Sardegna › CAGLIARI SULCIS

CAGLIARI D.O.C.

CARIGNANO DEL SULCIS D.O.C.

GIRÒ DI CAGLIARI D.O.C.

NASCO DI CAGLIARI D.O.C.

NURAGUS DI CAGLIARI D.O.C.


VIGNETI CAPOTERRA

VIGNETI CAPOTERRA

CAGLIARI

D.O.C.
Decreto 4 novembre 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

1. La denominazione di origine controllata "Cagliari" è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed  ai  requisiti  stabiliti  dal presente disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:

 

"Cagliari" Malvasia

"Cagliari" Malvasia spumante

"Cagliari" Malvasia riserva

"Cagliari" Monica

"Cagliari" Monica riserva

"Cagliari" Moscato

"Cagliari" Vermentino

"Cagliari" Vermentino superiore.

 

 Articolo 2

 Base ampelografica

 

1. I vini a denominazione di origine  controllata  "Cagliari"  devono essere ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

"Cagliari" Malvasia e "Cagliari" Malvasia riserva:

Malvasia di Sardegna : minimo 85% ;

possono concorrere sino ad un massimo del 15% altri vitigni  a  bacca di colore analogo idonei alla  coltivazione  nella  Regione  Sardegna iscritti nel registro nazionale delle varietà di  vite  per  uve  da vino approvato con D.M. 7  maggio  2004,  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre 2004, da ultimo aggiornato  con  D.M.

22 aprile 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  n.  170  del  23 luglio 2011.

 

"Cagliari" Malvasia spumante:

Malvasia di Sardegna: minimo 85% ;

possono concorrere sino ad un massimo del 15% altri vitigni aromatici a bacca di colore analogo  idonei  alla  coltivazione  nella  Regione Sardegna iscritti nel registro nazionale delle varietà di  vite  per uve da vino come sopra identificati.

 

"Cagliari" Monica (anche riserva):

Monica: minimo 85%;

possono concorrere sino ad un massimo del 15% altri vitigni  a  bacca di colore analogo idonei alla  coltivazione  nella  Regione  Sardegna iscritti nel registro nazionale delle varietà di  vite  per  uve  da vino come sopra identificati.

 

"Cagliari" Moscato:

Moscato bianco: minimo 85%; 

possono  concorrere sino ad un massimo del 15% altri vitigni a bacca  di  colore  analogo idonei alla coltivazione nella Regione Sardegna iscritti nel registro nazionale  delle  varietà  di  vite  per  uve  da  vino  come  sopra identificati.

 

"Cagliari" Vermentino (anche superiore):

Vermentino: minimo 85%;

possono concorrere sino ad un massimo del 15% altri vitigni  a  bacca di colore analogo idonei alla  coltivazione  nella  Regione  Sardegna iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per  uve  come sopra identificati.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

1. La zona di produzione delle uve destinate ad  ottenere  i  vini  a denominazione di origine controllata "Cagliari",  comprende  l'intero territorio amministrativo, nelle rispettive  province,  dei  seguenti comuni:

 

Provincia di Cagliari:

Armungia, Assemini, Ballao, Barrali, Burcei, Cagliari, Capoterra, Castiadas,  Decimomannu, Decimoputzu,  Dolianova,  Domus  De  Maria, Donorì,  Elmas, Gesico, Goni, Guamaggiore, Guasila, Mandas, Maracalagonis, Monastir, Monserrato, Muravera, Nuraminis,  Ortacesus, Pimentel, Pula, Quartu Sant'Elena, Quartucciu, Samatzai, San Basilio, San  Nicolò  Gerrei,  San  Sperate,  San  Vito,  Sant'Andrea  Frius, Sarroch, Selargius, Selegas, Senorbì, Serdiana, Sestu,  Settimo  San Pietro, Siliqua, Silius, Sinnai, Siurgus Donigala, Soleminis, Suelli, Teulada, Ussana,  Uta,  Vallermosa,  Villa  San  Pietro,  Villaputzu, Villasalto, Villasimius, Villasor, Villaspeciosa.

 

Provincia Carbonia Iglesias:

Buggerru, Calasetta, Carbonia, Carloforte, Domusnovas, Fluminimaggiore, Giba, Gonnesa, Iglesias,  Masainas,  Musei,  Narcao, Nuxis,  Perdaxius,  Piscinas,  Portoscuso,  San   Giovanni   Suergiu,

Santadi, Sant'Anna Arresi, Sant'Antioco,  Tratalias,  Villamassargia, Villaperuccio.

 

Provincia Medio Campidano:

Arbus, Barumini, Collinas, Furtei, Genuri,  Gesturi,  Gonnosfanadiga, Guspini,  Las  Plassas,  Lunamatrona,  Pabillonis,   Pauli   Arbarei, Samassi, San Gavino Monreale, Sanluri, Sardara, Segariu,  Serramanna,

Serrenti,  Setzu,  Siddi,  Tuili,  Turri,  Ussaramanna,   Villacidro, Villamar, Villanovaforru, Villanovafranca.

 

Provincia di Oristano:

Abbasanta, Aidomaggiore, Albagiara, Ales,  Allai,  Arborea,  Ardauli, Assolo, Asuni,  Baradili,  Baratili  San  Pietro,  Baressa,  Bauladu, Bidonì,  Bonarcado   Boroneddu,   Busachi,   Cabras,   Fordongianus, Ghilarza,   Gonnoscodina,   Gonnosno',   Gonnostramatza,    Marrubiu, Masullas, Milis, Mogorella, Mogoro, Morgongiori,  Narbolia,  Neoneli, Norbello, Nughedu Santa Vittoria, Nurachi, Nureci, Ollastra  Simaxis,

Oristano, Palmas  Arborea,  Pau,  Paulilatino,  Pompu,  Riola  Sardo, Ruinas, Samugheo, San  Nicolo'  d'Arcidano,  San  Vero  Milis,  Santa Giusta,  Santu  Lussurgiu,  Sedilo,   Seneghe,   Senis,   Sennariolo,

Siamaggiore,  Siamanna,  Siapiccia,  Simala,  Simaxis,  Sini,  Siris, Solarussa, Sorradile, Tadasuni, Terralba, Tramatza, Ula' Tirso, Uras, Usellus,  Villa  Sant'Antonio,  Villa  Verde,  Villanova   Truschedu, Villaurbana, Zeddiani, Zerfaliu.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti  destinati  alla produzione  dei  vini  di  cui  all'art.  1  devono   essere   quelle tradizionali della zona e atte a conferire alle uve  ed  ai  vini  le specifiche caratteristiche di qualità.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere tali da consentire l'ottenimento di uve e  vini  aventi le caratteristiche stabilite dal presente disciplinare.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

E' consentita l'irrigazione di soccorso.

I nuovi impianti ed i reimpianti devono prevedere un minimo di  3.500 ceppi per ettaro.

2. Le  rese  massime  di  uva  per  ettaro  di  vigneto  e  i  titoli alcolometrici volumici naturali minimi delle rispettive uve destinate alla vinificazione dei vini di cui all'articolo 1, sono i seguenti:

 

“Cagliari Malvasia”: 11,00 t/ha, 13,00% vol.;

“Cagliari Malvasia” spumante: 11,00 t/ha, 11,00% vol.;

“Cagliari Malvasia” riserva: 11,00 t/ha, 13,00% vol.;

“Cagliari Monica”: 11,00 t/ha, 12,00% vol.;

“Cagliari Monica” riserva: 11,00 t/ha, 12,00% vol.;

“Cagliari Moscato”: 11,00 t/ha, 13,00% vol.;

“Cagliari Vermentino”: 15,00 t/ha, 10,00% vol.;

“Cagliari Vermentino” superiore: 11,00 t/ha, 11,00% vol.

 

Eventuali eccedenze di produzione, nel limite  massimo  del  20%  non avranno diritto alla DOC.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1.  Le  operazioni  di   vinificazione   devono   essere   effettuate all'interno  della  zona  di  produzione  delimitata  nel  precedente articolo 3.

E' tuttavia  consentito  che  le  operazioni  di  elaborazione  degli spumanti siano effettuate all'interno della regione Sardegna.

Nella vinificazione sono  ammesse  soltanto  le  pratiche  enologiche leali, costanti e tradizionali della zona, atte a conferire  al  vino le sue peculiari caratteristiche.

2. La resa massima dell'uva in vino finito, pronto  per  il  consumo, non deve essere superiore al 70%.

Qualora detta  resa  superi  questo limite, ma non l'80%, l'eccedenza non avrà diritto alla  DOC. 

Oltre la resa dell'80% decade il diritto  a  qualsiasi  denominazione,  sia essa DOC o IGT, per tutto il prodotto.

3. E' consentita  la  correzione  dei  mosti  e/o  dei  vini  di  cui all'articolo 1 nei limiti stabiliti  dalle  normative  comunitarie  e nazionali.

4. I vini a DOC "Cagliari" Monica, se sottoposti  ad  un  periodo  di invecchiamento di almeno

ventiquattro mesi,

a partire dal 1° novembre dell'anno di vendemmia,

possono essere classificati "riserva".

I vini a DOC "Cagliari" Malvasia, se  sottoposti  ad  un  periodo  di invecchiamento di almeno

dodici  mesi, 

a  partire  dal  1°  novembre dell'anno di vendemmia,

possono essere classificati "riserva".

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

1. I vini  di  cui  all'articolo  1,  all'atto  della  immissione  al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

"Cagliari" Malvasia:

colore: giallo paglierino tendente al dorato;

profumo: intenso, delicato, caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, morbido, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 14,00% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Cagliari" Malvasia spumante:

spuma: fine, persistente;

colore: giallo paglierino piu' o meno intenso;

profumo: caratteristico, delicato;

sapore: da brut a dolce, delicato, fruttato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

"Cagliari" Malvasia riserva:

colore: giallo dorato più o meno carico;

profumo: intenso, delicato, caratteristico;

sapore: dal secco al dolce, morbido, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 14,00% vol.,

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Cagliari" Monica:

colore:   rosso   rubino   tenue,   tendente   all'aranciato   con l'invecchiamento;

profumo: etereo, intenso, delicato;

sapore: dal secco al dolce, gradevole, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Cagliari" Monica Riserva:

colore: rosso rubino tenue, tendente all'aranciato;

profumo: etereo, intenso, delicato;

sapore: dal secco al dolce, gradevole, morbido e vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Cagliari" Moscato:

colore: giallo dorato;

profumo: intenso, caratteristico;

sapore: dolce, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 14,00% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Cagliari" Vermentino:

colore: giallo paglierino più o meno intenso con leggeri  riflessi verdolini;

profumo: caratteristico, delicato e gradevole;

sapore: dal secco al dolce, fresco, sapido, con leggero  retrogusto amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50%.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

"Cagliari" Vermentino superiore:

colore: giallo paglierino più o meno intenso con leggeri  riflessi verdolini;

profumo: caratteristico, delicato e gradevole;

sapore: dal secco al dolce, fresco, sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

 Articolo 7

 Designazione e presentazione

 

1. Alla denominazione di cui all'articolo 1 è vietata l'aggiunta  di qualsiasi qualificazione, ivi compresi gli aggettivi "extra", "fine", "scelto", "selezionato", "vecchio" e similari.

2.  E'  consentito  fare  precedere   alla   denominazione   di   cui all'articolo 1, il nome geografico "Sardegna".

3. E' consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, purche' non  abbiano  significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno l'acquirente.

4. Per i vini a denominazione di origine controllata "Cagliari",  con l'esclusione della tipologia spumante, e' obbligatoria  l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

1.Per i vini a denominazione di origine controllata  "Cagliari",  è consentito, nel rispetto della normativa vigente, il  confezionamento in  contenitori  alternativi  al  vetro  costituiti  da  un  otre  di materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere  racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido  di  capacità non inferiore a due litri.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) – Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame.

Il vino a denominazione di origine controllata “Cagliari” si produce nella zona di produzione oggi ricadente in tutto o in parte nelle province di Cagliari, Medio Campidano, Carbonia-Iglesias e Oristano, così come specificato all’articolo tre del disciplinare di produzione.

La zona di produzione della DOC “Cagliari” è assai complessa e variegata dal punto di vista geologico, pedologico e degli ecosistemi correlati. La zona ha origini antiche che risalgono al paleozoico, era geologica in cui si è formato il nucleo granitico metamorfico della zolla sardo corsa.

Questo insieme di rocce affiora ora in gran parte dell’isola risagomato al mutare del tempo dalle forze tettoniche e dai

processi morfologici in rilievi arrotondati, altopiani peneplanati, valli ampie o incassate e coste frastagliate o lineari. Il paesaggio può presentarsi molto vario da morbido ad aspro in funzione della natura dei substrati e della vegetazione presente e passando da cime elevate a linee di costa.

Nel mesozoico su questo nucleo il mare ha deposto strati carbonatico dolomitici, poi emersi ed erosi a formare aspri paesaggi che caratterizzano la sommità dei rilievi nella Sardegna centro orientale ma visibili anche nel Sulcis.

Nel terziario la zolla sardo corsa si distacca da quella europea e ruota nel mediterraneo sino alla posizione attuale. Durante questa migrazione nella zolla si creano fratture profonde da cui fuoriescono magmi vulcanici, il mare penetra a più riprese nelle depressioni dell’entroterra accumulando sedimenti marini alternati ai magmi e a detriti provenienti dallo smantellamento dei rilievi preesistenti.

Nel pliopleistocene si mettono in posto le ultime colate basaltiche del vulcanismo sardo. Con questa genesi si formano i complessi stratigrafici vulcanico sedimentari che costituiscono buona parte della Sardegna occidentale e centro meridionale, fra cui le zone dell’Arburese, Marmilla, Trexenta, Parteolla e Sulcis.

Nel quaternario il mare si ritira e i processi erosivi accentuati dalla oscillazioni climatiche dei periodi glaciali e interglaciali, erodono i substrati e ridepongono detriti, modellando il paesaggio così come oggi lo vediamo, si plasmano così la grande pianura del Campidano, le piane minori ubiquitarie nell’isola, le zone lagunari e dunari costiere.

I suoli sardi ricadenti nell’area geografica di coltivazione della DOC “Cagliari” riflettono questa complessità e pertanto sono estremamente vari come genesi, caratteristiche, proprietà e distribuzione.

Per grandi raggruppamenti si trovano entisuoli a profilo A-C sulle convessità o sugli altopiani dei rilievi, o laddove il suolo è ancora poco evoluto.

Dove i substrati sono più teneri e le forme consentono un maggiore accumulo evolvono inceptisuoli a profilo A-Bw-C.; sulle vulcaniti sotto foresta si possono trovare andosuoli.

Sulle colline marnoso-arenacee oligomioceniche (terziario) sono caratteristiche le toposequenze di suoli in “catena”, con la successione Entisuoli-Inceptisuoli-Vertisuoli, mentre sulle formazioni carbonatiche coeve a morfologia più movimentata è riscontrabile la successione Entisuoli litici-Inceptisuoli calcici-Inceptisuoli tipici.

Nelle formazioni detritiche quaternarie: alluvioni, glacis, colluvi etc., pianeggianti o leggermente ondulate, i suoli hanno un grado di evoluzione maggiore e si trovano oltre ad inceptisuoli e vertisuoli, alfisuoli a profilo A-Bt-C anche molto evoluti con accumuli di argille, ferro, ossidi, carbonati, e orizzonti petrocalcici, fino a veri e propri ultisuoli sui depositi più antichi e

stabili.

Il regime di umidità del suolo è quasi sempre xerico. Lungo le coste e nelle aree depresse e idromorfe si trovano salorthid, psamments ed entisuoli acquici.

In relazione ai vari fattori climatici della zona di produzione si riscontrano i seguenti tipi di clima:

clima sub-tropicale: investe tutta la fascia meridionale dell’Isola, che parte da Fontanamare nel Sulcis, comprende Cagliari ed il suo Campidano, le isole di S. Pietro e di S. Antioco, per giungere a Muravera nel Sarrabus.

In tale zona, le precipitazioni annue sono inferiori a 700 mm., la temperatura media annua è superiore a 17°C, quella del mese più freddo non scende mai al di sotto di 10°C e vi sono almeno quattro mesi con temperatura media superiore a 20°C. Nelle zone con questo clima, la vite prospera e produce abbastanza bene sotto il profilo quantitativo.

clima temperato caldo: domina il Campidano centrale e la Valle del Tirso. La temperatura media annua che vi si riscontra non scende al di sotto di 15°C, quella del mese più freddo è compresa fra 6,5° e 10°C; in almeno tre mesi la temperatura media non scende al di sotto di 20°C.

Le piogge annue non superano gli 800 mm..

La vegetazione della zona geografica di coltivazione della DOC Cagliari è costituita principalmente da macchia mediterranea (cisto, corbezzolo, lentisco, ginestra, mirto, ecc.), a tratti degradata, alternata a pascoli e colture agrarie.

Fattori umani rilevanti per il legame.

Cagliari Malvasia.

La “Malvasia”, secondo il Mameli sarebbe stata importata in Sardegna dalla Grecia nel periodo della dominazione bizantina dell’Isola. La sua introduzione potrebbe quindi farsi risalire addirittura al V secolo, cioè appena dopo la caduta dell’Impero Romano.

Che il vitigno sia di origine greca verrebbe confermato dal fatto che in alcune località interne dell’Isola l’uva Malvasia viene tuttora chiamata dialettalmente “alvarega” o “arvarega”, parole queste aventi lo schietto significato di (uva) “bianca greca”.

All’epoca dell’Amministrazione piemontese della Sardegna il vitigno doveva essere senza dubbio notevolmente diffuso se Francesco Gemelli, professore di eloquenza latina all’Università di Sassari, cita la Malvasia prodotta a Cagliari tra i più prestanti vini della Sardegna, ascrivendola con priorità assoluta nella classe dei vini potenti, cioè particolarmente alcolici ed asciutti.

Ed il vitigno doveva essere di certo abbondantemente presente nei vigneti sardi all’epoca della massima espansione viticola in Sardegna, toccata alla fine dell’800, se le Malvasie sarde erano presenti all’Esposizione Universale di Vienna del 1873, come valide rappresentanti dei vini tipici dell’Isola.

Dopo i danni causati dalla fillossera, che falcidiò i vigneti sardi nel periodo posto a cavallo del sec. XIX e XX, vi fu la ripresa della viticoltura, che permise di rivedere il vitigno Malvasia sufficientemente rappresentato nei nuovi impianti eseguiti su piede americano.

Cagliari Monica.

La bibliografia non è precisa sulla provenienza del vitigno Monica. Secondo alcuni sarebbe stato introdotto in tempi remoti dai Mori. Tale tesi sarebbe suffragata dal nome “Uva Mora” tuttora in uso in alcune località dell’interno dell’Isola. Altri invece lo ritengono di importato dagli Spagnoli nel periodo della loro dominazione in Sardegna.

Il Mameli (1933) invece ritiene che il Monica sia da considerarsi una cultivar originatasi in loco, avendo il vitigno caratteri propri che lo diversificano da altri somiglianti, altrove coltivati.

Il vitigno si diffuse notevolmente nell’Isola con il passaggio all’Amministrazione piemontese, a seguito della politica viticola attuata dal Marchese di Rivarolo (1736) il quale rese obbligatoria la coltura del vigneto in alcune località persino con la minaccia della confisca delle terre.

E’ comunque certo che sia il vitigno che il vino omonimo dovevano essere abbondantemente presenti in Sardegna, alla fine del secolo XVIII, se Francesco Gemelli, a conferma di tale tesi, nel suo “Rifiorimento della Sardegna”, edito nell’anno 1776, cita il Monica come “un altro prestantissimo vino, detto Monaca dal nome dell’uva”.

In Sardegna anche il Monica, agli inizi del secolo scorso, subì i danni causati dalla fillossera che colpì anche i vigneti sardi, i quali nel complesso avevano registrato alla fine dell’800 la loro massima espansione.

Cagliari Moscato.

Il Moscato bianco è un vitigno ben conosciuto fin dai tempi dell’antica Roma, in quanto citato da Columella con il nome di uva “Apiana”, ed essendosi “ab antico” diffuso in particolare nell’Italia peninsulare e nelle isole mediterranee, è molto probabile abbia fatto la sua comparsa anche in Sardegna fin dai tempi della conquista romana dell’Isola.

Non vi è dubbio, quindi, che il Moscato abbia seguito attraverso i secoli le alterne vicende della viticoltura sarda, dalle menzionate epoche remote fino ai nostri giorni.

Anche questo vitigno si diffuse notevolmente all’epoca dell’Amministrazione piemontese e subì i danni causati dalla fillossera della vite. Come gli altri, si riprese successivamente con l’introduzione delle viti innestate su piede americano.

Cagliari Vermentino.

L’introduzione del Vermentino in Sardegna e quindi anche nel Cagliaritano non è stata ancora definita con certezza.

Gli autori che si sono occupati di tale vitigno, Sante Cettolini, Giangiorgio Casu, Piergiovanni Garoglio, Lorenzo Pazzaglia, Gian Battista Carletti, Roberto Capone, Raffaele Carlone, Michele Vitagliano, non sono tutti concordi sia sulle date storiche e tanto meno sulle zone di origine.

Ma ciò che sembra potersi accettare quale versione più attendibile è che il vitigno, coltivato “ab antico” in tutto l’arco costiero settentrionale del Meditteraneo, estendentesi dalla Catalogna fino alla Liguria ed alla Lunigiana, sia pervenuto in Sardegna ad incominciare dalla Gallura, attraverso la Corsica, nel periodo della denominazione pisana e genovese, che si sono insediate dal secolo XIII in poi parzialmente o totalmente nelle due Isole.

E’ comunque accertato che il vitigno attraverso il tempo è andato diffondendosi anche oltre i confini della Gallura, interessando anche i Campidani di Cagliari e di Oristano, il territorio del Sulcis ed in prosieguo di tempo praticamente tutti i territori dell’Isola.

L’espansione del vitigno è avvenuta dapprima in forma sporadica e successivamente, avendo il vitigno incontrato pienamente il favore dei coltivatori, in forma sempre più massiccia.

Pertanto, molti viticoltori hanno realizzato vigneti a Vermentino su superfici notevoli per la produzione del vino “Cagliari Vermentino”, ottenendo sempre successi notevolissimi, dovuti ai pregi di questo vino che ha incontrato il favore dei consumatori.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.

Cagliari Malvasia.

Il vino Cagliari Malvasia presenta dal punto di vista analitico ed organolettico le seguenti caratteristiche nelle seguenti tipologie:

“Cagliari Malvasia”, dal colore giallo paglierino tendente al dorato; odore intenso, delicato, dal sapore che va dal secco al dolce, morbido e caratteristico.

“Cagliari Malvasia spumante”, dalla spuma fine, persistente, dal colore giallo paglierino più o meno intenso, dall’odore caratteristico, delicato e dal sapore di brut a dolce, delicato, fruttato.

“Cagliari Malvasia riserva”, dal colore giallo dorato più o meno carico, odore intenso, delicato, caratteristico e dal sapore dal secco al dolce, morbido, caratteristico.

Questo vino viene in genere bevuto come dessert a fine pasto dopo la frutta; molto spesso viene usato anche per pasteggiare nei pranzi a base di pesce e vi è chi lo degusta come aperitivo.

Cagliari Monica.

Il vino Cagliari Monica presenta dal punto di vista analitico ed organolettico le seguenti caratteristiche nelle sue singole tipologie:

“Cagliari Monica” dal colore rosso rubino tenue, tendente all’arancione con l’invecchiamento, odore etereo, intenso, delicato, sapore che va dal secco al dolce, gradevole, caratteristico.

“Cagliari Monica Riserva”, dal colore rosso rubino tenue, tendente all’aranciato, odore etereo, intenso, delicato e dal sapore dal secco al dolce, gradevole, morbido e vellutato.

Questo vino veniva in genere bevuto come dessert a fine pasto dopo il dolce in due versioni (naturale o liquoroso) e con ciò si concorda con le descrizioni ed i giudizi che al riguardo hanno formulato molti noti autori come B. Bruni, P. G. Garoglio, F. L. Vodret, S. Cettolini.

Tutti confermano che il vino Monica, in quelle tipologie, appartiene alla categoria dei vini dolci alcolici.

Negli anni ’50 del secolo scorso molte Cantine Sociali ed Enopoli industriali hanno iniziato la produzione di vino Monica da arrosto e di un vino Monica da pasto.

La prima tipologia è serbevolissima e con l’invecchiamento acquista profumo intenso, morbidezza e generosità, colore

rubino chiaro, con diverse gradazioni alcoliche.

La seconda tipologia è stata molto apprezzata sul mercato locale ed è stato oggetto di esportazioni oltre i confini nazionali.

Cagliari Moscato.

Il vino “Cagliari Moscato” è un vino dal colore giallo dorato, dall’odore intenso, e dal sapore dolce e caratteristico. Questo vino viene in genere bevuto come dessert a fine pasto dopo il dolce o la frutta.

Cagliari Vermentino.

Il vino “Cagliari Vermentino” è un ottimo vino bianco da tavola, non molto alcolico, brillante, liscio e morbido.

Può essere preparato nelle seguenti tipologie:

“Cagliari Vermentino”, dal colore giallo paglierino più o meno intenso con leggeri riflessi verdolini, odore caratteristico, delicato e gradevole, sapore dal secco al dolce, fresco, sapido, con leggero retrogusto amarognolo.

“Cagliari Vermentino superiore”, dal colore paglierino più o meno intenso con leggeri riflessi verdolini, dall’odore caratteristico, delicato e gradevole e dal sapore dal secco al dolce, fresco, sapido.

Questo vino viene servito di preferenza su pietanze ed antipasti a base di pesce.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Cagliari Malvasia.

Il vino ottenuto dal vitigno Malvasia si produce da epoche remote nelle province di Cagliari, del Medio Campidano, di Carbonia Iglesias e di Oristano e tuttora compare quale vino da dessert tra la gamma dei più vecchi e rinomati vini di Sardegna.

Le zone agrarie più importanti interessate alla coltivazione di questo vitigno, sono la media collina della Trexenta, la zona della Pianura del Tirso o Campidano di Oristano, la zona del Campidano di Cagliari e la zona del Basso Sulcis.

Il vitigno “Malvasia”, pur non interessando grandi superfici, è presente in gran parte del territorio.

Ciò dimostra che il pregio e la qualità dei prodotti è la risultanza della vocazione ambientale e pedologica del territorio, ma anche della capacità dell’uomo che, favorita da una corretta politica viticola, comportò il radicarsi del vitigno Malvasia in alcune zone dell’Isola, conseguendo risultati ottimali in fatto di produzioni di qualità, che ebbero il merito di far conoscere anche fuori dell’Isola i vini di lusso sardi, Moscato, Monica, Nasco, Cannonau, Vernaccia e Malvasia, come avvenne in occasione della partecipazione al prestigioso 6° Congresso Scientifico Italiano svoltosi a Milano nel

1845 che spianò la strada all’esportazione di detti vini nei territori della monarchia austriaca, allora il miglior mercato di assorbimento esistente.

Cagliari Monica.

I suoli ove si risconta più diffusamente il vitigno Monica sono quelli derivati da alluvioni antiche, formazioni sedimentarie mioceniche, colluvii trachitici, dune fossili e raramente da alluvioni recenti.

A detta di Sante Cettolini il vitigno “Monica” è ubiquitario perché dà frutto abbondante e si adatta a tutti i terreni ed a tutti i climi.

Va comunque qui precisato che per la produzione della versione dolce le forme di allevamento praticate vanno dall’alberello, spesso anche modificato, ai Guyot.

Per la produzione della Monica nella versione secca il vitigno invece viene allevato in forme più espanse.

Cagliari Moscato.

Il vino ottenuto dal vitigno Moscato si produce da epoche remote nell’ambito geografico di produzione della DOC “Cagliari” e, come vino bianco, si è sempre inserito e tuttora compare tra la gamma dei più vecchi e rinomati vini.

Il vitigno “Moscato” pur presente in gran parte del territorio, attualmente non interessa grandi superfici.

La diffusione della viticoltura della Sardegna fu favorita sin dal 1736 dal Marchese di Rivarolo, viceré di Carlo Emanuele III, tuttavia fu solo con la creazione della Regia Società Agraria ed Economica di Cagliari durante il regno di Carlo Felice che si iniziò a far conoscere fuori dell’Isola i vini di lusso sardi, tra cui il Moscato, anche in occasione del 6° Congresso Scientifico Italiano svoltosi a Milano nel 1845.

Ciò dimostra che il pregio e la qualità dei prodotti è la risultanza della vocazione ambientale e pedologica del territorio, ma anche della capacità dell’uomo, con risultati ottimali in fatto di produzione di qualità, tanto da meritare il riconoscimento sopra menzionato.

Il risultato, poi, di tale partecipazione fu che venne concessa alla Sardegna la possibilità di esportare tutti i suoi vini di lusso, tra cui il Moscato, nei territori della monarchia austriaca, a quel tempo il miglior mercato di assorbimento esistente.

Cagliari Vermentino:

Il vitigno Vermentino è particolarmente diffuso nell’ambito geografico di riferimento, apprezzato per le sue eccellenti qualità, si adatta a numerosi tipi di suolo, che unitamente alle particolari condizioni climatiche e alle tecniche di vinificazione praticate, influiscono significativamente sui caratteri chimici ed organolettici riscontrabili nel vino.

Dal XI al XIII secolo, in particolare nel periodo della presenza in Sardegna di Genova e Pisa, la coltivazione della vite ebbe nuovo impulso come è ampiamente documentato dai condaghi, dalle ordinanze e dagli statuti.

In tutto il territorio isolano la viticoltura continuò ad espandersi anche per gli aumentati scambi commerciali tra l’Isola e gli stati italiani, tanto che in Sardegna si ritenne opportuno istituire nel 1329 su ogni barile di vino di qualità pregiata esportato un diritto di esportazione di un denaro se rosso e di due denari se bianco.

Gli elementi storici e genetici confermano ancora una volta la valenza ambientale che questi luoghi hanno per la viticoltura di qualità. L’ambiente, associato ad un clima mite e favorevole insieme ad una buona tecnica agronomica ed enologica hanno permesso ai vini DOC “Cagliari” di rinnovarsi senza perdere la loro identità e originalità.

L’interazione tra l’ambiente e l’uomo ha portato alla specializzazione della coltura della vite nell’ambito geografico di riferimento della DOC, che nelle sue diversità ambientali e tradizionalità locali, ha consentito di ottenere produzioni di qualità.

Questa interazione è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite e della vinificazione che ai giorni nostri sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli eccellenti vini prodotti attualmente con la DOC “Cagliari”

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e Indirizzo:

ValorItalia S.r.l

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ValorItalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

VIGNETI SANTANTIACO

VIGNETI SANT'ANTIACO

CARIGNANO DEL SULCIS

D.O.C.

Decreto 25 ottobre 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata "Carignano del Sulcis" è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

"Carignano del Sulcis" rosso;

"Carignano del Sulcis" rosso riserva;

"Carignano del Sulcis" rosso superiore;

"Carignano del Sulcis" rosato;

"Carignano del Sulcis" novello;

"Carignano del Sulcis" passito;

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata "Carignano del Sulcis" rosso, riserva, superiore, rosato, novello e passito devono essere ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti aventi nell'ambito aziendale la seguente composizione ampelografica:

Carignano per almeno l'85%;

possono concorrere alla produzione di detti vini anche le uve provenienti da vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla coltivazione per la Regione Sardegna, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, fino ad un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

Le uve devono essere prodotte nell'ambito del Sulcis, comprendente per intero il territorio amministrativo dei seguenti comuni in provincia di Carbonia-Iglesias e di Cagliari:

Calasetta, Carbonia, Carloforte, Giba, Masainas, Narcao, Nuxis, Perdaxius, Piscinas, Portoscuso, San Giovanni Suergiu, Santadi, Sant'Anna Arresi, Sant'Antioco, Teulada, Tratalias, Villaperuccio.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata "Carignano del Sulcis" di cui all'art. 1 devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve, ai mosti e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerarsi idonei ai fini dell'iscrizione allo schedario viticolo unicamente i vigneti di giacitura e di orientamento adatti, con esclusione dei terreni male esposti, di scarsa profondità o fortemente erosi, particolarmente umidi e quelli ubicati al di sopra dei 400 metri s.l.m.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli tradizionali e comunque idonei ad assicurare le caratteristiche delle uve e dei vini previste nel presente disciplinare.

Il vino a denominazione di origine controllata "Carignano del Sulcis" superiore deve provenire esclusivamente da vigneti aventi la forma di allevamento ad alberello e alberello appoggiato.

I nuovi impianti ed i reimpianti successivi all'approvazione del presente disciplinare, escludono i sistemi espansi (tendone, pergole, palmette e forme similari).

I nuovi impianti ed i reimpianti devono prevedere un minimo di 3.500 ceppi a ettaro e la produzione media

non deve superare i Kg. 3,500 a ceppo.

Per le viti aventi forma di allevamento ad alberello, i nuovi impianti e i reimpianti devono prevedere un minimo di 5.000 ceppi a ettaro e la produzione media non deve superare i Kg. 2,200 per ceppo.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

E' tuttavia consentita l'irrigazione di soccorso in numero massimo di due interventi nelle stagioni primaverile ed estiva e comunque non oltre il 15 Agosto.

Le uve destinate alla produzione del vino a denominazione di origine controllata "Carignano del Sulcis" rosso, devono assicurare

un titolo alcolometrico volumico complessivo naturale minimo di 12,00% vol.

mentre quelle destinate alla produzione delle tipologie "rosso riserva" e "rosso superiore" devono assicurare

un titolo alcolometrico volumico complessivo minimo di 12,50% vol.

Le uve destinate alla produzione delle tipologie novello e rosato, devono assicurare ai vini

un titolo alcolometrico volumico complessivo naturale minimo dell' 11,00% vol.

La resa massima di uva per ettaro in coltura specializzata non deve superare le  11,00 t/ha.

La resa massima di uva per ettaro dei vini a denominazione di origine controllata "Carignano del Sulcis" rosso superiore e passito non può superare le t 7,50 t/ha.

A detti limiti, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa deve essere riportata attraverso un'accurata cernita delle uve, purché la produzione globale del vigneto non superi del 20% i limiti medesimi; oltre detto limite tutta la produzione decade dalla denominazione di origine controllata.

Fermi restando i limiti sopra indicati, la produzione per ettaro in coltura promiscua deve essere calcolata, rispetto a quella specializzata, in rapporto al numero delle piante ed alla produzione per ceppo.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione, di conservazione, di invecchiamento, di imbottigliamento e di affinamento obbligatorio in bottiglia dei vini di cui all'art. 1, devono essere effettuate nell'ambito della zona di produzione delimitata nell'art. 3.

Conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento e il condizionamento deve aver luogo nelle predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità, la reputazione, garantire l’origine della denominazione ed assicurare l’efficacia dei controlli; inoltre, a salvaguardia dei diritti precostituiti dei soggetti che tradizionalmente hanno effettuato l’imbottigliamento al di fuori dell’area di produzione delimitata, sono previste autorizzazioni individuali alle condizioni di cui all’articolo 10, comma 3 e 4 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1).

La resa massima dell'uva in vino finito pronto per il consumo non deve essere superiore al 70% per tutte le tipologie con l’esclusione della tipologia Passito per la quale, la medesima resa, calcolata sull’uva fresca , non deve superare il 50%.

Qualora vengano superati questi limiti l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata.

Per le tipologie riserva e superiore è previsto un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno

due anni,

di cui almeno sei mesi di affinamento in bottiglia.

Per la tipologia rosso è previsto esclusivamente un periodo di affinamento in bottiglia di almeno 40 giorni.

Il periodo di invecchiamento obbligatorio decorre dal

1° gennaio dell'anno successivo all'annata di produzione delle uve.

Nel caso di rivendicazione della tipologia "Carignano del Sulcis" superiore non può essere effettuato alcun tipo di arricchimento.

Nella vinificazione del vino a denominazione di origine controllata "Carignano del Sulcis" passito, il tradizionale metodo di vinificazione prevede quanto segue:

a) l'uva, dopo aver subito un'accurata cernita, deve essere sottoposta ad un appassimento naturale e può essere ammostata non prima del 10 ottobre dell'anno di raccolta e non oltre il 31 marzo dell'anno successivo;

b) l'appassimento delle uve deve avvenire in locali idonei ed è ammessa una parziale disidratazione con aria ventilata; può avvenire altresì su pianta, sotto tettoie, e/o anche al sole fino al raggiungimento di

un contenuto zuccherino non inferiore al 27%;

c) la conservazione e l'invecchiamento devono avvenire in recipienti di capacità non superiore a 10 ettolitri;

d) il periodo di invecchiamento è di almeno

6 mesi

di cui almeno tre mesi di affinamento obbligatorio in bottiglia.

Il periodo di invecchiamento decorre dal 1° maggio dell'anno successivo a quello di produzione delle uve

e l'immissione al consumo non può avvenire prima del 1° novembre successivo;

e) al termine del periodo di invecchiamento, il prodotto deve avere

un titolo alcolometrico volumico complessivo minimo del 16,00%.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata “Carignano del Sulcis" all'atto dell'immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche:

 

Carignano del Sulcis rosso:

colore: rosso rubino;

profumo: vinoso, gradevolmente intenso;

sapore: asciutto, sapido, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 25,00 g/l.

 

Carignano del Sulcis riserva:

colore: rosso rubino intenso;

profumo: intenso, fine,elegante;

sapore: asciutto, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 26,00 g/l.

 

Carignano del Sulcis superiore:

colore: rosso rubino intenso tendente al granato;

profumo: intenso e caratteristico;

sapore: asciutto, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 26,00 g/l.

 

Carignano del Sulcis rosato:

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: gradevolmente vinoso;

sapore: asciutto, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

Carignano del Sulcis novello:

colore: rosso rubino;

profumo: vinoso, fruttato;

sapore: asciutto, sapido;

zuccheri riduttori residui massimi: 6,00 g/l;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

Carignano del Sulcis passito:

colore: dal rosso all'ambrato;

profumo: intenso, caratteristico;

sapore: dolce, morbido, vellutato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 14,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 28,00 g/l;

zuccheri riduttori: minimo 5% (50,00 g/l).

 

E' facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di modificare, con un proprio decreto, i limiti minimi indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

Ai vini a denominazione di origine controllata di cui all'art. 1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare di produzione ivi compresi gli aggettivi "extra", "fine", "scelto", "selezionato" e similari.

Per la tipologia superiore non è consentita la qualificazione riserva.

E' consentito fare precedere alla denominazione di cui all'art. 1, il nome geografico «SARDEGNA», così come previsto dal decreto ministeriale 30 marzo 2001.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati non aventi significato laudativo non idonei a trarre in inganno il consumatore.

Nella presentazione e designazione dei vini di cui all’art. 1, è obbligatoria l’indicazione dell’annata

di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini a denominazione di origine controllata "Carignano del Sulcis" novello e rosato, devono essere immessi al consumo esclusivamente in bottiglie o altri recipienti di capacità non superiore a 1,5 litri.

I vini a denominazione di origine controllata "Carignano del Sulcis" rosso, riserva e superiore, devono essere immessi al consumo esclusivamente in bottiglie di vetro di capacità non inferiore a litri 0,375 e non superiore a litri 27, esclusa la damigiana.

Le bottiglie nelle quali sono confezionati i vini a denominazione di origine controllata "Carignano del Sulcis" riserva, superiore e passito debbono essere, anche per quanto riguarda l'abbigliamento, consoni ai caratteri di un vino di pregio e chiuse con tappo in sughero.

I vini a denominazione di origine controllata "Carignano del Sulcis" passito deve essere immesso al consumo in bottiglie di vetro di capacità non superiore a litri 0,750 e chiuse con tappo in sughero.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame.

Il vino “Carignano del Sulcis”, noto pure localmente con il semplice appellativo di “Carignano”, si produce come apprezzato vino da arrosto-cacciagione, nonché come vino rosso e rosato da pasto nel territorio di alcuni comuni in provincia di Carbonia-Iglesias e di Cagliari, elencati all’articolo 3 del disciplinare di produzione, ubicati in un ben individuato comprensorio della parte sud occidentale dell’Isola, denominato Sulcis.

A quest'area geografica e viticola appartengono anche le isole di Sant'Antioco e di San Pietro, le più vaste isole minori della Sardegna.

L'isola di Sant'Antioco, la più grande delle due, si estende per circa 108 chilometri quadrati ed è unita alla terraferma da un istmo, mentre l'isola di San Pietro è una vera e propria isola estesa per circa 50 chilometri quadrati.

La struttura del suolo è costituita da materiale alluvionale antico e recente e, per alcuni tratti non si discosta molto dalle caratteristiche dei terreni dei terreni del Campidano, anche se presenta, in alcune parti, terreni derivanti da trachiti o calcari o sabbie.

I suoli vitati sono molto vari rispecchiando la complessità dei litotipi che formano la piana e i versanti agricoli. Si trovano entisuoli e inceptisuoli a vario grado di sviluppo e spessore, ma anche alfisuoli, con accumuli di argille in profondità, che possono essere anche molto evoluti come testimoniato dalla presenza di crostoni carbonatici illuviali in profondità.

L'area che da Narcao porta a Santadi è una pianura costituita da materiale alluvionale del Quaternario, antico e recente, depositatosi sulle rocce vulcaniche, o alle formazioni del Cixerri (sabbie, conglomerati e argille).

L'isola di Sant'Antioco è di origine prevalentemente vulcanica, con brevi tratti pianeggianti ricoperti da materiali alluvionali e sabbie. Nella parte sud-orientale dell'isola sono presenti calcari del periodo Cretaceo. A nord dell'isola, in prossimità di Calasetta, lungo tutto il litorale, si sviluppa un banco sabbioso dove trova vegetazione la più antica e

caratteristica viticoltura dell'isola. L'isola di San Pietro è preminentemente collinare, con un paesaggio caratterizzato da vulcaniti acide (ignimbriti).

Il clima della zona geografica del Sulcis è di tipo sub-tropicale, caratterizzato da temperature medie annue molto vicine ai 17°C, con una piovosità abbastanza scarsa e una media di valori che spesso non raggiungono i 600 mm di pioggia annua. Il vento salso, soprattutto nelle due isole minori è un fattore climatico determinante sia come agente geomorfologico, sia come fattore condizionante la coltivazione della vite nella zona geografica delimitata.

Fattori umani rilevanti per il legame.

Secondo i più accreditati autori il vitigno “Carignano” sarebbe stato coltivato da epoche remote in molti paesi che si affacciano nella parte occidentale del bacino del Mediterraneo: Spagna, Francia, Italia, Algeria, Tunisia, Libia.

E’ probabile quindi che i Fenici o i Cartaginesi abbiano introdotto il Carignano in Sardegna, essendo stati gli stessi tra i primi navigatori a solcare il Mediterraneo ed avendo per lungo tempo dominato ed influenzato più da vicino proprio la regione Sulcis (attraverso le due città puniche di “Solci” e “Nora”, oggi rispettivamente “S. Antioco” e “Pula”), ove attualmente trovansi le più estese coltivazioni.

E’ altrettanto attendibile la tesi che incontra anche essa molti sostenitori e secondo la quale il vitigno sarebbe stato importato dalla penisola iberica fin dai primi tempi della dominazione spagnola dell’Isola.

Tale seconda ipotesi trova conforto anche nella stessa denominazione dialettale, localmente in uso per l’uva Carignano: “Axina de Spagna” cioè “Uva di Spagna”.

Si può pertanto affermare che la coltivazione del vitigno Carignano risale ad epoche remote in Sardegna ed in special modo nell’estremo Sud-Ovest dell’Isola.

Nei terreni sabbiosi dell'isola di Sant'Antioco è stato possibile mantenere la coltivazione della vite "franca di piede" in quanto in questo tipo di terreni la fillossera non ha provocato danni.

Fin dall’antichità, il Carignano dell’Isola di Sant’Antioco coltivato a piede franco e allevato ad "alberello latino" é stato un punto di riferimento per la viticoltura sulcitana.

Le forme di allevamento praticate sono quelle che tendono a ridurre la vigoria della chioma sia per avere una migliore resistenza alla siccità sia perché i terreni sono poco fertili.

La forma di allevamento più diffusa è quella tradizionale ad alberello, sostenuto o meno da tutori e fili di ferro, con sesti di impianto variabili in base alla fertilità del suolo e alla vigoria delle piante, variano da m. 1,00-2,50 nell'interfila e 0,8-1,20 lungo la fila.

La potatura più diffusa in questa forma di allevamento é sulla realizzazione di 2 o 4 speroni corti con un eventuale Guyot nei vigneti più vigorosi.

Altro sistema di allevamento presente è quello a controspalliera, specie nei terreni più fertili, con la potatura a Guyot e più raramente a cordone speronato.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.

Il vino a DOC “Carignano del Sulcis” è uno dei grandi vini rossi della Sardegna e senza dubbio onora, per le sue caratteristiche di ricchezza e di stile, la classica enologia mondiale dei vini rossi di alto pregio.

Il vino Carignano del Sulcis proviene dalla uve del vitigno omonimo coltivato nella zona tradizionale “Sud-Occidentale” della Sardegna che comprende anche l'Isola di Sant'Antioco e San Pietro, zone elette di questo vitigno forte che ama i terreni tendenzialmente sciolti e i venti provenienti dal mare, ricchi di salsedine e che produce un vino ben strutturato, con alta gradazione alcolica.

Dal punto di vista analitico ed organolettico il vino Carignano del Sulcis si presenta di colore rosso rubino più o meno intenso; odore vinoso intenso; sapore asciutto, sapido ed armonico. Oltre alle tipologie rosso e rosato, è prodotto nelle tradizionali menzioni “riserva”, “novello”, “superiore” e passito.

Il vino rosso è vellutato, straordinariamente equilibrato e, proprio per queste sue caratteristiche compete con i grandi vini di elite, riscontrando un forte apprezzamento.

Nelle tipologie prodotte dopo un periodo di maturazione in botte, il vino affina le sue caratteristiche, assumendo il tipico colore rubino carico, profumi di prugne e ribes, il gusto caldo, intenso e persistente.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

La peculiarità della vitivinicoltura del Sulcis sta prima di tutto nelle caratteristiche specifiche del sito (terreno sabbioso, venti salsi, frangiventi, piede franco, piccola dimensione della proprietà), ma anche nell’abilità tradizionale di allevare le viti, grazie alla “potatura conservativa”, che è stata tramandata nel tempo e che costituisce un motivo importante nell’attuare una viticoltura durevole.

La qualità del vino Carignano del Sulcis dipende inoltre dalle caratteristiche del vitigno, dall’equilibrio delle viti, che favorisce l' accumulo di sostanze elaborate e nobili nell’uva.

I vecchi vigneti di questo territorio sono in grado di fornire uve di qualità molto elevata.

L’industria enologica della zona tradizionale del Sulcis è nata nel 1932, quando è stata fondata la Cantina Sociale di Calasetta, seguita nel 1949 dalla Cantina Sociale di S. Antioco. Con la nascita della Cantina Sociale di Santadi nel 1960 e di alcuni enopoli industriali privati, la denominazione Carignano del Sulcis DOC, istituita nel 1977, è andata sempre più riscuotendo apprezzamento da parte dei consumatori.

Diversi sono i vini di pregio e qualità prodotti da queste Cantine con la denominazione “Carignano del Sulcis DOC, spesso affinati in barrique e in bottiglia, che hanno conquistato i mercati internazionali, e ricevuto diversi riconoscimenti.

Il Carignano ha definitivamente acquistato il blasone oggi riconosciuto sui mercati internazionali, grazie al lavoro dell’enologo di fama Giacomo Tachis, il maestro degli enologi italiani, il quale, portando il proprio bagaglio di conoscenze e capacità, ha saputo far esaltare le caratteristiche intrinseche del vitigno Carignano.

L'ottima qualità dei vini di questa denominazione è quindi la risultanza di diverse componenti: la vocazione ambientale e pedologica del territorio, i pregi della varietà, l’applicazione di una consolidata tecnica agraria ed enologica, l’apprezzamento e la fiducia dei estimatori del vino di qualità.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

ValorItalia S.r.l

Via Piave 24

00187 Roma

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ValorItalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato

articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VIGNETI SESTU

VIGNETI SESTU

GIRÒ DI CAGLIARI

D.P.R. 21 luglio1972

Modifica Decreto 30 marzo2001

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata "Girò di Cagliari" è riservata al vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino "Girò di Cagliari" deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti composti dal vitigno

Girò 100%,.

è consentita, per favorire l'impollinazione, la presenza nei vigneti di non più del 5% di vitigni diversi idonei alla coltivazione per la regione Sardegna, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, purché le uve

da essi provenienti non siano utilizzate nella preparazione dei vini di cui al presente disciplinare e la superficie da essi coperta sia detratta agli effetti del computo della resa di cui al successivo articolo 4.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve destinate ad ottenere i vini a denominazione di origine controllata “Girò di Cagliari”, comprende l'intero territorio amministrativo, nelle rispettive province, dei seguenti comuni:

 

Provincia di Cagliari:

Armungia, Assemini, Ballao, Barrali, Burcei, Cagliari, Capoterra, Castiadas, Decimomannu, Decimoputzu, Dolianova, Domus De Maria, Donorì, Elmas, Gesico, Goni, Guamaggiore, Guasila, Mandas, Maracalagonis, Monastir, Monserrato, Muravera, Nuraminis, Ortacesus, Pimentel, Pula, Quartu Sant'Elena, Quartucciu, Samatzai, San Basilio, San Nicolò Gerrei, San Sperate, San Vito, Sant'Andrea Frius, Sarroch, Selargius, Selegas, Senorbì, Serdiana, Sestu, Settimo San Pietro, Siliqua, Silius, Sinnai, Siurgus Donigala, Soleminis, Suelli, Teulada, Ussana, Uta, Vallermosa, Villa San Pietro, Villaputzu, Villasalto, Villasimius, Villasor, Villaspeciosa.

 

Provincia Carbonia Iglesias:

Buggerru, Calasetta, Carbonia, Carloforte, Domusnovas, Fluminimaggiore, Giba, Gonnesa, Iglesias, Masainas, Musei, Narcao, Nuxis, Perdaxius, Piscinas, Portoscuso, San Giovanni Suergiu, Santadi, Sant'Anna Arresi, Sant'Antioco, Tratalias, Villamassargia, Villaperuccio.

 

Provincia Medio Campidano:

Arbus, Barumini, Collinas, Furtei, Genuri, Gesturi, Gonnosfanadiga, Guspini, Las Plassas, Lunamatrona, Pabillonis, Pauli Arbarei, Samassi, San Gavino Monreale, Sanluri, Sardara, Segariu, Serramanna, Serrenti, Setzu, Siddi, Tuili, Turri, Ussaramanna, Villacidro, Villamar, Villanovaforru, Villanovafranca.

 

Provincia di Oristano:

Abbasanta, Aidomaggiore, Albagiara, Ales, Allai, Arborea, Ardauli, Assolo, Asuni, Baradili, Baratili San Pietro, Baressa, Bauladu, Bidonì, Bonarcado Boroneddu, Busachi, Cabras, Fordongianus, Ghilarza, Gonnoscodina, Gonnosnò, Gonnostramatza, Marrubiu, Masullas, Milis,

Mogorella, Mogoro, Morgongiori, Narbolia, Neoneli, Norbello, Nughedu Santa Vittoria, Nurachi, Nureci, Ollastra Simaxis, Oristano, Palmas Arborea, Pau, Paulilatino, Pompu, Riola Sardo, Ruinas, Samugheo, San Nicolò d'Arcidano, San Vero Milis, Santa Giusta, Santu Lussurgiu, Sedilo, Seneghe, Senis, Sennariolo, Siamaggiore, Siamanna, Siapiccia, Simala, Simaxis, Sini, Siris, Solarussa, Sorradile, Tadasuni, Terralba, Tramatza, Ulà Tirso, Uras, Usellus, Villa Sant'Antonio, Villa Verde, Villanova Truschedu, Villaurbana, Zeddiani, Zerfaliu.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino "Girò di Cagliari" devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve e al vino le specifiche caratteristiche di qualità. Sono pertanto da considerarsi esclusi i terreni freschi, male esposti e quelli di debole spessore derivanti da rocce compatte, le dune attuali, i terreni salsi, quelli derivati da alluvioni recenti interessati dalla falda freatica ed infine i terreni situati oltre i 400 metri s.l.m.

I sesti di impianto, le forme di allevamento e i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino "Girò di Cagliari" non deve essere superiore a

12,00 t/ha di coltura specializzata.

Fermo restando il limite sopra indicato la resa per ettaro in coltura promiscua deve essere calcolata, rispetto a quella specializzata, in rapporto all'effettiva superficie coperta dalla vite.

A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso una accurata cernita delle uve, purché la produzione non superi del 20% il limite medesimo.

La resa massima delle uve in vino non deve essere superiore al 60%.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione, nonché quelle di invecchiamento obbligatorio e di preparazione del vino "Girò di Cagliari", devono essere effettuate nell'interno della zona di produzione di cui all'articolo 3.

Nelle operazioni di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

E' vietato aumentare la gradazione alcolica complessiva del prodotto mediante concentrazione del mosto o del vino base, o impiego di mosti o di vini che siano stati oggetto di concentrazione.

Per la preparazione dei tipi liquorosi è consentita l'aggiunta di alcol di origine viticola al mosto o al vino di base.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vino

un titolo alcolometrico naturale minimo di 13,00% vol.

E' consentito un leggero appassimento delle uve sulla pianta o su stuoie.

Il vino "Girò di Cagliari" non può essere immesso al consumo prima del

1° luglio successivo all'annata di produzione delle uve.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini "Girò di Cagliari" all'atto dell'immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche:

 

Girò di Cagliari:

colore: rosso rubino più o meno tenue;

profumo: fine, delicato;

sapore: gradevole, dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,50% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

Il vino "Girò di Cagliari" liquoroso:

colore: rosso più o meno intenso, tendente all’aranciato con l’invecchiamento;

profumo: fine, intenso;

sapore: gradevole, dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 17,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

"Girò di Cagliari" liquoroso riserva:

colore: rosso più o meno intenso, tendente all’aranciato con l’invecchiamento;

profumo: fine, intenso;

sapore: gradevole, dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 17,50% vol.;

acidità totale minima: 3,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

E' in facoltà del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, di

modificare i limiti sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

I vini "Girò di Cagliari"liquorosi , qualora siano sottoposti ad un periodo di invecchiamento di almeno

due anni

di cui uno in botti di rovere o di castagno,

possono portare in etichetta la menzione "riserva".

Il periodo di invecchiamento decorre dalla data di alcolizzazione del vino.

Alla denominazione di cui all'articolo 1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi "extra", "superiore", "fine", "scelto", "selezionato" e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l'acquirente.

E' consentito fare precedere alla denominazione di cui all'art. 1, il nome geografico «SARDEGNA», così come previsto dal decreto ministeriale 30 marzo 2001.

I vini "Girò di Cagliari" devono indicare in etichetta, ad eccezione della tipologia liquoroso, l'annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame.

Il vino “Girò di Cagliari” si produce nella zona di produzione oggi ricadente in tutto o in parte nelle province di Cagliari, Medio Campidano, Carbonia-Iglesias e Oristano, così come specificato all’articolo tre del disciplinare di produzione. È un vino che tuttora compare tra la gamma dei più

vecchi e rinomati vini dell’Isola.

La zona di produzione della DOC Girò di Cagliari è assai complessa e variegata dal punto di vista geologico, pedologico e degli ecosistemi correlati. La zona ha origini antiche che risalgono al paleozoico, era geologica in cui si è formato il nucleo granitico metamorfico della zolla sardo corsa.

Questo insieme di rocce affiora ora in gran parte dell’isola risagomato al mutare del tempo dalle forze tettoniche e dai processi morfologici in rilievi arrotondati, altopiani peneplanati, valli ampie o incassate e coste frastagliate o lineari. Il paesaggio può presentarsi molto vario da morbido ad aspro

in funzione della natura dei substrati e della vegetazione presente e passando da cime elevate a linee di costa.

Nel mesozoico su questo nucleo il mare ha deposto strati carbonatico dolomitici, poi emersi ed erosi a formare aspri paesaggi che caratterizzano la sommità dei rilievi nella Sardegna centro orientale ma visibili anche nel Sulcis.

Nel terziario la zolla sardo corsa si distacca da quella europea e ruota nel mediterraneo sino alla posizione attuale.

Durante questa migrazione nella zolla si creano fratture profonde da cui fuoriescono magmi vulcanici, il mare penetra a più riprese nelle depressioni dell’entroterra accumulando sedimenti marini alternati ai magmi e a detriti provenienti dallo smantellamento dei rilievi preesistenti.

Nel pliopleistocene si mettono in posto le ultime colate basaltiche del vulcanismo sardo.

Con questa genesi si formano i complessi stratigrafici vulcanico sedimentari che costituiscono buona parte della Sardegna occidentale e centro meridionale, fra cui le zone dell’Arburese, Marmilla, Trexenta, Parteolla e Sulcis.

Nel quaternario il mare si ritira e i processi erosivi accentuati dalla oscillazioni climatiche dei periodi glaciali e interglaciali, erodono i substrati e ridepongono detriti, modellando il paesaggio così come oggi lo vediamo, si plasmano così la grande pianura del Campidano, le piane minori

ubiquitarie nell’isola, le zone lagunari e dunari costiere.

I suoli sardi ricadenti nell’area geografica di coltivazione del Girò di Cagliari riflettono questa complessità e pertanto sono estremamente vari come genesi, caratteristiche, proprietà e distribuzione.

Per grandi raggruppamenti si trovano entisuoli a profilo A-C sulle convessità o sugli altopiani dei rilievi, o laddove il suolo è ancora poco evoluto. Dove i substrati sono più teneri e le forme consentono un maggiore accumulo evolvono inceptisuoli a profilo A-Bw-C.; sulle vulcaniti sotto foresta si possono trovare andosuoli.

Sulle colline marnoso-arenacee oligomioceniche (terziario) sono caratteristiche le toposequenze di suoli in “catena”, con la successione Entisuoli-Inceptisuoli-Vertisuoli, mentre sulle formazioni carbonatiche coeve a morfologia più movimentata è riscontrabile la successione Entisuoli litici-

Inceptisuoli calcici-Inceptisuoli tipici.

Nelle formazioni detritiche quaternarie: alluvioni, glacis, colluvi etc., pianeggianti o leggermente ondulate, i suoli hanno un grado di evoluzione maggiore e si trovano oltre ad inceptisuoli e vertisuoli, alfisuoli a profilo A-Bt-C anche molto evoluti con accumuli di argille, ferro, ossidi, carbonati, e orizzonti petrocalcici, fino a veri e propri ultisuoli sui depositi più antichi e stabili.

Il regime di umidità del suolo è quasi sempre xerico. Lungo le coste e nelle aree depresse e idromorfe si trovano salorthid, psamments ed entisuoli acquici.

In relazione ai vari fattori climatici della zona di produzione si riscontrano i seguenti tipi di clima:

clima sub-tropicale: investe tutta la fascia meridionale dell’Isola, che parte da Fontanamare nel Sulcis, comprende Cagliari ed il suo Campidano, le isole di S. Pietro e di S. Antioco, per giungere a Muravera nel Sarrabus.

In tale zona, le precipitazioni annue sono inferiori a 700 mm., la temperatura media annua è superiore a 17°C, quella del mese più freddo non scende mai al di sotto di 10°C e vi sono almeno quattro mesi con temperatura media superiore a 20°C.

Nelle zone con questo clima, la vite prospera e produce abbastanza bene sotto il profilo quantitativo.

clima temperato caldo: domina il Campidano centrale e la Valle del Tirso. La temperatura media annua che vi si riscontra non scende al di sotto di 15°C, quella del mese più freddo è compresa fra 6,5° e 10°C; in almeno tre mesi la temperatura media non scende al di sotto di 20°C. Le piogge

annue non superano gli 800 mm..

Fattori umani rilevanti per il legame.

Il “Girò” secondo il Mameli, apparterebbe al gruppo dei vitigni importati dagli Spagnoli nel periodo della loro dominazione in Sardegna.

Il vitigno comunque dovette senza dubbio notevolmente diffondersi nell’Isola dopo il passaggio all’Amministrazione piemontese, a seguito della saggia politica viticola attuata (1736) dal viceré Marchese di Rivarolo, il quale rese obbligatoria la coltura del vigneto in alcune località persino con

la minaccia della confisca delle terre.

Conferma tale tesi nel suo “Rifiorimento della Sardegna” Francesco Gemelli, professore all’Università di Sassari, il quale nell’anno 1776 cita il Girò di Cagliari “tra i più prestanti vini della Sardegna”.

In Sardegna anche il Girò, agli inizi del secolo scorso, venne colpito dalla fillossera che falcidiò i vigneti sardi, i quali avevano registrato alla fine dell’ottocento la loro massima espansione, ma si riprese successivamente con l’avvento delle nuove tecniche di coltivazione della vite innestata su

piede americano.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.

Il vino a DOC “Girò di Cagliari” si ottiene dal vitigno Girò. Il disciplinare di produzione prevede le tipologie rosso e liquoroso, le cui caratteristiche tecniche ed organolettiche sono descritte all’articolo sei del disciplinare di produzione.

La qualità e le caratteristiche organolettiche del vino sono il risultato della coltivazione della vite sui caratteristici terreni della zona di produzione, in cui essa cresce fiancheggiata dalle diverse essenze della macchia mediterranea che spontaneamente crescono nella zona geografica di

coltivazione.

L’ambiente geografico della zona di produzione, nelle sue molteplici diversità, si rispecchia nelle caratteristiche del vino nelle sue diverse tipologie producibili.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Il vitigno “Girò” è presente in diverse zone dell’area delimitata, pur se non su grandi superfici.

Questo vino, in relazione alla interazione causale tra gli elementi pedoclimatici naturali, la storicità e tradizionalità della coltivazione e della produzione enologica, ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata già nel 1972.

La varietà di vite Girò gode di particolare protezione ai sensi dell’articolo 118 ter, paragrafo 2 del Reg. CE n. 1234/2007, dell’articolo 19, paragrafo 3 del Regolamento 607/2009 e dell’articolo 6 del Decreto Ministeriale 23 dicembre 2009, in quanto esclusiva e distintiva per la DOC “Girò di

Cagliari”.

La complessa storia vitivinicola dell’area geografica delimitata, conferma la stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Girò di Cagliari”.

La notorietà di questo vino è documentata da numerose citazioni storiche, che di fatto rappresentano la testimonianza di come l’intervento dell’uomo abbia nel corso dei secoli tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali rinomati vini.

La storia più recente è infatti caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione e dall'accresciuta professionalità degli operatori che hanno contribuito ad elevare il livello qualitativo e la notorietà del “Girò di Cagliari”.

 

Articolo 9

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

ValorItalia S.r.l

Via Piave 24 – 00187 Roma

Tel 06.45437975 – Fax 06.45438908 06.44249965

E-mail: info@valoritalia.it

ValorItalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente

all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato

articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

VIGNETI GONNOSFANADIGA

VIGNETI GONNOSFANADIGA

NASCO DI CAGLIARI

D.O.C.

D.P.R. 2 giugno1972

Modifica Decreto 30 marzo2001

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata "Nasco di Cagliari" è riservata al vino che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

Il vino "Nasco di Cagliari" deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti composti dal vitigno

Nasco al 100%;

è consentita, per favorire l'impollinazione, la presenza nei vigneti di non più del 5% di vitigni diversi idonei alla coltivazione per la regione Sardegna, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, purché le uve da essi provenienti non siano utilizzate nella preparazione dei vini di cui al presente disciplinare e la superficie da essi coperta sia detratta agli effetti del computo della resa di cui al successivo articolo 4.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve destinate ad ottenere i vini a denominazione di origine controllata “Nasco di Cagliari”, comprende l'intero territorio amministrativo, nelle rispettive province, dei seguenti comuni:

 

Provincia di Cagliari:

Armungia, Assemini, Ballao, Barrali, Burcei, Cagliari, Capoterra, Castiadas, Decimomannu, Decimoputzu, Dolianova, Domus De Maria, Donorì, Elmas, Gesico, Goni, Guamaggiore, Guasila, Mandas, Maracalagonis, Monastir, Monserrato, Muravera, Nuraminis, Ortacesus, Pimentel, Pula, Quartu Sant'Elena, Quartucciu, Samatzai, San Basilio, San Nicolò Gerrei, San Sperate, San Vito, Sant'Andrea Frius, Sarroch, Selargius, Selegas, Senorbì, Serdiana, Sestu, Settimo San Pietro, Siliqua, Silius, Sinnai, Siurgus Donigala, Soleminis, Suelli, Teulada, Ussana, Uta, Vallermosa, Villa San Pietro, Villaputzu, Villasalto, Villasimius, Villasor, Villaspeciosa.

 

Provincia Carbonia Iglesias:

Buggerru, Calasetta, Carbonia, Carloforte, Domusnovas, Fluminimaggiore, Giba, Gonnesa, Iglesias,

Masainas, Musei, Narcao, Nuxis, Perdaxius, Piscinas, Portoscuso, San Giovanni Suergiu, Santadi,

Sant'Anna Arresi, Sant'Antioco, Tratalias, Villamassargia, Villaperuccio.

 

Provincia Medio Campidano:

Arbus, Barumini, Collinas, Furtei, Genuri, Gesturi, Gonnosfanadiga, Guspini, Las Plassas, Lunamatrona, Pabillonis, Pauli Arbarei, Samassi, San Gavino Monreale, Sanluri, Sardara, Segariu, Serramanna, Serrenti, Setzu, Siddi, Tuili, Turri, Ussaramanna, Villacidro, Villamar, Villanovaforru, Villanovafranca.

 

Provincia di Oristano:

Abbasanta, Aidomaggiore, Albagiara, Ales, Allai, Arborea, Ardauli, Assolo, Asuni, Baradili, Baratili San Pietro, Baressa, Bauladu, Bidonì, Bonarcado Boroneddu, Busachi, Cabras, Fordongianus, Ghilarza, Gonnoscodina, Gonnosnò, Gonnostramatza, Marrubiu, Masullas, Milis, Mogorella, Mogoro, Morgongiori, Narbolia, Neoneli, Norbello, Nughedu Santa Vittoria, Nurachi, Nureci, Ollastra Simaxis, Oristano, Palmas Arborea, Pau, Paulilatino, Pompu, Riola Sardo, Ruinas, Samugheo, San Nicolò d'Arcidano, San Vero Milis, Santa Giusta, Santu Lussurgiu, Sedilo, Seneghe, Senis, Sennariolo, Siamaggiore, Siamanna, Siapiccia, Simala, Simaxis, Sini, Siris, Solarussa, Sorradile, Tadasuni, Terralba, Tramatza, Ulà Tirso, Uras, Usellus, Villa Sant'Antonio, Villa Verde, Villanova Truschedu, Villaurbana, Zeddiani, Zerfaliu.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino "Nasco di Cagliari" devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve e al vino le specifiche caratteristiche di qualità. Sono pertanto da considerarsi esclusi i terreni freschi, male esposti e quelli di debole spessore derivanti da rocce compatte, le dune attuali, i terreni salsi, quelli derivati da alluvioni recenti interessati dalla falda freatica ed infine i terreni situati oltre i 400 metri s.l.m.

I sesti di impianto, le forme di allevamento e i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino "Nasco di Cagliari" non deve essere superiore a

10,00 t/ha di coltura specializzata.

Fermo restando il limite sopra indicato la resa per ettaro in coltura promiscua deve essere calcolata, rispetto a quella specializzata, in rapporto all'effettiva superficie coperta dalla vite.

A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso una accurata cernita delle uve, purché la produzione non superi del 20% il limite medesimo.

La resa massima delle uve in vino non deve essere superiore al 65%.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

Le operazioni di vinificazione, nonché quelle di invecchiamento obbligatorio e di preparazione dei vini devono essere effettuate nell'interno della zona di produzione di cui all'articolo 3.

Nelle operazioni di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

E' vietato aumentare la gradazione alcolica complessiva del prodotto mediante concentrazione del mosto o del vino base, o impiego di mosti o di vini che siano stati oggetto di concentrazione.

Per la preparazione dei tipi liquorosi è consentita l'aggiunta di alcol di origine viticola al mosto o al vino di base.

Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vino

un titolo alcolometrico naturale minimo di 13,00% vol.

E' consentito un leggero appassimento delle uve sulla pianta o su stuoie.

Il vino "Nasco di Cagliari" non può essere immesso al consumo prima del

1° luglio successivo all'annata di produzione delle uve.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini "Nasco di Cagliari" all'atto dell'immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche:

 

"Nasco di Cagliari":

colore: dal giallo paglierino al giallo dorato;

profumo: fine, delicato;

sapore: gradevole, caratteristico, dal secco al dolce;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,50% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Nasco di Cagliari" liquoroso:

colore: dal giallo paglierino all’ambrato;

profumo: intenso, etereo, con sentore di frutta matura

sapore: gradevole, dal secco al dolce

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 17,50% vol.;

acidità totale minima: 3,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Nasco di Cagliari" liquoroso riserva:

colore: dal giallo paglierino all’ambrato;

profumo: intenso, etereo, con sentore di frutta matura

sapore: gradevole, dal secco al dolce

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 17,50% vol.;

acidità totale minima: 3,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

E' in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, di modificare i limiti sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

I vini "Nasco di Cagliari" liquorosi, qualora siano sottoposti ad un periodo di invecchiamento di almeno

due anni

di cui uno in botti di rovere o di castagno,

possono portare in etichetta la menzione "riserva".

Il periodo di invecchiamento decorre dalla data di alcolizzazione del vino.

E' consentito fare precedere alla denominazione di cui all'art. 1, il nome geografico «SARDEGNA», così come previsto dal decreto ministeriale 30 marzo 2001.

Alla denominazione di cui all'articolo 1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi "extra", "superiore", "fine", "scelto", "selezionato" e similari.

E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l'acquirente.

I vini "Nasco di Cagliari" devono indicare in etichetta, ad eccezione della tipologia liquoroso, l'annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame.

Il vino a DOC “Nasco di Cagliari”, ottenuto dal vitigno di grande pregio e rara finezza denominato Nasco, si produce da epoche remote nella zona di produzione oggi ricadente in tutto o in parte nelle province di Cagliari, Medio Campidano, Carbonia-Iglesias e Oristano, così come specificato all’articolo tre del disciplinare di produzione. È un vino che tuttora compare tra la gamma dei più vecchi e rinomati vini dell’Isola.

La zona di produzione della DOC Nasco di Cagliari è assai complessa e variegata dal punto di vista geologico, pedologico e degli ecosistemi correlati. La zona ha origini antiche che risalgono al paleozoico, era geologica in cui si è formato il nucleo granitico metamorfico della zolla sardo corsa.

Questo insieme di rocce affiora ora in gran parte dell’isola risagomato al mutare del tempo dalle forze tettoniche e dai processi morfologici in rilievi arrotondati, altopiani peneplanati, valli ampie o incassate e coste frastagliate o lineari. Il paesaggio può presentarsi molto vario da morbido ad aspro in funzione della natura dei substrati e della vegetazione presente e passando da cime elevate a linee di costa.

Nel mesozoico su questo nucleo il mare ha deposto strati carbonatico dolomitici, poi emersi ed erosi a formare aspri paesaggi che caratterizzano la sommità dei rilievi nella Sardegna centro orientale ma visibili anche nel Sulcis.

Nel terziario la zolla sardo corsa si distacca da quella europea e ruota nel mediterraneo sino alla posizione attuale. Durante questa migrazione nella zolla si creano fratture profonde da cui fuoriescono magmi vulcanici, il mare penetra a più riprese nelle depressioni dell’entroterra accumulando sedimenti marini alternati ai magmi e a detriti provenienti dallo smantellamento dei rilievi preesistenti.

Nel pliopleistocene si mettono in posto le ultime colate basaltiche del vulcanismo sardo. Con questa genesi si formano i complessi stratigrafici vulcanico sedimentari che costituiscono buona parte della Sardegna occidentale e centro meridionale, fra cui le zone dell’Arburese, Marmilla, Trexenta, Parteolla e Sulcis.

Nel quaternario il mare si ritira e i processi erosivi accentuati dalla oscillazioni climatiche dei periodi glaciali e interglaciali, erodono i substrati e ridepongono detriti, modellando il paesaggio così come oggi lo vediamo, si plasmano così la grande pianura del Campidano, le piane minori ubiquitarie nell’isola, le zone lagunari e dunari costiere.

I suoli sardi ricadenti nell’area geografica di coltivazione del Nasco di Cagliari riflettono questa complessità e pertanto sono estremamente vari come genesi, caratteristiche, proprietà e distribuzione.

Per grandi raggruppamenti si trovano entisuoli a profilo A-C sulle convessità o sugli altopiani dei rilievi, o laddove il suolo è ancora poco evoluto. Dove i substrati sono più teneri e le forme consentono un maggiore accumulo evolvono inceptisuoli a profilo A-Bw-C.; sulle vulcaniti sotto foresta si possono trovare andosuoli.

Sulle colline marnoso-arenacee oligomioceniche (terziario) sono caratteristiche le toposequenze di suoli in “catena”, con la successione Entisuoli-Inceptisuoli-Vertisuoli, mentre sulle formazioni carbonatiche coeve a morfologia più movimentata è riscontrabile la successione Entisuoli litici-Inceptisuoli calcici-Inceptisuoli tipici.

Nelle formazioni detritiche quaternarie: alluvioni, glacis, colluvi etc., pianeggianti o leggermente ondulate, i suoli hanno un grado di evoluzione maggiore e si trovano oltre ad inceptisuoli e vertisuoli, alfisuoli a profilo A-Bt-C anche molto evoluti con accumuli di argille, ferro, ossidi, carbonati, e orizzonti petrocalcici, fino a veri e propri ultisuoli sui

depositi più antichi e stabili. Il regime di umidità del suolo è quasi sempre xerico. Lungo le coste e nelle aree depresse e idromorfe si trovano salorthid, psamments ed entisuoli acquici.

In relazione ai vari fattori climatici della zona di produzione si riscontrano i seguenti tipi di clima:

clima sub-tropicale: investe tutta la fascia meridionale dell’Isola, che parte da Fontanamare nel Sulcis, comprende Cagliari ed il suo Campidano, le isole di S. Pietro e di S. Antioco, per giungere a Muravera nel Sarrabus.

In tale zona, le precipitazioni annue sono inferiori a 700 mm., la temperatura media annua è superiore a 17°C, quella del mese più freddo non scende mai al di sotto di 10°C e vi sono almeno quattro mesi con temperatura media superiore a 20°C. Nelle zone con questo clima, la vite prospera e produce abbastanza bene sotto il profilo quantitativo.

clima temperato caldo: domina il Campidano centrale e la Valle del Tirso.

La temperatura media annua che vi si riscontra non scende al di sotto di 15°C, quella del mese più freddo è compresa fra 6,5° e 10°C; in almeno tre mesi la temperatura media non scende al di sotto di 20°C.

Le piogge annue non superano gli 800 mm..

Fattori umani rilevanti per il legame.

Il “Nasco” è fra i vitigni più anticamente coltivati in Sardegna. Il suo nome, che in origine era “Nascu”, deriverebbe a sua volta dal latino “Muscus” avente il significato di “muschio” e dal quale la parola vernacola sarda “Nuscu” sarebbe una corruzione.

Tale tesi sarebbe confermata dal leggero aroma che gli esperti sentono nell’uva un po’ appassita ed anche dal profumo di fiori di prato appena sbocciati percepito dai degustatori del vino.

Secondo i più noti autori l’origine del vino sarebbe ignota; si dovrebbe pertanto concludere che esso costituisce un ecotipo, cioè una varietà originatasi in loco in tempi remoti.

Come tale, senza dubbio il Nasco si ritiene abbia dovuto seguire attraverso i secoli le alterne vicende della viticoltura sarda almeno dal tempo dei Giudicati (sec. XV) fino ai nostri giorni.

Ed il vitigno omonimo doveva essere di certo abbondantemente presente nei vigneti sardi all’epoca della massima espansione viticola, toccata alla fine dell’ottocento, se il Nasco era presente all’Esposizione Universale di Vienna del 1873 come valido rappresentante dei vini tipici della Sardegna e se nelle “Notes sur l’Industrie et le Commerce du vin en Italie” Roma 1889 della Societé Generale des Viticulteurs Italiens a Rome, troviamo citato il “Nasco” tra i più rinomati vini speciali che dall’antichità hanno contribuito a rendere celebre la produzione vinicola di Sardegna.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.

Il vino Nasco di Cagliari presenta dal punto di vista analitico caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Il vino può presentarsi con un elegantissimo e caldo colore di ambra e topazio, la consistenza spessa, i profumi straordinariamente intensi e avvolgenti di miele, frutta stramatura, datteri, fichi, arancia candita con finale di assolate essenze di macchia mediterranea e muschio.

Al palato è denso, dolce e vellutato.

Il Nasco di Cagliari secondo lo studioso Sante Cettolini ha il diritto di essere il re dei vini liquorosi nei quali il profumo, insito nel vitigno, è legato alle reazioni chimiche che avvengono fra i componenti del vino.

Anche il Pettini, capocuoco di Vittorio Emanuele III, ebbe a dire: “Il Nasco è il vero, l’unico vino liquoroso per signore aristocratiche; il suo posto d’onore è nei ricevimenti di giorno e nei trattenimenti danzanti.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Il vitigno Nasco è ancora allevato in prevalenza con il classico alberello latino, la sua coltivazione è oggi prevalentemente diffusa nei terreni calcarei ed assolati situati nell’entroterra del litorale cagliaritano e nel Basso Sulcis.

In relazione alla interazione causale tra gli elementi pedoclimatici naturali e la storicità e tradizionalità della coltivazione e della produzione enologica, il vino Nasco di Cagliari ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata già nel 1972.

La varietà di vite Nasco gode di particolare protezione ai sensi dell’articolo 118 ter, paragrafo 2 del Reg. CE n. 1234/2007, dell’articolo 19, paragrafo 3 del Regolamento 607/2009 e dell’articolo 6 del Decreto Ministeriale 23 dicembre 2009, in quanto esclusiva e distintiva per la DOC “Nasco di Cagliari”.

La complessa storia vitivinicola dell’area geografica delimitata, conferma la stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Nasco di Cagliari”.

La notorietà di questo vino è documentata da numerose citazioni storiche, che di fatto rappresentano la testimonianza di come l’intervento dell’uomo abbia nel corso dei secoli tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali rinomati vini.

La storia più recente è infatti caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione e dall'accresciuta professionalità degli operatori che hanno contribuito ad elevare il livello qualitativo e la notorietà del “Nasco di Cagliari”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

ValorItalia S.r.l

Via Piave 24

00187 Roma

Tel 06.45437975 – Fax 06.45438908 06.44249965

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ValorItalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

VIGNETI MURAVERA

VIGNETI MURAVERA

 

NURAGUS DI CAGLIARI

D.O.C.
Decreto 4 novembre 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

1. La denominazione di origine controllata "Nuragus di  Cagliari" è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed  ai  requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione,  per  le  seguenti tipologie:

 

"Nuragus di Cagliari"

"Nuragus di Cagliari" frizzante.

 

Articolo 2

Base ampelografia

 

1. I vini a denominazione  di  origine  controllata  "Nuragus  di Cagliari" devono essere ottenuti dalle uve  provenienti  dai  vigneti aventi,   nell'ambito    aziendale,    la    seguente    composizione ampelografica:

Nuragus: minimo 85%;

possono  concorrere  altri  vitigni  a  bacca  bianca   idonei   alla coltivazione nella Regione Sardegna presenti nei vigneti sino  ad  un massimo del 15% idonei alla  coltivazione  nella  regione  Sardegna, iscritti nel registro nazionale delle varietà di  vite  per  uve  da vino approvato con D.M. 7  maggio  2004,  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre 2004, da ultimo aggiornato  con  D.M. 22 aprile 2011.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

1. Le uve destinate alla produzione  dei  vini  DOC  "Nuragus  di Cagliari", devono  essere  prodotti  nella  zona  di  produzione  che comprende l'intero  territorio  amministrativo  dei  seguenti  comuni nelle rispettive province:

 

Provincia di Cagliari:

Armungia,  Assemini,  Ballao,  Barrali,   Burcei,   Cagliari, Capoterra, Castiadas, Decimomannu, Decimoputzu, Dolianova,  Domus  De Maria, Donorì, Elmas, Escolca, Gergei,  Gesico,  Goni,  Guamaggiore,

Guasila,  Isili,   Mandas,   Maracalagonis,   Monastir,   Monserrato, Muravera, Nuraminis, Orroli,  Ortacesus,  Nuragus,  Nurallao,  Nurri, Pimentel, Pula, Quartu Sant'Elena, Quartucciu, Samatzai, San Basilio, San  Nicolò  Gerrei,  San  Sperate,  San  Vito,  Sant'Andrea  Frius, Sarroch,  Selargius,  Selegas,  Senorbì,  Serdiana,  Serri,   Sestu, Settimo  San  Pietro,  Siliqua,  Silius,  Sinnai,  Siurgus  Donigala, Soleminis,  Suelli,  Teulada,  Ussana,  Uta,  Vallermosa,  Villa  San Pietro, Villaputzu, Villasalto, Villasimius, Villasor, Villaspeciosa.

 

Provincia Carbonia Iglesias:

Buggerru,  Calasetta, Carbonia, Carloforte, Domusnovas, Fluminimaggiore, Giba, Gonnesa, Iglesias,  Masainas,  Musei,  Narcao, Nuxis,  Perdaxius,  Piscinas,  Portoscuso,  San   Giovanni   Suergiu, Santadi, Sant'Anna Arresi, Sant'Antioco,  Tratalias,  Villamassargia, Villaperuccio.

 

Provincia Medio Campidano

Arbus, Barumini, Collinas, Furtei, Genuri, Gesturi, Gonnosfanadiga, Guspini, Las Plassas, Lunamatrona, Pabillonis, Pauli Arbarei, Samassi, San Gavino  Monreale,  Sanluri,  Sardara,  Segariu, Serramanna,  Serrenti, Setzu, Siddi, Tuili,Turri, Ussaramanna, Villacidro, Villamar, Villanovaforru, Villanovafranca.

     

Provincia di Oristano:

Abbasanta, Aidomaggiore,  Albagiara,  Ales,  Allai,  Arborea, Ardauli, Assolo,  Asuni,  Baradili,  Baratili  San  Pietro,  Baressa, Bauladu, Bidonì, Bonarcado Boroneddu, Busachi, Cabras, Fordongianus, Genoni, Ghilarza, Gonnoscodina, Gonnosno', Gonnostramatza,  Marrubiu, Masullas, Milis, Mogorella, Mogoro, Morgongiori,  Narbolia,  Neoneli, Norbello, Nughedu Santa Vittoria, Nurachi, Nureci, Ollastra  Simaxis, Oristano, Palmas  Arborea,  Pau,  Paulilatino,  Pompu,  Riola  Sardo, Ruinas, Samugheo, San  Nicolò  d'Arcidano,  San  Vero  Milis,  Santa Giusta,  Santu  Lussurgiu,  Sedilo,   Seneghe,   Senis,   Sennariolo, Siamaggiore,  Siamanna,  Siapiccia,  Simala,  Simaxis,  Sini,  Siris, Solarussa, Sorradile, Tadasuni, Terralba, Tramatza, Ula' Tirso, Uras, Usellus,  Villa  Sant'Antonio,  Villa  Verde,  Villanova Truschedu, Villaurbana, Zeddiani, Zerfaliu.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1. Le condizioni ambientali e di coltura  dei  vigneti  destinati alla produzione dei vini di  cui  all'art.  1  devono  essere  quelle tradizionali della zona e atte a conferire alle uve  ed  ai  vini  le specifiche caratteristiche di qualita'.

I sesti di impianto, le forme di  allevamento  ed  i  sistemi  di potatura devono essere tali da consentire l'ottenimento di uve e vini aventi le caratteristiche stabilite dal presente disciplinare.

E' vietata ogni pratica di forzatura.

E' consentita l'irrigazione di soccorso.

2. I nuovi impianti ed i reimpianti devono prevedere un minimo di 3.500 ceppi per ettaro.

3. Le rese massime di uva  per  ettaro  di  vigneto  e  i  titoli alcolometrici volumici naturali minimi delle rispettive uve destinate alla vinificazione dei vini di cui all'articolo 1, sono i seguenti:

 

"Nuragus di Cagliari": 16,00 t/ha, 10,00% vol.;

"Nuragus di Cagliari" frizzante: 16,00 t/ha, 9,00% vol.

 

Eventuali eccedenze di produzione, nel limite  massimo  del  20%, non avranno diritto alla DOC .

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1.  Le  operazioni  di  vinificazione  devono  essere  effettuate  all'interno  della  zona  di  produzione  delimitata  nel  precedente articolo 3.

E' tuttavia consentito che le operazioni  di  elaborazione  della tipologia  frizzante  siano  effettuate  all'interno  della   regione Sardegna.

2.  Nella  vinificazione  sono  ammesse  soltanto   le   pratiche enologiche  leali,  costanti  e  tradizionali  della  zona,  atte   a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

3. La resa massima dell'uva in vino DOC pronto  per  il  consumo, non deve essere superiore al 70%.

Qualora detta  resa  superi  questo limite, ma non l'80%, l'eccedenza non avrà diritto alla DOC.

Oltre  la  resa  dell'80%   decade   il   diritto   a   qualsiasi denominazione, sia essa DOC o IGT, per tutto il prodotto.

4. E' consentita la correzione dei mosti  e/o  dei  vini  di  cui all'articolo 1 nei limiti stabiliti  dalle  normative  comunitarie  e nazionali.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

1.I vini di cui all'articolo  1,  all'atto  della  immissione  al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

"Nuragus di Cagliari":

colore: dal giallo paglierino tenue  a  giallo  paglierino, con leggeri riflessi verdognoli;

profumo: caratteristico, delicato e gradevole;

sapore: dal secco all'amabile, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

     

"Nuragus di Cagliari"frizzante:

spuma: fine ed evanescente

colore: paglierino tenue,  talvolta  con  leggeri  riflessi verdognoli;

profumo: vinoso, gradevole;

sapore:  dal  secco  all'amabile,  armonico,   leggermente acidulo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

1. Alla denominazione di cui all'articolo 1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione,  ivi  compresi  gli  aggettivi  "extra", "fine", "scelto", "selezionato", "vecchio" e similari.

2.  E'  consentito  fare  precedere  alla  denominazione  di  cui all'articolo 1, il nome geografico "Sardegna",  così  come  previsto dal Decreto Ministeriale 30 marzo 2001.

3. E' consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento  a nomi  o  ragioni  sociali  o  marchi  privati,  purché  non  abbiano significato  laudativo  e  non  siano  tali  da  trarre  in   inganno l'acquirente.

4. Con l'esclusione della  tipologia  frizzante  è  obbligatoria l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

1. E' consentito secondo le normative vigenti il  confezionamento in  contenitori  alternativi  al  vetro  costituiti  da  un  otre  di materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere  racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido  di  capacità non inferiore a due litri.

 

 Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) – Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame.

Il Nuragus di Cagliari si produce come bianco da pasto ed anche apprezzato vino da pesce nella zona di produzione oggi ricadente in tutto o in parte nelle province di Cagliari, Medio Campidano, Carbonia-Iglesias e Oristano, così come specificato all’articolo tre del disciplinare di produzione.

È un vino che tuttora compare tra la gamma dei più vecchi e rinomati vini dell’Isola.

La zona di produzione della DOC Nuragus di Cagliari è assai complessa e variegata dal punto di vista geologico, pedologico e degli ecosistemi correlati.

La zona ha origini antiche che risalgono al paleozoico, era geologica in cui si è formato il nucleo granitico metamorfico della zolla sardo corsa.

Questo insieme di rocce affiora ora in gran parte dell’isola risagomato al mutare del tempo dalle forze tettoniche e dai processi morfologici in rilievi arrotondati, altopiani peneplanati, valli ampie o incassate e coste frastagliate o lineari. Il paesaggio può presentarsi molto vario da morbido ad aspro in funzione della natura dei substrati e della vegetazione presente e passando da cime elevate a linee di costa.

Nel mesozoico su questo nucleo il mare ha deposto strati carbonatico dolomitici, poi emersi ed erosi a formare aspri paesaggi che caratterizzano la sommità dei rilievi nella Sardegna centro orientale ma visibili anche nel Sulcis.

Nel terziario la zolla sardo corsa si distacca da quella europea e ruota nel mediterraneo sino alla posizione attuale. Durante questa migrazione nella zolla si creano fratture profonde da cui fuoriescono magmi vulcanici, il mare penetra a più riprese nelle depressioni dell’entroterra accumulando sedimenti marini alternati ai magmi e a detriti provenienti dallo smantellamento dei rilievi preesistenti.

Nel pliopleistocene si mettono in posto le ultime colate basaltiche del vulcanismo sardo. Con questa genesi si formano i complessi stratigrafici vulcanico sedimentari che costituiscono buona parte della Sardegna occidentale e centro meridionale, fra cui le zone dell’Arburese, Marmilla, Trexenta, Parteolla e Sulcis.

Nel quaternario il mare si ritira e i processi erosivi accentuati dalla oscillazioni climatiche dei periodi glaciali e interglaciali, erodono i substrati e ridepongono detriti, modellando il paesaggio così come oggi lo vediamo, si plasmano così la grande pianura del Campidano, le piane minori ubiquitarie nell’isola, le zone lagunari e dunari costiere.

I suoli sardi ricadenti nell’area geografica di coltivazione del Nasco di Cagliari riflettono questa complessità e pertanto sono estremamente vari come genesi, caratteristiche, proprietà e distribuzione. Per grandi raggruppamenti si trovano entisuoli a profilo A-C sulle convessità o sugli altopiani dei rilievi, o laddove il suolo è ancora poco evoluto.

Dove i substrati sono più teneri e le forme consentono un maggiore accumulo evolvono inceptisuoli a profilo A-Bw-C.; sulle vulcaniti sotto foresta si possono trovare andosuoli.

Sulle colline marnoso-arenacee oligomioceniche (terziario) sono caratteristiche le toposequenze di suoli in “catena”, con la successione Entisuoli-Inceptisuoli-Vertisuoli, mentre sulle formazioni carbonatiche coeve a morfologia più movimentata è riscontrabile la successione Entisuoli litici-Inceptisuoli calcici-Inceptisuoli tipici.

Nelle formazioni detritiche quaternarie: alluvioni, glacis, colluvi etc., pianeggianti o leggermente ondulate, i suoli hanno un grado di evoluzione maggiore e si trovano oltre ad inceptisuoli e vertisuoli, alfisuoli a profilo A-Bt-C anche molto evoluti con accumuli di argille, ferro, ossidi, carbonati, e orizzonti petrocalcici, fino a veri e propri ultisuoli sui

depositi più antichi e stabili. Il regime di umidità del suolo è quasi sempre xerico.

Lungo le coste e nelle aree depresse e idromorfe si trovano salorthid, psamments ed entisuoli acquici.

In relazione ai vari fattori climatici della zona di produzione si riscontrano i seguenti tipi di clima:

clima sub-tropicale: investe tutta la fascia meridionale dell’Isola, che parte da Fontanamare nel Sulcis, comprende Cagliari ed il suo Campidano, le isole di S. Pietro e di S. Antioco, per giungere a Muravera nel Sarrabus. In tale zona, le precipitazioni annue sono inferiori a 700 mm., la temperatura media annua è superiore a 17°C, quella del mese più freddo non scende mai al di sotto di 10°C e vi sono almeno quattro mesi con temperatura media superiore a 20°C. Nelle zone con questo clima, la vite prospera e produce abbastanza bene sotto il profilo quantitativo.

clima temperato caldo: domina il Campidano centrale e la Valle del Tirso.

La temperatura media annua che vi si riscontra non scende al di sotto di 15°C, quella del mese più freddo è compresa fra 6,5° e 10°C; in almeno tre mesi la temperatura media non scende al di sotto di 20°C. Le piogge annue non superano gli 800 mm..

Fattori umani rilevanti per il legame.

Non è facile poter stabilire con esattezza l’origine del vitigno che produce il vino “Nuragus di Cagliari” nonché quella del nome che l’accompagna.

Sembra comunque abbastanza attendibile l’ipotesi che detto vitigno, coltivato da epoche remotissime, sia stato importato dai navigatori fenici, i quali furono i primi a solcare il Mediterraneo nonché a toccare l’Isola, e che il nome “Nuragus” sia derivato dalle preistoriche costruzioni, i ”Nuraghi”, frutto della civiltà protosarda e delle cui vestigia tuttora la Sardegna è abbondantemente cosparsa.

Quanto sopra è suffragato dalle opinioni espresse dagli Autori Sante Cettolini, Luigi Mameli, Pier Giovanni Garoglio, Bruno Bruni, Michele Vitagliano, che in tutte le epoche hanno trattato tale argomento.

D’altra parte, è unanimemente risaputo che la forma del grappolo dell’uva Nuragus, il quale per lo più si presenta tronco-conico e spesso anche alato, assomiglia molto alle varie forme dei Nuraghi, tuttora presenti nell’Isola.

Si aggiunga poi l’altra constatazione, rilevata anche da qualche autore che il grappolo ben maturo di uva Nuragus, quando è esposto ad intense radiazioni solari, presenta acidi di colore rosso fuoco (acinis rubellis) e che “nur” nell’antica lingua fenicia ha proprio il significato di fuoco.

Si tende invece ad escludere che il nome del vitigno sia derivato dal piccolo centro abitato di Nuragus, in quanto il vitigno è tra l’altro conosciuto in quella zona con diversa denominazione.

E’ più verosimile invece che sia stato quel paese come del resto molti altri centri dell’Isola a prendere il nome dall’esistenza in loco di un vistoso nuraghe.

Il Nuragus ha seguito attraverso i secoli le alterne vicende della viticoltura sarda, dalle menzionate epoche remote fino ai nostri giorni.

Il vitigno si diffuse nell’Isola nel periodo dell’Amministrazione piemontese, a seguito della politica viticola attuata dal viceré, il marchese di Rivarolo, che a partire dal 1736 favorì la diffusione della viticoltura nell’Isola, rendendola obbligatoria nei terreni ritenuti idonei alla vite e rimettendo in vigore integralmente le norme della Carta de Logu di Eleonora d'Arborea emanata nel 1392 e rimasta in vigore fino al 1827, durante il regno di Carlo Felice.

Anche il Nuragus, a cavallo dei secoli XIX e XX, fu colpito dalla fillossera della vite che falcidiò anche i vigneti sardi, i quali nel complesso avevano registrato alla fine dell’ottocento la loro massima espansione.

La ripresa nell’Isola della viticoltura su piede americano, non solo ridette al Nuragus l’importanza del passato, ma lo fece successivamente risultare come il vitigno largamente il più rappresentato in tutti i vigneti del Centro-Sud della Sardegna.

Dalla fine degli anni 80 e nei primi anni 90, l'estirpazione e la riconversione dei vigneti, ha modificato la percentuale del vitigno Nuragus in Sardegna, anche se lo stesso è ancora ampiamente rappresentato.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o

esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.

Il vino Nuragus di Cagliari presenta dal punto di vista analitico ed organolettico caratteristiche che lo rendono un ottimo vino da tavola, non molto alcoolico, di colore giallo paglierino tenue, talvolta con leggero riflesso verdolino, di sapore asciutto o leggermente amabile, leggermente acidulo, sapido, armonico, gradevole di buona beva. Profumo lievemente vinoso e gradevole.

Tali caratteristiche si presumono derivate da motivi che possono ascriversi all'adattabilità del vitigno alla diversa natura dei terreni, alle forme di allevamento mediamente espanse ed ai nuovi sistemi di potatura, quindi, per riassumere all'adozione di aggiornate tecniche d’impianto e di allevamento, in coerenza con la tradizionalità della produzione.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Le ragioni del primato raggiunto dal Nuragus tra le uve da vino, coltivate in Sardegna, dopo la ripresa post-fillosserica, unitamente alla volontà con la quale i viticoltori sardi si impegnarono nel darne massiccia diffusione nei nuovi impianti, vanno ricercate nella rusticità del vitigno, nell’adattabilità ad ogni tipo di terreno e soprattutto nella sua abbondantissima fruttificazione.

Allo stato attuale, a seguito della costante e capillare azione di promozione ed applicazione tecnica, esistono in tutte le zone vocate aziende dotate di razionali e moderni impianti con vitigno Nuragus, realizzato con nuove forme di allevamento razionali, con il graduale abbandono del tradizionale alberello.

L'adozione di nuove tecniche consentirono ad un vitigno tradizionale come il Nuragus di uscirne trasformato nella struttura, sicuramente più raffinato.

Sono state le nuove acquisizioni nella tecnica agronomica a determinare un vero capovolgimento delle vecchie e statiche situazioni in campo viticolo, ed in primo luogo per quanto riguarda i vigneti a Nuragus.

Tutto ciò comportò un crescente interesse manifestato dai mercati sia isolani che extra isolani per le produzioni di Nuragus di Cagliari, anche nelle tipologie “frizzante” e “spumante”.

Il pregio e la qualità dei prodotti è la risultanza della vocazione ambientale e pedologica del territorio, ma anche dalla capacità dell’uomo che comportò l’estendersi degli impianti del Nuragus, conseguendo risultati ottimali in fatto di produzioni di qualità.

La coltivazione del Nuragus nell’Isola è così importante che già nel 1974 vi è stato il riconoscimento della denominazione d’origine controllata del vino “Cannonau di Sardegna”.

La varietà di vite Nuragus gode di particolare protezione ai sensi dell’articolo 118 ter, paragrafo 2 del Reg. CE n. 1234/2007, dell’articolo 19, paragrafo 3 del Regolamento 607/2009 e dell’articolo 6 del Decreto Ministeriale 23 dicembre 2009, in quanto esclusiva e distintiva per la DOC “Nuragus di Cagliari”.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

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00187 Roma

Tel 06.45437975 – Fax 06.45438908 06.44249965

E-mail: info@valoritalia.it

ValorItalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato

articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.