiero che, passando per quota 444, raggiunge in direzione  nord  e

poi est l'abitato di Levori, in direzione est, segue  la  strada  per Corti, costeggiando a sud-est il  centro  abitato,  per  seguire  poi verso nord-est il sentiero a mezza costa dell'impluvio  del  lago  di Mignano, sentiero che tocca le quote 465, 479, 514 e, a nord-ovest di M. Vidalto, raggiunge la miniera da dove segue la  strada  verso  nord per Vitalta.

Da Vitalta segue verso est la  strada  per  Segadello  e  dopo  breve tratto in direzione nord il sentiero  per  C. Farina  e  quindi  verso nord-est la strada per Alessandroni e per Gallosi ed alla  quota  471 quella che raggiunge la strada per Vernasca  alla  quota  465:  segue quest'ultima verso est attraversando Ranca, Comini, Burgazzi, Silvani e poi all'incrocio con l'affluente del T. Stirone in  prossimità  del Km  10,100,  ridiscende  tale  corso  d'acqua  fino  alla  confluenza raggiungendo così il confine di  provincia. 

Risale  verso  nord-est tale confine che per buona parte si identifica con  il  T. Stirone  e, poco dopo averlo allontanato, raggiunge la strada per  Fornio  (quota 124).

Segue tale strada per nord-ovest toccando la Persica e C. Lolini  fino ad incrociare, alla quota 155, la strada per Castelnuovo  Fogliani  e proseguire poi lungo  questa,  in  direzione  nord,  raggiungendo  il centro  abitato. 

Da  Castelnuovo  Fogliani   segue,   in   direzione nord-ovest,  la  strada  che  passa  per  Santa  Maria  di  Latte   e

attraversato il R. Grattarolo raggiunge quella per Alseno (quota  89).

Da quota 89 prosegue verso sud-ovest per Castell'Arquato e, prima  di giungere a Villa San Lorenzo alla quota 146 (Km  1,900  circa)  segue verso  nord-ovest  la  strada  per  Cinta  Anguissola  che  supera  e raggiunge il T.Arda, prosegue lungo questi per  circa  un  chilometro verso nord e all'altezza della strada per la Sforzesca la segue verso

ovest, raggiunge la Sforzesca e verso nord C. Nuove Remondini da  dove prende la strada in direzione ovest per torre Gazzola, che raggiunge.

Da Torre Gazzola segue, in  direzione  nord-ovest,  il  sentiero  che incrocia la strada per Doppi, lungo questa prosegue  verso  sud-ovest toccando Giarola e verso sud Vigostano, da dove, in  direzione  ovest segue la strada che raggiunge quella per Vigolo Marchese al Km 21,300 circa; quindi lungo questa,  verso  nord-ovest,  raggiunge  il  ponte sull'affluente del T. Chiavenna in prossimità del Km  20,500.

Risale il corso d'acqua in direzione sud sino ad incrociare  la  strada  per Bastida e lungo questa verso nord-ovest, attraversa Bastida, Castello Turca di Sopra, Piacentino, e all'uscita di  quest'ultimo,  segue  la strada che, piegando verso sud porta  a  C.   Il  Poggio,  all'altezza delle  quali  (quota  134)  segue  verso  sud  il  sentiero  fino   a

raggiungere la cappella sul greto del  T. Vezzeno. 

Risale  quindi  il corso d'acqua ed all'altezza di  Torre  Confalonieri  prosegue  verso ovest per quella che si immette in prossimità del Km 3 nella  strada per Cimafava percorre quest'ultima verso nord per circa 200  metri  e quindi, verso ovest, prosegue per quella che attraversa C.Nuova  Riva e raggiunge il T.Riglio.

Ridiscende tale corso d'acqua verso nord  ed al ponte delle C. del Riglio segue verso ovest la strada per  Godi  e, al  Km  4  piega  verso  sud-ovest,  attraversa  Rizzolo,  Torrano  e raggiunge La Fratta da dove segue verso ovest, la  strada  per  M. dei Fiaschi e, nella stessa  direzione,  il  sentiero  che  raggiunge  il T.Nure e quindi il confine  comunale  di  Vigolzone.

Prosegue  verso nord-est lungo tale confine ed all'altezza di Stradella  segue  verso ovest la strada per questo centro abitato.

Da Stradella segue la strada verso sud fino a Ca' Sgorbati  e  quindi verso ovest quella per M. Italia (quota 149) da  dove  prosegue  verso ovest per il canale che, raggiunge la strada  per  Grazzano  Visconti che segue per circa 400 metri verso nord e prosegue poi, in direzione ovest, lungo il canale, toccando le quote148 e 147 per incontrare  il

confine comunale di Vigolzone.

Segue verso sud tale confine per breve tratto ed all'incrocio con rio  della  Bosella  discende  tale  corso d'acqua sino ad incontrare la strada per Niviano (quota  127). 

Segue questa verso  ovest,  raggiunge  Niviano,  lo  attraversa  e  per  la s.s.n°45, in direzione sud giunge a Rivergaro.

Da Rivergaro prosegue verso ovest per la strada del greto del  fiume, raggiunge il Trebbia e quindi il confine comunale di Rivergaro  lungo il quale prosegue verso ovest e poi verso nord fino alla quota 114, a sud-ovest di C. Buschi sul greto  del  fiume  Trebbia.  Da  quota  114 segue, verso nord-ovest, la sponda di sinistra del corso d'acqua fino

all'abitato sud  di  Rivalta  Trebbia  per  proseguire  in  direzione nord-ovest, lungo la strada per la scuola e, poco prima di giungervi, alla quota 132, segue quella verso ovest per Gazzola. 

Attraversa  in direzione nord il centro abitato e, alla quota 136, segue verso ovest la strada per C. Vecchia ed alla quota 131, sul  confine  comunale  di Gazzola,  prosegue  nella  stessa  direzione  lungo  il  canale   che affluisce nel T. Luretta alla quota 127.

Ridiscende il T. Luretta  fino a C. Nuova ed alla quota 122 segue la strada verso ovest  per  Rivasso da dove prosegue prima verso nord e poi verso ovest  per  quella  che conduce a Sarturano.

In uscita nord da Sarturano (quota 134) segue in direzione nord-ovest la strada per Mirabello e prima di giungervi a La Palazzina, prosegue per quella che conduce a Grintorto, che supera a nord per seguire  la strada che in direzione nord-ovest raggiunge il greto  del  T. Tidone.

Risale tale corso d'acqua fino all'altezza di  Fabbiano  per  seguire poi lungo la strada che in direzione nord-ovest  e  passando  per  la quota  143  raggiunge  il  centro  abitato,  lo  attraversa  fino  ad incrociare ad Osteriazza la s.s.n°  142.

Prosegue  lungo  questa  in direzione nord fino a raggiungere il borgo abitato di  Borgonovo  Val Tidone da dove e' iniziata la delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di  coltura  dei  vigneti  destinati  alla produzione dei vini a denominazione di  origine  controllata  di  cui all'art. 1 devono essere quelle tradizionali delle zone di produzione di cui all'art. 3 e, comunque, atte a conferire alle uve ed  ai  vini le specifiche tradizionali caratteristiche qualitative.

Per la produzione di tutti i vini a DOC  "Colli  Piacentini"  sono pertanto da considerare idonei unicamente i vigneti ubicati in  zona  collinare-pedemontana,  bene  esposti,  su  terreni  argillosi, preferibilmente  di  natura  calcarea  o  calcarea-argillosa,  spesso ferrettizzati, ciottolosi e ghiaiosi.

I sesti d'impianto, le forme di allevamento a spalliera ed i  sistemi di potatura dei  vigneti  (corti,  lunghi  e  misti)  destinati  alla produzione delle uve della denominazione di  origine  controllata  di cui all'art.1 devono essere quelli generalmente usati e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

E' vietata ogni pratica di forzatura. 

E'  ammessa  l'irrigazione  di soccorso per un massimo di due volte all'anno prima dell'invaiatura.

I vigneti di nuovo impianto e di reimpianto devono essere composti da almeno

3.000 ceppi ad ettaro per tutte le tipologie di vino.

 

La resa massima di  uva  per  ettaro  in  coltura  specializzata  dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all'art.  1,  i  rispettivi  titoli  alcolometrici volumici naturali minimi, devono essere i seguenti:

 

BARBERA: 13,00 t/ha, 11,00% vol.;

BONARDA: 13,00 t/ha, 11,00% vol.;

CABERNET SAUVIGNON: 10,00 t/ha, 12,00% vol.;

CHARDONNAY: 10,00 t/ha, 10,50% vol.;

MALVASIA : 13,00 t/ha, 10,00% vol.;

MONTEROSSO VAL D'ARDA: 10,00 t/ha, 10,50% vol.;

ROSSO NOVELLO: 13,00 t/ha, 11,00% vol.;

PINO NERO: 10,00 t/ha, 11,00% vol.;

PINOT GRIGIO: 10,00 t/ha, 10,50% vol.;

SAUVIGNON: 10,00 t/ha, 10,50% vol.;

TREBBIANINO VAL TREBBIA 10,00 t/ha, 10,50% vol.;

VALNURE: 10,00 t/ha, 10,50% vol.;

VIN SANTO: 10,00 t/ha, 10,50% vol.;

VIN SANTO DI VIGOLENO: 5,00 t/ha, 10,50% vol.

 

 

 

 

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei  vini  a  denominazione  di  origine  controllata "Colli Piacentini" devono essere riportati nei limiti di  cui  sopra, purché la produzione globale non superi del 20% i  limiti  medesimi, fermi restando i limiti resa  uva-vino  per  i  quantitativi  di  cui trattasi al comma successivo.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il  consumo,  non deve essere superiore al 70%.

Dal  70  all'80  l'eccedenza  non  può essere rivendicata come denominazione di origine controllata.

Oltre  l'  80%  decade  per  tutto  il  prodotto  il   diritto   alla denominazione di origine controllata.

Per le D.O.C.

"Colli Piacentini" Vin Santo,

"Colli  Piacentini"  Vin Santo di Vigoleno   

"Colli  Piacentini"  Malvasia  passito

la  resa massima di uva fresca da trasformare in vino finito non può superare rispettivamente il 35% , il 30% ed il 40%.

 

Le uve destinate alla produzione dei vini spumanti a denominazione di origine controllata "Colli Piacentini" debbono assicurare  un  titolo alcolometrico minimo totale naturale dell' 9,50% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di  vinificazione,  compreso  la  presa  di  spuma,  la rifermentazione   in    bottiglia    o    in    grandi    recipienti, l'invecchiamento, l'affinamento in bottiglia e l'imbottigliamento  di tutti  i  vini  a  denominazione  di   origine   controllata   "Colli Piacentini" di cui all'art.1, debbono essere effettuati in  provincia di Piacenza  salvo  quanto  specificatamente  previsto  nel  presente articolo.

E' consentito di effettuare le operazioni di  vinificazione compreso la presa di spuma, la  rifermentazione  in  bottiglia  o  in grandi recipienti, l'invecchiamento,  l'affinamento  in  bottiglia  e l'imbottigliamento di tutti i vini a DOC "Colli Piacentini"  negli stabilimenti delle ditte site nel comune  di  Rovescala  ad  est  del torrente Bardoneggia in provincia di Pavia.

E' in facolta' del Ministero per le  politiche  agricole  -  Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione  delle  denominazioni  di origine e  delle  indicazioni  geografiche  tipiche  dei  vini  -  su richiesta delle ditte interessate, consentire che  le  operazioni  di vinificazione dei vini

"Colli Piacentini"  Trebbianino  Val  Trebbia,

"Colli  Piacentini"  Valnure, 

"Colli  Piacentini"  Novello, 

"Colli Piacentini" Vin Santo,

"Colli Piacentini" seguita dalle  menzioni  di uno dei seguenti vitigni,

Barbera, 

Bonarda, 

Malvasia, 

Pinot  Nero,

Pinot  Grigio, 

Sauvignon, 

Cabernet  Sauvignon, 

Chardonnay 

di  cui all'art.1, siano effettuate in stabilimenti siti nei comuni di 

Santa Maria della Versa e Rovescala,

 in Provincia di Pavia.

Le operazioni di vinificazione del vino a DOC  "Colli  Piacentini" Monterosso Val d'Arda

debbono  avvenire  nell'intero  territorio  dei comuni compresi, anche  solo  in  parte,  nella  rispettiva  zona  di produzione delle uve di cui all'art.3 paragrafo I.

E' consentito effettuare la presa di spuma e  l'imbottigliamento  del vino a DOC "Colli Piacentini" Monterosso  Val  d'Arda  nell'ambito del territorio della provincia di Piacenza.

Le operazioni di vinificazione, di  invecchiamento  obbligatorio,  di imbottigliamento e di affinamento in  bottiglia  del  vino  a  DOC "Colli Piacentini" Vin Santo di  Vigoleno  devono  essere  effettuate solamente nell'interno del territorio amministrativo  del  comune  di

Vernasca.

Nella vinificazione sono ammesse le pratiche enologiche tradizionali, leali e costanti, pur tenendo opportunamente conto degli  adeguamenti tecnologici e della ricerca atte a  conferire  ai  vini  derivati  le peculiari caratteristiche.

Per il vino  a DOC “Colli Piacentini Vin Santo di Vigoleno” e'  vietato  l'uso di solfiti e delle filtrazioni durante le varie fasi di vinificazione

Le uve destinate alla produzione dei vini a DOC

"Colli Piacentini" Vin Santo,

"Colli  Piacentini"  Vin  Santo  di  Vigoleno 

"Colli Piacentini" Malvasia passito,

devono essere  accuratamente  scelte  e devono essere appassite con il metodo tradizionale  su  pianta  e  su graticci, solo  su  graticci  per  il  Vin  Santo  di  Vigoleno,  con controllo fino alla spremitura, che può avvenire  solo  dopo  il  1° dicembre dell'anno di raccolta,

in modo da raggiungere  un  contenuto zuccherino non inferiore al

26% per la DOC "Colli Piacentini"  Vin Santo,

30% per la DOC "Colli Piacentini" Vin Santo di Vigoleno,

23% per la DOC. "Colli Piacentini" Malvasia passito.

Il vino a DOC "Colli  Piacentini"  Malvasia  passito  può  essere messo in commercio dal

1° settembre  dell'anno  successivo  a  quello della vendemmia.

 

La denominazione di origine controllata dei vini  "Colli  Piacentini" con una delle seguenti menzioni:

Chardonnay,

Malvasia, Monterosso Val d'Arda,

Pinot Grigio,

Pinot Nero,

Trebbianino Val  Trebbia, 

Valnure,

può essere utilizzata per designare il vino  spumante  ottenuto  con mosti o vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti previsti, dal presente disciplinare, per i vini omonimi.

Le  operazioni  di   spumantizzazione   dei   predetti   vini   della denominazione di origine controllata "Colli Piacentini"  sia  con  il metodo classico o  tradizionale  che  in  grandi  recipienti  chiusi, devono essere  effettuate  in  stabilimenti  siti  nell'ambito  della provincia di  Piacenza  e  negli  stabilimenti  siti  nel  comune  di Rovescala in provincia di Pavia.

La denominazione di origine controllata dei vini  "Colli  Piacentini" può essere  utilizzata  per  designare  i  vini  frizzanti :

Barbera,

Bonarda,

Chardonnay ,

Malvasia, Monterosso Val d'Arda,

Pinot  Grigio,

Pinot Nero,

Trebbianino  Val  Trebbia, 

Valnure 

Sauvignon 

e  che rispondono alle condizioni ed ai  requisiti  stabiliti  dal  presente disciplinare.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all'art.1 all'atto della immissione al  consumo  devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

"Colli Piacentini" Monterosso Val d'Arda:

colore: da paglierino a dorato;

profumo: delicato, caratteristico;

sapore: secco o  abboccato  o  amabile,  fine  e  sottile  di  corpo, tranquillo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Colli  Piacentini"  Monterosso  Val  d'Arda  frizzante: 

spuma: vivace, evanescente;

colore:  da paglierino a dorato;

profumo: delicato, caratteristico;

sapore: secco o abboccato o amabile, fine e sottile di  corpo, fresco e vivace; 

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l

 

"Colli  Piacentini"  Monterosso  Val  d'Arda  Spumante:

spuma, fine e persistente;

colore:   da paglierino a dorato;

profumo: delicato, caratteristico;

sapore: Brut o Extra Dry o Dry, fine e  sottile  di  corpo; 

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l

 

"Colli Piacentini" Trebbianino Val Trebbia:

colore: giallo paglierino o giallo dorato chiaro;

profumo: vinoso, gradevole;

sapore: secco o  abboccato,  delicato,  sottile,  tranquillo; 

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l

 

"Colli Piacentini" Trebbianino Val Trebbia frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore:  giallo paglierino o giallo dorato chiaro;

profumo: vinoso, gradevole;

sapore: delicato, sottile, fresco e vivace;

residuo zuccherino massimo 17,00 gr/l.

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l

 

"Colli Piacentini" Trebbianino Val Trebbia Spumante:

spuma: fine e persistente;

colore:  giallo paglierino o giallo dorato chiaro;

profumo: vinoso, gradevole;

sapore: Brut o Extra Dry o Dry, delicato, sottile;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l

 

"Colli Piacentini" Valnure:

colore: giallo, paglierino chiaro;

profumo: caratteristico, gradevole, aromatico;

sapore: secco o abboccato o amabile,  gradevole,  tranquillo; 

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00%  vol.; 

acidità  totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Valnure Frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore: giallo, paglierino chiaro;

profumo: caratteristico, gradevole, aromatico;

sapore: secco o abboccato o amabile, gradevole, fresco e vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Valnure Spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo, paglierino chiaro;

profumo: caratteristico, gradevole, aromatico;

sapore: Brut o Extra Dry o Dry, gradevole,

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Barbera:

colore: rosso rubino;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: asciutto o abboccato, sapido, leggermente  tannico,  tranquillo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,50%  vol.;  acidita'

totale minima: 5,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.

 

"Colli Piacentini" Barbera Frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore: rosso rubino;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: sapido, leggermente tannico, fresco, vivace;

Residuo zuccherino massimo 17,00 gr/l.

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,50%  vol.; 

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Bonarda:

colore: rosso rubino, a volte intenso;

profumo: caratteristico, gradevole;

sapore: asciutto o abboccato o amabile  o  dolce,  leggermente  tannico, fresco, tranquillo; 

titolo  alcolometrico  volumico  totale  minimo: 11,50% vol.

Acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Bonarda frizzante:

colore: rosso rubino, a volte intenso;

profumo: caratteristico, gradevole;

sapore: asciutto o abboccato o amabile  o  dolce,  leggermente  tannico, fresco e vivace;

titolo alcolometrico volumico totale  minimo:  11,50%  vol. 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Malvasia:

colore: paglierino o paglierino scarico;  

profumo: aroma caratteristico, anche intenso;

sapore: secco o abboccato  o  amabile  o  dolce,  aromatico,  fresco, tranquillo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo  (per  tipologia  dolce): 4,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Colli  Piacentini"  Malvasia   frizzante:

spuma: vivace ed evanescente; 

colore:   paglierino   o paglierino scarico;

profumo: aroma caratteristico, anche intenso;

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, aromatico, fresco e vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo  (per  tipologia  dolce): 4,50% vol.;

acidità totale minima: 5,0 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.

 

"Colli Piacentini" Malvasia Spumante:

spuma: fine e persistente;

profumo: paglierino o paglierino

scarico; odore : aroma caratteristico, anche intenso;

sapore: da Brut a Dolce, aromatico, fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo  (per  tipologia  dolce): 4,50% vol.;

acidità  totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Malvasia passito:

colore: giallo paglierino dorato;

profumo: intenso, aromatico, caratteristico;

sapore: dolce, morbido,  armonico,  intenso,  aromatico,  tranquillo;

titolo alcolometrico volumico  totale  minimo:  14,00%  vol.; 

titolo alcolometrico volumico svolto  minimo  4,50%  vol.; 

acidità totale minima: 4,5 g/l;

acidità volatile massima: 25 milliequivalenti/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Pinot grigio:

colore: giallo paglierino o ramato;

profumo: caratteristico;

sapore: secco o abboccato, fresco fine, molto gradevole,  tranquillo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Pinot grigio frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore: giallo paglierino o ramato;

profumo: caratteristico;

sapore: fresco fine, molto gradevole, vivace;

residuo zuccherino massimo 17,00 gr/l.

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Pinot grigio Spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino o ramato;

profumo: caratteristico;

sapore: da Brut a Dry,  fresco  fine,  molto  gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Pinot nero (bianco rosso e rosato):

colore: rosso più o meno intenso o rosato o paglierino più  o  meno intenso;

profumo : caratteristico;

sapore: secco o abboccato, sapido, gradevole, tranquillo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Pinot nero (bianco rosso e rosato) frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore: rosso più o meno intenso o rosato o paglierino più  o  meno intenso;

profumo: caratteristico;

sapore: fresco, vivace, sapido, gradevole;

residuo zuccherino massimo 17,00 gr/l.

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Pinot nero (bianco rosso e rosato) spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: rosso più o meno intenso o rosato o paglierino più o meno intenso;

profumo: caratteristico;

sapore: da Brut a Dry, sapido, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Sauvignon :

colore: paglierino anche intenso;

profumo: delicato, caratteristico;

sapore:  secco  o  abboccato,  armonico,  fine,  tranquillo;  

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Sauvignon frizzante :

spuma: vivace ed evanescente;

colore: paglierino anche intenso;

odore : delicato, caratteristico;

sapore: armonico, fine;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.;

residuo zuccherino massimo 17,00 gr/l

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Cabernet Sauvignon:

colore: rosso rubino, talvolta granato;

profumo: caratteristico, gradevole, leggermente erbaceo;

sapore: asciutto o abboccato, lievemente  tannico,  tranquillo;

titolo  alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Chardonnay:

colore: giallo  paglierino  con  sfumature   verdognole;  

profumo: gradevole, fine, fruttato;

sapore: secco  o  abboccato,  armonico,  fresco,  tranquillo; 

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Chardonnay frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore:  giallo  paglierino  con  sfumature   verdognole;  

profumo: gradevole, fine, fruttato;

sapore: armonico, fresco;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.;

residuo zuccherino massimo 17,00 gr/l

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Chardonnay spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo  paglierino  con  sfumature   verdognole;  

profumo: gradevole, fine, fruttato;

sapore: da Brut a Dry,  armonico,  fresco; 

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Vin Santo:

colore: giallo paglierino, dorato;

profumo: intenso, aromatico, caratteristico, etereo;

sapore:  secco  o  dolce,  morbido,  armonico,  intenso,   aromatico,

tranquillo; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 10,50 % vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

acidità volatile massima: 30 milliequivalenti/l;

estratto non riduttore: 20,00 g/l.

 

"Colli Piacentini" Vin Santo di Vigoleno:

colore: dorato o ambrato più o meno intenso;

profumo: intenso, gradevole, fine, delicato, caratteristico;

sapore:  piacevolmente  dolce  di  uve  appassite,  armonico,  pieno, corposo, vellutato; 

titolo  alcolometrico  volumico  totale  minimo: 18,00 % vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 10,50 % vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

acidità volatile massima: 30 milliequivalenti/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

E' in facoltà  del Ministero per le  politiche  agricole  -  Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione  delle  denominazioni  di origine  e  delle  indicazioni  geografiche  tipiche dei vini modificare, con proprio decreto,  per  i  vini  di  cui  al  presente disciplinare, i limiti minimi sopra indicati per la acidità totale e l'estratto secco netto.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

Tutti  i  vini  a  denominazione  di   origine   controllata   "Colli Piacentini" recanti la menzione di vigna  seguita  dal  toponimo  che deve essere scritta immediatamente di seguito ai nomi di vitigno e di vino con caratteri di stampa  di  altezza,  forma  e  dimensione  non superiore a "Colli Piacentini", debbono  essere  immessi  al  consumo finale solo in recipienti di capacità inferiore a  5  litri  e  solo tranquilli.

 

L'invecchiamento del vino a DOC "Colli Piacentini" Vin Santo  deve avvenire per almeno

48 mesi

di cui almeno 36 in recipienti di legno;

a decorrere dal 1°  novembre  dell'annata di produzione delle uve.

 

per il  vino  a  DOC "Colli   Piacentini"   Vin   Santo   di   Vigoleno l'invecchiamento deve essere almeno di

60 mesi

di cui almeno 48  mesi in botti  di  legno 

a  decorrere  dal  1°  novembre  dell'annata  di produzione delle uve.

Per entrambi il periodo di invecchiamento in legno deve  avvenire  in botti di capacità non superiori a 500 litri.

 

Alla denominazione di  origine  controllata  di  cui  all'art.  1  e' vietata l'aggiunta di  qualsiasi  qualificazione  diversa  da  quelle previste nel  presente  disciplinare,  ivi  compresi  gli  aggettivi: extra, fine, scelto, selezionato, vecchio e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano  riferimento a nomi, ragioni  sociali,  marchi  privati,  non  aventi  significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Le  indicazioni  tendenti  a  specificare   la   attività   agricola dell'imbottigliatore quali: viticoltore,  fattoria,  tenuta,  podere, cascina ed altri termini  similari,  sono  consentite  in  osservanza delle disposizioni UE e nazionali in materia.

In considerazione  della  consolidata  tradizione  e'  consentita  la commercializzazione di vino, avente residuo  zuccherino  superiore  a quanto previsto dal presente disciplinare, necessario alla successiva fermentazione naturale in bottiglia, con la  dicitura  D.O.C.  "Colli Piacentini" purché detto prodotto sia  confezionato  in  contenitori non a tenuta di pressione di capacità da 10 a 60 litri.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

Il vino a denominazione di  origine  controllata  "Colli  Piacentini" Novello deve essere imbottigliato nel territorio della  provincia  di Piacenza entro il 31 dicembre dell'annata di produzione delle  uve  e può  essere immesso al consumo solo in bottiglie di vetro a far tempo dalla data prevista dal decreto ministeriale.

Il vino a denominazione di origine controllata "Colli Piacentini" Vin Santo deve essere immesso al consumo solo in bottiglie  di  vetro  di capacità  0,375 - 0,500 - 0,750 e con tappo raso di sughero.

Il vino a denominazione di origine controllata "Colli Piacentini" Vin Santo di Vigoleno deve essere immesso al consumo esclusivamente nella bottiglia denominata "renana" di capacità 0,375 - 0,500 - 0,750, con tappo raso di sughero.

Per tutti i  vini  a  denominazione  di  origine  controllata  "Colli Piacentini", e'  obbligatorio  apporre  sull'etichetta  l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.

Per i vini "Colli Piacentini" sono ammesse tutti i tipi  di  chiusure previste dalla norma ad eccezione dei tappi a corona,  di  quelli  in plastica e salvo quanto previsto dal presente articolo.

I tappi in plastica sono ammessi esclusivamente per i contenitori  da 10 a 60 litri non a tenuta di pressione.

Per la tipologia "frizzante" dei vini DOC "Colli Piacentini"  e'  consentito  l'uso  del  tappo  a fungo.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) informazioni sulla zona geografica

1) fattori naturali rilevanti per il legame

Vocazionalità ambiente e terreno

La zona di produzione dei vini "Colli Piacentini" comprendono interamente o parzialmente la porzione dei territori collinari dei comuni di:

Agazzano, Alseno, Bettola, Bobbio, Borgonovo Val Tidone,Caminata (escluso le isole amministrative in provincia di Pavia),Carpaneto Piacentino,Castell'Arquato, Castel San Giovanni, Coli, Gazzola, Gropparello, Lugagnano val d'Arda, Nibbiano, Pecorara, Pianello Val Tidone, Piozzano, Ponte dell'Olio, Rivergaro, San Giorgio Piacentino, Travo, Vernasca, Vigolzone, Ziano Piacentino,

Per Piacenza, tradizione enologica e priorità nella cura del vigneto sono due pilastri su cui si fonde la conoscenza e l’immagine dei vini Doc “Colli Piacentini”.

Da qui il grande impegno dei viticoltori, delle proprie associazioni e degli istituti di ricerca verso studi sulla vocazionalità territoriale alla viticoltura e al vitigno e sul miglioramento delle tecniche e delle operazioni di elaborazione e vinificazioni dei vini.

Significative le ricerche svolte dall’Istituto di Viticoltura dell’Università Sacro Cuore di Piacenza dal 1988 al 1991 e dal Consorzio di Tutela in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole dal 1993 al 1995.

I metodi di indagine utilizzata presentano degli aspetti innovativi che si basano sull’elevato grado di interdisciplina dello studio dell’interazione <<genotipo per ambiente>>.

Scopo della continua ricerca è la valutazione dell’effetto del pedotipo (insieme delle caratteristiche geologiche del suolo e della morfologia del paesaggio ad esso associato) sulle presentazioni vegeto - produttive e qualitative di alcune varietà di diversa destinazione enologica.

Da un punto di vista climatico ambientale, la zona dei “Colli Piacentini” risulta caratterizzata da condizioni diversificate in modo significativo anche su distanze relativamente brevi per la presenza di conformazioni vallive parallele.

Gli allineamenti vallivi, l’esposizione dei pendii, le depressioni orografiche particolarmente protette dai complessi collinari circostanti, sono fondamentali nel definire tali climi locali.

In linea di massima si può quindi dire che la particolarità dei suoli può dare luogo localmente a sezioni vallive ben esposte all’insolazione e protette dalle correnti atmosferiche più fredde de umide, oppure a climi particolarmente ventosi sui contrafforti collinari e nelle valli maggiormente esposte alle masse d’aria instabili di origine marina.

L’attiva ventilazione che caratterizza il comparto è legata alla circolazione di brezza e interviene sia ostacolando l’accumulo di umidità, sia l’intensità delle gelate.

Le pendenze dei terreni vitati favoriscono la percolazione dell’acqua e la parziale disidratazione del suolo nel periodo di maturazione delle bacche, facilitando il deposito, negli acini, degli zuccheri e delle altre sostanze nobili della qualità.

Le pendenze sono spesso ragguardevoli, per cui i costi di produzione risultano generalmente alti.

Si trovano molti terreni calcarei, poveri di potassio perfettamente adatti agli spumanti, che richiedono uve acide e vini freschi che non <<cascano>> nel tempo.

Ambiente climatico Il clima dell’area di produzione della DOC “Colli Piacentini” è quello temperato subcontinentale,

con temperatura media annua compresa tra 10 e 14,5°C; da uno a tre mesi estivi la temperatura media è superiore a 20°C.

La indicazione generale ha consentito nell’arco di 20 anni l’elaborazione di indici climatici, capaci di determinare i diversi microclimi al fine di definire su basi scientifiche una programmazione viticolo, i vitigni per ogni sottozona.

La collina rispetto alla pianura è soggetta a minori escursioni termiche giornaliere ed annuali.

In questa fascia altimetrica, soprattutto se ci si colloca nelle esposizioni più meridionali e relativamente distanti dai fondovalle, la temperatura media dei mesi più freddi risulta di 1-2°C più alta di quella della pianura, dando così origine ad inverni più umidi e con minore frequenza di gelo.

Anche la temperatura dei mesi estivi risulta inferiore di 1-2°C a quella della pianura in virtù della maggior altitudine e del regime delle brezze, quindi l’estate è meno torrida e siccitosa rispetto alla pianura, con un bilancio idrico conseguentemente meno negativo.

Sotto il profilo pluviometrico l’area viticola del territorio piacentino viene classificata nel regime sublitoraneo appenninico, che si caratterizza con una distribuzione di frequenza che presenta un massimo principale in autunno ed un minimo principale in estate, nonché un massimo secondario primaverile.

Le precipitazioni annuali vanno da un minimo di 700-800 mm nella fascia pedo collinare a circa 1.000-1.100 mm al limite dei 500-600 m di altitudine. In conclusione il clima della fascia collinare si configura meno continentale e più temperato rispetto a quello della pianura e della montagna e, quindi, particolarmente adatto alla coltura della vite.

La difesa altimetrica della prima e media collina, situata indicativamente tra i 200 e i 500 m. di altitudine, seppur ricompresa nel territorio a clima temperato sub continentale e a regime pluviometro sub litoraneo appenninico, presenta una singolarità climatica che la rende particolarmente vocata ad ospitare la viticoltura di qualità.

Questa fascia è collocata al di sopra dello strato atmosferico interessato nel semestre freddo al fenomeno dell’inversione termica tipico della pianura (i primi 100-200 m. s.l.m.) ed è pertanto mediamente soggetta a minori escursioni termiche giornaliere ed annuali.

Poiché inoltre la temperatura media mensile dei mesi più caldi risulta inferiore di 1-2°C a quella della pianura in virtù della sua maggiore elevazione e del regime delle bozze, l’estate è mediamente meno torrida e siccitosa con un bilancio idrico conseguentemente meno negativo.

In quest’ambito si collocano diversi vitigni tra i quali particolarmente importanti e unici della DOC “Colli Piacentini”.

E’ proprio su questi ( Malvasia di Candia aromatica, Barbera e Bonarda) che sono stati fatti i rilievi e i controlli di maggiore interesse.

In particolare l’analisi dei prelievi di uva effettuata su Malvasia di Candia aromatica, Bonarda e Barbera, ha portato alla costruzione di curve di maturazione che permettono di osservare l’evoluzione nel tempo dei componenti acidici e zuccherini della bacca.

Con la continua ricerca, si tenta di affrontare l’argomento spinoso delle differenze comportamentali che si verificano durante la maturazione in ecosistemi differenti, seguendo un itinerario di studio e di comportamento il più possibile integrato, pur perseguendo l’obbiettivo di dare risposte pratiche e convincenti all’ambiente viticolo circa l’individuazione degli abiti ottimali per l’ottenimento di uve di qualità.

Prese in considerazione sei distinte zone dei “Colli Piacentini” (AVT-BVT-AT-BVA-AVA-AVS), diversificate altimetricamente e controllando il comportamento della, Malvasia di Candia aromatica, Barbera e Bonarda, si sono ottenute risposte interessanti.

La disposizione termica della fascia dei territorio collinare “Colli Piacentini”, utili per la coltura della vite viene usualmente sintetizzata dagli indici bioclimatici di Winkler e di Huglin; l’indice di Winkler in questa fascia oscilla tra 1500 e 1800°C con i valori più alti in corrispondenza dei versanti meridionali e delle altitudini inferiori, mentre l’indice di Huglin risulta compreso tra 1800° e 2000°C circa; questo campo di variabilità degli indici corrisponde sperimentalmente alle condizioni migliori di produzione di vitigni piacentini a bacca rossa, quali Barbera e Bonarda.

La fascia altitudinale 200-450 m.s.l.m. del territorio centrale/orientale della provincia di Piacenza è l’area in cui l’indice assume i valori 1600-1700 e risulta centrale nella fascia altitudinale delimitata.

Nell’ambito delle varie ricerche svolte è stato dimostrato infatti che per i vitigni controllati (Barbera e Bonarda ), a parità degli altri fattori ambientali, esiste un optimum termico per fertilità delle gemme e per il grado zuccherino attorno a valori dell’indice di Winkler di 1600-1650 gradi giorno.

Per ottenere prodotti che si distinguono dal punto di vista qualitativo, molto importante è capire e valutare la reazione che il vitigno ha con l’ecosistema nel quale è inserito.

Determinante diventa l’ottimizzazione del rapporto tra vitigno e ambiente, cioè la scelta delle condizioni pedoclimatiche e colturali che consentono a quel vitigno di manifestare appieno le proprie potenzialità genetiche.

L’analisi dei risultati, ottenuti correlando fra loro lo studio dell’evoluzione della maturazione e l’analisi sensoriale, ha permesso di classificare i diversi ambienti geopedoclimatici sulla base della interazione vitigno per ambiente a conferma delle capacità intrinseche della varietà di rispondere in modo differenziato ed estremamente preciso ai condizionamenti ambientali dimostrando di essere uno strumento di monitoraggio ambientale più sensibile rispetto ad una mera descrizione dell’ambiente per quanto sofisticata essa sia.

Per quanto riguarda l’aspetto geopedologico il territorio della collina piacentina, vista la presenza di numerose valli, si presenta con una notevole variabilità.

Infatti i dati riguardanti l’analisi dei terreni evidenziano l’alto contenuto di argilla, con tessitura fine, nei suoli localizzati in Val Tidone dove, peraltro, si riscontra una maggior ricchezza di K rispetto ai suoli della Val D’Arda e delle altre valli centrali della provincia.

In Val Nure e Val Trebbia la maggior parte dei terreni presenta una granulometria con prevalenza di particelle limose con tessitura franco-limosa; una piccola parte presenta una tessitura equilibrata, a medio impasto, mentre un’altra buona parte ha una tessitura argillosa. Il 45% dell’area ha terreni subacidi, il 45% è neutro, mentre il restante 5% è subalcalino.

L’area della Val Chero e della Val D’Arda è caratterizzata da terreni molto eterogenei. Nel 10% dell’area abbiamo suoli argillosi (parte centrale), nel 65% sono presenti suoli a tessitura francolimosa, nella rimanente parte (25%), verso sud sono presenti suoli a tessitura equilibrata o grossolana (a medio impasto, franco sabbiosa e sabbiosa franco).

La forma di allevamento più diffusa è quella a spalliera (Guyot doppio speronato) con l’introduzione, solamente nell’ultimo decennio, di altre forme d’allevamento a cordone permanente.

Nessuna frase di carattere sembra essere stata scritta proprio per la vitivinicoltura piacentina come “Bacchus amat colles”.

Piacenza, nella storia della viticoltura nazionale, rappresenta un caso più unico che raro, racchiudendo nella sua origine, tradizione e vocazione tutti quegli elementi che ne fanno – senza presunzione - il simbolo più completo e più vero dell’”Enotoria tellus”.

2) fattori umani rilevanti per il legame

Piacenza da sempre produce vini ed il vino è coltura e tradizione; Piacenza è “Terra di vini” da epoche remote: hanno impiantato viti i paleoliguri, gli etruschi, i romani; hanno fatto il vino dalle nostre parti i legionari latini, i galli, i celti. Cultura Greca Etrusca

Ma l’origine e la tradizione proviene ed è fondata sulle conoscenze greche: i viticoltori piacentini hanno sempre allevato la vite in forma bassa con le “carasse” (“vinae characatae” di Columella) sostenendo che <<è il palo che fa l’uva>>.

L’antica nobiltà dei vini piacentini è suffragata da tanti reperti e testimonianze uniche e inconfutabili.

E con l’età del ferro, al primo millennio a.C., che gli abitanti delle terre mare palafitticole vicino al Po emigrarono verso le colline piacentine, fondando l’importante centro culturale e termale di Veleja e impiantando le prime viti.

Tra il IV e il II sec. a.C. popolazioni galliche scesero in pianura padana (Gallia Cisalpina) e vi portarono le loro conoscenze vitivinicole, compreso un nuovo modo di conservare il vino e trasportarlo: la botte di legno assai più forte e robusta della terracotta.

Famoso nel mondo è il Fegato Etrusco: ritrovato nel 1877 a Settima di Gossolengo, datato II sec. a.C., è un reperto bronzeo che riproduce l’organo anatomico di un bovino e presenta diverse iscrizioni fra cui quella del dio Fufluns, cioè un’ aruspice di abbondanza e di protezione, sia enoica che salutare.

Gli etruschi erano colti, di carattere mite, il vino nei banchetti, rappresentava un elemento di amicizia e di convivialità, di uso parco non smodato: l’etrusco Saserna, il più noto agricoltore in terra piacentina, nel II sec. a.C. racconta che alla sua tavola si beveva il “Kilkevetra”, il vino di bosco dell’Appennino piacentino.

Cultura Latina

Risalendo del buio di ere così remote, troviamo più vaste e più ricche documentazioni: i numerosi cocci di vasi vinari affiorati in Val Trebbia e in Val Nure, la preziosa patera trovata nel tardo ottocento sulle colline di Bicchignano; il bel vaso metallico decorato a sbalzo con tralci di vite e grappoli d’uva, dissepolto a Veleja nel 1760.

I vini piacentini dovevano essere già più che famosi ai tempi dei romani.

Basta sfogliare i classici latini per scoprire, per esempio, che dei nostri vini parlava perfino Cicerone quando nel Senato di Roma apostrofava il suo avversario e collega piacentino Pisone (padre di Calpurnia, moglie di Giulio Cesare) accusandolo di bere calici troppo grandi di vino di Piacenza.

E’ sicuramente di questo periodo storico, nel massimo splendore dell’Impero Romano, la ricca forgiatura del primo grande bicchiere “gutturnium”.

Invece Licino Sestulo, che preferiva le lodi aperte alle frecciate polemiche, predicava nel Foro che “vinum merum placentium laetificat” cioè che il vino schietto di Piacenza aiuta a rasserenare lo spirito.

Vino dei Papi

Così come amavano i nostri vini per “lo gusto, et la prelibatezza” gli Sforza, il Piccinino ed il Colleoni.

Beveva vini piacentini anche papa Paolo III Farnese “et anco ne mandava a pigliare - come scrive in una sua memoria il dispensiere pontificio Sante Lancerio - anco se fosse a Ferrara et a Bologna”.

Tra un capolavoro e l’altro, si ristorava con i vini dei Colli Piacentini addirittura anche il grande Michelangelo, che li riceveva in botticelle (che poi il grande artista faceva travasare in fiaschi) dal piacentino Giovanni Durante, un faccendiere al quale Buonarroti aveva affidato la riscossione delle gabelle (circa 600 scudi d’oro all’anno) per i traghetti e l’uso del porto sul Po a Piacenza.

Il diritto a gabellare, Michelangelo lo aveva avuto da Papa Paolo III Farnese, finalmente nel 1535 come pagamento degli affreschi della Cappella Sistina.

Nella “De Naturali Vinarum Historia” di Andrea Bacci, edita esalta la qualità dei nostri vini, definendoli “vina valida, synceriora ac multae laudis”.

Vino dei Re

Il celebre generale piacentino conte Felice Gazzola li fece assaggiare a Carlo III di Spagna che gustandoli con soddisfazione esclamò: ”Sono vini eccellenti! Mai ne bevvi di migliori in vita mia”.

Invece Filippo V quasi li esigeva dal suo primo ministro, il piacentino cardinale Giulio Alberoni, il quale li faceva giungere in Spagna in speciali fiasche, attraverso le valige diplomatiche in cui erano

stipati anche il formaggio grana ed i prelibati salumi piacentini.

Antichi documenti e cronache del tempo dimostrano che nella seconda metà del ‘600 i vini piacentini erano esportati in Francia.

Vino Novello

La tradizione enoica della terra piacentina viene esaltata da una <<Grida>> del governatore e magistrato del Comune di Piacenza del 20 settembre 1770, che dettava le norme e i tempi di commercializzazione dell’uva, di mescita e di prezzo del vino giovane della vendemmia, che nel documento era denominato “Novello”: senz’altro la legge mondiale più antica che regolava la commercializzazione del primo vino nuovo dell’annata vendemmiale.

I vini di Piacenza non mancarono neanche all’imperiale mensa di Napoleone che li faceva giungere alla sua corte parigina da Piacenza insieme con una gran quantità di formaggi, coppe e salumi delle nostre terre.

Ma anche Carlo III di Borbone, ultimo duca del suo casato negli antichi stati permensi, si forniva di vino a Piacenza, facendosi fama di grande imprenditore presso gli illustri ospiti a cui li offriva.

Un vino rosso piacentino figurava già nel 1869 in un ristretto gruppo della migliore produzione enoica italiana e rientrava fra quelli esposti in Svizzera e Francia nel 1872.

Per venire a tempi più recenti si può citare una ricchissima aneddotica che vede protagonisti i grandi della musica come Giuseppe Verdi che soleva far dono agli amici milanesi di ottimi vini piacentini.

O come Giacomo Puccini, amico fraterno del poeta arquatese Luigi Illica, librettista di tanti sui capolavori. Poeta e musicista, nei loro incontri di lavoro, si concedevano rare pause durante le quali

- discutendo di armonie e personaggi, di Tosca, Manon o Mimì di accordi e di strofe – sorseggiando i vini piacentini che Illica non si faceva mancare neanche nelle sue numerose trasferte.

Vino di pregio

Nel 1987 l’Office Internationale de la Vigne et du Vin ha insignito Piacenza dell’ambito titolo di “Città Internazionale della Vite e del Vino”, un prestigioso blasone che riconosce l’alta qualità e la nobiltà dei nostri vini.

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico

I vini descritti nel corrente disciplinare presentano caratteristiche che si possono dividere in due aree; per i vini rossi si ha un estratto non riduttore , un grado alcolico complessivo più alto rispettoai vini bianchi che presentano valori leggermente inferiori. La buona fertilità dei terreni delle colline piacentine produce uve con elevato tenore di acido malico rendendoli idonei alla produzione in particolare di vini frizzanti, che per il territorio oggi costituiscono la maggior produzione.

Tuttavia quanto sopra non pregiudica la produzione di vini fermi atti anche ad affinamenti più o meno lunghi.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi della lettera A) e quelli della lettera B)

La produzione attuale rispecchia la tradizione storica documentata sin dall’epoca romana di produzione di vini di qualità atti a tutte le mense in particolare a quelle ricche di condimenti che caratterizzano la gastronomia locale. Tutta la viticultura locale è collocata in area collinare particolarmente vocata in considerazione dell’esposizione e delle caratteristiche dei terreni utilizzati che comunque non superano ca. i 500 metri di altitudine.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni

vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24 – 00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

Mail info@valoritalia.it website www.valoritalia.it

VALORITALIA S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato2.) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

GUTTURNIO

D.O.C.

Decreto 21 luglio 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione vini

 

La denominazione di origine controllata "Gutturnio" obbligatoriamente seguita  da  una  delle  seguenti  menzioni:  frizzante, 

superiore,

classico superiore,

riserva,

classico riserva,

è riservata  ai  vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a denominazione di  origine  controllata  "Gutturnio"  di  cui all'articolo 1 devono essere ottenuti da uve provenienti  da  vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica :

Barbera: dal 55 al 70%;

Croatina (localmente detta Bonarda): dal 30 al 45%;

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione delle uve che possono essere destinate  alla produzione del vino "Gutturnio", è suddivisa in più comprensori  in provincia di Piacenza.

 

I comprensori di  produzione  delle  uve  comprendono  totalmente  il territorio collinare del comune di

Ziano Piacentino

e comprendono  il territorio collinare parziale dei comuni  di: 

Pianello  Val  Tidone, Borgonovo  Val  Tidone,  Castel  San  Giovanni,  Nibbiano,  Agazzano, Piozzano,   Gazzola,   Vigolzone,   Rivergaro,    Ponte    dell'Olio, Castell'Arquato,   Carpaneto   Piacentino,   S.Giorgio    Piacentino, Gropparello, Alseno, Lugagnano Val d'Arda e Vernasca.

 

Il primo comprensorio e' così delimitato:

Partendo dal ponte sul rio Cavo in prossimità del C. Cavo Perletti il limite segue per breve tratto verso sud la strada per San Marzano  ed all'altezza della quota 93 prosegue in direzione ovest, lungo  quella per C. Pradella fino ad incrociare il rio Gambero, segue  quindi  tale corso d'acqua verso nord per circa 700 metri e poi il sentiero che in

direzione nord-ovest raggiunge la strada per Fornaci e prosegue lungo questa  verso  sud-ovest,  attraversa   Fornaci   e   successivamente Casanova, passa  a  sud  di  C. Merlino  e  raggiunge  il  confine  di provincia in prossimità della quota 96.

Segue in direzione sud il confine provinciale fino  a  quota  490  in prossimità  della strada per C. Cereto.

Passata  C. Cereto  imbocca  il canale che scende a quota 427, quindi passando sotto  C. Molinazzo  si identifica con il T. Gualdora fino a C. Procera; prende la carraia  che scende verso C. Pellegrina, C. Aurelio, C. Colombarola fino a quota  316 dove prende verso  sud  lo  stradello  per  C. Pozzolo. 

Prosegue  per C.Erta, C. Rico', risale il rio Rico' fino a quota 332,  sempre  verso sud per C. Chiappadello.

Si identifica con la strada che scende a C. Puliti,  lambisce  a  nord C. Galvani,  attraversa  l'abitato  di  Genepreto,  giunge   per   una carrareccia a C. S. Giorgio, a quota 299, indi sulla strada statale  n. 412 al Km. 65.

Attraversa il T. Tidone, risale la sponda  destra  fino ad incontrare il «Tunnel», si sovrappone ad esso verso  est  passando per l'abitato di Pradaglia e proseguendo fino a quota 248 incrocia il rio Buio; prende la carraia che aggira verso sud C. la  Scabbia,  per quota 339, per immettersi sulla strada di Bilegno.

Segue questa  fino a Casturzano, quindi la carraia per  C.se  Bosco  Quartaro,  per  Ca' dell'Ora, quindi  per  quote  435,  466,  458  a  Gabbiano  Poggiolo, aggirando la Chiesa, verso sud, fino a Case Gramonti.

Aggira sempre verso sud  il  gruppo  di  Case  Gramonti  seguendo  la strada, passa per il canale  verso  est  e  poi  verso  sud  fino  ad incontrare rio di Gazzoli con il quale  si  identifica  fino  a  Case Gazzoli.

Da Case Gazzoli imbocca la strada verso sud  che  oltrepassa il T. Chiarone e la percorre fino al bivio per C. Fontanese, prende  la carraia per Castellaro, passa quote 360, 372, indi  la  strada  verso nord sotto Castellone, poi a destra per C.na Colombara, quota  328  e mantiene la stessa quota fino a il Poggio dei Cavalli.

Da quota  355, sovrapponendosi all'acquedotto comunale sale verso nord a quote  384, 351 fino a C. S. Romeo.

Da qui mantenendo  l'altitudine  di  quota  300  verso  est  fino  ad incrociare la carraia che sale, verso sud, a quota 344  sulla  strada che da Arcello conduce a S. Giustina.

Segue la suddetta strada fino  a quota 262, quindi il torrente Lisone, la carraia che sale a quota 314 quindi per lo stradello che aggira verso sud e poi est  la  località Frassineto fino a quota 341.

Quindi percorre la carraia che scende al rio Valorosa a quota 255 in coincidenza con il  confine  comunale  di

Pianello Val Tidone.

Si identifica con il confine comunale  e  con  il  T. Lisone  fino  ad incontrare il territorio di Agazzano, segue  il  confine  fra  i  due comuni verso est, poi verso sud lungo la strada  di  Massolano,  indi quota 347, fino a prima di Canovetta verso est lungo la  carraia  che porta a quota 391 di C.  dell'Aquila. 

Scende  per  la  strada  e  la carraia che porta a quota 358, al Castello di Boffalora  e  Boffalora sino alla strada provinciale per Agazzano; segue detta strada fino  a prendere verso sud la strada per Verdeto, aggira Verdeto,  attraversa Lanfranco e si rimette sulla strada per Agazzano  arrivando  fino  al bivio per Piozzano.

Prende verso sud la strada per Piozzano.

A quota 231 segue la strada per Lodolina, Misano, quote  255  e  260, Combaie, Ospedale, quote 317 e 282; sempre seguendo la  strada  verso sud, quota 254, Poggio dei Martini, quote 220 e 232, rio Canto, quota 324, Bosco del Papa, seguendo la carraia, quota 406, Moncolo, Case di La', Pomaro, quindi per la strada che scende a Sbasintico, Belvedere,

quota 276.

Quindi verso sud lungo la carraia  e  poi  verso  est  per quota 250, indi sale a la Dolce  seguendo  la  strada  che  sul  lato sinistro risale il T. Luretta passando la Ca' fino  ad  incontrare  il ponticello che oltrepassa il Torrente Luretta di fronte  alla  carraia che sale a quota 375 di Costa dei Boraccia fino al  confine  comunale di Piozzano.

Segue verso nord il confine comunale fino  a  Antugnano, quindi per la carraia che da quota  376  scende,  passando  vicino  a Camposanto, al Guada'.

Dal Guada' si identifica verso nord con il  T. Luretta  fino  a  quota 189, quindi segue il confine del comune di Gazzola fino a  quota  326 in coincidenza con la strada che conduce a  Osteria,  quindi  per  la strada di Rezzanello.

Da Rezzanello prende la  strada  per  Momeliano fino a quota 323, Rio della Dose, quindi la carraia  verso  nord  per

Castel del Vento, quote 207, 315, 300 in prossimità di Ca  di  Siro.

Segue la strada che scende verso nord fino in prossimita' del lago di quota 212, quindi ad est per la carraia di quota 210, poi  Lodino;  a quota 190, prende  la  carraia  verso  est  per  C.se  Ravazzola,  la carraria che supera il rio Gandore a quota  149,  per  C.se  Maruffa, sale a quota 200 di Ca Maruffina, da Galera  risale  il  rio  Gandore

fino a quota 182, passa per Carazza, fino a Monte Raschio.

Da quota 234 per la carraia di Ca' dei Boschi, a quota 221  segue  la carraia che scende alla sorgente del rio Gerosa con cui si identifica verso nord fino a quota 138.

Quindi verso ovest  per  la  carraia  di Bosco Danico fino a  C. Balletta. 

Prende  verso  sud  la  strada  del Castelletto.

A quota 162 verso ovest la carraia verso il rio Gandore, segue il rio Gandore verso la sorgente fino alla carraia  di  C. Valli di sotto, per Ca' del Poggio,  prende  la  carraia  verso  ovest  che unisce quota 142 con quota 143, risale la carraia di quota  164  veso sud fino ad immettersi sullo stradello verso  ovest  per  quota  147, quindi verso sud per la strada di Agazzano fino al ponte sul Luretta.

Ridiscende verso nord il T.Luretta fino a Rivarossa, per quota 134.

Verso sud la carraia per quota 145 (costeggia il lago) per quota 155, Belrespiro, quota 169, Bissone verso est,  quota  140  e  verso  nord seguendo il corso del rio Rivasso fino a oltre  quota  120,  piegando verso ovest per la carraia che porta a quota 152, poi  la  Bottega  e Montebolzone fino alla strada che  conduce  a  Sarturano. 

Prima  del paese si prende la carraia di sinistra che conduce a C. Nuova  Storni, quindi per le Caminaglie di quota 146 proseguendo fino ad  incontrare il rio Frate che, lo risale fino a quota 126,  indi  per  la  carraia verso ovest di Bonfagiolo.

Da quota 152 prosegue fino  ad  incontrare un altro rio che percorre verso nord fino ad identificarsi con il rio che risale verso località Roccolo. Lo risale per  quote  125  e  132 fino a C. delle Gazze, quota 164 e la stradina che  conduce  a  quota 177 e a C. Boriona.

Segue la strada fino a quasi in prossimità di Cantone  per  prendere verso ovest la carraia che in linea retta supera il T. Lisone  fino  a Colombarola, poi verso sud quota 18 1dei Borioni fino ad immettersi e identificarsi con la strada  provinciale  verso  Pianello. 

Segue  la suddetta strada superando il Ponte del Tidone  e all'incrocio  prende la s.s.n. 412 verso nord fino al paese di Borgonovo Val Tidone.

All’entrata del centro urbano di Borgonovo Val Tidone prosegue verso  est per quella di Moretta, l'attraversa e sempre sulla medesima raggiunge in prossimità della  quota  113  rio  Cavo. 

Ridiscende  tale  corso d'acqua fino ad incrociare la strada  per  Castel  San  Giovanni  sul ponte in prossimità di  C. Cavo  Perletti  da  dove  è  iniziata  la delimitazione.

 

Un altro comprensorio è così delimitato:

La linea di  delimitazione  ha  origine  a  nord  al  bivio  di  casa Stradella (quota 145) per poi  seguire,  verso  est,  la  strada  che passando da quota 139 raggiunge il ciglio sinistro del Torrente Nure.

Da qui e proseguendo verso sud, la linea  si  identifica  col  ciglio sinistro del letto del torrente Nure fino al rio Lombardo, lo  risale fino a quota 356, da qui si identifica verso nord  con  la  linea  di quota altimetrica di 350 m. s.l.m. aggirando verso est  Mansano  e  il colle Merlera.

Superato il rio Caiano, si innesta a quota  379  sulla carraia che per quota 342 porta a Iustiano, verso est per la  carraia di  quota  394  fino  a  quota  363  sulla  carraia  che  conduce   a Castelvecchio seguendo, quindi, la carraia che verso ovest  (a  monte della strada del Bagnolo) passa per quote 390, 389,  384,  396,  400, 392 fino a quota 343 nei pressi del fabbricato Scuola,  in  località Larzana, sulla strada del Bagnolo.

Andando  verso  Monte  Romola,  si identifica con detta strada fino ad incrociare verso est  la  carraia che porta a Costanuova, quota 221, incrocia il rio Diara e quindi  lo stradello di Case Rosse, quindi lo stradello  fino  a  quota  170  e, verso est, fino al rio Cassa a quota 169.

Ridiscende il rio fino ad Ancarano di sopra, segue  la  strada  verso Ancarano di sotto fino a quota 146, indi per la carraia che supera il rio Co' e verso est fino a  C.Nuova;  supera  il  rio  Trebbiola  per immettersi, verso sud, sulla carrareccia di Ca Bianca; da  Ca  Bianca arriva fino al rio Finale. Segue verso nord il confine del comune  di

Rivergaro e di Vigolzone col quale la linea  si  identifica  fino  al rivo che scorre a sud di quota 143.

Da qui la linea segue detto  rivo (quote147 e 148) fino ad intersecare la strada provinciale Piacenza - Ponte dell'Olio che segue verso sud fino ad incrociare, prima di Case Brioschi, il rivo; lo segue fino a quota 149, poi segue la strada per Ca' Sgorbati  per  ricongiungersi,  verso  nord,  al  bivio  di  Case Stradella (quota 145), punto di partenza.

 

Un altro comprensorio è così definito:

Partendo, a nord dal trivio di Rizzolo segue la  strada  per  Tollara fino ad incontrare il confine comunale di Ponte dell'Olio a quota 193 in prossimità del rio Ogone. Risale il rio Ogone fino al  ponticello nei pressi della strada comunale a  quota  307.  Prende  la  suddetta strada  che  scende  a  la  Camminata,  prosegue  sulla  strada   per Langorniello, fino a quota 254.

Si identifica con la carraia verso sud per quote 311, 350, 402 scende fino a  quota  357  (I  Vai),  segue  la  curva  di  livello  fino  a raggiungere quota 372, quindi prosegue fino a Ca' Maggi (quota 372) e raggiunge il rio Torbido e scende fino alla s.s.n° 654. 

Indi,  verso nord, per quota 237 e 232 lungo la vecchia strada della ferrovia fino ad incontrare il Rio Cisiaga, quindi per la  strada  provinciale  che conduce prima a Folignano,  poi  Zaffignano,  La  Fratta,  Torrano  e quindi al trivio di Rizzolo da dove si e' partiti.

 

Un altro comprensorio comprende il seguente territorio:

La linea di delimitazione  inizia  al  quadrivio  di  Castell'Arquato (quota 164) per seguire, in senso orario, la strada provinciale  fino a toccare il confine comunale di Castell'Arquato che segue verso nord per breve tratto e precisamente fino a Monte Pozzali (quota 386); qui piega a sud  e  si  inserisce,  costeggiando  il  rivo  ad  ovest  di C. Montegiogo, lungo la strada che scendendo per i Campi, arriva  fino al  bivio  per  Prato  Ottesola,  sulla  strada  Lugagnano  Chiavenna Rocchetta.

Da questo bivio la linea che delimita il territorio segue  la  strada fino a Prato Ottesola, risale quindi il torrente Ottesola  fino  a  i Groppi per costeggiare successivamente e per breve tratto, la  strada che  porta  alla  parrocchia  di Montezago,  poco  prima  di   detta parrocchia, la linea segue la carrareccia  che  scende  nel  torrente Chero.

Risale il torrente Chero sul  ciglio  sinistro  fino  ad  incontrare, verso ovest, la carraia per l'abitato di Faimali che percorre fino ad immettersi,  a  valle  dell'abitato  di  Castellana,   sulla   strada provinciale, verso nord, per Gropparello, raggiungendo, al centro del paese, il trivio per Gusano.

Prende la strada per Gusano,  oltrepassa l'abitato di Gelati, quindi prima di Gusano prende, da quota  451  la strada di crinale per  la  Valle,  continua  la  strada  per  cascina Monterosso, C. Mosconi, Ca' del Bosco, fino al Castello  di  Veggiola.

Scende lungo la strada per Veggiola.

Segue la strada per  quote  215, 206, 201 in prossimità del T. Riglio.

Supera il torrente con la strada che passa quote 205 e 211,  Ronco  e ancora fino a quota 226.

Verso nord prende la carraia  vicino  al  lago per quota 219 e segue il rio Merdaro fino ad incontrare verso est  la

carraia per quote 178, 182, fino a il Boscone.

Quindi lo stradello di C. Bianca, La Zamberta, il Casalino e quota 159 sul  Torrente  Riglio; segue il Riglio fino alla carraia per quota  162  immettendosi  sulla strada per Celleri che poi segue fino al ponte sul rio Terzolo (quota

161); da qui, segue verso nord-est il rio stesso,  indi  il  torrente Vezzeno fino all'altezza di La Boiona Grande per immettersi poi sulla strada per Piacentino che segue fino a circa 175  metri  a  nord  del bivio per case il Poggio.

Da detto punto, la linea, deviando a destra, lungo  Rivoli  raggiunge la carrareccia che porta a Borgo Marta da dove, procedendo verso  sud alla strada, arriva a la Boiona Piccola (quota 145), per  risalire  a nord lungo il rivo che passa per  la  Vigna.  A  metà  distanza  tra queste due cascine, la linea devia a destra  lungo  un  rivo  fino  a raggiungere la strada provinciale per Carpaneto a quota 140.

Da  qui, procedendo ancora verso est, la linea si identifica con la strada per Campagne, indi con la carrareccia per Partitore (quota 141)  fino  ad incrociare la strada per  Bruciate,  segue  per  breve  tratto  detta strada, prosegue lungo la stessa per C. Marere, C. Sasso e C. Masana  di Sopra fino al suo inserimento  sulla  strada  che  conduce  a  Vigolo Marchese (quota 141).

Da questo punto la linea si  identifica  con  la  strada  predetta  e passato Vigolo Marchese  e  San  Antonio,  si  innesta  sulla  strada provinciale Carpaneto Castell'Arquato che segue  verso  sud  fino  al quadrivio di Castell'Arquato (quota 164), punto di partenza.

 

Un altro comprensorio è composto dal seguente territorio:

Partendo, a nord, sulla strada provinciale  di  Alseno  in  localita' Villa  Virginia  (quota   146)   segue   il   confine   comunale   di Castell'Arquato verso sud, supera il R. S. Franca e  il  R. Acqua  Puzza fino a quota 138.

Prende la strada che sale  a  Fellegara,  segue  la sede viaria per C. della Bassa e i  Gasparini  raggiungendo  località

rio Corto sulla strada di Genova. 

Si  identifica  con  detta  strada verso sud fino a località C. Ratta, prende verso sud la  Carraia  che porta al Torrente Ongina.

Si identifica  con  il  ciglio  destro  del Torrente Ongina, verso la pianura, fino a  quota  125,  segue  l'ansa verso est portandosi prima a quota 159, segue la strada dritta ad est di Colle S. Giuseppe fino a quota 186 quindi per la carraia  scende  a quota 182 sul confine comunale di Vernasca.

Segue detto confine  fino al Torrente Stirone.

Risale il ciglio sinistro del Torrente Stirone fino ad incontrare  lo stradello per quota 173 di S. Genesio.

Da S. Genesio si identifica  con la strada dei Trabucchi, prosegue lungo la strada verso  sud  fino  a quota 230. Risale verso nord la carraia per quota 294  fino  a  quota 345,9.

Segue la linea di quota 350 verso sud in senso orario fino  ad incontrare la carraia che scende al rio Spiagge, sempre per la stessa carraia supera il rio e si immette sulla strada  di  Perpiano. 

Sulla stessa prosegue per Perpiano fino ad incontrare il bivio  verso  nord di Pre Nuovo.

Dopo Pre Nuovo, a destra si identifica con la carraia  che  costeggia prima il Rio Gerbino, quindi dopo il lago di sinistra per la  carraia che transita per quote 388, 381, 343, 333,  266  scendendo  verso  il Torrente Ongina.

Percorre il ciglio destro del Torrente  Ongina  fino ad incontrare il rio della Botacca, si identifica verso ovest con  il

rio fino al ponte sulla strada di Genova.

Si identifica,  verso  sud, con detta strada di Genova fino a Case Ongina a quota 241,6.

Risale la carraia verso nord, per i Maronini, prosegue da quota 381,6 lungo il confine  comunale  di  Castell'Arquato  e  lungo  la  strada vicinale di Costa dei Pallastrelli, quindi  per  la  strada  vicinale della Bozzina scende fino a Ca del Riglio  e  arriva  all'abitato  di Pallastrelli.

Dai Palastrelli verso nord, prosegue  lungo  la  strada per Castell'Arquato passando per Ca' Rossa, Fornace,  C. Gravaghi,  La Crocetta. Dopo l'abitato  di  Scartazzini  si  identifica  al  bivio, sempre con la strada comunale per Alseno, passa Villa  S.Lorenzo  per ritornare al punto di partenza in prossimità di Villa Virginia.

II) La zona di produzione delle uve che possono essere destinate alla produzione dei  vini 

"Gutturnio  Classico"  Superiore 

"Gutturnio Classico" riserva

è quella definita dal decreto del Presidente della Repubblica 9 Luglio 1967 ed e' suddivisa in tre comprensori:

A),  B), C)

e comprende totalmente il territorio collinare del comune di

Ziano Piacentino

e  parzialmente  i  territori  collinari  dei  comuni  di:

Borgonovo Val  Tidone,  Castel  San  Giovanni,  Nibbiano,  Vigolzone, Castell'Arquato,  Carpaneto  Piacentino,  Lugagnano  Val   d'Arda   e Gropparello.

In provincia di Piacenza

 

Tale zona è così delimitata:

A) Partendo da ponte sul rio Cavo in prossimità del C. Cavo  Perletti il limite segue per breve tratto verso sud la strada per San  Marzano ed all'altezza della quota 93  prosegue  in  direzione  ovest,  lungo quella per C. Prandella fino  ad  incrociare  il  rio  Gambero,  segue quindi tale corso d'acqua verso nord per circa 700  metri  e  poi  il sentiero che in direzione nord-ovest raggiunge la strada per  Fornaci e  prosegue  lungo  questa  verso  sud-ovest,  attraverso  Fornaci  e successivamente Casanova, passa a sud di  C. Merlino  e  raggiunge  il confine di provincia in prossimità della quota 96.

Segue in direzione sud il confine provinciale ed  in  prossimità di C. Corni (quota 458), all'incrocio con l'acquedotto prosegue verso est per il confine di Ziano Piacentino seguendo la strada che  attraversa San Giorgio, Cesura e quindi il Torrente Gualdora che  discende  fino alla confluenza con il Tidone.

Discende verso est il Torrente  Tidone ed all'altezza del Caseificio Manzella, seguendo il confine  comunale di Nibbiano in direzione ovest raggiunge la strada per Borgonovo  Val Tidone in prossimita' del Km. 57,100 circa.

Segue tale strada verso nord ed alla entrata  del  centro  urbano  di Borgonovo Val Tidone  prosegue  verso  est  per  quella  di  Moretta, l'attraversa e sempre sulla medesima raggiunge in  prossimità  della quota 113 rio Cavo. Ridiscende tale corso d'acqua fino ad  incrociare la strada per Castel San Giovanni sul ponte in prossimità di  C. Cavo

Perletti da dove e' iniziata la delimitazione.

 

B) La linea di delimitazione ha origine a  nord,  al  bivio  di  casa Stradella (quota 145) per poi  seguire,  verso  est,  la  strada  che passando da quota 139 raggiunge il ciglio sinistro del Torrente Nure.

Da qui e proseguendo verso sud, la linea  si  identifica  col  ciglio sinistro del letto  del  Torrente  Nure  fino  al  trivio  per  Ponte dell'Olio - Bagnolo - Albarola (quota 210) per poi  proseguire  sulla strada per Bagnolo fino ad  inserirsi,  poco  prima  dell'abitato  di Bagnolo, sulla carrareccia che passa per le quote  328,  311,  283  e 267. 

Superata  quest'ultima  quota,  la  linea   che   delimita   il territorio, segue ad ovest il  sentiero  che  porta  al  rio  Finale, risale detto rio fino a  quota  226  per  poi,  seguendo  un  rivolo, toccare il confine comunale Vigolzone - Rivergaro col quale la  linea si identifica fino al rivo che scorre a sud di quota 143.

Da qui  la  linea  segue  detto  rivo  (quote  147  e  148)  fino  ad intersecare la strada provinciale  Piacenza  -  Ponte  dell'Olio  che segue verso sud fino ad incrociare, prima di case Brioschi, il  rivo; lo segue fino a quota 149 poi segue la strada per  Ca'  Sgorbati  per ricongiungersi verso nord al bivio di  case  Stradella  (quota  145), punto di partenza.

 

C) La linea di delimitazione inizia al quadrivio  di  Castell'Arquato (quota 164) per seguire in senso orario, la strada provinciale fino a toccare il confine comunale di Castell'Arquato che segue  verso  nord per breve tratto e precisamente fino a Monte Pozzali (quota 386); qui piega a sud  e  si  inserisce,  costeggiando  il  rivo  ad  ovest  di C. Montegiogo, lungo la strada che scendendo per i Campi, arriva  fino al  bivio  per  Prato  Ottesola,  sulla  strada   Lugagnano-Chiavenna Rocchetta.

Da questo bivio la linea che delimita il territorio, segue la  strada fino a Prato Ottesola, risale quindi il Torrente Ottesola  fino  a  i Gruppi per costeggiare successivamente e per breve tratto, la  strada che  porta  alla  parrocchia  di  Montezago,  poco  prima  di   detta parrocchia, la linea segue la carrareccia  che  scende  nel  torrente Chero fino  ad  incontrare  i  limiti  tra  i  comuni  di  Carpaneto, Gropparello e Lugagnano (quota 252).

Da qui la linea si identifica con il confine comunale di  Gropparello - Carpaneto fino a M.Oldo per entrare poi nel territorio comunale  di Gropparello seguendo  la  carrareccia  ed  il  rivo  che  sbocca  nel Torrente Vezzeno a nord di Casa Maschi (quota  224). 

La  linea  dopo aver seguito per breve tratto la strada, a quota 223 ripiega  ad  est lungo un rivo, indi imbocca il sentiero che passa  per  i  Vizzoni  e raggiunta la strada  che  passa  per  C. Cerchiali  e  la  Corona,  la percorre fino a costeggiare il Torrente Vezzeno, che poi segue  verso nord, fino ad incontrare il confine comunale.

Da questo punto la linea percorre a ovest ed a  nord-est  il  confine comunale fino all'altezza del Casalino ove piega a  destra  lungo  il sentiero per la Graffignana (quota  162)  fino  ad  immettersi  sulla strada per Celleri che poi segue fino al ponte sul rio Terzolo  (quota 161); da qui, segue verso nord-est il rio stesso,  indi  il  torrente Vezzeno fino all'altezza di la Boiona Grande per immettersi poi sulla strada per Piacentino che segue fino a circa 175  metri  a  nord  del bivio per case il Poggio.

Da detto punto, la linea, deviando a destra, lungo  rivoli  raggiunge la carrareccia che porta a Borgo Marta da dove, procedendo verso  sud sulla strada, arriva a la Boiona Piccola (quota 145), per risalire  a nord lungo il rivo che passa per  la  Vigna.  A  metà  distanza  tra queste due cascine, la linea devia a destra  lungo  un  rivo  fino  a raggiungere la strada provinciale per Carpaneto a quota 140.

Da qui, procedendo ancora verso est, la linea si  identifica  con  la strada per Campagne, indi con la  carrareccia  per  Partitore  (quota 141) fino ad incrociare la strada per case Bruciate, segue per  breve tratto detta strada, prosegue lungo la strada per C. Marere, C. Sasso e C. Masana di Sopra fino al suo inserimento sulla strada che conduce  a

Vigolo Marchese (quota 141). Da questo punto la linea  si  identifica con la strada predetta e passato Vigolo Marchese e  San  Antonio,  si innesta sulla strada provinciale  Carpaneto  -  Castell'Arquato,  che segue verso sud fino al quadrivio  di  Castell'Arquato  (quota  164), punto di partenza.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di  coltura  dei  vigneti  destinati  alla produzione dei vini a denominazione di  origine  controllata  di  cui all'art. 1 devono essere quelle tradizionali delle zone di produzione di cui all'art. 3 e, comunque, atte a conferire alle uve ed  ai  vini le specifiche tradizionali caratteristiche qualitative.

Per la produzione di tutti i vini a DOC di  cui  all'art.  1  sono pertanto da considerare idonei unicamente i vigneti ubicati  in  zona collinare-pedemontana,   bene   esposti,   su   terreni    argillosi, preferibilmente  di  natura  calcarea  o  calcarea-argillosa,  spesso ferrettizzati, ciottolosi e ghiaiosi.

Per  la  produzione  dei  vini  a  DOC 

"Gutturnio", 

"Gutturnio" Frizzante,

"Gutturnio"  Classico  Superiore, 

"Gutturnio"  Superiore,

"Gutturnio" Riserva 

"Gutturnio"  Classico  Riserva 

non  sono  da considerare idonei i vigneti posti al  di  sopra  dei  350  metri  di altitudine, fatte salve le deroghe per gli appezzamenti bene esposti, vocati e situati ad altitudini anche superiori.

Sono inoltre  esclusi i  vigneti  male  esposti,  rivolti  verso  nord  e   nord-est,   nei fondovalle, in zone umide, nei pressi di fiumi e torrenti;

I sesti d'impianto, le forme di allevamento a spalliera ed i  sistemi di potatura dei  vigneti  (corti,  lunghi  e  misti)  destinati  alla produzione delle uve della denominazione di  origine  controllata  di cui all'art.1 devono essere quelli generalmente usati e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

E' vietata ogni pratica di forzatura. 

E'  ammessa  l'irrigazione  di soccorso per un massimo di due volte all'anno prima dell'invaiatura.

I vigneti di nuovo impianto e di reimpianto devono essere composti da almeno

3.000 ceppi ad ettaro per tutte le tipologie di vino .

La resa massima di  uva  per  ettaro  in  coltura  specializzata  dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all'art.  1,  i  rispettivi  titoli  alcolometrici volumici naturali minimi, devono essere i seguenti:

 

GUTTURNIO: 12,00 t/ha, 11,50% vol.;

GUTTURNIO SUPERIORE: 10,00 t/ha, 12,00% vol.;

GUTTURNIO CLASSICO SUPERIORE: 10,00 t/ha,12,00% vol.;

GUTTURNIO RISERVA: 10,00 t/ha,12,50% vol.;

GUTTURNIO CLASSICO RISERVA:10,00 T/HA,12,50% VOL.

 

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei  vini  a  denominazione  di  origine  controllata "Gutturnio" devono essere riportati nei limiti di cui sopra,  purché la produzione globale non superi del 20%  i  limiti  medesimi,  fermi restando i limiti resa uva-vino per i quantitativi di cui trattasi al comma successivo.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il  consumo,  non deve essere superiore al 70%.

Dal  70  all'80  l'eccedenza  non  può essere rivendicata come denominazione di origine  controllata. 

Oltre l' 80% decade per tutto il prodotto il diritto alla denominazione  di origine controllata.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di  vinificazione,  compreso  la  presa  di  spuma,  la rifermentazione   in    bottiglia    o    in    grandi    recipienti, l'invecchiamento, l'affinamento in bottiglia e l'imbottigliamento  di tutti i vini a denominazione di origine  controllata  "Gutturnio"  di cui all'art.1, con esclusione delle  tipologie  "Gutturnio"  classico Superiore e "Gutturnio" Classico Riserva, debbono  essere  effettuati in provincia di Piacenza salvo quanto specificatamente  previsto  nel presente articolo.

E'  consentito  di  effettuare  le  operazioni  di vinificazione compreso la  presa  di  spuma,  la  rifermentazione  in

bottiglia o in grandi recipienti, l'invecchiamento, l'affinamento  in bottiglia e l'imbottigliamento di tutti i  vini  a  DOC  “Gutturnio” negli stabilimenti delle ditte site nel comune di  Rovescala  ad  est del torrente Bardoneggia in provincia di Pavia.

Per i vini a DOC  "Gutturnio"  Classico  Superiore  e  "Gutturnio" Classico  Riserva  le  operazioni  di  vinificazione,  invecchiamento obbligatorio, affinamento in bottiglia  ed  imbottigliamento  debbono avvenire nell'ambito del territorio di cui all'art. 3  paragrafo  II.

E' consentito di effettuare le predette operazioni negli stabilimenti situati nel comune di Rovescala ad est del torrente  Bardoneggia,  in provincia di Pavia.

Tuttavia le  operazioni  di  imbottigliamento  dei  vini  "Gutturnio" Classico Superiore e  "Gutturnio"  Classico  Riserva  possono  essere autorizzate dal  Ministero  per  le  politiche  agricole  -  Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione  delle  denominazioni  di origine e  delle  indicazioni  geografiche  tipiche  dei  vini  -  su richiesta di  ditte  situate  al  di  fuori  del  territorio  di  cui all''art. 3 paragrafo II, sempre che tali stabilimenti  abbiano  sede

in provincia di Piacenza.

Sono fatte salve le autorizzazioni in deroga ad imbottigliare  al  di fuori della  zona  di  produzione,  rilasciate  dal  Ministero  delle Politiche agricole alimentari e forestali alle Ditte interessate  per la  corrispondente  sottozona  "Gutturnio"  Classico  della  DOC   di provenienza "Colli Piacentini", ai sensi del  relativo  disciplinare, modificato da ultimo con il decreto 30 giugno 1998.

Nella vinificazione sono ammesse le pratiche enologiche tradizionali, leali e costanti, pur tenendo opportunamente conto degli  adeguamenti tecnologici e della ricerca atte a  conferire  ai  vini  derivati  le peculiari caratteristiche.

La denominazione di origine controllata  dei  vini  "Gutturnio"  può essere utilizzata per  designare  il  vino  frizzante  Gutturnio  (ad esclusione di quelli designati con le menzioni Classico  superiore  e Classico  riserva,  superiore  e  riserva),   che   rispondono   alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare.

 

Articolo 6

Caratteristiche al cinsumo

 

I vini di cui all'art.1 all'atto della immissione al  consumo  devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

"Gutturnio":

colore: rosso rubino brillante di varia intensità;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: asciutto o abboccato, fresco, giovane, tranquillo;

residuo zuccherino massimo: 17 gr/l.

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  12,00%  vol.;

residuo zuccherino massimo: 17,00 gr/l;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

"Gutturnio" frizzante

Spuma: vivace ed evanescente;

colore: rosso rubino brillante di varia intensità';

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: asciutto o abboccato, fresco, vivace, giovane;

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  12,00%  vol.; 

residuo zuccherino massimo: 17 gr/l;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

"Gutturnio" superiore e "Gutturnio" classico superiore:

colore: rosso rubino intenso;

profumo : caratteristico;

sapore: asciutto, tranquillo, fine, di corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo : 24,00 g/l.

 

"Gutturnio" riserva e "Gutturnio" Classico riserva:

colore: rosso rubino intenso su fondo granata;

profumo: gradevole;

sapore: asciutto, tranquillo, armonico, di corpo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo  svolto:  13,00 %  vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo : 24,00 g/l.

 

E' in facoltà del Ministero per le  politiche  agricole  -  Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione  delle  denominazioni  di origine  e  delle  indicazioni  geografiche  tipiche   dei   vini   - modificare, con proprio decreto,  per  i  vini  di  cui  al  presente disciplinare, i limiti minimi sopra indicati per la acidità  totale e l'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

La menzione "classico" e' consentita per i vini a DOC  "Gutturnio" superiore e "Gutturnio" riserva  ottenuti  esclusivamente  dalle  uve provenienti dai vigneti ubicati  nella  zona  di  produzione  di  cui all'art. 3 comma II del presente disciplinare.

La  menzione  "superiore"  e'  consentita  per  il  vino   a   DOC "Gutturnio", prodotto nel rispetto del presente disciplinare,  avente

un titolo alcolometrico volumico minimo naturale  e  al  consumo  del 12,50% vol.,

immesso  al  consumo  dopo  il  1° Aprile  dell'anno successivo a quella della vendemmia.

La menzione "riserva" e' consentita per il vino  a  DOC  “Gutturnio”non designabile con la citata menzione "superiore", avente

un  titolo alcolometrico volumico naturale minimo e al consumo del 13,00%  vol.,

che abbia subito un invecchiamento e affinamento di  almeno  24  mesi

(di cui 6 in recipienti di legno) 

a  decorrere  dal  1° Settembre dell'anno di produzione delle uve.

La menzione "classico superiore" o "classico riserva", "superiore"  o "riserva" devono figurare immediatamente al di sotto  della  menzione specifica  tradizionale  obbligatoria,  "denominazione   di   origine controllata" ed avere caratteri di stampa di altezza non superiore  a quella della menzione "Gutturnio" ma non inferiore alla  metà  della stessa.

La menzione di vigna  seguita  dal  toponimo,  per  tutti  i  vini  a denominazione di origine controllata "Gutturnio", deve essere scritta immediatamente  al  di  sotto  della  scritta  denominazione  origine controllata con caratteri di stampa di altezza,  forma  e  dimensione non superiore a "Gutturnio".

Tali  vini  debbono  essere  immessi  al consumo finale solo in recipienti di capacità inferiore a 5 litri  e solo tranquilli.

Alla denominazione di origine controllata di cui all'art.1 è  vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare,  ivi  compresi  gli  aggettivi:  extra,  fine, scelto, selezionato, vecchio e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano  riferimento a nomi, ragioni  sociali,  marchi  privati,  non  aventi  significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Le  indicazioni  tendenti  a  specificare   la   attività   agricola dell'imbottigliatore quali: viticoltore,  fattoria,  tenuta,  podere, cascina ed altri termini  similari,  sono  consentite  in  osservanza delle disposizioni UE e nazionali in materia.

In considerazione  della  consolidata  tradizione  e'  consentita  la commercializzazione di vino, avente residuo  zuccherino  superiore  a quanto previsto dal presente disciplinare, necessario alla successiva fermentazione  naturale  in  bottiglia,  con   la   dicitura   DOC  "Gutturnio" purché detto prodotto sia  confezionato  in  contenitori non a tenuta di pressione di capacità da 10 a 60 litri.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

Il vino a denominazione di origine controllata "Gutturnio"  superiore e "Gutturnio" Classico superiore può essere immesso al consumo  solo in bottiglie di vetro tipo bordolese di capacità  0,375  -  0,750  - 1,500 - 3,000 - 5,000 litri e solo dopo il primo  Aprile  dell'annata successiva a quella della vendemmia.

Il vino con  la  denominazione  di  origine  controllata  "Gutturnio" riserva e Classico riserva deve essere immesso  al  consumo  solo  in bottiglie di vetro tipo bordolese di capacità 0,375 - 0,750 -  1,500 - 3,000 - 5,000 litri,  dopo  almeno  24  mesi  di  invecchiamento  e affinamento (di cui  almeno  6  mesi  in  legno)  a  partire  dal  1° Settembre dell'annata di produzione delle uve.

Per tutti i vini a denominazione di origine  controllata  "Gutturnio" è obbligatorio apporre sull'etichetta l'indicazione  dell'annata  di produzione delle uve.

Per i vini a Denominazione di origine  Controllata  "Gutturnio"  sono ammesse tutti i tipi di chiusure previste dalla  norma  ad  eccezione dei tappi a corona, di quelli in plastica e salvo quanto previsto dal presente articolo.

I tappi in plastica sono ammessi esclusivamente per i contenitori  da 10 a 60 litri non a tenuta di pressione.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) informazioni sulla zona geografica

1) fattori naturali rilevanti per il legame

Vocazionalità ambiente e terreno

Per Piacenza, tradizione enologica e priorità nella cura del vigneto sono due pilastri su cui si fonde la conoscenza e l’immagine dei vini DOC “Colli Piacentini”.

Da qui il grande impegno dei viticoltori, delle proprie associazioni e degli istituti di ricerca verso studi sulla vocazionalità territoriale alla viticoltura e al vitigno e sul miglioramento delle tecniche e delle operazioni di

elaborazione e vinificazioni dei vini.

Significative le ricerche svolte dall’Istituto di Viticoltura dell’Università Sacro Cuore di Piacenza dal 1988 al 1991 e dal Consorzio di Tutela in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole dal 1993 al 1995.

I metodi di indagine utilizzata presentano degli aspetti innovativi che si basano sull’elevato grado di interdisciplina dello studio dell’interazione <<genotipo per ambiente>>. Scopo della continua ricerca è la valutazione dell’effetto del pedotipo (insieme delle caratteristiche geologiche del suolo e della morfologia del paesaggio ad esso associato) sulle presentazioni vegeto - produttive e qualitative di alcune varietà di diversa destinazione enologica.

Da un punto di vista climatico ambientale, la zona di produzione del Gutturnio risulta caratterizzata da condizioni diversificate in modo significativo anche su distanze relativamente brevi per la presenza di conformazioni vallive parallele.

Gli allineamenti vallivi, l’esposizione dei pendii, le depressioni orografiche particolarmente protette dai complessi collinari circostanti, sono fondamentali nel definire tali climi locali.

In linea di massima si può quindi dire che la particolarità dei suoli può dare luogo localmente a sezioni vallive ben esposte all’insolazione e protette dalle correnti atmosferiche più fredde de umide, oppure a climi particolarmente ventosi sui contrafforti collinari e nelle valli maggiormente esposte alle masse d’aria instabili di origine marina.

L’attiva ventilazione che caratterizza il comparto è legata alla circolazione di brezza e interviene sia ostacolando l’accumulo di umidità, sia l’intensità delle gelate.

Le pendenze dei terreni vitati favoriscono la percolazione dell’acqua e la parziale disidratazione del suolo nel periodo di maturazione delle bacche, facilitando il deposito, negli acini, degli zuccheri e delle altre sostanze nobili della qualità. Le pendenze sono spesso ragguardevoli, per cui i costi di produzione risultano generalmente alti.

Ambiente climatico

Il clima dell’area di produzione della Doc Gutturnio è quello temperato subcontinentale, con temperatura media annua compresa tra 10 e 14,5°C; da uno a tre mesi estivi la temperatura media è superiore a 20°C.

La indicazione generale ha consentito nell’arco di 20 anni l’elaborazione di indici climatici, capaci di determinare i diversi microclimi al fine di definire su basi scientifiche una programmazione viticolo, i vitigni per ogni sottozona.

La collina rispetto alla pianura è soggetta a minori escursioni termiche giornaliere ed annuali.

In questa fascia altimetrica, soprattutto se ci si colloca nelle esposizioni più meridionali e relativamente distanti dai fondovalle, la temperatura media dei mesi più freddi risulta di 1-2°C più alta di quella della pianura, dando così origine ad inverni più umidi e con minore frequenza di gelo.

Anche la temperatura dei mesi estivi risulta inferiore di 1-2°C a quella della pianura in virtù della maggior altitudine e del regime delle brezze, quindi l’estate è meno torrida e siccitosa rispetto alla pianura, con un bilancio idrico conseguentemente meno negativo.

Sotto il profilo pluviometrico l’area viticola del territorio piacentino viene classificata nel regime sublitoraneo appenninico, che si caratterizza con una distribuzione di frequenza che presenta un massimo principale in autunno ed un minimo principale in estate, nonché un massimo secondario primaverile.

Le precipitazioni annuali vanno da un minimo di 700-800 mm nella fascia pedo collinare a circa 1.000-1.100 mm al limite dei 500-600 m di altitudine. In conclusione il clima della fascia collinare si configura meno continentale e più temperato rispetto a quello della pianura e della montagna e, quindi, particolarmente adatto alla coltura della vite.

La difesa altimetrica della prima e media collina, situata indicativamente tra i 200 e i 500 m. di altitudine, seppur ricompresa nel territorio a clima temperato sub continentale e a regime pluviometro sub litoraneo appenninico, presenta una singolarità climatica che la rende particolarmente vocata ad ospitare la viticoltura di qualità.

Questa fascia è collocata al di sopra dello strato atmosferico interessato nel semestre freddo al fenomeno dell’inversione termica tipico della pianura (i primi 100-200 m. s.l.m.) ed è pertanto mediamente soggetta a minori escursioni termiche giornaliere ed annuali.

Poiché inoltre la temperatura media mensile dei mesi più caldi risulta inferiore di 1-2°C a quella della pianura in virtù della sua maggiore elevazione e del regime delle bozze, l’estate è mediamente meno torrida e siccitosa con un bilancio idrico conseguentemente meno negativo.

Con la continua ricerca, si tenta di affrontare l’argomento spinoso delle differenze comportamentali che si verificano durante la maturazione in ecosistemi differenti, seguendo un itinerario di studio e di comportamento il più possibile integrato, pur perseguendo l’obbiettivo di dare risposte pratiche e convincenti all’ambiente viticolo circa l’individuazione degli abiti ottimali per l’ottenimento di uve di qualità.

Prese in considerazione sei distinte zone delle colline Piacentine (AVT-BVT-AT-BVA-AVAAVS), diversificate altimetricamente e controllando il comportamento sia Barbera e croatina che di altri vini, si sono ottenute risposte interessanti. La disposizione termica della fascia dei territorio collinare, utili per la coltura della vite viene usualmente sintetizzata dagli indici bioclimatici di Winkler e di Huglin; l’indice di Winkler in questa fascia oscilla tra 1500 e 1800°C con i valori più alti in corrispondenza dei versanti meridionali e delle altitudini inferiori, mentre l’indice di Huglin

risulta compreso tra 1800° e 2000°C circa; questo campo di variabilità degli indici corrisponde sperimentalmente alle condizioni migliori di produzione di vitigni piacentini a bacca rossa, quali Barbera e Bonarda.

La fascia altitudinale 200-450 m. s.l.m. del territorio centrale/orientale della provincia di Piacenza è l’area in cui l’indice assume i valori 1600-1700 e risulta centrale nella fascia altitudinale delimitata.

Nell’ambito delle varie ricerche svolte è stato dimostrato infatti che per i vitigni controllati (Barbera e Bonarda per il vino Gutturnio), a parità degli altri fattori ambientali, esiste un optimum termico per fertilità delle gemme e per il grado zuccherino attorno a valori dell’indice di Winkler di 1600-1650 gradi giorno.

Per ottenere prodotti che si distinguono dal punto di vista qualitativo, molto importante è capire e valutare la reazione che il vitigno ha con l’ecosistema nel quale è inserito.

Determinante diventa l’ottimizzazione del rapporto tra vitigno e ambiente, cioè la scelta delle condizioni pedoclimatiche e colturali che consentono a quel vitigno di manifestare appieno le proprie potenzialità genetiche.

L’analisi dei risultati, ottenuti correlando fra loro lo studio dell’evoluzione della maturazione e l’analisi sensoriale, ha permesso di classificare i diversi ambienti geopedoclimatici sulla base della interazione vitigno per ambiente a conferma delle capacità intrinseche della varietà di rispondere in modo differenziato ed estremamente preciso ai condizionamenti ambientali dimostrando di essere uno strumento di monitoraggio ambientale più sensibile rispetto ad una mera descrizione dell’ambiente per quanto sofisticata essa sia.

Per quanto riguarda l’aspetto geopedologico il territorio della collina piacentina, vista la presenza di numerose valli, si presenta con una notevole variabilità.

Infatti i dati riguardanti l’analisi dei terreni evidenziano l’alto contenuto di argilla, con tessitura fine, nei suoli localizzati in Val Tidone dove, peraltro, si riscontra una maggior ricchezza di K rispetto ai suoli della Val D’Arda e delle altre valli centrali della provincia.

In Val Nure e Val Trebbia la maggior parte dei terreni presenta una granulometria con prevalenza di particelle limose con tessitura franco-limosa; una piccola parte presenta una tessitura equilibrata, a medio impasto, mentre un’altra buona parte ha una tessitura argillosa. Il 45% dell’area ha terreni subacidi, il 45% è neutro, mentre il restante 5% è subalcalino.

L’area della Val Chero e della Val D’Arda è caratterizzata da terreni molto eterogenei. Nel 10% dell’area abbiamo suoli argillosi (parte centrale), nel 65% sono presenti suoli a tessitura francolimosa, nella rimanente parte (25%), verso sud sono presenti suoli a tessitura equilibrata o grossolana (a medio impasto, franco sabbiosa e sabbiosa franco).

La forma di allevamento più diffusa è quella a Guyot doppio

Nessuna frase di carattere sembra essere stata scritta proprio per la vitivinicoltura piacentina come “Bacchus amat colles”.

Piacenza, nella storia della viticoltura nazionale, rappresenta un caso più unico che raro, racchiudendo nella sua origine, tradizione e vocazione tutti quegli elementi che ne fanno – senza presunzione - il simbolo più completo e più vero dell’”Enotoria tellus”.

2) fattori umani rilevanti per il legame

Piacenza da sempre produce vini e ed il vino è coltura e tradizione; Piacenza è “Terra di vini” da epoche remote: hanno impiantato viti i paleoliguri, gli etruschi, i romani; hanno fatto il vino dalle nostre parti i legionari latini, i galli, i celti.

Cultura Greca Etrusca

Ma l’origine e la tradizione proviene ed è fondata sulle conoscenze greche: i viticoltori piacentini hanno sempre allevato la vite in forma bassa con le “carasse” (“vinae characatae” di Columella) sostenendo che “è il palo che fa l’uva”.

L’antica nobiltà dei vini piacentini è suffragata da tanti reperti e testimonianze uniche e inconfutabili.

E con l’età del ferro, al primo millennio a.C., che gli abitanti delle terre mare palafitticole vicino al Po emigrarono verso le colline piacentine, fondando l’importante centro culturale e termale di Veleja e impiantando le prime viti.

Tra il IV e il II sec. a.C. popolazioni galliche scesero in pianura padana (Gallia Cisalpina) e vi portarono le loro conoscenze vitivinicole, compreso un nuovo modo di conservare il vino e trasportarlo: la botte di legno assai più forte e robusta della terracotta.

Famoso nel mondo è il Fegato Etrusco (trovasi nel museo di Palazzo Farnese a Piacenza): ritrovato nel 1877 a Settima di Gossolengo, datato II sec. a.C., è un reperto bronzeo che riproduce l’organo anatomico di un bovino e presenta diverse iscrizioni fra cui quella del dio Fufluns, cioè un’ aruspice di abbondanza e di protezione, sia enoica che salutare.

Gli etruschi erano colti, di carattere mite, il vino nei banchetti, rappresentava un elemento di amicizia e di convivialità, di uso parco non smodato: l’etrusco Saserna, il più noto agricoltore in terra piacentina, nel II sec. a.C. racconta che alla sua tavola si beveva il “Kilkevetra”, il vino di bosco dell’Appennino piacentino.

La presenza degli etruschi, però, anche a Piacenza, è segnata da importanti ritrovamenti archeologici: molti dei quali parlano della vite e di vino.

La presenza degli etruschi, però, anche a Piacenza, è segnata da importanti ritrovamenti archeologici: molti dei quali parlano della vite e di vino.

Attribuibili al periodo fra il XX e il VII sec., a.C., l’epoca dei primi insediamenti fissi delle terramare palafitticole piacentine, durante scavi archeologici svolti nel 1862, a Castione Marchesi e a Montata dell’Orto, furono ritrovati diverse viti fossili, vinaccioli, patere, pedali di natura e origine senz’altro pre - romana.

La presenza di radici fossilizzate di vitis vinifera sativa costituirebbe un elemento fondamentale per testimoniare la coltura della pianta di vite domestica, non selvatica, anche se a quell’epoca l’uva era sicuramente utilizzata solo come alimento diretto e coltivato in modo promiscuo.

Cultura Latina

Risalendo del buio di ere così remote, troviamo più vaste e più ricche documentazioni: i numerosi cocci di vasi vinari affiorati in Val Trebbia e in Val Nure, la preziosa patera trovata nel tardo ottocento sulle colline di Bicchignano; il bel vaso metallico decorato a sbalzo con tralci di vite e grappoli d’uva, dissepolto a Veleja nel 1760.

I vini piacentini dovevano essere già più che famosi ai tempi dei romani.

Basta sfogliare i classici latini per scoprire, per esempio, che dei nostri vini parlava perfino Cicerone quando nel Senato di Roma apostrofava il suo avversario e collega piacentino Pisone (padre di Calpurnia, moglie di Giulio Cesare) accusandolo di bere calici troppo grandi di vino di Piacenza.

E’ sicuramente di questo periodo storico, nel massimo splendore dell’Impero Romano, la ricca forgiatura del primo grande bicchiere “gutturnium”.

Invece Licino Sestulo, che preferiva le lodi aperte alle frecciate polemiche, predicava nel Foro che “vinum merum placentium laetificat” cioè che il vino schietto di Piacenza aiuta a rasserenare lo spirito.

Il Gutturnium

Il reperto enoico più importante in terra piacentina, però è senz’altro il famoso vaso o boccale o coppa denominata “gutturnium” riaffiorato, o meglio casualmente pescato, fra le sabbie limacciose del Po a Croce S. Spirito nel 1878, da un fortunato quanto ignaro pescatore.

Il boccale d’argento originale riccamente lavorato, con manico, è tuttora conservato nel museo capitolino di Roma.

Il gutturnium può essere definito il primo “taste vin” del mondo.

Il gutturnium veniva riempito di vino e a turno i commensali, a fine cena, bevevano il sorso dell’amicizia; quello che in epoca storica successiva qualcuno definirà “bicchiere della staffa”, cioè l’ultima bevuta prima di partire a cavallo, con i piedi già infilati nella staffa della sella.

Sulla viticoltura di collina e montagna piacentina, il santo irlandese Colombano, ebbe una grande influenza.

A Bobbio, in alta Val Trebbia, fondò prima del VII secolo l’ordine monastico che per sette secoli governò e istruì le popolazioni montane alla coltivazione dei campi, ma soprattutto della vite.

Indici di nobiltà dei vini piacentini ne troviamo un po' ovunque nella storia.

Particolarmente ricca di documenti, disegni e riferimenti antichi, datati dall’anno 789 al 1310, è la raccolta e gli scritti che ricordano le misure e vari tipi di contenitori del vino piacentino.

Sappiamo che, verso la fine del Duecento, “un vino alettissimo che si faceva sui colli di Piacenza” veniva esportato in Francia.

Quasi duecento anni dopo, la corte viscontea gradiva “di molto” gli omaggi di vino piacentino che le venivano inviati dai nobili feudatari.

Vino dei Papi

Così come amavano i nostri vini per <<lo gusto, et la prelibatezza>> gli Sforza, il Piccinino ed il Colleoni.

Beveva vini piacentini anche papa Paolo III Farnese “et anco ne mandava a pigliare - come scrive in una sua memoria il dispensiere pontificio Sante Lancerio - anco se fosse a Ferrara et a Bologna”.

Tra un capolavoro e l’altro, si ristorava con i vini dei Colli Piacentini addirittura anche il grande Michelangelo, che li riceveva in botticelle (che poi il grande artista faceva travasare in fiaschi) dal piacentino Giovanni Durante, un faccendiere al quale Buonarroti aveva affidato la riscossione delle gabelle (circa 600 scudi d’oro all’anno) per i traghetti e l’uso del porto sul Po a Piacenza.

Il diritto a gabellare, Michelangelo lo aveva avuto da Papa Paolo III Farnese, finalmente nel 1535 come pagamento degli affreschi della Cappella Sistina.

Nella “De Naturali Vinarum Historia” di Andrea Bacci, edita esalta la qualità dei nostri vini, definendoli “vina valida, synceriora ac multae laudis”.

Vino dei Re

Il celebre generale piacentino conte Felice Gazzola li fece assaggiare a Carlo III di Spagna che gustandoli con soddisfazione esclamò: ”Sono vini eccellenti! Mai ne bevvi di migliori in vita mia”.

Invece Filippo V quasi li esigeva dal suo primo ministro, il piacentino cardinale Giulio Alberoni, il quale li faceva giungere in Spagna in speciali fiasche, attraverso le valige diplomatiche in cui erano stipati anche il formaggio grana ed i prelibati salumi piacentini.

Antichi documenti e cronache del tempo dimostrano che nella seconda metà del ‘600 i vini piacentini erano esportati in Francia.

Vino di pregio

Ma arriviamo al presente che fa pienamente onore ad un così illustre passato.

Un vino rosso piacentino di <<pregio>> nel 1911, ottenne un riconoscimento e un premio speciale all’Esposizione Internazionale di Torino, fra i migliori 18 prodotti nazionali presenti.

Il Ministero dell’Agricoltura, nella stesura del primo elenco di vini “tipici e di pregio” nel 1914,

elencava a questo importante rango un <<Rosso>> profumato fruttato, di corpo pieno, nobile, prodotto nel piacentino, senza ombra di dubbio il capostipite dei vini rossi piacentini, “Il Gutturnio”.

Nel 1941 sulla G.U. viene pubblicato un D.M. con annessa tabella dei vini di pregio, tra cui il Ggutturnio

Nel 1987 l’Office Internationale de la Vigne et du Vin ha insignito Piacenza dell’ambito titolo di “Città Internazionale della Vite e del Vino”, un prestigioso blasone che riconosce l’alta qualità e la nobiltà dei nostri vini.

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente oesclusivamente attribuibili all’ambiente geografico

L’origine geologica dei suoli caratterizzati da alta presenza di argilla e limo e la piovosità media della zona inducono una buona vigoria della vite, stemperata dalla ricorrente siccità estiva e dalle temperature utili piuttosto elevate ( indice Huglin 1800-2000 ) sono premesse per un buon accumulo di zuccheri unitamente ad elevate concentrazioni di acido tartarico e malico. Premesse per produrre vini base atti alla rifermentazione e dunque alla produzione del Gutturnio frizzante.

L’aumento medio delle temperature osservato negli ultimi 15 anni è direttamente correlato con l’aumento della frazione tannica soprattutto sul vitigno Croatina e all’aumento del grado alcolimetrico potenziale del Barbera.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi della lettera A) e quelli della lettera B)

L’interazione tra clima, suolo e le pratiche colturali del territorio piacentino si esprimono nella diversificazione del vino prodotto. Barbera e Bonarda fanno misurare indici di maturazione diversa soprattutto il funzione dell’esposizione e dell’altezza sul livello del mare.

La frazione polifenolica delle uve e dei vini è funzione anche della tecnica colturale che prevede densità d’impianto medio alte.

Il Gutturnio delle zone più calde viene di norma presentato nelle versioni superiore o riserva grazie ad un maggior contenuto in alcool e della frazione polifenolica.

Nelle zone più alte dove il contenuto acidico è più elevato e la gradazione zuccherina delle uve è più contenute si ottengono vini base ideali per la rifermentazione per la produzione di Gutturnio frizzante.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24 – 00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

Mail info@valoritalia.it website www.valoritalia.it

VALORITALIA S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

ORTRUGO DEI COLLI PIACENTINI

ORTRUGO – COLLI PIACENTINI

D.O.C.

Decreto 21 luglio 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 12 luglio 2013

Modificato Decreto 28 ottobre 2013

Modificato Decreto 07 marzo 2014

Modifica Decreto 7 novembre 2014

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione vini

 

 

La denominazione di origine controllata del vino “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” (anche nella tipologia frizzante e spumante) è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.  

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

 

I vini a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”di cui all’articolo 1 devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti , in ambito aziendale, dalla varietà

Ortrugo per almeno il 90 %;

possono concorrere le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatiche, idonee alla coltivazione in Emilia-Romagna, fino ad un massimo del 10%.  

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione delle uve idonee alla produzione del vino a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”, comprende il territorio a vocazione viticola delle colline piacentine ed include, in provincia di Piacenza, l’intero territorio amministrativo di:

Caminata (escluso le isole amministrative in provincia di Pavia), Nibbiano, Pianello Val Tidone, Piozzano, Ziano Piacentino,

ed in parte il territorio amministrativo dei comuni di:

Agazzano, Alseno, Bettola, Bobbio, Borgonovo Val Tidone, Carpaneto Piacentino, Castell’Arquato, Castel San Giovanni, Coli, Gazzola, Gropparello, Lugagnano Val d’Arda, Pecorara, Ponte dell’Olio, Rivergaro, San Giorgio Piacentino, Travo, Vernasca e Vigolzone.

 

Tale zona è così delimitata:

Partendo dall’entrata sud nel centro abitato di Borgonovo Val Tidone, il limite segue verso ovest la strada per Moretta e, superata costera Moretta all’incrocio con il R. Torto, risale verso nord tale corso d’acqua ed all’ansa successiva la quota 91 all’altezza di Polesera, segue verso nord–ovest per la strada che conduce a C.na Montezella. Da C.na Montezella segue quindi la strada che, in direzione nord–ovest, raggiunge C. Cavo Perletti sulla strada per Castel San Giovanni: prosegue quindi lungo tale strada verso sud per breve tratto e, all’altezza della quota 93 segue, in direzione ovest, quella per C. Perduta e C. Pradella fino al R. Gambero per proseguire poi lungo tale corso d’acqua verso nord per circa 700 metri e seguire poi il sentiero che in direzione nord–ovest raggiunge la strada per Fornaci: lungo questa verso sud–ovest attraversa Fornaci quindi Casanova e, proseguendo, passa a sud di C. Merlino e raggiunge il confine della provincia in prossimità della quota 96 sul T. Bardonezza.

Segue, in direzione sud, il confine provinciale attraversa il lago di Trebecco e, proseguendo sempre sul confine provinciale in direzione sud–ovest, raggiunge, a quota 779, il Roccone, nel comune di Nibbiano; segue quindi la strada verso nord per Cà dei Giorgio (quota 653) e da tale località segue verso sud e poi est la carrareccia per la Cà dei Follini. Da questa località prosegue verso sud–est per la strada che attraversa Cà Bazzari e, a quota 683 segue quella per Lazzarello, attraversando prima la quota 753 e, superato Lazzarello, raggiunge proseguendo sempre verso sud, prima Cà di Lazzarello, poi case Bianchi, sul proseguimento arriva alla quota 665, laddove la strada incrocia il corso d’acqua che confluisce nel rio della Fornace dell’Aia, a quota 550, segue quindi, da quota 665, prima l’affluente e poi quest’ultimo corso d’acqua sino alla confluenza nel T. Tidoncello Merlingo, lungo il quale risale verso nord–est sino alla confluenza a quota 388, con il T. Tidoncello di Sevizzano.

Da quota 388 risale il Torrente Tidoncello e, a sud di Marzonago. Prosegue in direzione est per il rio Sereno, toccando le quote 493 e 532, dove raggiunge la strada per Sevizzano; prosegue lungo questa in direzione sud, costeggia il centro abitato di Sevizzano ad ovest e segue verso est la strada per C. Saliceto (quote 695).

Da C. Saliceto segue la strada in direzione nord–est fino a raggiungere a quota 708 il confine comunale di Piozzano. Prosegue lungo questi in direzione sud sino ad incrociare quello di Travo a quota 801, segue quindi quest’ultimo confine in direzione sud–est ed alla quota 681, all’incrocio con la strada per Scarniago, prosegue verso nord–est, lungo questa attraversa il centro abitato di Scarniago e proseguendo raggiunge Madellano segue verso nord e poi est la strada che, passando per le quote 560, 554, 477, incrocia quella per Chiosi; prosegue lungo quest’ultima verso sud, toccando i centri abitati di Termine Grosso e Pietra e raggiunge poi, a quota 671, nuovamente il confine comunale di Travo; discende lungo questi in direzione sud ed in località Cappaia, all’altezza di Ronda Nera, lascia il confine per seguire verso ovest il sentiero che attraversa le quote 389, 405, 439 ed a quota 445 incrocia la strada per Parcellara, segue tale strada verso nord–ovest e raggiunge Parcellara da dove segue verso ovest il fosso affluente di sinistra del Rio Dorba; dalla confluenza risale, per breve tratto, il rio Dorba; ed a quota 337 risale verso ovest un affluente di destra del medesimo corso d’acqua fino ad incrociare la strada per Freddezza; percorre questa verso sud ed all’altezza di Cosenzio, in prossimità della quota 372, segue verso ovest la strada che passa a nord di Freddezza, tocca quota 410, attraversa Marumoni (quota 435) e raggiunge Nosia (quota 429).

Da Nosia segue il sentiero per Areglia toccando le quote 434, 438, 416 e da Areglia prosegue per la carrareccia che attraversa case il Poggio e raggiunge la strada per Gobbi: prosegue lungo questa per il breve tratto (250 metri) verso sud e quindi nella stessa direzione per il sentiero che tocca le quote 416, 430, attraversa rio del Gatto e raggiunge Cà del Bosco (quota 497).

Da Cà del Bosco segue, in direzione sud–est, il sentiero che attraversa la quota 526 e raggiunge alle pendici occidentali di M. Spanna la strada per Mezzano Scotti; prosegue nella stessa direzione lungo tale strada per Mezzano Scotti; prosegue nella stessa direzione lungo tale strada fino ad incrociare, superato C. Muggione, l’acquedotto (331).

Prosegue lungo quest’ultima strada verso ovest ed all’incrocio con il rio della Lubbia (quota 359) segue il sentiero in direzione ovest fino all’incrocio con la strada per Centomerli, risale questa verso nord per breve tratto e, all’altezza della quota 469, prosegue verso ovest e sud–ovest per il sentiero che passa a sud della quota 519; attraversa le quote 503, 535 e, sul proseguimento per una retta, raggiunge la strada per Degara: su tale strada prosegue verso ovest, attraversa il fosso delle Lubbie e, dopo circa 500 metri, prende il sentiero per Cà Borelli (quota 581) e quindi quello in direzione sud attraverso C. Mazucca e, sul proseguimento verso sud e sud–ovest, passando a sud di C. Vignola, raggiunge C. Pegni inferiore (quota 562).

Indi segue la strada in direzione ovest toccando Villa Vegni, C. Sermase e Valle per raggiungere la S.S. 461 in prossimità del Km 52,300; discende verso sud lungo questa ed a Campore prende la strada che in direzione nord incrocia a quota 496 il rio d’Assalto; discende questo corso di acqua verso sud fino alla confluenza con il T. Bobbio (quota 359) per proseguire poi lungo il sentiero che costeggia tale corso d’acqua in direzione est, e giunto alla quota 336, prosegue verso sud–ovest lungo il sentiero che raggiunge la strada per C. Fontanini; prosegue lungo questa verso sud–est toccando le quote 515, 477 e, alla quota 490 (C. Piani), prosegue in direzione est per il sentiero che tocca la quota 317 e raggiunge, a quota 321, la strada per Bobbio: prosegue lungo questa verso sud e passando ad ovest di C. Biase segue verso est per il sentiero che attraverso la quota 490 raggiunge la strada per C. Riva in prossimità della quota 446, percorre tale strada verso sud, raggiunge rio Riva e quindi verso nord–est segue il sentiero e raggiunge quota 456 per piegare poi in direzione sud–est raggiungendo il fiume Trebbia: risale tale corso d’acqua includendo San Salvatore e quindi seguendo il confine del comune di Bobbio, raggiunge al Km 90 la S.S. di Val Trebbia n. 45.

Prosegue verso nord lungo tale strada e, alla quota 325 (Km 90) segue, in direzione est, una retta immaginaria che incontra la strada per Coli alla quota 585 sul confine comunale di Bobbio; prosegue verso nord lungo tale confine fino a Poggio Pianone incrociando un affluente di destra del fiume Trebbia, lo discende verso nord e, all’incrocio con la strada per C. Costa (quota 475), prosegue nella stessa direzione lungo questa raggiungendo C. Costa (quota 494). Da quota 494, segue verso nord il sentiero che, attraversando il fosso degli Aregli, raggiunge C. Mezza Cappella a quota 399 da dove prosegue verso nord–est per il sentiero che attraversa il fosso degli Armanni e poi piegando a nord–ovest, raggiunge C. Nuova (quota 400) e poi, a quota 356, il fosso che discende dal M. del Lago e confluisce nel Trebbia.

Da quota 356, il fosso che discende dal M. del Lago e confluisce nel Trebbia. Da quota 356 discen-de questo corso d’acqua e raggiunge il Trebbia per discenderlo poi verso nord fino al ponte di Barberino (quota 242). Prosegue lungo S.S. Val Trebbia e, dopo circa un chilometro verso est a quota 248, risale il rio Scabbiazza e, a quota 430, prosegue verso nord per il sentiero che raggiunge Scabbiazza. Da Scabbiazza segue verso nord la strada per Roncaiolo toccando le quote 429, 381, 366, 352; da quest’ultima quota risale, verso sud–est, il fosso affluente del Trebbia e, in prossimità della sorgente, prosegue per il sentiero che in direzione nord–ovest raggiunge Roncaiolo.

Da Roncaiolo prosegue in direzione sud-est per il sentiero che conduce a Costa Camminata e, superata la quota 424, incrocia nuovamente il confine comunale di Bobbio lungo il quale prosegue verso est e nord–est e, all’incrocio con il rio Secco, discende il corso d’acqua per circa 200 metri per prendere poi, verso est, il sentiero e quindi la strada per Ponte di Sopra che supera per seguire in prossimità della quota 290 il sentiero che verso est raggiunge il rio Armelio (quota 274). Risale questi verso sud sino alla quota 520, all’incrocio con la strada per Boioli: segue tale strada verso est fino a Casazza toccando le quote 533, 528, 546 e 567. Da Casazza prosegue verso sud sul sentiero che raggiunge quota 509 e, sul proseguimento nella stessa direzione, incrocia il rio Cane: discende quindi tale corso d’acqua e, alla quota 337, all’incrocio con la strada per Villanova, prosegue verso sud per tale strada. Dopo circa un chilometro alla quota 367, prosegue ad ovest per quella che attraversa Scagliotti e raggiunge Costa Rodi (quota 533).

Da Costa Rodi segue verso sud il sentiero e poi la strada che in prossimità del ponte Verbucone incrocia quella per Biasini, prosegue su quest’ultima, attraversa Biasini e, sul proseguimento verso est, raggiunge il ponte sul Torrente Perino, risale verso nord tale corso d’acqua e, poco dopo M. Vecchio, segue la strada per Bacchetti verso est, passando per la circonvallazione sud (quota 426 e

 

 

 

 

 

Risale quest'ultimo corso d'acqua  e,  al  ponte  sulla strada per Carignone (Km 18,200),  segue  verso  est  e  nord-est  la strada che attraversa Guidi, Rustigazzo, Costa, Vicanino,  Osteria  a C. Bosconi; al Km 1,900 circa prosegue per il confine di Lugagnano Val d'Arda in direzione sud-est fino  a  raggiungere  il  t.Arda.

Risale questo corso d'acqua verso sud ed attraversato  longitudinalmente  il lago di Mignano, in direzione sud il corso d'acqua affluente del lago che incrocia  la  strada  rivierasca  in  prossimita'  del  Km  9  e, risalendo sempre questo corso d'acqua,  incrocia  presso  Levori,  il sentiero che, passando per quota 444, raggiunge in direzione  nord  e 441), su tale strada prosegue verso est per quella che porta alle case Moline e, proseguendo su quest’ultima, in direzione nord, passa ad est di Bocito e Belito fino a raggiungere a quota 598 case Matteo, da dove, per il sentiero verso ovest raggiunge il confine comunale di Travo.

Prosegue poi lungo questi in direzione nord fino a raggiungere la quota 656, nei pressi di M. Viserano, da dove, in direzione sud–est segue il sentiero che tocca la quota 614 e raggiunge Grilli; da Grilli segue verso est la strada per Cassinari e, proseguendo sulla medesima verso sud–est, raggiunge Torria e poi in direzione sud C. Invaga e, superata la quota 580, ad est di La Lama, raggiunge il bivio per la cava di pietra: dal bivio prosegue verso ovest lungo la strada per C. Mole che supera ed all’incrocio con il T. Olza discende questi verso est sino al ponte in prossimità della quota 323. Dal ponte segue verso sud la strada per breve tratto e poi il sentiero che, in direzione sud–ovest, attraversa le quote 351 e 457 per andare ad incrociare, alla quota 505, la strada per San Bernardino e lungo questa raggiunge tale centro abitato.

Da San Bernardino segue verso est la strada per Selva, l’attraversa e, proseguendo raggiunge rio Barbarone (quota 514); ridiscende tale corso d’acqua e, alla confluenza nel rio dell’Osteria, risale quest’ultimo fino ad incrociare la strada in prossimità di C. Osteria: segue tale strada in direzione ovest e a C. Sartori prosegue sempre verso ovest fino a raggiungere Vigolo toccando la quota 608: da Vigolo segue una linea spezzata immaginaria verso nord–est facendo vertica Castelnardo e raggiungendo poi C. Zani (quota 544) da dove prosegue per la strada che raggiunge quella per Padri; all’incrocio prosegue lungo tale strada in direzione est attraversa Padri, Gragnano di Sotto, e proseguendo verso sud, raggiunge Riglio.

Da Riglio prosegue in direzione sud per la strada che raggiunge Busa e poi Poggio da dove segue il sentiero in direzione sud–ovest raggiungendo Generesso: prosegue poi verso sud–est lungo la strada che raggiunge, a quota 407, il T. Riglio da dove risale verso nord–est per quella che raggiunge Montechino in direzione sud–est, segue la strada per Groppo Visdomo da dove verso est per la strada che costeggia le Rocche, raggiunge il rio Freddo a sud di Pierfrancesco, superata Cavadipietra: risale quest’ultimo corso d’acqua e, al ponte sulla strada per Carignone (Km 18,200), segue verso est e nord–est la strada che attraversa Guidi, Rustigazzo, Costa, Vicanino, Osteria a C. Bosconi; al Km 1,900 circa prosegue per il confine di Lugagnano Val d’Arda in direzione sud–est fino a raggiungere il t. Arda: risale questo corso d’acqua verso sud ed attraversato longitudinalmente il lago di Mignano, in direzione sud il corso d’acqua affluente del lago che incrocia la strada rivierasca in prossimità del Km 9 e, risalendo sempre questo corso d’acqua, incrocia presso Levori, il sentiero che, passando per quota 444, raggiunge in direzione nord e poi est l’abitato di Levori, in direzione est, segue la strada per Corti, costeggiando a sud–est il centro abitato, per seguire poi verso nord–est il sentiero a mezza costa dell’impluvio del lago di Mignano, sentiero che tocca le quote 465, 479, 514 e, a nord–ovest di M. Vidalto, raggiunge la miniera da dove segue la strada verso nord per Vitalta.

Da Vitalta segue verso est la strada per Segadello e dopo breve tratto in direzione nord il sentiero per C. Farina e quindi verso nord–est la strada per Alessandroni e per Gallosi ed alla quota 471 quella che raggiunge la strada per Vernasca alla quota 465: segue quest’ultima verso est attraversando Ranca, Comini, Burgazzi, Silvani e poi all’incrocio con l’affluente del T. Stirone in prossimità del Km 10,100, ridiscende tale corso d’acqua fino alla confluenza raggiungendo così il confine di provincia. Risale verso nord–est tale confine che per buona parte si identifica con il T. Stirone e, poco dopo averlo allontanato, raggiunge la strada per Fornio (quota 124).

Segue tale strada per nord-ovest toccando la Persica e C. Lolini fino ad incrociare, alla quota 155, la strada per Castelnuovo Fogliani e proseguire poi lungo questa, in direzione nord, raggiungendo il centro abitato. Da Castelnuovo Fogliani segue, in direzione nord–ovest, la strada che passa per Santa Maria di Latte e attraversato il R. Grattarolo raggiunge quella per Alseno (quota 89). Da quota 89 prosegue verso sud–ovest per Castell’Arquato e, prima di giungere a Villa San Lorenzo alla quota 146 (Km 1,900 circa) segue verso nord–ovest la strada per Cinta Anguissola che supera e raggiunge il T. Arda, prosegue lungo questi per circa un chilometro verso nord e all’altezza della strada per la Sforzesca la segue verso ovest, raggiunge la Sforzesca e verso nord C. Nuove Remondini da dove prende la strada in direzione ovest per torre Gazzola, che raggiunge.

Da Torre Gazzola segue, in direzione nord–ovest, il sentiero che incrocia la strada per Doppi, lungo questa prosegue verso sud–ovest toccando Giarola e verso sud Vigostano, da dove, in direzione ovest segue la strada che raggiunge quella per Vigolo Marchese al Km 21,300 circa; quindi lungo questa, verso nord–ovest, raggiunge il ponte sull’affluente del T. Chiavenna in prossimità del Km 20,500; risale il corso d’acqua in direzione sud sino ad incrociare la strada per Bastida e lungo questa verso nord–ovest, attraversa Bastida, Castello Turca di Sopra, Piacentino, e all’uscita di quest’ultimo, segue la strada che, piegando verso sud porta a C. Il Poggio, all’altezza delle quali (quota 134) segue verso sud il sentiero fino a raggiungere la cappella sul greto del T. Vezzeno.

Risale quindi il corso d’acqua ed all’altezza di Torre Confalonieri prosegue verso ovest per quella che si immette in prossimità del Km 3 nella strada per Cimafava percorre quest’ultima verso nord per circa 200 metri e quindi, verso ovest, prosegue per quella che attraversa C. Nuova Riva e raggiunge il T. Riglio: ridiscende tale corso d’acqua verso nord ed al ponte delle C. del Riglio segue verso ovest la strada per Godi e, al Km 4 piega verso sud–ovest, attraversa Rizzolo, Torrano e raggiunge La Fratta da dove segue verso ovest, la strada per M. dei Fiaschi e, nella stessa direzione, il sentiero che raggiunge il T. Nure e quindi il confine comunale di Vigolzone: prosegue verso nord–est lungo tale confine ed all’altezza di Stradella segue verso ovest la strada per questo centro abitato.

Da Stradella segue la strada verso sud fino a Cà Sgorbati e quindi verso ovest quella per M. Italia (quota 149) da dove prosegue verso ovest per il canale che, raggiunge la strada per Grazzano Visconti che segue per circa 400 metri verso nord e prosegue poi, in direzione ovest, lungo il canale, toccando le quote148 e 147 per incontrare il confine comunale di Vigolzone. Segue verso sud tale confine per breve tratto ed all’incrocio con rio della Bosella discende tale corso d’acqua sino ad incontrare la strada per Niviano (quota 127). Segue questa verso ovest, raggiunge Niviano, lo attraversa e per la S.S. n. 45, in direzione sud giunge a Rivergaro.

Da Rivergaro prosegue verso ovest per la strada del greto del fiume, raggiunge il Trebbia e quindi il confine comunale di Rivergaro lungo il quale prosegue verso ovest e poi verso nord fino alla quota 114, a sud–ovest di C. Buschi sul greto del fiume Trebbia.

Da quota 114 segue, verso nord–ovest, la sponda di sinistra del corso d’acqua fino all’abitato sud di Rivalta Trebbia per proseguire in direzione nord–ovest, lungo la strada per la scuola e, poco prima di giungervi, alla quota 132, segue quella verso ovest per Gazzola. Attraversa in direzione nord il centro abitato e, alla quota 136, segue verso ovest la strada per C. Vecchia ed alla quota 131, sul confine comunale di Gazzola, prosegue nella stessa direzione lungo il canale che affluisce nel T. Luretta alla quota 127; ridiscende il T. Luretta fino a C. Nuova ed alla quota 122 segue la strada verso ovest per Rivasso da dove prosegue prima verso nord e poi verso ovest per quella che conduce a Sarturano.

In uscita nord da Sarturano (quota 134) segue in direzione nord-ovest la strada per Mirabello e prima di giungervi a La Palazzina, prosegue per quella che conduce a Grintorto, che supera a nord per seguire la strada che in direzione nord–ovest raggiunge il greto del T. Tidone. Risale tale corso d’acqua fino all’altezza di Fabbiano per seguire poi lungo la strada che in direzione nord–ovest e passando per la quota 143 raggiunge il centro abitato, lo attraversa fino ad incrociare ad Osteriazza la S.S. n. 142; prosegue lungo questa in direzione nord fino a raggiungere il borgo abitato di Borgonovo Val Tidone da dove è iniziata la delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all’art. 1 devono essere quelle tradizionali delle zone di produzione di cui all'art. 3 e, comunque, atte a conferire alle uve ed ai vini le specifiche tradizionali caratteristiche qualitative.

Per la produzione di tutti i vini a DOC “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” sono pertanto da considerare idonei unicamente i vigneti ubicati in zona collinare–pedemontana, bene esposti, su terreni argillosi, preferibilmente di natura calcarea o calcarea–argillosa, spesso ferrettizzati, ciottolosi e ghiaiosi.

I sesti d'impianto, le forme di allevamento a spalliera ed i sistemi di potatura dei vigneti (corti, lunghi e misti) destinati alla produzione delle uve della denominazione di origine controllata di cui all'art.1 devono essere quelli generalmente usati e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

È vietata ogni pratica di forzatura.

È ammessa l'irrigazione di soccorso per un massimo di due volte all’anno prima dell'invaiatura.

I vigneti di nuovo impianto e di reimpianto devono essere composti da almeno 3.000 ceppi ad ettaro per tutte le tipologie di vino.

La resa massima di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all'art. 1, i rispettivi titoli alcolometrici volumici naturali minimi e le rese massime di uva in vino finito, devono essere i seguenti:  

 

ORTRUGO: 12,00 t/ha, 10,50% vol.

 

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” devono essere riportati nei limiti di cui sopra, purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva-vino per i quantitativi di cui trattasi al comma successivo.

La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%.

Dal 70 all'80 l'eccedenza non può essere rivendicata come denominazione di origine controllata.

Oltre l’ 80% decade per tutto il prodotto il diritto alla denominazione di origine controllata.

Le uve destinate alla produzione dei vini spumanti a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” debbono assicurare

un titolo alcolometrico minimo totale naturale del 9,50% vol.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione, compreso la  presa  di  spuma,  la rifermentazione  in bottiglia o in grandi recipienti, l'invecchiamento, l'affinamento in bottiglia e l'imbottigliamento  di tutti i vini a denominazione di origine controllata

Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” di cui all'art.1, debbono essere effettuati in provincia di Piacenza salvo quanto specificatamente previsto nel presente articolo.

È consentito di effettuare le operazioni di vinificazione compreso la presa di spuma, la rifermentazione in bottiglia o in grandi recipienti, l'invecchiamento, l'affinamento in bottiglia e l'imbottigliamento di tutti i vini a DOC “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” negli stabilimenti delle ditte site nel comune di Rovescala ad est del torrente Bardoneggia in provincia di Pavia.

Conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento o il condizionamento deve aver luogo nella predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità o la reputazione o garantire l’origine o assicurare l’efficacia dei controlli.

È in facoltà del Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali su richiesta delle ditte interessate, consentire che le operazioni di vinificazione dei vini “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”, siano effettuate in stabilimenti siti nel comune di Santa Maria della Versa e Rovescala, in Provincia di Pavia.

Nella vinificazione sono ammesse le pratiche enologiche tradizionali, leali e costanti, pur tenendo opportunamente conto degli adeguamenti tecnologici e della ricerca atte a conferire ai vini derivati le peculiari caratteristiche.

La denominazione di origine controllata dei vini “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” può essere utilizzata per designare il vino spumante ottenuto con mosti o vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti previsti, dal presente disciplinare, per i vini omonimi.

Le operazioni di spumantizzazione dei predetti vini della denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” sia con il metodo classico o tradizionale che in grandi recipienti chiusi, devono essere effettuate in stabilimenti siti nell'ambito della provincia di Piacenza e negli stabilimenti siti nel comune di Rovescala in provincia di Pavia.

La denominazione di origine controllata dei vini “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” può essere utilizzata per designare il vino frizzante che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all'art.1 all'atto della immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”:

colore: paglierino chiaro tendente al verdognolo;

profumo: delicato, caratteristico;

sapore: secco o abboccato, retrogusto amarognolo, tranquillo; 

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00%  vol.; 

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” frizzante:

spuma: vivace ed evanescente;

colore: paglierino chiaro tendente al verdognolo;

profumo:  delicato, caratteristico;

sapore: secco o abboccato, fresco, fine,  gradevole  con  retrogusto  amarognolo; 

residuo zuccherino massimo 17 gr/lt

titolo alcolometrico volumico totale minimo:  11,00%  vol.; 

residuo zuccherino massimo 17,00 gr/l;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: paglierino chiaro tendente al verdognolo;

profumo:  delicato, caratteristico;

sapore: da Brut a Dry ,  retrogusto  amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

E' in facoltà del Ministero per le politiche agricole  -  Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione  delle  denominazioni  di origine  e  delle  indicazioni  geografiche  tipiche   dei   vini - modificare, con proprio decreto,  per  i  vini  di  cui  al  presente disciplinare, i limiti minimi sopra indicati per la acidità totale e l'estratto secco netto.

 

Articolo 7

Norme per la vinificazione

 

La menzione di vigna seguita dal toponimo, per tutti i vini a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”, deve essere scritta immediatamente al di sotto della scritta “denominazione origine controllata” con caratteri di stampa di altezza, forma e dimensione non superiore al nome della denominazione di origine.

Tali vini debbono essere immessi al consumo finale solo in recipienti di capacità inferiore a 5 litri e solo tranquilli.

Alla denominazione di origine controllata di cui all'art.1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto, selezionato, vecchio e similari.

È tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell'imbottigliatore quali: viticoltore, fattoria, tenuta, podere, cascina ed altri termini similari, sono consentite in osservanza delle disposizioni UE e nazionali in materia.

In considerazione della consolidata tradizione è consentita la commercializzazione di vino, avente residuo zuccherino superiore a quanto previsto dal presente disciplinare, necessario alla successiva fermentazione naturale in bottiglia, con la dicitura DOC “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” purché detto prodotto sia confezionato in contenitori non a tenuta di pressione di capacità da 10 a 60 litri.

 

Articolo 8

Etichettatura e presentazione

Per tutti i vini a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”, è obbligatorio apporre sull'etichetta l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.  

Per i vini a Denominazione di origine Controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” sono ammesse tutti i tipi di chiusure previste dalla norma ad eccezione dei tappi a corona di quelli in plastica e salvo quanto previsto dal presente articolo.

I tappi in plastica sono ammessi esclusivamente per i contenitori da 10 a 60 litri non a tenuta di pressione.

Per la tipologia “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” frizzante è consentito l’uso del tappo a fungo.

I tappi in plastica sono ammessi esclusivamente per i contenitori da 10 a 60 litri non a tenuta di pressione

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) informazioni sulla zona geografica

1) fattori naturali rilevanti per il legame

Vocazionalità ambiente e terreno

La zona di produzione delle uve comprende gran parte del territorio collinare ed include i comuni di Caminata, Nibbiano, Pianello Val Tidone, Piozzano, Ziano Piacentino. In parte i comuni di Borgonovo Val Tidone , Agazzano, Alseno, Bettola, Bobbio, Carpaneto Piacentino, Castell’Arquato, Castel S.Giovanni, Coli, Gazzola, Gropparello, Lugagnano Val D’Arda, Pecorara, Pontedell’Olio, Rivergaro, S. Giorgio Piacentino, Travo, Vernasca e Vigolzone.

Per Piacenza, tradizione enologica e priorità nella cura del vigneto sono due pilastri su cui si fonde la conoscenza e l’immagine dei vini DOC “Colli Piacentini”.

Da qui il grande impegno dei viticoltori, delle proprie associazioni e degli istituti di ricerca verso studi sulla vocazionalità territoriale alla viticoltura e al vitigno e sul miglioramento delle tecniche e delle operazioni di elaborazione e vinificazioni dei vini.

Significative le ricerche svolte dall’Istituto di Viticoltura dell’Università Sacro Cuore di Piacenza dal 1988 al 1991 e dal Consorzio di Tutela in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole dal 1993 al 1995.

I metodi di indagine utilizzata presentano degli aspetti innovativi che si basano sull’elevato grado di interdisciplina dello studio dell’interazione “genotipo per ambiente”.

Scopo della continua ricerca è la valutazione dell’effetto del pedotipo (insieme delle caratteristiche geologiche del suolo e della morfologia del paesaggio ad esso associato) sulle presentazioni vegeto - produttive e qualitative di alcune varietà di diversa destinazione enologica.

Da un punto di vista climatico ambientale, la zona risulta caratterizzata da condizioni diversificate in modo significativo anche su distanze relativamente brevi per la presenza di conformazioni vallive parallele.

Gli allineamenti vallivi, l’esposizione dei pendii, le depressioni orografiche particolarmente protette dai complessi collinari circostanti, sono fondamentali nel definire tali climi locali.

In linea di massima si può quindi dire che la particolarità dei suoli può dare luogo localmente a sezioni vallive ben esposte all’insolazione e protette dalle correnti atmosferiche più fredde de umide, oppure a climi particolarmente ventosi sui contrafforti collinari e nelle valli maggiormente esposte alle masse d’aria instabili di origine marina.

L’attiva ventilazione che caratterizza il comparto è legata alla circolazione di brezza e interviene sia ostacolando l’accumulo di umidità, sia l’intensità delle gelate.

Le pendenze dei terreni vitati favoriscono la percolazione dell’acqua e la parziale disidratazione del suolo nel periodo di maturazione delle bacche, facilitando il deposito, negli acini, degli zuccheri e delle altre sostanze nobili della qualità. Le pendenze sono spesso ragguardevoli, per cui i costi di produzione risultano generalmente alti.

Si trovano molti terreni calcarei, poveri di potassio perfettamente adatti agli spumanti, che richiedono uve acide e vini freschi che non <<cascano>> nel tempo.

 

Ambiente climatico

Il clima dell’area di produzione della Doc “Colli Piacentini” è quello temperato subcontinentale, con temperatura media annua compresa tra 10 e 14,5°C; da uno a tre mesi estivi la temperatura media è superiore a 20°C.

La indicazione generale ha consentito nell’arco di 20 anni l’elaborazione di indici climatici, capaci di determinare i diversi microclimi al fine di definire su basi scientifiche una programmazione viticolo, i vitigni per ogni sottozona.

La collina rispetto alla pianura è soggetta a minori escursioni termiche giornaliere ed annuali. In questa fascia altimetrica, soprattutto se ci si colloca nelle esposizioni più meridionali e relativamente distanti dai fondovalle, la temperatura media dei mesi più freddi risulta di 1-2°C più alta di quella della pianura, dando così origine ad inverni più umidi e con minore frequenza di gelo.

Anche la temperatura dei mesi estivi risulta inferiore di 1-2°C a quella della pianura in virtù della maggior altitudine e del regime delle brezze, quindi l’estate è meno torrida e siccitosa rispetto alla pianura, con un bilancio idrico conseguentemente meno negativo. Sotto il profilo pluviometrico l’area viticola del territorio piacentino viene classificata nel regime sublitoraneo appenninico, che si caratterizza con una distribuzione di frequenza che presenta un massimo principale in autunno ed un minimo principale in estate, nonché un massimo secondario primaverile.

Le precipitazioni annuali vanno da un minimo di 700-800 mm nella fascia pedo collinare a circa 1.000-1.100 mm al limite dei 500-600 m di altitudine. In conclusione il clima della fascia collinare si configura meno continentale e più temperato rispetto a quello della pianura e della montagna e, quindi, particolarmente adatto alla coltura della vite.

La difesa altimetrica della prima e media collina, situata indicativamente tra i 200 e i 500 m. di altitudine, seppur ricompresa nel territorio a clima temperato sub continentale e a regime pluviometro sub litoraneo appenninico, presenta una singolarità climatica che la rende particolarmente vocata ad ospitare la viticoltura di qualità.

Questa fascia è collocata al di sopra dello strato atmosferico interessato nel semestre freddo al fenomeno dell’inversione termica tipico della pianura (i primi 100-200 m.s.l.m.) ed è pertanto mediamente soggetta a minori escursioni termiche giornaliere ed annuali.

Poiché inoltre la temperatura media mensile dei mesi più caldi risulta inferiore di 1-2°C a quella della pianura in virtù della sua maggiore elevazione e del regime delle bozze, l’estate è mediamente meno torrida e siccitosa con un bilancio idrico conseguentemente meno negativo.

In quest’ambito si collocano diversi vitigni tra i quali particolarmente importanti e unici della DOC “Colli Piacentini”.

E’ proprio su questi (Ortrugo, Malvasia di Candia aromatica, Barbera e Bonarda) che sono stati fatti

i rilievi e i controlli di maggiore interesse.

In particolare l’analisi dei prelievi di uva effettuata su Ortrugo, Malvasia di Candia aromatica, Bonarda e Barbera, ha portato alla costruzione di curve di maturazione che permettono di osservare l’evoluzione nel tempo dei componenti acidici e zuccherini della bacca.

Con la continua ricerca, si tenta di affrontare l’argomento spinoso delle differenze comportamentali che si verificano durante la maturazione in ecosistemi differenti, seguendo un itinerario di studio e di comportamento il più possibile integrato, pur perseguendo l’obbiettivo di dare risposte pratiche e convincenti all’ambiente viticolo circa l’individuazione degli abiti ottimali per l’ottenimento di uve di qualità.

Prese in considerazione sei distinte zone dei “Colli Piacentini” (AVT-BVT-AT-BVA-AVA-AVS), diversificate altimetricamente e controllando il comportamento dell’Ortrugo, Malvasia di Candia aromatica, Barbera e Bonarda, si sono ottenute risposte interessanti.

L’Ortrugo è un vitigno che accumula molto zucchero ma, nel contempo, mostra la più bassa acidità, al contrario del Barbera che raggiunge livelli acidi sempre elevati.

La disposizione termica della fascia dei territorio collinare “Colli Piacentini”, utili per la coltura della vite viene usualmente sintetizzata dagli indici bioclimatici di Winkler e di Huglin; l’indice di Winkler in questa fascia oscilla tra 1500 e 1800°C con i valori più alti in corrispondenza dei versanti meridionali e delle altitudini inferiori, mentre l’indice di Huglin risulta compreso tra 1800° e 2000°C circa; questo campo di variabilità degli indici corrisponde sperimentalmente alle condizioni migliori di produzione di vitigni piacentini a bacca rossa, quali Barbera e Bonarda.

La fascia altitudinale 200-450 m.s.l.m. del territorio centrale/orientale della provincia di Piacenza è l’area in cui l’indice assume i valori 1600-1700 e risulta centrale nella fascia altitudinale delimitata.

Nell’ambito delle varie ricerche svolte è stato dimostrato infatti che per i vitigni controllati (Barbera e Bonarda per il vino Gutturnio), a parità degli altri fattori ambientali, esiste un optimum termico per fertilità delle gemme e per il grado zuccherino attorno a valori dell’indice di Winkler di 1600-1650 gradi giorno.

Per ottenere prodotti che si distinguono dal punto di vista qualitativo, molto importante è capire e valutare la reazione che il vitigno ha con l’ecosistema nel quale è inserito.

Determinante diventa l’ottimizzazione del rapporto tra vitigno e ambiente, cioè la scelta delle condizioni pedoclimatiche e colturali che consentono a quel vitigno di manifestare appieno le proprie potenzialità genetiche.

L’analisi dei risultati, ottenuti correlando fra loro lo studio dell’evoluzione della maturazione e l’analisi sensoriale, ha permesso di classificare i diversi ambienti geopedoclimatici sulla base della interazione vitigno per ambiente a conferma delle capacità intrinseche della varietà di rispondere in modo differenziato ed estremamente preciso ai condizionamenti ambientali dimostrando di essere uno strumento di monitoraggio ambientale più sensibile rispetto ad una mera descrizione dell’ambiente per quanto sofisticata essa sia.

Per quanto riguarda l’aspetto geopedologico il territorio della collina piacentina, vista la presenza di numerose valli, si presenta con una notevole variabilità.

Infatti i dati riguardanti l’analisi dei terreni evidenziano l’alto contenuto di argilla, con tessitura fine, nei suoli localizzati in Val Tidone dove, peraltro, si riscontra una maggior ricchezza di K rispetto ai suoli della Val D’Arda e delle altre valli centrali della provincia.

In Val Nure e Val Trebbia la maggior parte dei terreni presenta una granulometria con prevalenza di particelle limose con tessitura franco-limosa; una piccola parte presenta una tessitura equilibrata, a medio impasto, mentre un’altra buona parte ha una tessitura argillosa. Il 45% dell’area ha terreni subacidi, il 45% è neutro, mentre il restante 5% è subalcalino.

L’area della Val Chero e della Val D’Arda è caratterizzata da terreni molto eterogenei. Nel 10% dell’area abbiamo suoli argillosi (parte centrale), nel 65% sono presenti suoli a tessitura francolimosa, nella rimanente parte (25%), verso sud sono presenti suoli a tessitura equilibrata o grossolana (a medio impasto, franco sabbiosa e sabbiosa franco).

La forma di allevamento più diffusa è quella a spalliera (Guyot doppio speronato) con l’introduzione, solamente nell’ultimo decennio, di altre forme d’allevamento a cordone permanente.

Il sesto d’impianto più diffuso è quello di mt. 2.20 – 2.50 tra le file e mt 2.00-2.50 sulla fila.

Nessuna frase di carattere sembra essere stata scritta proprio per la vitivinicoltura piacentina come “Bacchus amat colles”.

Piacenza, nella storia della viticoltura nazionale, rappresenta un caso più unico che raro, racchiudendo nella sua origine, tradizione e vocazione tutti quegli elementi che ne fanno – senza presunzione - il simbolo più completo e più vero dell’”Enotoria tellus”.

 

2) fattori umani rilevanti per il legame

Piacenza da sempre produce vini ed il vino è coltura e tradizione; seppur influenze storiche, sociali, di migrazione e culturali ne hanno fatto una provincia spesso involontariamente poco conosciuta e relegata a figura comprimaria nella storia enologica italiana.

Piacenza è “Terra di vini” da epoche remote: hanno impiantato viti i paleoliguri, gli etruschi, i romani; hanno fatto il vino dalle nostre parti i legionari latini, i galli, i celti.

Cultura Greca Etrusca

Ma l’origine e la tradizione proviene ed è fondata sulle conoscenze greche: i viticoltori piacentini hanno sempre allevato la vite in forma bassa con le “carasse” (“vinae characatae” di Columella) sostenendo che “è il palo che fa l’uva”.

L’antica nobiltà dei vini piacentini è suffragata da tanti reperti e testimonianze uniche e inconfutabili.

E con l’età del ferro, al primo millennio a.C., che gli abitanti delle terre mare palafitticole vicino al Po emigrarono verso le colline piacentine, fondando l’importante centro culturale e termale di Veleja e impiantando le prime viti.

Tra il IV e il II sec. a.C. popolazioni galliche scesero in pianura padana (Gallia Cisalpina) e vi portarono le loro conoscenze vitivinicole, compreso un nuovo modo di conservare il vino e trasportarlo: la botte di legno assai più forte e robusta della terracotta.

Famoso nel mondo è il Fegato Etrusco: ritrovato nel 1877 a Settima di Gossolengo, datato II sec. a.C., è un reperto bronzeo che riproduce l’organo anatomico di un bovino e presenta diverse iscrizioni fra cui quella del dio Fufluns, cioè un’aruspice di abbondanza e di protezione, sia enoica che salutare.

Gli etruschi erano colti, di carattere mite, il vino nei banchetti, rappresentava un elemento di amicizia e di convivialità, di uso parco non smodato: l’etrusco Saserna, il più noto agricoltore in terra piacentina, nel II sec. a.C. racconta che alla sua tavola si beveva il “Kilkevetra”, il vino di bosco dell’Appennino piacentino.

Cultura Latina

Risalendo del buio di ere così remote, troviamo più vaste e più ricche documentazioni: i numerosi cocci di vasi vinari affiorati in Val Trebbia e in Val Nure, la preziosa patera trovata nel tardo ottocento sulle colline di Bicchignano; il bel vaso metallico decorato a sbalzo con tralci di vite e grappoli d’uva, dissepolto a Veleja nel 1760.

I vini piacentini dovevano essere già più che famosi ai tempi dei romani.

Basta sfogliare i classici latini per scoprire, per esempio, che dei nostri vini parlava perfino Cicerone quando nel Senato di Roma apostrofava il suo avversario e collega piacentino Pisone (padre di Calpurnia, moglie di Giulio Cesare) accusandolo di bere calici troppo grandi di vino di Piacenza.

E’ sicuramente di questo periodo storico, nel massimo splendore dell’Impero Romano, la ricca forgiatura del primo grande bicchiere “gutturnium”.

Invece Licino Sestulo, che preferiva le lodi aperte alle frecciate polemiche, predicava nel Foro che “vinum merum placentium laetificat” cioè che il vino schietto di Piacenza aiuta a rasserenare lo spirito.

Vino dei Papi

Così come amavano i nostri vini per “lo gusto, et la prelibatezza” gli Sforza, il Piccinino ed il Colleoni.

Beveva vini piacentini anche papa Paolo III Farnese “et anco ne mandava a pigliare - come scrive

in una sua memoria il dispensiere pontificio Sante Lancerio - anco se fosse a Ferrara et a Bologna”.

Tra un capolavoro e l’altro, si ristorava con i vini dei Colli Piacentini addirittura anche il grande Michelangelo, che li riceveva in botticelle (che poi il grande artista faceva travasare in fiaschi) dal piacentino Giovanni Durante, un faccendiere al quale Buonarroti aveva affidato la riscossione delle gabelle (circa 600 scudi d’oro all’anno) per i traghetti e l’uso del porto sul Po a Piacenza.

Il diritto a gabellare, Michelangelo lo aveva avuto da Papa Paolo III Farnese, finalmente nel 1535 come pagamento degli affreschi della Cappella Sistina.

Nella “De Naturali Vinarum Historia” di Andrea Bacci, edita esalta la qualità dei nostri vini, definendoli “vina valida, synceriora ac multae laudis”.

Vino dei Re

Il celebre generale piacentino conte Felice Gazzola li fece assaggiare a Carlo III di Spagna che gustandoli con soddisfazione esclamò: “Sono vini eccellenti! Mai ne bevvi di migliori in vita Mia”.

Invece Filippo V quasi li esigeva dal suo primo ministro, il piacentino cardinale Giulio Alberoni, il quale li faceva giungere in Spagna in speciali fiasche, attraverso le valige diplomatiche in cui erano stipati anche il formaggio grana ed i prelibati salumi piacentini.

Antichi documenti e cronache del tempo dimostrano che nella seconda metà del ‘600 i vini piacentini erano esportati in Francia.

Vino di pregio

Nel 1987 l’Office Internationale de la Vigne et du Vin ha insignito Piacenza dell’ambito titolo di “Città Internazionale della Vite e del Vino”, un prestigioso blasone che riconosce l’alta qualità e la nobiltà dei nostri vini.

Il nome probabilmente deriva da Altrughe, Altrugo o Artrugo, nomi riportati nel bollettino ampelografico pubblicato nel 1875 e fa riferimento ad un vitigno coltivato nel circondario locale.

Il primo autore che cita esplicitamente l’attuale termine è stato il Toni, nel 1927, quando sottolineava “ l’Ortrugo è incluso fra i “ principalissimi “ vitigni “ bianchi da vino della Provincia di Piacenza.; in un successivo elenco dei vitigni coltivati in Emilia-Romagna formulato da Domenico Cavazza, il nome Ortrugo non compare: ciò fa presumere che per un certo numero di anni l’Ortrugo abbia “ceduto” il passo alle più blasonate uve rosse.

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico

L’Ortrugo è coltivato quasi esclusivamente in provincia di Piacenza.

I caratteri espressi dalla varietà sono direttamente correlati alla geologia dei suoli, producendo una certa variabilità tra i terreni calcarei della Val Trebbia e quelli argillo-limosi della Val Tidone.

E’ un vitigno tardivo che si giova delle temperature attive piuttosto elevate che caratterizzano il comprensorio collinare della collina piacentina.

Le uve riescono ad esprimere concentrazioni zuccherine ed un quadro aromatico tale da rende i vini basi atti alla fermentazione per la produzione di Ortugo frizzante o spumante.

Solamente in alcuni terreni del placenziano ed in quelli a matrice calcarea l’Ortrugo esprime caratteri atti alla produzione di vini fermi secchi.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi della lettera A) e quelli della lettera B)

L’interazione Otrugo ambiente è nota ed è rilevata dai primi ampelografi ed agronomi piacentini. Il prof. Pallastrelli, direttore della Cattedra Ambulante riportava questi aspetti du “Agricoltura piacentina”, nel 1908.

L’Ortrugo esprime una media concentrazione zuccherina, di flavonoidi e di sostanze aromatiche, salvo se posto in terreni molto poveri, di origine più antica rispetto alle fertili colline del Po.

I vini sono quindi tendenzialmente frizzanti, poveri di colore con lieve componente aromatica che li rende particolarmente atti all’abbinamento a tavola.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA SRL , Via Piave 24, 00187 Roma

 

VALORITALIA S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

REGGIANO

D.O.C.

D. D.  21 Dicembre 2010

Rettifica 21 Febbraio 2011

Rettifica 30 Maggio 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 30 marzo 2015

(fonte GURI)

 

Articolo 1

(denominazione e vini)

 

La denominazione di origine controllata «Reggiano» è riservata ai vini e ai mosti parzialmente fermentati che rispondono alle condizioni ed ai requisiti del presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

«Reggiano» Lambrusco (anche frizzante e spumante);

«Reggiano» Lambrusco Salamino (anche frizzante);

«Reggiano» Rosso (anche frizzante);

«Reggiano» bianco spumante;

«Reggiano» Lambrusco novello (anche frizzante);

«Reggiano» Rosso novello.

 

Articolo 2

(base ampelografica)

 

La denominazione di origine controllata «Reggiano», seguita da una delle specificazioni di cui appresso, è riservata ai vini e ai mosti parzialmente fermentati ottenuti da uve provenienti dai vigneti aventi in ambito aziendale la seguente composizione ampelografica:

 

«Reggiano» Lambrusco ( anche nelle tipologie frizzante, spumante e novello):

Lambrusco Marani, Lambrusco Salamino, Lambrusco Montericco, Lambrusco Maestri, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Grasparossa, Lambrusco Viadanese, Lambrusco Oliva, Lambrusco Barghi, congiuntamente o disgiuntamente, in misura non inferiore all'85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Ancellotta, Malbo Gentile e Lambrusco a foglia frastagliata, Fogarina.

 

«Reggiano» Lambrusco Salamino ( anche nella tipologia frizzante ):

Lambrusco Salamino in misura non inferiore all'85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni Ancellotta, Lambrusco Marani, Lambrusco di Sorbara e Malbo Gentile.

 

«Reggiano» Rosso ( anche nella tipologia frizzante e novello ):

Ancellotta dal 30% al 60%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni Lambrusco Salamino, Lambrusco Marani, Lambrusco di Sorbara, Malbo Gentile, Lambrusco Maestri, Lambrusco

Grasparossa, Sangiovese, Merlot, Cabernet Sauvignon, Marzemino, Lambrusco Oliva, Lambrusco Viadanese, Lambrusco a foglia frastagliata e Fogarina.

 

«Reggiano» bianco spumante:

Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco Salamino, Lambrusco Montericco, Lambrusco di Sorbara e Malbo Gentile congiuntamente o disgiuntamente per il 100%.

Le uve a bacca rossa devono essere vinificate in bianco.

 

Articolo 3

(zona di produzione delle uve)

 

Le uve destinate alla produzione di vino a denominazione di origine controllata «Reggiano» Lambrusco devono essere prodotte nel territorio della

provincia di Reggio-Emilia

con l'esclusione di quelle zone non idonee alla produzione di un vino che risponda ai requisiti di cui al presente disciplinare.

In particolare la zona di produzione comprende l'intero territorio dei comuni di:

 

Rolo, Fabbrico, Campagnola, Rio Saliceto, Correggio, San Martino in Rio, Bagnolo in Piano, Novellara, Cadelbosco Sopra, Castelnovo Sotto, Gualtieri, Guastalla, Reggiolo, Sant'Ilario d'Enza, Reggio Emilia, Cavriago, Bibbiano, Montecchio, San Polo d'Enza, Canossa, Quattro Castella, Vezzano sul Crostolo, Albinea, Scandiano, Casalgrande, Rubiera, Viano, Castellarano, Campegine, Poviglio, Boretto, Gattatico, Brescello, Carpineti e Baiso.

 

Le uve destinate alla produzione del vino a denominazione di origine controllata «Reggiano» rosso devono essere prodotte nel territorio della

provincia di Reggio Emilia

con esclusione di quelle zone non idonee alla produzione di un vino che risponda ai requisiti di cui al presente disciplinare. In particolare la zona di produzione comprende l'intero territorio dei comuni di:

Reggio Emilia, Cadelbosco Sopra, Bagnolo in Piano, Novellara, Campagnola, Rolo, Rio Saliceto, Fabbrico, Correggio, San Martino in Rio, Rubiera, Montecchio, Campegine, S. Ilario d'Enza, Gualtieri, Guastalla, Reggiolo, Cavriago, Bibbiano, Casalgrande Albinea, Quattro Castella e Scandiano.

 

Le uve destinate alla produzione del vino a denominazione di origine controllata «Reggiano» Lambrusco Salamino devono essere prodotte nel territorio della

provincia di  Reggio Emilia

con esclusione di quelle zone non idonee alla produzione di un vino che risponda ai requisiti di cui al presente disciplinare.

In particolare la zona di produzione comprende l'intero territorio dei comuni di:

Reggio Emilia, Rubiera, S. Martino in Rio, Correggio, Rio Saliceto, Campagnola, Rolo, Fabbrico, Bagnolo in Piano, Guastalla e Novellara.

 

Le uve destinate alla produzione del vino a denominazione di origine controllata «Reggiano» bianco spumante devono essere prodotte nel territorio della

provincia di Reggio Emilia

con esclusione di quelle zone non idonee alla produzione di un vino che risponda ai requisiti di cui al presente disciplinare.

 In particolare la zona di produzione comprende l'intero territorio dei comuni di:

Reggio Emilia, Rubiera, S. Ilario d'Enza, S. Martino in Rio, Correggio, Rio Saliceto, Campagnola, Rolo, Fabbrico, Bagnolo in Piano, Guastalla, Novellara, Gualtieri, Montecchio, Campegine.

 

Articolo 4

(norme per la viticoltura)

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini «Reggiano» devono essere atte a

conferire alle uve, al mosto ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

Negli impianti che verranno realizzati dopo l'entrata in vigore del presente disciplinare, le forme di allevamento ammesse sono quelle a filare con parete produttiva singola e a filare con parete produttiva sdoppiata. Per i sistemi a filare con parete produttiva singola la densità di piantagione, per i nuovi impianti, non potrà essere inferiore a 1.600 viti per ettaro.

Per i sistemi a filare con parete produttiva sdoppiata la densità di piantagione, per i nuovi impianti, non potrà essere inferiore a 2.000 viti per ettaro.

E' vietata ogni pratica di forzatura. E' ammessa l'irrigazione di soccorso.

Ferme restando le caratteristiche delle uve, la resa massima di uva per ettaro dei vigneti in coltura specializzata

ammessa per la produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Reggiano» non deve essere superiore ai

limiti di seguito specificati:

 

«Reggiano» Lambrusco: 18,00 t/ ha;

«Reggiano» Lambrusco novello: 18,00 t/ha;

«Reggiano» Lambrusco spumante: 18,00 t/ha;

«Reggiano» Rosso: 18,00 t/ha;

«Reggiano» Rosso novello: 18,00 t/ha;

«Reggiano» Lambrusco Salamino: 18,00 t/ha;

«Reggiano» Bianco spumante: 18,00 t/ha.

 

Nei vigneti in coltura promiscua, le produzioni massime di uva per ettaro devono essere rapportate alle superfici

effettivamente coperte dalla vite.

La resa, anche in annate eccezionalmente favorevoli, dovrà essere riportata a detti limiti, purché la produzione

globale del vigneto non superi di oltre il 20% i limiti medesimi.

Qualora la resa di uva per ettaro superi il limite stabilito del 20% in più l'intera produzione non potrà rivendicare la denominazione di origine controllata.

La resa massima di vino per la produzione dei vini di cui all'art. 2 del presente disciplinare di produzione non deve essere superiore al 70% per tutti i vini.

Qualora la resa uva - vino superi detto limite, ma non il 75%, la parte eccedente non ha diritto alla denominazione di origine controllata, oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata di tutto il prodotto.

 

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai vini di cui all'art. 2 del presente disciplinare i seguenti titoli

alcolometrici volumici naturali minimi:

 

«Reggiano» Lambrusco: 9,50% vol.;

«Reggiano» Lambrusco novello: 9,50% vol.;

«Reggiano» Lambrusco spumante: 9,50% vol.;

«Reggiano» Rosso: 9,50% vol.;

«Reggiano» Rosso novello: 9,50% vol.;

«Reggiano» Lambrusco Salamino: 9,50% vol.;

«Reggiano» Bianco spumante: 9,50% vol.

 

Nelle annate con condizioni climatiche sfavorevoli la Regione Emilia Romagna, su proposta del Consorzio di tutela,

sentite le Organizzazioni di categoria interessate, con proprio provvedimento potrà stabilire, di anno in anno, prima

della vendemmia, un titolo alcolometrico volumico minimo naturale delle uve inferiore di mezzo grado a quello

stabilito nel precedente comma.

 

Articolo  5

(norme per la vinificazione)

 

Le operazioni di elaborazione dei mosti e dei vini, di vinificazione, ivi compresa la presa di spuma, di imbottigliamento, di affinamento in bottiglia, dell'eventuale invecchiamento in botti di legno, per le tipologie previste, e della spumantizzazione devono essere effettuate nell'ambito del territorio della provincia di Reggio Emilia.

E' facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali consentire che le suddette operazioni siano effettuate in stabilimenti situati nel territorio delle province di Parma, Mantova e Modena a condizione che le ditte interessate ne facciano richiesta e dimostrino di aver effettuato le dette operazioni da almeno 10 anni dalla data di entrata in vigore del presente disciplinare e producano tradizionalmente i vini in questione utilizzando mosti o vini provenienti dalla zona di produzione di cui all'art. 3 del presente disciplinare vinificate secondo le pratiche enologiche tradizionali leali e costanti in uso nel territorio stesso.

Restano valide le autorizzazioni in deroga a vinificare, elaborare e imbottigliare Reggiano DOC nelle immediate vicinanze dell’area di produzione fino ad oggi rilasciate dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.

La dolcificazione deve effettuarsi con mosti d'uva, mosti d'uva concentrati, mosti d'uva parzialmente fermentati, tutti provenienti da uve di vigneti iscritti allo schedario viticolo atte alla produzione di vini a DOC «Reggiano» prodotti nelle zone delimitate dal precedente art. 3 o con mosto concentrato rettificato.

L'arricchimento, quando consentito, può essere effettuato con l'impiego di mosto concentrato rettificato o, in alternativa, con mosto di uve concentrato ottenuto dalle uve di vigneti delle varietà previste dal presente disciplinare e iscritte allo schedario viticolo, o a mezzo concentrazione a freddo o altre tecnologie consentite. Il mosto concentrato rettificato proveniente da uve non destinate alla produzione dei vini a DOC «Reggiano» aggiunti nell'arricchimento e

nella dolcificazione dovranno sostituire un'eguale quantità di vino DOC «Reggiano».

La presa di spuma, nell'arco dell'intera annata, deve effettuarsi con mosti di uve, mosti d'uva concentrati, mosti d'uva parzialmente fermentati, tutti provenienti da uve atte alla produzione dei vini a DOC «Reggiano» o con mosto concentrato rettificato, anche su prodotti arricchiti.

La denominazione di origine controllata “Reggiano” Lambrusco e “Reggiano” bianco spumante può essere utilizzata per produrre vino spumante ottenuto con mosti e vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare e a condizione che la spumantizzazione avvenga a mezzo di fermentazione in autoclave o in bottiglia in ottemperanza alle vigenti norme sulla preparazione degli spumanti.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto pratiche enologiche leali e costanti atte a conferire ai vini le loro peculiari

caratteristiche.

Le tipologie «novello» devono essere ottenute con almeno il 50% di vino proveniente dalla macerazione carbonica delle uve.

 

Articolo 6

(caratteristiche al consumo)

 

I vini di cui all'art. 1, all'atto dell'immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Reggiano» Lambrusco rosso e rosato:

colore: rosato più o meno intenso; rosso dal rubino al rosso intenso;

profumo: gradevole, caratteristico che varia dal fruttato al floreale;

sapore: secco, abboccato, amabile, dolce, fresco, gradevole, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 5,50% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Reggiano» Lambrusco frizzante rosso e rosato:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosato più o meno intenso; rosso dal rubino al rosso intenso;

profumo: gradevole, caratteristico che varia dal fruttato al floreale;

sapore: secco, abboccato, amabile, dolce, fresco, gradevole, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 7,00% vol.

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Reggiano» Lambrusco novello:

colore: rosso;

profumo: vinoso, intenso, fruttato;

sapore: sapido, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Reggiano» Lambrusco novello frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso;

profumo: vinoso, intenso, fruttato;

sapore: sapido, vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Reggiano» Lambrusco Spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: rosato più o meno intenso; rosso dal rubino al rosso intenso;

profumo: gradevole, caratteristico che varia dal fruttato al floreale;

sapore: da brut nature a dolce, armonico, fresco, morbido, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 5,50% vol.

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Reggiano» Lambrusco Salamino:

colore: rosato o rosso;

profumo: gradevole, caratteristico che varia dal fruttato al floreale;

sapore: secco, abboccato, amabile, dolce, fresco, gradevole, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 5,50% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.

 

«Reggiano» Lambrusco Salamino frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosato o rosso;

profumo: gradevole, caratteristico che varia dal fruttato al floreale;

sapore: secco, abboccato, amabile, dolce, fresco, gradevole, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 7,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Reggiano» Rosso:

colore: rosso;

profumo: caratteristico, fruttato, floreale;

sapore: secco, abboccato, amabile, dolce, gradevole, pieno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 5,50% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l;

 

«Reggiano» Rosso frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso;

profumo: caratteristico, fruttato, floreale;

sapore: secco, abboccato, amabile, dolce, gradevole, pieno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 7,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Reggiano» Rosso novello:

colore: rosso;

profumo: vinoso, intenso, fruttato;

sapore: sapido, tranquillo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Reggiano» bianco spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: bianco con leggera tendenza al paglierino;

profumo: caratteristico, fruttato, floreale;

sapore: da brut nature a dolce sapido, fresco, armonico, vellutato, morbido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 9,00% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

Per le tipologie in cui è ammesso l'affinamento in botti di legno, può rilevarsi sentore di legno.

Le caratteristiche al consumo sopra  descritte  per  le  tipologie

Lambrusco frizzante, Lambrusco Salamino frizzante e rosso  frizzante,

sono  riferite  anche  alla  categoria  di  prodotto 

«mosto  di  uva parzialmente fermentato»,

fatto  salvo  che  per  tale  categoria  il sapore è limitato al «dolce»

e  il  titolo  alcolometrico  effettivo deve essere superiore  a  1,00%  vol.  e  inferiore  ai  3/5  del  titolo alcolometrico volumico totale.

E' in facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di modificare, con proprio decreto, i valori dei limiti minimi riferiti all'estratto non riduttore minimo e all'acidità totale minima.

 

Articolo 7

(etichettatura e presentazione)

 

Nella presentazione e designazione dei vini a denominazione di origine controllata «Reggiano» è vietato l'uso di qualificazioni diverse da quelle previste dal presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi superiore, extra, fine, scelto, selezionato e similari.

E' consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l'acquirente.

Le indicazioni tendenti a specificare l'attività agricola dell'imbottigliatore quali: viticoltore, fattoria, tenuta, podere, cascina ed altri termini similari, sono consentite in osservanza delle disposizioni comunitarie e nazionali in materia.

Nella presentazione e designazione dei vini di cui all’art.1, con l’esclusione delle tipologie spumante, frizzante è obbligatoria l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.

 

Art. 8

(confezionamento)

 

I vini a denominazione di origine controllata «Reggiano», previsti dal presente disciplinare, se confezionati in recipienti di capacità fino a 5 litri possono essere immessi al consumo solo in bottiglie di vetro chiuse con qualsiasi chiusura compreso il tappo a fungo tradizionalmente usato nella zona, eccetto il tappo a corona. Le bottiglie di capacità inferiore a 0,500 litri potranno utilizzare anche il tappo a corona.

Per le tipologie “Spumante” sono ritenuti idonei tutti i contenitori e i sistemi di chiusura previsti dalla vigente normativa nazionale e comunitaria.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) informazioni sulla zona geografica

1) fattori naturali rilevanti per il legame

La zona geografica corrispondente alla denominazione d’origine controllata “Reggiano” ricade nella parte centro occidentale della regione Emilia-Romagna, nella provincia di Reggio Emilia, e si estende su un ampio territorio di pianura ed un più limitato territorio collinare, che si interrompe con l’inizio della zona montana. Procedendo verso sud si sale di quota, incontrando diversi paesaggi:

- un’aperta pianura tipica della Pianura padana, di origine alluvionale, formata da sedimenti naturali risalenti all’Olocene, a tessitura variabile, in prevalenza media e fine, con elevate frazioni di minerali alterabili e carbonati, provenienti dai fiumi e dai torrenti appenninici, tranne quelli riferibili all’ambiente di pianura a meandri del Po, in una ristretta fascia a nord, per lo più esclusa dalla zona delimitata;

- una pianura di transizione ai rilievi collinari, morfologicamente mossa, formata da antichi sedimenti alluvionali a varia tessitura, risalenti al Pleistocene. Su queste superfici sub pianeggianti si rinvengono suoli molto profondi, evoluti e decarbonatati, a tessitura moderatamente fine o fine con locali affioramenti ghiaiosi, a buona o moderata disponibilità di ossigeno;

- i rilievi collinari, dolci o moderatamente ripidi, orientati prevalentemente in direzione nord-sud, i cui suoli derivano in prevalenza da rocce pelitiche o da rocce stratificate ad importante componente pelitica, a tessitura fine o moderatamente fine, calcarei, con profondità variabile, localmente soggetti a fenomeni di dissesto idrogeologico.

Le quote, limitatamente al vigneto, sono generalmente comprese tra i 20 ed i 450 m s.l.m., ma non mancano vigneti anche a maggiore altitudine.

Il clima è di tipo subcontinentale, più accentuato nell’area di pianura, con inverni particolarmente rigidi (freddo-umidi) ed estati molto calde, umide e afose.

La zona è soggetta ad elevate escursioni termiche giornaliere, maggiori in pianura, minori in collina. Il regime pluviometrico è di tipo sublitoraneo con piovosità massime in autunno, sia per regime che distribuzione e piovosità minime in estate, soprattutto nella prima decade di luglio. Le precipitazioni e i giorni di pioggia aumentano

salendo di altitudine, dai 650 mm della bassa pianura agli 850 mm della zona collinare, con un valore medio di 719 mm e di 78 giorni piovosi.

La zona geografica per la tipologia Lambrusco corrisponde all’intero territorio della denominazione, mentre le zone relative alle altre tre tipologie: Rosso, Bianco spumante e Lambrusco salamino, sono più ristrette, e interessano in prevalenza l’area di pianura, soprattutto la parte orientale, caratterizzata da suoli a buona fertilità fisica e chimica e clima più caldo d’estate e in primavera.

 

2) fattori umani rilevanti per il legame

Il vigneto reggiano risale all’epoca romana (mosaici del I secolo a.c. conservati presso i Musei Civici di Reggio Emilia). Notizie della diffusione della coltura della vite nell’area delimitata giungono dai numerosi contratti d’enfiteusi del medioevo, IX-X sec. d.c., ribadite dagli Statuti del 1265.

Il legame con vitigni autoctoni denominati “uve lambrusche” è sancito già nel 1303 dal Pier De Crescenzi.

La migliore conferma dell’importanza del vino nel reggiano resta in ogni caso l’enorme diffusione della vite sul territorio provinciale, testimoniata nel 1597 da Andrea Bacci, nel 1661 da Vincenzo Tanara e nel XIX secolo da Filippo Re, Claudio della Fossa e Claudio Roncaglia, che evidenziano i tratti tipici del vino prodotto: brusco e frizzante, più o meno corposo.

Nel 1847 si producono in provincia di Reggio Emilia un milione di quintali di uva (Bellocchi), che salgono a 1,7 milioni di quintali nel decennio 1908-1918, realizzati su di 107.000 Ha di vigna a coltura promiscua, con filari di viti maritate a tutori vivi, che si estende ininterrotta dalla dolce collina alle rive del fiume Po.

La produzione principale è di mosti e vini rossi, in particolare lambruschi, prevalentemente frizzanti, in buona parte esportati in Veneto o all’estero, come indicano documenti ferroviari dei primi del ‘900.

In questo periodo che nascono le prime strutture cooperative per la lavorazione e la commercializzazione di mosti e vini, che si diffonderanno rapidamente su tutta l’area delimitata e si sviluppa l’enologia della zona.

Del 1906 è la prima cantina sociale, sorta a San Martino in Rio.

La legge del 10 luglio 1930 riconosce il lambrusco tra i vini tipici italiani.

Con l’evoluzione del’enologia reggiana, cambia anche il paesaggio vitato: dagli anni ’60 del XX sec., la superficie vitata a cultura promiscua si riduce sensibilmente, lasciando il posto a vigneti specializzati, presupposto per una maggiore qualificazione della viticoltura della zona.

Il 18-12-1962 nasce il “Consorzio volontario per la difesa del vino tipico lambrusco reggiano”, che successivamente avrà l’incarico di tutelare e promuovere i vini reggiani in Italia e nel mondo.

Nel 1972, con decreto del presidente della repubblica del 22 luglio, viene riconosciuta la denominazione d’origine controllata “Lambrusco Reggiano”, che interessa un’ampia zona di pianura, soprattutto a nord-est di Reggio Emilia, e verso sud, compresa una prima zona di collina, e i seguenti vitigni: Lambrusco Marani, Lambrusco Salamino, Lambrusco di Montericco, Lambrusco Maestri e Ancellotta.

Le condizioni ambientali e di coltura del vigneto devono essere quelle tradizionali, e comunque atte a conferire al vino derivato le specifiche caratteristiche, mentre è vietata ogni pratica di forzatura.

Il 26-11-96, la denominazione d’origine cambia nome in “Reggiano”, differenziando le tipologie ottenibili.

Il fattore umano si rivela essenziale per la denominazione, in riferimento:

- ai vitigni tradizionalmente coltivati, prevalentemente autoctoni del territorio specifico o dell’area emiliana;

- alle tecniche agronomiche adottate, tradizionali della zona, volte a contenere le rese e ottenere le qualità previste dal disciplinare;

- ai metodi di vinificazione, tradizionalmente consolidate in zona per la produzione di vini frizzanti e spumanti, nonché per la produzione di vini fermi rossi e novelli della zona.

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico

La denominazione di origine “Reggiano” è riferita a diverse tipologie, che devono le loro caratteristiche analitiche ed organolettiche descritte all’articolo 6 del disciplinare, alla base ampelografica, alle pratiche enologiche adottate e alle zone di produzione.

I vini Lambrusco, tradizionalmente dotati di bollicine (nelle versioni frizzante e spumante), importanti per l’equilibrio gustativo, sono ottenuti da tagli di vitigni lambrusco e da ambienti che ne esaltano l’acidità e la freschezza, da bersi giovani, con profumi fruttati e floreali tipici delle cultivar di base, rossi o rosati.

Il vino Lambrusco Salamino, rosso o rosato, tipicamente frizzante, di buona acidità, anche malica e notevole freschezza derivata dalla zona di produzione, ha profumi e sapori tipici della varietà prevalente.

Il vino Rosso, frizzante o fermo, risente fortemente del vitigno Ancellotta, dotato di maggiore colore e morbidezza, e minore acidità rispetto ai lambruschi.

Il vino Bianco spumante, è un vino bianco ottenuto da Lambrusco Marani, a bacca rossa ma dal minor

contenuto antocianico rispetto altri lambruschi, ha importanti caratteristiche di sapidità e freschezza legate alle condizioni più estreme del territorio di produzione e al vitigno.

I vini rossi sono generalmente più corposi e più dotati in aromi fruttati di bacche e drupe rispetto ai vini rosati e al Bianco spumante dove sono più evidenti le acidità ed i profumi floreali.

I vini nelle versioni “novello” risentono della macerazione carbonica, con aromi vinosi, fruttati e sapidità elevata.

Tipici e importanti sono i mosti di uve parzialmente fermentati ottenuti dalle tipologie Lambrusco, Lambrusco salamino e Rosso per il loro ricco contenuto antocianico, in profumi e zuccheri.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi della lettera A) e quelli della lettera B)

La zona geografica delimitata è caratterizzata da condizioni d’illuminazione e sommatorie termiche elevate, mediamente di 2.032 gradi giorno (indice di Winkler), che permettono il raggiungimento di un’adeguata maturazione delle uve. Nelle zone interne di collina, più limitanti, dove vi sono minori sommatorie termiche, ma raramente sotto i 1.700 gradi giorno, i migliori risultati si ottengono scegliendo le varietà tradizionali più idonee a tali ambienti, le esposizioni migliori e privilegiando prodotti meno colorati.

La zona a denominazione si interrompe a sud in corrispondenza di colli più elevati e con versanti più ripidi, generalmente con quote superiori ai 600 metri, dove il clima si modifica e perde il carattere continentale, e prevalgono suoli provenienti da rocce stratificate, tendenzialmente acidi: condizioni che non permettono l’ottenimento dei caratteri enologici richiesti dalla denominazione.

La buona disponibilità idrica dei suoli della zona d’origine, legata all’entità delle precipitazioni, alla natura dei suoli, in prevalenza alluvionali e profondi, e a locali disponibilità di acqua di falda, permette l’ottenimento di prodotti con un buon contenuto di acidità, anche in acido malico, necessari per la produzione dei tipici vini frizzanti e spumanti della zona, nonché degli altri vini freschi prodotti tradizionalmente.

Dove la fertilità è minore, specialmente in aree depresse, con suoli a tessitura fine, caratterizzati da fenomeni di crepacciamento estivo, che inducono uno stress vegetativo a cui consegue una minor resa produttiva, i vitigni realizzano gradazioni più consistenti e minore acidità, ma maggiori polifenoli; zone queste più idonee alla produzione di vini “novello”.

Le elevate escursioni termiche tra notte e giorno nel periodo di maturazione delle uve su tutta l’area delimitata, abbinate a terreni da moderatamente a molto calcarei, sub alcalini o alcalini, a tessitura fine o moderatamente fine, determinano l’ottenimento di vini profumati e dall’elevato contenuto in antociani e polifenoli, legati strettamente alle caratteristiche organolettiche descritte nell’art. 6.

La diffusione della viticoltura in quest’area, documentata dall’epoca romana al medioevo ai giorni nostri, inscindibile dai particolari vitigni autoctoni presenti è prova di una stretta connessione tra i fattori ambientali, umani e i vini ottenuti in queste terre.

L’evoluzione dell’enologia del territorio segue e si accompagna a quella dei vitigni tradizionali della zona, in particolare ai lambruschi, presenti fin dall’antichità, come attestano i natali selvatici di tali uve.

Su tutto il territorio delimitato è da sempre presente la vite, dalla pianura alla collina.

Nel 1597 Andrea Bacci descrive l’importanza della viticoltura di queste zone, i cui vigneti si stendono a perdita d’occhio, con viti maritate ad tutori vivi, i cui grappoli si allontanano dal suolo per salire verso l’aria e il sole, la produzione di pregevoli vini, in prevalenza rossi, leggeri o più tipicamente corposi, spesso aspri e acerbi, ma salutari, e di vini “frizzanti con bollicine”.

Vincenzo Tanara nel XVII sec., elogia i vini frizzanti e di buona acidità ottenuti dall’uva Lambrusca che “fà vino brusco,

maturo, piccante, raro”.

Dal 1800, Filippo Re, Claudio della Fossa e Claudio Roncaglia, elencano le numerose zone di coltivazione della vite all’interno dell’area delimitata, dal comune di Reggiolo, poco più di 20 m s.l.m., fino a comuni di alta montagna, ed i numerosi vitigni ivi diffusi.

Il Galloni, nel 1847, getta le basi della vitivinicoltura reggiana e del commercio dei vini della zona, indicando la necessità di ridurre i vitigni coltivati al fine di ottenere vini più costanti nelle annate e più identificabili, e di utilizzare le uve lambrusche per i vini rossi, soprattutto se destinati all’esportazione, in quanto:“ i vini tirati dalle lambrusche nostre e che perciò avevano da queste sole il loro sapore caratteristico erano tra i vini rossi i più piaciuti” e hanno ottimi risultati qualitativi su tutto il territorio reggiano: “ne’ piani bassi, medj e ne’ colli com’è provato”. Già nel

1487, l’esportazione di vini ed altri prodotti enologici della zona è importante, con una produzione sul territorio reggiano circa un milione di quintali di uva.

Nel 1859 viene emesso il primo certificato d’origine controllata, per permettere il commercio di vino nostrano prodotto a Olmo di Gattatico, sotto il Dominj estensi, verso i territori austriaci (Bellocchi).

Nel 1876, Antonio Zanelli consiglia di puntare su “vini serbevoli da pasto con le uve migliori di questo contado”, ottenendo vini graditi a tipo costante.

Dall’inizio del XX sec. la produzione di uva e vino tende a salire. Lo sviluppo dell’enologia va di pari passo con lo sviluppo di cantine sociali, caratterizzati da impianti moderni di trasformazione, che danno impulso e professionalità alla tecnica enologica e alla qualità del prodotto, che si incaricano di controllare che i vini genuini prodotti, trasferiti nelle mani dei commercianti, non siano oggetto di “tagli e intrugli” tali da rendere il vino irriconoscibile, e che puntano ad ottimizzare la qualità della produzione in campo con una adeguata assistenza tecnica.

Nel 1922, Adelio Franceschini e Vittorio Premuda descrivono le tecniche di vinificazione, puntando l’attenzione anche sull’importante produzione di mosti parzialmente fermentati o filtrati dolci, ed evidenziando il pericolo di una sleale concorrenza tra i vini artificialmente gazati e gli spumanti naturali come il lambrusco; enumerano poi le caratteristiche dei numerosi vitigni locali coltivati, più di sessanta.

Il lambrusco è infatti un vino tradizionalmente ottenuto da l’unione di diversi vitigni, come rileva la denominazione “Lambrusco Reggiano” ufficializzata il 22-7-1971; un vino dal sapore caratteristico, dalla alta acidità, frizzante e profumato, e con un buon contenuto di alcool ed estratti.

Nel 1976 il Lambrusco prodotto nel reggiano, grazie alle Cantine Cooperative Riunite, è il vino italiano varietale più esportato negli Stati Uniti, e tra i primi nel mondo.

Nel corso degli anni, successive modifiche portano alla denominazione in “Reggiano”, approvata nel 1996, nella quale vengono specificate le zone di produzione insieme alle tipologie realizzabili, in modo da legare i prodotti ottenibili alle zone più vocate, non solo per le caratteristiche naturali ma anche per storia e tradizione.

In particolare, la zona geografica di produzione del “Reggiano” Rosso è un’area prevalentemente di pianura, sita ad oriente del torrente Crostolo, particolarmente vocata per la produzione di prodotti colorati, soprattutto per l’elevato contenuto di calcare delle terre delle aree rilevate e per l’escursione termica del mese che precede la vendemmia, in cui trova la massima espressione il vitigno Ancellotta.

Tale vitigno, rinomato fin dal 1800 (Claudio della Fossa), il cui sinonimo “Ancellotta di Massenzatico” si deve al nome dell’omonima località in comune di Reggio Emilia, si diffonde e delinea storicamente l’area interessata dalla denominazione dove raggiunge contenuti antocianici, polifenolici e aromi particolarmente elevati.

L’area delimitata delle tipologie Lambrusco Salamino e Bianco spumante, privilegiano terreni alluvionali, pianeggianti, con altitudini inferiori ai 129 metri s.l.m., tali da garantire al contempo sommatorie termiche mediamente superiori a 2100 gradi giorno, con temperature estive elevate e deficit idrici importanti in primavera ed estate, solo parzialmente mitigati dalla presenza di acqua di falda.

Dalle aree morfologicamente rilevate più calcaree, soggette a minore stress idrico, si ottengono prodotti più acidi, leggeri, profumati e colorati. Più strutturati e meno colorati i prodotti ottenuti dalle aree depresse. Storicamente la zona del vitigno Lambrusco salamino si localizza più a est, verso il confine modenese, dove è più diffuso (A. Greco, 1968), mentre il Lambrusco Marani privilegia i comuni più a Nord, e ad ovest, nella pianura pedecollinare.

Da allora, si assiste ad un’evoluzione positiva della denominazione che punta alla produzione di vini di sempre maggior pregio e qualità, come attesta la rinomanza acquisita dai vini DOC “Reggiano”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24

00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

Mail info@valoritalia.it website www.valoritalia.it

 

VALORITALIA S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2 ).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale