Veneto › GARDA VERONESE

BARDOLINO SUPERIORE D.O.C.G.

BARDOLINO D.O.C.

CUSTOZA D.O.C.

GARDA D.O.C.

LUGANA D.O.C.

SAN MARTINO DELLA BATTAGLIA D.O.C.

TERRADEIFORTI D.O.C.

VALDADIGE D.O.C.


VIGNETI LAZISE

VIGNETI LAZISE

BARDOLINO SUPERIORE

D.O.C.G.

Decreto 8 novembre 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione

 

La denominazione di origine controllata  e  garantita  «Bardolino Superiore», anche con l'indicazione classico, è  riservata  ai  vini già riconosciuti a denominazione di origine controllata con  decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 1968  e  che  corrispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti da questo disciplinare

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I  vini  a  denominazione  di  origine   controllata   "Bardolino superiore" devono essere ottenuti dalle uve provenienti  dai  vitigni presenti nei vigneti in ambito aziendale, nella percentuale  appresso indicata:

 

Corvina veronese (cruina  o  corvina)  35  -  80% 

è  tuttavia ammesso nella misura massima  del  20%  la  presenza  della  varietà

Corvinone  in  sostituzione  di  una  pari  percentuale  di  Corvina,

Rondinella 10 - 40%;

Molinara fino ad un massimo del 15%

possono concorrere inoltre alla produzione di detti vini, anche le uve provenienti dai vitigni a bacca rossa, non aromatici,  ammessi alla coltivazione per la provincia di Verona, fino ad un massimo  del 20% del totale, con un  limite  massimo  del  10%  per  ogni  singolo vitigno utilizzato.

I  vigneti  già  iscritti  al  relativo  albo   alla   data   di approvazione del presente disciplinare, sono idonei  alla  produzione dei vini "Bardolino superiore".

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

A) La zona di produzione delle uve atte  a  produrre  il  vino  a denominazione  di  origine   controllata   e   garantita   «Bardolino superiore» comprende in tutto o in parte i territori  dei  comuni  di

Bardolino,  Garda,  Lazise,  Affi,  Costermano,  Cavaion,  Torri  del Benaco,  Caprino,  Rivoli  Veronese,  Pastrengo,  Bussolengo,   Sona, Sommacampagna, Castelnuovo, Peschiera, Valeggio;

In provincia di Verona.

 

Tale zona  è  così

delimitata: partendo a nord di Bussolengo dal ponte sul canale  della società Sima, nelle immediate vicinanze  della  centrale  elettrica; segue per breve tratto la strada provinciale Verona-Lago, percorre la strada detta del «Gabanel» toccando le  località  Casetta  Colombare sino all'incrocio della strada  che  scende  dalla  località  Pigno.

Segue il tracciato di  detta  strada  sino  a  località  Lughetto  a quota 167, incontra e attraversa il  limite  di  confine  territoriale Bussolengo-Sona  e  prosegue  in  direzione  di  Palazzolo   toccando località S. Giustina,  segue  la  strada  denominata  della  Rotonda toccando località Pozzo del Ghetto sino  a  giungere  al  ponte  sul canale del consorzio Alto Veronese. 

Segue  detto  canale  sino  alla statale n. 11, risale  a  destra  per  breve  tratto  detta  statale, imbocca la strada che  porta  a  località  Case-Nuove,  percorre  la carrareccia della Rugola seguendo la  unghia  di  collina  del  monte Corno sino alla località scuole  comunali  di  Soria. 

Si inserisce nella strada comunale della Lova che segue sino intersecare il primo canale secondario del consorzio Alto Veronese; percorre detto canale toccando località Rainera, e proseguendo fino alla stazione FF.SS. di Sommacampagna. 

Dalla  stazione  segue  la  strada  che  porta  al capoluogo di Sommacampagna che attraversa per inserirsi nella viabile

che porta a Custoza, percorrendola sino alla località Staffalo,  per deviare a sinistra lungo la strada che porta alla  località  Boscone sino al punto di intersecare il canale principale del consorzio  Alto Veronese.

Seguendo il percorso  del  canale,  passa  nelle  vicinanze della località Fiozza e Ca' del Magro sino a  giungere  a  località Campanella. In  prossimità  di  località  Campanella  abbandona  il canale  consorziale  per  seguire  la  carrareccia  che  porta   alle località Colombara e Fenili.

Da località Fenili  dirotta  a  destra seguendo la strada che attraversa località Gardoni e successivamente si inserisce sulla strada Valleggio - Santa Lucia, che segue sino  al capoluogo di Valleggio da dove prosegue seguendo la viabile che porta verso Monzambano.

Percorre, verso  Monzambano,  la  succitata  strada sino a incontrare il primo passaggio  a  livello  in  prossimità  di

quota sessantaquattro.

Da questo imbocca la viabile  che  porta  alla località Fornelletti e attraversando detta località prosegue sino a

intersecare la strada di Valeggio-Salionze (quota 99),  che  percorre sino  alla  località  Salionze  e  proseguendo   oltre   arriva   in prossimità di Peschiera sino a toccare la sponda orientale del  lago di Garda nel punto in  cui  inizia  il  corso  dell'estuario  Mincio.

Dall'estuario Mincio risale seguendo la sponda orientale del lago  di Garda toccando Lazise, Cisano, Bardolino, Garda, Punta  S.  Virgilio, sino ad arrivare al centro abitato di Torri  del  Benaco,  dirotta  a destra  imboccando  la  strada  comunale  panoramica  che  da   detta località toccando le borgate di Costa e Albisano e sale sinuosamente

con tornanti sino ad inserirsi sulla strada provinciale di S. Zeno di Montagna.

Da questo  punto  la  delimitazione  nord  della  zona  del Bardolino segue la curva di  livello  quota  500,  lungo  le  pendici montuose  in  comune  di   Costermano,   Caprino   e   Rivoli.  

Più specificamente il percorso della linea di quota 500 è  il  seguente: segue per breve tratto il confine comunale di Costermano  a  nord  di monte Pozzol, prosegue attraversando Vaio  Boione  e  in  prossimità della località Roncola raggiunge la linea  di  confine  di  Caprino.

Seguendo le pendici del monte di Pesina passa a nord della  località Pianezze, Le Banche di Ordenei, sino a incontrare il vaio dei Lumini; attraversa detto vaio e passa  a  sud  delle  località  Peagne,  ca' Zerman, Casette delle  Pozze  per  giungere  a  nord  della  frazione Vilmezzano sino a incontrare il vaio delle  Giare. 

Attraversando  il vaio delle Giare, percorre  la  strada  che  conduce  alla  località Renzone  e  Vezzane,  attraversa  il  torrente  Tasso  e  giunge   in prossimità di Pozza Galletto sino a toccare la linea di confine  del comune di Rivoli a sud del monte Cordespino.

Da qui segue la linea di confine del comune di Rivoli sino alla località Canal.

Segue  quindi la strada che da detta borgata porta alla località Dogana sulla riva destra dell'Adige e prosegue lungo la stessa riva sino al  ponte  sul canale della soc. Sima a nord-ovest di Bussolengo.

 

B) La zona di produzione di origine più antica delle uve atte  a produrre il vino a denominazione di origine controllata  e  garantita «Bardolino superiore» a cui è  riservato  l'uso  della  tradizionale specificazione aggiuntiva «classico», comprende in tutto o in  parte, i comuni di

Bardolino, Garda, Lazise, Affi, Costermano, Cavaion;

in provincia di Verona.

Tale zona è così delimitata:

a nord dal confine comunale dal  comune  di Garda, fino a Val Tesina toccando quota 153 in prossimita'  di  Monte

Berti.

Segue l'ex confine di Castione lungo il monte Carpene a  quota 277 a nord di località Tavernole, sino  a  toccare  località  Baia; risale per breve tratto la strada comunale  che  da  detta  località porta alla strada provinciale incrociandola a quota  234. 

Da  questo punto ha inizio il limite est. La linea di confine discende lungo  la strada prima detta e il terrapieno della ferrovia  Affi-Caprino  fino ai piedi del monte Moscal (quota 200).

Continua poi a discendere, per un breve tratto con la detta ferrovia, poi con il torrente  Tasso  (o Ri); fino sotto casa Ragano (non lungi da Ponton)  dove  incontra  il confine tra Rivoli e Cavaion.

Lascia poi subito questo confine,  sale a monte Pincio e sempre per linea di cresta  incontra  Ca'  del  Biso (quota 181) e, subito dopo il confine tra Pastrengo e Cavaion, presso casa Faino.

Segue allora questo  confine  e  in  seguito  quello  tra Pastrengo-Bardolino e quello che il comune di Lazise ha in comune con Pastrengo; Bussolengo e  Castelnuovo  fin  sotto  quota  121,  presso Sarnighe.

Abbandonato qui il confine comunale, tocca Sarnighe,  quota 113 e 118, correndo lungo una carrareccia, fino  a  casa  alle  Croci alle porte di Colà.

Per altra carrareccia discende alla località Le Tende e prosegue a quota fino a  incontrare  le  strada  comunale  di

Pacengo a case Fontanafredda.

Segue breve tratto questa  strada,  poi la carrareccia che, toccando quota  107,  passa  sotto  il  paese  di Pacengo e giunge al lago subito sotto il porto.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati  alla produzione  dei  vini  a  denominazione  di  origine  controllata   e garantita «Bardolino Superiore»  devono  essere  quelle  tradizionali della zona, e comunque, atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità. 

Sono  esclusi  i  terreni umidi di fondo valle. I sesti d'impianto, le forme di allevamento  ed i sistemi di potatura  devono  essere  quelli  generalmente  usati  o comunque atti a non modificare le caratteristiche  delle  uve  e  del

vino.

Per gli impiantati realizzati dopo l'approvazione del  presente disciplinare sono ammesse  esclusivamente  le  spalliere  semplici  e doppie.

Il numero minimo di ceppi di vite ettaro e' di 3.300. 

Per  i vigneti già iscritti allo  schedario  viticolo  della  denominazione «Bardolino» alla data di approvazione del presente disciplinare e che non presentano i requisiti di cui ai  precedenti  commi  3  e  4  del presente articolo, e'  tuttavia  consentito  utilizzare  la  presente denominazione per un  ulteriore  periodo  massimo  di  15  anni  alle

condizioni indicate nel comma successivo.

Nel caso in cui  i  vigneti siano allevati con le pergole veronesi a tetto piano e' fatto obbligo della  tradizionale  potatura  a  secco  e  in  verde,  che  assicuri l'apertura della vegetazione nell'interfila e una carica  massima  di 60 mila gemme per ettaro.

Le uve possono essere destinate a  produrre i vini della presente denominazione solo a partire  dal  quarto  anno

dell'impianto.

E'  vietata  ogni  pratica  di  forzatura  e  tuttavia consentita l'irrigazione di soccorso.

 

La produzione massima di uva ad ettaro non deve essere superiore a

9,00 t/ha  di  vigneto  in coltura specializzata.

Nelle annate favorevoli, i quantitativi di uva ottenuti da destinare alla produzione dei vini  di  cui  all'art.  2, devono essere riportati nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermo restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi. 

Le  uve  destinate alla vinificazione devono  assicurare  al  vino  a  denominazione  di origine controllata e  garantita  «Bardolino  Superiore», 

un  titolo alcolometrico volumetrico  naturale  minimo  di  11,00%  vol.  

I conduttori dei vigneti iscritti agli albi  ogni  anno,  tenuto  conto delle caratteristiche di maturazione delle uve  e  sulla  base  anche dell'evoluzione dei mercati, possono,  al  momento  della  vendemmia, optare di rivendicare per  dette  uve  la  denominazione  di  origine controllata «Bardolino».

La Regione Veneto  con  proprio  decreto  su proposta del Consorzio di  tutela  della  denominazione,  sentite  le

organizzazioni di categoria interessate, prima della vendemmia,  può stabilire un limite massimo di utilizzazione di uve per ettaro per la produzione  del  vino  a  denominazione  di  origine  controllata   e garantita «Bardolino  Superiore»,  inferiore  a  quello  fissato  dal presente disciplinare, dandone comunicazione immediata al  competente

organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione e di affinamento secondo i  metodi tradizionali  devono  essere  effettuate  nell'interno   della   zona delimitata nel precedente art. 3, lettera a).

Tuttavia, tenuto  conto delle situazioni tradizionali,  e'  consentito  che  tali  operazioni siano  effettuate  nell'ambito  del  territorio  della  provincia  di Verona.

Le operazioni di vinificazione e di affinamento dei  prodotti destinati  ad  essere  designati  con  la  specificazione  aggiuntiva «classico»,  devono  essere   effettuate   all'interno   della   zona delimitata  nel  precedente  art.  3,  lettera  b). 

Tuttavia,   tali operazioni  sono  consentite  se  autorizzate  dal  Ministero   delle politiche agricole forestali, su richiesta degli interessati e previa istruttoria  della  Regione  Veneto,  anche  nelle  proprie   cantine aziendali oppure nelle cantine cooperative di cui sono soci,  situate al di fuori della predetta zona ma comunque all'interno della zona di produzione  del  vino  a   denominazione   di   origine   controllata «Bardolino» a condizioni che:

1. dette cantine siano di pertinenza delle  rispettive  aziende agricole e, come tali al servizio delle stesse;

2. in dette cantine le  aziende  interessate  vinifichino,  per quanto riguarda la denominazione di  cui  al  presente  disciplinare, soltanto le uve  prodotte  nei  propri  terreni  vitati,  debitamente iscritti all'albo vigneti.

 

La resa massima di uva in vino non deve essere superiore al  70%.

Qualora la resa superi detto limite, ma non il 75%,  l'eccedenza  non ha diritto alla denominazione di  origine  controllata  e  garantita.

Oltre il  75%  decade  il  diritto  della  denominazione  di  origine controllata e garantita.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti,  atte  a  conferire  al

vino le sue peculiari  caratteristiche. 

Il  periodo  di  affinamento obbligatorio per i vini  oggetto  del  presente  disciplinare  è  di almeno

un anno

a decorrere dal 1° novembre dell'annata di produzione.

E'  consentito  che  i  vini  atti  a  essere  designati  con  la denominazione  di  origine   controllata   e   garantita   «Bardolino Superiore» siano posti in commercio per il consumo, prima del termine del periodo obbligatorio di  affinamento,  con  la  denominazione  di origine controllata «Bardolino», purché corrispondano  ai  requisiti

stabiliti   dal   disciplinare   di   produzione   di    quest'ultima denominazione e previa  comunicazione  del  detentore  al  competente organismo di controllo.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I  vini  a  denominazione  di  origine  controllata  e  garantita «Bardolino Superiore», all'atto dell'immissione del  consumo,  devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

colore: rosso rubino, tendente al granato con l'invecchiamento;

profumo: caratteristico;

sapore: asciutto, sapido, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo 22,00 g/l;

In relazione all'eventuale conservazione in recipienti di  legno, il sapore dei vini puo' rivelare lieve sentore di legno.

E' facoltà del  Ministero  delle  politiche  agricole  forestali modificare,  con  proprio  decreto,  i  limiti  sopra  indicati   per l'acidità totale e l'estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata e garantita  «Bardolino Superiore» è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione  diversa da quelle  previste  dal  presente  disciplinare,  ivi  compresi  gli aggettivi e gli attributi «extra», «fine», «scelto» e «selezionato» e simili.

E' consentito, altresì, l'uso di indicazioni  toponomastiche aggiuntive  che  facciano  riferimento   alla   vigna   dalle   quali effettivamente provengono le uve da cui il vino così qualificato  è stato ottenuto a condizione che:

Vengano indicate all'atto della denuncia  all'albo  vigneti  in modo che possano essere evidenziate separatamente;

Siano oggetto di specifica denuncia  annuale  delle  uve  siano vinificate separatamente e i relativi  vini  siano  presi  in  carico separatamente nei registri obbligatori di cantina nel rispetto  della normativa vigente.

E' consentito l'uso di indicazioni  che  facciano  riferimento  a nomi aziendali o ragioni sociali o marchi privati purche' non abbiano significato  laudativo  o  non  siano  tali  da  trarre  in   inganno l'acquirente.

Per  il  vino  «Bardolino  Superiore»  è  obbligatorio  indicare l'annata di produzione delle uve da cui il vino cosi' qualificato  è stato ottenuto.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

L'uso della  denominazione  controllata  e  garantita  «Bardolino Superiore» è consentita all'atto dell'immissione al consumo,  per  i vini contenuti in recipienti di volume pari a litri 0.75 e  1.50. 

Le bottiglie contenenti vino «Bardolino Superiore» devono presentare  un abbigliamento consono ai tradizionali caratteri di un vino di  pregio e chiuse con tappi raso bocca in sughero, tuttavia per  le  bottiglie fino a 0,375 litri e' consentito anche l'uso del tappo a vite.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

a) Specificità della zona geografica

Fattori naturali

Il Bardolino Superiore DOCG è prodotto delle colline moreniche della sponda orientale del lago di Garda che hanno avuto origine dai ghiacciai che modellarono il territorio, lasciando evidente traccia di sé in una serie di rilievi collinari concentrici affacciati verso il Garda, dotati di suoli estremamente variabili, tendenzialmente ghiaiosi e profondi.

I terreni collinari dei versanti rivolti a nord sono normalmente ricoperti di boschi, mentre gli altri, grazie alla felice esposizione, ospitano vigneti e oliveti.

I suoli, in relazione alla loro composizione e struttura, a fine inverno si riscaldano abbastanza velocemente, consentendo lo sviluppo precoce dei germogli, la fioritura, l’allegagione e l’invaiatura che decorrono con ritmo regolare, permettendo un’adeguata maturazione dei grappoli e dei tralci anche nelle annate climaticamente più difficili.

All’interno dell’area il clima è influenzato dalla presenza della grande massa d’acqua del lago di Garda, nonché, a nord, dalla presenza del massiccio del monte Baldo e dalla vallata del fiume Adige. In linea generale, il clima della zona è caratterizzato da estati calde ma non afose e inverni miti, tanto da permettere anche la coltivazione dell’olivo, ed essere considerato un clima “mediterraneo”.

All’interno della zona di produzione si distingue l’area Classica attorno al comune di Bardolino, ossia la zona di più antica tradizione, che essendo più prossima al lago presenta delle caratteristiche climatiche e ambientali particolari.

Fattori storici e umani

I riferimenti storici del Bardolino Superiore, oggi DOCG, si rifanno a quelli del Bardolino, con testimonianze risalenti sia al periodo romanico che a quello medievale.

È nel XIX secolo che la produzione vinicola della zona incomincia ad essere identificata esplicitamente con il nome di “Bardolino” e, in particolare, a connotarsi con la presenza di piccole partite di vino capaci di più prolungato invecchiamento, considerate “superiori”.

I primi riferimenti al Bardolino Superiore sono evidenziati nel 1897 dallo scrittore bresciano Solitro, che individua l’invecchiamento del Bardolino “di fabbricazione più accurata e soprattutto di tipo più stabile”, e dunque adatto in alcuni casi ad un leggero invecchiamento. Anche il Perez, in un testo pubblicato nel 1900, evidenzia la tipologia “superiore” nelle cantine di Garda dove i vini si “conservavano d’estate in attesa del rialzo dei prezzi”.

Nel 1926 viene costituito il primo “Consorzio di difesa del vino tipico Bardolino”, su base volontaria.

Testi degli anni ‘30 della Stazione Sperimentale di Viticoltura e Enologia di Conegliano evidenziano che “nelle migliori annate, se ben lavorato, il Bardolino può anche subire un breve invecchiamento: risulta allora un buon vino superiore, dal colore rosso granato tendente all’aranciato, dotato di un intenso profumo gradevole e dal sapore che ricorda il tipo fino, ma con caratteristiche di vino vecchio”.

Negli “Annali della Sperimentazione Agraria” editi negli anni ’30 dalla stessa Stazione Sperimentale, relativamente al Bardolino si legge anche che “in qualche cantina padronale ed industriale un certo quantitativo delle partite migliori viene passato all’invecchiamento, ottenendone un buon vino superiore”.

Con il riconoscimento della denominazione di origine controllata del Bardolino (DM 28 maggio 1968), venne consentito l’uso della menzione tradizionale “Superiore” per determinati vini provenienti da vigneti particolarmente vocati, gestiti in modo da ottenere, con rese più contenute, uve più zuccherine e idonee ad un periodo di invecchiamento.

La necessità di identificare questa particolare produzione del Bardolino, nel 2001, con DM 1 agosto, venne attribuita dal Ministero la denominazione di origine controllata e garantita per il Bardolino Superiore, primo vino rosso del

Veneto ad ottenere tale riconoscimento.

Le prime bottiglie di Bardolino Superiore recanti l’etichetta e il contrassegno di Stato della DOCG sono state presentate al mercato sul finire del 2002.

Le aziende del territorio del Bardolino che producono il Bardolino Superiore DOCG, scelgono, nell’ambito dei terreni aziendali, i vigneti destinati a produrre le uve in relazione alla posizione ed esposizione dei suoli, che devono essere ben esposti a sud o sud-est, caldi, magri, con poca disponibilità di acqua, ben equilibrati, con appropriati sesti d’impianto.

I viticoltori generalmente impiegano la doppia cortina nel caso dei terreni pianeggianti, oppure le potature a Guyot nei terreni collinari in pendio.

I vigneti sono inoltre caratterizzati da buone fittezze d’impianto e da produzioni per ceppo molto contenute. I produttori impiegano vitigni autoctoni per la quasi totalità, in particolare la Corvina Veronese, affiancata dalla Rondinella nei biotipi meno produttivi, con bacche di dimensioni ridotte, con mosti ricchi di zuccheri e di polifenoli. L’obiettivo è quello di ottenere uve a contenuto zuccherino abbastanza elevato, in modo da favorire la produzione di vini dotati di buon potenziale di invecchiamento nel medio periodo.

A partire dall’invaiatura dei grappoli, viene posta particolare attenzione alla curva di maturazione allo scopo di cogliere il momento di vendemmia ideale.

La stessa attenzione viene posta anche in cantina, dove, affianco alle tecniche tradizionali di vinificazione, vengono utilizzate le fermentazioni prolungate, follature continue, maggiore sosta sulla vinaccia, al fine di cogliere tutte

le potenzialità di profumi e sostanze polifenoliche presenti in queste uve perfettamente mature.

 

b) Specificità del prodotto

Il Bardolino Superiore DOCG, sottoposto ad un periodo di affinamento, raggiunge pienezza di profumi e sapori, mantenendo le sue caratteristiche di freschezza e di bevibilità.

Come scrivevano alcuni esperti “Il Bardolino Superiore è un vino dove, riducendo la produzione e ricorrendo

all’affinamento, si ottiene una concentrazione degli aromi e dei profumi, tale da marcarne l’identità ed elevarne la qualità”.

Il Bardolino Superiore viene inoltre descritto, da vari giornalisti del settore, con le seguenti caratteristiche: “Colore rubino intenso dai riflessi granato, profumi di piccoli frutti rossi, fiori e spezie, gusto sapido, di piccola struttura, con accenni fruttati; piccola longevità”.

Sotto il profilo delle sensazioni organolettiche, è infatti soprattutto il mix di piccoli frutti derivanti dalle varietà coltivate, con delle variazioni che sono espressione delle diversificazioni climatiche e ambientali nell’area di produzione. Vengono così esaltati i sapori di spezia (provenienti sia dalle varietà di vitigni - la Corvina in particolare - sia dalla composizione dei suoli) e di freschezza (spesso riconducibile alla grande variabilità dei terreni) a contraddistinguere il Bardolino Superiore, che propone ricordi di ciliegia, marasca, fragola matura, mora e memorie speziate di cannella,

chiodo di garofano, pepe nero.

 

c) Legame causa effetto fra ambiente e prodotto

Il clima mite e arieggiato del lago di Garda, le piogge estive contenute, le irrigazioni razionali, la felice esposizione dei terreni, sono elementi determinanti per la maturazione ottimale delle uve destinate alla produzione del Bardolino Superiore DOCG.

Sui terreni più vicini alla fascia costiera del lago, che determina un clima particolarmente mite e caratterizzato da buone escursioni termiche fra il giorno e la notte, i vini presentano una buona maturazione fenolica e spiccati sentori fruttati di fragola e di lampone.

I suoli di natura morenica, la loro struttura diversificata e la composizione chimica in genere non particolarmente ricca, conferiscono al vino Bardolino Superiore, una maggiore struttura nonché la peculiare caratteristica di sapidità e bevibilità.

Alcuni fattori specifici dei terreni all’interno della zona di produzione, permettono di far apprezzare, ai consumatori più esperti, sentori peculiari come quelli di viola nei suoli ghiaioso sabbiosi

di ridotto spessore, di ciliegia nella zona meridionale di minore piovosità e clima estivo mediamente più caldo, nonché note speziate e una maggiore acidità nei terreni a substrato roccioso della fascia contigua alla dorsale del monte Baldo e la valle dell’Adige. Le particolari condizioni climatiche e ambientali della zona Classica, attinente il lago, permettono di ottenere un vino fruttato, maggiormente orientato verso la fragola e il lampone con profumi intensi.

Per ottenere il Bardolino Superiore DOCG i viticoltori riducono la quantità di grappoli per ceppo, in modo da ottenere, già in vigneto, una resa più bassa per ettaro e un’uva più concentrata; nel rinnovo delle singole vigne o degli impianti, i produttori selezionano i cloni meno vigorosi, che danno frutti ricchi di aromi.

La riduzione delle rese e gli altri fattori citati consentono di ottenere un vino dotato di maggiore struttura rispetto alle altre produzioni della zona e, di conseguenza, anche di maggiore longevità per l’invecchiamento.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

Organismo di Controllo:

Siquria srl, Via Mattielli 11

Soave Verona 37038 (VR) Italy

Tel. 045 4857514 Fax: 045 6190646

e.mail: info@siquria.it

La Società Siquria è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato

articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 3).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VIGNETI CAVAION

VIGNETI CAVAION

 

BARDOLINO

D.O.C.

Decreto 8 novembre 2011

Modifica Decreto 12 settembre 2013

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo

Denominazione.

 

La denominazione di origine controllata “Bardolino” è riservata ai vini

 

Bardolino,

Bardolino classico, 

Bardolino  Chiaretto, 

Bardolino classico Chiaretto,

Bardolino Chiaretto spumante,

Bardolino novello

Bardolino classico novello 

 

che  rispondono  alle  condizioni  ed  ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata «Bardolino»  devono essere ottenuti  dalle  uve  provenienti  dai  vitigni  presenti  nei vigneti in ambito aziendale, nella percentuale appresso indicata:

 

Corvina veronese (Cruina o Corvina) 35-80%

è  tuttavia  ammesso nella misura massima del 20% la presenza della varietà Corvinone  in sostituzione di una pari percentuale di Corvina,

Rondinella 10-40%;

Molinara fino ad un massimo del 15%,

possono concorrere inoltre alla produzione di detti  vini,  anche  le uve provenienti dai vitigni a bacca  rossa,  non  aromatici,  ammessi alla coltivazione per la provincia di Verona, fino ad un massimo  del 20% del totale, con un  limite  massimo  del  10%  per  ogni  singolo vitigno utilizzato.

I vigneti già iscritti al relativo albo  alla data di approvazione del presente disciplinare, sono idonei  alla  produzione

dei vini «Bardolino».

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

a).La zona di produzione delle uve  atte  a  produrre  i  vini  a denominazione di origine controllata «Bardolino» comprende in tutto o in parte i territori dei comuni di

Bardolino,  Garda,  Lazise,  Affi, Costermano, Cavaion, Torri  del  Benaco,  Caprino,  Rivoli  Veronese, Pastrengo, Bussolengo, Sona, Sommacampagna,  Castelnuovo,  Peschiera, Valeggio.

In provincia di Verona

 

Tale zona  è  così

delimitata: partendo a nord di Bussolengo dal ponte sul canale  della società Sima, nelle immediate vicinanze  della  centrale  elettrica; segue per breve tratto la strada provinciale Verona-Lago, percorre la strada detta del «Gabanel» toccando le  località  Casetta  Colombare sino all'incrocio della strada  che  scende  dalla  località  Pigno.

Segue il tracciato di  detta  strada  sino  a  località  Lughetto  a quota 167, incontra e attraversa il  limite  di  confine  territoriale Bussolengo-Sona  e  prosegue  in  direzione  di  Palazzolo   toccando località S. Giustina,  segue  la  strada  denominata  della  Rotonda toccando località Pozzo del Ghetto sino  a  giungere  al  ponte  sul canale del consorzio Alto Veronese. 

Segue  detto  canale  sino  alla statale n. 11, risale  a  destra  per  breve  tratto  detta  statale, imbocca la strada che  porta  a  località  Case-Nuove,  percorre  la carrareccia della Rugola seguendo la  unghia  di  collina  del  monte Corno sino alla località scuole  comunali  di  Soria. 

Si inserisce nella strada comunale della Lova che segue sino intersecare il primo canale secondario del consorzio Alto Veronese; percorre detto canale toccando località Rainera, e proseguendo fino alla stazione FF.SS. di Sommacampagna. 

Dalla  stazione  segue  la  strada  che  porta  al capoluogo di Sommacampagna che attraversa per inserirsi nella viabile

che porta a Custoza, percorrendola sino alla località Staffalo,  per deviare a sinistra lungo la strada che porta alla  località  Boscone sino al punto di intersecare il canale principale del consorzio  Alto Veronese.

Seguendo il percorso  del  canale,  passa  nelle  vicinanze della località Fiozza e Ca' del Magro sino a  giungere  a  località Campanella. In  prossimità  di  località  Campanella  abbandona  il canale  consorziale  per  seguire  la  carrareccia  che  porta   alle località Colombara e Fenili.

Da località Fenili  dirotta  a  destra seguendo la strada che attraversa località Gardoni e successivamente si inserisce sulla strada Valleggio - Santa Lucia, che segue sino  al capoluogo di Valleggio da dove prosegue seguendo la viabile che porta verso Monzambano.

Percorre, verso  Monzambano,  la  succitata  strada sino a incontrare il primo passaggio  a  livello  in  prossimità  di

quota sessantaquattro.

Da questo imbocca la viabile  che  porta  alla località Fornelletti e attraversando detta località prosegue sino a

intersecare la strada di Valeggio-Salionze (quota 99),  che  percorre sino  alla  località  Salionze  e  proseguendo   oltre   arriva   in prossimità di Peschiera sino a toccare la sponda orientale del  lago di Garda nel punto in  cui  inizia  il  corso  dell'estuario  Mincio.

Dall'estuario Mincio risale seguendo la sponda orientale del lago  di Garda toccando Lazise, Cisano, Bardolino, Garda, Punta  S.  Virgilio, sino ad arrivare al centro abitato di Torri  del  Benaco,  dirotta  a destra  imboccando  la  strada  comunale  panoramica  che  da   detta località toccando le borgate di Costa e Albisano e sale sinuosamente

con tornanti sino ad inserirsi sulla strada provinciale di S. Zeno di Montagna.

Da questo  punto  la  delimitazione  nord  della  zona  del Bardolino segue la curva di  livello  quota  500,  lungo  le  pendici montuose  in  comune  di   Costermano,   Caprino   e   Rivoli.  

Più specificamente il percorso della linea di quota 500 è  il  seguente: segue per breve tratto il confine comunale di Costermano  a  nord  di monte Pozzol, prosegue attraversando Vaio  Boione  e  in  prossimità della località Roncola raggiunge la linea  di  confine  di  Caprino.

Seguendo le pendici del monte di Pesina passa a nord della  località Pianezze, Le Banche di Ordenei, sino a incontrare il vaio dei Lumini; attraversa detto vaio e passa  a  sud  delle  località  Peagne,  ca' Zerman, Casette delle  Pozze  per  giungere  a  nord  della  frazione Vilmezzano sino a incontrare il vaio delle  Giare. 

Attraversando  il vaio delle Giare, percorre  la  strada  che  conduce  alla  località Renzone  e  Vezzane,  attraversa  il  torrente  Tasso  e  giunge   in prossimità di Pozza Galletto sino a toccare la linea di confine  del comune di Rivoli a sud del monte Cordespino.

Da qui segue la linea di confine del comune di Rivoli sino alla località Canal.

Segue  quindi la strada che da detta borgata porta alla località Dogana sulla riva destra dell'Adige e prosegue lungo la stessa riva sino al  ponte  sul canale della soc. Sima a nord-ovest di Bussolengo.

 

B) La zona di produzione di origine più antica delle uve atte  a produrre il vino a denominazione di origine controllata  e  garantita «Bardolino superiore» a cui è  riservato  l'uso  della  tradizionale specificazione aggiuntiva «classico», comprende in tutto o in  parte, i comuni di

Bardolino, Garda, Lazise, Affi, Costermano, Cavaion;

in provincia di Verona.

Tale zona è così delimitata:

a nord dal confine comunale dal  comune  di Garda, fino a Val Tesina toccando quota 153 in prossimità  di  Monte

Berti.

Segue l'ex confine di Castione lungo il monte Carpene a  quota 277 a nord di località Tavernole, sino  a  toccare  località  Baia; risale per breve tratto la strada comunale  che  da  detta  località porta alla strada provinciale incrociandola a quota  234. 

Da  questo punto ha inizio il limite est. La linea di confine discende lungo  la strada prima detta e il terrapieno della ferrovia  Affi-Caprino  fino ai piedi del monte Moscal (quota 200).

Continua poi a discendere, per un breve tratto con la detta ferrovia, poi con il torrente  Tasso  (o Ri); fino sotto casa Ragano (non lungi da Ponton)  dove  incontra  il confine tra Rivoli e Cavaion.

Lascia poi subito questo confine,  sale a monte Pincio e sempre per linea di cresta  incontra  Ca'  del  Biso (quota 181) e, subito dopo il confine tra Pastrengo e Cavaion, presso casa Faino.

Segue allora questo  confine  e  in  seguito  quello  tra Pastrengo-Bardolino e quello che il comune di Lazise ha in comune con Pastrengo; Bussolengo e  Castelnuovo  fin  sotto  quota  121,  presso Sarnighe.

Abbandonato qui il confine comunale, tocca Sarnighe,  quota 113 e 118, correndo lungo una carrareccia, fino  a  casa  alle  Croci alle porte di Colà.

Per altra carrareccia discende alla località Le Tende e prosegue a quota fino a  incontrare  le  strada  comunale  di

Pacengo a case Fontanafredda.

Segue breve tratto questa  strada,  poi la carrareccia che, toccando quota  107,  passa  sotto  il  paese  di Pacengo e giunge al lago subito sotto il porto.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati  alla produzione  dei  vini  a   denominazione   di   origine   controllata «Bardolino» devono essere quelle tradizionali della  zona,  comunque, atte  a  conferire  alle  uve  ed  al  vino  derivato  le  specifiche caratteristiche.

I sesti d'impianto, le forme  di  allevamento  ed  i sistemi  di  potatura  devono  essere  quelli  generalmente  usati  e comunque atti a non modificare le caratteristiche  delle  uve  e  del vino.

Per  i  vigneti  piantati  dopo   l'approvazione   del   presente disciplinare sono ammesse solo le forme di  allevamento  a  spalliera semplice e doppia e la tradizionale pergoletta inclinata  unilaterale aperta.

La densità  minima  di  impianto  per  ettaro  non  deve  essere inferiore a 3.300 ceppi.

Per  vigneti  piantati  prima  dell'approvazione   del   presente disciplinare e allevati con le pergole  veronesi  a  tetto  piano  è fatto obbligo della tradizionale potatura a secco  e  in  verde,  che assicuri l'apertura della vegetazione  nell'interfila  e  una  carica massima di 80 mila gemme per  ettaro. 

E'  vietata  ogni  pratica  di forzatura è tuttavia consentita l'irrigazione di soccorso. 

 

La  resa massima di uva ammessa per la produzione dei vini di cui  all'art.  1 non deve essere superiore a

13,00 t/ha di  vigneto  a  coltura specializzata.

In annate eccezionalmente favorevoli, la  resa  dovrà essere riportata a detto limite purché la produzione non superi  del 20% il limite medesimo.

Fermo restando il  limite  sopraindicato,  la resa  per  ettaro  nella  coltura  promiscua  deve  essere  calcolata

rapportando la effettiva superficie coperta dalla vite.

La regione Veneto con proprio decreto, su proposta del  Consorzio di tutela della denominazione, sentite le organizzazioni di categoria interessate, prima della vendemmia, può stabilire un limite  massimo di utilizzazione di uva per ettaro  per  la  produzione  dei  vini  a denominazione di origine controllata «Bardolino» inferiore  a  quello

fissato dal presente disciplinare dandone comunicazione immediata  al competente  organismo   di   controllo.  

Le   uve   destinate   alla vinificazione  del  vino  a  denominazione  di  origine   controllata «Bardolino» devono assicurare

un titolo  alcolico  volumico  naturale minimo di 9,50% vol.

I vigneti iscritti allo schedario viticolo della denominazione di origine controllata e garantita  «Bardolino»  superiore  sono  idonei anche per  produrre  vini  a  denominazione  di  origine  controllata «Bardolino», alle condizioni stabilite dal presente  disciplinare  di produzione. 

Entro  i  termini  previsti  dalla   normativa   vigente successivi alle operazioni di scelta vendemmiale  di  cui  sopra,  si

deve provvedere ad annotare nei  registri  ufficiali  di  cantina  le partite  di  uve  e  la  collocazione  dei  mosti  ottenuti  e  darne comunicazione al competente organismo di controllo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le  operazioni  di   vinificazione   devono   essere   effettuate nell'interno della zona delimitata nel precedente art. 3, lettera a).

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali,  e'  consentito che tali operazioni siano effettuate nell'ambito del territorio della provincia di Verona.

E' in facoltà del Ministero  per  le  politiche agricole e  forestali  -  Comitato  nazionale  per  la  tutela  e  la

valorizzazione delle denominazioni di  origine  e  delle  indicazioni geografiche  tipiche  dei  vini,  previa  istruttoria  della  regione Veneto, qualora la situazione di produzione o di mercato lo richieda, di consentire, stabilendo le opportune modalità di controllo, che le operazioni di vinificazione siano effettuate  nei  comuni  limitrofi, alla zona  delimitata  nel  precedente  art.  3,  lettera  a). 

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le  pratiche  enologiche  locali, leali  e  costanti,  atte  a  conferire  al  vino  le  sue  peculiari caratteristiche.

Qualora le uve di cui all'art. 2, vengano vinificate con la metodologia tradizionale a parziale contatto con la buccia, e'

concesso al vino ottenuto, in considerazione del suo colore, l'uso in etichetta della specificazione «Chiaretto».

Il vino  a  denominazione di  origine  controllata  e  garantita  «Bardolino»  superiore  prima dell'immissione  al  consumo  può  essere  designato  come  vino   a denominazione di origine controllata «Bardolino» sempre che  il  vino abbia  i  requisiti  previsti  per  la   denominazione   di   origine controllata. 

Entro  i  termini  previsti  dalla  normativa   vigente successivi alla variazione di designazione  di  cui  sopra,  si  deve

provvedere ad annotare nei registri ufficiali di cantina  le  partite dei mosti e dei vini di che trattasi e la loro collocazione  e  darne comunicazione  all'Ispettorato  repressione  frodi   competente   del territorio  e  alla  Camera  di  commercio  di  Verona. 

L'uso  della specificazione «classico» in aggiunta della denominazione di  origine controllata «Bardolino», è riservato al  prodotto  ottenuto  da  uve raccolte e  vinificate  all'interno  del  territorio  della  zona  di origine più antica, indicata  al  precedente  art.  3,  lettera  b).

Tuttavia tali operazioni sono consentite se autorizzate dal Ministero delle politiche agricole e forestali, su richiesta degli  interessati e previa istruttoria della regione Veneto, anche in  cantine  situate al di fuori della predetta zona ma comunque all'interno della zona di produzione  del  vino  a   denominazione   di   origine   controllata «Bardolino», a condizioni che:

1) dette cantine siano di pertinenza delle  rispettive  aziende agricole e, come tali, al servizio delle stesse;

2) in dette cantine le  aziende  interessate  vinifichino,  per quanto riguarda la denominazione  di  cui  al  presente  disciplinare soltanto le uve  prodotte  nei  propri  terreni  vitati,  debitamente iscritti allo schedario viticolo.

La resa massima di uva in vino non deve essere superiore al  70%.

Qualora la resa superi detto limite, ma non il 75%,  l'eccedenza  non ha diritto alla denominazione di origine controllata. 

Oltre  il  75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata.

La denominazione di origine controllata «Bardolino»  può  essere utilizzata per designare al vino spumante  «chiaretto»  ottenuto  con mosti o vini che rispondono alle  condizioni  previste  dal  presente disciplinare   ed   utilizzando   metodi   di   spumantizzazione    a fermentazione naturale.

Tale tipologia deve essere commercializzata nei tipi brut, extra, dry e dry.

Le operazioni di spumantizzazione  debbono  avvenire  nell'ambito del territorio delle province di Verona, Treviso, Asti e Brescia. 

Il vino   a   denominazione   di   origine   controllata    «Bardolino»,

imbottigliato entro il 31 dicembre dell'annata  di  produzione  delle uve,

può essere designato in  etichetta  con  il  termine  «novello» purché prodotto con l'85% di uva a macerazione carbonica.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I  vini  della  denominazione  di  origine  controllata,  di  cui all'art.  1  del  presente  disciplinare  di   produzione,   all'atto dell'immissione  al  consumo  devono  corrispondere   alle   seguenti caratteristiche:

 

«Bardolino» e «Bardolino classico»:

colore: rosso rubino tendente a volte  al  cerasuolo  che  si trasforma in granato con l'invecchiamento;

profumo: caratteristico, vinoso;

sapore: asciutto, sapido, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l;

 

«Bardolino Chiaretto» e «Bardolino classico Chiaretto»:

colore: rosa tendente al granato con l'invecchiamento;

profumo: caratteristico, fruttato, delicato;

sapore: morbido, sapido, armonico;

titolo alcolometrico totale minimo: 10,50% vol.;

zuccheri riduttori residui: massimo 9,00 g/l;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l;

 

«Bardolino Chiaretto spumante»:

spuma: sottile con grana fine e persistente;

colore: rosa tendente al granato con l'invecchiamento;

profumo: caratteristico, delicato;

sapore: morbido, sapido, leggermente acidulo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,5% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l;

 

«Bardolino novello» e «Bardolino classico novello»:

colore: rosso rubino chiaro;

profumo: caratteristico intenso fruttato;

sapore: asciutto, morbido, sapido,  leggermente  acidulo  fresco, talvolta leggermente vivace;

titolo alcolometrico volumico totale minimo 11,00% vol.;

zuccheri riduttori residui: massimo: 10,00 g/l.

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo:17,00 g/l;

 

In relazione all'eventuale conservazione in recipienti di  legno, ove consentito, il sapore dei vini puo'  rivelare  lieve  sentore  di legno.

E' in facoltà del Ministero delle politiche  agricole  forestali modificare,  con  proprio  decreto,  i  limiti  sopra  indicati   per l'acidità totale e l'estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata dei vini «Bardolino» è vietata l'aggiunta di  qualsiasi  qualificazione  diversa  da  quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi e  gli attributi «extra», «fine», «scelto» e «selezionato» e  simili. 

Sulle bottiglie, fiaschi e altri recipienti contenenti vino a denominazione di  origine  controllata  «Bardolino»,  può  figurare  l'indicazione dell'annata   di   produzione   delle   uve   purché   veritiera   e documentabile.

Per i vini a denominazione di origine controllata «Bardolino», ad esclusione  della  tipologia  «Chiaretto   spumante»,   deve   essere obbligatoriamente indicata l'annata di produzione delle uve da cui il vino così qualificato è stato  ottenuto. 

E'  consentito  l'uso  di indicazioni che facciano riferimento ai nomi, ragioni sociali, marchi privati non aventi significato laudativo e non  idonei  a  trarre  in inganno il consumatore.

 

Articolo 8

confezionamento

 

Per i vini a denominazione di origine controllata "Bardolino" immessi al consumo fino a litri 5, è obbligatorio l'uso delle tradizionali bottiglie e fiaschi di vetro.
E' consentito inoltre per il confezionamento della tipologia del vino DOC "Bardolino", senza alcuna specificazione aggiuntiva, l'uso dei contenitori alternativi al vetro costituiti da un otre in materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido, nei volumi da 2 a 3 litri.

Per il vino a denominazione di  origine  controllata  «Bardolino» designato in etichetta con una  delle  seguenti  menzioni  aggiuntive previste  dal  presente  disciplinare  di   produzione:   «classico»,

«classico  Chiaretto»,  è  obbligatorio  l'uso  delle   tradizionali bottiglie e fiaschi fino a litri 5 chiuse con tappo  raso,  bocca  in sughero o altri materiali consentiti; tuttavia per le bottiglie  fino a 0,375 è consentito anche l'uso del tappo a vite.

Per il vino a denominazione di  origine  controllata  «Bardolino» designato in etichetta con una  delle  seguenti  menzioni  aggiuntive previste  dal  presente  disciplinare  di  produzione:  «novello»   e «classico novello» è obbligatorio l'uso delle tradizionali bottiglie e fiaschi fino a litri 1,5 chiuse con tappo raso, bocca in sughero  o

altri materiali consentiti; tuttavia per le bottiglie fino a 0,375 è consentito anche l'uso del tappo a vite.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

a) Specificità della zona geografica

Fattori naturali

Il Bardolino è prodotto delle colline moreniche della sponda orientale del lago di Garda che hanno avuto origine dai ghiacciai che modellarono il territorio, lasciando evidente traccia di sé in una serie di rilievi collinari concentrici affacciati verso il Garda, dotati di suoli estremamente variabili, tendenzialmente ghiaiosi e profondi.

I terreni posti al lato nord dei pendii collinari sono normalmente ricoperti di boschi, mentre quelli posti a sud, est e ovest, con una felice esposizione dei terreni ospitano vigneti e oliveti.

I terreni, grazie alla loro composizione e struttura, a fine inverno si riscaldano abbastanza velocemente, consentendo lo sviluppo precoce dei germogli, la fioritura, l’allegagione e l’invaiatura che decorrono con ritmo regolare, permettendo lo sviluppo e l’adeguata maturazione dei grappoli e dei tralci anche nelle annate climaticamente più difficili.

All’interno dell’area il clima è influenzato dalla presenza della grande massa d’acqua del lago di Garda, ma anche dalla presenza verso nord del massiccio del monte Baldo e dalla vallata del fiume Adige.

In linea generale, il clima della zona è caratterizzato da estati calde ma non afose e inverni miti, tanto da permettere anche la coltivazione dell’olivo, ed essere considerato un clima “mediterraneo”.

All’interno della zona di produzione si distingue l’area Classica attorno al comune di Bardolino, ossia la zona di più antica tradizione, che essendo più prossima al lago presenta delle caratteristiche climatiche e ambientali particolari.

Fattori storici e umani

Ritrovamenti archeologici dell’età del bronzo, reperti romani per l’uso del vino nei riti religiosi, raffigurazioni di grappoli nelle chiese medioevali, documenti di compravendite di vigneti, nonché scritti di autori famosi del XV secolo, testimoniano la lunga ed ininterrotta tradizione vitivinicola della zona del Bardolino.

È nel XIX secolo che la produzione vinicola della zona incomincia ad essere identificata esplicitamente con il nome di “Bardolino”, con le prime analisi chimiche effettuate nel 1873.

Come testimonia nel 1897 lo scrittore bresciano Giuseppe Solitro, “Tra i più reputati della regione sono quelli di Bardolino, che questo nome corron tutta l’Italia e competono con i migliori della penisola”. Giovanni Battista Perez, in un testo pubblicato nel 1900, descrive il vino “di tinta rosso-chiara” del distretto di Bardolino, soffermandosi sulle caratteristiche organolettiche della produzione delle varie località di quella che è l’attuale area del Bardolino.

Alcuni autori nei primi anni del 1900 caratterizzavano il Bardolino, come “salatino”, oppure “asciutto e leggero, dotato di una sottile sapidità”, peculiarità che tutt’oggi differenzia il Bardolino da vini simili ottenuti nelle zone limitrofe.

Per quanto riguarda il vino Chiaretto, tipico della zona, la tradizione vuole che la formula per la sua preparazione sia stata elaborata nel 1896 sul lago di Garda dal senatore, avvocato e scrittore veneziano Pompeo Molmenti, che sembra avesse appreso in Francia la tecnica della vinificazione “in bianco” delle uve rosse: Zeffiro Bocci nel 1970 scriveva che “nelle zone viticole veronesi adiacenti al Benaco, si è sempre prodotto un Chiaretto del Garda ben definito”.

Nel 1926 viene costituito il primo “Consorzio di difesa del vino tipico Bardolino”. Studi pedologici degli anni ’30 individuano, nel contesto del territorio della denominazione Bardolino, la zona denominata Classica.

Nel 1937 viene istituito il “Consorzio di difesa per la tutela dei vini pregiati veronesi”, indicando fra le tipologie tutelate il Bardolino. Negli anni ’40 e ’50 bottiglie di vino etichettate come “Bardolino” o “Bardolino Extra” vengono già esportate negli Stati Uniti.

La storia moderna del Bardolino ha ufficialmente origine il 28 maggio 1968, data di approvazione del Decreto presidenziale che istituisce la Denominazione d’origine protetta “Bardolino” e l’anno successivo viene istituito il Consorzio di tutela del vino Bardolino.

Grazie alla sua precisa identità storica e la sua qualità, oggi la denominazione Bardolino è conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, dove viene venduto oltre il 60% del prodotto.

Fattori umani

Le capacità dei produttori del Bardolino si esprimono, in particolar modo, nel saper valorizzare le peculiarità delle due varietà autoctone Corvina Veronese e Rondinella, che meglio consentono di interpretare le caratteristiche tradizionali del Bardolino sia in vigna che in cantina; l’esperienza degli operatori permette loro di individuare i momenti ideali della maturazione delle uve in relazione ai prodotti da ottenere, primo fra tutti il Chiaretto, il prodotto che rappresenta la

denominazione.

I produttori hanno ulteriormente affinato le tecniche tradizionali sviluppando i due diversi sistemi tradizionali di lavorazione delle uve, la cui scelta dipende anche dall’andamento climatico e dalle richieste del mercato.

I produttori, tradizionalmente, o effettuano le vendemmie separate delle uve destinate al Chiaretto (da raccogliere anticipatamente) rispetto a quelle delle altre tipologie, oppure utilizzano la tecnica del “salasso” sui mosti destinati al Bardolino (il processo prevede di prelevare una certa quantità di mosto dalla vasca di macerazione delle uve rosse, continuando la vinificazione in assenza di bucce).

In entrambi i casi gli operatori pongono grande attenzione alla conservazione dell’integrità del colore, che costituisce una delle caratteristiche salienti dei vini rosati, all’esaltazione delle sensazioni di piccoli frutti di bosco tipici dei vitigni

tradizionali della zona, fragola e lampone in particolare, ed alla presenza di una considerevole freschezza. Partendo dalle particolari caratteristiche del Chiaretto i produttori delle zona hanno affinato la tecnica di elaborazione nella versione spumante.

 

b) Specificità del prodotto

Le caratteristiche essenziali del Bardolino sono costituite dalla freschezza, dai profumi di piccoli frutti e di spezia, dalla considerevole bevibilità e abbinabilità, dal carattere giovanile, caratterizzato da un tipico sentore di “salatino” o salato, come testimoniato da numerosi esperti fin dal 1900.

Il Bardolino è un vino di colore rosso rubino brillante, con profumi fruttati e fragranti e note di ciliegia, marasca, fragola, lampone, ribes, mora ed eleganti accenni di spezie (cannella, chiodo di garofano, pepe nero). Il gusto è asciutto, morbido, caratterizzato dalle medesime sensazioni di frutta rossa croccante e di piccolo frutto percepite all’olfatto, speziato, dotato di equilibrio, freschezza, e considerevole bevibilità.

È, per eccellenza, uno vino quotidiano, giovanilmente brioso, dell’inimitabile sapore salino.

Il Chiaretto è la versione rosata del Bardolino: viene ottenuto con la vinificazione “in rosa” delle uve, ossia con una minima macerazione delle bucce, che così rilasciano al mosto solo una parte delle loro sostanze coloranti naturali. Da qui il caratteristico colore rosa brillante.

All’olfatto il Chiaretto richiama delicati profumi di piccoli frutti di bosco (lampone, ribes, mirtillo, fragolina),

accompagnati da sottilissime venature speziate (cannella, chiodo di garofano, vaniglia). Al palato offre succose sensazioni di piccolo frutto rosso, unite ad una invidiabile freschezza giovanile.

La versione spumante è ottenuta con metodi a fermentazione naturale.

Per le loro caratteristiche di leggerezza, di presenza fruttata, di speziatura e di freschezza, sia il Bardolino che il Chiaretto sono caratterizzati da un’estrema abbinabilità con la cucina sia tradizionale che moderna o esotica, per accompagnare dagli antipasti ai primi, dal pesce alla carne.

 

c) Legame causa effetto fra ambiente e prodotto

La felice esposizione dei terreni, il clima mite e arieggiato del lago di Garda, le piogge estive contenute, le irrigazioni razionali e una mirata gestione viticola, pongono le basi per la maturazione ottimale delle uve del Bardolino.

Il clima particolarmente mite dei terreni più vicini alla fascia costiera del lago, che presenta buone escursioni termiche fra il giorno e la notte, grazie anche alle brezze termiche provenienti dal lago, caratterizza nei vini la buona maturazione fenolica e spiccati sentori fruttati di fragola e di lampone.

I suoli di natura morenica, la loro struttura diversificata e la composizione chimica, in genere non particolarmente ricca, conferiscono ai vini della denominazione del Bardolino, sia nella tradizionale versione in rosso, sia nel Chiaretto, una peculiare caratteristica di sapidità e salinità, nonché un carattere fresco, giovanile, brioso che differenziano il Bardolino da vini simili ottenuti in zone limitrofe.

Pur nella comune caratterizzazione che distingue i vini della denominazione del Bardolino, alcuni fattori specifici dei terreni, all’interno della zona di produzione, permettono di far apprezzare ai consumatori più esperti sentori peculiari come quelli di viola nei suoli ghiaioso-sabbiosi di ridotto spessore, di ciliegia nella zona meridionale di minore piovosità e dal clima estivo mediamente più caldo, nonché note speziate e una maggiore acidità nei terreni a substrato roccioso della fascia contigua alla dorsale del monte Baldo e la valle dell’Adige.

Le particolari condizioni climatiche e ambientali della zona Classica, che si affaccia sul lago, permettono di ottenere un vino fruttato, maggiormente orientato verso la fragola e il lampone.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

Organismo di Controllo:

Siquria srl, Via Mattielli 11

Soave Verona 37038 (VR) Italy

Tel. 045 4857514 Fax: 045 6190646

e.mail: info@siquria.it

La Società Siquria è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

VIGNETI CUSTOZA SOMMACAMPAGNA

VIGNETI CUSTOZA SOMMACAMPAGNA

CUSTOZA

BIANCO DI CUSTOZA

D.O.C.
Decreto 8 novembre 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione

 

La denominazione di origine controllata  «Bianco  di  Custoza»  o «Custoza» è riservata ai  vini 

 

«Bianco di Custoza»  o  «Custoza»,

«Bianco di Custoza»  Superiore  o  «Custoza»  Superiore, 

«Bianco di Custoza» passito o «Custoza» passito

«Bianco di Custoza» spumante o «Custoza» spumante,

 

che rispondono alle condizioni  ed  ai  requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il  vino  a  denominazione  di  origine  controllata  «Bianco  di Custoza» o «Custoza» deve essere ottenuto dalle uve  provenienti  dai vigneti  aventi,  nell'ambito  aziendale,  la  seguente  composizione ampelografica:

 

Trebbiano toscano: 10 - 45;

Garganega: 20 - 40;

Trebbianello (biotipo locale del Tocai friulano/Tai): 5 - 30;

Bianca Fernanda (clone locale del Cortese): 0 - 30;

Malvasia, Riesling Italico, Pinot bianco, Chardonnay e  Manzoni Bianco da soli o congiuntamente: 0 - 30.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona  di  produzione  dei  vini  a  denominazione  di  origine controllata «Bianco di Custoza» o «Custoza» comprende in tutto  o  in parte i territori dei comuni di

Sommacampagna, Villafranca di Verona, Valeggio sul Mincio, Peschiera del  Garda,  Lazise,  Castelnuovo  del Garda, Pastrengo, Bussolengo e Sona;

in provincia di Verona.

 

Tale zona è  così  delimitata:

partendo a sud dell'abitato  di  Sommacampagna,  da  contrada  Cesure (quota 89) la linea  di  delimitazione  segue,  verso  sud-ovest,  il canale del consorzio di  bonifica  dell'Alto  Agro  Veronese  sino  a località Boscone, innestandosi per breve  tratto  sulla  strada  per Villafranca fino a  incontrare  e  seguire  la  strada  comunale  che passando per Pozzo Moretto e Colombara sbocca sulla  strada  comunale presso Ca' Delia.

Segue detta strada, toccando C. Nuova  Pigno  e  le Grattarole,   sino   all'incrocio   della   strada   provinciale   di

Villafranca-Valeggio e seguendo quest'ultima, arriva  all'abitato  di Valeggio sul Mincio. Segue quindi verso sud la  strada  comunale  che porta a Pozzolo  sino  a  località  C.  Buse  per  innestarsi  sulla carreggiabile che  incrocia  il  canale  Seriola  Prevaldesca. 

Segue questo canale verso nord, fino  a  Ponte  Lungo,  e  attraversato  lo stesso si innesta nel canale Seriosa Serenelli seguendolo verso  sud, sino a incontrare il confine di  provincia-regione  Mantova-Lombardia (quota 63). Ritornando verso nord, la linea di delimitazione segue il confine regionale toccando successivamente  le  località  Pignolada, Staffalonero, Prandina, Stazione di Salionze, Villa, Dolci e  Pontata dove l'abbandona per seguire, per brevissimo tratto  verso  nord-est, la strada Broglie-Madonna del Frassino,  sino  in  prossimità  della

località Pignolini e lì attraversa  l'autostrada  Serenissima,  per inserirsi sulla carrareccia che passa a est di Ca' Gozzetto  toccando successivamente Ca' Serraglio e passando a ovest di quota 101 termina a Ca' Berra Nuova (quota 91) sulla riva del  laghetto  del  Frassino.

Segue la  riva  di  detto  laghetto  per  brevissimo  tratto  sino  a imboccare la  carrareccia  che  passando  per  località  Bertoletta, arriva al casello ferroviario di quota 84. Segue quindi la  ferrovia, verso est, fino al contiguo casello di quota 84 dove l'abbandona  per seguire la strada che toccando  Villa  Montresor.

Prosegue  fino  ai Cappuccini, sulla riva del lago di Garda. Dalla località  Cappuccini la linea di delimitazione segue la sponda orientale del lago di Garda sino  in  prossimità   del   porto   di   Pacengo   per   inoltrarsi nell'entroterra seguendo la carrareccia  che,  toccando  quota  93  e quota 107, passa sotto l'abitato di Pacengo e giunge a località  Ca' Allegri, per seguire la strada comunale di Pacengo sino a C.  Fontana Fredda.

Per  altra  carrareccia,  sale  toccando  quota  122  sino  a località «Le Tende», e da qui,  seguendo  la  strada  Pacengo-Cola', sino a C. alle Croci. Da C. alle  Croci  la  linea  di  delimitazione scende  verso  sud-est  seguendo   la   carrareccia   che,   toccando successivamente quota  118,  113  e  Sarnighe,  incrocia  il  confine comunale di Lazise-Castelnuovo a quota 112. 

Segue,  risalendo  verso nord, questo confine e successivamente in prossimità della località Mirandola, il confine comunale Lazise-Pastrengo sino all'incrocio  di questo con la strada provinciale Verona-Lago  a  ovest  di  località

Osteria Vecchia.

La linea di delimitazione segue detta  strada  verso Verona (est) sino in prossimità dell'abitato di Bussolengo  dove  si

inserisce, nei pressi di quota  130,  sulla  comunale  del  Cristo  e prosegue  sulla  strada  comunale  di  Palazzolo  sino  a  incontrare l'autostrada del Brennero nel  punto  in  cui  interseca  il  confine comunale Bussolengo-Sona.

Segue  detto  confine  verso  sud,  sino  a località  Civel  dove  si   inserisce   sulla   strada   provinciale Bussolengo-Sommacampagna.

Segue  detta  strada  sino  all'abitato  di Sommacampagna che attraversa per inserirsi sulla viabile che porta  a

Custoza sino a località Cesure punto di  partenza. 

Ad  ovest  della località Broglie è incluso un  piccolo  territorio  del  comune  di Peschiera del Garda comprendente il Monte Zecchino, così delimitato:

dalla  carrareccia  a  sud  di  Broglie  (adiacente  alle  ex  scuole elementari di Broglie)  la  linea  di  delimitazione  prosegue  verso ovest, per Ca' Boschetti e Ca' Rondinelli per poi seguire il  confine di provincia-regione toccando successivamente Ca'  Boffei,  Soregone, Ca' Nuova Bazzoli e la strada che porta all'abitato di Broglie,  sino a incrociare la carrareccia che ha costituito il punto di partenza.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati  alla produzione del vino a denominazione di origine controllata «Bianco di Custoza» o «Custoza» devono essere quelle tradizionali della zona  e, comunque, atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono  pertanto  da  considerarsi  idonei  unicamente  i   vigneti collinari e pedocollinari, esposti prevalentemente a sud, sud-ovest e posti in  terreni  di  origine  morenica  di  natura  prevalentemente calcarea, argillo-calcarea, ghiaioso-calcarea e ghiaioso-sabbiosa con esclusione dei terreni umidi.

I sesti d'impianto, le forme  di  allevamento  ed  i  sistemi  di potatura devono essere quelli generalmente usati o, comunque, atti  a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

Le unità vitate omogenee coltivate con  le  varietà  Garganega, Trebianello, Pinot Bianco, Chardonnay e  Cortese,  iscritte  all'albo dei vini a denominazione di origine controllata «Bianco di Custoza» o «Custoza», sono utilizzabili anche per produrre i corrispondenti vini designati con la denominazione di origine  controllata  «Garda»  alle condizioni previste dal relativo disciplinare di produzione.

E' vietata ogni pratica di forzatura; è ammessa l'irrigazione di soccorso.

 

La resa massima di uva ammessa  per  la  produzione  del  vino  a denominazione di origine controllata «Bianco di Custoza» o  «Custoza» non deve essere superiore a

 

15,00 t/ha per ettaro  di  vigneto  a  coltura specializzata e

12,00 t/ha per ettaro per la produzione del vino «Bianco di Custoza» o «Custoza» Superiore.

 

A detti limiti,  anche  in  annate eccezionalmente  favorevoli,  i  quantitativi  di  uva  ottenuti   da destinare  alla  produzione  del  vino  a  denominazione  di  origine controllata «Bianco di Custoza» o «Custoza», devono essere riportati nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi  del 20% il limite medesimo. Oltre detto limite  decade  il  diritto  alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

Fermi restando i limiti sopra indicati, la produzione massima per ettaro  di  vigneto  in  coltura  promiscua  deve  essere  calcolata, rispetto  a  quella  specializzata,  in   rapporto   alla   effettiva superficie coperta dalla vite.

La tipologia  «passito»  è  ottenuta  dalla  cernita  delle  uve raccolte  nei  vigneti  iscritti  alla   denominazione   di   origine controllata  «Bianco  di  Custoza»   o   «Custoza»   ed   aventi   le caratteristiche per essere designate con detta denominazione.

Il quantitativo massimo di uve da destinare alla  produzione  del vino «passito» non deve superare le

5,00 t/ha:

il rimanente  quantitativo di uva fino alle rese  massime  consentite  pari  a 

7,00  t/ha  per  il «superiore»

10,00 t/ha per il «Bianco di  Custoza»  o  «Custoza» 

può essere destinato, se ne ha i requisiti, alla produzione dei  vini  di cui al presente disciplinare di produzione.

La regione Veneto con proprio decreto, su proposta  del  Comitato vitivinicolo regionale istituito con legge  regionale  n.  55  dell'8 maggio 1985, sentite le organizzazioni di categoria  interessate,  di anno in anno, prima della vendemmia, può stabilire un limite massimo di utilizzazione di uve per ettaro  per  la  produzione  del  vino  a

denominazione di origine controllata «Bianco di Custoza» o  «Custoza» inferiore  a  quello  fissato  dal  presente  disciplinare,   dandone comunicazione immediata  al  Ministero  delle  politiche  agricole  e forestali - Comitato nazionale per  la  tutela  e  la  valorizzazione delle  denominazioni  di  origine  e  delle  indicazioni  geografiche

tipiche dei vini.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai  vini  a denominazione di origine controllata «Bianco di Custoza» o  «Custoza»

un titolo alcolometrico volumico naturale  minimo  di  9.50%  vol., 

ad esclusione delle uve destinate alla produzione  di  vino  «Bianco  di Custoza» o «Custoza» superiore il cui titolo  alcolometrico  volumico naturale è di 11,00% vol.

La regione Veneto, su richiesta motivata del Consorzio di  tutela vini «Bianco di Custoza» o «Custoza», sentite  le  organizzazioni  di categoria interessate, con proprio  provvedimento  da  emanarsi  ogni anno  nel  periodo  immediatamente  precedente  la  vendemmia,   può stabilire di ridurre i quantitativi di uva per  ettaro  ammessi  alla

certificazione, anche in  riferimento  a  singole  zone  geografiche, rispetto a quelli sopra fissati, dandone immediata  comunicazione  al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali -  Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione  delle  denominazioni  di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione dei vini  della  denominazione  di origine controllata «Bianco di Custoza»  o  «Custoza»  devono  essere effettuate all'interno della zona di produzione delimitata  nell'art. 3. 

Tuttavia,  tenuto  conto  delle   situazioni   tradizionali,   è consentito  che  tali   operazioni   siano   effettuate   nell'intero territorio della provincia di Verona nonché  nei  Comuni  confinanti delle province di Mantova e Brescia. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali,  leali  e  costanti,  atte  a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

Le operazioni  di conservazione delle uve destinate alla produzione di vino «Bianco  di Custoza» o «Custoza» passito devono aver luogo unicamente nell'ambito della delimitazione territoriale della  zona  di  produzione  di  cui

all'art. 3.

La vinificazione delle uve destinate alla produzione  del vino a denominazione di origine controllata  «Bianco  di  Custoza»  o «Custoza» passito  può  avvenire  solo  dopo  che  le  stesse  siano sottoposte ad appassimento naturale, avvalendosi anche di sistemi e/o tecnologie   che    comunque    non    aumentino    la    temperatura

dell'appassimento rispetto al processo  naturale. 

Le  uve  destinate alla produzione della tipologia «passito», al termine dell'appassimento,  devono  assicurare   un   titolo   alcolometrico volumico naturale minimo di 13,00% vol.

La resa  massima  delle  uve  in vino non deve essere superiore al 65%; per la tipologia  spumante  la resa non deve essere superiore al 68% al lordo della presa di spuma.

Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non  il 75%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione d'origine  e  può essere in carico come vino a  indicazione  geografica  tipica. 

Oltre detto limite invece decade il diritto  alla  denominazione  d'origine controllata per tutta la partita.

La resa massima delle uve in vino non deve  essere  superiore  al 40%  per  il  vino  «Bianco  di  Custoza»  o  «Custoza»  passito. 

La denominazione di origine controllata «Bianco di Custoza» o  «Custoza» può essere utilizzata per designare il vino spumante nel tipo  brut, extra brut, extra dry e dry, ottenuto con mosti o vini che rispondono alle condizioni previste dal presente disciplinare.

La preparazione del vino a denominazione di  origine  controllata «Bianco di Custoza o Custoza» spumante deve avvenire in  stabilimenti siti all'interno della zona di vinificazione  di  cui  all'art.  3  e nelle province di Brescia, Mantova, Trento,  Treviso  e  Vicenza. 

Il vino a denominazione di origine controllata  «Bianco  di  Custoza»  o «Custoza»  superiore  deve  essere  sottoposto  ad  un   periodo   di maturazione di  almeno 

cinque  mesi 

a  decorrere  dal  1°  novembre dell'annata di produzione delle uve;

l'affinamento deve  avere  luogo all'interno  della  zona  di  vinificazione  di   cui   al   presente disciplinare.

Il vino a denominazione di origine controllata  «Bianco di Custoza o Custoza» passito deve  essere  immesso  al  consumo  non prima del

1° settembre successivo a quello della vendemmia.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata «Bianco di Custoza» o «Custoza», all'atto dell'immissione al consumo,  devono  rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Bianco di Custoza» o «Custoza»:

colore: giallo paglierino;

profumo: fruttato, profumato, leggermente aromatico;

sapore: sapido, morbido, delicato, di giusto corpo, piacevolmente amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

zuccheri riduttori residui: massimo 7,00 g/l.

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,50 g/l;

 

«Bianco di Custoza» o «Custoza» superiore:

colore:  paglierino   con   tendenza   al   giallo   dorato   con l'invecchiamento;

profumo: gradevole, caratteristico lievemente aromatico;

sapore:  morbido,  armonico,  corposo   con   eventuale   leggera percezione di legno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

zuccheri riduttori residui: massimo 7,00 g/l.

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l;

 

«Bianco di Custoza» o «Custoza» spumante:

spuma: fine persistente;

colore: paglierino più o meno  intenso  con  eventuali  riflessi dorati;

profumo: fragrante con sentore di fruttato, leggermente aromatico quando spumantizzato, con il  metodo  Martinotti;  fine  e  composto, caratteristico  della   fermentazione   in   bottiglia,   quando   è spumantizzato con il metodo classico;

sapore: da brut a dry;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

 

«Bianco di Custoza» o «Custoza» passito:

colore: giallo dorato;

profumo: intenso e fruttato;

sapore: amabile o dolce, vellutato, armonico, di corpo leggermente aromatico, con eventuale leggera percezione di legno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00%  vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,5 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22 g/l.

 

E' in facoltà del Ministro delle politiche agricole e  forestali -  Comitato  nazionale  per  la  tutela  e  la  valorizzazione  delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche  dei vini  modificare  con  proprio  decreto  i  limiti   sopra   indicati dell'acidità totale e dell'estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata «Bianco di  Custoza»  o «Custoza» è vietata  l'aggiunta  di  qualsiasi  qualificazione,  ivi compresi gli aggettivi «extra»,  «fine»,  «scelto»,  «selezionato»  e simili.

E' tuttavia consentito  l'uso  di  indicazioni  che  facciano riferimento a  nomi,  ragioni  sociali,  marchi  privati  non  aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno  l'acquirente.

E'  consentito  altresì   l'uso   di   indicazioni   geografiche   e toponomastiche che facciano riferimento  a  comuni,  frazioni,  aree, zone e località compresi nella zona delimitata nel precedente art. 3 e dalle quali effettivamente provengono le uve da cui il  vino  così qualificato e' stato ottenuto.

E' consentito  inoltre  l'uso  della  indicazione  aggiuntiva  di «vigna», seguita immediatamente dal  relativo  toponimo,  purché  il predetto toponimo risulti dallo Schedario  viticolo  veneto,  le  uve provengano totalmente dai corrispondenti vigneti e siano  rivendicate annualmente con le modalità previste dal D. Lgs. 61/2010.

Nell'etichettatura  dei   vini   a   denominazione   di   origine controllata «Bianco di Custoza»  o  «Custoza»,  tranne  che  per  gli spumanti, deve figurare l'indicazione dell'annata di produzione.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a denominazione di origine controllata «Bianco di Custoza» o «Custoza» superiore e  «Bianco  di  Custoza»  o  «Custoza»  passito devono essere immessi al consumo unicamente in bottiglie di vetro  di

capacità fino a litri 1.5 e chiuse con tappo raso bocca in sughero o altri materiali consentiti.

Tuttavia per le bottiglie fino a litri 0.375 e' consentito  l'uso anche del tappo a vite.

Per i vini a denominazione  di  origine  controllata  «Bianco  di Custoza» o «Custoza»,  senza  alcuna  specificazione  aggiuntiva,  è consentito l'uso dei contenitori alternativi al vetro  costituiti  da un otre in materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido, nei

volumi da 2 a 3 litri.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

a) Specificità della zona geografica

Fattori naturali

L’area di produzione del vino Custoza, non particolarmente ampia per estensione, occupa gran parte del settore meridionale della fascia di colline moreniche che si sviluppano tra le vicinanze della città di Verona e il lago di Garda.

A sud ovest la zona è delimitata dal fiume Mincio.

La zona comprende terreni appartenenti sia all’anfiteatro morenico orientale dell’entroterra del lago di Garda, sia alle piane fluvioglaciali che sono strettamente interconnesse a questo e che presentano materiali simili per composizione, seppure non strettamente per origine.

Più in dettaglio, il paesaggio morenico che caratterizza la zona di produzione della doc Custoza è contrassegnato da una fitta serie di colline allungate, disposte ad andamento concentrico e prevalentemente dolce, con dislivelli generalmente compresi tra i 50 ed i 100 metri.

Tali colline, essendo costituite dai depositi lasciati dai ghiacciai che formarono il vicino lago di Garda, presentano suoli estremamente variegati e variabili, intervallati da ampie piane ghiaiose.

Il clima dell’area della doc Custoza è sostanzialmente costante in tutto il territorio, stante la sua ridotta estensione e la sua sostanziale omogeneità, e si caratterizza per la presenza di estati calde ma non afose e di inverni relativamente freddi, temperati dalla vicinanza al lago di Garda, che crea un microclima favorevole non solo alla coltivazione della vite, ma anche alla crescita dell’olivo e del cipresso, che pure caratterizzano il profilo ambientale del territorio.

Le precipitazioni si distribuiscono lungo l’anno in modo abbastanza omogeneo.

La conformazione dei rilievi collinari permette un riscaldamento diurno delle pendici ed un accumulo notturno di aria fresca, situazioni ottimali per lo sviluppo delle caratteristiche aromatiche delle uve bianche.

Sia sotto il profilo ambientale che sotto quello climatico, la zona di produzione dei vini bianchi della doc Custoza è dunque sostanzialmente omogenea.

Fattori storici e umani

I primi cenni di domesticazione della vite nell’attuale zona di produzione della doc Custoza sono documentati dal ritrovamento di vinaccioli di Vitis Silvestris del periodo palafitticolo nella zona di Pacengo e Peschiera.

Nella zona, le prime testimonianze della coltivazione della vite risalgono all’epoca romana (nell’area sono stati ritrovati tra l’altro vari reperti riferiti all’uso del vino nei riti religiosi ed alla conservazione e al trasporto del vino), ma è soprattutto a partire dal IX secolo e poi per tutta l’epoca medievale che si rileva un'abbondante documentazione sulla coltivazione della vite nella zona compresa in particolare tra Pastrengo e Sommacampagna.

È nella seconda metà del XIX secolo che la produzione vinicola della zona incomincia ad essere identificata esplicitamente con il nome di Custoza, che fa riferimento ad una frazione del comune di Sommacampagna celebre per due battaglie che vi si combatterono durante le guerre del Risorgimento italiano.

Nel 1939 uno studio condotto dalla Stazione Sperimentale di Viticoltura ed Enologia di Conegliano individua e differenzia le migliori zone vinicole della porzione occidentale della provincia di Verona, identificando fra queste l’area di Sona-Custoza.

L'8 febbraio 1971, con l'approvazione di un Decreto presidenziale, si istituì la doc Bianco di Custoza, fra le prime denominazioni di origine di vini bianchi in Italia; nel 2005 venne approvata la nuova menzione semplificata “Custoza”.

Il Consorzio di tutela del Custoza venne istituito nel 1972. La zona di produzione è percorsa dalla Strada del vino Custoza doc, che permette agli appassionati, italiani e stranieri, di conoscere la produzione e le qualità della denominazione, valorizzata dagli abbinamenti con i prodotti tipici del territorio.

La qualità del vino Custoza è riconosciuta alle aziende produttrici con l’assegnazione di numerosi premi, tra i quali i “tre bicchieri” a vari vini in diverse edizioni della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso.

Fattori umani

Nel corso della storia la forma di coltivazione della vite più diffusa nella zona di produzione della doc Custoza è stata per lungo tempo la pergola.

Il vigneto, in epoca antica, non era specializzato ma consociato ad altre coltivazioni, le cui estensioni erano inoltre limitate dalla conformazione collinare del territorio.

Con gli anni ’80 del XX secolo, la viticoltura della zona di produzione del Custoza ha iniziato una radicale conversione sia nella forma di allevamento che nelle pratiche agronomiche, che hanno saputo valorizzare le peculiarità dei vitigni autoctoni del Custoza: la Garganega, il Trebbianello (un biotipo locale del Tocai friulano) e la Bianca Fernanda (un clone locale del Cortese).

Il progressivo incremento delle capacità tecniche e le esperienze acquisite nel tempo hanno permesso ai viticoltori

di individuare ed attuare le lavorazioni più adeguate all'ottenimento di uve di alta qualità e di saper cogliere il momento ideale per la vendemmia, valorizzando in tal modo quegli elementi di tipicità che derivano dall’interazione fra vitigni, suoli collinari e microclima.

Il savoir faire dei produttori emerge in particolare nella cantina di vinificazione, dove vengono estratti dalle uve i particolari sentori di ogni varietà. Ciò consente all’uvaggio del Custoza di esaltare il profumo delicato, floreale e fruttato della Garganega, il colore caratteristico del Trebbianello ed i sentori leggermente aromatici della Bianca Fernanda, così come i caratteri peculiari delle altre varietà a bacca bianca coltivate nella zona. Ne deriva quindi un Custoza contraddistinto da una forte connotazione territoriale, facilmente riconoscibile per la sua freschezza

e la sua bevibilità.

 

b) Specificità del prodotto

Le caratteristiche essenziali del Custoza, ieri come oggi, sono costituite dalla freschezza, dalla leggera aromaticità, dalla considerevole bevibilità e abbinabilità.

Il vino, peraltro, soprattutto quando proveniente da particolari selezioni effettuate nei vigneti, mostra anche buone capacità di affinamento nel tempo.

Il Custoza è costituito da un uvaggio che valorizza, accanto alla Garganega, al Trebbianello e alla Bianca Fernanda, anche le altre diverse varietà coltivate nella zona: viene in questa maniera a crearsi quella sua tipica ed elevata complessità aromatica che lo distingue dai vini varietali.

Il profilo sensoriale che ne scaturisce presenta particolari note fruttate e floreali, accompagnate talvolta da accenni di erbe aromatiche e di spezie. In estrema sintesi, si può affermare che le varietà di base permettono di definire l’uvaggio che dona l’identità al Custoza, mentre le varietà complementari permettono di arricchirlo con bouquet tipici.

Molto rara, ancorché tradizionale, è la versione passita del Custoza, di colore dorato e sapore amabile o dolce, che si rifà ai vini che nella zona venivano serviti un tempo alla fine dei pranzi festivi.

 

c) Legame causa effetto fra ambiente e prodotto

La ridottissima variabilità climatica dei diversi areali della zona di produzione, peraltro non particolarmente estesa, della doc Custoza, consente di portare a maturazione in maniera omogenea le diverse tipologie di uve coltivate nel territorio: tale fattore contribuisce in maniera significativa alla definizione del carattere identitario dei vini bianchi della denominazione.

Altrettanto significativo è l’effetto prodotto dall’estrema diversificazione dei suoli, derivati dai depositi irregolari lasciati dalle diverse glaciazioni che interessarono la zona: tale elemento trova infatti espressione nel carattere fresco, giovanile, brioso del Custoza.

In particolare, i terreni morenici, per la loro composizione, contribuiscono ad un germoglia mento regolare per tutti i vitigni. L'interazione dei suoli con il clima della zona permette un sufficiente sviluppo e un’adeguata maturazione dei grappoli e dei tralci.

Il clima estivo caldo ma non afoso, favorisce la concentrazione degli zuccheri e le buone escursioni termiche fra giorno e notte permettono lo sviluppo delle sostanze aromatiche fruttate e floreali che si ritrovano nei vini della doc Custoza.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

Valoritalia srl. Sede Amministrativa:

Via San Gaetano, 74

36016 Thiene (Vicenza)

Tel. 0445 313088, Fax. 0445 313080;

e-mail: assicurazione.qualita@valoritalia.it

La Società Valoritalia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

VIGNETI PESCHIERA DEL GARDA

VIGNETI PESCHIERA DEL GARDA

 

GARDA

D.O.C.

Decreto 8 Ottobre 1996

Modifica Decreto 6 Aprile 2005

Modifica Decreto 18 ottobre 2007

Modifica Decreto 26 Giugno 2009

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione    

 

La denominazione di origine “Garda” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti   stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

La denominazione di origine “Garda” può essere accompagnata dal riferimento della sottozona “Classica” a condizione che i vini così designati provengano dalla rispettiva zona di produzione e che rispondano ai requisiti rispettivamente previsti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica    

 

la denominazione di origine “Garda” con la specificazione di uno dei seguenti vitigni:

“Garda Garganega”

“Garda Pinot bianco”

“Garda Pinot grigio”

“Garda Chardonnay”

“Garda Riesling italico”

“Garda Riesling” da Riesling Renano

“Garda Cortese”

“Garda Sauvignon”

E’ riservata ai vini ottenuti dalle uve dei vigneti costituiti per almeno dall’85% dai corrispettivi vitigni.

Possono concorrere alla produzione di detti vini inoltre, le uve provenienti da altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, raccomandati e/o autorizzati rispettivamente nelle province di Brescia, Verona, Mantova, presenti nei vigneti, in ambito aziendale, fino ad un massimo del 15%.

 

La DOC “Garda Tai” è riservata ai vini prodotti limitatamente al territorio descritto al punto 1) del successivo art. 3.

“Garda Tai”

Tocai Friulano minimo 85%

Alla cui produzione possono concorrere le uve provenienti da altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, raccomandati e/o autorizzati per la provincia di Verona, presenti nell’ambito aziendale, fino ad un massimo del 15%.

 

La denominazione di origine controllata “Garda” con la specificazione di uno dei seguenti vitigni:

“Garda Cabernet Sauvignon”

«Garda Cabernet Franc »

«Garda Merlot »

«Garda Pinot nero »

“Garda Marzemino”

“Garda Corvina”

“Garda Barbera”

è riservata ai vini ottenuti dalle uve dei vigneti costituiti per almeno l’85% dai corrispettivi vitigni.

Possono concorrere alla produzione di detti vini le uve provenienti da altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, raccomandati e/o autorizzati per le province di Brescia, Mantova e Verona, presenti nei vigneti, in ambito aziendale, fino ad un massimo del 15%.

 

La denominazione di origine controllata “Garda Cabernet” è riservata ai vini ottenuti da

Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e/o Carmenère congiuntamente minimo 85%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino, altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, raccomandati e/o autorizzati per le province di Brescia, Mentova e Verona, sino ad un massimo del 15%.

 

La denominazione di origine controllata “Garda” con la specificazione aggiuntiva “classico” è riservata ai vini prodotti nella zona delimitata all’art. 3, punto 4, e può essere rivendicata soltanto per le seguenti tipologie:

“Garda Classico bianco”

“Garda Classico chiaretto”

“Garda Classico rosso”

“Garda Classico rosso superiore”

“Garda Classico rosso novello”

“Garda Classico Groppello”

“Garda Classico Groppello riserva”

 

La denominazione di origine controllata “Garda Classico bianco” deve essere ottenuta da uve provenienti da vigneti aventi, nell’ambito aziendale la seguente composizione ampelografica:

Riesling e/o Riesling italico minimo 70%.

Possono concorrere alla produzione di detto vino, altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, raccomandati e/o autorizzati per la provincia di Brescia, congiuntamente e/o disgiuntamente sino ad un massimo del 30%.

 

La denominazione di origine controllata “Garda Classico rosso”, “Garda Classico rosso superiore” e “Garda Classico chiaretto” deve essere ottenuta da uve provenienti da vigneti aventi, nell’ambito aziendale la seguente composizione ampelografica:

Groppello (nei tipi Santo Stefano e Mocasina) minimo 30%

Marzemino minimo 5%

Sangiovese minimo 5%

Barbera minimo 5%

Possono concorrere alla produzione di detto vino, congiuntamente o disgiuntamente, anche le uve provenienti da vitigni a bacca rossa, raccomandati e/o autorizzati per la provincia di Brescia fino ad un massimo del 10%.

 

La denominazione di origine controllata “Garda Classico Groppello” e “Garda Classico Groppello riserva” deve essere ottenuta dalle uve provenienti da vigneti costituiti da:

Groppello minimo (nei tipi Gentile, Mocasina, Groppellone) 85%

Possono concorrere alla produzione di detti vini, le uve provenienti da altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, raccomandati e/o autorizzati per la provincia di Brescia, presenti nei vigneti sino ad un massimo del 15%.

 

ArtICOLO 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Garda” di cui all’art. 2, lettera A), è così delimitata:

In provincia di Verona:

comprende l’intero territorio dei comuni di:

Bardolino, Castelnuovo del Garda, Cazzano di Tramigna, Garda, Illasi, Lazise, Mezzane, Montecchia di Crosara    , Roncà, Sant’Ambrogio Valpolicella, San Giovanni Ilarione, San Pietro in Cariano Tregnago

E in parte il territorio dei comuni di:

Affi, Badia Calavena, Brentino Belluno, Bussolengo, Caldiero, Caprino Veronese, Cerro, Cavaion, Colognola ai Colli, Costermano, Dolcè, Fumane, Grezzana, Lavagno, Marano, Monteforte d’Alpone      , Negrar, Pastrengo, Pescantina, Peschiera del Garda, Rivoli, San Bonifacio, San Martino Buon Albergo, San Mauro di Saline, Soave, Sommacampagna, Sona, Torri del Benaco, Valeggio sul Mincio, Verona, Vestenanova, Villafranca.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo da sud del lago di Garda al confine del comune di Peschiera con la provincia di Brescia, la delimitazione segue verso sud detto confine sino a raggiungere quello della provincia di Mantova, lo segue quindi verso est sino alla congiunzione del fiume Mincio.

Segue verso sud il corso del Mincio fino ad incontrare il ponte che lo attraversa e che abbandona per un breve tratto per seguire il confine di provincia sino a rincontrare il fiume Mincio che ridiscende sino alla località Burino.

Piega, quindi, prima verso sud – ovest e poi a sud sempre seguendo il limite di provincia in destra Mincio sino a ricongiungersi a quota 63 con il Mincio che risale fino al ponte Visconteo di Borghetto.

Attraversa il ponte Visconteo verso Valeggio e quindi segue il canale Prevaldesca sino alla carreggiabile che porta a Ca’ Buse, segue quindi verso nord, la strada comunale sino ad arrivare all’abitato di Valeggio.

Prosegue verso est immettendosi sulla strada provinciale di Villafranca – Valeggio che segue fino ad incrociare la strada comunale, toccando Grottarole, Casa Nuova Pigno e Ca’ Delta, quindi prosegue seguendo verso nord la strada passando per Colombare e Pozzo Moretto sino a raggiungere la strada comunale per Villafranca che segue per breve tratto sino ad incontrare il canale del Consorzio di bonifica Alto Veronese che segue verso nord – est fino all’abitato di Sommacampagna.

Prosegue quindi verso nord sulla strada per Bussolengo superando l’autostrada Serenissima e la ferrovia Milano – Venezia sino a raggiungere il confine del comune di Bussolengo presso la località Civile.

Prosegue lungo il confine comunale di Bussolengo verso nord fino ad incontrare l’autostrada del Brennero.

Segue per breve tratto la strada per Bussolengo per immettersi sulla strada comunale del Cristo che segue sino ad incontrare la strada provinciale Verona – Lago nei pressi di quota 130. Segue per breve tratto, verso est, la strada Verona – Lago e poi la strada interna di Bussolengo sino al ponte sul canale dell’Enel, che attraversa immettendosi sulla strada per Ponton e Sega sino a raggiungere il fiume Adige, che risale verso nord sino alla frazione di Volargne in prossimità delle Fornaci Tosadori.

La delimitazione scende quindi verso sud seguendo la carrareccia che dalle ex Fornaci porta a congiungersi con la strada statale n. 12, passa la località Paganella e continua verso sud sino ad incontrare la stazione ferroviaria di Domegliara e inserendosi sulla linea ferroviaria del Brennero, la segue sino alla stazione ferroviaria di Parona, imbocca quindi la strada statale n. 12 sino ad incontrare la strada che porta a Quinzano, che segue sino all’abitato, imbocca quindi la strada che passando dalla località San Giuliano e il cimitero di Avesa, arriva alla strada comunale per Avesa, che risale per breve tratto sino ad incontrare la carrareccia che, verso est, raggiunge San Mattia e verso nord quota 283, piega quindi verso sud, seguendo la strada delle Torricelle sino ad arrivare a Castel San Felice, da dove per il sentiero che porta a Villa Policanta scende sino alla strada della Valpantena in prossimità di Villa Beatrice.

Da Villa Beatrice la delimitazione scende verso sud lungo la strada provinciale della Valpantena sino ad incontrare la carrareccia che verso est, passando per Ca’ dell’Olmo e Bongiovanna, giunge a Villa Cometti per scendere, quindi a sud per Corte Paroncini e giungere sulla strada per Montorio, che segue toccando Morin e Olmo sino all’abitato di Montorio, dove prosegue per la strada per San Martino Buon Albergo, sino alla località Spinetta e poi lungo il Fiume Fibbio sino all’abitato di San Martino Buon Albergo, per seguire quindi verso est, la strada statale n. 11 sino a toccare la località San Pietro al km. 48 e piegare quindi verso sud per la strada di Caldiero e quindi con quella che delimita a sud il Monte Rocca per risalire, quindi sino alla strada per le terme e da queste ritornare sulla strada statale n. 11, che segue sempre verso est, sino al ponte sul Torrente Alpone, del quale ne segue, risalendo, il corso sino ad incontrare l’autostrada Serenissima che ne delimita a sud – est il comprensorio, sino ad incontrare il confine della provincia di Vicenza.

La delimitazione sale quindi verso nord lungo il confine del Vicentino incontrando, dopo il territorio del comune di Monteforte, quello di Montecchia, Roncà, San Giovanni Ilarione e quello di Vestenanova sino alla località Bacchi, dove piegando ad ovest per la strada comunale, tocca le località Alberomatto e Siveri sino all’abitato di Vestenanova e quindi Vestenavecchia e Castelvero, attraversa il confine del comune di Badia Calavena e prosegue sino al centro abitato, toccando le località Costalunga – Rosati e Nicolai, sale per breve tratto sino alla località Fornai e ridiscende quindi verso sud – ovest per la strada comunale toccando le località Riva, Tessari, Antonelli, Mastini – Canovi e Bettola alla congiunzione tra i comuni di Tregnago e San Mauro di Saline.

Dalla località Bettola il limite scende per breve tratto a sud lungo il confine tra i comuni di Tregnago e San Mauro di Saline sino ad incontrare il vaio dell’Obbligo, che segue sino alla congiunzione del progno di Mezzane che discende per breve tratto sino all’imbocco del vaio di Tretto, verso ovest, che risale fino a Chiesa sopra Moruri dove si immette sulla strada che passa per Casette, Roccolo e la Coste si interseca con il vaio Bruscara che risale sino ad incontrare il confine del comune di Grezzana, che segue e piegando verso nord sino al vaio Orsaro, che risale sull’abitato di Azzago a quota 621.

Di qui prosegue per la strada che porta a Rosaro e Praole, passando per Nalini, Cabalai, per i Vai e per i Busoni, prosegue per breve tratto la strada comunale sino al vaio Sannava che segue sino al progno Valpantena e risale per il vaio Salsone sino alla località San Benedetto, scende quindi, verso sud, per la strada per Vigo Salvalaio, segue la curva di livello di quota 500 intorno al Monte Tondo passando per le località Righi, Montecchio, La Bassa, ove imbocca verso nord la strada comunale sino a La Fratta, sale toccando Sottosengia ad ovest di Casa Antolini, attraverso il progno Castello risalendo sempre per Colombare e La Conca, quota 580 e Case Prael, piega ad ovest lungo la strada per Mazzano ove incontra la strada comunale per Fane che da questa località con andamento tortuoso segue sino alla contrada Menola e poi il vaio del Canale che attraversa fino a Molino Monier e per il vaio di Prà sino al Molino Da Prà.

Da questa località il confine prosegue sulla strada che verso ovest, porta alla località Santa Cristina, da dove prosegue verso sud – ovest passando per la Ca’ Fava, Ca’ Norini, Vaialta di Sopra, Vaialta di Sotto e Tomei sino alla frazione di San Rocco, risale verso nord lungo la strada comunale sino al tornante in prossimità di Monte Per e ridiscendere verso ovest, per Ca’ Camporal e Molino Gardane, ove incontra il confine comunale di Marano che segue sino al Progno di Fumane, che discende per breve tratto sino a Ca’ Pangoni, dove risalendo l’omonimo vaio e passando per Monte Cartello (quota 676) a nord di Càvalo, raggiunge Stravalle e Ca’ Torre sino al confine di sant’Ambrogio.

Da qui la delimitazione passa a nord di Monte Pugna (quota 740) Casa Campogiano di Sotto, tocca quota 534, passa sopra i caseggiati di Monte e raggiunge Casa Fontana e finisce sullo strapiombo sull’Adige di fronte al Monte Rocco, ove incontra il limite del comune di Dolcè e sotto la strada statale n. 12. La delimitazione della zona prosegue verso nord lungo la strada statale dell’Abetone e del Brennero passando per Ceraino, la Fornace, Ca’ Soman e subito dopo il km. 313,000 imbocca la curva di livello di quota 150, che segue fino ad incontrare il confine della provincia di Trento passando per le località Ca’ del Maso, Cava del Prete a monte di Peri e di Ossenigo, e seguire quindi il limite di demarcazione di provincia, attraversare l’Adige e risalire lungo il confine tra Brentino Belluno e Avio sino a quota 200, da dove ridiscende sulla destra dell’Adige a sud, in comune di Brentino Belluno, sino ad incontrare il territorio di Rivoli, da dove prosegue sino alla località Canal.

Da qui la linea di confine riprende a salire verso nord lungo il confine del comune di Caprino Veronese sino alla località Pozza Galletto, attraversa il Torrente Tasso e raggiunge località Vezzane e Renzon, attraversa il vaio delle Giare e passando a monte di Vilmezzano raggiunge Casette delle Pozze, Ca’ Zerman e Le Peagre, attraversa il Progno dei Lumini e costeggiando il Monte Pesina, in quota, arriva al confine di Costermano.

La delimitazione prosegue seguendo quota 500 passando da Roncola e attraversando il vaio Baione, raggiunta la strada che da Torri del Benaco porta a San Zeno di Montagna, seguendo questa strada verso il lago di Garda passando per Albisano, giunge a Torri del Benaco e da qui costeggiando la sponda del lago si ricongiunge alla linea di partenza di Peschiera del Garda al confine con la provincia di Brescia.

 

In provincia di Mantova

Comprende tutto il territorio dei comuni di:

Monzambano,Ponti sul Mincio;

E parte del territorio dei comuni di:

Castiglione delle Stiviere, Cavriana, Solferino, Volta Mantovana.

 

Tale zona è così delimitata:

il limite di zona, partendo dall’incrocio fra il fiume Mincio con il confine della provincia di Mantova in località Villa (Ponti sul Mincio) segue verso sud il limite provinciale fino all’intersezione con il canale Virgilio (quota 69); segue il suddetto canale fino alla località Molini della Volta.

Dalla suddetta località il limite piega ad ovest lungo la rotabile per Sei Vie, passando per le quote 63 e 66, e quindi lungo la strada che porta a Volta Mantovana, seguendola fino a La Fornace, da dove segue, prima verso sud e poi verso nord – ovest, la strada che circoscrive la valle e che passa a sud – ovest di Santa Maria Maddalena, immettendosi a quota 61 sulla strada Volta Mantovana – Cavriana (strada comunale della Malvasia).

Il limite segue ora verso nord – ovest, la suddetta strada toccando quota 57, passando a nord dell’abitato di Foresto, quota 69, Tezze di Sopra, Casa Venti Settembre, Croce Riva Bianca (quota 90) e proseguendo nella stessa direzione fino al ponte sul canale dell’Alto Mantovano (ponte della Castagna Vizza), da dove immettendosi sul canale dell’Alto Mantovano, risale lo stesso passando per l’abitato di Castiglione delle Stiviere finché a sud di Esenta (quota 117) incontra il confine provinciale.

Da tale punto il limite di zona segue, dapprima verso est, poi verso nord ed ancora verso est, il limite di provincia fino alla località Villa, punto di partenza.

 

In provincia di Brescia:

comprende l’intero territorio dei comuni di:

Limone sul Garda, Tremosine, Tignale, Gargnano, Vobarno, Toscolano Maderno, Gardone Riviera, Salò, Roè Volciano, Villanuova sul Clisi, Gavardo, San Felice del Benaco, Puegnago, Muscoline, Manerba del Garda, Polpenazze, Moniga del Garda, Soiano del Lago, Calvagese della Riviera, Padenghe sul Garda, Bedizzole, Lonato, Desenzano del Garda, Pozzolengo, Sirmione.

La zona di produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Garda Classico” di cui all’art. 2 lettera B), comprende esclusivamente l’intero territorio amministrativo dei comuni sopra citati della provincia di Brescia.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a DOC “Garda” devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

Il sistema di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura, devono essere quelli generalmente usati e, comunque atti a non modificare le caratteristiche dell’uva e del vino.

E’ vietata ogni pratica di forzatura ad esclusione della sola irrigazione di soccorso da effettuarsi non più di due volte all’anno prima dell’invaiatura.

La produzione massima di uva per ettaro in coltura specializzata delle varietà di viti destinate alla produzione dei vini a DOC “Garda” di cui all’art. 2, lettera A), ed i rispettivi titoli alcolometrici volumici naturali minimi devono essere i seguenti:

“Garda Garganega”: 16,00 t/ha, 9,50% vol.

“Garda Pinot bianco”: 13,00 t/ha, 10,00% vol.

“Garda Pinot grigio”: 12,00 t/ha, 10,00% vol.

“Garda Chardonnay”: 13,00 t/ha, 10,00% vol.

“Garda Tai (Tocai)”: 14,00 t/ha, 10,00% vol.

“Garda Riesling italico”: 12,00 t/ha, 10,00% vol.

“Garda Riesling” (renano): 12,00 t/ha, 10,00% vol.

“Garda Cortese”: 14,00 t/ha, 10,00% vol.

“Garda Sauvignon”: 12,00 t/ha, 10,00% vol.

“Garda Cabernet”: 12,00 t/ha, 10,50% vol.

“Garda Cabernet Franc e/o Sauvignon”: 12,00 t/ha, 10,50% vol.

“Garda Merlot”: 13,00 t/ha, 10,50% vol.

“Garda Pinot nero”: 11,00 t/ha, 10,50% vol.

“Garda Marzemino”: 13,00 t/ha, 10,00% vol.

“Garda Corvina”: 13,00 t/ha, 10,00% vol.

“Garda Barbera”: 13,00 t/ha, 10,00% vol.

La produzione massima di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla produzione dei vini a DOC “Garda Classico” di cui all’art. 2, lettera B), ed i rispettivi titoli alcolometrici volumici naturali minimi devono essere i seguenti:

“Garda Classico bianco”: 11,00 t/ha, 10,50% vol.;

“Garda Classico chiaretto”: 11,00 t/ha, 10,50% vol.;

“Garda Classico rosso”: 11,00 t/ha, 10,50% vol.;

“Garda Classico rosso novello”: 11,00 t/ha, 10,50% vol.;

“Garda Classico rosso superiore”: 10,00 t/ha, 11,00% vol.;

“Garda Classico Groppello”: 11,00 t/ha, 10,50% vol.

“Garda Classico Groppello riserva”: 10,00 t/ha, 11,50% vol.

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione di detti vini devono essere riportati nei limiti di cui sopra, purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermo restando la resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

I presidenti delle giunte regionali della Lombardia e Veneto, su richiesta motivata delle organizzazioni di categoria interessate, e previo parere espresso di competenti comitati vitivinicoli possono, con proprio decreto da emanarsi ogni anno nel periodo immediatamente precedente alla vendemmia, ridurre i quantitativi di uva per ettaro ammessi alla certificazione, rispetto a quelli sopra fissati, dandone immediata comunicazione al Ministero per le politiche agricole – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini ed alle C.C.I.A.A. di Brescia, Mantova e Verona.

I rimanenti quantitativi, fino al raggiungimento delle quote massime consentite, saranno presi in carico per la produzione di vino da tavola.

Le rese massime di uva per i nuovi impianti e per i sovrainnesti devono essere le seguenti:

primo anno: resa zero

secondo anno: resa zero

terzo anno: il 100% della resa indicata dal disciplinare;

sovrainnesti:

primo anno: resa zero;

secondo anno: il 50% della resa indicata dal disciplinare,

terzo anno: il 100% della resa indicata dal disciplinare.

Fermo restando i vigneti già esistenti, i nuovi impianti ed i reimpianti devono essere composti da un numero di ceppi per ettaro non inferiore a 3.500 calcolati sulla base del sesto d’impianto.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione dei vini a DOC “Garda” devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delimitata dall’art. 3.

Tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che tali operazioni possano essere effettuate entro l’intero territorio delle province di Brescia, Mantova e Verona.

Tali operazioni possono altresì essere effettuate su autorizzazione del Ministero per le politiche agricole – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, previo parere favorevole della regione Veneto, anche in cantine aziendali o associate site in comune di Gambellara in provincia di Vicenza, sempreché all’atto dell’approvazione del presente disciplinare dimostrino di vinificare tradizionalmente le uve provenienti dai vigneti idonei a produrre vini di cui alla presente denominazione.

 Per la denominazione di origine controllata “Garda Classico” le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della rispettiva zona di produzione delimitata nel precedente art. 3, e comunque, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è in facoltà del Ministero per le politiche agricole – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, su parere favorevole delle regioni competenti per territorio, di consentire, su richiesta degli interessati, che le operazioni di vinificazione siano effettuate in provincia di Brescia ed anche nei comuni delle province di Verona e di Mantova limitrofi alla provincia di Brescia.

Nella vinificazione dei vini a DOC “Garda” sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

Nel caso che le diverse uve della composizione dei vigneti iscritti all’Albo siano vinificate separatamente, l’assemblaggio definitivo per l’ottenimento dei vini a DOC “Garda” sottozona “classico”, deve avvenire prima della richiesta di campionatura per il riconoscimento della DOC, e comunque prima della estrazione dalla cantina del produttore.

E’ ammessa la correzione solamente con mosti concentrati prodotti da uve provenienti da terreni vitati iscritti agli Albi dei vigneti della DOC “Garda”, oppure con mosto concentrato rettificato.

La resa massima delle uve in vino finito, per i prodotti di cui all’art. 2, lettera A), non deve essere superiore al 70%.

Qualora tale resa superi la percentuale sopra indicata, ma non oltre il 75%, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata. Oltre tale ulteriore limite, decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

Le rese massime delle uve in vino finito, per i prodotti di cui all’art. 2, lettera B), devono essere le seguenti:

“Garda Classico bianco”: 68%

“Garda Classico chiaretto”: 68%

“Garda Classico rosso”: 68%

“Garda Classico rosso novello”: 68%

“Garda Classico rosso superiore”: 68%

“Garda Classico Groppello”: 68%

“Garda Classico Groppello riserva”: 68%

Qualora tale resa superi le percentuali sopra indicate, ma non oltre il 75%, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata. Se la resa, infine supera il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

I vini ottenuti dai vigneti iscritti agli Albi “Garda Garganega” e “Garda Chardonnay” possono essere elaborati nella versione “frizzante”, attuando esclusivamente il processo della rifermentazione naturale.

Detti vini sono posti al consumo con la sola specificazione di “Garda frizzante”.

I mosti e i vini a DOC “Garda” con i nomi di vitigno “Pinot bianco, Chardonnay e Riesling” possono essere elaborati nella versione “spumante” e devono essere ottenuti esclusivamente con la rifermentazione naturale.

Per la produzione del vino a DOC “Garda Classico chiaretto” la vinificazione deve essere eseguita con breve macerazione delle parti solide.

Il mosto e il vino a DOC “Garda Classico Chiaretto”, possono essere elaborati nella versione “spumante”, attuando esclusivamente la pratica della rifermentazione naturale. Nella designazione di detto spumante non è consentita la dicitura “Classico chiaretto” e deve essere utilizzata, invece, obbligatoriamente la menzione “Garda spumante rosé”

Nella preparazione degli spumanti di cui alla presente denominazione di origine controllata è consentita la tradizionale pratica correttiva in quantità non superiore al 15% con i vini ottenuti dalla vinificazione in bianco del Pinot nero proveniente dai vigneti iscritti all’Albo camerale, ed a condizione che detti vigneti siano coltivati in purezza varietale.

La zona di elaborazione dei vini spumanti e frizzanti comprende le province di Brescia, Mantova, Verona e Treviso.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

I vini a denominazione di origine controllata “Garda” all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Garda Garganega”

colore: giallo paglierino

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: secco, talvolta amabile, armonico, pieno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr./l.;

 

“Garda Pinot bianco”

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: secco, talvolta abboccato, armonico, fresco, sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr./l.;

 

“Garda Pinot grigio”

colore: giallo paglierino, talvolta ramato;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: secco, talvolta abboccato, pieno ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr./l.;

 

“Garda Chardonnay”

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: secco, fresco, sapido, armonico, talvolta abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr./l.;

 

“Garda Tai”

colore: giallo paglierino;

profumo: vinoso, gradevole, caratteristico;

sapore: secco, armonico, fresco, moderatamente acidulo, talvolta abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr./l.;

 

“Garda Riesling”

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: secco, pieno, armonico, talvolta abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr./l.;

 

“Garda Riesling italico”

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: secco, armonico, fresco, talvolta abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr./l.;

 

“Garda Sauvignon”

colore: giallo paglierino;

profumo: delicato, leggermente aromatico;

sapore: secco, armonico, talvolta abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr./l.;

 

“Garda Cortese”

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: secco, armonico, fresco, talvolta abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr./l.;

 

“Garda frizzante”

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: secco o amabile, fruttato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 13,00 gr./l.;

 

“Garda Pinot bianco spumante”

“Garda Chardonnay spumante”

“Garda Riesling spumante”

spuma: fine, persistente;

colore: giallo paglierino brillante;

profumo; gradevole, fragrante, caratteristico;

sapore: secco o amabile, fruttato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 13,00 gr./l.;

 

“Garda spumante rosé”

spuma: sottile con grana fine e persistente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: fragrante con sentore di fruttato (metodo Charmat), bouquet fine, composto proprio della fermentazione in bottiglia (metodo tradizionale)

sapore: fresco, sapido, persistente con sentore finale di mandorla;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

residuo zuccherino massimo: 15,00 gr./l.;

acidità totale minima: 5,00 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 15,00 gr./l.;

 

“Garda Cabernet”

colore: rosso rubino più o meno intenso;

profumo: vinoso, gradevole;

sapore: asciutto, moderatamente acidulo, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 20,00 gr./l.;

 

“Garda Cabernet Sauvignon”

«Garda Cabernet Franc »

colore: rosso rubino ;

profumo: gradevole, caratteristico, leggermente erbaceo;

sapore: asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 20,00 gr./l.;

 

“Garda Merlot”

colore: rosso rubino;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: asciutto, pieno, gradevole, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 20,00 gr./l.;

 

“Garda Pinot nero”

colore: rosso rubino;

profumo: delicato, gradevole, caratteristico;

sapore: asciutto, piacevole, vinoso, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 18,00 gr./l.;

 

“Garda Marzemino”

colore: rosso rubino;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: asciutto, armonico, pieno, gradevole;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 18,00 gr./l.;

 

“Garda Corvina”

colore: rosso rubino;

profumo: delicato, fresco, gradevole;

sapore: asciutto, piacevole, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 18,00 gr./l.;

 

“Garda Barbera”

colore: rosso rubino;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: asciutto, pieno, vinoso, giustamente tannico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 18,00 gr./l.;

 

I vini a denominazione di origine controllata “Garda Classico” all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Garda Classico bianco”

colore: giallo paglierino con riflessi verdolini, brillante;

profumo: fresco, delicato, caratteristico, con toni floreali;

sapore: secco, armonico, vellutato con leggera vena salina ed eventuale retrogusto leggermente mandorlato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 15,00 gr./l.;

 

“Garda Classico chiaretto”

colore: da rosa petalo a rosato cerasuolo con riflessi rubini;

profumo: fine, intenso, con sentori floreali e fruttati;

sapore: secco, fresco, fine, sapido con spiccata salinità ed eventuale leggero retrogusto mandorlato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 16,00 gr./l.;

 

“Garda Classico rosso”

colore: rosso rubino, brillante;

profumo: vinoso, caratteristico da giovane, più fruttato e speziato da vecchio.

sapore: sapido, asciutto, caratteristico, fine, con salinità caratteristica, retrogusto mandorlato;

Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minino: 20,00 gr./l.;

 

“Garda Classico rosso novello”

colore: rosso rubino con note violacee;

profumo: intenso di frutti rossi e fiori;

sapore: fresco, sapido, con tannicità delicata;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 21,00 gr./l.

 

“Garda Classico rosso superiore”

colore: rosso rubino con riflessi granata;

profumo: ampio, complesso, caldo, talvolta speziato;

sapore: asciutto, vellutato, gradevole, di nobile stoffa, con retrogusto di mandorla amara, eventualmente con lieve sapore di legno, derivato dall’invecchiamento in botte.

Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 21,00 gr./l.;

 

“Garda Classico Groppello”

colore: rosso rubino, brillante;

profumo: vinoso, fresco, fruttato, caratteristico, leggermente speziato

sapore: asciutto, vellutato, sapido, gentile, con fondo mandorlato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 20,00 gr./l.;

 

“Garda Classico Groppello riserva”

colore: rosso rubino intenso;

profumo: vinoso, intenso, caratteristico, speziato di spezie dolci;

sapore: asciutto, vellutato, rotondo, giustamente tannico con fondo mandorlato, eventualmente con lieve sapore di legno derivato dall’affinamento in botte;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr./l.;

estratto non riduttore minimo: 21,00 gr./l.;

 

E’ facoltà del Ministero per le politiche agricole – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, modificare, con proprio decreto, i limiti per l’acidità totale e l’estratto secco netto.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

Alla denominazione di origine controllata “Garda” è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto, selezionato e similari.

Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti vino a DOC “Garda” può figurare l’indicazione dell’annata di produzione delle uve purché veritiera e documentabile.

E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati, purché non abbiano significato laudativo e non siano idonei a trarre in inganno l’acquirente.

Nella designazione e presentazione del vino a DOC “Garda Classico” per le tipologie “chiaretto”, “rosso superiore” e “Groppello riserva” è obbligatorio riportare l’annata di produzione delle uve.

Nella designazione dei vini a DOC “Garda Classico” può essere utilizzata la menzione “vigna”, a condizione che sia seguita dal relativo toponimo, che la relativa superficie sia distintamente specificata nell’Albo dei vigneti, che la vinificazione e la conservazione del vino avvenga in recipienti separati e che tale menzione, seguita dal toponimo, venga riportata sia nella denuncia delle uve, sei nei registri che nei documenti di accompagnamento.

E’ inoltre consentito, alle condizioni previste dal decreto ministeriale 22/04/1992, l’uso delle indicazioni geografiche aggiuntive:

Moniga                       

Raffa                          

Picedo                        

Mocasina

Il vino a DOC “Garda Classico Groppello” può riportare la menzione “riserva” solo qualora venga sottoposto ad un periodo minimo di invecchiamento obbligatorio non inferiore a:

due anni

Il periodo di invecchiamento decorre dal

1° Novembre dell’anno di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento       

 

Per i vini a DOC “Garda” immessi al consumo in recipienti di capacità pari o inferiore a litri 5,000, è obbligatorio l’uso della tradizionale bottiglia di vetro chiusa con tappo di sughero raso bocca o a fungo(per i tipi spumante).

E’ ammesso, però, per le bottiglie di contenuto fino a litri 0,250 l’uso anche di tappi a vite o a strappo.

I vini a DOC “Garda Classico rosso superiore” e “Garda Classico Groppello riserva” devono essere immessi al consumo solo in recipienti di capacità inferiore e /o uguale a litri 5,000.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

a) Informazioni sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame

Il lago di Garda, o Benàco è il maggiore lago italiano, con una superficie di circa 370 km². Cerniera fra tre regioni, Lombardia (provincia di Brescia), Veneto (provincia di Verona) e Trentino-Alto Adige (provincia di Trento), è posto in parallelo all'Adige, da cui è diviso dal massiccio del monte Baldo.

A settentrione si presenta stretto a imbuto mentre a meridione si allarga, circondato da colline.

Il lago di Garda fa parte di quell'ampia zona climatica che comprende la Pianura Padana e le prime valli alpine e che denota un clima temperato-continentale, ma che localmente manifesta condizioni notevolmente mitigate dalla massa d'acqua: questo clima può definirsi sub-mediterraneo.

Il luogo con le temperature più miti è Malcesine, mentre quello con temperature più rigide e un clima più continentale è Peschiera del Garda.

La primavera e l'autunno sono le stagioni più piovose, mentre l'estate è di tipo mediterraneo, quindi asciutta ma interrotta da intensi temporali, specialmente nel mese di agosto.

In inverno le temperature sono meno rigide rispetto alle zone circostanti e le precipitazioni sono piuttosto scarse, mentre le nebbie solo in poche occasione riescono a invadere il basso lago.

Sulle rive non si presentano quasi mai condizioni di gelo, che si verificano solo eccezionalmente: l'ultima è avvenuta nel 1706, in un periodo di freddo generale che gli storici chiamano piccola era glaciale.

Il Garda è un lago orientato da nord a sud verso la Pianura Padana, quindi molti venti tipici del Garda sono il risultato di una differenza di condizioni atmosferiche tra basso e alto lago, a causa delle quali si generano venti che scendono dai monti verso la pianura al mattino e che risalgono verso i monti il pomeriggio.

La strettoia formata dal bacino lacustre condiziona lo spirare dei venti, molti dei quali sono periodici o perfino giornalieri.

Questi prendono nomi dialettali, quindi un singolo vento può avere nomi diversi.

Il vento più noto è il Sover (o Sauar, o Soar, o Vént dé Sóra, da "sopra"), in quanto spesso piuttosto teso e in ragione di questo ricercato dagli appassionati di navigazione a vela.

È un vento discendente che interessa praticamente tutto il lago, anche se è molto più intenso nell'alto e medio Garda, in quanto dopo Torri del Benaco il lago si allarga facendo perdere forza al vento.

Soffia dalle prime ore della notte, ma si rafforza con il sorgere del sole, a causa dell'aumento della temperatura, e

spira fino a circa mezzogiorno. Altre brezze di monte sono il Montis (o Montes), che spira dal monte Baldo verso Bardolino e Peschiera, e il Traersù, che scende invece dalle prealpi bresciane verso Moniga e Manerba. Altri venti importanti, in questo caso ascendenti, sono l'Ora, una brezza di valle che spira da sud poco dopo la caduta del Sover fino al tramonto.

Interessa specialmente il medio e alto Garda, dove acquista velocità a causa dell'effetto Venturi, dovuto alla conformazione a forma di imbuto del lago e delle montagne circostanti, e l'Ander, che investe tutta la parte inferiore del Garda.

Un vento freddo periodico che soffia in genere in primavera o autunno, e dalla durata media di tre giorni, è il Balì: si tratta del vento più violento che colpisce il lago, nasce nelle Alpi ma viene incanalato verso sud dal lago.

Tra gli altri venti periodici vi sono il Vinessa (o Vinezza, o Vicentina) che soffia umido e fresco da sud-est.Altri venti periodici ma meno frequenti sono il Toscano (o Toscà), il Pezzochero, il Gardesana, il Boarno e l'Avreser.

Fattori umani rilevanti per il legame

In epoca romana il lago era conosciuto come Benaco, mentre oggi è meglio noto come lago di Garda, toponimo attestato fin dal Medioevo e di origine germanica, derivante da quello dell'omonima cittadina sulla sponda veronese del lago, la quale, insieme a un'altra località celebre del lago, Gardone Riviera, e altre meno conosciute, come Gàrdola, Gardoncino, Gardoni, Guàrdola e Le Garde, testimonia la presenza germanica che va dal VI al VIII secolo, in particolare quella longobarda.

Il toponimo Garda, con il quale è chiamato il lago già in alcuni documenti dell'VIII secolo, è l'evoluzione della voce

germanica warda, ovvero "luogo di guardia" o "luogo di osservazione".

Il toponimo classico del lago, ovvero Benācus lacus (Benaco), è quasi sicuramente di origine celtica, precedente quindi al dominio romano, e dovrebbe derivare da bennacus, confrontabile con l'irlandese bennach, e significherebbe "cornuto", ovvero dai molti promontori. La traduzione "cornuto" viene anche interpretata in riferimento alla penisola di Sirmione.

La versione italiana dell'accento tonico rimane fedele all'accentazione latina, quindi va pronunciato con l'accento sulla "a".

Gli abitanti del lago, in particolar modo quelli della sponda veronese, pronunciano il nome Benaco con l'accento sulla "e", ovvero Bènaco.

Resta oscuro il motivo per cui i nativi delle zone del lago tendono ad utilizzare la versione con l'accento sdrucciolo del nome.

Non si è a conoscenza né di chi abbia introdotto la vite in questo ambiente né quando, ma alcune testimonianze riportano che già nel I secolo il vino gardesano era ben noto e si poteva facilmente trovare nei banchetti degli antichi romani con il nome di Vino Retico. Il Retico fu uno dei vini preferiti dell'imperatore Augusto, per lo meno secondo quello che ci riporta Svetonio, e pure Plinio loda le viti e l'uva retica, affermando che era piuttosto in voga a Roma.

L'integrazione tra Romani e Cenomani, i quali controllavano la zona gardesana, iniziò probabilmente nel 225 a.C., quando vi fu un trattato di alleanza tra Cenomani, Veneti e Romani, anche se l'effettiva romanizzazione del territorio avvenne tra il II e il I secolo a.C., tanto che nell'89 a.C. vennero concessi i diritti già delle città latine per volontà del console romano Gneo Pompeo Strabone e una quarantina di anni dopo fu concessa la cittadinanza romana a Brescia (che comprendeva la sponda occidentale e settentrionale del Benaco) e a Verona (che comprendeva invece la sponda orientale).

Un secolo strategico fu il I d.C. in quanto vennero realizzate strade di notevole importanza, come la via Gallica, che collegava Verona con Milano passando da Peschiera (l'antica Arilica), e la via Claudia Augusta, che collegava la pianura con il passo di Resia e quindi i territori più settentrionali, oltre ad alcune strade di minore importanza che collegavano la val d'Adige con il Garda, la via Benacensis (all'altezza di Torri del Benaco) e la Campiona.

Furono inoltre istituiti due pagi, ovvero circoscrizioni territoriali rurali: quello dei Benacenses sul bresciano e il pagus dei Claudienses sul veronese.

Nel 268 si combatté la battaglia del lago Benaco tra l'esercito dell'impero romano, comandato dal futuro imperatore Claudio il Gotico, e la federazione germanica degli Alemanni.

La schiacciante vittoria ottenuta dai romani permise la definitiva cacciata dall'Italia settentrionale degli Alemanni, a causa delle gravissime perdite che subirono durante la battaglia.

Dopo il crollo dell'impero romano la regione gardesana assistette al passaggio di numerose popolazioni barbariche, ma la prima popolazione germanica che vi si stanziò, dopo una lunga migrazione, fu quella dei Longobardi.

Le loro testimonianze sono presenti per lo più lungo le sponde meridionale e orientale, preferite ad altre zone per via dell'importanza strategica: da qui si poteva infatti controllare sia le vie d'acqua del Garda e del Mincio, che la val d'Adige. Durante l'egemonia longobarda vi fu una prima riorganizzazione, oltre che la definitiva cristianizzazione dell'area, iniziata nei secoli precedenti da San Vigilio e San Zeno.

Il lago rimase al confine tra tre potenti ducati longobardi, quelli di Verona, di Trento e di Brescia, e fu al centro di un'importante rete di comunicazioni, sia commerciali sia militari.

Per tanto fin dalla Preistoria il territorio gardesano ha conosciuto la presenza dell'uomo e del vino.

Sulle colline moreniche del Lago di Garda, è stato ritrovato il più antico aratro costruito dall'uomo che, cinquemila anni prima di Cristo, conosceva la vite selvatica e probabilmente anche il vino.

Saranno però gli Etruschi, nel V secolo a.C. ad introdurre nel bresciano la coltivazione della vite "addomesticata" soppiantando quella selvatica.

 

b) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare tutti i vini a monovitigno presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate e tipicamente legate alle peculiarità del microclima e del territorio gardesano, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni di base.

I vini prodotti nell’area limitrofa bresciana, con menzione “Classico” presentano le seguenti caratteristiche organolettiche: il Garda Classico Bianco assume aromaticità delicate più o meno intense a seconda delle percentuali dei due vitigni.

Armonico, equilibrato e fresco, leggermente ammandorlato; il Garda Classico Chiaretto è sicuramente il vino più

originale e caratteristico della Denominazione, unico nelle sue piacevolissime caratteristiche, ottenuto dalle uve rosse del Garda Classico rosso, ma vinificato in modo da ottenere un vino dal colore rosato “petalo di rosa” con una sorprendente aromaticità floreale e di frutti di bosco, accompagnata da una giusta acidità che determina una grande freschezza di sensazioni gustative e una buona struttura.

Il Garda Classico Groppello, ottenuto dall’omonima uva, considerata una rarità enologica in quanto coltivata solo in Valtenesi, sulle pendici delle splendide colline del lago di Garda; se ne riconoscono tre biotipi di pregio, il Gentile, il Mocasina ed il Santo Stefano.

È il vino più tipico della zona, un rosso delicato e di pronta beva, speziato con note fruttate, vellutato e piacevole, che si accompagna a primi saporiti, a piatti di carne di tutti i tipi e a formaggi di media stagionatura.

Scegliendo i vigneti migliori e talvolta a seguito di attenta cernita delle uve, dopo un invecchiamento di almeno due anni si ottiene il “Riserva”, prodotto più ricco, intensamente speziato di spezie dolci, corposo, di ottimo spessore gustativo, sempre molto avvolgente ma dalla tannicità morbida, adatto al medio invecchiamento.

Il Garda Classico Rosso e Rosso Superiore sposa varietà locali (Groppello e Marzemino) e varietà diffuse a livello internazionale (Barbera e Sangiovese) per cogliere in una sintesi di particolare tipicità il meglio delle potenzialità viticole ed enologiche della zona.

Vino di buona struttura che, se giovane, si presenta come ricco complemento a pranzi non eccessivamente impegnativi, mentre nella tipologia Superiore, invecchiato per disciplinare almeno un anno.

Il Disciplinare di produzione valorizza appieno le tradizioni locali, proponendo diverse tipologie di vini che, mantenendo elevati standard qualitativi, rispecchiano la variegata realtà viticola ed enologica collinare.

 

c) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Nell’area gardesana i vigneti sono parte integrante ed essenziale del paesaggio e dell’ambiente di una delle zone a maggior afflusso turistico d’Italia.

L’ambiente agricolo vive un proprio delicato, rispettoso e particolare equilibrio con il resto della natura tanto da trasformarsi in ambiente “turistico”, pronto ad accogliere in ogni istante chi si inoltra nella campagna o fra le colline alla ricerca di inaspettate e piacevoli sorprese, lontano dal turismo chiassoso ma vicino alle meraviglie naturali del lago più grande d’Italia e del suo entroterra.

Nella varietà di uve coltivate in questo territorio, il Groppello è il vitigno più rappresentativo; è una varietà a bacca rossa considerata una rarità enologica in quanto coltivata solo in Valtènesi sulle pendici delle splendide colline del lago di Garda.

Se ne riconoscono tre biotipi di pregio: il Groppello Gentile, il Groppello di Mocasina ed il Groppello di Santo Stefano.

La parte settentrionale del lago è situata in una depressione che si insinua all'interno delle Alpi, mentre la parte meridionale occupa un'area dell'alta Pianura Padana: si distinguono quindi un tratto vallivo ed uno pedemontano, il primo di forma stretta e allungata, il secondo ampio e semicircolare.

Una caratteristica del Garda è la dimensione limitata del bacino idrografico (2290 km²) rispetto alla superficie lacustre: ad una lunghezza di 52 km del lago corrispondono i 95 km del bacino, mentre le rispettive larghezze sono di 16 e 42 km.

Lo spartiacque orientale del bacino idrografico benacense presenta una direzione parallela all'asse del lago, mentre quello occidentale ha un andamento più sinuoso. All'interno del bacino i rilievi maggiori sono la cima Presanella (3556 m) e l'Adamello (3554 m), anche se la maggior parte del territorio è compreso tra i 65 ed i 1500 m. Morfologicamente il bacino idrografico del Garda è suddivisibile in quattro aree: la pianura di circa 200 km², la superficie lacustre di circa 370 km², la porzione occidentale di circa 500 km² e quella orientale di circa 1040 km².

A sud del lago di Garda, tra Verona, Mantova e Brescia, si sviluppa un grande anfiteatro morenico, ovvero un susseguirsi di cerchie collinari con interposte piccole aree pianeggianti, in alcuni casi palustri, originatisi grazie all'azione di trasporto e di deposito del grande ghiacciaio del Garda.

Questi depositi morenici si formarono durante le glaciazioni Günz, Mindel, Riss e Würm: alle due più antiche,

la Günz e la Mindel, sono attribuiti depositi morenici molto limitati, mentre alla glaciazione Riss sono attribuite le cerchie moreniche più esterne e alla glaciazione Würm quelle interne.

La morfologia delle colline è dolce e dalle linee delicate; dai punti più alti è possibile avere la percezione dei rapporti che legano le colline con le montagne oltre che della forma circolare ad anfiteatro degli andamenti collinari, i quali sembrano abbracciare la parte meridionale del lago.

Queste zone, abitate sin dalla preistoria, sono ambienti di grande pregio naturalistico, con vegetazione tipica del clima mediterraneo come l'olivo, la vite, le agavi e altre piante, che crescono rigogliose grazie al microclima creato dal bacino del Garda, che rende l'inverno particolarmente mite.

Il livello medio delle acque del Garda, che si trova a 65 metri sopra il livello del mare, subisce variazioni stagionali piuttosto limitate, in particolare se rapportato agli altri grandi laghi prealpini: le oscillazioni massime sono di 1-1,5 metri. La limitatezza di queste variazioni è merito delle dimensioni notevoli dell'invaso rispetto a quelle del bacino imbrifero che lo alimenta. La temperatura media delle sue acque superficiali è di 12 °C, che scende a 8 °C a 100 metri di profondità.

La temperatura superficiale dell'acqua è però soggetta a variazioni notevoli nell'arco dell'anno: la temperatura minima a dicembre è di 6 °C mentre quella massima ad agosto è di 27 °C.

Uno dei fenomeni caratteristici del lago è quello delle sesse, ovvero un repentino innalzamento del livello del lago, mediamente di 30 cm, collegato a un calo improvviso della pressione atmosferica.

Si tratta di un evento che avviene in condizioni di lago calmo, che si manifesta senza preavviso e la cui durata può variare da alcuni minuti fino ad alcune ore, in casi eccezionali anche una giornata intera.

Altro fenomeno ricorrente è quello delle correnti, che consiste nel movimento di una massa d'acqua in una direzione diversa rispetto all'acqua che la circonda.

In genere sono correnti subacquee, ma possono diventare visibili in superficie tramite una sorta di fiume che scorre sulla superficie del lago dalla colorazione più chiara rispetto a quella delle acque circostanti.

Le correnti hanno andamenti e velocità piuttosto varie e si manifestano in luoghi e momenti sempre diversi, anche se i luoghi in cui compaiono più frequentemente sono nelle acque di fronte a Garda, Bardolino, Lazise, tra Gargnano e la punta di San Vigilio, e a settentrione a Malcesine e a Limone.

Causa di questo fenomeno sono squilibri di temperatura.

Il paesaggio è condizionato dalle caratteristiche litografiche delle rocce, dalle strutture tettoniche e in parte anche dall'azione antropica. L'importanza della struttura tettonica nella modellazione del paesaggio lacustre è particolarmente evidente sulla catena del monte Baldo, la cui dorsale coincide con la culminazione di una piega anticlinale. La depressione del lago, invece, deriva da una piega, più specificatamente da una sinclinale fagliata poi scavata dalle acque correnti e modellata dai ghiacciai.

Altre forme sono state definite da processi erosivi fluviali, glaciali e carsici. In particolare l'erosione di tipo fluviale è evidente nella zona settentrionale del bacino, mentre l'erosione glaciale è visibile in tutta la zona: questo processo è reso evidente soprattutto dal grande anfiteatro morenico creato da centinaia di colline a sud del lago, formate da massi giganti, ciottoli, sabbia e limi.

L'azione di avanzamento ed arretramento che ha subito nel tempo il ghiacciaio è visibile nell'alternanza di cerchie collinari.

I processi carsici sono presenti soprattutto sul monte Baldo, come dimostrano le numerose doline e conche, e questi processo erosivi sono facilitati dai calcari triassici del monte, facilmente fratturabili.

Le rocce ed i depositi morenici e fluvioglaciali affioranti nella zona del lago si sono formati in un periodo di circa 200 milioni di anni. Le formazioni più antiche sono del periodo Triassico superiore e, in gran parte, si tratta di Dolomia Principale (spesso dolomie biancastre o rosate).

Le dolomie hanno uno spessore di qualche centinaio di metri e danno vita ad una morfologia aspra, che diventa evidente lungo la linea di vetta del monte Baldo (qui costituiscono il nucleo dell'anticlinale) e in un'area piuttosto vasta tra il lago di Garda ed il lago d'Idro.

La presenza della dolomia identifica questa come una vasta piattaforma marina: un fondale poco profondo, con, principalmente, sedimenti carbonatici, aventi caratteristiche che sono variate nel tempo da subcotidali, intercotidali e sopracotidali.

Le rocce che vanno dal periodo Giurassico a quello Terziario hanno invece dato luogo, tra il lato occidentale e quello orientale del lago, a sedimenti ben diversi: gli studiosi parlano in questo caso di facies veneta e facies lombarda, la prima una piattaforma carbonatica (cioè un ambiente marino di sedimentazione poco profondo e subsidente, con sedimentazione di carbonati), la seconda un bacino (cioè una profonda depressione sottomarina, con sedimentazioni calcarei e calcarei-marnosi ricchi di selce).

Le differenze così nette tra le serie stratigrafe venete e lombarde hanno suscitato sostanzialmente tre ipotesi: una

spiega la differenza di facies come conseguenza di una traslazione verso nord (di circa 30 km) della zona veronese, che avrebbe portato a contatto ambienti lontani e diversi. Un'altra ipotesi spiega le differenze in modo diverso: la zona veronese e prealpina veneta (una fascia di circa 80 km) avrebbero fatto parte di un'area sopraelevata (ovvero una piattaforma) rispetto ai due lati, le fosse lombarda e bellunese.

In questo caso, però, le differenze tra le due sarebbero state più graduali, senza i passaggi bruschi che si evidenziano, invece, nella regione del lago di Garda.

La terza ipotesi cita verosimilmente la presenza di linee di faglia sinsedimentarie che separavano la piattaforma dalle fosse: in tal modo il passaggio tra le due facies sarebbe più brusco, proprio come viene riscontrato dai rilievi eseguiti. Qui vi sono infatti le condizioni climatiche e il terreno adatto per la crescita della vite, che è presente in particolare nelle zone meridionali e centrali di entrambe le sponde.

Il territorio nel quale si producono i vini della sottozona “Classico” risale a formazioni geologiche molto diverse, e gode di un microclima particolarmente mite, regolato dalle acque del lago e da una buona ventilazione, condizione ideale per la crescita armonica della vite, ma anche dell'ulivo e degli agrumi.

Cuore dell'area è la Valtènesi, dalla storica vocazione vitivinicola. Questa area limitrofa al più grande Lago d’Italia, rappresenta il fulcro produttivo, la qualità dei vini prodotti come DOC fino dal 1967 è cresciuta fino a meritarsi, nel 1996, l’ambito riconoscimento rappresentato dalla menzione “Classico” accanto al nome Garda.

Questa parola racchiude in sé significati che nel mondo del vino hanno grande valore: tradizione, poiché l’accezione Classico viene concessa solo alle zone di più antica coltivazione della vite; qualità, poiché l’importanza dell’attribuzione ad un vino del termine Classico impone che tutti i Produttori siano coscienti che dalle loro terre e cantine debbono nascere vini di alto pregio, passione per la terra, l’ambiente e il duro lavoro di campagna, dato che solo da vigneti rispettati e curati con ogni attenzione possono nascere le pregiate uve base per questi mirabili vini.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e Indirizzo:

ISTITUTO MEDITERRANEO DI CERTIFICAZIONE S.R.L -

Sede Centrale: via C. Pisacane, 32

60019 Senigallia (AN) - Italia

Tel. (+39) 0717930179 | fax (+39) 0717910043

Unità operativa di Brescia:

via Volturno, 31

25122 Brescia (BS)  

Italia

Tel (+39) 030 3733069, fax (+39) 030 316132

e-mail: pianocontrolli@imcert.it

L’ISTITUTO MEDITERRANEO DI CERTIFICAZIONE S.R.L. Unità operativa di Brescia è l’organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 3), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva

(viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 4).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

VIGNETI SAN BENEDETTO DI LUGANA

VIGNETI SAN BENEDETTO DI LUGANA

LUGANA

D.O.C.
Decreto 2 maggio 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Lugana» è riservata  ai vini bianchi che rispondono  alle  condizioni  ed  ai  requisiti  del presente disciplinare  di  produzione,  per  le  tipologie 

«Lugana»,

«Lugana Superiore»,

«Lugana Riserva» 

«Lugana  Vendemmia  Tardiva» 

«Lugana Spumante».

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a denominazione di  origine  controllata  «Lugana»  devono essere ottenuti dalle uve provenienti dal vitigno Trebbiano di  Soave localmente  denominato  Turbiana  o  Trebbiano  di  Lugana, minimo 90%,

possono concorrere  alla  produzione  di   detti   vini,   congiuntamente   o disgiuntamente, uve provenienti da altri vitigni a bacca bianca,  non aromatici,  raccomandati  e/o  autorizzati  rispettivamente  per   le province di Brescia e di Verona presenti, nell'ambito aziendale, fino ad un massimo del 10% del totale delle viti.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona  di  produzione  dei  vini  a  denominazione  di  origine controllata «Lugana» comprende territori ricadenti nelle province  di Brescia e Verona

ed è delimitata a nord dal lago di  Garda 

e  nelle altre direzioni da una linea che partendo dai Cappuccini ad ovest  di Peschiera  del  Garda  procede  verso  sud  sulla  strada  per  Villa Montresor fino a giungere alla ferrovia.

Il confine segue ad ovest la ferrovia fino a quota 84 ove scende a sud lungo la strada che conduce al laghetto del Frassino; sopra quota 91  piega  ad  ovest  per  C.na Berra Nuova e sotto quota 101 piega a sud per Serraglio,  indi  passa ad est per  C.na  Gozzetto  fino  a  giungere  sull'autostrada  della Serenessima.

Attraversata l'autostrada, il limite  procede  a  sudovest  sulla strada che passa sotto Pignolini e sopra quota 84 fino a  giungere  a C.na Boschetti e C.na Rondinelli ove incontra il confine  provinciale con il quale si identifica verso sud fino alla strada per  Pozzolengo in prossimità di quota 100.

Da  questo  punto  il  limite  segue  la strada per Pozzolengo, Ponte dell'Irta, Ballino fino a quota 110  ove incontra  il  confine  provinciale  che  segue   a   nordovest   fino all'altezza del Casino; qui segue la strada per Ferrari  indi  quella

che verso nord e nordest porta a Madonna della Scoperta, Fenil Nuovo, C.na Baita, Castel Venzago, Centenaro e S. Pietro.

Da  S.  Pietro  il limite procede verso nord sulla strada che  passando  da  C.na  Venga giunge sull'autostrada della Serenissima; segue questa verso est fino a C.na Caporale per poi salire a nord sulla strada  che  passando  da

Casette Pomo, Villa Venga, Bagliaco, Pigna, Mole, C.na Tese, e a nord di Villa Arriga giunge al Lago di Garda a quota 70 in prossimità del km 267.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati  alla produzione dei vini a denominazione di origine  controllata  «Lugana» devono essere quelle tradizionali della  zona  di  produzione  e  dei vigneti esistenti e comunque atte a conferire alle  uve  ed  ai  vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerarsi idonei ai fini dell'iscrizione allo schedario viticolo, unicamente i  vigneti  situati  in  terreni,  con giacitura prevalentemente pianeggiante, di natura argillosa calcarea, con idonea baulatura per evitare il ristagno idrico.

I sesti d'impianto, le forme  di  allevamento  ed  i  sistemi  di potatura (corti, medi e lunghi)  devono  essere  quelli  generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

Fermi restando  i  vigneti  esistenti,  i  nuovi  impianti  ed  i reimpianti devono essere composti da un numero di ceppi ad ettaro non inferiore a 3.700.

E' vietata ogni pratica di forzatura, l'irrigazione  di  soccorso non è considerata tale.

 

La produzione massima di uva per ettaro,in coltura specializzata, non deve superare

12,50 t/ha  per  i  vini  a  denominazione  di origine controllata «Lugana»,  «Lugana  riserva»,  «Lugana  Vendemmia tardiva»  e  «Lugana  spumante»; 

11,00 t/ha  tonnellate  per  il  vino   a denominazione di origine controllata «Lugana Superiore».

Nelle annate favorevoli i  quantitativi  di  uve  ottenuti  e  da destinare  alla  produzione  dei  vini  a  denominazione  di  origine controllata «Lugana» devono essere riportati nei limiti di cui sopra, purché la produzione globale non superi del 20% i  limiti  medesimi, fermi restando i limiti resa  uva/vino  per  i  quantitativi  di  cui trattasi.

Le eccedenze delle uve, nel limite massimo  del  20%,  non  hanno diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre  detto  limite   percentuale   decade   il   diritto   alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

Fermi restando i limiti sopra indicati, la produzione massima per ettaro  di  vigneto  in  coltura  promiscua  deve  essere  calcolata, rispetto  a  quella  specializzata,  in   rapporto   alla   effettiva superficie coperta dalla vite.

 

Le uve destinate alla vinificazione del vino a  denominazione  di origine controllata «Lugana» e «Lugana Riserva» devono assicurare  un titolo alcolometrico volumico naturale minimo del 10,50% vol., 

quelle destinate alla vinificazione del  vino  a  denominazione  di  origine controllata  «Lugana»   superiore   devono   assicurare   un   titolo alcolometrico  volumico  naturale  minimo  dell'11,50%  vol.,  

quelle destinate alla vinificazione del  vino  a  denominazione  di  origine controllata Lugana Vendemmia  tardiva  devono  assicurare  un  titolo alcolometrico volumico naturale minimo complessivo dell'13,00 % vol.

Le  uve  destinate  alla  produzione  del  vino   base   per   la preparazione dei tipi spumante, metodo  classico  e  metodo  Charmat, devono assicurare un titolo alcolometrico  volumico  naturale  minimo del 9,50% vol.

In tale caso le uve devono essere prese  in  carico  da parte  dei  produttori  negli  appositi  registri  di   vinificazione

indicando la destinazione alla spumantizzazione.

La regione Lombardia d'intesa con la regione Veneto  annualmente, prima della vendemmia, sentite  le  organizzazioni  professionali  di categoria e il Consorzio di tutela riconosciuto  e  delegato,  tenuto conto delle condizioni ambientali e di coltura che nell'anno si  sono verificate,  può  stabilire,  con  decreto,  un  limite  massimo  di produzione  per  ettaro  inferiore  a  quello  fissato  dal  presente disciplinare in rapporto agli ettolitri di vino  ottenibile,  dandone

immediata comunicazione al Ministero  per  le  politiche  agricole  - Comitato  nazionale  per  la  tutela  e   la   valorizzazione   delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche  dei vini ed alle Camere di Commercio I.A.A. di Brescia e di Verona.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

 Le operazioni di vinificazione e di imbottigliamento dei  vini  a denominazione di origine  controllata  «Lugana»  di  cui  all'art.  1devono  essere  effettuate  all'interno  della  zona  di   produzione delimitata nel precedente art. 3.  Tuttavia  tenuto  conto   delle   situazioni   tradizionali,   le operazioni  di  vinificazione  e  imbottigliamento   possono   essere effettuate in via permanente con autorizzazione del  Ministero  delle Politiche Agricole e Forestali, previo parere della Regione Lombardia o Veneto e il Consorzio di Tutela, anche in stabilimenti  situati  al di fuori della zona di produzione ma nel territorio delle province di Brescia  e  Verona  ove  si  tratti  di  attività  preesistente all'entrata in vigore del presente disciplinare.

Inoltre, le operazioni di elaborazione del vino  spumante  ossia, le  pratiche  enologiche  per  la   presa   di   spuma   e   per   la stabilizzazione, nonché  le  operazioni  di  imbottigliamento  e  di confezionamento  possono  essere  effettuate   soltanto   nell'intero territorio amministrativo delle province di  Brescia,  nella  regione Lombardia e delle province di Treviso  e  di  Verona,  nella  regione Veneto.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche, comprese quelle relative  all'affinamento,  corrispondenti  agli  usi locali, leali e costanti,  pur  tenendo  opportunamente  conto  degli adeguamenti tecnologici e della ricerca, atte a conferire al vino  le sue peculiari caratteristiche.

Nelle operazioni di affinamento  è  consentito  anche  l'uso  di recipienti di legno.

La resa  massima  delle  uve  in  vino  finito  non  deve  essere superiore al 70%, per tutte le tipologie; per la  tipologia  spumante essa deve intendersi al netto della presa di spuma.

Qualora superi detto limite, ma non il 75%,  l'eccedenza  non  ha diritto alla denominazione  di  origine  controllata.  Oltre  il  75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

Il vino a denominazione di origine controllata «Lugana superiore» deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento ed affinamento di almeno

dodici mesi

a  decorrere  dal  1°  ottobre  dell'annata  di produzione delle uve.

Il vino a denominazione di origine controllata  «Lugana  riserva» deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento o  affinamento di almeno

24 mesi dei quali almeno 6  in  bottiglia

Il  periodo  di invecchiamento o affinamento decorre dal

1°  ottobre  dell'annata  di produzione delle uve.

Il vino a denominazione di origine controllata «Lugana  vendemmia tardiva» deve essere sottoposto ad un periodo di  invecchiamento  e/o affinamento  di  almeno 

dodici  mesi 

a  decorrere  dal  1°  ottobre dell'annata di produzione delle uve.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata  «Lugana»  all'atto dell'immissione  al   consumo   devono   rispondere   alle   seguenti caratteristiche:

 

«Lugana»:

colore:  paglierino  o  verdolino  con   tendenza   al   giallo leggermente dorato con l'affinamento;

profumo: delicato, gradevole, caratteristico;

sapore: fresco, morbido, da secco all'abboccato, armonico,  con eventuale leggera percezione di legno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

«Lugana superiore»:

colore: paglierino o verdolino, con tendenza al  giallo  dorato con l'invecchiamento;

profumo: delicato, gradevole, caratteristico;

sapore: morbido, da secco all'abboccato, armonico, corposo, con eventuale leggera percezione di legno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

«Lugana Riserva»:

colore:  paglierino,  con  tendenza  al   giallo   dorato   con l'invecchiamento;

profumo: delicato, gradevole, caratteristico;

sapore:  secco,  morbido,  da  secco  all'abboccato,  armonico, corposo, con eventuale percezione di legno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

«Lugana vendemmia tardiva»:

colore:    giallo    dorato    con     tendenza     all'ambrato all'invecchiamento;

profumo: intenso, gradevole, caratteristico;

sapore: armonico, vellutato, dall'amabile al dolce,  di  corpo, con eventuale percezione di legno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00% vol.;

acidità  totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Lugana spumante»:

spuma: fine e persistente;

colore: paglierino piu' o meno intenso con  eventuali  riflessi dorati;

profumo:  fragrante  con  sentore   di   fruttato   quando   è spumantizzato con il metodo Charmat; bouquet  fine  composto  proprio della fermentazione in  bottiglia  quando  è  spumantizzato  con  il metodo classico;

sapore: fresco, sapido, fine ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

residuo di zuccheri: non superiore a 25,00 g/l;

acidità  totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

E' facoltà del Ministero per le politiche  agricole  -  Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione  delle  denominazioni  di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini  modificare, con proprio decreto, i limiti sopra indicati per l'acidità totale  e l'estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

 

Nella designazione e presentazione dei vini  a  denominazione  di origine controllata  «Lugana»  è  vietata  l'aggiunta  di  qualsiasi qualificazione diversa da quelle espressamente previste dal  presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi «extra», «fine», «scelto»  e similari.

E' consentita l'aggiunta  di  indicazioni  veritiere  tendenti  a specificare  l'attività  dell'imbottigliatore,  quale   viticoltore, azienda  agricola,  fattoria,  castello,  abbazia   e   similari   in osservanza delle disposizioni della UE e  nazionali  in  materia. 

E' consentito l'uso di indicazioni  che  facciano  riferimento  a  nomi, ragioni sociali, marchi privati, purché non siano tali da trarre  in inganno il consumatore.

Le  menzioni  Superiore,  Riserva,  Vendemmia  Tardiva   dovranno figurare in etichetta  immediatamente  al  di  sotto  della  dicitura «denominazione di origine controllata» ed avere caratteri  di  stampa di altezza non superiore a quelli utilizzati per la denominazione  di origine controllata «Lugana».

Sull'etichetta delle bottiglie contenenti il vino a denominazione di origine controllata «Lugana» e Lugana superiore e Lugana riserva e Lugana  vendemmia  tardiva   deve   sempre   figurare   l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.  E'  consentito  altresì  l'uso della indicazione aggiuntiva di  «vigna»,  alle  condizioni  previste dalla normativa vigente.

 

Articolo 8

confezionamento

 

Tutti i contenitori fino alla capacità di  5,0  litri  compresa, utilizzati per il confezionamento del vino a denominazione di origine controllata «Lugana» devono essere in vetro.

Sono ammesse tutte le chiusure a  eccezione  di  tappo  corona  e strappo.

Il vino a denominazione di origine controllata «Lugana  Spumante» deve essere  immesso  al  consumo  solo  in  bottiglie  di  vetro  di capacità fino a 16 litri con tappo in sughero.

I vini a denominazione di origine controllata «Lugana» riportanti le menzioni superiore, riserva  e  vendemmia  tardiva  devono  essere immessi al consumo solo in bottiglie di vetro di capacità da 0,375 a 3,0 litri con chiusura tappo di sughero raso bocca.

E' ammessa, per tutte le tipologie  della  denominazione,  “Lugana”  per specifiche esigenze  commerciali,  la  chiusura  a  vite  per  le bottiglie con capacità  inferiore a 0,375 litri.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata dall’art 3 ricade al confine tra le regioni Lombardia e Veneto con rispettivamente le province di Brescia (BS) e Verona (VR) e si affaccia sul Lago di Garda (Benàco) che è il lago più esteso del territorio italiano.

Più precisamente il territorio della DOC Lugana comprende tutto il comune di Sirmione (BS) e una porzione dei comuni confinati Desenzano del Garda (BS), Lonato del Garda (BS), Pozzolengo (BS) e Peschiera del Garda (VR).

La delimitazione del territorio è stata effettuata nel 1966 e definita con il riconoscimento del disciplinare di produzione nel 1967 (primo della regione Lombardia).

Il territorio è pressoché omogeneo, prevalentemente pianeggiante, la sua formazione ha origine nell’era antropozoica (periodo glaciale del quaternario).

In quell’epoca un immenso ghiacciaio scendeva dalla valle dell’Adige e una sua diramazione di minore grandezza occupava tutto l’attuale bacino del Lago di Garda.

Questo ghiacciaio in seguito si ritirò più volte per ritornare poi in periodi successivi formando l’odierno Lago di Garda e le colline moreniche.

Ai piedi delle colline moreniche, sul territorio solcato dai ghiacci, rimase il detrito della morena, finemente macinato unito all’argilla. Questo detrito, che localmente viene definito “menadel” subì nella Lugana un ulteriore rimaneggiamento ad opera del lago post glaciale le cui acque, avendo un livello molto superiore ad oggi, sommergevano tutta la regione.

L’argilla lacustre di depositò in grande quantità sopra al detrito morenico e si mescolò. La tipica scioltezza della sabbia morenica scomparve per il prevalere dell’argilla ed il terreno agrario della zona assunse quella caratteristica

compattezza che oggi lo distingue dagli altri della zona.

Il terroir del Lugana una DOC di pianura: è infatti pianura quella che si estende per la maggior parte degli ettari vitati della denominazione. Ed è una pianura nobile, contraddistinta da fertili suoli di matrice argillosa.

Sono argille stratificate di origine morenica e di natura sedimentaria, prevalentemente calcaree, ricche di sali minerali, dal carattere difficile: compatte, dure e inviolabili quando c’è siccità, molli e fangose con la pioggia.

Ma sono proprio queste argille, che nella fascia più collinare della Doc si fanno via via più sabbiose, le depositarie del patrimonio organolettico del Lugana: corpo e calore, acidità e sapidità nell’ossatura strutturale del vino, profumi vigorosi, netti, tra la mandorla e l’agrume, nel corredo aromatico.

Nella Lugana il microclima, influenzato positivamente dalle temperate brezze del lago di Garda, è ideale per la mitezza e la scarsa incidenza delle escursioni termiche tra il giorno e la notte.

Una “culla climatica” perfetta per accudire e valorizzare le peculiarità di un’uva particolare come la Turbiana .

Parente stretto del Trebbiano di Soave (e citato come tale nel disciplinare di produzione), vitigno geograficamente non lontano, che però dimora in un altro tipo di habitat (vecchie pergole su colline vulcaniche), la Turbiana è stata per lungo tempo apparentata, per molti addirittura confusa, con il Verdicchio dei Castelli di Jesi, mentre se ne distanzia, stando ai risultati degli ultimi studi in materia, per caratteri aromatici propri.

Affine al verdicchio in termini genetici, la Turbiana se ne distanzierebbe infatti dal punto di vista fenologico, agronomico ed enologico.

Meno produttiva rispetto alla media degli altri trebbiano nazionali, la Turbiana ha grappolo medio-grande, compatto,

di forma piramidale allungato; acino sferoidale; buccia spessa, mediamente pruinosa (la pruina è quella sorta di effetto “infarinatura”, o patina bianca, che si vede sul grappolo durante la fase di maturazione); polpa succosa, sciolta, lievemente acidula, dal sapore neutro.

È sensibile al marciume, allo oidio e peronospora, ed è in grado di esprimersi con versatilità sia nelle versioni

classiche in bianco che in quelle spumantizzate.

Un vitigno nobile e antico in grado di produrre un bianco ricco di sfumature e personalità. Il territorio della DOC Lugana ha un micro clima del tutto particolare che si differenzia notevolmente dal clima della pianura Padana. L'enorme massa d'acqua del lago crea un effetto termico che rende il clima estivo meno torrido e il clima invernale più temperato e meno soggetto alle gelate rispetto all'entroterra.

Le temperature e le sue condizioni meteorologiche sono per molti versi più simili a quelle del clima mediterraneo. Infatti il Garda è caratterizzato da una flora di tipo mediterraneo: ulivi e limoni prosperano un po'ovunque nei paesi rivieraschi.

Anche le nebbie sono assai più rare rispetto alle zone di pianura essendo i paesi rivieraschi spazzati quasi costantemente dalle brezze provenienti dalle zone settentrionali del lago di Garda.

Fattori Umani rilevanti per il legame

Passando in mezzo a uno dei luoghi turistici più belli del nord Italia – un crocevia di vigneti e uliveti, di cantine e di colori luminosi, fragranze e sapori – si stenterebbe oggi a credere che l’antica “Lucana” (il cui etimo potrebbe derivare proprio dal latino lucus, bosco) fosse anticamente un luogo selvaggio e acquitrinoso, una boscaglia paludosa che solo un alacre lavoro secolare di disboscamento, certificato a partire dal Quattrocento, avrebbe provveduto a bonificare.

La zona della DOC Lugana si caratterizza per essere una zona turistico – vitivinicola.

L’area di produzione convive con il Lago di Garda e i comuni di Desenzano del Garda e Sirmione noti in tutto il mondo per la loro vocazione turistica.

Il Disciplinare di produzione è stato approvato con DpR del 21/07/1967, è stato poi modificato e integrato con il DpR 15/11/1975 con l’introduzione della tipologia Spumante, con DM 28/09/1998 con varie modifiche tra cui l’inserimento della tipologia Superiore e, recentemente con DM 02/05/2011 in G.U. 120 del 25/05/2011 con l’inserimento delle tipologie Riserva e Vendemmia Tardiva, l’imbottigliamento in zona e l’eliminazione dell’obbligatorietà delle tappature in sughero.

Se i fattori naturali come il terreno argilloso calcareo di remota origine morenica e clima mite del Garda sono unici e fondamentali per la produzione del Lugana DOC, anche i fattori umani costituiscono parte integrante della produzione del Lugana:

base ampelografica dei vigneti:

nella zona da tempo immemore si coltiva l’uva Turbiana, vitigno autoctono, denominata anche Trebbiano di Lugana e identificata oggi come sinonimo del Trebbiano di Soave (codice 239).

Il disciplinare prevede la presenza di almeno il 90% di Turbiana con la possibile aggiunta del 10% di altre uve a bacca bianca autorizzate in provincia di Brescia e Verona.

giacitura dei terreni atti a vigneto:

il Disciplinare stabilisce che i terre ni atti a divenire vigneto debbano essere di giacitura prevalentemente pianeggiante, di natura argillosa calcarea e con idonea baulatura.

La baulatura è la sistemazione del terreno pre-impianto a “schiena d’asino” per evitare il ristagno idrico.

pratiche relativa alla produzione dei vini:

sono quelle tradizionalmente usate per la vinificazione di qualità dei vini bianchi e degli spumanti. Le rese massime previste sono di 87,5 hl/ha per le tipologie Lugana, Lugana Spumante, Lugana Riserva, Lugana Vendemmia

Tardiva e 77 hl/ha per la tipologia Lugana Superiore.

I vini Lugana Superiore e Lugana Vendemmia Tardiva prevedono un affinamento minimo di 12 mesi a partire da ottobre dell’anno di produzione.

Il Lugana Riserva prevede un affinamento minimo di 24 mesi di cui almeno 6 in bottiglia.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.

Il Lugana: tipologie, stili, longevità

Se il disciplinare di produzione prevede la presenza di vitigni complementari a bacca bianca, purché non aromatici, per una quota del 10%, oggi i produttori della zona tendono a vinificare in purezza il Lugana esclusivamente con uve turbiana.

Un atto dovuto a un vitigno che ha dimostrato di avere in questo terroir risorse insperate per una varietà di trebbiano.

L’attuale disciplinare di produzione prevede ben cinque tipologie di Lugana: la versione “base”, il Superiore, la Riserva, la Vendemmia Tardiva e lo Spumante.

Il Lugana “base” è il motore produttivo di tutta la denominazione, il suo mattone fondamentale, l’ago qualitativo della zona: il suo volano produttivo copre quasi il 90% della Doc.

Presenta un colore giallo paglierino tenue con riflessi verdognoli; i profumi, delicati, quasi accennati, offrono

sensazioni floreali miste a note di mandorla; il gusto è garbato, stilizzato, definito, teso e gustoso.

Introdotto nel disciplinare di produzione a partire dal 1998, il Lugana Superiore, che per definirsi tale in etichetta deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento o affinamento di almeno un anno a partire dalla vendemmia, presenta un profilo più variegato e complesso: il colore ha riflessi più dorati; i profumi, più articolati, offrono sentori di erbe di campo, di clorofilla, di mela matura, di agrume (mandarino in primis), uniti a note di nocciola o spezie con il passaggio nel legno (oggi sempre meno nuovo e tostato, e più grande in capacità); il palato, di maggior struttura, è sorretto da un’acidità viva e tonica, ed è attraversato da una sapidità di matrice minerale che sa conferire intriganti sfumature “salate” al vino.

Il Lugana Riserva, introdotto nel disciplinare di produzione con l’ultima modifica di quest’anno, è la naturale evoluzione della tipologia Superiore: deve invecchiare o affinarsi per almeno 24 mesi, di cui 6 in bottiglia, ha toni cromatici più accesi, profumi più evoluti e complessi, con note affumicate di pietra focaia e riflessi balsamici, una mineralità più calda al palato, ma parimenti avvolgente, sapida e persistente.

La longevità di queste versioni “secche” e “ferme” varia da tipologia a tipologia, ma anche da stile a stile: oggi che la produzione è sempre più orientata a vinificazioni in acciaio e “sur lie” (soste prolungate del vino sui propri lieviti per aumentarne corpo e sapore), nonché ad affinamenti misti (parte in acciaio e parte in legno) per le selezioni più importanti (siano esse Superiore o Riserva), il Lugana si scopre ancora più longevo rispetto al precedente passato.

La versione “base” può così rimanere in cantina anche per due-tre anni; mentre le versioni Superiore e Riserva hanno una potenzialità evolutiva che può tranquillamente dipanarsi lungo una decina d’anni.

Le ultime due tipologie previste dal disciplinare presentano caratteristiche particolari.

La novità è senz’altro rappresentata dalla Vendemmia Tardiva, un Lugana diverso, più “sperimentale”, lontano però dalla dolce viscosità di un passito tradizionale.

Questo Lugana viene infatti ottenuto con una “surmaturazione” in pianta attraverso una raccolta tardiva delle uve tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, senza ulteriori appassimenti in fruttaio.

Queste uve più ricche e concentrate conferiscono al Lugana un profilo tendenzialmente “tardivo”, quindi più morbido e

denso, ma non eccessivamente dolce, dove il residuo zuccherino viene efficacemente bilanciato dall’acidità sul modello delle Vendange Tardive alsaziane o delle Spätlese tedesche.

La versione Spumante, introdotta nel disciplinare di produzione a partire dal 1975, rappresenta invece, al di là dell’esiguità dei numeri produttivi, una tradizione consolidata.

Si narra infatti, anzi lo racconta Camillo Pelizzari nel suo fondamentale La Lugana e il suo vino (1942), che sul finire

dell’Ottocento un gruppo d’industriali della Champagne, in visita a San Martino della Battaglia, tentarono senza grande successo (a causa della scarsa produzione) d’investire sulla spumantizzazione del Lugana, volendo addirittura creare a Rivoltella una cantina per la produzione di uno spumante a metodo classico sul modello della Champagne.

Oggi il Lugana Spumante è prodotto sia con il metodo Charmat o Martinotti (presa di spuma in autoclave) sia con il metodo classico (rifermentazione in bottiglia).

Nel primo caso il quadro organolettico è improntato a una maggior semplicità e freschezza, con profumi primari di agrume (cedro in primis) e un perlage più cremoso e generoso, mentre nel secondo il profilo diventa più raffinato e complesso, con un bouquet più elegante e dinamico, e un perlage più aggraziato e “croccante”.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Origini Storiche:

le testimonianze storiche sull’origine della vite nella Lugana si perdono indietro nel tempo.

Ci sono i famosi vinaccioli di Vitis silvestris ritrovati presso le palafitte di Peschiera del Garda che risalgono all’Età del Bronzo.

Ci sono le tradizioni leggendarie riferite al celebre poeta Catullo e al re ostrogoto Teodato, cui si sono aggiunte nel tempo una messe considerevole di citazioni storico-letterarie, a partire dalle «bellissime uve» che Isabella d’Este Gonzaga assaggiò presso i ruderi della villa romana di Sirmione durante il suo viaggio verso il Garda.

Ma è solo con gli «squisiti Trebulani» cantati nel De naturali vinorum historia (1595) dal citatissimo Andrea Bacci e con il vino «gagliardo e soave» dell’ancora «fangosa Lugana» descritto da Ottavio Rossi nelle sue Memorie bresciane (1693) che il bianco di queste terre comincia a ottenere le sue prime, specifiche menzioni storiche.

Ai primi del Novecento, le parole di don Giuseppe Lenotti riportate nel suo Cenni storici e statistici di Pozzolengo fotografano mirabilmente lo scenario del Lugana contemporaneo: «l’antica selva Lugana, attualmente, è una fertile pianura coltivata quasi tutta a viti e che produce un vino bianco di ottima qualità e di gran pregio anche in commercio».

Il Lugana, come scrisse con acutezza Zeffiro Bocci, è «bifronte», nel senso che ha una doppia appartenenza regionale: da una parte è infatti lombardo, ma dall’altra è anche veneto. “Lombardoveneto”, insomma, senza che questa espressione abbia diretti riferimenti all’Impero asburgico della Restaurazione post-napoleonica…

Non è solo una questione di accenti locali o di divisioni politicoterritoriali.

C’è anche un curioso bilanciamento di forze in campo. La parte lombarda della denominazione vede infatti una predominanza quantitativa sia in fatto di comuni (ben quattro su cinque – Desenzano, Sirmione, Pozzolengo e Lonato – ricadono infatti nella provincia di Brescia) sia in termini di ettari vitati (ben 750 dei 1000 attuali sono coltivati nel Bresciano), ma quella veneta, che annovera il solo comune di Peschiera del Garda, detiene il primato del volume

commerciale, visto che il 60% dell’imbottigliato (circa 9 milioni di pezzi all’anno) è gestito da produttori veronesi.

La particolarità è che tutti i comuni del Lugana ricadono sotto la diocesi di Verona: il vescovo veronese ha infatti giurisdizione anche sulle parrocchie bresciane di Desenzano, Sirmione, Pozzolengo e Lonato. Non a caso, Angela Merici è bresciana di origine (nacque a Desenzano nel 1474, quando il comune apparteneva alla Repubblica di Venezia), ma santa della chiesa di Verona.

Al di là della topografia comunale, il territorio del Lugana è, dal punto di vista vitivinicolo, diviso sostanzialmente in due zone.

La prima, più ampia, quella delle argille più coriacee, è di natura pianeggiante e si estende orizzontalmente lungo l’entroterra compreso tra Desenzano, Sirmione, una parte del comune di Pozzolengo e Peschiera.

È questo il cuore pulsante della denominazione, che tra Rovizza e Lugana, frazioni depositarie dello stile più “lacustre” e minerale del Lugana, trova le sue zone più storiche ed elettive, anche se nel tempo l’estensione del vigneto ha dovuto qui fare i conti con le esigenze del mattone per il business turistico.

Nella parte veneta del Lugana, quella più orientale, c’è come detto il riferimento di un solo comune, Peschiera del Garda, che però contempla al suo interno una delle sottozone più interessanti, quella di San Benedetto di Lugana, vero e proprio “cru” della denominazione.

La seconda zona, di natura più collinare, si allunga dalla celebre Torre Monumentale di San Martino della Battaglia lungo una duplice direttrice: da un lato verso Pozzolengo e dall’altro verso Lonato.

Qui le argille si fanno più sabbiose; i rilievi più ondulati e dolci, con altitudini che non superano i 130 metri; i terreni più morenici (soprattutto verso Lonato), con buona presenza di elementi ghiaiosi; i vini meno minerali, più acidi e voluminosi.

Una vocazione internazionale

Da sempre identificato con una delle riviere più belle del mondo, quella del lago di Garda, il Lugana è riuscito a tradurre questo considerevole appeal turistico in una lungimirante e consistente attività di esportazione, dapprima penetrando in quei mercati (primo fra tutti la Germania) che, proprio grazie al turismo, hanno da sempre frequentato il magico mondo di Desenzano, Sirmione e Peschiera, e poi riuscendo a estendere la sua rete di vendita – anche grazie all’instancabile lavoro dei produttori/imprenditori della zona, spesso presenti nelle principali manifestazioni fieristiche

internazionali – in paesi più lontani, come quelli del sud-est asiatico (Cina e Giappone), senza dubbio meno legati al territorio d’origine.

Oggi il Lugana – soprattutto con la versione “base” (Spumante e Superiore rappresentato infatti solo il 10% del volano complessivo) – destina all’estero il 50% della propria produzione, ed è in assoluto il vino più esportato della Lombardia.

Il successo di questa vocazione internazionale è tutta nella qualità di un prodotto unico, raffinato e moderno, immediato e complesso, il cui ottimo rapporto qualità/prezzo è in grado di fidelizzare il cliente a tutti le latitudini del pianeta.

 

Art. 10

Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e Indirizzo:

Sede Legale e Uffici Centrali: VALORITALIA Srl Società per la certificazione delle qualità delle

produzioni vitivinicole italiane

Via Piave, 24

00187 ROMA

Sede Operativa VALORITALIA Sop N. 10

Caserma Artiglieria di Porta Verona

37019 Peschiera del Garda VR

Telefono 045-9585450, Fax 045-8445434;

E-mail alfonso.pachera@valoritalia.it

Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato

articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

 

VIGNETI SAN MARTINO DELLA BATTAGLIA

VIGNETI SAN MARTINO DELLA BATTAGLIA

 

S. MARTINO DELLA BATTAGLIA

D.O.C.

Decreto 22 giugno1998

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo1

Denominazione

 

La denominazione di origine controllata “S. Martino della Battaglia” è riservata ai vini bianco e liquoroso che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La denominazione di origine controllata “S. Martino della Battaglia” è riservata al vino ottenuto, da uve provenienti, nell’ambito aziendale, dal vitigno: 

Tocai friulano (Tai o Friulano)           minimo 80%

Possono concorrere alla produzione del vino a DOC “San Martino della Battaglia” per un massimo del 20% del totale anche uve provenienti da altri vitigni, a bacca bianca, raccomandati e/o autorizzati rispettivamente per le province di Brescia e di Verona, con esclusione di vitigni aromatici.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione dei vini a denominazione di origine controllata “S. Martino della Battaglia” comprende in tutto o in parte i territori dei comuni di:

Sirmione, Desenzano, Lonato, Pozzolengo;

In provincia di Brescia

Peschiera sul Garda

In provincia di Verona

 

Tale zona è così delimitata:

partendo da quota 70 in prossimità del km. 267 della strada statale n. 11, la linea di delimitazione segue la riva sud del lago di Garda fino ai Cappuccini, ad ovest di Peschiera sul Garda. Procede quindi verso sud sulla strada per Villa Montresor fino a giungere alla ferrovia. Segue ad ovest la ferrovia fino a quota 84 ove scende a sud lungo la strada che conduce al laghetto del Frassino; sopra quota 91 piega ad ovest per casc. Berra Nuova e sotto quota 101 piega a sud per Serraglio, indi passa ad est di casc. Gozzetto fino a giungere all’autostrada della Serenissima. Attraversa l’autostrada, il limite procede a sud – ovest sulla strada che passa i Pignolini e sopra quota 84 fino a giungere a casc. Boschetti e a casc.  Rondinelli ove incontra il confine provinciale col quale si identifica verso sud fino alla strada per Pozzolengo in prossimità di quota 100. Da questo punto il limite segue la strada Pozzolengo, Ponte dell’Irta, Ballino e fino a quota 110 ove incontra il confine provinciale che segue a nord – est fino all’altezza de il Casino; qui segue la strada per Ferrari indi quella che verso nord e nord – est porta a Madonna della Scoperta, Fenil Novo, casc. Baita, Castel Venzago, Centenaro e S. Pietro il limite procede verso nord sulla strada che passando da casc. Venga giunge sull’autostrada della Serenissima, segue questa verso est fino a casc. Caporale per poi salire a nord sulla strada che passando per Casette Pomo, Villa Venga, Bogliacco, Pigna. Moie, casc. Tese e a nord per Villa Arriga, giunge al lago di Garda a quota 70 in prossimità del km. 267 della strada statale n. 11.

 

E’ inoltre da considerare zona di produzione del vino a DOC “S. Martino della Battaglia”

Il territorio compreso nei confini qui appresso indicati: 

partendo dalla stazione ferroviaria di Lonato, segue la linea ferroviaria in direzione est fino ad incontrare la strada statale n. 11. Segue la strada statale n. 11 fino a quota 137 (gruppo di Rovere) e l’abbandona per seguire la strada che andando verso sud, passa per Casetta e quindi passa sotto l’autostrada della Serenissima e da qui segue la strada per S. Cipriano.

Passa in fianco a S. Cipriano sempre seguendo la strada fino alla carrareccia che va in direzione di casc. Gerardi (quota 206), quindi il confine passa per la linea di massima pendenza attraverso casc. Gerardi fino ad intersecare la strada che da Lonato porta a Castel Venzago. Segue questa strada fino in località Tiracul e poi passa a sud fino a Brodenella. Da Brodenella segue la strada che va fino a Ghetto e la segue ancora fino a Ghetto Superiore a quota 163. da quota 163 il confine taglia in linea retta fino a casc. Pulecra. Scende da casc. Pulecra per il sentiero fino ad intersecare la mulattiera che passa sotto M. Nuvolo e arriva a le Crociere. Qui imbocca la carrareccia che porta a Malocco di sopra e da Malocco di sopra segue la strada che porta a Lonato. Attraversa l’autostrada della Serenissima in prossimità dell’ex Convento ed oltrepassando il sottopassaggio segue la strada che porta alla stazione di Lonato.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “S. Martino della Battaglia” di cui all’art 1, devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e comunque atte a conferire alle uve ed ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerarsi idonei ai fini dell’iscrizione all’albo di cui all’art 15 della legge 10/02/1992, n. 164, unicamente i vigneti collinari e pedecollinari di buona esposizione su terreni di natura prevalentemente calcareo argillosa, misti a buona parte di scheletro e similari.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura (corti, lunghi e misti) devono essere quelli di tipo tradizionale e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

Fermi restando i vigneti esistenti, i nuovi impianti ed i reimpianti devono essere composti da un numero di ceppi ad ettaro non inferiore a 3.000 calcolati sul sesto d’impianto.

E’ vietata ogni pratica di forzatura; è consentita l’irrigazione di soccorso effettuata non oltre il periodo dell’invaiatura per un massimo di due interventi all’anno.

La produzione massima di uva per ettaro, in coltura specializzata, non deve essere superiore rispettivamente:

           

“S. Martino della Battaglia”: 11,50 t/ha;

“S. Martino della Battaglia liquoroso”: 8,00 t/ha.

 

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a d.o.c. “S. Martino della Battaglia” devono essere riportati nei limiti di cui sopra, purché la produzione non superi del 20%  i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

Le eccedenze delle uve nel limite del 20%, non hanno diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre detto limite percentuale decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

Fermi restando i limiti sopra indicati, la produzione massima per ettaro di vigneto in coltura promiscua deve essere calcolata, rispetto a quella specializzata, in rapporto alla effettiva superficie coperta dalla vite.

Le uve destinate alla vinificazione del vino a DOC. “S. Martino della Battaglia” devono assicurare

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 11,00% vol.;

quelle destinate alla vinificazione del vino a DOC  “S. Martino della Battaglia liquoroso” devono assicurare

un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 12,00% vol.;

La regione Lombardia, d’intesa con la regione Veneto, annualmente, prima della vendemmia, sentite le organizzazione professionali di categoria e l’ente di tutela riconosciuto e delegato, tenuto conto delle condizioni ambientali e di coltura che nell’anno si sono verificate, può stabilire con proprio decreto un limite massimo di produzione inferiore a quello fissato dal presente disciplinare in rapporto agli ettolitri di vino ottenibile, dandone immediata comunicazione al Ministero per le politiche agricole – Comitato nazionale di tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini ed alle C:C:I:A:A: di Brescia e di Verona.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione, imbottigliamento ed affinamento devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delimitata nel precedente art 3. Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che tali operazioni siano effettuate entro l’ambito dell’intero territorio amministrativo delle province di Brescia e di Mantova, nella regione Lombardia e di Verona, nella regione Veneto.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche, comprese quelle relative all’affinamento, corrispondenti agli usi locali, leali e costanti, e comunque atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

La denominazione di origine controllata “S. Martino della Battaglia” può essere utilizzata per designare il tipo liquoroso ottenuto mediante l’alcolizzazione del mosto di base, anche parzialmente fermentato. Per detta tipologia è vietato aumentare la gradazione alcolica complessiva del prodotto mediante concentrazione del mosto o impiego di mosti che siano oggetto di concentrazione.

La resa massima delle uve in vino finito non deve essere superiore al 70%, per entrambe le tipologie.

Qualora superi detto limite, ma non il 75%, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata “S. Martino della Battaglia” all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“S. Martino della Battaglia”:

colore: giallo citrino tendente al dorato con l’affinamento;

profumo: evoluto, intenso, caratteristico;

sapore: fresco, secco o rotondo, con retrogusto leggero di mandorla

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l.;

estratto secco netto minimo: 15,00 g/l.;

 

“S. Martino della Battaglia” liquoroso:

colore: giallo tendente al dorato con l’affinamento;

profumo: intenso, caratteristico;

sapore: gradevolmente dolce, vellutato, armonico e generoso, con leggero retrogusto di mandorla, eventualmente con sapore di legno derivante dall’affinamento in botte;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00% vol.;

zuccheri residui non inferiori a: 40,00 g/l.;

acidità totale minima: 4,00 g/l.;

estratto secco netto minimo: 17,00 g/l.;

 

E’ facoltà del Ministero per le politiche agricole – Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, modificare, con proprio decreto, i limiti sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto secco netto.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

Nella designazione e presentazione dei vini a DOC “S. Martino della Battaglia” è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle espressamente previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi extra, fine, scelto e similari.

E’ consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, purché non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

E’ consentito altresì l’uso della indicazione aggiuntiva “vigna” seguita immediatamente dal relativo toponimo purché le uve provengano totalmente dai corrispettivi vigneti e siano rivendicate annualmente ed iscritte nell’apposito albo dei vigneti previsto dalla legge 10/02/1992, n.164, tenuto rispettivamente presso le C.C.I.A.A. di Brescia e di Verona, alle condizioni previste dal decreto ministeriale 22/04/1992.

Sulle bottiglie contenenti vini a DOC “S. Martino della Battaglia” deve figurare l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento       

 

Il vino a denominazione di origine controllata “S. Martino della Battaglia” può essere immesso al consumo in contenitori di qualunque capacità. Qualora venga confezionato in recipienti da 0,375 a 3 litri, può essere immesso al consumo solo in bottiglie di vetro e con tappo di sughero. Le bottiglie con capacità inferiore a 0,375 per specifiche esigenze commerciali possono avere la chiusura a vite.

Il vino a denominazione di origine controllata “S. Martino della Battaglia” liquoroso deve obbligatoriamente essere immesso al consumo in recipienti di vetro di capacità inferiore a litri 1,00 e con tappo di sughero.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

a) Informazioni sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame

Collocata a cavallo tra le province di Verona e Brescia, S. Martino della Battaglia è una zona di grandissimo interesse per le famose vicende storiche che l’hanno segnata, una piccola nicchia geopedologica e climatica, al confine tra le colline moreniche e l’entroterra a sud del lago di Garda, zona particolarmente beneficiata dalle favorevoli condizioni climatiche determinate dalla grande massa del bacino del Lago di Garda che da sempre ha favorito il rigoglioso sviluppo dei vigneti che si stendono sulle sue rive.

Oggi si attuano ben precise distinzioni tra i vini prodotti a sud, a nord, ad est e ad ovest del lago: un tempo, invece, venivano definiti tutti vini "retici", una generalizzazione avallata da autori importantissimi come Plinio e Virgilio.

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata "San Martino della Battaglia" devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e comunque atte a conferire alle uve ed ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerarsi idonei unicamente i vigneti collinari e pedecollinari di buona esposizione su terreni di natura prevalentemente calcareo argillosa, misti a buona parte di scheletro e similari.

Fattori umani rilevanti per il legame

Questa zona in particolare, famosissima per il suo vino bianco, ha una storia viticola che si suddivide in due periodi: il primo, che va dall’antichità più remote fino a una sessantina di anni fa, legato al Lugana vero e proprio, ed un secondo, più recente ove si inserisce il Tocai.

Nessun geografo o storico aveva, in passato, delimitato i confini di questa zona, ma la zona si identificava nella struttura del suo terreno e dal vino che in essa veniva prodotto.

Il terreno agrario aveva bordi molto frastagliati e, vicino ad un nucleo centrale e ben identificabile, vi erano lingue di terreno ed isolette esterne al perimetro centrale che ne hanno sempre impedito una netta delimitazione.

Gli agricoltori della zona coltivarono, con fortuna, il vitigno Trebbiano nell’argilla della Lugana, espandendo la coltivazione dal centro verso la periferia, tuttavia le caratteristiche del vino ottenuto alla periferia, legate essenzialmente alla natura del terreno, quando si usciva dal terreno tipico, venivano perse irrimediabilmente.

Pertanto in questa zona il Lugana, tranne quello prodotto nelle isole di terreno uguali a quello della Lugana vera e propria, non era di qualità simile al vero vino Lugana, e portandone il nome, si penso che con il tempo si sarebbe creato confusione nel consumatore.

Così l’ispettorato provinciale dell’Agricoltura di Brescia, preoccupato di salvaguardare il buon nome del Lugana e di permettere la coltivazione della vite in questa zona,

fortemente vocata, consigliò, dopo accurati esami dei vigneti esistenti in zona, il vitigno “Tocai Friulano”, determinando così il nuovo periodo.

 

b) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Grazie alle basse produzioni ed alle raffinate tecniche di vinificazione si ottengono vini dalle piacevolissime caratteristiche aromatiche.

Bianco secco ove le fresche note floreali tipiche del vitigno vengono esaltate dalla perfetta maturazione delle uve, il S. Martino della Battaglia è contraddistinto da una moderata acidità, un sapore fresco, secco rotondo, con retrogusto leggero di mandorla e un profumo evoluto, intenso, caratteristico.

Il San Martino della Battaglia” liquoroso, vino fortificato di eccezionale pregio, che evoca i profumi del miele, della frutta secca, dei canditi e presenta equilibri e contrasti inaspettati tra gusti che si esaltano a vicenda.

 

c) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)

In questa zona, tra le colline di San Martino della Battaglia, residuo morenico delle precedenti glaciazioni, in cui rimase il detrito della morena profonda, finissimamente macinato, di aspetto simile a quello che tutt’ora si trova nei ripiani più bassi della costiera, commisto a piccole quantità di argilla dando al terreno una elevata compattezza, il Tocai friulano ha trovato il suo ambiente di elezione, tanto da essere sopravvissuto nel tempo a tutte le influenze esterne che hanno diffuso in zona anche altre varietà bianche e rosse.

Il motivo della conservazione del Tocai da parte dei viticoltori locali si deve sicuramente ricercare nelle soddisfazioni qualitative che questo vitigno fornisce e non certo per l’aspetto quantitativo delle produzioni, sempre molto limitate. Proprio sui colli talvolta quasi completamente sassosi il vitigno si è perfettamente adattato ed esprime il massimo delle sue potenzialità.

Il Tocai friulano ha trovato in questa area ristretta (i vigneti atti a produrre questo vino si estendono per poco piu' di 70 ettari) terreni calcareo-argillosi che ben si prestano ad un suo sviluppo ottimale, riuscendo ad esprimersi in un vino bianco che, associando finezza ed eleganza ad una buona struttura, occupa un ruolo di rilievo nel ricco panorama enologico di questo territorio.

La produzione della tipologia San Martino della Battaglia liquoroso merita un approfondimento storico. In passato era stata trascurata anche per la poca fortuna cui erano andati incontro questi tipi di vini, oggi ritornata all’attualità. Infatti agli inizi degli anni 80 si pensò di produrre nuovamente un vino da Dessert partendo dalle uve sovramaturate di Tocai San Martino della Battaglia doc raccolte con vendemmia tardiva.

Una volta tale vino era ben conosciuto ma se ne erano completamente perse le tracce ( "A Lonato - 5 leghe a est di Brescia - si prepara un vino liquoroso celebre in Italia: ha il colore dell'oro, dolce senza essere acre nè vuoto, grande finezza ed un profumo molto soave...il vino che si paragona al Tocai e che si dice essere superiore al vino di

Cipro, è la ricchezza dei vigneti della bassa Riviera del Garda" - da "TOPOGRAPHIE DE TOUS LES VIGNOBLES CONNUS" di A. JULIEN-PARIGI, 1822. )

Furono esaminate varie modalità di produzione per poi definire quella che è la tecnica di lavorazione attuale, (cosi come codificata –in seguito - dal disciplinare che regola la D.O.C., ottenuta, a partire dal 1990, dopo averne dimostrato la storicità.)

Da tale data è iniziata la produzione destinata alla vendita superando la fase sperimentale degli anni precedenti. Fondamentale, per la qualità del prodotto, è partire da uve molto sane e sovramaturate - ma non passite - di Tocai di San Martino doc. L'uva di Tocai – a maturazione precoce di primo periodo - è molto sensibile a muffe, botrite e marciume.

Una raccolta tardiva invece di migliorare la qualità, può portare alla perdita del prodotto.

E' necessario perciò selezionare bene l'uva da lasciare sulla pianta e scegliere vigneti particolarmente ben esposti. Si

presta bene a tale scopo un vigneto di nostra proprietà di 1 ha circa esposto a sud-ovest sul crinale di una collinetta arida e sassosa oltre che ventosa: in tali condizioni la botrite in annata favorevole tende a dare origine alla "muffa nobile".

L'uva - prodotta con avarizia - è raccolta in cassette e ancora selezionata. Il mosto viene estratto con una pressatura pneumatica molto soffice, e - debitamente pulito - è raffreddato a 5/6 gradi; a tale temperatura si avvia una lentissima

fermentazione.

La raffinata tecnica di produzione di questo vino liquoroso che prevede anche un lungo affinamento e l'aggiunta di una percentuale dal 10 al 15% di vino di annate precedenti tenuto in barrique, consente di mantenere alcuni profumi ed aromi primari dell'uva di Tocai.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e Indirizzo:

ISTITUTO MEDITERRANEO DI CERTIFICAZIONE S.R.L -

Sede Centrale:

via C. Pisacane, 32

60019 Senigallia (AN)

Italia

Tel. (+39) 0717930179 | fax (+39) 0717910043

Unità operativa di Brescia:

via Volturno, 31

25122 Brescia (BS)

Italia

Tel (+39) 030 3733069 | fax (+39) 030 316132

e-mail: pianocontrolli@imcert.it

L’ISTITUTO MEDITERRANEO DI CERTIFICAZIONE S.R.L Unità operativa di Brescia è l’organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 3), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti

beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 4).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

VIGNETI OSSENIGO

VIGNETI OSSENIGO

 

TERRADEIFORTI

VALDADIGE TERRADEIFORTI

D.O.C.

Decreto 24 maggio 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1       

Denominazioni e vini

La denominazione d'origine controllata «Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» e' riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

Enantio,

Enantio riserva,

Casetta,

Casetta riserva,

Pinot grigio

Pinot grigio superiore.

 

Articolo 2       

Base ampelografica

 

I vini della denominazione di origine controllata «Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

Enantio (anche riserva):

Enantio minimo 85%;

possono concorrere le uve provenienti da altri vitigni a bacca nera, non aromatici, idonei alla coltivazione nelle province di Verona e Trento, presenti nei vigneti fino ad un massimo del 15%.

 

Casetta (anche riserva):

Casetta minimo 85%;

possono concorrere le uve provenienti da altri vitigni a bacca nera, non aromatici, idonei alla coltivazione nelle province di Verona e Trento, presenti nei vigneti fino ad un massimo del 15%.

 

Pinot grigio (anche superiore):

Pinot grigio minimo 85%;

possono concorrere le uve provenienti da altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione nelle province di Verona e Trento, presenti nei vigneti fino ad un massimo del 15%.

 

Articolo 3       

Zona di produzione delle uve

 

Le uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» devono essere prodotte esclusivamente nei territori dei comuni di

Brentino Belluno, Dolcè e Rivoli Veronese,

in provincia di Verona

Avio,

in provincia di Trento.

 

Articolo 4       

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» devono essere quelle normali della zona e atte a conferire alle uve le specifiche caratteristiche di qualità.

I vigneti devono trovarsi su terreni ritenuti idonei per le produzioni della denominazione di origine di cui si tratta.

Sono da escludere i terreni eccessivamente umidi o insufficientemente soleggiati.

Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a

3.500 in coltura specializzata.. 

Le forme di allevamento consentite sono quelli già usate nella zona e quindi la spalliera semplice, la pergola mono e bilaterale inclinata.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

E' consentita l'irrigazione di soccorso.

Resa a ettaro e gradazione minima naturale.

La produzione massima di uva a ettaro e la gradazione minima naturale sono le seguenti:

 

Enantio  anche riserva: 9,00 t/ha, 11,50% vol.;

Casetta  anche riserva: 9,00 t/ha, 11,50% vol.;

Pinot grigio: 14,00 t/ha,  10,00% vol.;

Pinot grigio superiore: 12 ,00 t/ha, 10,50% vol.

 

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione di detti vini devono essere riportati nei limiti di cui sopra, purché' la produzione complessiva non superi del 20% i limiti medesimi, fermo restando i limiti di resa uva/vino di cui trattasi. Le eccedenze delle uve, nel limite massimo del 20% non hanno diritto alla denominazione di origine controllata.

Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

 

Articolo 5       

Norme per la vinificazione

 

Zona di vinificazione

Le operazioni di vinificazione, ivi compresi l'invecchiamento obbligatorio, devono essere effettuate all'interno della zona di produzione delimitata nel precedente articolo 3. E’ tuttavia consentito che le operazioni di cui sopra siano effettuate in cantine situate nell’intero territorio amministrativo dei comuni di:

Caprino Veronese, in provincia di Verona

Ala e Rovereto, in provincia di Trento.

Arricchimento e colmature.

E' consentito l'arricchimento dei mosti e dei vini di cui all'art. 1, nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali, con mosti concentrati oppure con mosto concentrato rettificato o a mezzo concentrazione a freddo o altre tecnologie consentite.

E' ammessa la colmatura dei vini di cui all'art. 1 in corso di invecchiamento obbligatorio, con vini aventi diritto alla stessa denominazione d'origine, di uguale colore e varietà' di vite, anche non soggetti a invecchiamento obbligatorio, per non oltre il 10 per cento per la complessiva durata dell'invecchiamento.

 

La resa massima dell'uva in vino, compreso l'eventuale arricchimento, e' la seguente:

 

Enantio (anche riserva): 70%,  63,00 hl/ha

Casetta (anche riserva): 70%,  63,00 hl/ha

Pinot grigio: 70% , 98,00 hl/ha

Pinot grigio superiore: 70%,  84,00 hl/ha

 

Per le tipologie Enantio e Casetta (anche con menzione riserva) qualora la resa superi i limiti di cui sopra, ma non il 75%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione d'origine.

Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

Per le tipologie Pinot grigio e Pinot grigio superiore qualora la resa superi i limiti di cui sopra, ma non l’80%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione d'origine.

Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita. Invecchiamento.

 

I seguenti vini devono essere sottoposti a un periodo di maturazione:

 

Enantio: 10 mesi, 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve

Enantio riserva: 36 mesi, 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve

Casetta: 10 mesi, 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve

Casetta riserva: 36 mesi, 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve

Pinot grigio: 4 mesi, 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve

Pinot grigio superiore: 10 mesi, 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve

 

Articolo 6       

Caratteristiche al consumo

 

I vini di cui all'art. 1 devono rispondere, all'atto dell'immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

 

«Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» Enantio

colore: rosso rubino intenso, con riflessi granati se invecchiato;

profumo: fruttato, caratteristico, leggermente speziato;

sapore: asciutto, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00 %/vol.;.

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

 

«Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» Enantio riserva:

colore: rosso rubino intenso, con riflessi granati se invecchiato;

profumo: fruttato, caratteristico, leggermente speziato;

sapore: asciutto, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50%/vol.;.

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 25,00 g/l.

 

«Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» Casetta:

colore: rosso rubino intenso, con riflessi granati se invecchiato; 

profumo: caratteristico, leggermente speziato;

sapore: asciutto, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00%/vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo21,00 g/l.

 

«Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» Casetta riserva

colore: rosso rubino intenso, con riflessi granati se invecchiato;

profumo: caratteristico, leggermente speziato;

sapore: asciutto, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50%/vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo24,00 g/l.

 

Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» Pinot grigio

colore: giallo paglierino, talvolta ramato;

profumo: gradevole, fruttato;

sapore: secco, armonico, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11.00%/vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo19,00 g/l.

 

Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» Pinot grigio superiore

colore: giallo paglierino, talvolta ramato;

profumo: gradevole, fruttato;

sapore: secco, pieno, armonico, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12.00%/vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

In relazione all'eventuale conservazione dei vini in recipienti di legno, al sapore si può rilevare lieve sentore di legno.

E' in facoltà del Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali - Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei Vini, modificare i limiti dell'acidità totale e dell'estratto non riduttore con proprio decreto.

 

Articolo 7       

Etichettatura, designazione e presentazione

 

Qualificazioni.

Nella etichettatura, designazione e presentazione dei vini di cui all'art.1 e' vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi «fine», «scelto», «selezionato» e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Località.

E’ consentito l’uso di indicazioni geografiche o toponomastiche che facciano riferimento a unità amministrative, frazioni, aree, zone, località comprese nella zona delimitata nel precedente art. 3 e dalle quali effettivamente provengano le uve da cui il vino così qualificato è stato ottenuto (vedi allegato 1).

Annata.

Nell'etichettatura dei vini della denominazione di origine controllata «Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» l'indicazione dell'annata di produzione delle uve e' obbligatoria.

Vigna.

La menzione «vigna», seguita dal relativo toponimo, e' consentita alle condizioni previste dalla normativa vigente.

 

Articolo 8       

Confezionamento

 

Volumi nominali.

I vini di cui all'art.1 possono essere immessi al consumo soltanto in recipienti di vetro del volume

nominale fino a 5 litri.

Tappatura e recipienti.

Per i vini della denominazione di origine controllata «Valdadige Terradeiforti» o «Terradeiforti» in versione riserva e' obbligatorio il tappo di sughero raso bocca.

Per le altre tipologie e' consentita la tappatura con i vari dispositivi ammessi dalla normativa vigente.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

a) Specificità della zona geografica

Fattori naturali

L’area a denominazione di origine dei vini “Valdadige Terradeiforti” o “Terradeiforti” si trova nella valle nella quale scorre il fiume Adige, delimitata ai lati dall’altopiano della Lessinia, dalla catena del Monte Baldo e dal lago di Garda. Tale area comprende i versanti aspri dei monti che richiamano le forme dei grandi canyons; i pendii sono caratterizzati dai terrazzamenti sia di origine alluvionale, sia prodotti dall’opera dei viticoltori e sono, per la gran parte, coltivati a vigneto.

I terreni declivi a elevato contenuto di scheletro permettono il rapido sgrondo delle acque piovane, evitando i ristagni; tali suoli, ricchi di rocce calcaree e sali minerali, sono caratterizzati da un’elevata componente silicea a scaglie taglienti.

Il clima della zona è tipico della fascia prealpina e montana, con inverni freddi ed estati frescotemperate; le temperature subiscono, specialmente in estate e in autunno, elevate escursioni nottegiorno.

Fattori umani e storici

L’origine del nome è legata al nome della vallata nella quale scorre il fiume Adige, caratterizzata da una serie di castelli medioevali, detti “Forti” che rendono tale zona conosciuta in tutto il mondo con il nome di “Terra dei Forti”.

Tale valle è famosa perché è stata per secoli la via di collegamento fra il mondo mediterraneo e quello alpino ed europeo.

Famosi sono da sempre i suoi vini, nominati anche da scrittori romani del I sec d.C. che, parlando di viti selvatiche e coltivate a nord di Verona, nomina "una vite selvatica chiamata Enantio"; la stessa oggi è prodotta e valorizzata dai viticoltori della denominazione.

Molti ceppi di Enantio, alcuni ultracentenari, sono sopravvissuti perfino alla fillossera, che a cavallo fra l'800 ed il '900, fece strage eliminando in pochi anni pressoché tutto il vigneto europeo, la ricostituzione di questo, tramite innesto su piede americano (la fillossera aggredisce, infatti, solo la vite europea), non ha interessato l'Enantio che cresce nei terreni sabbiosi della valle, perché la componente silicea a scaglie taglienti lo difende dai parassiti.

L’Enantio, famoso per un'uva a bacca rossa rinomata per la pienezza di colore, la consistenza di corpo e un carattere “selvatico”, continua ad incuriosire sempre più consumatori e raccoglie numerosi riconoscimenti anche dai palati più esperti.

Altra varietà autoctona della “Valdadige Terradeiforti”, è il Casetta, conosciuta con il nome popolare di "Foja tonda" che è stata recuperata e valorizzata: si tratta di una produzione di nicchia di un'uva che dà un vino di grande affinità col territorio di provenienza, anch'esso rustico e selvaggio.

Alla sapiente coltivazione in vigna segue l'affinamento in cantina con opportuno invecchiamento in fusti di rovere per “domarne” il carattere prima di affrontare il giudizio dell'intenditore.

Questi due vitigni in particolare, peculiari solo di questa zona, rendono famosa la denominazione che ha ottenuto il riconoscimento della DOC con DM 7 novembre 2006.

 

b) Specificità del prodotto

L’Enantio, tradizionale della Valdadige Terradeiforti, è un vino di corpo, i cui tannini sono in equilibrio con i sapori caldi e leggermente speziati e fa percepire all’olfatto aromi primari e peculiari della varietà, fra i quali, in particolare, la freschezza della frutta a bacca rossa.

Il sapore è asciutto, fresco e morbido con sentori di frutti di bosco, spezie.

Queste sensazioni si devono alla coltivazione in terreni calcarei, esposti favorevolmente a sud e a medie altitudini.

Il Casetta ha un colore rosso rubino intenso, accompagnato da un profumo dalla spiccata personalità, riconoscibile per sentori di prugna e marasca.

Col procedere dell’evoluzione in bottiglia emergono la cannella e tabacco e note di muschio sottolineano l’origine selvatica.

Sia l’Enanzio che il Casetta sono prodotti anche la versione “riserva”; il vino designato con tale menzione tradizionale viene sottoposto ad una maturazione in botti di rovere, più un ulteriore invecchiamento in bottiglia.

 

c) Legame causa effetto fra ambiente e prodotto

Le peculiarità del terreno influiscono sulla produzione del vino Valdadige Terradeiforti, caratterizzando le diverse produzioni con profumi e sapori peculiari, che si traducono in note di fruttato -speziato per i vini rossi Enantio e Casetta in sentori fruttati e minerali ben bilanciati per il vino Pinot grigio.

La coltivazione dei vigneti nei terrazzamenti degradanti esposti a sud, garantendo una lunga esposizione ai raggi del sole, favoriscono nelle uve rosse l’arricchimento delle sostanze acide e zuccherine negli acini, nonché un corredo polifenolico e antocianico anche a medio- elevate altitudini; nei vini bianchi, l’ampio corredo di profumi è favorito dalle temperature fresche della zona e dalle notevoli escursioni termiche fra il giorno e la notte.

La composizione del suolo, ricco di scheletro e rocce calcaree, sali minerali ad elevato drenaggio, determina la struttura e la caratterizzazione dei vini con un elevato contenuto di antociani e polifenoli, un’intensa colorazione, un buon corredo tannico, nonché lo sviluppo di sentori di frutta matura e spezie.

Inoltre la peculiare componente silicea a scaglie taglienti dei suoli, che ha favorito nei secoli la difesa dalla filossera, rendendo i suoli meno ricchi di sostanza organica, permette ai vitigni di favorire un migliore equilibrio vegeto-produttivo e di ottenere uve ricche di sostanze.

L’ottimo equilibrio tra le peculiarità pedoclimatiche, l’esperienza dei viticoltori che si tramanda da generazioni e gli approfondimenti scientifici permettono di ottenere vini adatti anche al medio periodo di invecchiamento.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

Valoritalia srl. Sede Amministrativa:

Via San Gaetano, 74

6016 Thiene (Vicenza)

Tel. 0445 313088, Fax. 0445 313080;

e-mail: assicurazione.qualita@valoritalia.it

La Società Valoritalia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato

articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

Allegato 1

di cui all’art. 7 del disciplinare di produzione

 

Elenco delle unità amministrative, frazioni, aree, zone, località comprese nella zona delimitata nel precedente articolo 3.

 

- Avio

- Mama d’Avio

- Sabbionara

- Vo’ Destro

- Vo’ Sinistro

- Masi d’Avio

- Borghetto all’Adige

- Dolcè

- Ossenigo

- Peri

- Ceraino

- Volargne

- Rivoli Veronese

- Canale o Incanale

- Tessari

- Zuane

- Montalto

- Gaium

- Brentino-Belluno

- Preabocco

- Brentino

- Rivalta Veronese

- Belluno Veronese

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

VALDADIGE

D.O.C.

Decreto 31 maggio 2002

Modifica Decreto 07 novembre 2006

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

Modifica Decreto 07 marzo 2014

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 12 luglio 2013

Modifica Decreto 21 ottobre 2015

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Valdadige» od in lingua tedesca «Etschtaler», è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie: Bianco,

Rosso,

Rosato,

Pinot grigio,

Pinot bianco,

Chardonnay,

Schiava

e Frizzante.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La denominazione di origine controllata «Valdadige» è riservata al vino bianco ottenuto dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Pinot bianco, Pinot grigio, Riesling italico, Müller Thurgau e Chardonnay, da soli o congiuntamente, in

misura non inferiore al 20%.

Trebbiano toscano, Nosiola, Sauvignon e Garganega, da soli o congiuntamente, per la differenza.

 

La denominazione di origine controllata «Valdadige» è riservata al vino rosso o rosato ottenuto dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Enantio (Lambrusco a foglia frastagliata) e/o Schiave (sottovarietà e sinonimi), minimo 50%;

Merlot, Pinot nero, Lagrein, Teroldego, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, da soli o congiuntamente, per la differenza.

 

La denominazione di origine controllata «Valdadige», con la specificazione di vitigno

Chardonnay,

Pinot bianco

Pinot grigio è riservata al vino ottenuto dal corrispondente vitigno per almeno l'85%.

Possono concorrere le uve provenienti da altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione nelle rispettive province, presenti nei vigneti in ambito aziendale fino ad un massimo del 15%.

 

La denominazione di origine controllata «Valdadige» con la specificazione di vitigno «Schiava» è riservata

al vino ottenuto dalle uve del corrispondente vitigno, nella varietà

Schiava grossa, Schiava gentile e Schiava grigia, da sole o congiuntamente, per almeno l'85%.

Possono concorrere le uve provenienti da altri vitigni a bacca nera, non aromatici, idonei alla coltivazione

 nelle rispettive province, presenti nei vigneti in ambito aziendale fino ad un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

Le uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Valdadige» devono essere

prodotte nell'intero territorio dei comuni appresso indicati:

 

Provincia di Trento:

Avio, Ala, Aldeno, Arco, Besenello, Calliano, Calavino, Cembra, Drò, Faedo, Faver, Giovo, Isera, Lasino, Lavis, Lisignano, Mezzocorona, Mezzolombardo, Mori, Nago, Torbole, Nogaredo, Nomi, Padergnone, Pomarolo, Riva del Garda, Roverè della Luna, Rovereto, San Michele all'Adige, Segonzano, Tenno, Trambileno, Trento, Vezzano, Villalagarina, Volano, Zambano.

 

Provincia di Bolzano:

Andriano, Appiano, Bolzano, Bronzolo, Caines, Caldaro, Cermes, Cornedo all'Isarco, Cortaccia, Cortina all'Adige, Egna, Fiè, Gargazzone, Lagundo, Laives, Lana, Magrè all'Adige, Marlengo, Merano, Montagna, Nalles, Ora, Parcines, Postal, Renon, Riflano, Salorno, San Pancrazio, Scena, Terlano, Termeno, Tesino, Tirolo, Vedena.

 

Provincia di Verona:

Brentino Belluno, Dolcè, Rivoli Veronese.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Valdadige» devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e comunque atte a conferire alle uve ed ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

I vigneti devono trovarsi su terreni ritenuti idonei per la produzione della denominazione di origine di cui si tratta.

Sono da escludere i terreni eccessivamente umidi o insufficientemente soleggiati.

I sesti d'impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche dell'uva e del vino.

Sono ammesse le forme di allevamento a pergoletta trentina e le forme a spalliera.

È esclusa ogni pratica di forzatura ed è consentita l'irrigazione di soccorso.

La produzione massima di uva per ettaro di coltura specializzata delle varietà di viti destinate alla produzione

dei vini a denominazione di origine controllata «Valdadige» ed i rispettivi titoli alcolometrici volumici naturali minimi devono essere i seguenti:

 

Bianco: 15,00 t/ha, 9,50% vol.;

Rosso: 15,00 t/ha, 10,00% vol.;

Rosato: 15,00 t/ha, 9,50% vol.;

Pinot bianco: 15,00 t/ha, 9,50% vol.;

Pinot grigio: 15,00 t/ha, 9,50% vol.;

Chardonnay: 15,00 t/ha, 9,50% vol.;

Schiava: 15,00 t/ha, 9,50% vol.

 

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione di detti vini devono essere riportati nei limiti di cui sopra, purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermo restando il imiti resa uva/vino di cui trattasi.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all'interno della zona di produzione delimitata nel precedente articolo 3.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che tali operazioni siano effettuate entro l'intero territorio della provincia di Verona.

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

I mosti ed i vini a denominazione di origine controllata «Valdadige», con la specificazione «Chardonnay» e «Pinot bianco» possono essere elaborati nella versione frizzante, attuando esclusivamente il processo della rifermentazione naturale.

La zona di elaborazione dei vini frizzanti comprende la regione Veneto e le province autonome di Trento e Bolzano.

È consentito l'arricchimento alle condizioni e con le modalità previste dalla normativa comunitaria e nazionale.

I vini della denominazione di origine controllata «Valdadige» possono essere conservati in recipienti di legno.

La resa massima dell'uva in vino finito non deve essere superiore al 70%.

Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non 75%, anche se la produzione ad ettaro resta al di sotto del massimo consentito, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine. Oltre detto limite decade il diritto alla

denominazione di origine controllata per tutta la partita.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

i vini a denominazione di origine controllata «Valdadige» all'atto dell'immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Valdadige» bianco:

colore: paglierino;

profumo: vinoso, gradevole e caratteristico;

sapore: armonico, fresco, moderatamente acido e talvolta amabile;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Valdadige» rosso:

colore: rosso rubino più o meno intenso;

profumo: vinoso, gradevole;

sapore: armonico, moderatamente acido, talvolta amabile;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 19,00 g/l.

 

«Valdadige» rosato:

colore: rosa più o meno intenso;

profumo: vinoso, gradevole, delicato;

sapore: morbido, lievemente acido, talvolta amabile;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Valdadige» Pinot bianco:

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: armonico, fresco, sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

zuccheri riduttori residui: massimo 6,00 g/l;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Valdadige» Pinot grigio:

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: armonico, pieno;

zuccheri riduttori residui: massimo 6,0 g/l;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Valdadige» Chardonnay:

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole, caratteristico;

sapore: fresco, sapido, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

zuccheri riduttori residui: massimo 6,00 g/l;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Valdadige» Schiava:

colore: da granato a rubino;

profumo: vinoso, gradevole;

sapore: morbido, moderatamente acido, talvolta amabile;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Valdadige» Chardonnay e Pinot bianco frizzante:

spuma: sottile, persistente;

colore: giallo paglierino;

profumo: gradevole, fruttato;

sapore: secco o amabile;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

In relazione all'eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vini può rilevare lieve sentore di legno.

È facoltà del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, modificare con proprio decreto i limiti dell'acidità totale e dell'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

 

Nella etichettatura, designazione e presentazione dei vini a denominazione di origine controllata «Valdadige» è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quella prevista dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi e attributi «fine», «scelto», «selezionato» e similari.

È tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Le indicazioni tendenti a specificare l'attività agricola dell'imbottigliatore, quali «viticoltore», «fattoria», «tenuta», «podere», «cascina» ed altri termini similari, sono consentite in osservanza delle disposizioni comunitarie e nazionali in materia.

Nella designazione e presentazione del vino a denominazione di origine controllata «Valdadige» deve figurare l'indicazione dell'annata di produzione delle uve, purché veritiera e documentabile.

La menzione «vigna» seguita dal relativo toponimo è consentita, alle condizioni previste dalla legge.

La menzione delle sottozone e dei toponimi di vigna vanno riportati in etichetta sopra la denominazione di origine, senza soluzioni di continuità, con i caratteri di stampa di dimensioni pari o inferiori a quelli usati per la denominazione medesima.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I contenitori dei vini della denominazione di origine controllata «Valdadige» possono essere chiusi con i vari

dispositivi ammessi dalla vigente normativa, compresi i tappi di materiale inerte.

I medesimi possono essere della capacità nominale massima di 60 litri; per i contenitori in vetro non sono previsti vincoli colorimetrici.

Per la tappatura dei contenitori dei vini frizzanti si applicano le norme vigenti in materia.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

a) Specificità della zona geografica

Fattori naturali

La zona della D.O.C. “Valdadige” si distende nell'anfiteatro morenico glaciale del fiume Adige, colmato da sabbie porfidiche e granitìche scese dalle alte catene montuose che fiancheggiano il lago di Garda.

Il clima in cui crescono le viti del “Valdadige” è complessivamente temperato - mite.

La piovosità non eccede se non durante l'inverno e la media annua oscilla fra gli 850 ed i 1000 mm. I suoli del “Valdadige” sono costituiti sia dalla disgregazione di formazioni calcareo-dolomitiche, sia da sabbie porfidiche e granitìche depositate dal fiume Adige.

I terreni declivi a elevato contenuto di scheletro permettono il rapido sgrondo delle acque piovane, evitando i ristagni; tali suoli, ricchi di rocce calcaree e sali minerali, sono caratterizzati da un’elevata componente silicea.

Il clima della zona è tipico della fascia prealpina e montana, con inverni freddi ed estati frescotemperate; le temperature subiscono, specialmente in estate e in autunno, elevate escursioni nottegiorno.

Fattori umani e storici

La Valdadige è una regione di confine, via di comunicazione tra Italia e Nord Europa, continuamente percorsa da eserciti, spesso teatro di battaglia per il controllo della «Chiusa di Ceraino», luogo di facile difesa da eventuali invasori.

E’ un territorio la cui vocazione vitivinicola ed enologica affonda le radici nell'epoca romana e trova riscontri nelle documentazioni che si alternano col passare dei secoli.

La Valdadige è stata un punto di collegamento e di sviluppo economico molto importante nella storia sin dall'epoca romana. Le successive invasioni barbariche costrinsero gli abitanti a rifugiarsi in zone ad alta quota, dove si dedicarono alla pastorizia e allo sfruttamento del bosco.

Nel Medioevo monasteri e signorie segnarono il territorio con castelli e conventi, che resero fiorente questa zona molto ricca di coltivazioni, fra cui primeggiavano proprio i vigneti.

La viticoltura è documentata fin dal 1253 con lo «Statuto di Peri», che minacciava sanzioni per chi avesse danneggiato «La Vinèa» (vite).

Nel 1406, durante la dominazione della Repubblica di Venezia, alcuni editti prescrivono «la coltivazione ordinata delle viti».

Ritrovamenti archeologici di origine romanica in località «Servasa» a Brentino portano alla luce contenitori in pietra probabilmente usati per la lavorazione dell'uva.

Area viticola da sempre, quindi, ha visto una decisa ricerca di qualificazione a partire dagli anni '50 con la specializzazione dei vigneti: in pochi anni si ebbe l'iscrizione nell'elenco CEE dei vini di qualità (1973) e il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata “Valdadige” con la tipologia Bianco e Rosso nel 1975.

La Valdadige è sempre stata, una via di comunicazione fondamentale per il nord e centro Europa.

Rocche, castelli e forti si susseguono sui crinali che dominano la valle e durante la storia, la Valdadige, infatti, ha visto transitare numerosi eserciti.

Sono in tutto otto forti eretti tra il 1848 e la fine del secolo da austriaci e italiani. Fortificazioni erette a presidio della valle che sono divenuti parte integrante e caratterizzante della valle.

 

b) Specificità del prodotto

Da un sapiente uvaggio nasce il rosso “Valdadige” di ottimo gusto e struttura: l’ Enantio conferisce la stabilità e la struttura del colore e il profumo caratteristico mentre la morbidezza e il bouquet più complesso vengono conferite da Merlot e Teroldego e la sapidità dalla Schiava.

Il “Valdadige” Rosso presenta un colore rosso rubino giustamente carico con riflessi violacei, profumo vinoso, gradevole e caratteristico, di buona struttura, armonico, persistente.

Il vino “Valdadige” Schiava è ottenuto dal vitigno omonimo che prende il nome da un antico sistema di allevamento in cui la vite era legata ad un tutore e quindi era “schiava”.

Ottenuta dai vitigni autoctoni Schiava grossa, Schiava grigia e Schiava gentile, con breve contatto con la buccia e completamento della fermentazione in assenza di esse.

Il “Valdadige” Bianco tipologia capostipite del Valdadige (assieme al rosso) è un uvaggio di più vitigni.

La pienezza dello Chardonnay, l’aromaticità del Müller Thurgau, l’acidula eleganza del Trebbiano toscano rendono questo vino assai composito e interessante. Viene vinificato con pressatura soffice, fermentazione in assenza di bucce e a temperatura controllata.

Il “Valdadige” Chardonnay, il cui vitigno omonimo è stato introdotto in Valdadige alla fine del XIX secolo, trovando subito il suo habitat ideale sui pendii pedemontani. Freschezza ed eleganza sono le caratteristiche che contraddistinguono questo vino, il cui profumo spiccatamente fruttato bene si armonizza con la finezza.

Al naso si dimostra fine, con note fruttate di pesca, albicocca e mela verde. Di corpo ottimamente strutturato, equilibrato, molto morbido pur essendo un vino secco, grazie soprattutto alla grande sapidità.

Il Valdadige Pinot Grigio, è uno dei vitigni di qualità più importanti dei climi temperati, predilige terreni collinari e ben esposti, con condizioni di ventilazione e sbalzi termici tra giorno e notte che ne esaltano i profumi. Al naso emergono aromi di fiori bianchi e sentori di pera, mela verde e frutta tropicale, ha buona struttura e piacevole freschezza.

 

c) Legame causa effetto fra ambiente e prodotto

Le peculiarità del terreno influiscono sulla produzione del vino “Valdadige”, caratterizzando le diverse produzioni con profumi e sapori, che si traducono in note di fruttato (frutti di bosco) - speziato per i vini Rosso, Rosso superiore, Enantio, Cabernet franc, Cabernet Sauvignon e Schiava.

Queste sensazioni si devono alla coltivazione in terreni calcarei, esposti favorevolmente a sud e a medie altitudini. In particolare, la composizione del suolo, caratterizzato da presenza di scheletro, ricco di rocce porfidiche e granitìche, sali minerali e ad elevato drenaggio, determina la struttura e la caratterizzazione dei vini rossi, con un elevato contenuto di antociani e polifenoli, un’intensa colorazione, un buon corredo tannico, nonché lo sviluppo di sentori di frutta matura e spezie.

I terreni con più alto contenuto in sabbia sono riservati ai vini bianchi il cui suolo dona sentori fruttati e minerali ben bilanciati.

Il clima temperato mite ma con evidenti escursioni termiche tra il giorno e la notte specialmente nel periodo antecedente la vendemmia permette di avere delle uve rosse con un elevato contenuto di polifenoli e le uve bianche che mantengono un elevato bouquet di profumi.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Valoritalia srl.

Sede Amministrativa:

Via San Gaetano, 74

36016 Thiene (Vicenza)

Tel. 0445 313088, Fax. 0445 313080;

e-mail: assicurazione.qualita@valoritalia.it

 

La Società Valoritalia è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato

articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.