Emilia Romagna › BOLOGNA MODENA

COLLI BOLOGNESI PIGNOLETTO D.O.C.G.

COLLI BOLOGNESI D.O.C.

COLLI BOLOGNESI BOLOGNA D.O.C.

LAMBRUSCO DI SORBARA D.O.C.

LAMBRUSCO GRASPAROSSA DI CASTELVETRO D.O.C.

LAMBRUSCO SALAMINO DI SANTA CROCE D.O.C.

MODENA D.O.C.

PIGNOLETTO D.O.C.

RENO D.O.C.

VIGNETI SORBARA

VIGNETI SORBARA

 

COLLI BOLOGNESI PIGNOLETTO

D.O.C.G.
Decreto 8 novembre 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

Modifica Provvedimento 28 agosto 2014

Modifica Decreto 14 giugno 2016

 (fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata e garantita  «Colli Bolognesi Pignoletto» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti  stabiliti  nel  presente  disciplinare  di produzione per le seguenti tipologie:

 

“Colli Bolognesi Pignoletto” frizzante;

“Colli Bolognesi Pignoletto” spumante;

“Colli Bolognesi Pignoletto” superiore;

“Colli Bolognesi Pignoletto” superiore accompagnata dalla specificazione “Classico”.

 

2. La specificazione “Classico” è riservata al vino tranquillo “Colli Bolognesi Pignoletto” con menzione "superiore", ottenuto da uve raccolte nella tradizionale zona di origine più antica di cui all’art. 3, comma 2.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata e garantita «Colli Bolognesi Pignoletto» di cui all’articolo 1 devono essere ottenuti dalle uve e provenienti da vigneti costituiti 

Grechetto Gentile (localmente conosciuto con il nome Alionzina) minimo 85%

possono concorrere alla produzione di detti vini anche le uve di altri vitigni a bacca di colore analoga idonei alla coltivazione, non aromatici, nella regione Emilia-Romagna presenti nei vigneti in ambito aziendale, da soli  o  congiuntamente, fino a un massimo del 15%.

in tale ambito del 15% possono concorrere le uve dei vitigni Pinot nero e/o Pinot grigio vinificate in bianco.

2. Il vino “Colli Bolognesi Pignoletto” accompagnato dalla specificazione “Classico” deve essere ottenuto da uve e provenienti da vigneti costituiti

per almeno il 95% dal vitigno Grechetto gentile (localmente conosciuto con il nome Alionzina).

Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve di altri vitigni idonei alla coltivazione, non aromatici, nella Regione Emilia–Romagna presenti nei vigneti in ambito aziendale, da soli o congiuntamente, fino a un massimo del 5%.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

1) La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita «Colli Bolognesi Pignoletto» ricadente nell'ambito della zona di produzione della denominazione di origine controllata “Pignoletto”, comprende per intero il territorio amministrativo dei comuni di

 

- in provincia di Bologna,

l’intero territorio dei comuni di

Monteveglio, Castello di Serravalle, Monte San Pietro, Sasso Marconi, Savigno, Marzabotto, Pianoro

e quello situato in parte nei comuni di

Bazzano, Crespellano, Casalecchio di Reno, Bologna, S. Lazzaro di Savena, Zola Predosa e Monterenzio;

 

- in provincia di Modena

parte del territorio amministrativo del comune di Savignano sul Panaro.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo dalla località Olmetello, al km 100,600 della via Emilia (strada statale n. 9), il limite segue in direzione ovest tale strada fino a raggiungere il centro abitato di Bologna per costeggiarlo a sud e seguire in uscita verso ovest la strada statale n. 64.

Prosegue sempre verso ovest lungo tale strada e, raggiunto il centro abitato di Casalecchio di Reno, imbocca la strada statale n. 569 attraversando poi i centri abitati di Zola Predosa e Crespellano, giunto a Bazzano, in località Gabella abbandona la strada statale n. 569 ed imbocca via Castelfranco fino alla località Sabbionara per deviare verso sud per una laterale privata che partendo dalla via Castelfranco al numero civico 8, attraversa la zona artigianale sino al numero civico 104 e si immette di nuovo nella strada statale n. 569, che porta all’incrocio con il confine provinciale tra

Bologna e Modena e proseguendo sempre sulla statale n. 569 verso sud–ovest attraversa Doccia e giunto in prossimità del km 27.800 segue verso nord il fosso affluente del fiume Panaro fino alla confluenza, risale per breve tratto il Panaro verso ovest ed alla affluenza del rio Castiglione risale questo corso d’acqua in direzione sud sino ad incrociare il confine comunale di Savignano sul Panaro, prosegue lungo tale confine in direzione est fino ad incrociare quello della provincia di Bologna in prossimità di c.la Colomba. Segue quindi il confine provinciale tra Bologna e Modena in direzione sud ed in prossimità di Serra Bertone prosegue in direzione est per il confine meridionale di Savigno sino ad incrociare poi quello del comune di Marzabotto e quindi segue verso il confine meridionale di quest’ultimo comune fino a raggiungere quello di Sasso Marconi sulla galleria del M. Adone, prosegue lungo questa in direzione nord-est ed all’incrocio con quello di Pianoro, in prossimità di M. dei Frati, segue il confine di quest’ultimo in direzione est

raggiungendo quello di Monterenzio ed in prossimità di Quinzano segue verso nord-est il sentiero che passando per le quote 422 e 392 raggiunge la strada per borgo di Bisano in prossimità di Cà dei Maestri segue poi tale strada in direzione nord sino ad incrociare il confine comunale tra Monterenzio ed Ozzano Emilia, in prossimità di località S. Chierico, segue questo verso nord, raggiunge quello di S. Lazzaro in prossimità di San Salvatore di Casola e quindi lungo il confine di S. Lazzaro di Savena verso nord raggiunge la via Emilia (strada statale n. 9) da cui è iniziata la

delimitazione.

 

2. La zona di produzione delle uve per la produzione del vino della Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” superiore accompagnata dalla specificazione “Classico”, di cui all’art. 1, comma 2, comprende per intero il territorio amministrativo dei comuni di

Monte San Pietro e Monteveglio della provincia di Bologna

e in parte il territorio amministrativo dei comuni di

Sasso Marconi, Casalecchio di Reno, Zola Predosa, Crespellano, Bazzano, Castello di Serravalle

della provincia di Bologna  

Savignano sul Panaro della provincia di Modena.

 

Tale zona è così delimitata: partendo sulla s.s. n. 569 dal confine comunale tra Casalecchio di Reno e Zola Predosa segue verso ovest la stessa statale attraversando poi i centri abitati di Zola Predosa, Crespellano e Bazzano.

Prosegue lungo la s.s. n. 569 in direzione sud-ovest sino a intersecare il confine provinciale tra i comuni di Bazzano e Savignano sul Panaro.

Si inoltra nel territorio comunale di Savignano sul Panaro, percorre a sinistra la strada comunale via Monticelli in direzione sud-ovest sino a incontrare il rio Baldo.

Lo percorre in direzione ovest-sud-ovest sino a incontrare il confine provinciale tra Savignano sul Panaro e Castello di Serravalle.

Segue verso est il confine provinciale sino al punto in cui si incontrano i territori dei comuni di Savignano sul Panaro,

Monteveglio e Castello di Serravalle.

Segue il confine comunale in direzione sud-est tra Monteveglio e Castello di Serravalle fino a incrociare la strada comunale via Rio Marzatore che viene seguita verso sud-ovest sino a immettersi sulla strada vicinale di S. Michele imboccata e percorsa per intero raggiunge la strada provinciale n. 70 secondo tronco.

Percorrendo tale strada provinciale verso ovest raggiunge l’incrocio con via Farne sulla quale procede fino alla località La Piana dove lascia la strada per proseguire lungo il confine provinciale tra Bologna e Modena fino a immettersi nella provinciale n. 70 in direzione est sino a incrociare la strada comunale via Tiola.

Attraversato il ponte sul torrente Ghiaia prosegue su via Tiola per raggiungere l’incrocio con via Colline nella quale si immette e percorre sino al suo termine per poi proseguire nel crinale della collina per incrociare via Parviano.

All’incrocio con via dei Calanchi, percorre quest’ultima in direzione sud-ovest congiungendosi con il confine comunale tra i comuni di Castello di Serravalle e Monteveglio; lungo tale confine in direzione sud in prossimità dell’incrocio tra via Ghirardini e via Barisella incontra il crinale delle colline sovrastanti la località Ducentola che segue sino a ridiscenderlo in località Canovetta.

Prosegue verso valle lungo via Canovetta che in parte la attraversa fino a intersecare di nuovo il confine comunale, percorso il quale sino in località Bersagliera si immette nuovamente sulla strada provinciale n. 70 che percorre in direzione sud-est.

Imbocca la strada provinciale n. 27 fino in località Zappolino per poi scendere lungo via Mulino, imbocca via S. Andrea, prosegue in direzione sud-ovest fino a incrociare il confine comunale di Monte S. Pietro.

Prosegue lungo il confine di detto comune sino a Calderino dove attraversato il torrente Lavino, in località Fontanelle segue verso est il confine comunale di Zola Predosa sino a incrociare via Monte Capra, prosegue per via Tignano, gira a sinistra giungendo in località Mongardino.

Prosegue sulla strada provinciale Mongardino verso sud-est sino a incrociare la s.s. n. 64 si percorre verso nord detta statale sino a incontrare a sinistra la via Rosa che percorsa in direzione ovest giunge alla chiesa parrocchiale dell’Eremo di Tizzano, prosegue per la via Tizzano sino a incontrare il confine comunale di Zola Predosa.

Prosegue lungo detto confine verso nord sino a incontrare la strada statale n. 569 da cui è iniziata la delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1) Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione  dei  vini  a  denominazione  di  origine  controllata e garantita «Colli Bolognesi Pignoletto» devono essere  quelle tipiche della zona di produzione e  comunque  atte  a  conferire alle uve ed ai vini le specifiche caratteristiche di qualità.

2) I sesti di impianto ed i metodi di potatura devono essere quelli tradizionali della zona e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

Sono consentite solo le forme di allevamento a spalliera e cortina semplice o doppia cortina, con esclusione in ogni caso delle forme a raggi.

3) E' vietata ogni pratica di forzatura; ed è consentita l'irrigazione di soccorso.

4) Fatti salvi i vigneti esistenti alla data di approvazione del presente disciplinare, che possono

pertanto essere iscritti al relativo Schedario se in possesso dei requisiti sopraindicati, per i nuovi impianti e reimpianti la densità minima di ceppi per ettaro deve essere di almeno 2.500 viti.

5). La produzione massima di uva per ettaro dei vigneti  destinati alla produzione dei vini a denominazione  di  origine controllata e garantita «Colli Bolognesi Pignoletto»  ed il rispettivo titolo alcolometrico volumico naturale minimo, devono essere i seguenti:

 

“Colli Bolognesi Pignoletto” frizzante 12,00 t/ha. 10,00% vol.;

“Colli Bolognesi Pignoletto” spumante 12,00 t/ha, 9,50% vol.;

“Colli Bolognesi Pignoletto” superiore 11,00 t/ha, 11,00% vol.;

“Colli Bolognesi Pignoletto” Classico Superiore 9,00 t/ha, 12,00% vol.

6. La resa massima di uve in coltura promiscua deve essere calcolata in rapporto alla effettiva superficie vitata.

 

7) Nelle annate favorevoli i quantitativi di uva ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita «Colli Bolognesi Pignoletto» devono essere riportati nel  limite di  cui  sopra  purché  la  produzione globale non superi del 20% il limite medesimo.

Oltre detto limite percentuale decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutte le uve prodotte.

Tale supero potrà essere impiegato per la produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Pignoletto” o dei vini IGT di ricaduta, se ne possiede le caratteristiche.

8). In caso di annata sfavorevole, se necessario, la Regione Emilia Romagna fissa una resa inferiore a quella prevista dal presente disciplinare anche differenziata nell’ambito della zona di produzione di cui all’art. 3.

9) I conduttori interessati che prevedano di ottenere una resa maggiore rispetto a quella fissata dalla Regione Emilia Romagna, ma non superiore a quella fissata dal precedente punto 5, dovranno tempestivamente, e comunque almeno 5 giorni prima della data di inizio della propria vendemmia, segnalare, indicando tale data, la stima della maggior resa, mediante lettera raccomandata agli organi competenti per territorio preposti al controllo, per consentire gli opportuni accertamenti da parte degli stessi.

10) Nell’ambito della resa massima fissata in questo articolo, la Regione Emilia Romagna, su proposta del Consorzio di Tutela, può fissare limiti massimi di uva da rivendicare per ettaro inferiori a quello previsto dal presente disciplinare in rapporto alla necessità di conseguire un miglior equilibrio di mercato. In questo caso non si applicano le disposizioni di cui al comma 9.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

2. Le operazioni di vinificazione delle uve destinate alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” devono essere effettuate nella zona di cui all’art. 3, punto 1.

3. Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, unicamente per i vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” nelle tipologie “frizzante” e “spumante”, di cui all’art. 1, comma 1, è consentito che le operazioni di presa di spuma, facenti parte del processo di vinificazione, siano effettuate in stabilimenti situati nel territorio amministrativo del Comune di Bologna e del comune di Castelvetro di Modena della

provincia di Modena.

4. Conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, le operazioni di imbottigliamento dei vini a denominazione di origine controllata e garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” devono essere effettuate nella zona di cui all'art. 3, punto 1, per salvaguardare la qualità e assicurare l’efficacia dei controlli.

5. Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, unicamente per i vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” nelle tipologie “frizzante” e “spumante”, di cui all’art. 1, comma 1, è consentito che le operazioni di imbottigliamento siano effettuate in stabilimenti situati nel territorio amministrativo del Comune di Bologna e del comune di Castelvetro di Modena della provincia di Modena.

6. La resa massima dell’uva in vino finito per i vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” non deve essere superiore a:

Resa in vino finito prima delle elaborazioni

 

“Colli Bolognesi Pignoletto” frizzante 70%

“Colli Bolognesi Pignoletto” spumante 70%

“Colli Bolognesi Pignoletto” superiore 70%

“Colli Bolognesi Pignoletto” Classico Superiore 65%

 

Qualora la resa uva/vino superi detti limiti ma non il 75% per le tipologie “Colli Bolognesi Pignoletto” superiore, “Colli Bolognesi Pignoletto” frizzante e “Colli Bolognesi Pignoletto” spumante l’eccedenza non avrà diritto alla a Denominazione di Origine Controllata e Garantita Colli Bolognesi Pignoletto” e potrà essere eventualmente riclassificata a IGP.

Per la tipologia “Classico Superiore”, qualora la resa uva/vino superi il limite sopraindicato, ma non il 70%, l’eccedenza non avrà diritto alla Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” Classico Superiore e potrà essere eventualmente riclassificata a “Colli Bolognesi Pignoletto” per una delle tipologie previste all’art. 1 o ad altra DOP/IGP di ricaduta.

Oltre i limiti indicati ai commi precedenti decade il diritto alla Denominazione di Origine Controllata e Garantita per tutto il prodotto.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

1) I vini a denominazione di origine controllata e garantita «Colli Bolognesi Pignoletto», di cui all’articolo 1, all'atto dell'immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Colli Bolognesi Pignoletto” superiore:

colore: giallo paglierino più o meno intenso, talvolta con riflessi verdognoli;

profumo: caratteristico, fine;

sapore: da secco ad abboccato, caratteristico, armonico, talvolta leggermente amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Colli Bolognesi Pignoletto” frizzante:

spuma: fine ed evanescente;

colore: giallo paglierino;

profumo: caratteristico, leggermente aromatico;

sapore: secco, caratteristico, armonico, talvolta leggermente amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Colli Bolognesi Pignoletto” spumante:

spuma: fine, persistente;

colore: giallo paglierino;

profumo: caratteristico, leggermente aromatico;

sapore: sapido, caratteristico, armonico, da brut nature ad extra dry;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 13,00 g/l;

 

“Colli Bolognesi Pignoletto” Classico superiore:

colore: giallo paglierino più o meno intenso, con eventuali riflessi verdognoli;

odore: delicato, caratteristico;

sapore: fine, armonico, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

zuccheri riduttori residui: massimo 6,00 g/l sino ad un titolo alcolometrico volumico totale di 13,00% vol.;

sono consentiti ulteriori 0,20 g/l di zuccheri riduttori residui per ogni 0,10% vol. di alcol totale eccedenti il titolo alcolometrico volumico totale di 13,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

2) In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” può rilevare lieve sentore di legno.

3) Nella tipologia “Colli Bolognesi Pignoletto” frizzante prodotta tradizionalmente per fermentazione in bottiglia, è possibile la presenza di una velatura.

4) Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Colli Bolognesi PignolettoClassico Superiore può essere immesso al consumo solo a partire dal 4 ottobre dell'anno successivo a quello di produzione delle uve.

5) È in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione  

1) Nell’etichettatura della tipologia "Colli Bolognesi Pignoletto" superiore accompagnato dalla specificazione “Classico”, tale specificazione può essere anteposta alla menzione “superiore” oppure può essere omesso il riferimento alla menzione “superiore”.

2) Nella designazione dei vini  a  denominazione  di origine controllata e garantita «Colli Bolognesi Pignoletto» è vietata l'aggiunta di qualsiasi specificazione diversa  da  quelle espressamente previste dal presente disciplinare,  ivi  compresi  gli aggettivi extra, fine, scelto, selezionato e similari.

3) E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni  che  facciano  riferimento  a nomi,  ragioni  sociali, marchi  privati o di consorzi, purché   non   abbiano significato laudativo e non  siano  tali  da  trarre  in  inganno  il consumatore.

4) Le indicazioni  tendenti  a  qualificare  l'attività   agricola dell'imbottigliamento  quali  «viticoltore»,  «fattoria»,   «tenuta», «podere», «cascina» e  altri  termini  similari  sono  consentiti  in osservanza delle norme comunitarie e nazionali.

5) Per i vini designati con la denominazione d'origine controllata e garantita «Colli  Bolognesi Pignoletto» è consentito l’uso della menzione «vigna», alle condizioni previste dalle  norme vigenti.

6) Nella tipologia frizzante prodotta tradizionalmente con fermentazione in bottiglia, è obbligatorio riportare nell’etichettatura la dicitura «rifermentazione in bottiglia».

 

Articolo 8

Confezionamento

 

1) I vini a denominazione di origine controllata e garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” devono essere immessi al consumo in bottiglie di vetro di forma tradizionalmente usata nella zona, con esclusione della “dama”, nelle capacità previste dalla normativa vigente.

2) Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” Frizzante deve essere confezionato in bottiglie, nelle capacità previste dalle disposizioni di legge, chiuse con tappo di sughero o altre chiusure previste dalla normativa vigente, escluso il tappo a corona il quale, tuttavia, può essere utilizzato unicamente nella versione prodotta tradizionalmente per fermentazione in bottiglia.

È consentito l’uso del tappo «a fungo», di sughero o altra sostanza ammessa ad entrare in contatto con gli alimenti, pieno (tipo «elastomero»), tradizionalmente utilizzato nella zona, trattenuto da fermaglio o spago con eventuale capsula di copertura di altezza non superiore a 7 cm.

3) Il vino a denominazione di origine controllata e garantita “Colli Bolognesi PignolettoSpumante deve essere confezionato in bottiglie di capacità fino a 6000 ml nel rispetto della normativa vigente nonché nelle seguenti capacità superiori: 9000 ml, 12000 ml, 15000 ml.

Le bottiglie devono essere chiuse con tappo a fungo di sughero o in altro materiale ammesso, pieno (tipo «elastomero»), trattenuto da fermaglio o spago e capsulone.

4 - I vini a denominazione di origine controllata e garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” Superiore, anche con la specificazione “Classico” devono essere immessi al consumo in bottiglie chiuse con i dispositivi previsti dalla normativa vigente ad esclusione del tappo a corona.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) informazioni sulla zona geografica

1) fattori naturali rilevanti per il legame

L’area geografica della DOCG Colli bolognesi Pignoletto include la zona pedecollinare e di media collina compresa tra la vallata della Val Samoggia e dall’ampia vallata del fiume Reno e da quelle minori dei torrenti Samoggia, Lavino e Idice, area nella quale ricade la località Pignoletto dalla quale la denominazione prende nome.

Tutti questi corsi d’acqua hanno andamento perpendicolare all’asse appenninico e delimitano rilievi interfluviali dal profilo più o meno accentuato a seconda dei materiali geologici che attraversano.

L’area è interessata dai seguenti principali paesaggi geologici:

Contrafforti e Rupi

Comprende rocce di età diversa che danno luogo ad un paesaggio segnato da rilievi, frequentemente di forma tabulare o di rupe, bordati da ripidi versanti e da pareti rocciose (contrafforti).

Queste forme derivano dalla scarsa erodibilità delle rocce che compongono l’unità. Si tratta di arenarie stratificate, con subordinate marne e conglomerati.

Le rocce su cui si modellano questi paesaggi sono sia le arenarie plioceniche sia le arenarie epiliguri.

Si tratta di corpi rocciosi stratificati.

I versanti sono generalmente acclivi e boscati.

Questo paesaggio è particolarmente esteso nella parte centrale (tra Lavino e Reno) e sud-orientale dell’area.

I Colli con Frane e Calanchi

Questo paesaggio è caratterizzato da notevole complessità geologica e morfologica, che gli conferisce un aspetto composito e segnato da forti contrasti. A morbidi versanti, scarsamente acclivi e spesso coltivati, si susseguono incisioni calanchive.

Ma l’aspetto che maggiormente caratterizza questo paesaggio è la diffusa presenza di fenomeni di dissesto franoso.

Nei versanti e sul fondovalle il substrato è prevalentemente formato dalle cosiddette “Argille Scagliose”: un complesso a struttura caotica in cui la matrice argillosa ingloba masse più o meno grandi di rocce calcaree, arenacee, marnose o stratificate.

Frequentemente in posizione sommitale su questi versanti irregolari e con pendenze non eccessive, si ritrovano complessi rocciosi che, per la loro maggiore resistenza all’erosione, hanno pendenze più elevate e sono prevalentemente boscati.

Questo paesaggio è presente esclusivamente nella parte sud-occidentale dell’area (in sinistra Lavino).

I Primi Colli

Lungo il margine pedeappenninico si estende questa unità dove il paesaggio collinare si raccorda alla pianura con estrema gradualità. Il paesaggio è caratterizzato da una morfologia dolce, articolata in lunghi ripiani declinanti verso valle dove sono conservati antichi paleosuoli.

Locali erosioni del reticolo idrografico minore formano valli scarsamente approfondite separate da crinali dalle ampie

sommità dove affiorano le “sabbie gialle”.

Le rocce che compongono questa unità sono le formazioni delle Argille Azzurre e delle Sabbie Gialle (Pliocene - Pleistocene).

Questo paesaggio è presente prevalentemente nella parte nord-occidentale dell’area (in sinistra Reno).

Piana dei Fiumi Appenninici

Comprende i fondovalle e gli sbocchi di fiumi e torrenti al margine. Il paesaggio deve le sue caratteristiche alla dinamica dei corsi d’acqua appenninici, i quali nel loro corso intravallivo hanno formato ridotti depositi nastriformi, e depositato allo sbocco in il loro carico più grossolano, formando corpi sedimentari noti come conoidi alluvionali.

I suoli sono prevalentemente poco evoluti, spesso costituiti da materiali grossolani, secondo un gradiente deposizionale trasversale all’asse del corso d’acqua.

Talvolta lungo i fondovalle e lungo il margine appenninico si riconoscono, in forma di terrazzi più o meno ampi, lembi residuali di antichi livelli di piane alluvionali, su cui si rinvengono suoli molto sviluppati ed evoluti (paleosuoli), simili

a quelli già descritti nel paesaggio precedente.

All’ampia variabilità geomorfologica, ovvero di substrati e di forme del paesaggio, corrisponde un’altrettanto elevata variabilità pedologica, sia in termini di caratteri funzionali (tessitura, scheletro, profondità) che di livello evolutivo. La coltivazione della vite è diffusa in maniera preponderante a quote inferiori ai 300 m s.l.m., in sinistra Reno su suoli a tessitura fine, con contenuto in calcare variabile e su suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei.

I suoli a tessitura fine si rinvengono sia nei versanti generalmente dissestati su Argille Scagliose, sia nei primi rilievi collinari su Argille Azzurre Plio-pleistoceniche, sia sulle paleo superfici subpianeggianti che corrispondono agli antichi conoidi alluvionali.

I suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei, si ritrovano sulle facies siltose dei litotipi presenti nel paesaggio dei Colli con frane e calanchi e in quello dei

Primi colli.

Dal punto di vista climatologico, con riferimento al trentennio 1961-1990 (riferimento climatico di base secondo le convenzioni dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale), l’area è caratterizzata da una piovosità media annua che va da 800mm nell’alta pianura a 1.200 mm nelle zone collinari più elevate e da temperature medie comprese, con inverso gradiente rispetto alle precipitazioni tra 14°C e 12°C.

Nella bassa collina il bilancio idrico climatologico (differenza tra precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale annue) evidenzia la presenza di un moderato deficit idrico (fino a 350 mm di deficit annuo) che può essere considerato un fattore positivo per la qualità delle produzioni vitivinicole, in quanto un certo stress idrico estivo favorisce nelle uve in maturazione la concentrazione degli zuccheri e la sintesi di componenti aromatici. Sopra la quota di circa 400 m

s.l.m. il bilancio idrico climatologico evidenzia invece la presenza di un surplus idrico anche elevato (fino a 800 mm annui).

Le sommatorie termiche, calcolate con soglia 0°C, vanno dai i 4.500 ai 4.900 gradi giorno nella bassa collina. Sono inferiori a 4.500 gradi giorno sopra la quota di circa 400 m s.l.m.

L’Indice di Winkler assume nella zona valori massimi di circa 2100 nelle zone a quote meno elevate.

La disponibilità termica, almeno nella fascia sotto i 400 m s.l.m., è ottimale, per la crescita e la maturazione di un’ampia gamma di vitigni.

In Emilia-Romagna per il periodo 2030-2050 si prevedono temperature più elevate, precipitazioni più concentrate ed un aumento dell'intensità e durata degli episodi estremi di caldo e siccità.

 

2) fattori umani rilevanti per il legame

Quando i romani, circa due secoli prima della nascita di Cristo, sottomisero ed unificarono sotto il segno della lupa i territori abitati dalle tribù dei galli boi, avevano probabilmente mille motivi per farlo, non esclusi quelli legati alle ricchezze agricole di tali zone.

I filari di vite erano maritati ad alberi vivi, secondo l’uso introdotto dagli etruschi e sviluppato successivamente dai galli. Tale metodo infatti, lo si chiama “arbustum gallicum”, particolarmente adatto non solo alle terre basse ed umide della pianura, ma soprattutto si era incrementato notevolmente sulla zona collinare.

È accertato che da tali terreni, soprattutto quelli collinari posti a sud di Bononia, i nostri antenati latini producessero vini che li appassionarono moltissimo. Le terre dell’agro bononiense erano coltivate dai veterani di tante campagne militari in tutto il mondo allora conosciuto, per cui la bevanda bacchica era palesemente bevuta, gustata ed apprezzata.

Sono state ritrovate antiche Olle di conservazione del vino nella zona della località di Mercatello posta al confine tra il comune di Monteveglio e Castello di Serravale, adiacente all’omonima località “Pignoletto”.

Plinio il Vecchio - I° sec. d.C. - nel capitolo “Ego sum pinus laeto” tratto dalla monumentale opera di agronomia “Naturalis historia”, enuncia che in “apicis collibus bononiensis” vi si produceva un vino frizzante ed albano, cioè biondo, molto particolare ma non abbastanza dolce per essere piacevole e quindi non apprezzato, poiché è risaputo che durante l’epoca imperiale era gradito il vino dolcissimo, speziato ed aromatizzato con innumerevoli essenze, inoltre, sempre molto “maturo” in quanto i vini giovani non erano in grado di soddisfare i pretenziosi palati della nobiltà.

Erano trascorsi poco meno di tre secoli dalla conquista romana - 179 a.C. - che il vino era radicalmente mutato, ma non le qualità e caratteristiche uniche di tale nettare.

Riprendendo il cammino alla ricerca di tracce che ci possano condurre ai vini che oggi degustiamo, ci imbattiamo nelle biografie dell’operosità di tali monaci-agresti che sono giunte fino ai giorni nostri, in cui si menzionano i notevoli impulsi dati per lo sviluppo della vite.

Si sparsero in tutte le regioni italiane e nel migrare verificarono che sulle colline bolognesi si produceva un buon vinello

dorato e mordace, appunto frizzante.

OMNIA ALLA VINA IN BONITATE EXCEDIR - decisamente “…un vino superiore per bontà a tutti gli altri…” e bevuto non solo durante le pratiche liturgiche, ma anche con gioia alla tavola del nobile e del volgo, ottenuto da uve conosciute ed apprezzate come pignole!

I secoli che da allora sono trascorsi per giungere fino ai giorni nostri, sono stati indiscussi testimoni di innumerevoli fatti e citazioni riguardanti i vini delle nostre splendide colline bolognesi.

Della vite coltivata sulle colline di Monteveglio, nelle adiacenze della monumentale Abbazia omonima ne parla il documento risalente al 973 d.C. nel quale il Vescovo di Bologna Alberto, concedeva al Vescovo di Parma, insieme all’Abbazia di Monteveglio, circa trenta tornature di vigneti (laddove oggi insiste la località Pignoletto).

Nel 1300, Pier de’ Crescenzi, nel più importante trattato di agronomia medievale “Ruralium commordorum - libro XII” descriveva le caratteristiche organolettiche del “Pignoletto” che si beveva allora, in quanto il vino, oltre che maggiormente prodotto, era quello più gradito per piacevolezza e per la vivace e dorata spuma.

Agostino Gallo ne “Le venti giornate dell’agricoltura” del 1567, sollecitava di piantare le uve pignole in quanto per la notevole produzione, permetteva un florido commercio perché sempre ricercate.

Medico e botanico di Papa Sisto V°, il Bacci, nel personale trattato del 1596 “De naturalis vinarium istoria de vitis italiane”, asseriva le “…rare et optime…” qualità intrinseche dell’uva pignola.

Così pure Soderini, noto agronomo fiorentino, sempre in quegli anni, ne confermava le caratteristiche.

Il Trinci - 1726 - pone in evidenzia le caratteristiche di tale vitigno: l’odierno pignoletto si riscontra nella sua quasi totalità di tali affermazioni, per non dire che sono le medesime.

Ulteriori conferme sono riportate nel “Bullettino Ampelograficho” del 1881, in cui è nominata l’uva pignola prodotta nelle colline poste a sud dell’urbe di Bologna, la cui assomiglianza con l’attuale produzione è stupefacente, e non lascia più adito ad altri dubbi di sorti.

Lo statuto di Bologna del 1250 ordina la costruzione della “Strada dei vini” per trasportare con sicurezza verso Bologna i vini ottenuti nelle colline a sud della città.

A partire dal 1250 risalgono i primi estimi del comprensorio vitivinicolo.

In relazione al disciplinare si può affermare che:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area di produzione.

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura

che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione

della chioma.

le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la produzione di vini bianchi, fermi, frizzanti o spumanti nelle le tipologie previste dal disciplinare.

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all'ambiente geografico

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.

- Pignoletto nella versione superiore e Classico superiore: si presenta di colore giallo paglierino con riflessi verdognoli caratteristici della varietà Grechetto gentile, profumo delicato e fruttato ed un sapore con contenuta acidità e giusta aromaticità, spesso con sentori amarognoli, tutti fattori fortemente legati alle caratteristiche del territorio ricco di argille e arenarie.

- Pignoletto nella versione frizzante: l’Emilia-Romagna è la patria dei vini frizzanti, frutto di una lunga tradizione locale, caratteristica che accomuna i vini di pianura e di collina, da est a ovest della Regione.

Il Pignoletto frizzante, della zona colli bolognesi, propone sentori più freschi e fruttati e un acidità più sostenuta, mentre conferma un gusto mediamente aromatico e spesso un finale amarognolo che rivela la stretta relazione con il territorio. Nei fondo valle e nei terreni più freschi, infatti, si possono ottenere vini bianchi leggeri, magari frizzanti, che puntano sostanzialmente sulla freschezza dei sentori floreali e di frutta gialla poco matura (mela verde, ad

esempio).

- Pignoletto nella versione spumante: si tratta della naturale evoluzione della versione frizzante verso un prodotto che esalta le caratteristiche di freschezza e aromaticità del vitigno Grechetto gentile mantenendone integre le caratteristiche peculiari all’olfatto e al gusto che derivano dai terreni presenti nell’area di produzione e dal vitigno.

 

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati a ad est sud est, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, con notevoli sbalzi termici e pertanto favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

La tradizione millenaria della produzione di vino, insieme alle caratteristiche uniche del territorio, garantisce la qualità del vino a DOCG Colli Bolognesi Classico Pignoletto.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni

vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24

00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

Mail info@valoritalia.it

website www.valoritalia.it

 

VALORITALIA S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 

COLLI BOLOGNESI

D.O.C.
Decreto 6 giugno 2011

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

Modifica Decreto 07 marzo 2014

Provvedimento 29 agosto 2014

Modifica Decreto 14 giugno 2016

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

1. La denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi» è riservata ai vini che  rispondono  alle  condizioni  e  ai  requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione, per  le  seguenti tipologie:

 

«Colli Bolognesi» Barbera, anche nelle versioni frizzante e riserva;

«Colli Bolognesi» Merlot;

«Colli Bolognesi» Cabernet Sauvignon;

«Colli Bolognesi» Chardonnay;

«Colli Bolognesi» Sauvignon;

«Colli Bolognesi» Riesling Italico;

«Colli Bolognesi» Pinot Bianco.

 

2. La denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi» con la specificazione della sottozona: «Bologna» è disciplinata in calce al presente disciplinare di produzione nell'allegato 1.

Salvo  quanto espressamente previsto nell'allegato suddetto,  per  detta  sottozona vengono applicate le norme  previste  dal  presente  disciplinare  di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

1. La denominazione di origine controllata «Colli  Bolognesi» seguita dalle specificazione di vitigno:

Barbera, anche nelle versioni frizzante e riserva;

Merlot;

Cabernet Sauvignon;

Chardonnay;

Sauvignon;

Riesling Italico;

Pinot Bianco,

nelle diverse tipologie previste, è riservata ai  vini  ottenuti  da uve  provenienti  da  vigneti  composti,  in  ambito  aziendale,  dai corrispondenti vitigni per almeno l'85%;

possono concorrere alla produzione di ognuno di detti vini  anche le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici,  di  cui all'elenco della regione Emilia-Romagna delle varietà  di  vite  per uva da vino, presenti nei vigneti in  ambito  aziendale,  da  soli  o congiuntamente, fino ad un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

1. La zona di produzione delle uve dei vini  a  denominazione  di origine controllata «Colli  Bolognesi»  comprende, 

in  provincia  di Bologna,  l'intero  territorio collinare situato nei comuni di

Monteveglio, Castello di Serravalle, Monte San Pietro, Sasso Marconi, Savigno, Marzabotto, Pianoro

e quello situato in parte nei comuni di

Bazzano, Crespellano, Casalecchio di Reno,  Bologna,  S.  Lazzaro  di Savena, Zola Predosa e Monterenzio;

 

in provincia di Modena parte del territorio amministrativo del comune di

Savignano sul Panaro.

 

Tale zona è così delimitata:  

partendo   dalla   località Olmetello, al km 100,600 della via Emilia (strada statale n.  9),  il limite segue in direzione ovest tale strada  fino  a  raggiungere  il centro abitato di Bologna per costeggiarlo a sud e seguire in  uscita

verso ovest la strada statale n.  64. 

Prosegue  sempre  verso  ovest lungo tale strada e, raggiunto il centro abitato  di  Casalecchio  di Reno, imbocca la strada statale n. 569  attraversando  poi  i  centri abitati di Zola Predosa e Crespellano, giunto a Bazzano, in località

Gabella  abbandona  la  strada  statale  n.  569   ed   imbocca   via Castelfranco fino alla località Sabbionara per deviare verso sud per una laterale privata che partendo dalla via  Castelfranco  al  numero civico 8.

Attraversa la zona artigianale sino al numero civico 104 e si  immette  di  nuovo  nella  strada  statale  n.  569, che   porta all'incrocio con il  confine  provinciale  tra  Bologna  e  Modena  e proseguendo sempre sulla statale n. 569  verso  sud-ovest  attraversa Doccia e giunto in prossimità del km  27.800  segue  verso  nord  il fosso affluente del fiume Panaro fino  alla  confluenza.

Risale per breve tratto  il  Panaro  verso  ovest  ed  alla  affluenza  del  rio Castiglione risale questo corso d'acqua  in  direzione  sud  sino  ad incrociare il confine comunale  di  Savignano  sul  Panaro.

Prosegue lungo tale confine in direzione est fino ad incrociare quello della provincia di Bologna in prossimità di c.la Colomba.

Segue quindi il confine provinciale tra Bologna e  Modena  in  direzione  sud  ed  in prossimità di Serra Bertone prosegue in direzione est per il confine meridionale di Savigno sino ad incrociare poi quello  del  comune  di

Marzabotto  e  quindi  segue  verso   il   confine   meridionale   di quest'ultimo comune fino a raggiungere quello di Sasso Marconi  sulla galleria del M. Adone.

Prosegue lungo questa in direzione nord-est ed all'incrocio con quello di Pianoro, in prossimità di M.  dei  Frati, segue il confine di quest'ultimo in direzione est raggiungendo quello di Monterenzio ed in prossimità di Quinzano segue verso nord-est  il sentiero che passando per le quote 422 e 392 raggiunge la strada  per borgo di Bisano in prossimità di Ca'  dei  Maestri.

Segue poi tale strada in direzione nord sino ad incrociare il confine  comunale  tra Monterenzio  ed  Ozzano  Emilia,  in  prossimità  di  località   S. Chierico, segue questo verso nord, raggiunge quello di S. Lazzaro  in prossimità di San Salvatore di Casola e quindi lungo il  confine  di S. Lazzaro di Savena verso  nord  raggiunge  la  via  Emilia  (strada

statale n. 9) da cui e' iniziata la delimitazione.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1. Le condizioni ambientali e di coltura  dei  vigneti  destinati alla produzione dei  vini  a  denominazione  di  origine  controllata «Colli Bolognesi» devono essere quelle collinari, tipiche della  zona di produzione, e comunque atte a conferire alle uve  ed  ai  vini  le specifiche caratteristiche di qualità.

2. I sesti di impianto ed i metodi  di  potatura  devono  essere quelli tradizionali della zona e comunque atti a  non  modificare  le caratteristiche delle uve e dei vini. Sono consentite solo le  forme di allevamento a spalliera e cortina semplice o doppia  cortina,  con esclusione in ogni caso delle forme a raggi.

3.  E' vietata  ogni  pratica  di  forzatura  ed  e'  consentita l'irrigazione di soccorso.

4. Fatti salvi i vigneti esistenti alla data di approvazione del presente  disciplinare,  che  possono  pertanto  essere  iscritti  al relativo Schedario se in possesso dei requisiti sopraindicati, per  i nuovi impianti e reimpianti la densità minima di  ceppi  per  ettaro deve essere di almeno 2.500 viti.

 

5. La produzione massima di uva per ettaro dei vigneti in coltura specializzata destinati alla produzione dei vini a  denominazione  di origine controllata «Colli Bolognesi»,  di  cui  all'art.  2,  ed  il rispettivo titolo alcolometrico volumico naturale minimo, deve essere il seguente:

 

"Colli Bolognesi" Barbera, e con menzione riserva: 12,00 t/ha,  11,00% vol.;

"Colli Bolognesi" Barbera frizzante:12,00 t/ha, 10,00% vo.;l

"Colli Bolognesi" Merlot:12,00 t/ha, 10,50% vol.;

"Colli Bolognesi" Cabernet Sauvignon : 10,00 t/ha, 11,00% vol.;

"Colli Bolognesi" Chardonnay: 12,00 t/ha, 10,50% vol.;

"Colli Bolognesi" Sauvignon: 12,00 t/ha,10,50% vol.;

"Colli Bolognesi" Riesling Italico: 12,00 t/ha, 10,50% vol.;

"Colli Bolognesi" Pinot Bianco: 11,00 t/ha, 10,50% vol. 

  

6. Nelle annate favorevoli, i quantitativi di uva ottenuti da destinare alla produzione dei vini di cui all'art.  2 devono  essere riportati  nel  limite  fissato  dal  comma  precedente,  purché  la produzione  globale  non  superi  del  20%  il  limite  medesimo. 

Le eccedenze delle uve, nel limite massimo del 20%, non hanno diritto alla denominazione di origine controllata.  Oltre detto limite percentuale decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutte le uve prodotte.

7. La resa massima di uve in coltura promiscua  deve  essere calcolata in rapporto alla effettiva superficie vitata.

8. La regione Emilia-Romagna, con proprio decreto, su richiesta motivata del Consorzio di tutela competente per i vini a denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi», prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali di  coltivazione, può stabilire di anno  in  anno  di  ridurre  i  limiti  massimi  di produzione di uva per ettaro  e  del  titolo  alcolometrico  volumico naturale minimo, fissati dal presente disciplinare, dandone immediata

comunicazione al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali - Comitato nazionale per  la  tutela  e  la  valorizzazione delle  denominazioni  di  origine  e  delle  indicazioni  geografiche tipiche dei vini.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1.  Nella vinificazione  sono  ammesse  soltanto   le   pratiche enologiche locali, leali e costanti atte a conferire al vino  le  sue peculiari caratteristiche.

2. Le operazioni di vinificazione delle uve destinate alla produzione dei vini a denominazione  di  origine  controllata  «Colli Bolognesi»  nonché  le   operazioni   di   imbottigliamento   o   di confezionamento devono essere effettuate nella zona di  cui  all'art. 3.

3.  Tuttavia, tenuto  conto  delle  situazioni  tradizionali  di produzione, è consentito che le operazioni di presa di  spuma  e  di imbottigliamento o confezionamento dei vini «Colli  Bolognesi»  siano effettuate in  stabilimenti  situati  nel  territorio  amministrativo della provincia di Bologna e del  comune  di  Castelvetro  di  Modena della provincia di Modena, a condizione che in detti stabilimenti  le ditte interessate abbiano effettuato le suddette operazioni di  presa

di spuma, imbottigliamento o confezionamento di vini a denominazione di origine «Colli Bolognesi», utilizzando mosti e vini provenienti dalla zona di produzione di cui al precedente art. 3, per almeno  due anni anche non continuativi, negli otto  anni  precedenti  alla  data dell'entrata in vigore  del  decreto  di  approvazione  del  presente

disciplinare.

4. La resa massima dell'uva in vino finito non deve essere superiore al 70%  per tutti  i  vini  a  denominazione  di   origine controllata «Colli Bolognesi».

Qualora la resa uva/vino superi detto limite ma non il 75%, l'eccedenza non avrà  diritto  alla  denominazione  di  origine controllata «Colli Bolognesi» e può essere presa in carico come vino ad IGT.

Oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

5. La qualificazione aggiuntiva «riserva» può essere utilizzata dal vino «Colli Bolognesi» Barbera immesso al consumo dopo un periodo minimo di invecchiamento non inferiore a

36 mesi, 

di cui almeno 5 mesi di affinamento in bottiglia, 

con decorrenza dal 1° novembre dell'anno della vendemmia.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

1.  I vini a denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi», all'atto dell'immissione al  consumo,  devono  rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Colli Bolognesi» Barbera:

colore: rosso rubino, tendente al violaceo;

 profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: armonico, asciutto o abboccato, tranquillo, di medio  corpo, talvolta di buona acidità;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 gr/l;

     

«Colli Bolognesi» Barbera frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino, tendente al violaceo;

profumo: vinoso, caratteristico;

sapore: armonico, asciutto, di corpo, fresco e sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 gr/l;

     

«Colli Bolognesi» Barbera riserva:

colore: rosso rubino intenso, tendente al granato;

profumo: vinoso caratteristico;

sapore: asciutto, armonico, pieno;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

zuccheri riduttori residui massimo: 8,00 gr/l;

acidità totale minima: 4,50 gr/l;

estratto non riduttore minimo: 22,00 gr/l;

     

«Colli Bolognesi» Merlot:

colore: rosso con riflessi violacei;

profumo: caratteristico, erbaceo;

zuccheri riduttori massimo: 8,00 gr/l;

sapore: asciutto, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 gr/l;

     

«Colli Bolognesi» Cabernet Sauvignon:

colore: rosso, tendente al granato;

profumo: intenso, caratteristico;

sapore: asciutto, morbido, pieno, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 gr/l;

                             

«Colli Bolognesi» Chardonnay:

colore: giallo paglierino;

profumo: tipico, delicato e caratteristico;

sapore: secco o abboccato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,00 gr/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr/l;

     

«Colli Bolognesi» Sauvignon:

colore: paglierino più o meno carico;

profumo: delicato, leggermente aromatico, caratteristico;

sapore: secco o abboccato, di corpo fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr/l;

     

«Colli Bolognesi» Riesling italico:

colore: paglierino più o meno carico;

profumo: delicato caratteristico;

sapore: secco o abboccato, caratteristico, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 gr/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr/l;

     

«Colli Bolognesi» Pinot bianco:

colore: paglierino più o  meno  carico,  talvolta  con  riflessi verdognoli;

profumo: delicato, caratteristico;

sapore: secco o abboccato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 4,00 gr/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 gr/l.

 

2. In relazione all'eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei  vini  «Colli  Bolognesi» può rilevare  lieve sentore di legno.

3.  Nelle tipologie frizzanti prodotte tradizionalmente per fermentazione in bottiglia, è possibile la presenza di una velatura.

4. E' facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - Comitato nazionale per la tutela  e  la  valorizzazione delle  denominazioni  di  origine  e  delle  indicazioni  geografiche tipiche dei vini di modificare con proprio decreto,  i  limiti  sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto secco.

 

Articolo7

Etichettatura e presentazione

 

1.  Nella  designazione  dei  vini  a  denominazione  di  origine controllata «Colli Bolognesi»  è  vietata  l'aggiunta  di  qualsiasi specificazione diversa da quelle previste dal  presente  disciplinare di produzione ivi compresi gli aggettivi, «extra», «fine»,  «scelto», «selezione» e similari.

2. E' tuttavia consentito  l'uso  di  indicazioni  che  facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati  o  di  consorzi, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da  trarre in inganno l'acquirente.

3. Le indicazioni tendenti a qualificare l'attività agricola dell'imbottigliamento  quali  «viticoltore»,  «fattoria»,   «tenuta», «podere», «cascina» ed altri  termini  similari  sono  consentite  in osservanza delle norme comunitarie e nazionali.

4.  Per i  vini  designati  con  la  denominazione  di   origine controllata «Colli Bolognesi»  è  consentito  l'uso  della  menzione «vigna», seguita dal relativo  toponimo  o  nome  tradizionale,  alle condizioni previste dalla normativa vigente e che i relativi toponimi o nomi tradizionali figurino nell'apposito elenco regionale ai  sensi dell'art. 6, comma 8, del decreto legislativo n. 61/2010.

5.  Nella designazione  dei  vini  a  denominazione  di  origine controllata «Colli Bolognesi» il nome della tipologia di cui all'art. 1 deve  essere  riportato  con  caratteri  tipografici  uniformi  per dimensioni e gradazioni cromatiche e,  qualora  figuri  nel  medesimo campo  visivo  della  denominazione  di  origine,  in  caratteri   di dimensioni non superiori a quelli utilizzati per la denominazione  di origine stessa.

6. Per i vini  a  denominazione  di  origine  controllata  «Colli Bolognesi» nelle  versioni  «frizzante»,  l'indicazione  obbligatoria «frizzante» può comparire a fianco o al  di  sotto  dell'indicazione della tipologia.

7.  Nelle tipologie frizzanti prodotte tradizionalmente con fermentazione in bottiglia, è obbligatorio riportare in etichetta la dicitura «rifermentazione in bottiglia».

8. Nella presentazione e designazione dei vini di cui all'art. 1, con esclusione delle tipologie spumante e frizzante, è obbligatoria l'indicazione dell'annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

confezionamento

 

1. I vini designati con la denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi» devono essere immessi al consumo in contenitori che rispondono per forma, materiale, colore, capacità a quanto previsto dalla normativa vigente; è  consentito l'uso  dei contenitori alternativi al vetro, previsti dall'art.  2, comma 2, del decreto ministeriale  7  luglio  1993,  così come  modificato  dal  decreto ministeriale 4 agosto 2008, esclusivamente per i vini  non  destinati

al mercato nazionale.

2.  Per i vini designati con la denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi» immessi  al  consumo  in  bottiglie  in vetro di capacità fino a cinque litri, è consentito solo  l'uso  di bottiglie di forma tradizionale, con esclusione della «dama»,  chiuse con tappo raso bocca di materiale consentito.

3. In deroga al comma precedente, per i vini diversi dalle tipologie designate  con  le  menzioni  «riserva»  e   «vigna»,   è consentito anche l'uso del tappo a vite a capsula  integrata  per  le bottiglie di capacità fino a lt 0,75.

4.  I vini a denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi» riportanti la menzione «frizzante», se immessi al  consumo in bottiglie di vetro, nelle capacità previste dalle disposizioni di legge, possono essere confezionati con tappo «a fungo»  ancorato,  di sughero o di materiale sintetico ammesso, pieno (tipo  «elastomero»),

tradizionalmente utilizzato nella zona, con eventuale capsula  di altezza non superiore a 7 cm.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) informazioni sulla zona geografica

1) fattori naturali rilevanti per il legame

L’area geografica della DOP dei Colli bolognesi include la zona pedecollinare e di media collina compresa tra il fiume Panaro a Ovest e il torrente Idice a Est.

La zona è attraversata dall’ampia vallata del fiume Reno e da quelle minori dei torrenti Samoggia, Lavino e Idice. Tutti questi corsi d’acqua hanno andamento perpendicolare all’asse appenninico e delimitano rilievi interfluviali dal profilo più o meno accentuato a seconda dei materiali geologici che attraversano.

L’area è interessata dai seguenti principali paesaggi geologici:

Contrafforti e Rupi

Comprende rocce di età diversa che danno luogo ad un paesaggio segnato da rilievi, frequentemente di forma tabulare o di rupe, bordati da ripidi versanti e da pareti rocciose (contrafforti).

Queste forme derivano dalla scarsa erodibilità delle rocce che compongono l’unità. Si tratta di arenarie stratificate, con subordinate marne e conglomerati.

Le rocce su cui si modellano questi paesaggi sono sia le arenarie plioceniche sia le arenarie epiliguri. Si tratta di corpi rocciosi stratificati.

I versanti sono generalmente acclivi e boscati.

Questo paesaggio è particolarmente esteso nella parte centrale (tra Lavino e Reno) e sud-orientale dell’area.

I Colli con Frane e Calanchi

Questo paesaggio è caratterizzato da notevole complessità geologica e morfologica, che gli conferisce un aspetto composito e segnato da forti contrasti.

A morbidi versanti, scarsamente acclivi e spesso coltivati, si susseguono incisioni calanchive. Ma l’aspetto che maggiormente caratterizza questo paesaggio è la diffusa presenza di fenomeni di dissesto franoso.

Nei versanti e sul fondovalle il substrato è prevalentemente formato dalle cosiddette “Argille Scagliose”: un complesso a struttura caotica in cui la matrice argillosa ingloba masse più o meno grandi di rocce calcaree, arenacee, marnose o stratificate.

Frequentemente in posizione sommitale su questi versanti irregolari e con pendenze non eccessive, si ritrovano complessi rocciosi che, per la loro maggiore resistenza all’erosione, hanno pendenze più elevate e sono prevalentemente boscati.

Questo paesaggio è presente esclusivamente nella parte sud-occidentale dell’area (in sinistra Lavino).

I Primi Colli

Lungo il margine pedeappenninico si estende questa unità dove il paesaggio collinare si raccorda alla pianura con estrema gradualità. Il paesaggio è caratterizzato da una morfologia dolce, articolata in lunghi ripiani declinanti verso valle dove sono conservati antichi paleosuoli.

Locali erosioni del reticolo idrografico minore formano valli scarsamente approfondite separate da crinali dalle ampie

sommità dove affiorano le “sabbie gialle”.

Le rocce che compongono questa unità sono le formazioni delle Argille Azzurre e delle Sabbie Gialle (Pliocene - Pleistocene).

Questo paesaggio è presente prevalentemente nella parte nord-occidentale dell’area (in sinistra Reno).

Piana dei Fiumi Appenninici

Comprende i fondivalle e gli sbocchi di fiumi e torrenti al margine. Il paesaggio deve le sue caratteristiche alla dinamica dei corsi d’acqua appenninici, i quali nel loro corso intravallivo hanno formato ridotti depositi nastriformi, e depositato allo sbocco in il loro carico più grossolano, formando corpi sedimentari noti come conoidi alluvionali.

I suoli sono prevalentemente poco evoluti, spesso costituiti da materiali grossolani, secondo un gradiente deposizionale trasversale all’asse del corso d’acqua.

Talvolta lungo i fondivalle e lungo il margine appenninico si riconoscono, in forma di terrazzi più o meno ampi, lembi residuali di antichi livelli di piane alluvionali, su cui si rinvengono suoli molto sviluppati ed evoluti (paleosuoli), simili

a quelli già descritti nel paesaggio precedente.

All’ampia variabilità geomorfologica, ovvero di substrati e di forme del paesaggio, corrisponde un’altrettanto elevata variabilità pedologica, sia in termini di caratteri funzionali (tessitura, scheletro, profondità) che di livello evolutivo.

La coltivazione della vite è diffusa in maniera preponderante a quote inferiori ai 300 m s.l.m.m., in sinistra Reno su suoli a tessitura fine, con contenuto in calcare variabile e su suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei.

I suoli a tessitura fine si rinvengono sia nei versanti generalmente dissestati su Argille Scagliose, sia nei primi rilievi collinari su Argille Azzurre Plio-pleistoceniche, sia sulle paleo superfici subpianeggianti che corrispondono agli antichi conoidi alluvionali.

I suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei, si ritrovano sulle facies siltose dei litotipi presenti nel paesaggio dei Colli con frane e calanchi e in quello dei Primi colli.

Dal punto di vista climatologico, con riferimento al trentennio 1961-1990 (riferimento climatico di base secondo le convenzioni dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale), l’area è caratterizzata da una piovosità media annua che va da 800mm nell’alta pianura a 1.200 mm nelle zone collinari più elevate e da temperature medie comprese, con inverso gradiente rispetto alle precipitazioni tra 14° C e 12° C.

Nella bassa collina il bilancio idrico climatologico (differenza tra precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale annue) evidenzia la presenza di un moderato deficit idrico (fino a 350 mm di deficit annuo) che può essere considerato un fattore positivo per la qualità delle produzioni vitivinicole, in quanto un certo stress idrico estivo favorisce nelle uve in maturazione la concentrazione degli zuccheri e la sintesi di componenti aromatici. Sopra la quota di circa 400 m

s.l.m. il bilancio idrico climatologico evidenzia invece la presenza di un surplus idrico anche elevato (fino a 800 mm annui).

Le sommatorie termiche, calcolate con soglia 0°C, vanno dai i 4.500 ai 4.900 gradi giorno nella bassa collina. Sono inferiori a 4.500 gradi giorno sopra la quota di circa 400 m s.l.m.

L’Indice di Winkler assume nella zona valori massimi di circa 2.100 nelle zone a quote meno elevate.

La disponibilità termica, almeno nella fascia sotto i 400 m s.l.m., è ottimale, per la crescita e la maturazione di un’ampia gamma di vitigni.

In Emilia-Romagna per il periodo 2030-2050 si prevedono temperature più elevate, precipitazioni più concentrate ed un aumento dell'intensità e durata degli episodi estremi di caldo e siccità.

Il cambiamento sarà progressivo ed e già verificabile nelle analisi dei dati e degli eventi estremi.

Per esempio le anomalie climatiche del 2003 e del 2006 - 2007 hanno evidenziato quali potrebbero essere le condizioni meteorologiche abituali nei prossimi anni, con livelli di evapotraspirazione e di deficit idrico finora considerati impossibili.

Gli impatti sulle produzioni agricole sono stati particolarmente intensi, con cali di resa, in caso di irrigazione insufficiente, fino al 50%, ed hanno interessato anche colture collinari, come il castagno ed i prati-pascoli.

Le alte temperature hanno influito negativamente sullo sviluppo fenologico delle colture e invece positivamente sulla crescita e sull’aggressività dei fitofagi.

In frutticoltura importanti ricadute negative si sono osservate sulla pezzatura.

In viticoltura l’aumento della gradazione zuccherina è stata accompagnata da una diminuzione dell’acidità, con modifiche delle caratteristiche organolettiche dei vini.

L’agricoltura regionale si troverà quindi in condizioni di accentuata vulnerabilità a fronteggiare nuove sfide: maggiore aleatorietà delle rese finali, aumento dei costi produttivi ed assicurativi, degrado della qualità del suolo e delle acque, danni da eventi estremi.

Il quadro generale impone di seguire puntualmente le dinamiche in atto in Emilia - Romagna, attraverso il monitoraggio delle variabili meteorologiche ed agro-ambientali e la messa a punto di strumenti di analisi e previsione, quali bollettini, modelli ed indicatori.

La particolare struttura litologica della zona di produzione “colli bolognesi” ha dato origine ad una morfologia dolcemente ondulata che ne ha permesso un’intensa coltivazione agraria specialmente arborea: i terreni che si sono formati nel tempo costituiscono il supporto ottimale per i vigneti pregiati della zona.

Le temperature oscillano durante l’anno tra – 8° C e + 36° C; il clima è asciutto, assolato e ventilato.

La zona non comprende zone di pianura e presenta un’altimetria compresa tra i m. 100 e m. 550 sul livello del mare.

Dall’esame dei recenti studi effettuati dall’ARPA Emilia-Romagna, dalla Regione Emilia-Romagna e dal CRPV (Centro Ricerche Produzioni Vegetali) della stessa Regione, sul territorio dei Colli Bolognesi la variabilità climatica, analizzata nel triennio 2003-2006, periodo in cui sono stati rilevati i dati produttivi e qualitativi, é risultata scarsa, complice anche l’omogeneità orografica del territorio, compreso tra i 70 e i 250 m di altitudine.

L’Indice di Winkler medio triennale é variato dai 1982 gradi-giorno di Montebudello, a 140 m di altitudine s.l.m., ai 2144 gradi-giorno di Zola Predosa, a 74 m s.l.m.

Questo differenziale di 162 gradi-giorno (GG) può essere significativo ma la media del territorio é stata di 2083 GG, con somme termiche elevate, quindi, anche al di sopra dei 200 m s.l.m.

È comunque significativa la relazione negativa tra altitudine e indice di Winkler che, se si esclude il sito di Montebudello, anormalmente fresco, diventa molto significativa (R2=0,98).

Poca variabilità é emersa anche dalle precipitazioni del periodo aprile-ottobre, i cui valori massimi sono stati registrati a Montebudello, con 522 mm, mentre quelle minimi sono state registrate a Monte San Pietro con 451 mm.

Riunendo i dati qualitativi del mosto di Cabernet Sauvignon, ottenuti nei vigneti-guida distribuiti sul territorio, in tre classi di I.W., < a 1990, tra 2000 e 2100 e > a 2100 gradi-giorno, traspare molta omogeneità climatica del territorio.

Nella classe centrale emerge forse un miglior equilibrio complessivo della maturazione.

È evidente, però, una significativa caduta del livello di antociani e di polifenoli totali negli ambienti al di sopra dei 2100 gradi-giorno.

L’altitudine in cui si posiziona il vigneto sembra influenzare moderatamente le caratteristiche qualitative di questa varietà, anche a causa di differenze altitudinali poco importanti. Al di sopra dei 150 m s.l.m. l’uva matura risulta più acida senza evidenti differenze nel grado zuccherino e nel livello di antociani e di polifenoli totali.

Le forme di allevamento maggiormente utilizzate sono a spalliera e a spalliera doppia.

La produzione media di attesta sui 60 – 90 qt/ettaro.

Le pratiche colturali sono limitate in quanto i vigneti sono parzialmente o totalmente inerbiti, per evitare erosioni da parte delle acque di ruscellamento.

 

2) fattori umani rilevanti per il legame

Quando i romani, circa due secoli prima della nascita di Cristo, sottomisero ed unificarono sotto il segno della lupa i territori abitati dalle tribù dei galli boi, avevano probabilmente mille motivi per farlo, non esclusi quelli legati alle ricchezze agricole di tali zone.

I filari di vite erano maritati ad alberi vivi, secondo l’uso introdotto dagli etruschi e sviluppato successivamente dai galli. Tale metodo infatti, lo si chiama “arbustum gallicum”, particolarmente adatto non solo alle terre basse ed umide della pianura, ma soprattutto si era incrementato notevolmente sulla zona collinare.

È accertato che da tali terreni, soprattutto quelli collinari posti a sud di Bononia, i nostri antenati latini producessero vini che li appassionarono moltissimo. Le terre dell’agro bononiense erano coltivate dai veterani di tante campagne militari in tutto il mondo allora conosciuto, per cui la bevanda bacchica era palesemente bevuta, gustata ed apprezzata.

Plinio il Vecchio - I° sec. d.C. - nel capitolo “Ego sum pinus laeto” tratto dalla monumentale opera di agronomia “Naturalis historia”, enuncia che in “apicis collibus bononiensis” vi si produceva un vino frizzante ed albano, cioè biondo, molto particolare ma non abbastanza dolce per essere piacevole e quindi non apprezzato, poiché è risaputo che durante l’epoca imperiale era gradito il vino dolcissimo, speziato ed aromatizzato con innumerevoli essenze, inoltre, sempre molto “maturo” in quanto i vini giovani non erano in grado di soddisfare i pretenziosi palati della nobiltà.

Erano trascorsi poco meno di tre secoli dalla conquista romana - 179 a.C. - che il vino era radicalmente mutato, ma non le qualità e caratteristiche uniche di tale nettare.

Riprendendo il cammino alla ricerca di tracce che ci possano condurre ai vini che oggi degustiamo, ci imbattiamo nelle biografie dell’operosità di tali monaci-agresti che sono giunte fino ai giorni nostri, in cui si menzionano i notevoli impulsi dati per lo sviluppo della vite.

Si sparsero in tutte le regioni italiane e nel migrare verificarono che sulle colline bolognesi si produceva un buon vinello

dorato e mordace, appunto frizzante.

OMNIA ALLA VINA IN BONITATE EXCEDIR - decisamente “…un vino superiore per bontà a tutti gli altri…” e bevuto non solo durante le pratiche liturgiche, ma anche con gioia alla tavola del nobile e del volgo, ottenuto da uve conosciute ed apprezzate come pignole!  

I secoli che da allora sono trascorsi per giungere fino ai giorni nostri, sono stati indiscussi testimoni di innumerevoli fatti e citazioni riguardanti i vini delle nostre splendide colline bolognesi.

Lo statuto di Bologna del 1250 ordina la costruzione della “Strada dei vini” per trasportare con sicurezza verso Bologna i vini ottenuti nelle colline a sud della città.

A partire dal 1250 risalgono i primi estimi del comprensorio vitivinicolo. In relazione al disciplinare si può affermare che:

base ampelografica dei vigneti:

i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area di produzione.

le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura

che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione

della chioma.

le pratiche relative all’elaborazione dei vini

sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso di vini tranquilli ma strutturati.

 

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi della lettera A) e quelli della lettera B)

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati a ad est sud est, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, con notevoli sbalzi termici e pertanto favorevole all’espletamente di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

La tradizione millenaria della produzione di vino, insieme alle caratteristiche uniche del territorio, garantisce la qualità dei vini a DO Colli Bolognesi.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24 – 00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

Mail info@valoritalia.it

website www.valoritalia.it

 

VALORITALIA S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato

articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 3).

 

ALLEGATO 1

«COLLI BOLOGNESI» SOTTOZONA «BOLOGNA».

 

Articolo 1

Denominazione

 

1. La denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi», nei limiti ed alle condizioni stabilite dal presente  disciplinare,  può essere  accompagnata  dal  riferimento  della  sottozona   «Bologna», espressamente disciplinata nel presente  allegato,  per  le  seguenti tipologie:

   

Rosso anche nella versione riserva;

Bianco;

Spumante.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

1. La denominazione di origine controllata «Colli  Bolognesi» seguita dal riferimento alla sottozona «Bologna» è riservata al vino rosso, anche nella versione riserva, ottenuto dalle uve prodotte  dai vigneti  aventi,  nell'ambito  aziendale,  la  seguente  composizione ampelografica:

Cabernet Sauvignon in misura non inferiore al 50%;

possono concorrere alla produzione di detto vino altri vitigni  a bacca rossa, non aromatici, idonei alla  coltivazione  nella  regione Emilia-Romagna, fino ad un massimo del  50%,  iscritti  nel  Registro nazionale delle varietà di  vite  per  uve  da  vino  approvato  con decreto  ministeriale  7  maggio  2004  pubblicato   nella   Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre 2004,  e  da  ultimo  aggiornato  con decreto  ministeriale  28  maggio  2010  pubblicato  nella   Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2010.

 

2. La denominazione di origine controllata «Colli  Bolognesi» seguito dal riferimento alla sottozona «Bologna» è riservata al vino bianco ottenuto dalle uve prodotte dai  vigneti  aventi,  nell'ambito

aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Sauvignon in misura non inferiore al 50%;

possono concorrere alla produzione di detto vino altri vitigni  a bacca bianca, idonei alla coltivazione nella regione  Emilia-Romagna, fino ad un massimo del 50%, iscritti  nel  Registro  nazionale  delle varietà di vite per uve da vino approvato con decreto ministeriale 7 maggio 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre

2004, e da ultimo aggiornato con decreto ministeriale 28 maggio 2010 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2010.

In tale ambito, la varietà Trebbiano può concorrere fino ad un massimo del 15%.

 

3. La denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi» seguito dal riferimento alla sottozona «Bologna» e' riservata al vino spumante ottenuto dalle uve prodotte dai vigneti aventi,  nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Chardonnay, Pinot bianco, da soli o congiuntamente,  in  misura non inferiore al 40%;

Sauvignon, Riesling, Pinot nero, Grechetto Gentile  da soli o congiuntamente, per l'eventuale differenza.

 

Articolo 3

Zona di produzione

 

La zona di produzione delle uve dei vini a denominazione di origine controllata «Colli Bolognesi» con riferimento alla sottozona «Bologna» comprende l'intero territorio collinare situato nei  comuni di

Monteveglio, Castello di Serravalle, Monte San Pietro, 

e quello situato in parte nei comuni di

Bologna, Bazzano, Marzabotto, Pianoro, Crespellano, Savigno, Casalecchio di Reno, Sasso Marconi, S.  Lazzaro di Savena, Zola Predosa e Savignano sul Panaro,

tutti in provincia di Bologna.

 

Tale zona è così delimitata: 

partendo dal  ponte  del  fiume Savena sulla via Emilia (strada statale  n.  9)  nel comune  di  San Lazzaro di Savena, il confine segue in direzione  ovest  tale  strada fino a raggiungere il centro abitato di Bologna  per  costeggiarlo  a

sud e seguire in uscita verso ovest la strada statale n. 64. Prosegue sempre verso ovest lungo tale strada e, raggiunto il centro abitato di  Casalecchio  di  Reno,  imbocca  la   strada   statale n. 569 attraversando poi i centri abitati di  Zola  Predosa  e  Crespellano.

Giunto a Bazzano, in località Gabella abbandona la strada statale n. 569 ed imbocca via Castelfranco fino alla località Sabbionara  per deviare verso sud per una laterale privata  che  partendo  dalla  via Castelfranco al numero civico 8, attraversa la zona artigianale  sino al numero civico 104 e si immette di nuovo nella  strada  statale  n. 569,  che  porta  all'incrocio  con  via  Rio   d'Orzo,   dopo   aver attraversato il centro abitato di Savignano sul Panaro.

Il confine prosegue lungo via Rio d'Orzo fino al proseguimento in via Castello che successivamente incrocia il  confine  amministrativo del comune di Castello di Serravalle.

Prosegue a sud lungo il confine del territorio comunale di Castello di Serravalle  e  poi  lungo  il confine  del  comune  di  Savigno,  sempre  in  direzione  sud,  fino all'incrocio con Rio dei Bignami.

Continua quindi lungo Rio dei Bignami, verso est, fino alla confluenza nel torrente Samoggia per proseguire a nord fino al  ponte della strada provinciale Valle del Samoggia SP 27.

Da qui seguendo via Gardelline incontra il confine amministrativo del comune di Monte San Pietro e lo scorre a sud fino ad incontrare via Medelana che percorre verso est e raggiunge la strada  statale Porrettana SS 64.

Prosegue per un breve tratto della Statale Porrettana, verso nord, fino ad incrociare sulla destra via San Silvestro che imbocca e percorre fino alla località Panico per proseguire su via Canovella.

Al termine della via Canovella prende la strada forestale che, passando a sud del Monte Santa Barbara, riconduce a  via  Brigata Stella Rossa proseguendo per la stessa.

Successivamente, incrocia la Strada Provinciale Val di Setta SP 325 che percorre in direzione nord fino all'incrocio con  via  Badolo SP 58.

Da qui segue via Badolo fino all'incrocio sulla destra con via Valli e  continua  fino  al  bivio  con  la  strada  forestale  delle Calcinare lambendo Ca' Zanetti e giungendo in via Casale.

Il confine procede lungo via Casale verso nord fino all'incrocio con via Guzzano e successivamente con  via  Fratelli  Dall'Olio  fino alla località di Pianoro Vecchio.

Prosegue verso sud per via Nazionale - Strada provinciale della Futa SP 65 fino alla località Zula dalla quale imbocca verso est  la strada  provinciale  Zena  SP  36;  percorre via  Zena fino al congiungimento con il fiume Savena che seguendolo conclude il confine della sottozona al ponte sulla via Emilia.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1. Per i nuovi impianti e reimpianti dei vigneti  destinati  alla produzione dei vini a denominazione  di  origine  controllata  «Colli Bolognesi»  recante  il  riferimento  alla  sottozona  «Bologna»,  la densità minima di ceppi per ettaro deve essere non inferiore a  3.000 piante per ettaro.

2. Le rese massime di  uva  per  ettaro  di  vigneto  in  coltura specializzata e le gradazioni  minime  naturali  delle  uve,  per  la produzione dei vini a denominazione  di  origine  controllata  «Colli Bolognesi» recante il riferimento alla  sottozona  «Bologna»,  devono essere rispettivamente le seguenti:

 

"Colli Bolognesi" Bologna rosso:10,00 t/ha, 11,50% vol.;

"Colli Bolognesi" Bologna bianco: 11,00 t/ha, 10,50% vol.;

"Colli Bolognesi" Bologna spumante: 11,00 t/ha, 9,50% vol.  

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1. Per i vini  a  denominazione  di  origine  controllata  «Colli Bolognesi»  recanti  il  riferimento  alla  sottozona  «Bologna»,  le operazioni   di   vinificazione   ivi    comprese    l'invecchiamento obbligatorio, l'imbottigliamento e l'affinamento in bottiglia, devono essere  effettuate  all'interno  della  zona  di  produzione   «Colli Bolognesi»  come  delimitata  nell'art.   3   del   disciplinare   di produzione.

2. La qualificazione aggiuntiva riserva  può  essere  utilizzata dal vino «Colli Bolognesi» Bologna rosso immesso al consumo  dopo  un periodo minimo di invecchiamento non inferiore  a 

36 mesi, 

di cui almeno 5 mesi di affinamento in  bottiglia, 

con decorrenza  dal  1° novembre dell'anno della vendemmia.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

1.  I  vini  a  denominazione  di  origine   controllata   «Colli Bolognesi»  recanti  il  riferimento  alla  sottozona  «Bologna»  del presente  allegato,  all'atto  dell'immissione  al   consumo   devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Colli Bolognesi» Bologna rosso:

colore: rosso rubino tendente al granato con l'invecchiamento;

profumo: intenso, gradevole, caratteristico, a volte erbaceo;

sapore: vellutato, di corpo, sapido, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;

zuccheri riduttori massimo: 8,00 g/l;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto secco netto minimo: 20,00 g/l;

     

«Colli Bolognesi» Bologna rosso con qualificazione aggiuntiva riserva:

colore:  rosso   rubino   intenso   tendente   al   granato   con l'invecchiamento;

profumo: intenso, gradevole, caratteristico, talvolta erbaceo;

sapore: vellutato, di corpo, sapido, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;

zuccheri riduttori massimo: 8,00 g/l;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l;

     

«Colli Bolognesi» Bologna bianco:

colore: giallo paglierino piu' o meno carico;

profumo: delicato, gradevole e caratteristico;

sapore:  secco  o  abboccato,  armonico,  fresco,  tranquillo o leggermente brioso;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;

     

«Colli Bolognesi» Bologna Spumante:

spuma: fine e persistente

colore: giallo paglierino più o meno carico;

profumo: delicato, gradevole e caratteristico;

sapore:  extra  brut,  brut, extra dry, armonico, fresco, moderatamente acido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

Articolo 7

Etichettatura e presentazione

 

Nella designazione  dei  vini  a  denominazione  di  origine controllata «Colli  Bolognesi»  con  il  riferimento  alla  sottozona «Bologna», l'indicazione della sottozona  e  della  tipologia  devono essere riportate congiuntamente nel medesimo campo visivo.

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 

LAMBRUSCO DI SORBARA

D.O.C.

Decreto 01 agosto 1997

Modifica Decreto 27 maggio 2002

Modifica Decreto 03 marzo2004

Modifica Decreto 18 dicembre 2007

Modifica Decreto 30 dicembre 2008

Modifica Decreto 27 luglio 2009

Modifica Decreto 29 marzo 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 30 marzo 2015

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La denominazione di origine controllata «Lambrusco di Sorbara» è riservata ai vini rossi e rosati che rispondono alle condizioni ed ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

«Lambrusco di Sorbara» rosso spumante;

«Lambrusco di Sorbara» rosato spumante;

«Lambrusco di Sorbara» rosso frizzante;

«Lambrusco di Sorbara» rosato frizzante.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La denominazione di origine controllata «Lambrusco di Sorbara» è riservata ai vini spumanti e ai vini frizzanti ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Lambrusco di Sorbara: minimo 60%,

Lambrusco Salamino: massimo 40%;

altri Lambruschi, da soli o congiuntamente fino a un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini spumanti e dei vini frizzanti a denominazione di origine controllata «Lambrusco di Sorbara» comprende l'intero territorio amministrativo dei comuni di

Bastiglia, Bomporto, Nonantola, Ravarino, San Prospero,

tutti in provincia di Modena,

e parte del territorio amministrativo dei comuni di

Campogalliano, Camposanto, Carpi, Castelfranco Emilia, Modena, Soliera, San Cesario sul Panaro,

tutti in provincia di Modena.

 

Tale zona è così delimitata:

da una linea che partendo da località C. del

Galletto che si trova sul confine tra la provincia di Modena e di Bologna, in frazione Redù, segue il detto confine fino al paese di Camposanto imbocca la strada provinciale per Cavezzo e dopo aver toccato le località di Balboni, La Marchesa, Madonna del Bosco e seguito il confine tra i comuni di San Prospero e Medolla, toccando le località C. Tusini, C. Cantarelli - arriva in località «la Bassa» - estremo limite settentrionale del comune di San Prospero.

Qui la linea abbandona la strada provinciale e seguendo i confini fra i comuni di San Prospero e Cavezzo, raggiunge la località Villa di Motta, segue la riva sinistra dei fiume Secchia fino in località le Caselle, indi piega a sud lungo la via delle Caselle arriva fino a Palazzo delle Lame.

Piega poi a est seguendo la strada che da Palazzo delle Lame arriva a C. Serraglio, quindi ripiega verso sud seguendo la strada del Cavetto fino a Viazza e prosegue oltre fino a C. Martinelli, di qui ripiega ancora verso ovest, fino a C. della Volta per riprendere di nuovo in direzione sud passando per via Scuola fino a raggiungere la Statale Romana (Strada Nazionale per Carpi Nord)

Prende poi ripiegando a ovest la prima strada che con direzione sud conduce fino alla stazione di Soliera e indi a Ganaceto, da qui dopo aver toccato le località C. Federzoni, C. Bulgarelli, C. Marchi, segue il cavo Lama fino al confine provinciale che raggiunge in zona Fornace.

Da qui la delimitazione coincide con il confine tra le province di Modena e Reggio Emilia, che costituisce il limite occidentale della zona tipica di produzione dei vini DOC «Lambrusco di Sorbara» fino in località Marzaglia. Abbandonato il sopraddetto confine provinciale la linea di delimitazione segue prima la strada ferrata delle Ferrovie dello Stato e poi l'autostrada del Sole fino ad incrociare il torrente Cerca subito dopo aver superato la strada statale n.

12.

Da questo punto piega per breve tratto verso nord, seguendo il corso del torrente Cerca e successivamente verso est seguendo la strada comunale che porta a Vaciglio toccando C. Conigliani e C. Peschiera.

Da Vaciglio segue la strada che passando per C. Righetti, C. Pini, C. Mariani, giunge al torrente Tiepido nei pressi di C. Nava.

Discende detto torrente fino a S. Damaso e piegando verso est la linea di delimitazione segue la strada che passando per C. Mari e C. Vaccari raggiunge il fiume Panaro nei pressi di Colonia.

Discende il corso del Panaro fino alla località Ponte di S. Ambrogio e da qui, partendo dalla via Emilia, segue il tragitto della via Mavora fino a raggiungere il confine comunale tra Nonantola e Castelfranco Emilia e, seguendo il confine medesimo, raggiunge la località C.del Galletto.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

4.1 Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a DOC «Lambrusco di Sorbara» devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

E' ammessa l'irrigazione di soccorso.

4.2 I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

4.3 La produzione massima di uva per ettaro e la gradazione minima naturale sono le seguenti:

 

Spumante: 18,00 t/ha, 9,50% vol.;

Frizzante: 18,00 t/ha, 9,50% vol.

 

Per i vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva a ettaro deve essere rapportata alla superficie effettivamente impegnata dalla vite.

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all'art. 1 devono essere riportati nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

5.1 Nella vinificazione ed elaborazione dei vini spumanti e dei vini frizzanti a DOC «Lambrusco di Sorbara» sono ammesse le pratiche enologiche, leali e costanti, comprese quelle che riguardano la tradizionale rifermentazione, indispensabili a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

5.2 Le operazioni di vinificazione e di preparazione dei vini spumante e frizzante, ossia le pratiche enologiche per la presa di spuma e per la stabilizzazione, la dolcificazione, nonché le operazioni di imbottigliamento e di confezionamento, conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento e il condizionamento devono aver luogo nel territorio della provincia di Modena per salvaguardare la qualità e la reputazione, nonché garantire l’origine e assicurare l’efficacia dei controlli.

Restano valide le autorizzazioni in deroga a vinificare e elaborare i vini frizzanti, nell’immediata vicinanza dell’area di produzione fino ad oggi rilasciate dal ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009 e alle condizioni di cui all’articolo 10, comma 3 e 4 del decreto legislativo n. 61/2010.

5.3 Nella elaborazione dei vini frizzanti di cui all'art. 1, la dolcificazione può essere effettuata con mosti d'uva, mosti d'uva concentrati, mosti d'uva parzialmente fermentati, vini dolci, tutti provenienti da uve di vigneti iscritti all'albo atte alla produzione dei vini a DOC «Lambrusco di Sorbara» prodotti nella zona delimitata dal precedente art. 3, o con mosto concentrato rettificato.

L'arricchimento, quando consentito, può essere effettuato con l'impiego di mosto concentrato rettificato o, in alternativa, con mosto di uve concentrato ottenuto dalle uve di vigneti delle varietà Lambrusco prodotte in provincia di Modena, iscritti all'albo o all'elenco delle vigne.

Il mosto concentrato e/o il mosto concentrato rettificato proveniente da uve non destinate alla produzione dei vini a DOC «Lambrusco di Sorbara» aggiunti nell'arricchimento e nella dolcificazione dovranno sostituire un'eguale quantità di vino a DOC.

La presa di spuma, nell'arco dell'intera annata, deve effettuarsi con mosti di uve, mosti di uve concentrati, mosti di uve parzialmente fermentati, vini dolci, tutti provenienti da uve atte alla produzione dei vini DOC «Lambrusco di Sorbara», anche su prodotti arricchiti; in alternativa, con mosto concentrato rettificato o mosto concentrato ottenuto da uve prodotte da vigneti ubicati in provincia di Modena purché tali quantitativi siano sostituiti da identiche quantità di vino DOC, anche su prodotti arricchiti.

I vini a denominazione di origine controllata «Lambrusco di Sorbara», elaborati nella tipologia spumante e frizzante, devono essere ottenuti ricorrendo alla pratica della fermentazione/rifermentazione naturale in bottiglia («fermentazione in bottiglia secondo il metodo tradizionale» o «metodo tradizionale» o «metodo classico» o «metodo tradizionale classico») e della fermentazione/rifermentazione naturale in

autoclave, secondo quanto previsto dalle norme comunitarie e nazionali.

5.4 Le operazioni di arricchimento, l'aggiunta dello sciroppo zuccherino, l'aggiunta dello sciroppo di dosaggio nella preparazione dei vini spumanti «Lambrusco di Sorbara» sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

5.5 La resa massima dell'uva in vino finito non deve essere superiore al 70% per tutte le tipologie.

Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non l'80%, anche se la produzione ad ettaro resta al di sotto del massimo consentito, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine e può essere rivendicata con la menzione IGT esistente sul territorio.

Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata «Lambrusco di Sorbara» all'atto dell'immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Lambrusco di Sorbara» rosso spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: rosso rubino o granato di varia intensità;

profumo: gradevole, fine, gentile, floreale, ampio e composito;

sapore: da brut nature a dolce, di corpo fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Lambrusco di Sorbara» rosato spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: gradevole, fine, gentile, floreale, ampio e composito;

sapore: da brut nature a dolce, fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima; 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Lambrusco di Sorbara» rosso frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino o granato di varia intensità;

profumo: gradevole, profumo che ricorda quello della violetta;

sapore: secco o asciutto, abboccato o semisecco, amabile, dolce, di corpo fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Lambrusco di Sorbara» rosato frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: gradevole, fruttato, caratteristico;

sapore: secco o asciutto, abboccato o semisecco, amabile, dolce, fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima; 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

E' in facoltà del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali modificare, con proprio

decreto, i limiti minimi sopra indicati per l'acidità' totale e l'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

 

7.1 Nella designazione e presentazione dei vini a denominazione di origine controllata «Lambrusco

di Sorbara», è vietata qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quella prevista dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi «extra», «scelto», «selezionato», e similari.

7.2 Nella presentazione dei vini a denominazione di origine controllata «Lambrusco di Sorbara» frizzante è obbligatorio il riferimento al contenuto in zuccheri residui come da indicazioni di legge.

Per i vini spumanti a denominazione di origine controllata «Lambrusco di Sorbara» è obbligatorio il riferimento al residuo zuccherino come stabilito dalla normativa comunitaria.

7.3 I vini «Lambrusco di Sorbara» rosati frizzanti e spumanti devono riportare in etichetta l'indicazione «rosato». Per i vini spumanti a denominazione di origine controllata «Lambrusco di Sorbara» «rosato» e' ammessa, in alternativa, l'indicazione «rosé».

 

Articolo 8

Confezionamento

 

8.1 I vini designati con la denominazione di origine controllata «Lambrusco di Sorbara» devono essere immessi al consumo in idonee bottiglie di vetro aventi la capacità non superiore a litri 0,750.

8.2 In considerazione della consolidata tradizione è consentita la commercializzazione di vino, avente un residuo zuccherino minimo di 5 grammi per litro, necessario alla successiva

fermentazione naturale in bottiglia, con la DOC «Lambrusco di Sorbara» purché detto prodotto sia confezionato in contenitori non a tenuta di pressione di capacità da 10 a 60 litri.

8.3 Per i vini frizzanti a denominazione di origine controllata «Lambrusco di Sorbara».

Sono consentiti i tipi di chiusura ammessi per i vini frizzanti, compresa la chiusura con tappo a fungo ancorato, tradizionalmente usato nella zona, con eventuale capsula di altezza non superiore a 7 cm, escluso il tappo a corona. L'utilizzo del tappo a corona e' ammesso solamente nel confezionamento di contenitori aventi la capacità di litri 0,200 e litri 0,375. I vini spumanti a denominazione di origine controllata «Lambrusco di Sorbara», devono essere immessi al consumo esclusivamente con il tappo a fungo ancorato a gabbietta e capsula. Per bottiglie con contenuto nominale non superiore a cl 20 e' ammesso altro dispositivo di chiusura adeguato.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La provincia di Modena, al centro della regione emiliana, ha tutte le caratteristiche climatiche della Valle Padana, anche se differenziazioni non lievi sono indotte dal fatto che la metà di essa si sviluppa nella regione collinare e montuosa appenninica.

La speciale posizione della pianura, posta ai piedi dell’Appennino, è la causa di un regime termo pluviometrico tipicamente continentale, con estati calde ed inverni rigidi.

I venti umidi del sud vi giungono generalmente asciutti, determinando una bassa pluviometria, molto inferiore a quella che si registra, ad esempio nell’Italia centrale.

I valori medi degli indici relativi alla luminosità, all’escursione termica alle precipitazioni piovose, confermano l’alto grado di continentalità del nostro clima caratterizzato tra l’altro da piovosità mal distribuita, con due massimi (primavera ed autunno) di pericoloso eccesso idrologico e due minimi (inverno ed estate) di grave carenza.

Per quanto concerne la piovosità in particolare, l’ambiente della pianura modenese presenta valori sempre più bassi rispetto alla restante pianura emiliana soprattutto nei mesi estivi, tanto che la pluviometria naturale non copre mediamente più della metà del fabbisogno idrico delle colture agrarie.

La natura argillosa e compatta di gran parte dei terreni modenesi non ha certo facilitato l’esercizio dell’agricoltura attraverso i secoli e ne costituisce ancor oggi uno degli aspetti più difficili.

Questi caratteri geografici sono raccontati nel capitolo dedicato all’Ambiente Geografico del volume VI “Ducato di Modena e Reggio” compreso nell’opera letteraria di Giuseppe Gorani “L’Italia del XVIII secolo” che apre il capitolo con questa frase: “ La natura sembra abbia favorito in modo particolare la città e il territorio dello Stato di Modena”.

Si deve soprattutto all’attività dell’uomo il fatto di avere creato le condizioni per mantenere l’ambiente naturale e fertile attraverso canalizzazioni di scolo, difesa degli eccessi idrologici, tecniche ed ordinamenti colturali basati sull’impiego di ammendanti organici per ridurre il carattere negativo della eccessiva argillosità dei terreni agrari.

 

2. Fattori umani rilevanti per il legame

Della “vitis Labrusca” ne parla Catone nel De Agricoltura e Varrone nel De Rustica. E ancora Plinio, che nella Naturale Historia, documenta le caratteristiche della “vitis vinifera” “le cui foglie come quelle della vite Labrusca, diventano di colore sanguigno prima di cadere”.

Nel 1300 il bolognese Pier dè Crescenzi, nel suo trattato di agricoltura osserva sulle Labrusche, che “nere sono, tingono i vini e chiariscono, ma intere e con raspi stropicciati si pongono nei vasi e non viziano il sapore del vino”.

E’ il primo documento che indica che in quei tempi era nato l’uso di fare il vino dall’uva di quelle viti, che forse non erano più tanto “selvatiche”. Occorre ricordare infatti che le antiche Labrusche erano le viti selvatiche (vitis vinifera silvestris) o le viti della sottospecie vitis vinifera sativa, che nascevano spontaneamente da seme, nei luoghi non coltivati.

Per questo motivo il Lambrusco è considerato uno dei vitigni più autoctoni del mondo in quanto deriva dall’evoluzione

genetica della vitis vinifera silvestris occidentalis la cui domesticazione ha avuto luogo nel territorio modenese.

Il vino Lambrusco è sempre stato tenuto in grande onore dai Duchi, tanto è vero che, due secoli e mezzo prima, in un suo “olografo” del giugno del 1430, Nicolò III d’Este aveva ordinato che “di tutto il vino che veniva condotto da Modena a Parigi, la metà del dazio non venisse pagata”, in modo da favorirne il commercio.

Gli autori più significativi dell’800 confermano come nel corso dei secoli Modena rappresenta un territorio vocato alla produzione di vini mossi che hanno acquisito particolare notorietà e tradizione di produzione e consumo e i cui caratteri sono dovuti esclusivamente o essenzialmente all’ambiente, compresi tutti i fattori naturali e umani che lo

definiscono.

L’origine storica della denominazione “Lambrusco di Sorbara” è sicuramente nota fin dal 1800 come dimostrano i numerosi documenti storici tra i quali troviamo il Saggio Chimico- Igeologico-Terapeutico sul vino “Lambrusco di Sorbara” estratto dal fascicolo dell’Associazione Agraria Italiana della regia Accademia di Torino pubblicato sulla Gazzetta di Modena di mercoledì 11 giugno 1862, il catalogo descrittivo delle principali varietà di uve coltivate nelle provincie di Modena e di Reggio Emilia pubblicato nel 1867, il saggio analitico “I lambruschi di Sorbara e salamino” di Enrico Ramazzini del 1885.

L’incidenza dei fattori umani si rileva in particolare nella determinazione degli aspetti tecnici e produttivi che rappresentano gli elementi di relazione con il disciplinare di produzione:

La base ampelografica dei vigneti:

Il “Lambrusco di Sorbara” è un vitigno a bacca rossa di elevata vigorìa con portamento semi-eretto ma ha fiori fisiologicamente femminili con stami riflessi e polline sterile per cui è soggetto ad acinellatura. Si è reso così necessario prevedere nella base ampelografia dei vigneti altri vitigni lambrusco per consentire l’impollinazione e la fruttificazione

delle uve Lambrusco di Sorbara. I vigneti preposti alla produzione delle uve DOC “Lambrusco di Sorbara” devono avere una base ampelografica così composta:

- lambrusco di Sorbara, almeno il 60% della superficie vitata totale;

- lambrusco salamino, almeno il 25% ma non oltre il 40% della superficie vitata totale;

- altri lambruschi tradizionalmente coltivati nella zona fino ad un massimo del 15% della superficie vitata totale.

Le forme di allevamento:

L’ambiente pedoclimatico modenese favorisce un naturale accrescimento della vite.

Le imprese viticole hanno optato per forme di allevamento a cordone permanente con tralci ricadenti capaci di contenere la vigoria delle piante.

La forma di allevamento deve inoltre consentire un’adeguata distribuzione spaziale delle gemme, esprimere la potenzialità produttiva delle piante, permettere la captazione dell’energia radiante, assicurare sufficiente aerazione e luminosità ai grappoli.

Le forme di allevamento più diffuse sono il cordone libero, il G.D.C. . La densità d’impianto è di 2.500- 3.000 ceppi/ettaro. I portinnesti maggiormente utilizzati sono: Kober5BB, SO4, 420A, 1103P.

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini, sono quelle tradizionalmente consolidate, leali e costanti e fanno riferimento esclusivamente alla pratica della rifermentazione naturale in bottiglia e della rifermentazione naturale in autoclave, indispensabili a conferire ai vini DOC “Lambrusco di Sorbara” le loro peculiari caratteristiche.

Le operazioni di arricchimento e l’aggiunta dello sciroppo di dosaggio sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

Gli Autori latini (Catone, Plinio, Columella) nei loro scritti descrivono la produzione di un vino mosso (lambrusco) in grado di liberare spuma e quindi se ne deriva l’immagine di un vino frizzante.

Occorre però attendere lo sviluppo delle conoscenze che si ebbero dalla fine del ‘600 a tutto l’800 per capire la causa biologica e la natura chimica della fermentazione alcolica e alcuni aspetti relativi alla tecnica enologica collegata.

Altre scoperte dovevano però fare far in modo che tutta l’anidride carbonica prodotta nel corso della fermentazione rimanesse sciolta nel vino: occorreva da un lato un contenitore in grado di reggere la pressione e dall’altro un tappo che ne impedisse la fuga.

Sono due condizioni queste che si realizzarono tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700.

Tale propensione per vini frizzanti bianchi e rossi viene ricordata da Autori successivi del seicento e del settecento,fino

alla conclusione della lunga evoluzione genetica che porterà alla miglior identificazione delle viti selvatiche dei latini nelle varietà bianche e soprattutto rosse ( famiglia dei Lambruschi modenesi) descritte dagli ampelografi del 1800 ( in particolare Acerbi, Mendola e Agazzotti).

Oltre ai progressi tecnologici si ebbe anche un importante cambiamento climatico (piccola era glaciale) con autunni freddi e umidi, ritardi di maturazione e fermentazioni incomplete che determinavano riprese fermentative in botte con rottura delle stesse.

Dalla metà dell’800 alla metà del ‘900 la maniera più diffusa di ottenere un lambrusco frizzante naturale in senso industriale era rappresentata dalla rifermentazione in bottiglia.

Si otteneva così un lambrusco frizzante torbido, senza sboccatura, e la gran parte del prodotto.

Nel 1860 prese così ad operare a Modena la prima cantina di produzione di lambrusco frizzante di tutta l’Emilia.

Le produzioni migliori venivano comunque sottoposte alla eliminazione delle fecce anche con metodi che ne diminuissero le perdite quanti qualitative, dapprima con macchine travasatrici isobariche (messe a punto dal Martinotti a fine ‘800), mentre attualmente anche nei vini frizzanti e spumanti rifermentati in bottiglia si usa eliminare il deposito

di fecce di lievito dopo averlo fatto discendere verso il tappo e previo congelamento del collo della bottiglia.

 

B) Informazioni sulla qualità e sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuiti all’ambiente geografico.

La D.O.C. “Lambrusco di Sorbara” è riferita alla produzione di vini frizzanti e spumanti, nelle tipologie roso o rosato. Dal punto di vista analitico ed organolettico questi vini presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Dalle uve prodotte nella media pianura modenese con prevalenza di suoli “Sant’Omobono” si ottengono vini rossi di colore rubino più o meno intenso, poveri di struttura, di acidità medio - alta, di grado alcolico contenuto e con evidenti sentori floreali e fruttati. La freschezza e la fragranza dei profumi contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).

A Modena la vitivinicoltura ha un valore socio-economico molto importante ed è legata alla produzione di vini “frizzanti” e “spumanti”.

Il fattore ambientale più importante nel condizionare l’equilibrio vegeto-produttivo e la qualità del vino è il terreno. Pur nella loro variabilità determinata dall’ambiente e dagli interventi agronomici, i terreni agrari modenesi possono pertanto considerarsi di buona fertilità che si identificano nei seguenti tre tipi rappresentativi:

a) terreni sciolti, di colorazione gialla o rossastra, poveri di calce e spesso anche di fosforo totale ed assimilabile, localizzati nella fascia pedecollinare ma anche ad altimetrie più elevate con suoli che in pianura vengono denominati “terre parzialmente decarbonate della pianura pedemontana”, mentre due sono i suoli dei rilievi “ terre scarsamente calcaree del margine appenninico”, “ terre calcaree del basso appennino localmente associate a calanchi;

b) terreni di medio impasto, ottimi sia sotto il profilo fisico che chimico, originati dalle alluvioni dei fiumi Secchia e Panaro, localizzati nella media pianura che rientrano nei suoli denominati “terre calcaree dei dossi fluviali con i suoli Sant’Omobono franca limosa argillosa”;

c) terreni argillosi, molto compatti ma chimicamente ben dotati e fertili, i quali costituiscono la maggior parte della pianura con i suoli denominati “terre argillose delle valli bonificate”.

I terreni di pianura appartengono alle alluvioni del pleistocene e dell’olocene, mentre i terreni collinari e montani, cretacei ed eocenici, sono molto ricchi di componenti finissimi e colloidali.

I terreni di pianura sono praticamente esenti da scheletro grossolano che invece è spesso presente nei terreni coltivati di collina e di montagna in forma di frammenti brecciosi che possono ostacolare le normali operazioni colturali.

Nella media pianura della provincia modenese dove sono coltivati i vigneti dedicati alla produzione di uve DOC “Lambrusco di Sorbara” prevalgono i suoli “Sant’Omobono franca limosa argillosa”.

L’indice di Winkler varia dai 1900 ai 2000 gradi giorno con precipitazioni del periodo aprile ottobre che si attestano attorno di 450 mm. La vigoria dei vigneti è elevata con produzioni medio alte.

La storia del Lambrusco e della produzione dei vini frizzanti nel territori modenesi parte da lontano e racchiude dentro di sè il fascino delle prime testimonianze dei poeti e degli scrittori del’età classica (Virgilio, Catone, Varrone) che nelle loro opere raccontano di una “Labrusca vitis”, ovvero un vitigno selvatico che produceva frutti dal gusto aspro e che soleva crescere ai margini delle campagne.

Il Lambrusco, un vino rosso che può essere frizzante o spumante, il colore rosso rubino brillante, da servire a 12-14 °C per cogliere appieno fragranze e profumi, è nato a Modena e da qui si è diffuso sui mercati nazionali ed esteri. Diversi sono gli elementi dai quali si coglie l’importanza del Lambrusco di Sorbara nell’ambito della vitivinicoltura modenese: 1.662 ettari di superficie vitata iscritti al rispettivo Albo dei vigneti DOC con una media annuale di 150.000 quintali di uva doc rivendicata.

Con l’utilizzo della Denominazione di Origine Controllata “Lambrusco di Sorbara” i produttori modenesi desiderano presentare al consumatore prodotti che hanno più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove provengono, come vengono lavorati, quali sono le caratteristiche e le peculiarità che li differenziano dalle produzioni che non si identificano in un territorio ben definito.

 

Articolo10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24

00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

Mail info@valoritalia.it website www.valoritalia.it

 

VALORITALIA s.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del DLgs n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

LAMBRUSCO GRASPAROSSA DI CASTELVETRO

D.O.C.

Decreto 30 luglio 1997

Modifica Decreto 03 marzo 2004

Modifica Decreto 18 dicembre 2007

Modifica Decreto 30 dicembre 2008

Modifica Decreto 27 luglio 2009

Modifica Decreto 29 marzo 2010

Modifica Decreto 27 dicembre 2010

(fonte GURI)

Modifica DM 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica 30 marzo 2015

(fonte GURI)

Articolo 1

Denominazione e Vini

 

La denominazione di origine controllata "Lambrusco Grasparossa di Castelvetro" è riservata ai vini rossi e rosati che rispondono alle condizioni ed ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

“Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” rosso spumante

“Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” rosato spumante

“Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” rosso frizzante

“Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” rosato frizzante

 

Articolo 2

Base Ampelografica

 

La denominazione di origine controllata "Lambrusco Grasparossa di Castelvetro" è riservata ai vini spumanti e ai vini frizzanti ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Lambrusco Grasparossa: minimo 85%;

possono concorrere alla produzione di detto vino le uve di altri Lambruschi, e Malbo Gentile, da soli o congiuntamente, fino a un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini spumanti e dei vini frizzanti a denominazione di origine controllata "Lambrusco Grasparossa di Castelvetro" comprende l'intero territorio amministrativo dei comuni di Castelfranco Emilia, Castelnuovo Rangone, Castelvetro, Fiorano, Formigine, Maranello, Marano sul Panaro, Prignano sul Secchia, Savignano sul Panaro, Spilamberto, Sassuolo, Vignola, S.Cesario sul Panaro,

tutti in provincia di Modena,

e parte del territorio amministrativo del comune di Modena.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo da località C.del Galletto sulla linea di confine tra le province di Modena e Bologna la delimitazione segue detto confine provinciale prima in direzione est e poi sud fino a raggiungere la località C.la Colomba: da C.la Colomba, con tracciato rettilineo in direzione nord-ovest, raggiunge Marano sul Panaro e successivamente Rodiano seguendo la strada che tocca C.Piano e Piastrello.

Da questo punto la linea di delimitazione si dirige verso la località Casinetto per raggiungere in località "La Selva" l'estremo punto meridionale del confine comunale di Castelvetro.

Segue per breve tratto detto confine comunale che abbandona poi nei pressi della quota 383 per proseguire, con direzione rettilinea verso ovest, fino al torrente Traino a sud della quota 277.

Da tale punto la linea di delimitazione segue i tratti meridionali dei confini comunali di Maranello, Fiorano e Sassuolo, toccando le località Guardiola, Montelungo, C.Tripoli, Marzola, e successivamente segue il confine orientale e meridionale del comune di Prignano sulla Secchia fino alla località Alevara.

Dalla località Alevara raggiunge, con andamento rettilineo verso nord-ovest, la località "la Quercia" e quindi il corso del

torrente Pescarola fino al fiume Secchia. Discende il corso del fiume Secchia seguendo il confine provinciale tra Modena e Reggio Emilia fino ad incontrare la strada ferrata delle Ferrovie dello Stato nei pressi di Marzaglia.

Abbandonato il sopraddetto confine provinciale, la linea di delimitazione segue prima la strada ferrata delle Ferrovie dello Stato e poi l'autostrada del Sole fino ad incrociare il torrente Cerca subito dopo aver superato la strada statale n. 12.

Da questo punto piega per breve tratto verso nord, seguendo il corso del torrente Cerca, e successivamente verso est seguendo la strada comunale che porta a Vaciglio toccando C.Conigliani, C.Peschiera.

Da Vaciglio segue la strada che, passando per C.Righetti, C.Pini, C.Mariani giunge al torrente Tiepido nei pressi di C.Nava.

Discende detto torrente fino a S.Damaso e piegando verso est la linea di delimitazione segue la strada che passando per C.Mari e C.Vaccari raggiunge il fiume Panaro nei pressi di Colonia. Discende il corso del Panaro fino alla

località Usiglio e da qui, seguendo il confine comunale tra Nonantola e Castelfranco Emilia, raggiunge la località C. del Galletto.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

4.1

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a DOC "Lambrusco Grasparossa di Castelvetro" devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

E' ammessa l’irrigazione di soccorso.

4.2

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

4.3

La produzione massima di uva per ettaro e la gradazione minima naturale sono le seguenti:

 

Spumante: 18,00 t/ha, 9,50% vol.;

Frizzante: 18,00 t/ha, 9,50% vol.

 

Per i vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva a ettaro deve essere rapportata alla superficie effettivamente impegnata dalla vite.

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all'art.1 devono essere riportati nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

5.1

Nella vinificazione ed elaborazione dei vini spumanti e dei vini frizzanti a DOC "Lambrusco Grasparossa di Castelvetro" sono ammesse le pratiche enologiche, leali e costanti, comprese quelle che riguardano la tradizionale rifermentazione, indispensabili a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

5.2

Le operazioni di vinificazione e di preparazione del vino spumante e frizzante, ossia le pratiche enologiche per la presa di spuma e per la stabilizzazione, la dolcificazione, nonché le operazioni di imbottigliamento e di confezionamento, conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento e il condizionamento devono aver luogo nel territorio della provincia di Modena per salvaguardare la qualità e la reputazione, nonché garantire l’origine e assicurare l’efficacia dei controlli.

Restano valide le autorizzazioni in deroga a vinificare e elaborare i vini frizzanti, nell’immediata vicinanza dell’area di produzione fino ad oggi rilasciate dal ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009 e alle condizioni di cui all’articolo 10, comma 3 e 4 del decreto legislativo n. 61/2010.

5.3

Nella elaborazione dei vini frizzanti di cui all’articolo 1, la dolcificazione può essere effettuata con mosti d'uva, mosti d'uva concentrati, mosti d'uva parzialmente fermentati, vini dolci, tutti provenienti da uve di vigneti iscritti all'albo atte alla produzione dei vini a DOC “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” prodotti nella zona delimitata dal precedente art.3, o con mosto concentrato rettificato.

L'arricchimento, quando consentito, può essere effettuato con l'impiego di mosto concentrato rettificato o, in alternativa, con mosto di uve concentrato ottenuto dalle uve di vigneti delle varietà Lambrusco prodotte in provincia di Modena, iscritti all'albo o all'elenco delle vigne.

II mosto concentrato e/o il mosto concentrato rettificato proveniente da uve non destinate alla produzione dei vini a DOC “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” aggiunti nell'arricchimento e nella dolcificazione dovranno sostituire un'eguale quantità di vino a DOC.

La presa di spuma, nell'arco dell'intera annata, deve effettuarsi con mosti di uve, mosti di uve concentrati, mosti di uve parzialmente fermentati, vini dolci, tutti provenienti da uve atte alla produzione dei vini DOC “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro”, anche su prodotti arricchiti.

In alternativa con mosto concentrato rettificato o mosto concentrato ottenuto da uve prodotte da vigneti ubicati in provincia di Modena purché tali quantitativi siano sostituiti da identiche quantità di vino DOC, anche su prodotti arricchiti.

I vini a denominazione di origine controllata “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro”, elaborati nella tipologia spumante e frizzante, devono essere ottenuti ricorrendo alla pratica della

fermentazione/rifermentazione naturale in bottiglia (“fermentazione in bottiglia secondo il metodo tradizionale” o “metodo tradizionale” o “metodo classico” o “metodo tradizionale classico”)

e della fermentazione/rifermentazione naturale in autoclave,

secondo quanto previsto dalle norme comunitarie e nazionali.

5.4

Le operazioni di arricchimento, l’aggiunta dello sciroppo zuccherino, l’aggiunta dello sciroppo di dosaggio nella preparazione dei vini spumanti “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

5.5

La resa massima dell'uva in vino finito non deve essere superiore al 70% per tutte le tipologie.

Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non l’80%, anche se la produzione ad ettaro resta al di sotto del massimo consentito, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine e può essere rivendicata con la menzione IGT esistente sul territorio. Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata "Lambrusco Grasparossa di Castelvetro" all'atto dell'immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

"Lambrusco Grasparossa di Castelvetro" rosso spumante:

spuma: vivace, evanescente;

profumo: rosso rubino intenso;

odore: gradevole, fine, gentile, floreale, ampio e composito;

sapore: da brut nature a dolce, di corpo fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Lambrusco Grasparossa di Castelvetro" rosato spumante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: gradevole, fine, gentile, floreale, ampio e composito;

sapore: da brut nature a dolce, fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima; 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

"Lambrusco Grasparossa di Castelvetro" rosso frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino intenso;

profumo: vinoso, intenso con caratteristico profumo fruttato;

sapore: secco o asciutto, abboccato o semisecco, amabile, dolce, di corpo fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

"Lambrusco Grasparossa di Castelvetro" rosato frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

profumo: rosato più o meno intenso;

odore: gradevole, fruttato, caratteristico;

sapore: secco o asciutto, abboccato o semisecco, amabile, dolce, fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

E' in facoltà del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

 

7.1

Nella designazione e presentazione dei vini a denominazione di origine controllata “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” è vietata qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quella prevista dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi “extra”, “scelto”, “selezionato” e similari.

7.2.

Nella presentazione dei vini a denominazione di origine controllata “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” frizzante è obbligatorio il riferimento al contenuto in zuccheri residui come da indicazioni di legge.

Per i vini spumanti a denominazione di origine controllata “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” è obbligatorio il riferimento al residuo zuccherino come previsto dalla normativa comunitaria e nazionale.

7.3

I vini “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” rosati frizzanti e spumanti devono riportare in etichetta l’indicazione “rosato”.

Per i vini spumanti a denominazione di origine controllata “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro”

“rosato” è ammessa, in alternativa, l’indicazione” rosé”.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

I vini designati con le denominazioni di origine controllata “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” devono essere immessi al consumo in idonee bottiglie di vetro aventi capacità non superiore a litri 1,500.

8.2

In considerazione della consolidata tradizione è consentita la commercializzazione di vino, avente un residuo zuccherino minimo di 5 grammi per litro, necessario alla successiva fermentazione naturale in bottiglia, con la DOC "Lambrusco Grasparossa di Castelvetro" purché detto prodotto sia confezionato in contenitori non a tenuta di pressione di capacità da 10 a 60 litri.

8.3

Per i vini frizzanti a denominazione di origine controllata “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” sono consentiti i tipi di chiusura ammessi per i vini frizzanti, compresa la chiusura con tappo a fungo ancorato tradizionalmente utilizzato nella zona con eventuale capsula di altezza non superiore a 7 cm, escluso il tappo a corona.

L'utilizzo del tappo a corona è ammesso solamente nel confezionamento di contenitori aventi la capacità di litri 0,200, litri 0,375. I vini spumanti a denominazione di origine controllata “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” devono essere immessi al consumo esclusivamente con il tappo a fungo ancorato a gabbietta e capsula.

Per bottiglie con contenuto nominale non superiore a cl 20 è ammesso altro dispositivo di chiusura adeguato.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La provincia di Modena, al centro della regione emiliana, ha tutte le caratteristiche climatiche della Valle Padana, anche se differenziazioni non lievi sono indotte dal fatto che la metà di essa si sviluppa nella regione collinare e montuosa appenninica.

La speciale posizione della pianura, posta ai piedi dell’Appennino, è la causa di un regime termo-pluviometrico tipicamente continentale, con estati calde ed inverni rigidi.

I venti umidi del sud vi giungono generalmente asciutti, determinando una bassa pluviometria, molto inferiore a quella che si registra, ad esempio nell’Italia centrale.

I valori medi degli indici relativi alla luminosità, all’escursione termica alle precipitazioni piovose, confermano l’alto grado di continentalità del nostro clima caratterizzato tra l’altro da piovosità mal distribuita, con due massimi (primavera ed autunno) di pericoloso eccesso idrologico e due minimi (inverno ed estate) di grave carenza.

Per quanto concerne la piovosità in particolare, l’ambiente della pianura modenese presenta valori sempre più bassi rispetto alla restante pianura emiliana soprattutto nei mesi estivi, tanto che la pluviometria naturale non copre mediamente più della metà del fabbisogno idrico delle colture agrarie.

La natura argillosa e compatta di gran parte dei terreni modenesi non ha certo facilitato l’esercizio dell’agricoltura attraverso i secoli e ne costituisce ancor oggi uno degli aspetti più difficili.

Questi caratteri geografici sono raccontati nel capitolo dedicato all’Ambiente Geografico del volume VI “Ducato di Modena e Reggio” compreso nell’opera letteraria di Giuseppe Gorani “L’Italia del XVIII secolo” che apre il capitolo con questa frase: “ La natura sembra abbia favorito in modo particolare la città e il territorio dello Stato di Modena”.

Si deve soprattutto all’attività dell’uomo il fatto di avere creato le condizioni per mantenere l’ambiente naturale e fertile attraverso canalizzazioni di scolo, difesa degli eccessi idrologici, tecniche ed ordinamenti colturali basati sull’impiego di ammendanti organici per ridurre il carattere negativo della eccessiva argillosità dei terreni agrari.

 

2. Fattori umani rilevanti per il legame

Della “vitis Labrusca” ne parla Catone nel De Agricoltura e Varrone nel De Rustica. E ancora Plinio, che nella Naturale Historia, documenta le caratteristiche della “vitis vinifera” “le cui foglie come quelle della vite Labrusca, diventano di colore sanguigno prima di cadere”.

Nel 1300 il bolognese Pier dè Crescenzi, nel suo trattato di agricoltura osserva sulle Labrusche, che “nere sono,

tingono i vini e chiariscono, ma intere e con raspi stropicciati si pongono nei vasi e non viziano il sapore del vino”.

E’ il primo documento che indica che in quei tempi era nato l’uso di fare il vino dall’uva di quelle viti, che forse non erano più tanto “selvatiche”.

Occorre ricordare infatti che le antiche Labrusche erano le viti selvatiche (vitis vinifera silvestris) o le viti della sottospecie vitis vinifera sativa, che nascevano spontaneamente da seme, nei luoghi non coltivati.

Per questo motivo il Lambrusco è considerato uno dei vitigni più autoctoni del mondo in quanto deriva dall’evoluzione genetica della vitis vinifera silvestris occidentalis la cui domesticazione ha avuto luogo nel territorio modenese.

Il vino Lambrusco è sempre stato tenuto in grande onore dai Duchi, tanto è vero che, due secoli e mezzo prima, in un suo “olografo” del giugno del 1430, Nicolò III d’Este aveva ordinato che “di tutto il vino che veniva condotto da Modena a Parigi, la metà del dazio non venisse pagata”, in modo da favorirne il commercio.

Gli autori più significativi dell’800 confermano come nel corso dei secoli Modena rappresenta un territorio vocato alla produzione di vini mossi che hanno acquisito particolare notorietà e tradizione di produzione e consumo e i cui caratteri sono dovuti esclusivamente o essenzialmente all’ambiente, compresi tutti i fattori naturali e umani che lo

definiscono.

L’origine storica della denominazione “lambrusco grasparossa” è sicuramente nota fin dalla metà del 1800 come dimostrano i numerosi documenti storici tra i quali troviamo il catalogo alfabetico di quasi tutte le uve “ redatto da Luigi Maini nel 1854 e il “catalogo descrittivo delle principali varietà di uve coltivate nelle provincie di Modena e di Reggio Emilia dell’Avv. Francesco Aggazzotti pubblicato nel 1867.

L’incidenza dei fattori umani si rileva in particolare nella determinazione degli aspetti tecnici e produttivi che rappresentano gli elementi di relazione con il disciplinare di produzione:

La base ampelografica dei vigneti:

La base ampelografica dei vigneti: il “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” è un vitigno a bacca rossa di media vigorìa con portamento semi-eretto, costantemente produttivo.

I vigneti preposti alla produzione delle uve D.O.C. “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” devono avere una base ampelografica così composta:

- lambrusco grasparossa, almeno l’85% della superficie vitata totale;

- altri lambruschi tradizionalmente coltivati nella zona, Malbo Gentile, da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 15% della superficie vitata totale.

Le forme di allevamento:

L’ambiente pedoclimatico modenese favorisce un naturale accrescimento della vite.

Le imprese viticole hanno optato per forme di allevamento a cordone permanente con tralci ricadenti capaci di

contenere la vigoria delle piante.

La forma di allevamento deve inoltre consentire un’adeguata distribuzione spaziale delle gemme, esprimere la potenzialità produttiva delle piante, permettere la captazione dell’energia radiante, assicurare sufficiente aerazione e luminosità ai grappoli.

Le forme di allevamento più diffuse sono il cordone libero, il cordone speronato, il G.D.C., il Guyot.

La densità d’impianto è di 2.500-3.000 ceppi/ettaro nei terreni parzialmente decarbonati della pianura pedemontana mentre è di 3.000/4.000 ceppi/ettaro nei terreni del margine appenninico e del basso appennino associati a calanchi. I portinnesti più utilizzati sono Kober5BB, SO4, 420A.

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini, sono quelle tradizionalmente consolidate, leali e costanti e fanno riferimento esclusivamente alla pratica della rifermentazione naturale in bottiglia e della rifermentazione naturale in autoclave, indispensabili a conferire ai vini D.O.C. “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” le loro peculiari caratteristiche.

Le operazioni di arricchimento e l’aggiunta dello sciroppo di dosaggio sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

Gli Autori latini (Catone, Plinio, Columella) nei loro scritti descrivono la produzione di un vino mosso (lambrusco) in grado di liberare spuma e quindi se ne deriva l’immagine di un vino frizzante.

Occorre però attendere lo sviluppo delle conoscenze che si ebbero dalla fine del ‘600 a tutto l’800 per capire la causa biologica e la natura chimica della fermentazione alcolica e alcuni aspetti relativi alla tecnica enologica collegata.

Altre scoperte dovevano però fare far in modo che tutta l’anidride carbonica prodotta nel corso della fermentazione rimanesse sciolta nel vino: occorreva da un lato un contenitore in grado di reggere la pressione e dall’altro un tappo che ne impedisse la fuga.

Sono due condizioni queste che si realizzarono tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700.

Tale propensione per vini frizzanti bianchi e rossi viene ricordata da Autori successivi del seicento e del settecento,fino

alla conclusione della lunga evoluzione genetica che porterà alla miglior identificazione delle viti selvatiche dei latini nelle varietà bianche e soprattutto rosse ( famiglia dei Lambruschi modenesi) descritte dagli ampelografi del 1800 ( in particolare Acerbi, Mendola e Agazzotti).

Oltre ai progressi tecnologici si ebbe anche un importante cambiamento climatico (piccola era glaciale) con autunni freddi e umidi, ritardi di maturazione e fermentazioni incomplete che determinavano riprese fermentative in botte con rottura delle stesse.

Dalla metà dell’800 alla metà del ‘900 la maniera più diffusa di ottenere un lambrusco frizzante naturale in senso industriale era rappresentata dalla rifermentazione in bottiglia.

Si otteneva così un lambrusco frizzante torbido, senza sboccatura, e la gran parte del prodotto.

Nel 1860 prese così ad operare a Modena la prima cantina di produzione di lambrusco frizzante di tutta l’Emilia.

Le produzioni migliori venivano comunque sottoposte alla eliminazione delle fecce anche con metodi che ne diminuissero le perdite quanti qualitative, dapprima con macchine travasatrici isobariche (messe a punto dal Martinotti a fine ‘800), mentre attualmente anche nei vini frizzanti e spumanti rifermentati in bottiglia si usa eliminare il deposito

di fecce di lievito dopo averlo fatto discendere verso il tappo e previo congelamento del collo della bottiglia.

 

B) Informazioni sulla qualità e sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuiti all’ambiente geografico.

La D.O.C. “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” è riferita alla produzione di vini frizzanti e spumanti, nelle tipologie rosso o rosato.

Dal punto di vista analitico ed organolettico questi vini presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Dalle uve prodotte nella pianura pedemontana e nei rilievi collinari si ottiene un vino di colore rosso tendente al violaceo, strutturato, di corpo morbido, di bassa acidità, con note fruttate molto evidenti.

La freschezza e la fragranza dei profumi contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).

A Modena la vitivinicoltura ha un valore socio-economico molto importante ed è legata alla produzione di vini “frizzanti” e “spumanti”.

Il fattore ambientale più importante nel condizionare l’equilibrio vegeto-produttivo e la qualità del vino è il terreno.

Pur nella loro variabilità determinata dall’ambiente e dagli interventi agronomici, i terreni agrari modenesi possono pertanto considerarsi di buona fertilità che si identificano nei seguenti tre tipi rappresentativi:

a) terreni sciolti, di colorazione gialla o rossastra, poveri di calce e spesso anche di fosforo totale ed assimilabile, localizzati nella fascia pedecollinare ma anche ad altimetrie più elevate con suoli che in pianura vengono denominati “terre parzialmente decarbonate della pianura pedemontana”, mentre due sono i suoli dei rilievi “ terre scarsamente calcaree del margine appenninico”, “ terre calcaree del basso appennino localmente associate a calanchi;

b) terreni di medio impasto, ottimi sia sotto il profilo fisico che chimico, originati dalle alluvioni dei fiumi Secchia e Panaro, localizzati nella media pianura che rientrano nei suoli denominati “terre calcaree dei dossi fluviali con i suoli Sant’Omobono franca limosa argillosa”;

c) terreni argillosi, molto compatti ma chimicamente ben dotati e fertili, i quali costituiscono la maggior parte della pianura con i suoli denominati “terre argillose delle valli bonificate”.

I terreni di pianura appartengono alle alluvioni del pleistocene e dell’olocene, mentre i terreni collinari e montani, cretacei ed eocenici, sono molto ricchi di componenti finissimi e colloidali.

I terreni di pianura sono praticamente esenti da scheletro grossolano che invece è spesso presente nei terreni coltivati di collina e di montagna in forma di frammenti brecciosi che possono ostacolare le normali operazioni colturali.

I vigneti preposti alla produzione delle uve DOC “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” sono ubicati nella pianura posta a sud della provincia modenese dove prevalgono i suoli “terre parzialmente decarbonate della pianura pedemontana” con un indice di Winkler che varia dai 2169 ai 2193 gradi giorno, le precipitazioni medie del periodo aprile-ottobre si sono attestate sui 437-449 mm.

Inoltre sono presenti vigneti di Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC nel territorio pedecollinare e collinare della provincia di Modena caratterizzato dai suoli “ terre scarsamente calcaree del margine appenninico”, “ terre calcaree del basso Appennino localmente associate a calanchi”.

L’indice di Winkler varia dai 1890 gradi giorno rilevati nella zona di Vignola posta all’altitudine di 120-125 m. ai 2028 gradi giorno di Levizzano Rangone posto ad una altitudine di 135 m.

La vigoria dei vigneti è media con produzioni medio - alte nella pianura pedemontana e medio - basse nelle aree collinari.

La storia del Lambrusco e della produzione dei vini frizzanti nel territori modenesi parte da lontano e racchiude dentro di sé il fascino delle prime testimonianze dei poeti e degli scrittori del’età classica (Virgilio, Catone, Varrone) che nelle loro opere raccontano di una “Labrusca vitis”, ovvero un vitigno selvatico che produceva frutti dal gusto aspro e che soleva crescere ai margini delle campagne. I

l Lambrusco, un vino rosso che può essere frizzante o spumante, il colore rosso rubino brillante, da servire a 12-14 °C per cogliere appieno fragranze e profumi, è nato a Modena e da qui si è diffuso sui mercati nazionali ed esteri.

Diversi sono gli elementi dai quali si coglie l’importanza del Lambrusco Grasparossa di Castelvetro nell’ambito della vitivinicoltura modenese: 1.532 ettari di superficie vitata iscritti al rispettivo Albo dei vigneti DOC con una media annuale di 145.000 quintali di uva doc rivendicata.

Con l’utilizzo della Denominazione di Origine Controllata “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” i produttori modenesi desiderano presentare al consumatore prodotti che hanno più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove provengono, come vengono lavorati, quali sono le caratteristiche e le peculiarità che li differenziano dalle produzioni

che non si identificano in un territorio ben definito.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24

00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

Mail info@valoritalia.it website www.valoritalia.it

 

VALORITALIA s.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del DLgs n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

LAMBRUSCO SALAMINO DI SANTA CROCE

D.O.C.

Decreto 31 luglio 1997

Modifica Decreto 29 febbraio 2000

Modifica Decreto 03 marzo 2004

Modifica Decreto 18 dicembre 2007

Modifica Decreto 30 dicembre 2008

Modifica Decreto 27 luglio 2009

Modifica Decreto 29 marzo 2010

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

(fonte Mipaaf)

Modifica Decreto 30 marzo 2015

(fonte GURI)

 

Articolo 1

Denominazione e Tipologie

 

La denominazione di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce» è riservata ai vini rossi e rosati che rispondono alle condizioni ed ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

«Lambrusco Salamino di Santa Croce» rosso spumante;

«Lambrusco Salamino di Santa Croce» rosato spumante;

«Lambrusco Salamino di Santa Croce» rosso frizzante;

«Lambrusco Salamino di Santa Croce» rosato frizzante.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

La denominazione di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce» è riservata ai vini spumanti e ai vini frizzanti ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Lambrusco Salamino: minimo 85%;

possono concorrere alla produzione di detto vino le uve di altri Lambruschi, Ancellotta e Fortana (localmente detta «uva d'oro»), da soli o congiuntamente, fino a un massimo del 15%.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini spumanti e dei vini frizzanti a denominazione di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce» comprende l'intero territorio amministrativo dei comuni di Cavezzo, Concordia sulla Secchia, Medolla, Novi, S.Felice sul Panaro, S. Possidonio,

tutti in provincia di Modena,

e parte del territorio amministrativo dei comuni di

Campogalliano, Camposanto, Carpi, Finale Emilia, Mirandola, Modena e Soliera, tutti in

provincia di Modena.

 

Tale zona è così delimitata:

partendo da Camposanto la linea di delimitazione segue prima verso est e poi verso nord il confine comunale fra Finale E. e Camposanto fino ad incrociare, in località C.Luogo Bartolotta, lo scolo Vallicella, e dopo averlo seguito per breve tratto, lo abbandona in zona C.Arbarella per dirigersi a nord verso C.Marchetta ed il canale Diversivo, che raggiunge in località Vettora Benatti.

Segue il canale Diversivo fino in zona la Galleria, da dove imbocca la strada che porta al ponte S.Pellegrino.

Piega poi verso ovest toccando C.S. Maria, il Rosario, la Zerbina e, in località Case Matte, assume direzione nord fino alla stazione di Mirandola. Da tale punto percorre la strada che passando per Cividale, la periferia di Mirandola e la Marchesa, giunge al ponte della Rovere, da dove, piegando verso nord, dopo località Rosa Giovanna, prende a fiancheggiare il Bosco Monastico.

Tocca i fondi di C.Bruschi e C. Bonomi, percorre la strada che, passato il Dugale di S. Caterina e la località Casella, giunge sul confine provinciale di Modena-Mantova in prossimità di Chiavica Rotta.

Da questo punto la linea di delimitazione segue verso occidente il confine provinciale Modena- Mantova e Modena-Reggio fino alla località la Fornace, abbandona poi il confine provinciale e, dopo aver seguito il cavo Lama, le località di C.Marchi, C.Bulgarelli, C.Federzoni.

Dopo aver toccato Ganaceto, prosegue verso nord sulla statale romana fino alla stazione di Soliera.

Da qui proseguendo verso nord tocca le località Campori, C.Benvenuti, Limidi, segue via Scuola fino a C.Boni, da qui piega verso est fino a C. Martinelli per riprendere poi direzione nord e in località Viazza, all'incrocio con il confine comunale fra Carpi e Soliera

Segue tale limite amministrativo verso sud est, toccando le località Scaletto, C.Rossi, C.S.Agata, C.Barbieri, fino a raggiungere il fiume Secchia e proseguire lungo questo verso nord, fino al confine di Cavezzo fino in prossimità

di C.Trentini, verso est prende poi a seguire il confine comunale fra Cavezzo e S.Prospero fino inlocalità la «Bassa».

Da questo punto la linea di delimitazione segue in direzione est la strada che, prima lungo il confine comunale tra Medolla e S.Prospero attraverso le località C.Cantarelli e C.Tusini, e poi per le località Madonna del Bosco, la Marchesa e Balboni, raggiunge Camposanto.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

4.1 Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a d.o.c. «Lambrusco Salamino di Santa Croce» devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.

E' ammessa l'irrigazione di soccorso.

4.2 I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

4.3 La produzione massima di uva per ettaro e la gradazione minima naturale sono le seguenti:

 

Spumante: 19,00 t/ha, 9,50% vol.;

Frizzante: 19,00 t/ha, 9,50% vol.

 

Per i vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva a ettaro deve essere rapportata alla superficie effettivamente impegnata dalla vite.

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all'art.1 devono essere riportati nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

5.1 Nella vinificazione ed elaborazione dei vini spumanti e dei vini frizzanti a DOC «Lambrusco Salamino di Santa Croce» sono ammesse le pratiche enologiche, leali e costanti, comprese quelle che riguardano la tradizionale rifermentazione, indispensabili a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

5.2 Le operazioni di vinificazione e di preparazione del vino spumante e frizzante, ossia le pratiche enologiche per la presa di spuma e per la stabilizzazione, la dolcificazione, nonché le operazioni di imbottigliamento e di confezionamento, conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento e il condizionamento devono aver luogo nel territorio della provincia di Modena per salvaguardare la qualità e la reputazione, nonché garantire l’origine e assicurare l’efficacia dei controlli.

Restano valide le autorizzazioni in deroga a vinificare e elaborare i vini frizzanti, nell’immediata vicinanza dell’area di produzione fino ad oggi rilasciate dal ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009 e alle condizioni di cui all’articolo 10, comma 3 e 4 del decreto legislativo n. 61/2010.

5.3 Nella elaborazione dei vini frizzanti di cui all'art. 1 la dolcificazione può essere effettuata con mosti d'uva, mosti d'uva concentrati, mosti d'uva parzialmente fermentati, vini dolci, tutti provenienti da uve di vigneti iscritti all'albo o all'elenco delle vigne atte alla produzione dei vini a DOC «Lambrusco Salamino di Santa Croce», indicati all'art. 2, prodotti nella zona delimitata descritta nel precedente art.3, o con mosto concentrato rettificato, mosto concentrato ottenuto da uve prodotte da vigneti ubicati nella provincia di Modena, a condizione che tali quantitativi siano sostituiti da identiche quantità di vino DOC.

L'arricchimento, quando consentito, può essere effettuato con l'impiego di mosto concentrato rettificato o, in alternativa, con mosto di uve concentrato ottenuto dalle uve di vigneti prodotte in provincia di Modena.

Il mosto concentrato e/o il mosto concentrato rettificato proveniente da uve non destinate alla produzione dei vini a DOC «Lambrusco Salamino di Santa Croce», indicati all'art. 2 aggiunti nell'arricchimento e nella dolcificazione dovranno sostituire un'eguale quantità di vino a DOC.

La presa di spuma, nell'arco dell'intera annata, deve effettuarsi con mosti di uve, mosti di uve concentrati, mosti di uve parzialmente fermentati, vini dolci, tutti provenienti da uve atte alla produzione dei vini DOC «Lambrusco Salamino di Santa Croce», anche su prodotti arricchiti.

In alternativa con mosto concentrato rettificato o mosto concentrato ottenuto da uve prodotte da vigneti ubicati in provincia di Modena purché tali quantitativi siano sostituiti da identiche quantità di vino DOC, anche su prodotti arricchiti. I vini a denominazione di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce», elaborati nella tipologia spumante e frizzante, devono essere ottenuti ricorrendo alla pratica

della fermentazione/rifermentazione naturale in bottiglia («fermentazione in bottiglia secondo il metodo tradizionale» o «metodo tradizionale» o «metodo classico» o «metodo tradizionale classico»)

e della fermentazione/rifermentazione naturale in autoclave,

secondo quanto previsto dalle norme comunitarie e nazionali.

5.4 Le operazioni di arricchimento, l'aggiunta dello sciroppo zuccherino, l'aggiunta dello sciroppo di dosaggio nella preparazione dei vini spumanti «Lambrusco Salamino di Santa Croce» sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

5.5 La resa massima dell'uva in vino finito non deve essere superiore al 70% per tutte le tipologie di vino.

Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non l'80%, anche se la produzione ad ettaro resta al di sotto del massimo consentito, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine e può essere rivendicata con la menzione IGT esistente sul territorio.

Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

I vini a denominazione di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce» all'atto dell'immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Lambrusco Salamino di Santa Croce» rosso spumante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino o granato di varia intensità;

profumo: gradevole, fine, gentile, floreale, ampio e composito;

sapore: da brut nature a dolce, di corpo fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Lambrusco Salamino di Santa Croce» rosato spumante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: gradevole, fine, gentile, floreale, ampio e composito;

sapore: da brut nature a dolce, fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima; 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Lambrusco Salamino di Santa Croce» rosso frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino di varia intensità;

profumo: vinoso, intenso con caratteristico profumo fruttato;

sapore: secco o asciutto, abboccato o semisecco, amabile, dolce, di corpo fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Lambrusco Salamino di Santa Croce» rosato frizzante:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: gradevole, fruttato, caratteristico;

sapore: secco o asciutto, abboccato o semisecco, amabile, dolce, fresco, sapido ed armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 6,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

E' in facoltà del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

 

7.1 Nella designazione e presentazione dei vini a denominazione di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce» è vietata qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quella prevista dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi «extra», «scelto», «selezionato» e similari.

7.2 Nella presentazione dei vini a denominazione di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce» frizzante è obbligatorio il riferimento al contenuto in zuccheri residui come da indicazioni di legge.

Per i vini spumanti a denominazione di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce» è obbligatorio il riferimento al residuo zuccherino come previsto dalla normativa comunitaria e nazionale.

7.3 I vini «Lambrusco Salamino di Santa Croce» rosati frizzanti e spumanti devono riportare in etichetta l'indicazione «rosato».

Per i vini spumanti a denominazione di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce» «rosato» è ammessa, in alternativa, l'indicazione «rosé».

 

Articolo 8

Confezionamento

 

8.1 I vini designati con le denominazioni di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce» devono essere immessi al consumo in idonee bottiglie di vetro aventi capacità non superiore a litri 1,500.

8.2 In considerazione della consolidata tradizione è consentita la commercializzazione di vino, avente un residuo zuccherino minimo di 5 grammi per litro, necessario alla successiva fermentazione naturale in bottiglia, con la d.o.c. «Lambrusco Salamino di Santa Croce» purché detto prodotto sia confezionato in contenitori non a tenuta di pressione di capacità da 10 a 60 litri.

8.3 Per i vini frizzanti a denominazione di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce» sono consentiti i tipi di chiusura ammessi per i vini frizzanti, compresa la chiusura con tappo a fungo ancorato tradizionalmente utilizzato nella zona con eventuale capsula di altezza non superiore a 7 cm, escluso il tappo a corona. L'utilizzo del tappo a corona e' ammesso solamente nel confezionamento di contenitori aventi la capacità di litri 0,200, litri 0,375 e litri 1,500.

I vini spumanti a denominazione di origine controllata «Lambrusco Salamino di Santa Croce» devono essere immessi al consumo esclusivamente con il tappo a fungo ancorato a gabbietta e capsula.

8.4 Per bottiglie con contenuto nominale non superiore a cl 20 e' ammesso altro dispositivo di chiusura adeguato.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La provincia di Modena, al centro della regione emiliana, ha tutte le caratteristiche climatiche della Valle Padana, anche se differenziazioni non lievi sono indotte dal fatto che la metà di essa si sviluppa nella regione collinare e montuosa appenninica.

La speciale posizione della pianura, posta ai piedi dell’Appennino, è la causa di un regime termo-pluviometrico tipicamente continentale, con estati calde ed inverni rigidi.

I venti umidi del sud vi giungono generalmente asciutti, determinando una bassa pluviometria, molto inferiore a quella che si registra, ad esempio nell’Italia centrale.

I valori medi degli indici relativi alla luminosità, all’escursione termica alle precipitazioni piovose, confermano l’alto grado di continentalità del nostro clima caratterizzato tra l’altro da piovosità mal distribuita, con due massimi (primavera ed autunno) di pericoloso eccesso idrologico e due minimi (inverno ed estate) di grave carenza.

Per quanto concerne la piovosità in particolare, l’ambiente della pianura modenese presenta valori sempre più bassi rispetto alla restante pianura emiliana soprattutto nei mesi estivi, tanto che la pluviometria naturale non copre mediamente più della metà del fabbisogno idrico delle colture agrarie.

La natura argillosa e compatta di gran parte dei terreni modenesi non ha certo facilitato l’esercizio dell’agricoltura attraverso i secoli e ne costituisce ancor oggi uno degli aspetti più difficili.

Questi caratteri geografici sono raccontati nel capitolo dedicato all’Ambiente Geografico del volume VI “Ducato di Modena e Reggio” compreso nell’opera letteraria di Giuseppe Gorani “L’Italia del XVIII secolo” che apre il capitolo con questa frase: “ La natura sembra abbia favorito in modo particolare la città e il territorio dello Stato di Modena”.

Si deve soprattutto all’attività dell’uomo il fatto di avere creato le condizioni per mantenere l’ambiente naturale e fertile attraverso canalizzazioni di scolo, difesa degli eccessi idrologici, tecniche ed ordinamenti colturali basati sull’impiego di ammendanti organici per ridurre il carattere negativo della eccessiva argillosità dei terreni agrari.

 

2. Fattori umani rilevanti per il legame

Della “vitis Labrusca” ne parla Catone nel De Agricoltura e Varrone nel De Rustica. E ancora Plinio, che nella Naturale Historia, documenta le caratteristiche della “vitis vinifera” “le cui foglie come quelle della vite Labrusca, diventano di colore sanguigno prima di cadere”.

Nel 1300 il bolognese Pier dè Crescenzi, nel suo trattato di agricoltura osserva sulle Labrusche, che “nere sono,

tingono i vini e chiariscono, ma intere e con raspi stropicciati si pongono nei vasi e non viziano il sapore del vino”.

E’ il primo documento che indica che in quei tempi era nato l’uso di fare il vino dall’uva di quelle viti, che forse non erano più tanto “selvatiche”.

Occorre ricordare infatti che le antiche Labrusche erano le viti selvatiche (vitis vinifera silvestris) o le viti della sottospecie vitis vinifera sativa, che nascevano spontaneamente da seme, nei luoghi non coltivati.

Per questo motivo il Lambrusco è considerato uno dei vitigni più autoctoni del mondo in quanto deriva dall’evoluzione

genetica della vitis vinifera silvestris occidentalis la cui domesticazione ha avuto luogo nel territorio modenese.

Il vino Lambrusco è sempre stato tenuto in grande onore dai Duchi, tanto è vero che, due secoli e mezzo prima, in un suo “olografo” del giugno del 1430, Nicolò III d’Este aveva ordinato che “di tutto il vino che veniva condotto da Modena a Parigi, la metà del dazio non venisse pagata”, in modo da favorirne il commercio.

Gli autori più significativi dell’800 confermano come nel corso dei secoli Modena rappresenta un territorio vocato alla produzione di vini mossi che hanno acquisito particolare notorietà e tradizione di produzione e consumo e i cui caratteri sono dovuti esclusivamente o essenzialmente all’ambiente, compresi tutti i fattori naturali e umani che lo

definiscono.

L’origine storica della denominazione “lambrusco salamino” è sicuramente nota fin dalla metà del 1800 come dimostrano i numerosi documenti storici tra i quali troviamo il catalogo descrittivo delle principali varietà di uve coltivate nelle provincie di Modena e di Reggio Emilia dell’Avv. Francesco Aggazzotti pubblicato nel 1867, il saggio analitico “I lambruschi di Sorbara e salamino” di Enrico Ramazzini del 1885.

L’incidenza dei fattori umani si rileva in particolare nella determinazione degli aspetti tecnici e produttivi che rappresentano gli elementi di relazione con il disciplinare di produzione:

La base ampelografica dei vigneti:

La base ampelografica dei vigneti: il “Lambrusco Salamino di Santa Croce” è un vitigno a bacca rossa di buona vigorìa con portamento semi-eretto, costantemente produttivo.

I vigneti preposti alla produzione delle uve D.O.C. “Lambrusco Salamino di Santa Croce” devono avere una base ampelografica così composta:

- lambrusco salamino, almeno l’85% della superficie vitata totale;

- altri lambruschi tradizionalmente coltivati nella zona, fortana (localmente detta uva d’oro) e ancellotta fino ad un massimo del 15% della superficie vitata totale.

Le forme di allevamento:

L’ambiente pedoclimatico modenese favorisce un naturale accrescimento della vite. Le imprese viticole hanno optato per forme di allevamento a cordone permanente con tralci ricadenti capaci di contenere la vigoria delle piante.

La forma di allevamento deve inoltre consentire un’adeguata distribuzione spaziale delle gemme, esprimere la potenzialità produttiva delle piante, permettere la captazione dell’energia radiante, assicurare sufficiente aerazione e luminosità ai grappoli.

Le forme di allevamento più diffuse sono il cordone libero, il G.D.C. il Sylvoz. La densità d’impianto è di 2.500-3.000 ceppi/ettaro. I portinnesti maggiormente utilizzati sono: Kober5BB, SO4, 1103P.

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini, sono quelle tradizionalmente consolidate, leali e costanti e fanno riferimento esclusivamente alla pratica della rifermentazione naturale in bottiglia e della rifermentazione naturale in autoclave, indispensabili a conferire ai vini D.O.C. “Lambrusco Salamino di Santa Croce” le loro peculiari caratteristiche.

Le operazioni di arricchimento e l’aggiunta dello sciroppo di dosaggio sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

Gli Autori latini (Catone, Plinio, Columella) nei loro scritti descrivono la produzione di un vino mosso (lambrusco) in grado di liberare spuma e quindi se ne deriva l’immagine di un vino frizzante.

Occorre però attendere lo sviluppo delle conoscenze che si ebbero dalla fine del ‘600 a tutto l’800 per capire la causa biologica e la natura chimica della fermentazione alcolica e alcuni aspetti relativi alla tecnica enologica collegata.

Altre scoperte dovevano però fare far in modo che tutta l’anidride carbonica prodotta nel corso della fermentazione rimanesse sciolta nel vino: occorreva da un lato un contenitore in grado di reggere la pressione e dall’altro un tappo che ne impedisse la fuga.

Sono due condizioni queste che si realizzarono tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700. Tale propensione per vini frizzanti bianchi e rossi viene ricordata da Autori successivi del seicento e del settecento,fino alla conclusione della lunga evoluzione genetica che porterà alla miglior identificazione delle viti selvatiche dei latini nelle varietà bianche e soprattutto rosse ( famiglia dei Lambruschi modenesi) descritte dagli ampelografi del 1800 ( in particolare Acerbi, Mendola e Agazzotti).

Oltre ai progressi tecnologici si ebbe anche un importante cambiamento climatico (piccola era glaciale) con autunni freddi e umidi, ritardi di maturazione e fermentazioni incomplete che determinavano riprese fermentative in botte con rottura delle stesse.

Dalla metà dell’800 alla metà del ‘900 la maniera più diffusa di ottenere un lambrusco frizzante naturale in senso industriale era rappresentata dalla rifermentazione in bottiglia.

Si otteneva così un lambrusco frizzante torbido, senza sboccatura, e la gran parte del prodotto. Nel 1860 prese così ad operare a Modena la prima cantina di produzione di lambrusco frizzante di tutta l’Emilia.

Le produzioni migliori venivano comunque sottoposte alla eliminazione delle fecce anche con metodi che ne diminuissero le perdite quanti qualitative, dapprima con macchine travasatrici isobariche (messe a punto dal Martinotti a fine ‘800), mentre attualmente anche nei vini frizzanti e spumanti rifermentati in bottiglia si usa eliminare il deposito

di fecce di lievito dopo averlo fatto discendere verso il tappo e previo congelamento del collo della bottiglia.

 

B) Informazioni sulla qualità e sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuiti all’ambiente geografico.

La D.O.C. “Lambrusco Salamino di Santa Croce” è riferita alla produzione di vini frizzanti e spumanti, nelle tipologie roso o rosato.

Dal punto di vista analitico ed organolettico questi vini presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Dalle uve prodotte nella media pianura modenese con prevalenza di suoli denominati “terre argillose delle valli bonificate” si ottiene un vino ben colorato, di buona struttura, di corpo morbido, di media acidità e con note fruttate evidenti.

La freschezza e la fragranza dei profumi contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).

A Modena la vitivinicoltura ha un valore socio-economico molto importante ed è legata alla produzione di vini “frizzanti” e “spumanti”.

Il fattore ambientale più importante nel condizionare l’equilibrio vegeto-produttivo e la qualità del vino è il terreno. Pur nella loro variabilità determinata dall’ambiente e dagli interventi agronomici, i terreni agrari modenesi possono pertanto considerarsi di buona fertilità che si identificano nei seguenti tre tipi rappresentativi:

a) terreni sciolti, di colorazione gialla o rossastra, poveri di calce e spesso anche di fosforo totale ed assimilabile, localizzati nella fascia pedecollinare ma anche ad altimetrie più elevate con suoli che in pianura vengono denominati “terre parzialmente decarbonate della pianura pedemontana”, mentre due sono i suoli dei rilievi “ terre scarsamente calcaree del margine appenninico”, “ terre calcaree del basso appennino localmente associate a calanchi;

b) terreni di medio impasto, ottimi sia sotto il profilo fisico che chimico, originati dalle alluvioni dei fiumi Secchia e Panaro, localizzati nella media pianura che rientrano nei suoli denominati “terre calcaree dei dossi fluviali con i suoli Sant’Omobono franca limosa argillosa”;

c) terreni argillosi, molto compatti ma chimicamente ben dotati e fertili, i quali costituiscono la maggior parte della pianura con i suoli denominati “terre argillose delle valli bonificate”.

I terreni di pianura appartengono alle alluvioni del pleistocene e dell’olocene, mentre i terreni collinari e montani, cretacei ed eocenici, sono molto ricchi di componenti finissimi e colloidali.

I terreni di pianura sono praticamente esenti da scheletro grossolano che invece è spesso presente nei terreni coltivati di collina e di montagna in forma di frammenti brecciosi che possono ostacolare le normali operazioni colturali.

Nella pianura a nord della provincia modenese dove sono coltivati i vigneti dedicati alla produzione di uve DOC “Lambrusco Salamino di Santa Croce” prevalgono i suoli denominati “terre argillose delle valli bonificate”.

L’indice di Winkler varia dai 1900 ai 2000 gradi giorno con precipitazioni del periodo aprile-ottobre che si attestano attorno di 450 mm.

La vigoria dei vigneti è elevata con produzioni costanti. La storia del Lambrusco e della produzione dei vini frizzanti nel territori modenesi parte da lontano e racchiude dentro di sé il fascino delle prime testimonianze dei poeti e degli scrittori del’età classica (Virgilio, Catone, Varrone) che nelle loro opere raccontano di una “Labrusca vitis”, ovvero un vitigno selvatico che produceva frutti dal gusto aspro e che soleva crescere ai margini delle campagne.

Il Lambrusco, un vino rosso che può essere frizzante o spumante, il colore rosso rubino brillante, da servire a 12-14 °C per cogliere appieno fragranze e profumi, è nato a Modena e da qui si è diffuso sui mercati nazionali ed esteri.

Diversi sono gli elementi dai quali si coglie l’importanza del Lambrusco Salamino di Santa Croce nell’ambito della

vitivinicoltura modenese: 1.806 ettari di superficie vitata iscritti al rispettivo Albo dei vigneti DOC con una media annuale di 205.000 quintali di uva doc rivendicata.

Con l’utilizzo della Denominazione di Origine Controllata “Lambrusco Salamino di Santa Croce” i produttori modenesi desiderano presentare al consumatore prodotti che hanno più cose da raccontare rispetto ad altri: da

dove provengono, come vengono lavorati, quali sono le caratteristiche e le peculiarità che li differenziano dalle produzioni che non si identificano in un territorio ben definito.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24 – 00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

Mail info@valoritalia.it website www.valoritalia.it

 

VALORITALIA s.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del DLgs n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

MODENA

DI MODENA

D.O.C.

Decreto 27 luglio 2009

Modifica Decreto 29 marzo 2010

Modifica Decreto 30 marzo 2015

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

Modifica Provvedimento 29 agosto 2014

Modifica Decreto 14 giugno 2016

(fonte Mipaaf)

Articolo 1

Denominazione e Tipologie

 

1.1 La denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena" è riservata ai seguenti vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

"Modena" Lambrusco spumante o Lambrusco" di Modena" spumante

"Modena" Lambrusco rosato spumante o Lambrusco rosato "di Modena" spumante

"Modena" Lambrusco frizzante o Lambrusco "di Modena" frizzante

"Modena" Lambrusco rosato frizzante o Lambrusco rosato "di Modena" frizzante

"Modena" Lambrusco novello frizzante o Lambrusco "di Modena" novello frizzante

"Modena" Rosso spumante o Rosso "di Modena" spumante

"Modena" Rosso frizzante o Rosso "di Modena" frizzante

"Modena" Rosso novello frizzante o Rosso "di Modena" novello frizzante

"Modena" Rosato spumante o Rosato "di Modena" spumante

"Modena" Rosato frizzante o Rosato "di Modena" frizzante

"Modena” Bianco spumante o Bianco "di Modena" spumante

"Modena" Bianco frizzante o Bianco "di Modena" frizzante

 

1.2 La specificazione del nome di vitigno e della tipologia possono precedere la denominazione di origine controllata "di Modena".

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

I vini a denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena" devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

Lambrusco:

Lambrusco grasparossa, Lambrusco salamino, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco Montericco, Lambrusco Oliva, Lambrusco a foglia frastagliata, da soli o congiuntamente, nella misura minima dell'85%.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni

Ancellotta, Malbo gentile, Fortana, fino a un massimo del 15%;

 

Bianco:

Montuni, Pignoletto, Trebbiano (tutte le varietà e cloni idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna), da soli o congiuntamente, nella misura minima de11'85%.

Possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione per la regione Emilia2

Romagna, fino a un massimo del 15%;

 

Rosso, Rosato:

Lambrusco grasparossa, Lambrusco salamino, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco Montericco, Lambrusco Oliva, Lambrusco a foglia frastagliata, minimo 85%;

per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve di vitigni

Ancellotta, Fortana e, per non più del 15%, altri vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione per la regione Emilia-Romagna.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti a essere designati con la denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena" comprende l'intero territorio amministrativo dei comuni di:

 

Bastiglia, Bomporto, Campogalliano, Camposanto, Carpi, Castelfranco Emilia, Castelnuovo Rangone, Castelvetro di Modena, Cavezzo, Concordia sul Secchia, Finale Emilia, Fiorano Modenese, Formigine, Guiglia, Maranello, Marano sul Panaro, Medolla, Mirandola, Modena, Nonantola, Novi di Modena, Prignano sul Secchia, Ravarino, S.Cesario sul Panaro, S.Felice sul Panaro, S. Possidonio, S. Prospero sul Secchia, Sassuolo, Savignano sul Panaro, Serramazzoni, Soliera, Spilamberto, Vignola,

tutti in provincia di Modena.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

4.1 Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a DOC di cui all'art. 2 devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità. E' consentita l'irrigazione di soccorso.

4.2 I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

4.3 La produzione massima di uva per ettaro e la gradazione minima naturale sono le seguenti:

 

Bianco: 23,00 t/ha, 9,50% vol.;

Rosso: 23,00 t/ha, 9,50% vol.;

Rosato: 23,00 t/ha, 9,50% vol.;

Lambrusco: 23,00 t/ha, 9,50% vol.;

 

Per i vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva a ettaro deve essere rapportata alla superficie effettivamente impegnata dalla vite.

Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all'art.1 devono essere riportati nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

5.1 Le operazioni di vinificazione, ivi compresa l'elaborazione per la presa di spuma tale da conferire al vino le caratteristiche finali del prodotto destinato al consumo, devono essere effettuate nel territorio della provincia di Modena. Sono ammesse le pratiche enologiche, leali e costanti, comprese quelle che riguardano la tradizionale rifermentazione, indispensabili a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

5.2 Le operazioni di imbottigliamento e di confezionamento devono essere effettuate nel territorio della provincia di Modena.

Conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento o il condizionamento deve aver luogo nella predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità o la reputazione o garantire l’origine o assicurare l’efficacia dei controlli.

5.3 Nella elaborazione dei vini frizzanti di cui all'articolo 1, la dolcificazione può essere effettuata con mosti d'uva, mosti d'uva concentrati, mosti d'uva parzialmente fermentati, vini dolci, tutti provenienti da uve di vigneti iscritti all'albo o all'elenco delle vigne atte alla produzione dei vini a DOC "Modena" o "di Modena", indicati all'articolo 2, prodotti nella zona delimitata descritta nel precedente art.3, o con mosto concentrato rettificato, mosto concentrato ottenuto da uve prodotte da vigneti ubicati nella provincia di Modena, a condizione che tali quantitativi siano sostituiti da identiche quantità di vino DOC.

L'arricchimento, quando consentito, può essere effettuato con l'impiego di mosto concentrato rettificato o, in alternativa, con mosto di uve concentrato ottenuto dalle uve di vigneti prodotte in provincia di Modena.

Nella produzione dei vini spumanti la presa di spuma deve effettuarsi con mosti di uve, mosti di uve concentrati, mosti di uve parzialmente fermentati, vini dolci, tutti provenienti da uve atte alla produzione dei vini DOC "Modena" o "di Modena".

In alternativa con mosto concentrato rettificato o mosto concentrato ottenuto da uve prodotte da vigneti ubicati in provincia di Modena purché tali quantitativi siano sostituiti da identiche quantità di vino DOC.

I vini a denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena", elaborati nella tipologia spumante e frizzante, devono essere ottenuti ricorrendo ai metodi della fermentazione/rifermentazione naturale in bottiglia

("fermentazione in bottiglia secondo il metodo tradizionale" o "metodo tradizionale" o "metodo classico" o "metodo tradizionale classico") o della fermentazione/rifermentazione naturale in autoclave.

5.4 Le operazioni di arricchimento, l'aggiunta dello sciroppo zuccherino, l'aggiunta dello sciroppo di dosaggio per i vini spumanti sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

5.5 La resa massima dell'uva in vino finito non deve essere superiore al 70% per tutte le tipologie di vino. Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non l'80%, anche se la produzione ad ettaro resta al di sotto del massimo consentito, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine e può essere rivendicata con la menzione IGT esistente sul territorio.

Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

6.1 I vini a denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena", all'atto dell'immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

«Lambrusco rosso spumante»:

spuma: fine e persistente;

colore: rosso rubino o granato di varia intensità;

profumo: delicato, fragrante, ampio con note floreali;

sapore: da brut nature a dolce, fresco, armonico con delicato sentore di lievito;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Lambrusco rosato spumante»:

spuma: fine e persistente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: fragrante, caratteristico con note floreali e fruttate;

sapore: da brut nature a dolce, fresco, armonico con delicato sentore di lievito;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 1 1,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Rosso spumante»:

spuma: fine e persistente;

colore: rosso rubino o granato di varia intensità;

profumo: delicato, fragrante, ampio con note floreali;

sapore: da brut nature a dolce, fresco, armonico con delicato sentore di lievito;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Rosato spumante»:

spuma: fine e persistente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: fragrante, caratteristico con note floreali e fruttate;

sapore: da brut nature a dolce, fresco, armonico con delicato sentore di lievito;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Bianco spumante»:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino di varia intensità;

profumo: delicato, fragrante, caratteristico con note floreali e fruttate;

sapore: secco o asciutto, abboccato o semisecco, amabile, dolce, fresco, armonico con delicato sentore di lievito;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Lambrusco rosso frizzante»:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino o granato di varia intensità;

profumo: delicato, fragrante, caratteristico con note floreali;

sapore: di corpo fresco, sapido, intenso, armonico

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Lambrusco rosato frizzante»:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosato più o meno intenso;

profumo: gradevole, netto, fragrante, caratteristico con note floreali e fruttate;

sapore: di corpo fresco, sapido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Lambrusco novello frizzante»:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino o granato di varia intensità;

profumo: vinoso, intenso, caratteristico con note floreali e fruttate;

sapore: di corpo fresco, sapido, intenso, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Rosso novello frizzante»:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino o granato di varia intensità;

profumo: vinoso, intenso, caratteristico con note floreali e fruttate;

sapore: di corpo fresco, sapido, intenso, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 1 1,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

 

«Rosso frizzante»:

spuma: vivace, evanescente;

colore: rosso rubino o granato di varia intensità;

profumo: delicato, fragrante, caratteristico con note floreali;

sapore: di corpo fresco, sapido, intenso, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.

 

«Rosato frizzante»:

Spuma: vivace, evanescente;

Colore: rosato più o meno intenso;

Odore: gradevole, netto, fragrante, caratteristico con note floreali e fruttate;

Sapore: di corpo fresco, armonico;

Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

Acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

«Bianco frizzante»:

spuma: vivace, evanescente;

colore: giallo paglierino di varia intensità;

profumo: delicato, fragrante, caratteristico con note floreali e fruttate;

sapore: di corpo fresco, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

6.2 E' in facoltà del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore minimo.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

 

7.1 Nella designazione e presentazione dei vini a denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena" è vietata qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quella prevista dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi "extra", "scelto", "selezionato" e similari.

7.2 Nella presentazione dei vini a denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena" frizzanti è obbligatorio il riferimento al contenuto in zuccheri residui con le menzioni previste dalle disposizioni nazionali. Per i vini spumanti a denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena" è obbligatorio il riferimento al residuo zuccherino come stabilito dalla normativa comunitaria.

7.3 Nella presentazione dei vini a denominazione di origine "Modena" o "di Modena" rosati è obbligatorio indicare la locuzione "rosato".

Per i vini a denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena", spumante "rosato" è ammessa, in alternativa, l'indicazione "rosé".

 

Articolo 8

Confezionamento

 

8.1 I vini designati con le denominazioni di origine controllata "Modena" o "di Modena", devono essere immessi al consumo in tradizionali bottiglie di vetro aventi la capacità non superiore a 1,5 l.

8.2 In considerazione della consolidata tradizione è consentita la commercializzazione di vino, avente un residuo zuccherino minimo di 5 grammi per litro, necessario alla successiva fermentazione naturale in bottiglia, con la denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena", purché detto prodotto sia confezionato in contenitori non a tenuta di pressione di capacità da 10 a 60 litri.

8.3 Per i vini frizzanti a denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena" sono consentiti i tipi di chiusura ammessi per i vini frizzanti, compresa la chiusura con tappo a fungo ancorato a gabbietta,tradizionalmente utilizzato nella zona con eventuale capsula di altezza non superiore a 7 cm.

I vini spumanti a denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena" devono essere immessi al consumo esclusivamente con il tappo a fungo ancorato a gabbietta; per bottiglie con contenuto nominale non superiore a cl 20 è ammesso altro dispositivo di chiusura adeguato.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) informazioni sulla zona geografica

1) fattori naturali rilevanti per il legame

La provincia di Modena, al centro della regione emiliana, ha tutte le caratteristiche climatiche della Valle Padana, anche se differenziazioni non lievi sono indotte dal fatto che la metà di essa si sviluppa nella regione collinare e montuosa appenninica.

La speciale posizione della pianura, posta ai piedi dell’Appennino, è la causa di un regime termo-pluviometrico tipicamente continentale, con estati calde ed inverni rigidi.

I venti umidi del sud vi giungono generalmente asciutti, determinando una bassa pluviometria, molto inferiore a quella che si registra, ad esempio nell’Italia centrale.

I valori medi degli indici relativi alla luminosità, all’escursione termica alle precipitazioni piovose, confermano l’alto grado di continentalità del nostro clima caratterizzato tra l’altro da piovosità mal distribuita, con due massimi (primavera ed autunno) di pericoloso eccesso idrologico e due minimi (inverno ed estate) di grave carenza.

Per quanto concerne la piovosità in particolare, l’ambiente della pianura modenese presenta valori sempre più bassi rispetto alla restante pianura emiliana soprattutto nei mesi estivi, tanto che la pluviometria naturale non copre mediamente più della metà del fabbisogno idrico delle colture agrarie.

La natura argillosa e compatta di gran parte dei terreni modenesi non ha certo facilitato l’esercizio dell’agricoltura attraverso i secoli e ne costituisce ancor oggi uno degli aspetti più difficili.

Questi caratteri geografici sono raccontati nel capitolo dedicato all’Ambiente Geografico del volume VI “Ducato di Modena e Reggio” compreso nell’opera letteraria di Giuseppe Gorani “L’Italia del XVIII secolo” che apre il capitolo con questa frase: “ La natura sembra abbia favorito in modo particolare la città e il territorio dello Stato di Modena”.

Si deve soprattutto all’attività dell’uomo il fatto di avere creato le condizioni per mantenere l’ambiente naturale e fertile attraverso canalizzazioni di scolo, difesa degli eccessi idrologici, tecniche ed ordinamenti colturali basati sull’impiego di ammendanti organici per ridurre il carattere negativo della eccessiva argillosità dei terreni agrari.

 

2) Fattori umani rilevanti per il legame

Della “vitis Labrusca” ne parla Catone nel De Agricoltura e Varrone nel De Rustica. E ancora Plinio, che nella Naturale Historia, documenta le caratteristiche della “vitis vinifera” “le cui foglie come quelle della vite Labrusca, diventano di colore sanguigno prima di cadere”.

Nel 1300 il bolognese Pier dè Crescenzi, nel suo trattato di agricoltura osserva sulle Labrusche, che “nere sono, tingono i vini e chiariscono, ma intere e con raspi stropicciati si pongono nei vasi e non viziano il sapore del vino”.

E’ il primo documento che indica che in quei tempi era nato l’uso di fare il vino dall’uva di quelle viti, che forse non erano più tanto “selvatiche”.

Occorre ricordare infatti che le antiche Labrusche erano le viti selvatiche (vitis vinifera silvestris) o le viti della sottospecie vitis vinifera sativa, che nascevano spontaneamente da seme, nei luoghi non coltivati.

Per questo motivo il Lambrusco è considerato uno dei vitigni più autoctoni del mondo in quanto deriva dall’evoluzione

genetica della vitis vinifera silvestris occidentalis la cui domesticazione ha avuto luogo nel territorio modenese.

Il vino Lambrusco è sempre stato tenuto in grande onore dai Duchi, tanto è vero che, due secoli e mezzo prima, in un suo “olografo” del giugno del 1430, Nicolò III d’Este aveva ordinato che “di tutto il vino che veniva condotto da Modena a Parigi, la metà del dazio non venisse pagata”, in modo da favorirne il commercio.

Gli autori più significativi dell’800 confermano come nel corso dei secoli Modena rappresenta un territorio vocato alla produzione di vini mossi che hanno acquisito particolare notorietà e tradizione di produzione e consumo e i cui caratteri sono dovuti esclusivamente o essenzialmente all’ambiente, compresi tutti i fattori naturali e umani che lo

definiscono.

L’origine storica della menzione “Modena” o “di Modena” è sicuramente nota nella metà del 1800 grazie alla metodologia produttiva relativa al tipico vino frizzante/spumante rosso derivato da un uvaggio dei vari lambruschi tradizionalmente coltivati in provincia di Modena.

Il vino ottenuto veniva denominato “Lambrusco di Modena” in quanto nome della città capoluogo di provincia.

I consistenti e significativi risultati commerciali, consolidatisi in oltre un secolo di attività, hanno reso il “Lambrusco di Modena” un vino tra i più qualificati del’enologia provinciale.

L’incidenza dei fattori umani si rileva in particolare nella determinazione degli aspetti tecnici e produttivi che rappresentano gli elementi di relazione con il disciplinare di produzione:

La base ampelografica dei vigneti: I vini a denominazione di origine controllata "Modena" o "di Modena" devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Lambrusco:

 Lambrusco grasparossa, Lambrusco salamino, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco Montericco, Lambrusco Oliva, Lambrusco a foglia frastagliata, da soli o congiuntamente, nella misura minima dell'85%.

Possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni Ancellotta, Malbo gentile, Fortana, fino a un massimo del 15%;

Bianco:

Montuni, Pignoletto, Trebbiano (tutte le varietà e cloni idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna), da soli o congiuntamente, nella misura minima de11'85%.

Possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione per la regione Emilia- Romagna, fino a un massimo del 15%;

Rosso, Rosato:

Lambrusco grasparossa, Lambrusco salamino, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco Montericco, Lambrusco Oliva, Lambrusco a foglia frastagliata, minimo 85%; per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve di vitigni Ancellotta, Fortana e, per non più del 15%, altri vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione per la regione Emilia-Romagna

Le forme di allevamento:

L’ambiente pedoclimatico modenese favorisce un naturale accrescimento della vite. Le imprese viticole hanno optato per forme di allevamento a cordone permanente con tralci ricadenti capaci di contenere la vigoria delle piante.

La forma di allevamento deve inoltre consentire un’adeguata distribuzione spaziale delle gemme, esprimere la potenzialità produttiva delle piante, permettere la captazione dell’energia radiante, assicurare sufficiente aerazione e luminosità ai grappoli.

Le forme di allevamento più diffuse sono il cordone libero, il cordone speronato, il G.D.C., il Guyot, il Sylvoz.

La densità d’impianto è di 2.500-3.000 ceppi/ettaro nei terreni di pianura mentre è di 3.000/4.000 ceppi/ettaro nei terreni del margine appenninico e del basso appennino associati a calanchi.

I portinnesti maggiormente utilizzati sono: Kober5BB, SO4, 420A, 1103P.

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini:

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini, sono quelle tradizionalmente consolidate, leali e costanti e fanno riferimento esclusivamente alla pratica della rifermentazione naturale in bottiglia e della rifermentazione naturale in autoclave, indispensabili a conferire ai vini DOC “Modena” o “di Modena” le loro peculiari caratteristiche.

Le operazioni di arricchimento e l’aggiunta dello sciroppo di dosaggio sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

Gli Autori latini (Catone, Plinio, Columella) nei loro scritti descrivono la produzione di un vino mosso (lambrusco) in grado di liberare spuma e quindi se ne deriva l’immagine di un vino frizzante.

Occorre però attendere lo sviluppo delle conoscenze che si ebbero dalla fine del ‘600 a tutto l’800 per capire la causa biologica e la natura chimica della fermentazione alcolica e alcuni aspetti relativi alla tecnica enologica collegata.

Altre scoperte dovevano però fare far in modo che tutta l’anidride carbonica prodotta nel corso della fermentazione rimanesse sciolta nel vino: occorreva da un lato un contenitore in grado di reggere la pressione e dall’altro un tappo che ne impedisse la fuga.

Sono due condizioni queste che si realizzarono tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700.

Tale propensione per vini frizzanti bianchi e rossi viene ricordata da Autori successivi del seicento e del settecento,fino

alla conclusione della lunga evoluzione genetica che porterà alla miglior identificazione delle viti selvatiche dei latini nelle varietà bianche e soprattutto rosse ( famiglia dei Lambruschi modenesi) descritte dagli ampelografi del 1800 ( in particolare Acerbi, Mendola e Agazzotti).

Oltre ai progressi tecnologici si ebbe anche un importante cambiamento climatico (piccola era glaciale) con autunni freddi e umidi, ritardi di maturazione e fermentazioni incomplete che determinavano riprese fermentative in botte con rottura delle stesse.

Dalla metà dell’800 alla metà del ‘900 la maniera più diffusa di ottenere un lambrusco frizzante naturale in senso industriale era rappresentata dalla rifermentazione in bottiglia.

Si otteneva così un lambrusco frizzante torbido, senza sboccatura, e la gran parte del prodotto. Nel 1860 prese così ad operare a Modena la prima cantina di produzione di lambrusco frizzante di tutta l’Emilia.

Le produzioni migliori venivano comunque sottoposte alla eliminazione delle fecce anche con metodi che ne diminuissero le perdite quanti qualitative, dapprima con macchine travasatrici isobariche (messe a punto dal Martinotti a fine ‘800), mentre attualmente anche nei vini frizzanti e spumanti rifermentati in bottiglia si usa eliminare il deposito

di fecce di lievito dopo averlo fatto discendere verso il tappo e previo congelamento del collo della bottiglia.

 

B) Informazioni sulla qualità e sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuiti all’ambiente geografico.

La D.O.C. “Modena” o “ di Modena” è riferita alla produzione di vino rosso con la possibilità di menzionare il vitigno “Lambrusco” o il riferimento alle due tipologie “Rosso” e “Rosato” e alla produzione con il riferimento alla tipologia “Bianco”.

Dal punto di vista analitico ed organolettico questi vini presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Dalle uve prodotte nel territorio modenese si possono quindi ottenere vini rossi di colore rubino e vini rossi ben colorati con tendenze al violaceo con acidità medio-alta e struttura medio-bassa.

I vini bianchi hanno colore giallo paglierino, buona acidità, struttura media.

La freschezza e la fragranza dei profumi con evidenze floreali e fruttate contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

A Modena la vitivinicoltura ha un valore socio-economico molto importante ed è legata alla produzione di vini “frizzanti” e “spumanti”.

Il fattore ambientale più importante nel condizionare l’equilibrio vegeto-produttivo e la qualità del vino è il terreno. Pur nella loro variabilità determinata dall’ambiente e dagli interventi agronomici, i terreni agrari modenesi possono pertanto considerarsi di buona fertilità che si identificano nei seguenti tre tipi rappresentativi:

a) terreni sciolti, di colorazione gialla o rossastra, poveri di calce e spesso anche di fosforo totale ed assimilabile, localizzati nella fascia pedecollinare ma anche ad altimetrie più elevate con suoli che in pianura vengono denominati “terre parzialmente decarbonate della pianura pedemontana”, mentre due sono i suoli dei rilievi “ terre scarsamente calcaree del margine appenninico”, “ terre calcaree del basso appennino localmente associate a calanchi;

b) terreni di medio impasto, ottimi sia sotto il profilo fisico che chimico, originati dalle alluvioni dei fiumi Secchia e Panaro, localizzati nella media pianura che rientrano nei suoli denominati “terre calcaree dei dossi fluviali con i suoli Sant’Omobono franca limosa argillosa”;

c) terreni argillosi, molto compatti ma chimicamente ben dotati e fertili, i quali costituiscono la maggior parte della pianura con i suoli denominati “terre argillose delle valli bonificate”.

I terreni di pianura appartengono alle alluvioni del pleistocene e dell’olocene, mentre i terreni collinari e montani, cretacei ed eocenici, sono molto ricchi di componenti finissimi e colloidali.

I terreni di pianura sono praticamente esenti da scheletro grossolano che invece è spesso presente nei terreni coltivati di collina e di montagna in forma di frammenti brecciosi che possono ostacolare le normali operazioni colturali.

Nella media pianura della provincia modenese caratterizzata dai suoli “Sant’Omobono franca limosa argillosa” l’indice di Winkler varia dai 1900 ai 2000 gradi giorno con precipitazioni del periodo aprile-ottobre che si attestano attorno di 450 mm.

La vigoria dei vigneti è elevata con produzioni medio - alte.

Dalle uve prodotte in questo territorio si ottiene un vino discretamente colorato, povero di struttura, di moderato grado alcolico, di buona acidità e con note floreali e fruttate molto evidenti.

Nella pianura posta a nord della provincia modenese dove prevalgono i suoli denominati “terre argillose delle valli bonificate” l’indice di Winkler varia dai 1900 ai 2000 gradi giorno con precipitazioni del periodo aprile-ottobre che si attestano attorno ai 450 mm.

La vigoria dei vigneti è elevata con produzioni costanti.

Dalle uve prodotte in questo territorio si ottiene un vino ben colorato, di buona struttura, di corpo morbido, di media acidità e con note fruttate evidenti.

Nella pianura posta a sud della provincia modenese prevalgono i suoli “terre parzialmente decarbonate della pianura pedemontana” l’indice di Winkler varia dai 2169 ai 2193 gradi giorno.

Le precipitazioni medie del periodo aprile-ottobre si sono attestate sui 437-449 mm. Il territorio pedecollinare e collinare della provincia di Modena è caratterizzato dai suoli “ terre scarsamente calcaree del margine appenninico”, “ terre calcaree del basso appennino localmente associate a calanchi”.

L’indice di Winkler varia dai 1890 gradi giorno rilevati nella zona di Vignola posta all’altitudine di 120-125 m. ai 2028 gradi giorno di Levizzano Rangone posto ad una altitudine di 135 m.

Dalle uve prodotte in questi areali si ottiene un vino di colore rosso tendente al violaceo, strutturato, di corpo morbido, di bassa acidità, con note fruttate molto evidenti.

La storia del Lambrusco e della produzione dei vini frizzanti nel territori modenesi parte da lontano e racchiude dentro di sè il fascino delle prime testimonianze dei poeti e degli scrittori del’età classica (Virgilio, Catone, Varrone) che nelle loro opere raccontano di una “Labrusca vitis”, ovvero un vitigno selvatico che produceva frutti dal gusto aspro e che soleva crescere ai margini delle campagne.

Il Lambrusco, un vino rosso che può essere frizzante o spumante, il colore rosso rubino brillante, da servire a 12-14 °C per cogliere appieno fragranze e profumi, è nato a Modena e da qui si è diffuso sui mercati nazionali ed esteri.

Diversi sono gli elementi dai quali si coglie l’importanza che ha la vitivinicoltura a Modena, 7.620 ettari di superficie vitata costituiti per l’87% da vitigni lambrusco, l’azienda vinicola più antica della regione Emilia-Romagna, la presenza della cantina sociale più antica d’Italia in attività, tre cantine sociali che hanno festeggiato il centenario della loro

fondazione, ma soprattutto il fatto che a Modena prevale la produzione di vini a Denominazione di Origine, DOP e IGP. Con l’utilizzo della Denominazione di Origine i produttori modenesi desiderano affermare al consumatore che i loro prodotti hanno più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove provengono, come vengono lavorati, quali sono le caratteristiche e le peculiarità che li differenziano dalle produzioni che non si identificano in un territorio ben definito.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24

00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

Mail info@valoritalia.it website www.valoritalia.it

 

VALORITALIA s.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del DLgs n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

PIGNOLETTO

D.O.C.

Decreto 26 settembre 2014

Modifica Decreto 16 giugno 2016

Decreto

(fonte Mipaaf)

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

1. La Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

“Pignoletto”;

“Pignoletto” frizzante;

“Pignoletto” spumante;

“Pignoletto” passito;

“Pignoletto” vendemmia tardiva.

 

2. Le sottozone “Modena”, “Reno” e “Colli d’Imola” sono disciplinate tramite allegati in calce al presente disciplinare.

Salvo quanto espressamente previsto negli allegati suddetti, nelle sottozone devono essere applicate le norme previste dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Base ampelografica

 

1. I vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti costituiti dal vitigno Grechetto gentile (localmente conosciuto anche con il nome Alionzina) almeno per l’85%.

Possono concorrere alla produzione di detti vini anche le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, di cui all’elenco della regione Emilia–Romagna delle varietà di vite per uva da vino, presenti nei vigneti in ambito aziendale, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 15%; in tale ambito del 15% possono concorrere le uve dei vitigni Pinot nero e/o Pinot grigio vinificate in bianco.

 

Articolo 3

Zona di produzione delle uve

 

1. La zona di produzione delle uve della DOC “Pignoletto”, corrispondente al nome geografico della omonima località ricadente nel Comune di Valsamoggia in Provincia di Bologna,

comprende l’intero territorio amministrativo dei Comuni sotto indicati:

 

Provincia di Bologna:

Anzola dell’Emilia, Argelato, Bazzano, Bentivoglio, Bologna, Borgo Tossignano, Budrio, Calderara di Reno, Casalecchio di Reno, Casalfiumanese, Castel Guelfo di Bologna, Castel Maggiore, Castel San Pietro Terme, Castello D’Argile, Castello di Serravalle, Castenaso, Crespellano, Crevalcore, Dozza, Fontanelice, Granarolo dell’Emilia, Imola, Loiano, Marzabotto, Medicina, Minerbio, Monte San Pietro, Monterenzio, Monzuno, Mordano, Ozzano dell’Emilia, Pianoro, Pieve di Cento, Sala Bolognese, San Giorgio di Piano, San Giovanni in Persiceto, San Lazzaro di Savena, San Pietro in Casale, Sant’Agata Bolognese, Sasso Marconi,

Savigno, Valsamoggia, Zola Predosa.

 

Provincia di Modena:

Bastiglia, Bomporto, Campogalliano, Camposanto, Carpi, Castelfranco Emilia, Castelnuovo Rangone, Castelvetro di Modena, Cavezzo, Concordia sul Secchia, Finale Emilia, Fiorano Modenese, Formigine, Guiglia, Maranello, Marano sul Panaro, Medolla, Mirandola, Modena, Nonantola, Novi di Modena, Prignano sul Secchia, Ravarino, S. Cesario sul Panaro, S. Felice sul Panaro, S. Possidonio, S. Prospero sul Secchia, Sassuolo, Savignano sul Panaro, Serramazzoni, Soliera, Spilamberto, Vignola, Zocca.

 

Provincia di Ravenna:

Faenza, Brisighella, Riolo Terme, Castel Bolognese.

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” devono essere quelle tipiche della zona di produzione, e comunque atte a conferire alle uve ed ai vini le specifiche caratteristiche di qualità.

2. I sesti di impianto ed i metodi di potatura devono essere quelli tradizionali della zona e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

3. È vietata ogni pratica di forzatura ed è consentita l’irrigazione di soccorso.

4. La produzione massima di uva per ettaro dei vigneti in coltura specializzata destinati alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” non deve essere superiore a 21,00 t/ha

ed il rispettivo titolo alcolometrico volumico naturale minimo deve essere del 9,00% vol.

5. Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” devono essere riportati nei limiti di cui al precedente comma purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi.

Oltre detto limite percentuale decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutte le uve prodotte.

Tale supero potrà essere impiegato per la produzione dei vini IGT di ricaduta, se ne possiede le caratteristiche.

6. In caso di annata sfavorevole, che lo renda necessario, la Regione Emilia–Romagna fissa una resa inferiore a quella prevista dal presente disciplinare anche differenziata nell’ambito della zona di produzione di cui all’art. 3.

7. I conduttori interessati che prevedano di ottenere una resa maggiore rispetto a quella fissata dalla Regione Emilia–Romagna, ma non superiore a quella fissata dal precedente punto 4, dovranno tempestivamente, e comunque almeno 5 giorni prima della data d’inizio della propria vendemmia, segnalare, indicando tale data, la stima della maggiore resa, mediante lettera raccomandata agli organi competenti per territorio preposti al controllo, per consentire gli opportuni accertamenti da parte degli stessi.

8. Nell’ambito della resa massima di cui al presente articolo, la Regione Emilia–Romagna su proposta del Consorzio può fissare i limiti massimi di uva per ettaro rivendicabili inferiori a quello previsto dal presente disciplinare in rapporto alla necessità di conseguire un miglior equilibrio di mercato; in questo caso non si applicano le disposizioni di cui al comma 7.

9. La Regione Emilia–Romagna, su richiesta del Consorzio, vista la situazione di mercato, può stabilire la sospensione e/o la regolamentazione temporanea delle iscrizioni allo schedario vitivinicolo di nuovi impianti che aumentano il potenziale produttivo della denominazione.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1 Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.

2. Le operazioni di vinificazione delle uve destinate alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” devono essere effettuate nella zona di cui all’art. 3.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che le operazioni di vinificazione e presa di spuma dei vini a DOC “Pignoletto” siano effettuate in stabilimenti situati nell’intero territorio amministrativo delle Provincie di Modena, Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena, Reggio Emilia.

3. Conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, le operazioni di imbottigliamento o di confezionamento devono essere effettuate nella zona delimitata di cui all’art. 3, per salvaguardare la qualità e assicurare l’efficacia dei controlli.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che le operazioni di imbottigliamento o confezionamento dei vini “Pignoletto” siano effettuate in stabilimenti situati nell’intero territorio amministrativo delle Provincie di Modena, Bologna, Ravenna, Forlì–Cesena, Reggio Emilia.

Inoltre, in conformità al predetto all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, a salvaguardia dei diritti precostituiti dei soggetti che tradizionalmente hanno effettuato l’imbottigliamento al di fuori dell’area di produzione delimitata, sono previste autorizzazioni individuali ad effettuare l’imbottigliamento alle condizioni di cui all’articolo 10, comma 3 e 4 del decreto legislativo n. 61/2010.

4. Fatta eccezione per la tipologia “Pignoletto” passito, la resa massima dell’uva in vino finito non deve essere superiore al 70% per tutti i vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto”.

Qualora la resa uva/vino superi detto limite ma non il 75%, l’eccedenza non avrà diritto alla Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” e potrà essere rivendicata a IGT.

Oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

5. Per le tipologie "Pignoletto" passito e “Pignoletto” vendemmia tardiva la produzione massima di uva per ettaro non deve essere superiore a 9,00 t/ha,

ottenute dalla cernita delle uve destinate alla produzione del vino "Pignoletto" in possesso dei requisiti prescritti per tale tipologia.

Il rimanente quantitativo di uva per ettaro, fino al massimo consentito per la tipologia "Pignoletto" può essere destinato alla produzione delle diverse tipologie del vino "Pignoletto".

6. La vinificazione dell’uve destinate alla produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” passito può avvenire solo dopo che le stesse siano state sottoposte ad appassimento naturale avvalendosi anche di sistemi o tecnologie comunque operanti a temperature analoghe rispetto al processo naturale.

Al termine dell’appassimento dette uve devono assicurare

Un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 15,00% vol

e la loro resa massima in vino non deve essere superiore al 50%.

Qualora la resa uva/vino superi detto limite ma non il 55%, l'eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata “Pignoletto” e potrà essere rivendicata a IGT.

Oltre il 55% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

7. È consentito l’arricchimento alla condizione e nelle modalità previste dalle normative nazionali e comunitarie fermo restando che i quantitativi impiegati non aumentino le rese massime di trasformazione di cui al precedente comma 4.

 

Articolo 6

Caratteristiche al consumo

 

1. I vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto”, all’atto dell’immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Pignoletto”:

colore: giallo paglierino talvolta con riflessi verdognoli;

odore: caratteristico, fine;

sapore: da secco ad abboccato, caratteristico, armonico, talvolta leggermente amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Pignoletto” frizzante:

spuma: fine ed evanescente;

colore: giallo paglierino;

odore: caratteristico, leggermente aromatico;

sapore: da secco ad abboccato, caratteristico, armonico, talvolta leggermente amarognolo;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Pignoletto” spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino;

odore: caratteristico, leggermente aromatico;

sapore: sapido, caratteristico, armonico, da brut nature a dry;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Pignoletto” passito

colore: giallo dorato tendente all’ambrato con l’invecchiamento;

odore: fine, caratteristico, delicato;

sapore: da amabile a dolce, morbido;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l.

 

"Pignoletto" vendemmia tardiva

colore: giallo dorato tendente all’ambrato con l’invecchiamento;

odore: intenso, caratteristico;

sapore: da amabile a dolce, morbido, delicato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 14,00% vol.;

titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 12,00% vol.;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 23,00 g/l.

 

2. Nelle tipologie frizzanti prodotte tradizionalmente per fermentazione in bottiglia, è possibile la presenza di una velatura.

3. In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vini “Pignoletto” può rilevare lieve sentore di legno.

4. È in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Designazione e presentazione

 

1. Nella designazione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” è vietata l’aggiunta di qualsiasi specificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare di produzione ivi compresi gli aggettivi, “extra”, “fine”, “scelto”, “selezione” e similari.

È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati o di consorzi, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

2. Le indicazioni tendenti a qualificare l’attività agricola dell’imbottigliamento quali “viticoltore”, “fattoria”, “tenuta”, “podere”, “cascina” ed altri termini similari sono consentite in osservanza delle norme comunitarie e nazionali.

3. Per i vini designati con la Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” è consentito l’uso della menzione “vigna” alle condizioni previste dalla normativa vigente.

4. Nelle tipologie frizzanti prodotte tradizionalmente con fermentazione in bottiglia, è obbligatorio riportare in etichetta la dicitura “rifermentazione in bottiglia”.

5. Nella presentazione e designazione dei vini di cui all’art. 1, con esclusione delle tipologie spumante e frizzante, è obbligatoria l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.

 

Articolo 8

Confezionamento

 

1. I vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” possono essere immessi al consumo nei contenitori previsti dalla normativa vigente.

Qualora siano confezionati in bottiglie di vetro, possono essere presentati con qualsiasi tipo di chiusura consentita, escluso il tappo a corona, il quale, tuttavia, può essere utilizzato unicamente per il vino “Pignoletto” frizzante prodotto tradizionalmente per fermentazione in bottiglia .

2. I vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” frizzante se immessi al consumo in bottiglie di vetro, nelle capacità previste dalle disposizioni di legge, possono essere confezionati con tappo “a fungo” ancorato, di sughero o di materiale sintetico ammesso, pieno (tipo “elastomero”), tradizionalmente utilizzato nella zona, con eventuale capsula di copertura della chiusura di altezza non superiore a 7 cm.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica:

1) fattori naturali rilevanti per il legame

La zona geografica relativa alla Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto”, nelle tipologie, fermo, frizzante, spumante, passito e vendemmia tardiva, interessa la parte centrale della regione Emilia-Romagna.

Tale denominazione prende il nome dalla località Pignoletto che insiste all’interno del territorio amministrativo del Comune di Valsamoggia nella Provincia di Bologna.

La zona delimitata, che, a partire dall’estremità ovest, interessa tre provincie, ripartiti quasi egualmente tra ambienti di pianura e di rilievo appenninico.

Tale zona presenta caratteri di uniformità negli aspetti pedoclimatici vista la comune origine della giacitura e dell’esposizione dei terreni.

Il clima nelle sue varie espressioni ha uniformato il paesaggio e di conseguenza, le colture, tanto che i vitigni che compongono la base ampelografica dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” sono allevati e coltivati con tecniche sostanzialmente omogenee in tutta la zona.

La pianura, con un’altitudine tipicamente compresa tra i 2 ed i 70 metri s.l.m., occupa un’area continua, tra la valle del fiume Secchia e quella del torrente Sillaro interessando agli ampi fondovalli appenninici, dove si raggiungono quote anche di 150 metri s.l.m.

Nella piana pedemontana e nella piana alluvionale a crescita verticale, i sedimenti provengono principalmente dai fiumi e torrenti appenninici.

Il rilievo appenninico interessa un’area continua che si estende dalle prime colline fino al crinale appenninico, compresa una area di pianura di transizione, morfologicamente mossa, quasi assente nella zona sud est della regione esclusa dalla delineazione.

Le quote variano da 100 a 2.200 metri, ma il vigneto interessa prevalentemente quote inferiori ai 700 metri. Predominano le rocce sedimentarie, con litotipi molto vari (arenarie, argille, calcari, gessi, sabbie, conglomerati).

I suoli sono distribuiti secondo mosaici complessi, per la varietà dei fattori orografici locali, e dei condizionamenti dovuti ai processi morfogenetici, per la complessità dell’assetto geologico strutturale e della distribuzione dei litotipi, per la diversità del clima, della vegetazione, e dell’intervento umano.

A seconda della zona, in relazione ai vitigni coltivati e alla tradizione viticola ed enologica, il vigneto è presente a differenti altitudini, a partire dalla pianura; l’area meno vitata risulta quella dell’alto appennino, caratterizzato da climi eccessivamente freddi.

Il regime delle temperature dell’area è caratterizzato da un’elevata variabilità, passando dal temperato sub continentale (più importante relativamente all’area vitata) al temperato fresco.

In pianura, il clima assume maggiori

caratteri continentali, con valori medi annui intorno a 14–16° C.

Le precipitazioni variano da 600 a 800 mm annui, concentrate maggiormente nel periodo autunnale e secondariamente primaverile. Le piovosità minime sono localizzati nell’area nord–orientale.

Le condizioni di deficit idrico avvengono principalmente nel periodo estivo, attenuate dall’elevata umidità relativa dell’aria e dalle dotazioni idriche superficiali.

Salendo di altitudine la piovosità aumenta, variando da circa 800 m (margine appenninico prospiciente la pianura) ad oltre i 2.000 mm dell’alto appennino, parallelamente ad un aumento dei giorni di pioggia.

Il bilancio idroclimatico segue il medesimo andamento della piovosità con valori variabili da circa – 400 mm della pianura più interna fino a raggiungere lo 0 sul medio Appennino e valori positivi a maggiori altitudini.

 

2) fattori umani rilevanti per il legame

Quando i romani, circa due secoli prima della nascita di Cristo, sottomisero ed unificarono sotto il segno della lupa i territori abitati dalle tribù dei galli boi, avevano probabilmente mille motivi per farlo, non esclusi quelli legati alle ricchezze agricole di tali zone.

I filari di vite erano maritati ad alberi vivi, secondo l’uso introdotto dagli etruschi e sviluppato successivamente dai galli.

Tale metodo infatti, lo si chiama “arbustum gallicum”, particolarmente adatto non solo alle terre basse ed umide della pianura, ma soprattutto si era incrementato notevolmente sulla zona collinare.

È accertato che da tali terreni, soprattutto quelli collinari posti a sud di Bononia, nelle vicinanze dell’attuale Comune di Valsamoggia nelle località di Monteveglio e Castello di Serravalle i nostri antenati latini producessero vini che li appassionarono moltissimo.

Le terre dell’agro bononiense erano coltivate dai veterani di tante campagne militari in tutto il mondo allora conosciuto, per cui la bevanda bacchica era palesemente bevuta, gustata ed apprezzata.

Sono state ritrovate antiche Olle di conservazione del vino nella zona della località di Mercatello posta al confine tra il comune di Menteveglio e Castello di Serravale, adiacente all’omonima località di “Pignoletto”.

Plinio il Vecchio – I° sec. d.C. – nel capitolo “Ego sum pinus laeto” tratto dalla monumentale opera di agronomia “Naturalis historia”, enuncia che in “apicis collibus bononiensis” vi si produceva un vino frizzante ed albano, cioè biondo, molto particolare ma non abbastanza dolce per essere piacevole e quindi non apprezzato, poiché è risaputo che durante l’epoca imperiale era gradito il vino dolcissimo, speziato ed aromatizzato con innumerevoli essenze, inoltre, sempre molto “maturo” in quanto i vini giovani non erano in grado di soddisfare i pretenziosi palati della nobiltà.

Erano trascorsi poco meno di tre secoli dalla conquista romana – 179 a.C. – che il vino era radicalmente mutato, ma non le qualità e caratteristiche uniche di tale nettare.

Riprendendo il cammino alla ricerca di tracce che ci possano condurre ai vini che oggi degustiamo, ci imbattiamo nelle biografie dell’operosità di tali monaci-agresti che sono giunte fino ai giorni nostri, in cui si menzionano i notevoli impulsi dati per lo sviluppo della vite.

Si sparsero in tutte le regioni italiane e nel migrare verificarono che sulle colline bolognesi si produceva un buon vinello

dorato e mordace, appunto frizzante. OMNIA ALLA VINA IN BONITATE EXCEDIR – decisamente “…un vino superiore per bontà a tutti gli altri…” e bevuto non solo durante le pratiche liturgiche, ma anche con gioia alla tavola del nobile e del volgo, ottenuto da uve conosciute ed apprezzate come pignole.

I secoli che da allora sono trascorsi per giungere fino ai giorni nostri, sono stati indiscussi testimoni di innumerevoli fatti e citazioni riguardanti i vini delle nostre splendide colline bolognesi.

Della vite coltivata sulle colline di Monteveglio, nelle adiacenze della monumentale Abbazia omonima ne parla il documento risalente al 973 d.C. nel quale il Vescovo di Bologna Alberto, concedeva al Vescovo di Parma, insieme all’Abbazia di Monteveglio, circa trenta tornature di vigneti (laddove oggi insiste la località Pignoletto).

Nel 1300, Pier de’ Crescenzi, nel più importante trattato di agronomia medievale “Ruralium commordorum libro XII” descriveva le caratteristiche organolettiche del “pignoletto” che si beveva allora, in quanto il vino, oltre che maggiormente prodotto, era quello più gradito per piacevolezza e per la vivace e dorata spuma.

Agostino Gallo ne “Le venti giornate dell’agricoltura” del 1567, sollecitava di piantare le uve pignole in quanto per la notevole produzione, permetteva un florido commercio perché sempre ricercate.

Medico e botanico di Papa Sisto V, il Bacci, nel personale trattato del 1596 “De naturalis vinarium istoria de vitis italiane”, asseriva le “…rare et optime…” qualità intrinseche dell’uva pignola.

Così pure Soderini, noto agronomo fiorentino, sempre in quegli anni, ne confermava le caratteristiche.

Il Trinci – 1726 – pone in evidenzia le caratteristiche di tale vitigno: l’odierno vino “pignoletto” si riscontra nella sua quasi totalità di tali affermazioni, per non dire che sono le medesime.

Ulteriori conferme sono riportate nel “Bullettino Ampelograficho” del 1881, in cui è nominata l’uva pignola prodotta nelle colline poste a sud dell’urbe di Bologna, la cui assomiglianza con l’attuale produzione è stupefacente, e non lascia più adito ad altri dubbi di sorti.

Lo statuto di Bologna del 1.250 ordina la costruzione della “Strada dei vini” per trasportare con sicurezza verso Bologna i vini ottenuti nelle colline a sud della città.

A partire dal 1 250 risalgono i primi estimi del comprensorio vitivinicolo.

In relazione al disciplinare si può affermare che:

- base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area di produzione.

- alle tecniche agronomiche adottate: le forme d’allevamento, i sesti d’impianto sono quelle storicamente evolutesi nella zona, volte a contenere le rese e ottenere le qualità previste dal disciplinare; l’ambiente pedoclimatico favorisce un naturale accrescimento della vite, le imprese hanno optato per forme di allevamento a cordone permanente con tralci ricadenti capaci di contenere la vigoria delle piante, di consentire un’adeguata distribuzione spaziale delle gemme, esprimere la potenzialità produttiva, permettere la captazione dell’energia radiante, assicurare sufficiente aerazione e luminosità ai grappoli.

Le forme di allevamento più diffuse sono il cordone libero, il cordone speronato, il GDC, il Guyot, il Sylvoz.

La densità d’impianto varia dai 2.500 – 3.000 ceppi/ettaro nei terreni di pianura ai 3.000 – 4.000 ceppi/ettaro nei terreni del margine appenninico e del basso appennino associati a calanchi.

- alle pratiche di elaborazione dei vini: tradizionalmente consolidate in zona per la produzione di vini bianchi, fermi o frizzanti per le tipologie consentite dal disciplinare

 

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente

attribuibili all’ambiente geografico.

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare gli elementi che evidenziano il legame con il territorio sono i seguenti:

- Pignoletto nella versione tranquilla: si presenta di colore giallo paglierino con riflessi verdognoli caratteristici della varietà Grechetto gentile, profumo delicato e fruttato ed un sapore con contenuta acidità e giusta aromaticità, spesso con sentori amarognoli, tutti fattori fortemente legati alle caratteristiche del territorio ricco di argille e arenarie.

- Pignoletto nella versione frizzante: l’Emilia-Romagna è la patria dei vini frizzanti, frutto di una lunga tradizione locale, caratteristica che accomuna i vini di pianura e di collina, da est a ovest della Regione.

Il Pignoletto frizzante propone sentori più freschi e fruttati e un acidità più sostenuta, mentre conferma un gusto mediamente aromatico e spesso un finale amarognolo che rivela la stretta relazione con il territorio.

- Pignoletto nella versione spumante: si tratta della naturale evoluzione della versione frizzante verso un prodotto che esalta le caratteristiche di freschezza e aromaticità del vitigno Grechetto gentile mantenendone integre le caratteristiche peculiari all’olfatto e al gusto che derivano dai terreni presenti nell’area di produzione e dal vitigno.

- Pignoletto nella versione passito e vendemmia tardiva: nell’ultimo decennio è stata riscontrata la vocazione delle uve del vitigno Grechetto gentile all’appassimento o alla surmaturazione sulla pianta.

Ne derivano vini amabili o dolci, caldi, di alta alcolicità totale e moderata acidità, armonici e vellutati con profumi delicati, dove il finale amarognolo vene annullato dall’appassimento o surmaturazione delle uve.

 

Sottozona Colli d’Imola

Grazie alla scelta varietale e alla collocazione dei vitigni negli ambienti più congeniali, nella sottozona “Colli d’Imola” è possibile ottenere una gamma di prodotti ampia e qualitativamente rispondente alle diverse esigenze dei consumatori.

Nei fondo valle e nei terreni più freschi, infatti, si possono ottenere vini bianchi leggeri, spesso frizzanti, che puntano sostanzialmente sulla freschezza dei sentori floreali e di frutta gialla poco matura (mela verde, ad esempio).

Nei terreni più ricchi d’argilla e calcare, esposti a Nord/Nord-Est, ci si può spingere verso vini bianchi più strutturati che si prestano anche per l’affinamento in legno, ottenendo bouquet complessi e accattivanti.

Certi ambienti e la paziente opera dell’uomo si prestano anche per la vendemmia tardiva di uve come il Grechetto gentile in grado di trasformarsi in vini del tutto particolari.

 

Sottozona Reno

Dal punto di vista analitico ed organolettico i vini prodotti in questa sottozona presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che riflettono la tipicità e la caratterizzazione del territorio di produzione legate alle proprietà pedoclimatiche dell’ambiente.

Tali caratteristiche del vino di base, sono evidentemente condizionate dall’ambiente fertile e fresco caratteristico della sottozona, ricco di ghiaie e di sabbie, e delle forme di allevamento principalmente basate su cordoni permanenti (cordone speronato e G.D.C.) e portainnesti che assecondano la naturale vigoria del vitigno Grechetto gentile.

Dalle uve prodotte nella media pianura bolognese e nella media pianura modenese posta alla destra del fiume Panaro si possono quindi ottenere vini bianchi dal colore giallo paglierino, di media struttura, buona acidità.

La freschezza e la fragranza dei profumi con evidenze floreali e fruttate contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

Sottozona Modena

La sottozona Modena è storicamente caratterizzata alla produzione di vini frizzanti e spumanti.

Dal punto di vista analitico ed organolettico questi vini presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Dalle uve prodotte nella media pianura modenese con prevalenza di suoli “Sant’Omobono” si ottengono vini bianchi dal colore giallo paglierino, di media struttura, buona acidità.

La freschezza e la fragranza dei profumi contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

Dalle uve prodotte nella pianura pedemontana e nei rilievi collinari si ottiene un vino strutturato, di corpo morbido, di bassa acidità, con note fruttate molto evidenti.

Dalle uve prodotte nella media pianura modenese con prevalenza di suoli denominati “terre argillose delle valli bonificate” si ottiene un vino di buona struttura, di corpo morbido, di media acidità e con note fruttate evidenti.

Anche in questo caso, la freschezza e la fragranza dei profumi contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

 

La zona geografica delimitata è un’area molto variabile, con caratteristiche che hanno portato a diverse viticolture e all’insediamento di diversi vitigni, specifici per ogni zona.

Il vitigno “Grechetto gentile”, localmente conosciuto anche con il nome Alionziana (cfr.

Studio dell’università di Bologna, Prof. Marangoni, 1976), è per circa il 60% localizzato in pianura e il 38% in collina; marginale la montagna (Istat, 2.000).

I vini rispecchiano le due macrozone viticole dell’Emilia-Romagna, perché la pianura produce vini più freschi e beverini, mentre la collina ha spesso vini più strutturati, eleganti e persistenti all’olfatto e al gusto.

In generale le condizioni d’illuminazione e calore della zona geografica delimitata, in riferimento all’area vitata, permettono alle uve di raggiungere un adeguato grado di maturazione.

Le sommatorie termiche più elevate si raggiungono in pianura con 2.400 gradi (Indice di in ler), che decrescono salendo di altitudine.

Nell’area collinare, sono tradizionalmente vitate le aree con le condizioni climatiche migliori, su versanti ben esposti o valli maggiormente protette da correnti di aria fredda, dove si ottengono vini di elevato pregio.

Più diffusa la viticoltura collinare nelle province di Bologna e Modena.

Ad altitudini più elevate, dove il vigneto è più marginale, con suoli poco profondi, soggetti a intensi fenomeni erosivi, trovano un ambiente particolarmente favorevole vitigni a ciclo breve.

Più in generale il clima sub continentale, garantisce una adeguata piovosità durante l’anno, mentre i fenomeni di siccità estiva, sono mitigati in pianura dalla presenza di corsi d’acqua e terreni profondi e da una migliore entità e distribuzione delle piogge in collina, rendendo tali ambienti favorevoli alla coltura della vite.

Non mancano fenomeni locali particolari, come ad esempio, in pianura, nei pressi del confine tra la Provincia di Bologna e quella di Ferrara, la presenza di suoli deltilizi e della pianura costiera, con altitudini inferiori al livello del mare, ad idromorfia poco profonda, ma la cui disponibilità idrica del suolo è contrastata da un bilancio idroclimatico molto negativo.

In generale comunque, la presenza di elevate escursioni termiche tra notte e giorno nel periodo di maturazione

delle uve, abbinate a terreni prevalentemente sub alcalini o alcalini, a tessitura fine o moderatamente fine, determinano l’ottenimento di vini profumati e dall’alto contenuto in polifenoli, da cui derivano le caratteristiche organolettiche tipiche dei vini.

La viticoltura ed i prodotti enologici variano anche da ovest ad est, secondo la tradizione delle singole zone.

L’area di pianura è quella che produce la maggiore quantità di vino e comprende la zona storica emiliana etrusca.

Sui colli oltre al Grechetto gentile (Alionzina) frequente nell’area di Bologna, si diffondono molti altri vitigni, internazionali o locali, tra cui si incontrano il Sauvignon, la Spergola, il Montuni, unitamente ai rossi alla base dei vini bordolesi Cabernet e Merlot. Ai confini est dell’area collinare troviamo anche lo storico Sangiovese e l’Albana.

L’importanza della viticoltura di questa area viticola è ufficializzata dall’importante diffusione del vigneto all’interno dell’area delimitata e dalle centinaia di migliaia di ettolitri di vino “Pignoletto” prodotto e commercializzato ogni anno nel mondo.

Il clima di tipo caldo-arido, presentato soprattutto negli ultimi anni, caratterizzato da precipitazioni non abbondanti nel periodo autunno – invernale e scarse nel periodo estivo, con periodi di aridità nei mesi di luglio e agosto, nonché l’ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, consente, comunque, alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo a conferire, in maniera significativa, le particolari qualità e caratteristiche organolettiche ai vini.

 

Inoltre, le condizioni d’illuminazione e calore della zona, in riferimento all’area vitata, permettono alle uve di raggiungere un adeguato grado di maturazione in tutta la zona di produzione delimitata. Le sommatorie termiche più elevate si raggiungono in pianura con 2̇400 gradi (Indice di Winkler), che decrescono salendo di altitudine.

Di conseguenza, l’interazione tra le caratteristiche del terreno e quelle del clima portano il vitigno Grechetto gentile ad esprimere appieno le proprie potenzialità non solo in termini di accumulo zuccherino, ma anche per quanto riguarda il giusto contenuto della componente acida e concentrazione di aromi primari caratteristici del vino a DOP Pignoletto.

In sintesi, le complesse interazioni tra caratteristiche del terreno, elementi del clima ed i fattori umani, quali le tradizionali tecniche colturali ed enologiche, portano a modulare il decorso della maturazione delle uve che vengono raccolte in differenti momenti e con caratteristiche chimico – fisiche adeguate alle diverse tipologie di vini da produrre.

L’intensa attività delle popolazioni rurali ha interagito nei secoli in maniera determinante sulla formazione delle caratteristiche vitivinicole della zona.

La millenaria storia vitivinicola dell’Emilia Romagna, territorio di coltivazione dei vitigni della DOC Pignoletto, che va dall’epoca degli Etruschi fino ad oggi, è dimostrata da numerosi documenti e reperti e si sostanzia nella costante interazione dell’uomo con il territorio, nelle tradizionali tecniche di coltivazioni agricole e della vite e delle tecniche enologiche, tramandate da generazioni di contadini che con il passare del tempo si sono sempre più evolute ed affinate, fino a dare come risultato i vini a DOC Pignoletto.

In particolare, la storica tradizione enologica emiliana si basa sulla produzione di vini frizzanti e spumanti ottenuti mediante la tecnica della rifermentazione che, prima della diffusione delle autoclavi negli anni ’70-80, era principalmente effettuata in bottiglia e che caratterizza i vini dalla Provincia di Piacenza fino a quella di Bologna, seguendo un unico filo conduttore.

Tale peculiarità si è riflessa in tutti i disciplinari della DOP insistenti nell’Emilia, dalle DOP Colli Piacentini e Colli di Parma, passando per la DOP Reggiano e per le storiche DOP modenesi basate sul vitigno Lambrusco, fino alle DOP Colli Bolognesi e Colli di Imola.

La produzione di vini frizzanti e spumanti in Emilia è stata certamente dovuta alla perfetta combinazione di queste tipologie di vini, che presentano un buon grado di acidità, con la cucina tradizionale emiliana, solitamente ricca e piuttosto grassa fondata sulla carne di maiale da cui si ottengono i famosi salumi emiliani (per citarne solo alcuni: Culatello di Zibello DOP, Prosciutto di Parma DOP, Mortadella di Bologna IGP).

A fianco di questi vini dotati di spuma, si sono affermate nel tempo anche le tipologie fermo e passito che completano il perfetto abbinamento di questi vini con la tipica cucina emiliana; la prima per affiancare i primi piatti a base di pasta all’uovo (Tortellini di Bologna, Tagliatelle al ragù di carne) e formaggi (Parmigiano Reggiano DOP) la seconda per essere di accompagnamento ai popolari dolci a pasta secca (raviole, ciambelle, crostate, ecc..).

Tutto ciò è la prova fondamentale della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani, la qualità e le peculiari caratteristiche delle produzioni agricole e alimentari emiliane e dimostra come l’uomo, il territorio e l’agricoltura sono fattori legati indissolubilmente tra loro nell’interazione tra la tradizione rurale, quella culinaria e quella enologica, e tutto ciò ha inciso profondamente sulla produzione vitivinicola emiliana e trova una sua perfetta sintesi nei vini della DOP Pignoletto.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e Indirizzo:

VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane S.r.l.

Via Piave n. 24 – 00187 ROMA

Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080

mail: info@valoritalia.it; website www.valoritalia.it.

 

Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del Decreto legislativo n. 61/2010, che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, paragrafo 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Regolamento (CE) n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli combinata (sistematica ed a campione) nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, paragrafo 1, 2° capoverso.

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il D.M. 14 giugno 2012, pubblicato in G.U. n. 150 del 29.06.2012.

 

ALLEGATO 1

SOTTOZONA “COLLI D’IMOLA”

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto”, anche nella tipologia frizzante e spumante, con il riferimento alla sottozona “Colli d’Imola” è riservata al vino proveniente dalla sottozona omonima e rispondente alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Zona di produzione delle uve

 

1. La zona di produzione delle uve per la produzione dei vini della Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” sottozona “Colli d’Imola” comprende,

in Provincia di Bologna, gli interi territori amministrativi dei comuni di

Fontanelice, Borgo Tossignano, Casalfiumanese

e la parte collinare dei territori amministrativi dei comuni di

Imola, Dozza, Castel San Pietro Terme e Ozzano dell’Emilia

il cui limite a nord è delimitato dalla strada statale n. 9 “Emilia”.

 

Articolo 3

Norme per la viticoltura

 

1. La produzione massima di uva per ettaro dei vigneti in coltura specializzata destinati alla produzione dei vini di cui all’art. 1 del presente allegato, non deve essere superiore a 15,00 t/ha

ed il rispettivo titolo alcolometrico volumico naturale minimo deve essere di 10,50% vol.

2. I limiti di resa in uva a ettaro di cui al comma 1 dovranno essere rispettati anche in annate favorevoli, ferma restando la possibilità di un supero di produzione non superiore al 20%.

 

Articolo 4

Norme per la vinificazione

 

1. Le operazioni di vinificazione delle uve destinate alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” sottozona “Colli d’Imola” nonché le operazioni di imbottigliamento o di confezionamento devono essere effettuate nella zona di cui all'art. 3, del presente allegato.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che le operazioni di vinificazione, presa di spuma e di imbottigliamento o confezionamento siano effettuate in stabilimenti situati nell’intero territorio amministrativo delle Provincia di Bologna, Modena, Ravenna e Forlì–Cesena.

 

Articolo 5

Caratteristiche dei vini al consumo

 

1. I vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” sottozona “Colli d’Imola”, all’atto dell’immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Pignoletto” sottozona “Colli d’Imola”

colore: giallo paglierino, a volte con riflessi verdognoli;

odore: delicato, caratteristico;

sapore: da secco ad abboccato;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Pignoletto” frizzante sottozona “Colli d’Imola”

spuma: fine ed evanescente;

colore: giallo paglierino, a volte con riflessi verdognoli;

odore: caratteristico, fine;

sapore: da secco ad abboccato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

“Pignoletto” spumante sottozona “Colli d’Imola”

spuma: fine, persistente;

colore: giallo paglierino;

odore: caratteristico, leggermente aromatico;

sapore: sapido, caratteristico, armonico, da brut nature a dry;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

ALLEGATO 2

SOTTOZONA “MODENA”

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto”, anche nella tipologia frizzante e spumante, con il riferimento alla sottozona “Modena” è riservata al vino proveniente dalla sottozona omonima e rispondente alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Zona di produzione delle uve

 

1. La zona di produzione delle uve per la produzione dei vini della Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” sottozona “Modena”, comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni di:

 

Bastiglia, Bomporto, Campogalliano, Camposanto, Carpi, Castelfranco Emilia, Castelnuovo Rangone, Castelvetro di Modena, Cavezzo, Concordia sul Secchia, Finale Emilia, Fiorano Modenese, Formigine, Guiglia, Maranello, Marano sul Panaro, Medolla, Mirandola, Modena, Nonantola, Novi di Modena, Prignano sul Secchia, Ravarino, S. Cesario sul Panaro, S. Felice sul Panaro, S. Possidonio, S. Prospero sul Secchia, Sassuolo, Savignano sul Panaro, Serramazzoni, Soliera, Spilamberto, Vignola, Zocca.

tutti in provincia di Modena.

 

Articolo 3

Norme per la viticoltura

1. La produzione massima di uva per ettaro dei vigneti in coltura specializzata destinati alla produzione dei vini di cui all’art. 1 del presente allegato, non deve essere superiore a 18,00t/ha

ed il rispettivo titolo alcolometrico volumico naturale minimo deve essere di 9,50% vol.

2. I limiti di resa in uva a ettaro di cui al comma 1 dovranno essere rispettati anche in annate favorevoli, ferma restando la possibilità di un supero di produzione non superiore al 20%.

 

Articolo 4

Norme per la vinificazione

1. Le operazioni di vinificazione delle uve destinate alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” sottozona “Modena” nonché le operazioni di imbottigliamento o di confezionamento devono essere effettuate nella zona di cui all'art. 3, del presente allegato.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che le operazioni di vinificazione, presa di spuma e di imbottigliamento o confezionamento siano effettuate in stabilimenti situati nell’intero territorio amministrativo della Provincia di Modena.

 

Articolo 5

Caratteristiche dei vini al consumo

1. I vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” sottozona “Modena”, all’atto dell’immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Pignoletto” sottozona “Modena”

colore: giallo paglierino, a volte con riflessi verdognoli;

odore: caratteristico, fine;

sapore: da secco ad abboccato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Pignoletto” frizzante sottozona “Modena”

spuma: fine ed evanescente;

colore: giallo paglierino, a volte con riflessi verdognoli;

odore: caratteristico, fine;

sapore: da secco ad abboccato, sapido, caratteristico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Pignoletto” spumante sottozona “Modena”

spuma: fine, persistente;

colore: giallo paglierino;

odore: caratteristico, leggermente aromatico;

sapore: sapido, caratteristico, armonico, da brut nature a dry;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

ALLEGATO 3

SOTTOZONA “RENO”

 

Articolo 1

Denominazione e vini

 

La Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto”, anche nella tipologia frizzante e spumante, con il riferimento alla sottozona “Reno” è riservata al vino proveniente dalla sottozona omonima e rispondente alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

 

Articolo 2

Zona di produzione delle uve

 

1. La zona di produzione delle uve per la produzione dei vini della Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” sottozona “Reno”, comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni di seguito riportati:

 

Provincia di Bologna:

Imola, Dozza, Castel San Pietro Terme, Castel Guelfo di Bologna, Medicina, Ozzano dell’Emilia, Castenaso, Budrio, Granarolo dell’Emilia, Bologna, San Lazzaro di Savena, Bentivoglio, San Giorgio di Piano, San Pietro in Casale, Pieve di Cento, Castel Maggiore, Argelato, Castello d’Argile, Casalecchio di Reno, Calderara di Reno, Sala Bolognese, Zola Predosa, Crespellano, Anzola dell’Emilia, San Giovanni in Persiceto, Sant’Agata Bolognese, Crevalcore e Bazzano.

 

Provincia di Modena:

Ravarino, Nonantola, Castelfranco Emilia, San Cesario sul Panaro, Savignano sul Panaro, Spilamberto.

 

Articolo 3

Norme per la viticoltura

 

1. La produzione massima di uva per ettaro dei vigneti in coltura specializzata destinati alla produzione dei vini di cui all’art. 1 del presente allegato, non deve essere superiore a 18,00t/ha

ed il rispettivo titolo alcolometrico volumico naturale minimo deve essere di 9,50% vol.

2. I limiti di resa in uva a ettaro di cui al comma 1 dovranno essere rispettati anche in annate favorevoli, ferma restando la possibilità di un supero di produzione non superiore al 20%.

 

Articolo 4

Norme per la vinificazione

 

1 - Le operazioni di vinificazione delle uve destinate alla produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” che riportano il riferimento alla sottozona “Reno” nonché le operazioni di imbottigliamento o di confezionamento devono essere effettuate rispettivamente nella zona di cui all'art. 3 del presente allegato.

Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che le operazioni di vinificazione, presa di spuma e di imbottigliamento o confezionamento siano effettuate in stabilimenti situati nell’intero territorio amministrativo delle Provincie di Reggio Emilia, Modena e Bologna.

 

Articolo 5

Caratteristiche dei vini al consumo

 

1. I vini a Denominazione di Origine Controllata “Pignoletto” sottozona “Reno”, all’atto dell’immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

 

“Pignoletto” sottozona “Reno”

colore: giallo paglierino, a volte con riflessi verdognoli;

odore: fine, caratteristico;

sapore: da secco ad abboccato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Pignoletto” frizzante sottozona “Reno”

spuma: fine ed evanescente;

colore: giallo paglierino, a volte con riflessi verdognoli;

odore: caratteristico, fine;

sapore: da secco ad abboccato, armonico;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

“Pignoletto” spumante sottozona “Reno”

spuma: fine, persistente;

colore: giallo paglierino;

odore: caratteristico, leggermente aromatico;

sapore: sapido, caratteristico, armonico, da brut nature a dry;

titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;

acidità totale minima: 4,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 14,00 g/l.

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

 

 

RENO

D.O.C.

Decreto 14 febbraio1997

Modifica Decreto 10 aprile 1997

Modifica Decreto 20 maggio 2009

Modifica Decreto 30 luglio 2013

(fonte GURI)

Modifica Decreto 30 novembre 2011

Provvedimento 29 agosto 2014

Modifica Decreto 14 giugno 2016

(fonte Mipaaf)

Articolo 1

Denominazione e Tipologie

 

La denominazione di origine controllata «Reno» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

 

“Reno” Montuni

“Reno” Montuni frizzante

“Reno” Montuni spumante

“Reno” Bianco

“Reno” Bianco frizzante

“Reno” Bianco spumante

 

Articolo 2

Base Ampelografica

 

I vini di cui all’art. 1 devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

 

“Reno” Montuni, Reno Montuni frizzante, “Reno” Montuni spumante:

Montù: minimo 85%,

possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti da altri vitigni, presenti in ambito aziendale, a bacca bianca non aromatica, idonei alla coltivazione nella Regione Emilia Romagna, fino a un massimo del 15%;

 

“Reno” Bianco, “Reno” Bianco frizzante, “Reno” Bianco spumante;

Albana e Trebbiano romagnolo, da soli o congiuntamente: minimo 40%,

possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti da altri vitigni, a bacca bianca non aromatica, presenti in ambito aziendale, idonei alla coltivazione nella Regione Emilia Romagna, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con DM 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare fino ad un massimo del 60%.

 

Articolo 3

Zona di Produzione

 

La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “RENO” ricade nelle province di Modena e Bologna e comprende i terreni vocati alla qualità di tutto o parte dei territori dei comuni

 

Imola, Dozza, Castel San Pietro Terme, Castelguelfo, Medicina, Ozzano dell’Emilia, Castenaso, Budrio, Granarolo dell’ Emilia, Bologna, San Lazzaro di Savena, Bentivoglio, San Giorgio di Piano, San Pietro in Casale, Pieve di Cento, Castelmaggiore, Argelato, Castello d’Argile, Casalecchio di Reno, Calderara di Reno, Sala Bolognese, Zola Predosa, Crespellano, Anzola dell’Emilia, San Giovanni in Persiceto, Sant’ Agata Bolognese, Crevalcore e Bazzano,

ricadenti nella provincia di Bologna;

 

Ravarino, Nonantola, Castelfranco Emilia, San Cesario sul Panaro, Savignano sul Panaro,

ricadenti nella provincia di Modena.

 

Più precisamente il comprensorio risulta esser così delimitato:

partendo dal confine con la provincia di Modena all’altezza della strada provinciale dei Castelli Medioevali (Comune di Bazzano) , si segue la medesima strada fino a Bologna proseguendo per la circonvallazione a sud di Bologna sino

all’incrocio con la via Emilia Levante e si prosegue per la stessa sino a Imola.

Quindi all’incrocio della via Emilia con la via Selice si prosegue per si prosegue per quest’ultima verso nord sino ad

incontrare la via San Vitale, poi si volta a sinistra per Medicina percorrendo la strada statale San Vitale fino all’altezza di via Molina , in località Fantuzza si gira a destra fino ad incontrare via Curiel si percorrono la stessa via Curiel e via Ercolana fino a incontrare via Nuova, si volta a destra per via Dell’Amore seguendo via Guazzaloca e via Campione, poi si gira a sinistra fino ad incontrare la via Canale.

Quindi si va a sinistra per quest’ultima via e si prosegue per via del Lavoro, via del Piano, via di Villa Fontana e via Dell’Olmo fino a Budrio. Da Budrio si prosegue per via Martiri Antifascisti , via Giacomo Matteotti, via C. Partengo e via Dritto.

Quindi a destra per via Vigoroso, via Riccardina, via Fornace, fino all’incrocio con via Zenone.

Si gira a sinistra per via Zenone fino alla località Maddalena di Cazzano, poi a destra per via San Donato fino al confine con il comune di Minerbio.

Si segue il confine nord dei comuni di Budrio e Granarolo dell’Emilia fino alla via Ventura, si prosegue per via di Mezzo fino in località San Marino di Bentivoglio.

Da quest’ultima località si gira a sinistra per via Canale di Crociali fino al canale Navile.

Si prosegue a destra seguendo il Corso del Navile fino al confine sud del comune di San Pietro in Casale.

Da questo punto si gira a sinistra seguendo il confine nord dei comuni di Bentivoglio e San Giorgio in Piano fino a incontrare la strada Galliera che da San Giorgio di Piano và a San Pietro in Casale.

Si prosegue per la strada Galliera in direzione nord fino all’incrocio con la circonvallazione di San Pietro in Casale. A questo punto si gira a sinistra per la stessa circonvallazione e via Asia, fino a incontrare il confine comunale di Pieve di Cento.

Si volta quindi a sinistra e si segue il confine comunale di Pieve di Cento fino alla confluenza del fiume Reno con il torrente Samoggia.

Si percorre via Pioppe fino all’incrocio con la strada statale 255 poi a sinistra per via Calcina quindi per la strada provinciale Mediana di Pianura fino a Crevalcore.

Si segue la circonvallazione nord di Crevalcore fino all’incrocio con la strada statale 568, poi si svolta a destra fino al confine con la provincia di Modena.

Si segue il confine provinciale verso sud fino a incontrare la linea ferroviaria Nonantola-Crevalcore. Da questo punto si segue, verso ovest, la linea ferroviaria stessa fino al suo incrocio con la strada Ravarino-Carpi in località Caradelle.

Si prosegue per quest’ultima strada, passando per la località Rami di Ravarino fino all’incrocio con la via di Mezzo, che si segue procedendo verso sud fino a Nonantola. Da qui si continua per la via Nonantolana fino in prossimità di Navicello, e precisamente fino a incontrare il fiume Panaro in località Cà Simonini.

Da Cà Simonini si sale il Panaro fino a incontrare il confine comunale fra i comuni di Savignano e Guiglia, quindi si segue verso est detta linea di confine, fino a incontrare il confine tra le provincie di Modena e Bologna nei pressi di Cà Colomba. Si prosegue poi la delimitazione provinciale verso Nord-Est, fino a incontrare la strada dei Castelli Medioevali nei pressi di Cà Torricella in comune di Bazzano

 

Articolo 4

Norme per la viticoltura

 

1).Le condizioni ambientali dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Reno” devono essere quelle normali della zona e atte a conferire alle uve le specifiche caratteristiche di qualità.

Sono pertanto da considerare idonei ai fini dell’iscrizione all’albo i vigneti di buona esposizione ubicati in terreni di medio impasto tendenti all’argilloso.

2) I sesti d’impianto e le forme di allevamento consentiti sono quelli già usati nella zona. I sesti di impianto sono adeguati alle forme di allevamento.

La regione può consentire diverse forme di allevamento qualora siano tali da migliorare la gestione dei vigneti senza determinarne effetti negativi sulla caratteristiche delle uve. La potatura, in relazione ai suddetti sistemi di allevamento

della vite, deve essere quella generalmente usata e comunque atta a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini di cui all’art. 1.

3) E’ vietata ogni pratica di forzatura, è consentita l’irrigazione di soccorso.

4) La produzione massima di uva per ettaro e la gradazione minima naturale sono:

 

“Reno” Montuni: 18,00 t/ha, 10,00% vol.;

“Reno” Bianco: 18,00 t/ha, 10,00% vol.

 

Per i vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva a ettaro deve essere rapportata alla superficie effettivamente impegnata a vite.

5) Nelle annate particolarmente favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Reno” devono essere riportati ai limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermo restando i limiti di resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

I quantitativi di uve eccedenti, fino al raggiungimento del limite massimo previsto, potranno essere presi in carico per la produzione di vini da tavola.

 

Articolo 5

Norme per la vinificazione

 

1) Le operazioni di vinificazione, ivi compresi l’arricchimento del grado alcolico, la dolcificazione, la spumantizzazione, la frizzantatura, devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delimitata dal precedente articolo 3. Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali, è consentito che tali operazioni siano effettuate nell’ambito dell’intero territorio delle province di Bologna e Modena.

2) Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, tradizionali

della zona, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

3) E’ consentito l’arricchimento dei mosti e dei vini di cui all’art. 1 nei limiti stabiliti dalle norme nazionali e comunitarie, con mosti concentrati ottenuti da uve dei vigneti iscritti all’Albo della stessa denominazione di origine controllata oppure con mosto concentrato rettificato o a mezzo concentrazione a freddo o altre tecnologie consentite.

4) Le diverse tipologie previste dall’art. 1 devono essere elaborate in conformità alle norme comunitarie e nazionali.

5) Per la presa di spuma della tipologia frizzante deve essere utilizzato esclusivamente mosto, mosto parzialmente fermentato o mosto concentrato di uve dei vigneti iscritti all’Albo della denominazione d’origine, oppure mosto concentrato rettificato

6) Per la presa di spuma della tipologia spumante deve essere utilizzato esclusivamente mosto, mosto parzialmente fermentato o mosto concentrato di uve dei vigneti iscritti all’Albo della denominazione d’origine, oppure mosto concentrato rettificato o saccarosio nei termini previsti dalla vigente legislazione.

7) La resa massima dell’uva in vino, compresa l’eventuale aggiunta correttiva e la produzione massima di vino per ettaro, comprese le aggiunte occorrenti per l’elaborazione dei vini spumanti e frizzanti sono le seguenti:

Tipologia Resa Produzione

 

“Reno” Montuni: 70%, 126,00 hl/ha;

“Reno” Bianco: 70%, 126,00 hl/ha.

 

9) Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non il 75%, anche se la produzione ad ettaro resta al di sotto del massimo consentito, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine.

Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutta la partita.

10) Per i vini di cui all’art. 1 la scelta vendemmiale è consentita, ove ne sussistano le condizioni di legge, soltanto verso le IGT. di pertinenza se iscritti allo schedario viticolo o a vino da tavola

 

Articolo 6

Caratteristiche al Consumo

 

I vini di cui all’art. 1 possono essere prodotti nelle versioni secco, abboccato, amabile, dolce e, per i vini frizzanti, nella versione vivace e devono rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

 

1) “Reno” Montuni:

colore: giallo paglierino

profumo: gradevole, caratteristico, vinoso

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, sapido, di giusto corpo

titolo Alcolometrico volumico totale minimo: 10,50 % vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17.00 g/l.

 

2) “Reno” Montuni frizzante:

spuma: fine e persistente o vivace

colore: giallo paglierino

profumo: gradevole, caratteristico, vinoso

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, sapido, di giusto corpo

titolo Alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l;

estratto non riduttore minimo: 17,00 g/l.

 

3) “Reno” Montuni Spumante

spuma: fine e persistente

colore: giallo paglierino

profumo: gradevole, caratteristico, vinoso

sapore: da secco a dolce, sapido, di giusto corpo

titolo Alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,50 g/l.

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

4) “Reno” Bianco:

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: gradevole, delicato;

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, sapido, armonico;

titolo Alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

5) “Reno” Bianco frizzante:

spuma: fine e persistente o vivace;

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: gradevole, delicato;

sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, sapido, armonico;

titolo Alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

 

6) “Reno” Bianco spumante:

spuma: fine e persistente;

colore: giallo paglierino più o meno intenso;

profumo: gradevole, delicato;

sapore: da secco a dolce, sapido, armonico;

titolo Alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

acidità totale minima: 5,00 g/l;

estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.

 

I vini a denominazione di origine controllata “Reno” nella tipologia «frizzante» e «spumante» devono essere ottenuti per fermentazione naturale, nel rispetto della normativa vigente e con le caratteristiche del presente articolo.

E' in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l'acidità totale e l'estratto non riduttore.

 

Articolo 7

Etichettatura, designazione e presentazione

 

1).Nella etichettatura, designazione e presentazione dei vini di cui all’art. 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi “fine”, “scelto”, “selezionato”, e similari.

E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

2) Sono consentite le menzioni facoltative previste dalle norme comunitarie, oltre alle menzioni tradizionali, come quelle del colore, della varietà di vite, dei modi di elaborazione e altre purché pertinenti ai vini di cui all’art. 1.

3) Le menzioni facoltative esclusi i marchi e i nomi aziendali possono essere riportate nell’etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione del vino di origine, salve le norme generali più restrittive.

4) La menzione " vigna" seguita dal relativo toponimo è consentita, alle condizioni previste dalla normativa vigente.

5) L’indicazione della categoria merceologica è facoltativa, è obbligatoria nel caso in cui si possa generare confusione tra le tipologie previste dal disciplinare.

L’indicazione della menzione relativa al tenore zuccherino del prodotto per gli spumanti è obbligatoria nei limiti della normativa comunitaria; quella dei vini non spumanti è facoltativa per i tipi secchi o abboccati, è obbligatoria per i tipi amabile o dolci

 

Articolo 8

Confezionamento

 

1) I vini di cui all’art. 1 possono essere immessi al consumo in tutti i recipienti di volume nominale autorizzati dalle normative vigenti.

2) Per la tappatura dei vini spumanti e frizzanti si applicano le norme vigenti in via generale per i rispettivi settori. Per i vini frizzanti è tuttavia ammessa la chiusura con tappo a fungo ancorato, tradizionalmente utilizzato nella zona, con eventuale capsula non superiore a 7 centimetri.

Per gli altri, allorquando siano confezionati in bottiglie di vetro, possono essere presentati con qualsiasi tipo di chiusura, escluso il tappo a corona per bottiglie di capacità nominale superiore a 375 ml.

 

Articolo 9

Legame con l’ambiente geografico

 

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La media pianura delle province di Bologna e Modena, posta Modena al centro della regione emiliana, ha tutte le caratteristiche climatiche della Valle Padana.

La speciale posizione della pianura, posta ai piedi dell’Appennino, è la causa di un regime termo-pluviometrico tipicamente continentale, con estati calde ed inverni rigidi.

I venti umidi del sud vi giungono generalmente asciutti, determinando una bassa pluviometria, molto inferiore a quella che si registra, ad esempio nell’Italia centrale. I valori medi degli indici relativi alla luminosità, all’escursione termica alle precipitazioni piovose, confermano l’alto grado di continentalità del nostro clima caratterizzato tra l’altro da piovosità mal distribuita, con due massimi (primavera ed autunno) di pericoloso eccesso idrologico e due minimi (inverno ed estate) di grave carenza. La media ponderata annuale delle precipitazioni è di 925 mm che sono così distribuite: inverno 23%, primavera 26%, estate 18%, autunno 33%.

I terreni della media pianura di Bologna e Modena hanno una origine geologica alluvionale di riporto con pendenze piane con una composizione chimica dove l’elemento potassio (K) prevale sul fosforo (P).

I suoli dei terreni della media pianura bolognese e quelli della media pianura modenese posti alla destra del fiume Panaro hanno una composizione fisico meccanica di medio impasto tendente all’argilloso.

Dalle uve bianche prodotte in questo territorio si ottengono vini di colore giallo paglierino, di media acidità, con evidenza di note erbacee e fruttate.

 

2. Fattori umani rilevanti per il legame

La civiltà del vino è talmente compenetrata dalle vicende storiche, di costume e culturale dell’ambiente con la straordinaria capacità di mantenere i confini e l’identità del territorio da dove un vino ha avuto origine e fama.

La media pianura delle province di Bologna e Modena sono storicamente città rivali, Bologna per l’appartenenza allo Stato Pontificio, Modena capitale di un piccolo ducato legato alla casa reale d’Asburgo Lorena.

Chi appena più di un secolo fa si recava da Modena a Bologna una volta attraversato il fiume Panaro al ponte di Sant’Ambrogio trovava appunto il confine con lo Stato Pontificio e i vigneti con i vitigni lambrusco lasciavano spazio ai vigneti con i vitigni a bacca bianca (montù, trebbiano, albana) con prevalenza del montù. Con la comparsa dei primi saggi ampelografici compare l’antichissima tradizione del vino bianco della zona di “Castelfranco Emilia” un tempo città

fortificata bolognese passata nel 1929 al territorio modenese.

L’incidenza dei fattori umani è riferita in particolare alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi che costituiscono parte integrante del disciplinare di produzione:

 

1.La base ampelografica dei vigneti:

I vini a denominazione di origine controllata "Reno"devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

Montuni: montù, minimo 85% , possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti da altri vitigni, presenti in ambito aziendale a bacca bianca non aromatica, raccomandati e/o autorizzati per le province di Bologna e Modena fino a un massimo del 15%;

Bianco: albana e trebbiano romagnolo da soli o congiuntamente minimo 40%, possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti da altri vitigni, presenti in ambito aziendale a bacca bianca non aromatica, raccomandati e/o autorizzati per le province di Bologna e Modena fino a un massimo del 60%;

 

2. Le forme di allevamento:

l’ambiente pedoclimatico della media pianura modenese e bolognese favorisce un naturale accrescimento della vite.

Le imprese viticole hanno optato per forme di allevamento a cordone permanente con tralci ricadenti capaci di contenere la vigoria delle piante.

La forma di allevamento deve consentire un’adeguata distribuzione spaziale delle gemme, esprimere la potenzialità produttiva delle piante, permettere la captazione dell’energia radiante, assicurare sufficiente aerazione e luminosità ai grappoli. Le forme di allevamento più diffuse sono il cordone speronato e il G.D.C. con una densità d’impianto di 1.500-2.800 ceppi/ettaro.

I portainnesti più utilizzati sono Kober5BB, SO4, 420A.

 

3. Le pratiche enologiche specifiche relative all’elaborazione dei vini,

sono quelle tradizionalmente consolidate, leali e costanti e fanno riferimento, quasi esclusivamente, alla pratica

della rifermentazione naturale in bottiglia e della rifermentazione naturale in autoclave.

Le operazioni di arricchimento sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

 

B) Informazioni sulla qualità e sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuiti all’ambiente geografico.

La D.O.C. “RENO” è riferita alla produzione di vini bianchi con la possibilità di menzionare il vitigno “Montuni” o il riferimento alla tipologia “Bianco”.

Dal punto di vista analitico ed organolettico questi vini presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte

all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

Tali caratteristiche del vino di base, sono evidentemente condizionate dall’ambiente fertile e fresco caratteristico dell’area doc e delle forme di allevamento principalmente basate su cordoni permanenti (cordone speronato e G.D.C.) e portainnesti che assecondano la naturale vigoria del vitigno (Kober 5BB, SO4 e 420A).

Dalle uve prodotte nella media pianura bolognese e nella media pianura modenese posta alla destra del fiume Panaro si possono quindi ottenere vini bianchi dal colore giallo paglierino, di media struttura, buona acidità. La freschezza e la fragranza dei profumi con evidenze floreali e fruttate contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

 

C) descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).

La D.O.C. “Reno” viene utilizzata e presentata abbinata ai nomi del vitigno “Montuni” in misura molto minore viene rivendicata la DOC “Reno” abbinata alla tipologia “Bianco”.

Il vitigno Montù è una delle prime varietà di uva bianca che compare nella zona pianeggiante e pede-collinare nei dintorni di Bologna. Si ricordano le citazioni dell' Acerbi che con il sinonimo di Montonego lo descrive già nel 1823 come vitigno presente nei dintorni di Bologna.

Altre citazioni sono riportate nel "Saggio di ampelografia universale" da Giuseppe dei Conti di Rovasenda. Domizio Cavazza nel testo "viticoltura" scrive della presenza del vitigno Montù nella pianura tra Modena e Bologna: cita il vino bianco asciutto, sapido, piacevolissimo.

Anche nel testo "uve da vino" di Norberto Marzotto si cita il Montù tra le varietà maggiormente diffuse nella piana Bolognese.

Oggi nelle terre che furono dei Bentivoglio e in molti comuni della pianura bolognese e modenese, la coltura di questo vitigno è molto diffusa ed è fondamentale per i viticultori della zona e le loro cantine sociali, tantè che il vitigno Montù è tra le varietà più rappresentative nella zona di produzione della DOC “Reno”.

Dall'inizio del secolo fino agli anni '60 veniva coltivato principalmente in consociazione all'olmo nelle tradizionali "alberate bolognesi", sistemi di allevamento a filare che raggiungevano anche gli otto metri di altezza e rispondevano a due esigenze essenziali: la produzione di ottima uva da vino che veniva in gran parte commercializzata in castellate (antica misura di uva pigiata pari a circa 840 litri) e mezze (420 litri) nella città di Bologna e la difesa dal vento delle piantagioni di canapa, diffusissime nella zona.

Nell'ambito del territorio delimitato dalla zona di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Reno” è diffusa, da molto tempo, la coltivazione di altri due importanti vitigni: l'Albana e il Trebbiano.

Il vitigno Trebbiano fece la sua comparsa in Emilia Romagna in epoca antichissima, con I'avvento del popolo etrusco.

Pier Dè Crescenzi, nel suo trattato "Liber ruralium coinmodoruin", apparso nel 1305, scrive tra l'altro: “C'è un'altra specie di uva, detta tribiana, che è bianca, con acini tondi, piccoli e abbondanti; in giovane età questa vite non dà frutto, crescendo diventa feconda”.

Nello stesso secolo del Dè Crescenzi la parola trebbiano comincia a correre in tutta la regione, sia nella accezione latina, sia in quella volgare.

Si trovano Turbien a Imola, Trebianum a Ferrara, Tribulanum a Bologna, Tarbian in Romagna.

La storia del vitigno Albana si confonde con la leggenda. Si coltiva da tempi remoti in Emilia Romagna, dove forse furono i romani ad introdurlo.

E' comunque soltanto negli ultimi tre secoli che il vitigno è stato oggetto di studi e descrizioni sempre più numerose. L'agronomo bolognese Vincenzo Tanara, nel '700, ne elencava già alcune varietà: «l’albana rara, l'albana spessa che

marcisce facilmente e l'albanone che matura prima delle altre». Il vino bianco ottenuto dalla vinificazione dei due vitigni, anche in uvaggio fra di loro, è molto apprezzato soprattutto dagli abitanti di Bologna e dei paesi limitrofi.

 

Articolo 10

Riferimenti alla struttura di controllo

 

Nome e Indirizzo:

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Mail info@valoritalia.it

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VALORITALIA S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).

In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 3).

 

 

N.B. fa fede solo il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.